Don Gerlando Re: Sacerdote martire a 60 anni

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Don Gerlando Re: Sacerdote martire a 60 anni dalla morte.
Inviato da F. Cannatella
In campo sociale ritroviamo don Gerlando, cappellano delle miniere. Mettendo così a frutto gli insegnamenti della Rerum
Novarum in materia sociale. Attiva e svolge una importante opera di volontariato assistenziale, coadiuvato dai giovani
della parrocchia. Visita frequentemente la miniera ed in essa, spesso, celebra messa.
Conferenza sul tema: DON GERLANDO RE Sacerdote martire a 60 anni dalla morte Cianciana. 4 luglio 2009Centro
Sociale. Sala G. Falcone.
Convegno su don Gerlando Re. CiancianaIntervento di Francesco Cannatella Porgo il mio saluto agli ospiti che oggi
onorano Cianciana ed a tutti gli intervenuti che impreziosiscono questa giornata in memoria di don Gerlando. Il mio
intervento vuole inquadrare la nobile figura del sacerdote nel contesto religioso, sociale e politico della Cianciana degli
anni 1941-1949, per meglio capire l’ingegno, la saggezza, la preparazione e le capacità che portarono don
Gerlando a divenire guida umana e spirituale della nostra Comunità, quando egli ancora era giovane Cappellano vicario
presso la Chiesa Madre e poi parroco della Chiesa del Carmelo.*** CONTESTO RELIGIOSO.Si è perduta lentamente
nel corso del secolo passato quella che viene definita la “religiosità rurale”, la religiosità degli uomini delle
campagne, quando una nutrita serie di orazioni e di gesti accompagnava la vita delle stagioni agricole. Aratura,
seminagione e messi venivano affidati incessantemente a Dio ed ai santi della cristianità. La religiosità agricola vedeva gli
uomini fare continuo ricorso e richiamo ad essi perchè proteggessero e favorissero il ciclo della fecondità della terra,
semina-raccolto, affinché favorita nella continuità fosse la vita degli uomini che in essa terra e da essa traevano sostegno
vitale. I lavoratori dei campi avevano la necessità di garantirsi una particolare protezione divina contro ogni evento
negativo: fulmini, grandine, pioggia, siccità, terremoti, tuoni, malattie e disgrazie. Poche ed insufficienti le forze umane per
difendersi da tali eventi ed ecco allora la religiosità popolare rivolgersi con fede alla Santissima Trinità per il
soddisfacimento dei propri vitali bisogni. Il popolo sentiva di ricambiare in oggetti la propria gratitudine e ad ogni grazia
corrispondeva un voto, una promessa sicuramente da adempiere. Manifestazione di confidenza il siciliano assumeva
nella devozione ai santi ai quali si usava chiedere tutto e per ringraziare si offriva tutto, anche se stessi. Basti pensare
alla fatica dei portatori dei simulacri in cambio di protezione e di allontanamento del male.Il ciclo della fecondità della terra
dipendeva dalla pioggia. In caso di siccità si ricorreva con fede a san Pasquali. Il santo in processione e la gente
cantava: San Pasquali chiui l’occhipi mannari l’acqua forti. Il popolo in coro rispondeva: Forti Signuri cà
l’acqua cci voli. Da notare l’esattezza dell’invocazione Forti, Signuri, cà l’acqua cci voli,
avendo il popolo coscienza della sola capacità di intercessione del santo mentre la grazia appartiene al Signore. *** Il
ciancianese, era un celebrante simbolista. Le candele accese simboleggiavano l’umanità, le vampe erano
purificazione e luce, i cappucci dei confrati manifestavano l’annullamento della loro persona di fronte a Dio. La
musica funebre, la banna, ai funerali era espressione dello stato d’animo del peccato e della sofferenza.Una
simbologia particolare ritroviamo ne lu Ncontru di Pasqua che è desiderio di Resurrezione e di rinascita dal peccato. La
Madonna veste un vestito azzurro, coperto da un ampio mantello nero che rappresenta il peccato mentre
l’azzurro testimonia la speranza della vittoria sul male. La cursa di lu Ncontru, quando Maria corre ad abbracciare
il Figlio, avviene secondo precise coordinate evangeliche. La cursa ciancianese ricorda quel gioioso correre delle donne
che, essendo presenti all’incontro tra Gesù e la Madre, portarono in giro, appunto correndo, la lieta novella. ***
CARATTERISTICHE DELLA RELIGIOSITÀ CIANCIANESE.Trovandoci davanti a condotte di carattere religioso, ogni
valutazione deve partire e tenere presente l’intenzionalità: cioè ogni condotta è subordinata ad una intenzione,
quindi ogni corretta interpretazione comporta l’esigenza di restare fedeli al significato intenzionale che la persona
attribuisce alla condotta. Più che la materialità dell’atto è importante evidenziare ciò che la persona intende
realizzare con esso e quali scopi vuole raggiungere. *** Do ut des. Si rileva nel comportamento popolare il significato
istintivo del do ut des. Nella religiosità il ciancianese richiede immediatezza: le sue richieste, le sue preghiere devono
essere esaudite ‘subito’. Ogni desiderio, ogni bisogno, deve diventare subito realtà. Do ut des, do per
ricevere, rappresenta quasi un aspetto magico che troppe volte si tende ad identificare con la superstizione, ma questa
magia ci avvicina a Dio attraverso la distorsione creativa, operata dalla immaginazione. *** I santi. Confidenza il
ciancianese assumeva nella devozione ai santi e ad ogni grazia ricevuta corrispondeva un voto: tavuli di San Giseppi,
pani di Sant’Antòniu, per esempio. Nella religione popolare il fedele ciancianese aveva necessità di fa vivere il santo
nella storia del proprio paese, per sentirselo amico e vicino sulla terra e protettore in Paradiso. *** Sant’Antuninu,
di ritorno dall’Africa e diretto in Spagna, per il popolo passa da Cianciana e dorme ai piedi della Croce di pietra,
posta davanti al Convento. Quindi la croce conserva il segno della santità ed il contadino vi fa girare intorno i muli che
hanno gravuri di stomacu ed il segno della presenza in quel luogo del santo allevia il dolore e guarisce gli animali. Poca
importanza ha per il popolo che la Croce di pietra, sia stata costruita nel 1670, cioè molti secoli dopo lo storico viaggio di
Sant’Antonio. Chiedendo agli anziani: Sant’Antuninu? La risposta era: Ddrocu durmì.La religiosità del
popolo ciancianese si identifica in un umanesimo cattolico, una sorta di sapienza cristiana con la quale gli umili di cultura
saldano creativamente il divino e l’umano. Essa, quindi, è da considerarsi non solo come oggetto di
evangelizzazione della Chiesa ma anche un valido momento con il quale il popolo evangelizza se stesso, attraverso una
continua ricerca di Dio. Il ciancianese mostra, nella popolarità delle sue manifestazioni religiose, il credo nella SS. Trinità ed
il concetto di Provvidenza in Dio; celebra il mistero dell’incarnazione di Gesù nel Natale e della Risurrezione nella
Pasqua; mostra amore per il culto Maria e venerazione per i santi protettori; crede nel rispetto per i defunti e nel valore
della preghiera. Ha coscienza del peccato, situa la fede nel tempo con le feste e sa ricercare i luoghi della fede con
pellegrinaggi nei santuari. *** La frequentazione della Chiesa, la partecipazione alle funzioni religiose e
l’avvicinarsi ai Sacramenti, in questo periodo, è a maggioranza femminile. Gli uomini ritengono che la Chiesa è
cosa di fìmmini e non raro era il caso delle donne sedute in chiesa per partecipare alla celebrazione della messa e gli
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uomini ad attenderle fuori per non essere definiti parrinara, cioè amico dei preti, frequentatore della chiesa. I giovani,
spesso chiassosi e talvolta irrispettosi, erano disperazione di padre Chiarenza e di padre Agliata in Chiesa ed entravano
solo per guardare le ragazze. Lo stesso prete, visto per le strade paesane, richiamava fatti luttuosi e la gente timorosa
esclamava: Beddra Matri, cu murì? *** Contesto sociale.Fino agli anni 1940-1950 la realtà sociale ed economica di
Cianciana è costituita, quasi interamente da contadini e da zolfatai. Campagna e miniera sono due mondi che convivono
pacificamente anche se diversi nei costumi, nei valori e nei codici di vita. Per esempio Lu vidranu è chiazzaloru, lu
surfararu è tavirnaru. Differenza c’è tra lu burgisi e lu iurnataru, così come tra lu pirriaturi e lu carusu.C’è
una chiara stratificazione sociale, tacita ma riconosciuta; impensabili i matrimoni tra campagna e zolfara. Una realtà
sociale quella ciancianese dove si inizia negli anni del dopoguerra a rivendicare il diritto all’istruzione, al lavoro,
alla salute. *** Contesto politico.Negli anni ’40, Italia si dibatte la “questione sociale" ed è tempo di lotta
politica. L’incontro tra Chiesa e marxismo è di grande attualità. La provincia di Agrigento non fu immune dal vivere
le ansie e le problematiche popolari ed anche Cianciana risentì della tensione sociale che porta a tentativi, non riusciti, di
occupazione delle terre e, prove riuscite di occupazione delle miniere. Il vescovo Peruzzo, al tempo guidava la nostra
diocesi, collaborato dal clero e da laici, avviò una serie di iniziative: missioni, predicazioni, incontri del clero, mobilitazione
dell’Azione cattolica e formazione di Comitati civici. Il tutto mirava a salvaguardare e ad affermare i valori cristiani,
in un momento in cui l’azione politica di sinistra avversava e contrastava la fede e la morale cristiana. *** Questo
era il mondo ciancianese che don Gerlando trova o meglio ritrova, tornando prete tra la sua gente. Arriva a Cianciana il
13 giugno 1941, sant’Antonio, e celebra messa, assistito da don Giuseppe Cuffaro. Il 29 giugno 1941, egli è
nominato cappellano, vicario-cooperatore, dell’arciprete Agliata, nella Matrice, allora unica parrocchia. Inizia un
lavoro attento e minuzioso, don Gerlando vuole dare concrete risposte sul piano religioso, su quello sociale come in
quello politico. *** In campo religioso capisce che era necessario avvicinare la Chiesa alla gente e la gente alla Chiesa,
senza strappi, senza forzature, con la sola forza dell’amore e dell’esempio. Dà nuovo impulso alla vitalità
della parrocchia, stimolando i fedeli ad una maggiore e migliore partecipazione.Inizia a bussare alle porte dei suoi
compaesani, frequenta e visita giornalmente le famiglie, specialmente le più umili, le più bisognose e quando non aveva
qualcosa di materiale da potere offrire, regalava il proprio sorriso, la propria persona, rasserenando gli animi sofferenti. I
giovani innanzi tutto. Il suo impegno cristiano è di guidarli nella crescita verso la maturità, rendendoli sensibili
all’eticità ed alla dignità della vita umana, secondo l’insegnamento di Cristo, per far loro conquistare spazi di
protagonismo e di responsabilità. Li ama, ne parla con passione; con i giovani vive, canta, gioca, ride e si raccoglie in
preghiera in ogni ora del giorno. Con loro passeggia ogni pomeriggio darrè la chiesa, di la casa russa a la Stazioni.
Sempre disponibile ad ascoltare ed a consigliare.Educatore dal forte carisma, è uomo d’iniziativa e, proponendosi
come modello, raccoglie consensi attorno ai suoi progetti. I giovani accettano le sue proposte e rispondono con
entusiasmo, l’oratorio diventa scuola di fraternizzazione e di compartecipazione. L’oratorio diventa piccolo
per ospitare i tanti giovani ed allora si aprono nuove attività presso la sede della confraternita del SS. Crocifisso, allora
delle suore. Cianciana è un risveglio. Nell’Azione cattolica si sviluppano i settori uomini, donne, gioventù
maschile, femminile, aspiranti e piccolissime. Don Gerlando proponeva l’Azione Cattolica agli iscritti dicendo:
“È una buona amica che vi tenderà la mano per tutta la vita”.Fonda la SCHOLA CANTORUM, una sezione
maschile ed una femminile, che cantano assieme per Pasqua e Natale.Crea la FILODRAMMATICA con la
drammatizzazione della Passione di Cristo dell’Orioles, ma anche commedie, drammi e farse. Porta in scena i
valori umani e cristiani per insegnare l’amore per la pace e sviluppare la cultura del rispetto dell’altro, di
ogni altro altro fratello.Rliancia l’Associazione Scout, ASCI e AGESCI, di cui diviene assistente spirituale nel
1945.Il 10 marzo 1949, accoglie la Vergine di Fatima che risveglia in Cianciana gli ideali e la coscienza cristiana. A piedi,
i ciancianesi, con in testa don Gerlando, accorrono a lu Spruvinciali ed accompagnano festanti la Madonna in
Chiesa.Apprezzato relatore diffondeva la parola del Vangelo ad Alessandria della Rocca, Bivona, San Biagio Platani,
Agrigento, Caltabellotta, Sambuca di Sicilia, Cattolica Eraclea, Santo Stefano Quisquina ed altri centri isolani. *** In
campo sociale ritroviamo don Gerlando, cappellano delle miniere. Mettendo così a frutto gli insegnamenti della Rerum
Novarum in materia sociale. Attiva e svolge una importante opera di volontariato assistenziale, coadiuvato dai giovani
della parrocchia. Visita frequentemente la miniera ed in essa, spesso, celebra messa. Per gli zolfatai istituisce dei Corsi
di formazione serali, visto l’impegno diurno di lavoro.Gestisce l’ONARMO, Organizzazione Nazionale
Assistenza Religiosa e Morale degli Operai. Svolge per gli uomini delle miniere assistenza materiale e, occorrendo,
sanitaria.Fonda una BIBLIOTECA POPOLARE. Don Gerlando ha coscienza che la crescita della società passa anche
attraverso una migliore e maggiore scolarizzazione. L’analfabetismo in quegli anni era molto diffuso e in molte
famiglie il libro era sonosciuto.Partecipa alle riunioni della CAMERA DEL LAVORO, sindacato allora unitario. Cattolici,
Socialisti Comunisti e Socialdemocratici si ritrovano assieme in nome e nell’interesse primario della classe
operaia ciancianese. *** In politica ritroviamo don Gerlando protagonista anche nelle campagne elettorali del 1947 e del
1948. Cianciana ricorda ancora il suo comizio del 16 aprile del 1948 quando pronunciò il famoso detto: Calzolaio, non
andare oltre la scarpa.Durante un comizio, Domenico Cuffaro, ciancianese, comunista convinto, che da calzolaio aveva
intrapreso la via del sindacato, poi sarà eletto deputato, presentava il proprio partito come l’unico movimento di
liberazione della classe operaia. Nel corso del discorso accennò considerò gli altri partiti politici come nemici dei lavoratori
ed accennò alla Chiesa cattolica, a suo modo di dire, lontana dai reali problemi del mondo del lavoro.Don Gerlando,
appena l’oratore ebbe terminato, salì ncapu li casotti e parlò, confutando ogni affermazione del Cuffaro riguardante
la Chiesa. Cominciò raccontando l’aneddoto di Apelle, pittore greco, che era solito esporre le proprie opere al
balcone e poi se ne stava nascosto ad ascoltare i commenti dei passanti. Un calzolaio, passando, espresse una severa
critica riguardo alle scarpe che Apelle aveva dipinto nel quadro e ne mise in evidenza il difetto. Apelle corresse il quadro
e lo riespose. Il ciabattino, ripassando, tornò a criticare, non più per le scarpe, ma lo stile, la pittura, l’impostazione
e l’arte espressa. Era andato oltre la competenza di ciabattino, allora Apelle gli gridò: Sutor, nè ultra crepidam!
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Calzolaio, non andare oltre la scarpa. La gente capì i chiari riferimenti al calzolaio Cuffaro. *** Mi avvio alle conclusioni
convinto che con don Gerlando la Misericordia Divina ci ha donato un uomo-medicina che ha saputo dispensare la
parola di Dio per la salute dell’anima. Egli è uomo semplice e, per questa semplicità, difficile da comprendere
interamente nella sua ricchezza umana e cristiana. Preziosa la sua eredità che aspetta di fruttificare nella Chiesa di oggi.
Egli è esempio di vita-testimonianza ed indica come l’uomo può mettere Dio al centro della propria vita,
condividere il Padre e fraternizzare con il creato, persino con la morte.I 33 anni di vita terrena, sono un soffio
d’eternità, eppure bastevoli per dimostrare che la santità non è riservata a pochi privilegiati, ma è possibile ad ogni
uomo come partecipazione gratuita alla santità di Dio. Don Gerlando, in fondo, è stato genuinamente un uomo che ha
consentito a Dio di fare il proprio mestiere. Ad maiora. Grazie.
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