Le distorsioni di caviglia: principale causa di instabilità INTRODUZIONE Molte persone ogni anno riportano una distorsione di caviglia e in un’alta percentuale di queste residua una sintomatologia dolorosa cronica. Gli atleti agonisti, specie quelli che partecipano ad attività sportive di corsa o salto, detengono la più alta incidenza di sintomi cronici quali rigidità o lassità, gonfiore, mancanza di forza e dolore. Essi presentano tipicamente una storia clinica caratterizzata da sintomi intermittenti, che persistono da più di 6 mesi, e molti hanno in anamnesi un preciso ricordo dell’evento traumatico, lamentando una distorsione più o meno grave. Alcuni già trattati richiedono un secondo consulto per la persistenza di sintomi frustranti che ritardano la ripresa dell’attività agonistica. ANATOMIA e BIOMECCANICA La caviglia è la struttura anatomica che connette le 28 ossa del piede alle ossa tibia e perone della gamba. Questo complesso articolare è stabilizzato da numerosi legamenti che possiedono due funzioni principali: la funzione meccanica di stabilizzazione e la funzione propriocettiva di percezione del segmento corporeo rispetto al suolo (fig.1). Lo scheletro del piede comprende tre gruppi di ossa che si succedono in senso prossimaledistale. Il retro piede è formato dalle due ossa maggiori del piede sovrapposte l’una all’altra in altezza: l’astragalo e il calcagno. Il mesopiede è costituito da cinque ossa più piccole: lo scafoide, il cuboide e i tre cuneiformi; esso insieme al retropiede forma il tarso. Da ultimo, l’avampiede è costituito da cinque raggi ossei affiancati costituiti da ossa lunghe e sottili, i metatarsi, a cui si articolano le ossa delle dita, le falangi (2 falangi per l’alluce e 3 falangi per le restanti dita). L’Articolazione tibio-tarsica è delimitata superiormente, internamente e lateralmente dalla tibia e dal perone; inferiormente ritroviamo invece l’astragalo (Fig.2). L’astragalo si incastra nella cavità cilindrica che si genera tra la tibia e il perone. Una capsula fibrosa rivestita internamente da membrana sinoviale delimita la cavità articolare. Fig.1: Anatomia di caviglia: il legamento stabilizzatore del compartimento laterale è il Peroneo Astragaleo Anteriore (in rosso) (Fig.1a); il legamento stabilizzatore del compartimento mediale (interno) è il Deltoideo (in rosso) (Fig.1b). Dott. Caforio Marco Medico CSI – Lombardia Due complessi legamentosi rinforzano la capsula: uno mediale più robusto, e uno laterale. Il legamento mediale, detto Legamento Deltoideo (Fig.1b) per la sua forma triangolare, possiede dei fasci che si dirigono dal malleolo tibiale verso lo scafoide, l’astragalo e il calcagno. Il legamento laterale, meno robusto, è composto invece da tre fasci ben distinti: Legamento Peroneo Astragaleo Anteriore (Fig1a), Leg. Peroneo Calcaneare e Leg. Peroneo Astragaleo Posteriore. L’articolazione che connette l’astragalo al calcagno, importante anch’essa nel movimento della caviglia, viene definita Articolazione sotto-astragalica. d’appoggio: la porzione posteriore del calcagno, la testa del primo e quinto osso metatarsale. Si delineano così i cosiddetti “archi plantari”. Nel caso in cui l’arco plantare mediale (interno) fosse ridotto si può parlare di “piede piatto”; nel caso in cui quest’ultimo fosse accentuato di “piede cavo”. Il principale movimento della caviglia è la flesso-estensione: essa si realizza attorno l’asse trasversale che attraversa i due malleoli. Il range di movimento è compreso tra i 50° (massima flessione) e i 20° (massima estensione). La flessione è più ampia a ginocchio flesso, per la minor tensione dei muscoli posteriori del polpaccio. Fig.2: Anatomia di caviglia: in visione anteriore e mediale viene evidenziato l’ASTRAGALO (in rosso), osso stabilizzatore situato nel mortaio tibio-peroneale. Nella caviglia il peso del corpo si scarica sull’astragalo, poi si distribuisce sulle arcate plantari. Nel piede invece si distinguono funzionalmente due zone: una esterna (composta dal calcagno e dagli ultimi due metatarsi e rispettive falangi) sulla quale grava prevalentemente il peso del corpo, e una interna (formata dall’astragalo e dalle restanti ossa del tarso e dai primi tre raggi) con funzioni propulsive. Il piede scarica al suolo il peso del corpo quindi su tre principali punti La caviglia è maggiormente stabile quando è in flessione: infatti quando essa è estesa l’astragalo è meno contenuto nella pinza tibio-peroneale a causa della sua conformazione anatomica più piccola posteriormente. L’Articolazione sotto-astragalica permette invece i movimenti nei tre piani dello spazio. Oltre alla flesso-estensione attorno l’asse trasversale quest’ultima articolazione consente movimenti attorno l’asse sagittale: la supinazione è quel movimento che porta la pianta del piede verso l’interno (Fig.3a), la pronazione è invece il movimento opposto (Fig.3b). Le restanti articolazioni (mediotarsica, tarsometatarsica e quelle più distali) interessano movimenti intrinseci dell’avampiede con minore effetto sulla dinamica della caviglia. LE DISTORSIONI DI CAVIGLIA Per distorsione intendiamo una lesione delle parti molli che si verifica quando il movimento dell’astragalo, alloggiato all’interno del mortaio tibiale, eccede i suoi limiti fisiologici imposti dai legamenti che lo vincolano. In rapporto alla direzione, allo spostamento e alle forze applicate si distinguono distorsioni di grado I, II o III. I Legamenti Deltoideo, Peroneo Astragaleo Anteriore, Peroneo Calcaneare, e Peroneo Astragaleo Posteriore possono subire una lesione isolata o combinata. Il grado I e II contempla una distrazione parziale di uno di essi, mentre le distorsioni di grado III sono di fatto rotture legamentose vere e proprie. La distorsione di I grado è una lesione in cui il legamento della caviglia ha conservato la propria stabilità, con un sovvertimento interstiziale delle fibre. I pazienti che presentano una distorsione di questo tipo in genere possono camminare e dare peso sull’arto leso, e la dolorabilità è presente solo in sede di lesione con un minimo gonfiore localizzato. La distorsione di II grado invece è più complessa: deve essere applicata una forza in grado di lacerare parzialmente uno o più legamenti. Anche i pazienti che presentano una distorsione di questo tipo possono portare peso sull’arto leso ma accausando vivo dolore. L’edema alla caviglia e il dolore Fig.3: Biomeccanica di caviglia applicata a due tipi di distorsione. Durante il movimento di supinazione o inversione (Fig.3a) si genera uno stiramento del compartimento laterale della caviglia con possibilità di lesione del Legamento Peroneo Astragaleo Anteriore. Viceversa, durante il movimento di pronazione o eversione (Fig.3b) lo stiramento avviene a carico del compartimento mediale, con possibile lesione del Legamento Deltoideo. importante indicando la presenza di un considerevole sanguinamento da uno o più legamenti strappati dall’osso. Un attento confronto tra caviglia traumatizzata e quella sana spesso può mostrare un’asimmetria. Biomeccanicamente il legamento è ancora funzionale ma le fibre danneggiate potrebbero causare una sublussazione all’interno del mortaio. In presenza di una lesione di II grado si deve considerare la possibilità di una patologia associata articolare o periarticolare. Da ultimo, la distorsione di III grado comporta una rottura completa di almeno un legamento. La maggior parte di pazienti che subiscono una simile distorsione non sono in grado di camminare. Il gonfiore è notevole ed in genere è presente un emartro della caviglia. Essa appare tumefatta sia medialmente che lateralmente, al punto tale che è difficile ottenere un adeguato rilassamento dei muscoli peronei all’atto dell’esame obiettivo mediante prove di stabilità funzionale. Il gonfiore (emartro) distende la capsula articolare e la caviglia viene mantenuta in atteggiamento di flessione plantare per ridurre il dolore. In una distorsione di III grado la possibilità di avere una lesione intrarticolare o periarticolare associata è alta. PRIMO SOCCORSO A seguito di qualsiasi episodio distorsivo è sempre necessario ridurre le sollecitazioni che hanno causato il trauma: a volte quindi è prudente immobilizzare l’articolazione e, nel caso questa faccia parte degli arti inferiori, evitare in assoluto la ripresa dell’allenamento e/o del banale cammino. Sollevare quindi l’articolazione colpita e metterla in posizione comoda per consentire non solo di attenuare il dolore, ma anche di ridurre il gonfiore limitando l’afflusso sanguineo, quindi l’infiammazione. Porre sopra alla caviglia una borsa di ghiaccio o un impacco freddo (a cicli di 1520 min) per calmare il dolore, interponendo una pezza tra la pelle ed il ghiaccio stesso per evitare problemi di ulcerazioni cutanee. Qualsiasi distorsione necessita un accurato esame obiettivo: infatti l’atto traumatico di per sé crea un “reset” della percezione spazio-corporea della caviglia (propriocezione) necessitando un esperto parere per impostare l’importante riabilitazione atta a prevenire ulteriori episodi: “...come se l’arto tornasse quello di un bambino, che deve essere rieducato alla percezione della sua caviglia nello spazio per essere pronto ad affrontare terreni maggiormente difficili...”. Fig.4: Confezionamento di bendaggio Tensoplast su caviglia di manichino. A volte l’esperto ricorre ad esami specialistici (RX, TC, RMN, ecografie) non solo per mettere in luce rime di frattura, ma a volte anche infrazioni, piccoli distacchi di legamenti dall’osso, calcificazioni nei tessuti molli o altre condizioni strutturali (speroni ossei) che possono esser causa di dolori cronici. Nel caso lo specialista ritenga necessario l’astensione dal carico per più di una settimana è importante effettuare una profilassi con eparina a basso peso molecolare (“punturine” nel sottocute di anticoagulante), affinchè il sangue non coaguli dando vita a fenomeni trombo flebitici che possono aggravare la situazione generale del paziente/atleta: infatti l’atto di non caricare impedisce l’attivazione della “pompa venosa muscolare”, creando una stasi sanguinea periferica. TECNICHE DI BENDAGGIO Il tensoplast viene utilizzato spesso e in diversi sport in quanto permette, dopo lesioni capsulo legamentose, una ripresa più rapida dell’attività agonistica. A volte però viene sottovalutata l’esperienza necessaria al suo confezionamento, la cui preparazione resta alla mercè di tutti. Importante è quindi affidarsi a mani esperte affinchè lo stesso bendaggio possa conferire stabilità all’articolazione senza ostacolare la circolazione sanguigna nè impedire le lesioni cutanee da trazione dovute allo scorretto posizionamento dei tiranti. E’ importante sottolineare che la tecnica di confezionamento di bendaggio funzionale non implica l’autoapplicazione. Ricordare sempre che ogni bendaggio non deve limitarsi alla caviglia stessa ma iniziare dall’avampiede e terminare almeno fino metà Fig.5: Bendaggio Tensoplast effettuato su caviglia post-traumatica gamba. Nel confezionare il bendaggio si chiede al paziente di mantenere la caviglia flessa a 90°. A discrezione dello specialista che lo prepara, è possibile tutelare maggiormente l’articolazione preparando due strisce (Fig.5a) definite staffe laterali, ponendole una medialmente ed una lateralmente all’articolazione. Porre attenzione che le stesse inglobino il retropiede ed avvolgano i malleoli, facendole terminare a metà gamba (Fig.5b). E’ molto importante valutare il lato debole e dolente della caviglia mediante un accurato esame obiettivo o chiedendo all’atleta come sia avvenuta la distorsione: come spiegato questo compartimento è generalmente quello laterale, con distrazione del Legamento Peroneo Astragaleo Anteriore (Fig.1a, Fig.3a). Da questo si intuisce come creare il primo tirante del “bendaggio a 8”: in questo caso, per riparare il compartimento laterale del Legamento Peroneo Astragaleo Anteriore, partendo all’avampiede lato esterno (Fig.4a, Fig.4b, Fig.5c) si passa sul dorso del piede (Fig.4c, Fig5d), circondando il tendine d’Achille, ricoprendo successivamente il malleolo laterale (Fig.4d, Fig.5e) per poi ridiscendere con il tensoplast sull’avampiede stesso. Si compiono diversi “giri a 8”, cercando di inglobare totalmente il tallone, quindi il retropiede e il tendine d’Achille (Fig.5f), spostando leggermente il bendaggio verso la radice dell’arto. Controllare costantemente la cute sottostante, evitando grinze del bendaggio, prestando attenzione che lo stesso non sia troppo stretto e non crei problemi di trazione. Superato il dorso del piede si conclude il bendaggio a metà gamba. A bendaggio ultimato l’atleta avvertirà una maggior stabilità della caviglia, in relazione a come sia stato confezionato il bendaggio, garantendo una maggior resistenza sia durante la deambulazione normale che nell’effettuare esercizi propri della sua attività sportiva.