la scienza nell`orto domestico

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B E R G A M O
S C I E N Z A
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Orto Botan ico di Bergamo “Lorenzo Rota”
Serviz i educativi
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LA SCIENZA NELL’ORTO DOMESTICO
Approfondimenti
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È SOLO UN’INSALATA! …O NO?
Pag. 2
PIGMENTI E COLORANTI
Pag. 3
Piccolo glossario
Pigmenti vegetali
Coloranti alimentari
AROMI E ALTRI COMPOSTI VEGETALI
Pag. 10
I composti organici volatili
Terpeni, aromi, oli essenziali
Fenoli
Ammine
Gli alcaloidi vegetali
Gli acidi carbossilici e gli aromatizzanti
L’amigdalina
PIANTE ORTICOLE POTENZIALMENTE PERICOLOSE
Pag. 18
PIANTE SPONTANEE VELENOSE
Pag. 19
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
Pag. 20
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Servizi Educativi - Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota” Te l . : 0 3 5 . 2 8 6 0 6 0 • e - m a i l : e d u c a z i o n e @ o r t o b o t a n i c o d i b e r g a m o . i t • w w w. o r t o b o t a n i c o d i b e r g a m o . i t
È SOLO UN’INSALATA!
…O NO?
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Una bella porzione di insalata, magari del proprio orto, è un piatto semplice e salutare. Ma siamo proprio sicuri che sia così semplice?
Quante scoperte possiamo fare con una “semplice” insalata! Al suo interno si agita una vita irrequieta,
fatta di clorofille indaffarate a catturare la luce del Sole per trasformarla in glucosio (uno zucchero usato dalla pianta come “alimento base”), linfa che scorre incessante dalle radici trasportando l’acqua fino
alle foglie, stomi in costante movimento per assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno… E
questo solo per accennare agli elementi principali che prendono parte al grandioso processo della fotosintesi clorofilliana.
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Ma nelle piante c’è molto altro… Oltre alla clorofilla, per esempio, esistono molti altri pigmenti che
donano colori diversi ai vegetali: il viola, l’arancio, il giallo, il rosso e altri colori che ci ricordano l’arcobaleno.
I colori rivestono un ruolo essenziale nella nostra vita: basta osservare come la grafica pubblicitaria influisce sulla nostra percezione dei prodotti reclamizzati. L’importanza dei coloranti ha assunto nel tempo un ruolo di primo piano nelle scelte delle aziende alimentari: dal momento in cui l’industria chimica
scoprì i metodi per sintetizzare in laboratorio le molecole, i coloranti alimentari sono entrati prepotentemente nel mercato mondiale. Alcuni sono stati ritirati dal commercio a causa della loro tossicità, altri
permangono ma vengono segnalati come potenzialmente pericolosi (per esempio come concausa di
disturbi dell’attenzione), altri ancora sono ritenuti innocui.
Durante i laboratori proposti dall’Orto Botanico per questa edizione di Bergamo Scienza, scopriremo
come influiscono i colori sulla nostra percezione del cibo; e anche come non sempre un colore che
appare artificiale lo sia veramente, o all’opposto un colore che ci sembra del tutto naturale non sia invece dovuto a una molecola sintetizzata in laboratorio. Un discorso analogo si può fare per gli aromatizzanti naturali e di sintesi.
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Non solo: le piante sono una vera fucina di sostanze anche molto complesse, che possono apportare
beneficio alla nostra salute oppure risultare velenose se non addirittura tossiche. In realtà non esiste
una netta divisione tra sostanze benefiche e sostanze velenose: come sosteneva Paracelso, è la dose
che fa il veleno. Scopriremo come piccole dosi di aconitina possono risultare fatali, mentre bisognerebbe mangiare diversi Kg di patate crude per sentire gli effetti nocivi della solanina.
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E voi… Lo mangereste?
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PIGMENTI E COLORANTI
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Prima di cominciare il viaggio…
> PICCOLO GLOSSARIO
Pigmento - Sostanza in grado di conferire colore al suo supporto. I pigmenti biologici sono
sostanze chimiche presenti nelle cellule sotto forma di granuli, gocce o cristalli, che conferiscono ai tessuti degli animali e delle piante le varie colorazioni acquisite in seguito a fenomeni
adattativi verificatisi nel corso dell’evoluzione. Nei vegetali i pigmenti sono contenuti nei plastidi, nei quali si trovano sia i pigmenti fotosintetici (clorofille, carotenoidi, ficobiline tipiche
delle Alghe), sia i flavonoidi, che conferiscono a fiori e frutti una gamma di colorazioni di
grandissima varietà.
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Cromoplasto - Plastidio contenente pigmenti aranciati o gialli, del tipo del carotene e delle
xantofille, sotto forma di goccioline o di cristalli. I cromoplasti sono presenti nei fiori, nei frutti
e in altri organi (es. radice della carota coltivata), ai quali impartiscono le colorazioni caratteristiche; variano alquanto di forma e di grandezza anche in una stessa cellula: ovali, lenticolari,
rotondi o allungati. Possono derivare da cloroplasti per scomparsa della clorofilla, come avviene in molti frutti.
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Cloroplasto - Plastidio che contiene la clorofilla. I cloroplasti si trovano singoli o numerosi nelle cellule delle parti della pianta esposte alla luce. Mancano nelle oloparassite, nelle saprofite
(funghi, batteri ecc.) e nei Cianobatteri. Sono di forma e grandezza differenti nelle diverse
specie, per lo più lenticolari dalle Briofite in su, con forma a nastro, stellata, reticolata nelle
piante inferiori. I tre tipi di plastidi presenti nelle piante, i cromoplastidi contenenti pigmenti, gli
amiloplastidi contenenti amido e gli elaioplastidi contenenti oli e lipidi, presentano lo stesso
tipo di DNA e derivano da piccoli organelli circondati da membrana, chiamati proplastidi.
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Isomeria - Fenomeno per il quale due o più composti chimici aventi proprietà diverse hanno
la stessa formula grezza ma diversa formula di struttura, oppure hanno la medesima formula
di struttura ma diversa configurazione spaziale. Tali composti vengono chiamati isomeri.
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Tannini - Composti fenolici che colorano di bruno rossastro le parti in cui sono contenuti.
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(Fonte: Enciclopedia Treccani)
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> PIGMENTI VEGETALI
L’enorme gamma di colori che la natura ci mostra è il risultato dell’azione di particolari molecole. Queste molecole assorbono in modo selettivo le radiazioni elettromagnetiche che ricadono nello spettro della luce visibile; ogni molecola assorbe radiazioni elettromagnetiche di
lunghezze d’onda ben precisa. Alcune di queste molecole sono i pigmenti fotosintetici, che
servono alle piante per attuare la fotosintesi, ma ne esistono anche altri.
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I pigmenti vegetali, in base alle loro caratteristiche strutturali, alla loro solubilità e localizzazione nella cellula vegetale, possono essere raggruppati in due grandi classi:
1. Pigmenti liposolubili contenuti nei plastidi:
- clorofille (verdi)
- carotenoidi (gialli, arancioni, rossi)
2. Pigmenti idrosolubili contenuti nei vacuoli:
- flavonoidi: flavoni e flavonoli (gialli) e antociani (rossi, blu, porpora)
- betalanine (gialle, rosse): solo nelle Caryophyllales (un Ordine delle Angiorsperme)
Nel regno vegetale si trovano però anche altri pigmenti, come la curcumina, riboflavina, alitrazina, cartamina e l’indaco, le cui strutture chimiche differiscono da quelle delle classi sopracitate.
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I pigmenti sono accumulati nei diversi organi della pianta come fiori, foglie, semi e radici di
cui di solito determinano il colore.
La loro produzione è molto abbondante; si calcola per esempio che la produzione potenziale
annua di carotenoidi sia di circa 100 milioni di tonnellate. Inoltre è interessante notare che lo
stesso colore può essere sviluppato da più pigmenti di diversa origine e con differenti strutture e proprietà.
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I coloranti naturali sono in genere composti instabili poiché sensibili alla luce, al calore, all’ossidazione e alle variazioni di pH. Di queste caratteristiche bisogna tener conto durante le varie fasi di manipolazione del materiale vegetale (conservazione del materiale grezzo, estrazione dei pigmenti, conservazione e analisi degli estratti) per evitare possibili reazioni di degradazione e formazione di artefatti che potrebbero falsare le rese e i dati analitici.
Le metodologie analitiche più frequentemente usate per la determinazione dei pigmenti
comprendono tecniche spettrofotometriche e cromatografiche. Con le prime si ottengono informazioni sul contenuto complessivo dei pigmenti, mentre con le seconde si effettua la separazione e la quantificazione dei singoli costituenti degli estratti coloranti.
È importante evidenziare che le metodologie analitiche richiedono spesso l’uso di solventi organici durante la fase di estrazione dei pigmenti, mentre l’industria è orientata il più delle volte verso estrazione più “soft”, che impiegano solventi con prevalente presenza di acqua per i
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pigmenti idrosolubili e di oli e grassi di origine vegetale per quelli liposolubili. In tal modo si
rendono disponibili prodotti con minore potenzialità tossica e allergenica e tale aspetto è di
particolare importanza soprattutto per quei pigmenti che vengono a contatto diretto con
l’uomo poiché utilizzati come additivi nell’alimentazione e nella cosmetica e come coloranti
nel settore tessile.
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CLOROFILLE
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Come pigmento:
Sono i più importanti pigmenti fotosintetici delle piante verdi. Si trovano in tutti gli organismi
che compiono fotosintesi. Sono localizzate nei cloroplasti e costituiscono i cosiddetti verdi naturali di grande importanza biologica. Le principali sono la clorofilla a (verde-azzurra) e b (giallo-verde).
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Come colorante:
Le clorofille sono sensibili all’azione dell’ossigeno, della luce e si degradano facilmente durante l’invecchiamento delle piante e la conservazione del materiale vegetale.
Le clorofille (E 140) sono in genere poco usate come coloranti proprio a causa della loro instabilità. Il complesso idrosolubile rame-clorofilla (E 141) è invece utilizzato nei prodotti dolciari, nei preparati per zuppe, nei prodotti di profumeria, e nei prodotti caseari poiché ha una
buona stabilità alla luce e al calore.
Le clorofille si trovano in tutte le piante superiori e nelle alghe verdi e vengono generalmente
estratte da ortica, spinacio e broccolo dove sono particolarmente abbondanti (6-7 g/Kg nell’ortica e 10-12 g/Kg nei broccoli).
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Struttura della clorofilla:
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Importanza per la pianta:
Le clorofille presiedono ai processi fotosintetici consistenti nel fissaggio dell’anidride carbonica (CO2) atmosferica mediante l’impiego dell’energia solare. Gli spettri di assorbimento dei due tipi di clorofilla sono diversi e complementari rispetto alla
luce solare incidente: nelle regioni corrispondenti al rosso e al blu nello spettro visibile, la luce
non assorbita dalla clorofilla a, viene catturata dalla clorofilla b. Vi è tuttavia una regione compresa tra 500 e 600 nm nella quale l’assorbimento da parte di entrambe è relativamente debole; questa regione dello spettro è coperta dai pigmenti accessori presenti nei cloroplasti. !
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CAROTENOIDI
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Come pigmento:
Sono pigmenti liposolubili che determinano il colore, con sfumature dal giallo al rosso, di molte varietà di fiori, frutti e foglie. Sono localizzati nei cromoplasti e, insieme alle clorofille, nei
cloroplasti delle cellule vegetali.
I carotenoidi si suddividono in caroteni e xantofille. Nelle piante si trovano quattro isomeri del
carotene: α,β, γ-carotene e licopene. Il β-carotene è il più diffuso rispetto agli isomeri αe γ e
si trova soprattutto nelle carote, nell’olio di palma, nella camomilla e nella calendula , mentre
il licopene è il pigmento principale dei pomodori maturi.
L’α, il β e il γ-carotene sono registrati nella legislazione CEE come E-160a mentre il licopene è
identificato dalla sigla E-160d.
Le xantofille sono invece molto numerose, e diffuse nelle foglie, nei fiori e nei frutti. Nelle foglie verdi la xantofilla più importante è la luteina di colore giallo. La zeaxantina, giallo arancione, è tipica del mais e si ritrova in altri semi gialli. La criptoxantina, registrata come E-161d
è presente nella papaja, nel mandarino e nella paprica. La capsantina di colore rosso scuro è il
principale pigmento della paprica e la crocina, giallo arancio, è il tipico pigmento dello zafferano.
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Come colorante:
I carotenoidi delle piante sono generalmente liposolubili e associati con i lipidi nei cloroplasti.
In questa forma sono stabili al calore e alle variazioni di pH, come si può notare nella preparazione e cottura di vegetali contenenti questi pigmenti, durante la quale non si verificano sostanziali cambiamenti di colore. I carotenoidi isolati sono invece facilmente degradabili e ossidabili e devono essere protetti dall’azione dell’aria e della luce. In natura esistono, anche se in
numero limitato, carotenoidi idrosolubili come la crocina e l’annatto che si ricava dai semi di
Bixia orellana L.
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Struttura dell’α, β e γ-carotene e struttura del Licopene:
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Struttura della Violaxantina:
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Struttura della Criptoxantina:
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Struttura della Luteina:
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Importanza per la pianta:
Il loro ruolo nella fisiologia della pianta non è ancora ben noto, sembra comunque appurato
che siano coinvolti nel processo fotosintetico. I carotenoidi hanno un tipico spettro di assorbimento con due massimi di assorbenza tra i 400 e i 500 nm.
Lo spostamento del massimo di assorbimento delle xantofille sta ad indicare che esse ci appaiono gialle mentre i caroteni mostrano un colore più arancione.
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FLAVONOIDI
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Come pigmento:
I flavonoidi sono largamente diffusi nel regno vegetale e distribuiti nei fiori, nelle foglie, nelle
cortecce, nei frutti e nelle radici delle piante. Sono localizzati nei vacuoli cellulari e sembra
ormai certo che la loro biosintesi avvenga nelle foglie. I flavonoidi conosciuti sono circa 2000.
I flavonoidi sono composti idrosolubili.
Si distinguono in flavoni e flavonoli e antocianine. I flavoni e flavonoli sono ampiamente distribuiti nelle piante a cui conferiscono una colorazione gialla. Le antocianine sono i più cospicui pigmenti del regno vegetale e conferiscono colorazioni variabili dal rosso al blu a fiori,
frutti e foglie.
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Come colorante:
Il colore delle antocianine è notevolmente influenzato dal pH poiché possono esistere in quattro forme dipendenti dall’acidità del mezzo.
Le antocianine, registrate dalla CEE come E-163, sono utilizzate soprattutto nel settore alimentare. Le principali fonti di questi pigmenti sono le more, i mirtilli, le fragole, le ciliegie, le
prugne, l’uva, i lamponi, l’ibisco e il cavolo cappuccio rosso.
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Struttura delle antocianine (cianidina):
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BETALAINE
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Come pigmento:
Le betalaine sono una classe di pigmenti che comprende le betacianine rosse e le betaxantine
o vulgaxantine gialle. Questi pigmenti sono particolarmente interessanti a causa della loro limitata distribuzione: si trovano quasi esclusivamente nelle piante dell'ordine delle Caryophyllales, dove sostituiscono le antocianine. Sono idrosolubili e localizzati nei vacuoli cellulari.
Esistono due categorie di betalaine:
• Betacianine con colorazione variabile dal rossiccio al violetto
• Betaxantine con colorazione variabile dal giallo all'arancione
La betanina o rosso di barbabietola è un glicoside naturale di colore rosso estratto dalla barbabietola.
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Come colorante:
Le betacianine (betanina e isobetanina) sono di colore rosso violetto, mentre le vulgaxantine
sono di colore giallo. Questi ultimi pigmenti sono presenti in minori quantità rispetto alle betacianine, sono coloranti secondari e possono essere utilizzati come basi per raggiungere un
equilibrio di colore nei prodotti grezzi o finiti.
Le betalaine sono abbastanza stabili a pH moderatamente acidi ma tendono a degradare a
causa di calore, luce e ossigeno e si scoloriscono in presenza di SO2. Per tali ragioni esse vengono generalmente impiegate come coloranti alimentari in prodotti di rapido consumo.
Le betalaine vengono generalmente estratte dalle radici di Beta vulgaris L. ma sono fonti di
tali pigmenti anche i frutti di Phytolacca americana L., le foglie di Amaranthus tricolor L. e gli
steli e i fiori di Portulaca grandiflora Hook.
Il succo di bietola rossa contiene circa lo 0,4-1% di betanina, che viene utilizzata come colorante naturale ed è identificata nella legislazione CEE con il codice E162.
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Struttura delle Betacianine (betanina):
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> COLORANTI ALIMENTARI
Il mercato dei pigmenti naturali, che interessa diversi settori industriali come quello alimentare, cosmetico, farmaceutico e tessile, è in continua espansione sia per le richieste dei consumatori sempre più orientati all’acquisto di prodotti naturali sia per le frequenti segnalazioni
della possibile pericolosità dei prodotti sintetici. Un ulteriore segnale a favore dello sviluppo
di questo settore viene anche dalle nuove proposte della CEE che prevedono un più esteso
impiego dei coloranti naturali come additivi per i prodotti alimentari.
Per incrementare l’impiego dei coloranti naturali è comunque indispensabile rispondere alle
esigenze delle industrie che richiedono estratti ad elevata concentrazione e con una buona
riproducibilità del colore. È necessario quindi approfondire le conoscenze sulle caratteristiche
dei pigmenti e mettere a punto tecniche estrattive e analitiche che, fornendo garanzie di qualità, rendano più competitivo il prodotto naturale rispetto a quello sintetico.
Nella sitografia presente alla fine di questo documento sono riportati diversi link utili per approfondire il tema dei coloranti alimentari e della loro sicurezza.
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AROMI E ALTRI COMPOSTI VEGETALI
> I COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
L'emissione da parte della vegetazione di composti organici volatili (VOC, Volatile Organic
Compounds), quali isoprene e monoterpeni, sta assumendo un'importanza sempre maggiore
negli studi ecologici volti a caratterizzare la vitalità e il funzionamento di ecosistemi naturali,
anche nell’ottica di comprendere il ruolo degli ecosistemi forestali nella mitigazione dei cambiamenti ambientali.
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I VOC sono sostanze a base di idrogeno, ossigeno e carbonio che le piante producono e rilasciano nell’atmosfera. Gli oli essenziali sono per esempio costituiti da queste sostanze. Generalmente i VOC comprendono un ampio spettro di sostanze molto eterogenee appartenenti a quattro gruppi principali: composti alifatici e aromatici, terpeni e fenoli.
Sebbene alcuni VOC siano semplicemente il prodotto finale di un normale metabolismo o
prodotto di scarto, molti altri possono svolgere ruoli fisiologici specifici. La sintesi e l'emissione dei terpeni rappresentano per la pianta una perdita di carbonio e di energia chimica proveniente dal trasporto elettronico. I composti volatili emessi dalle piante possono fungere da
deterrenti e repellenti verso numerosi insetti e altri predatori, possono essere attraenti verso
altri insetti, per lo più impollinatori, oppure attrarre i predatori di insetti litofagi e fitofagi; hanno quindi un ruolo nella comunicazione tra piante e piante e tra piante e animali.
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> TERPENI, AROMI, OLI ESSENZIALI
I terpeni appartengono al gruppo degli alcheni (idrocarburi contenenti uno o più doppi legami Carbonio-Carbonio). Si tratta di composti il cui scheletro carbonioso può essere diviso in
più unità identiche allo scheletro dell'isoprene.
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Isoprene (C H ):
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Unità isoprenica:
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L'isoprene, “precursore” dei terpeni, viene emesso in grande quantità dai vegetali. La foschia
azzurra che sovrasta spesso le montagne boscose nei periodi estivi è data proprio dalla presenza di isoprene. Si stima che le piante ne immettano nell'atmosfera da 400 a 600 tonnellate
all'anno, corrispondenti a circa il 2% di tutto il carbonio fissato con la fotosintesi e a 1/3 di
tutte le sostanze volatili emesse dalle piante.
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Alcuni studi hanno evidenziato che l'emissione di isoprene varia con la temperatura: le piante
che crescono a 20°C non emettono isoprene, ma iniziano ad emetterlo quando la temperatura delle foglie sale a 30°. Dai 37,5° in assenza di isoprene inizia la distruzione della molecola
di clorofilla, ma in presenza di isoprene la soglia sale a 45°: l'isoprene si dissolve nelle membrane delle foglie e può quindi contribuire alla tolleranza allo stress termico.
Circa il 95% dell'isoprene prodotto invece dall'uomo a livello industriale è destinato alla produzione di un analogo sintetico del caucciù.
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I terpeni hanno formule molecolari di base del tipo (C5H8)n e sono tra i composti più ampiamente diffusi nel mondo biologico.
Alcuni terpeni sono importanti componenti anche della vita animale: la vitamina A (C20H30O) è
formata da quattro unità isopreniche; il precursore della vit. A è il β-carotene, isolato per la
prima volta dalle carote. Le soluzioni diluite di β-carotene sono gialle e per questo viene usato per colorare i cibi.
Altri terpeni sono sostanze profumate, come per esempio il limonene (limone, arancia), il
mircene (verbena, lauro californiano) e il geraniolo (gerani, mirto, melissa), composti da due
unità isopreniche; e il farnesolo (mughetto), il cariofillene (chiodi di garofano), lo zingiberene
(zenzero, curcuma) composti da tre unità isopreniche.
Fra i terpeni più familiari ci sono senza dubbio quelli che compongono gli oli essenziali, sostanze complesse ottenute per distillazione in corrente di vapore o per estrazione in etere di
varie parti di piante.
Nella pianta del cotone (Gossypium spp.) sono stati identificati diversi terpeni che ne danno la
caratteristica fragranza floreale. Questi terpeni sono sostanze volatili a basso peso molecolare,
prodotte dalle ghiandole delle foglie. Fra questi, il limonene, il mircene, l'α-pinene, il β-bisabololo e l'emigossipolo. Non è ancora certo se tutte queste sostanze siano importanti per la
difesa chimica da insetti predatori o da funghi infestanti. Si conosce per ora solo il ruolo dell'emigossipolo nella difesa dalle infezioni fungine: il suo prodotto di ossidazione è il gossipolo
(il pigmento giallo dei semi di cotone), un antibiotico naturale tossico per un gran numero di
erbivori e di insetti.
Diverse specie di artemisia tra cui Artemisia absinthium contengono santonina, un terpene
con proprietà antielmintiche; si stima che 1/3 dell'umanità sia infestato da questi parassiti.
Alcuni terpeni sono colorati, come il licopene, un composto rosso scuro in parte responsabile
del colore rosso dei frutti maturi, specialmente i pomodori (Solanum lycopersicum). Da 1 Kg
di pomodori possono essere isolati circa 20 mg di licopene.
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I terpeni sono i composti organici volatili (VOC) emessi in maggiore quantità nell’atmosfera.
L’isoprene, i monoterpeni e i sesquiterpeni sono sufficientemente volatili da essere emessi e
quindi rappresentano il gruppo più consistente.
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La produzione e l’emissione dei terpeni possono variare in funzione della specie, della varietà,
dell’organo considerato, dello stadio fisiologico dell’organo e dalle condizioni ambientali.
Tra i fattori ambientali, la radiazione luminosa e la temperatura sono quelli che incidono
maggiormente sull’emissione dei terpeni.
Se i VOC sono emessi direttamente dopo la loro sintesi, l’emissione è principalmente legata
alla fotosintesi e quindi alla luce e temperatura. Se i VOC sono emessi e accumulati in organi
di riserva, l’emissione è considerata un semplice processo di volatilizzazione dal pool di riserva: è quindi fortemente dipendente dalla temperatura che regola la pressione di vapore dei
composti e quindi il loro passaggio dalla fase liquida a quella gassosa.
L’effetto della luce e della temperatura sull’emissione dei terpeni riflette anche l’andamento
giornaliero di tali emissioni con massimi nelle ore centrali della giornata quando le temperature e le intensità luminose sono maggiori.
L’emissione varia anche durante la stagione vegetativa, come risultato non solo delle variazioni ambientali (maggiori emissioni nei mesi più caldi e soleggiati), ma anche delle variazioni
fisiologiche (le foglie mature emettono maggiormente di quelle giovani).
I tassi di emissione sono anche influenzati dalle fasi fenologiche della pianta durante il ciclo
vegetativo: l’emissione è maggiore per esempio durante la fioritura, in particolare in quelle
piante ad impollinazione entomofila, quando la pianta rilascia i composti per attrarre gli insetti
impollinatori.
Altri fattori abiotici possono influenzare l’emissione dei terpeni: stress idrico e salino, umidità
dell’aria, concentrazione elevata di anidride carbonica nell’atmosfera.
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> FENOLI
I fenoli sono composti contenenti un gruppo ossidrilico (-OH) legato a un anello benzenico
(cioè a un anello di benzene), molto diffusi in natura.
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Benzene (C H ):
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Fenolo (C6H6O):
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Il Fenolo ad alte concentrazioni è corrosivo per tutte le cellule, in soluzioni diluite ha proprietà
antisettiche e fu introdotto in chirurgia nel 1865. L'uso medico del Fenolo è oggi limitato,
rimpiazzato da altri antisettici, tra cui anche l'eugenolo, un fenolo estratto dalle gemme fiorali
di Eugenia aromatica, usato come antisettico in odontoiatria.
Altri fenoli sono per es. il timolo (timo) e la vanillina (semi di vaniglia).
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Tra i composti polifenolici vi sono i tannini, sostanze comuni nelle piante vascolari; tra le piante più ricche di tannino vi sono castagno, querce, abete, acacia. In presenza di una lesione
(per es. un attacco da parte di erbivori), la reazione tanninica può rendere meno assimilabile la
pianta per il predatore.
Il termine tannino venne coniato nel 1796 per indicare una sostanza chimica, presente negli
estratti vegetali, capace di combinarsi con le proteine della pelle animale in complessi insolubili, di prevenirne la putrefazione da parte degli enzimi e trasformarla in cuoio: i tannino sono
da tempo utilizzati quindi nella concia delle pelli.
Questa capacità di legarsi ai composti contenenti azoto (proteine e alcaloidi) si riflette nella
qualità astringente di molti vini rossi.
I tannini hanno la capacità di precipitare alcune proteine della saliva, dando così la tipica sensazione di astringenza. I tannini si combinano in modo aspecifico con le proteine alimentari,
formando complessi resistenti alle proteasi gastrointestinali. Inoltre inibiscono l'assorbimento
del ferro e dello zinco e anche di alcune vitamine.
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> AMMINE
Le ammine sono composti derivati dall'ammoniaca (NH3) in cui uno o più idrogeni sono sostituiti da gruppi alchilici (ammine alifatiche) o arilici (ammine aromatiche); la loro proprietà principale è la basicità.
Nei composti organici, carbonio, idrogeno e ossigeno sono gli elementi chimici più comuni. A
causa dell'enorme distribuzione delle ammine nel mondo biologico, l'azoto (N) è il quarto
elemento per abbondanza nei composti organici.
Diverse ammine sono alcaloidi tossici: dalla cicuta si estrae la coniina; dal papavero da oppio
si estraggono morfina e codeina; dalla pianta di coca la cocaina; il tabacco contiene invece
nicotina, un'ammina che ad alte dosi causa nausea e vomito e a dosi ancor maggiori può portare alla morte; soluzioni diluite di nicotina sono usate come insetticidi.
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> GLI ALCALOIDI VEGETALI
Con il termine alcaloide si intende una sostanza organica contenente gruppi azotati che danno alla struttura un carattere basico, con attività biologiche anche a dosaggi bassi.
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Il termine è più di tipo farmacologico e medico che di tipo chimico, poiché gli alcaloidi provengono da una serie di composti organici diversi: l'unico dato chimico che li accomuna è la
presenza di un gruppo azotato a reazione alcalina.
Solitamente derivano da vegetali, possiedono uno o più atomi di azoto (generalmente in un
anello eterociclico) e comportano forti azioni fisiologiche su esseri umani e animali. Sono
spesso molto velenosi e/o psicoattivi.
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Si possono classificare tre tipi principali di alcaloidi:
• alcaloidi non eterociclici o alcaloidi atipici (protoalcaloidi, ammine biologiche)
• pseudo-alcaloidi, derivati da terpeni o da purine
• alcaloidi eterociclici o alcaloidi tipici
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Esempi di alcaloidi vegetali e loro fonti:
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> GLI ACIDI CARBOSSILICI E GLI AROMATIZZANTI
Gli acidi carbossilici sono composti organici contenenti il gruppo carbonilico (C=O) la cui più
importante caratteristica è l'acidità. Il gruppo funzionale degli acidi carbossilici è il gruppo
carbossilico (COOH).
Il rabarbaro contiene acido ossalico (COOH)2, una sostanza che irrita le pareti intestinali e può
essere letale se ingerita in dosi elevate. Si combina facilmente con ioni metallici come il calcio, per cui l'acido ossalico forma cristalli di ossalato che vanno ad irritare ulteriormente inteOrto Botanico di Bergamo
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stino e reni. I calcoli renali sono generalmente costituiti per la maggior parte da ossalato di
calcio. Il nome deriva da Oxalis acetosella, una pianta erbacea che ne è particolarmente ricca.
È comunque molto diffuso nel regno vegetale: sotto forma di sale di calcio (nelle alghe, nei
funghi, nei licheni e nelle felci), di potassio (Oxalis, Rumex), di sodio (Salicornia) e di magnesio
(nelle foglie di alcune Poaceae), oltre che nel rabarbaro, negli spinaci, nelle barbabietole, nelle rape, nel cacao e altre piante.
Un acido carbossilico aromatico è invece l'acido salicilico, contenuto nella corteccia di Salice.
Anche altri tipi di acidi carbossilici prendono il nome comune dalla pianta da cui sono stati
isolati, come l'acido valerianico, l'acido laurico, l'acido palmitico e l'acido arachidonico.
Un tipo di acido carbossilico contenuto nelle piante “superiori” è l'acido abscissico, che
esplica una grande varietà di funzioni, promuovendo per es. l'abscissione (la caduta delle foglie), la quiescenza nelle gemme e la formazione dei tuberi delle patate. Durante periodi di
siccità, la sua concentrazione nella pianta del pomodoro aumenta di oltre 50 volte; ciò inibisce
gli ormoni della crescita e della divisione cellulare e porta alla chiusura degli stomi, ritardando
la perdita d'acqua per evapotraspirazione. Questo protegge dalla siccità le piante grazie alla
conservazione di energia, la riduzione della velocità di crescita e della perdita d'acqua.
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Tra i derivati degli acidi carbossilici vi sono le ammidi.
Spilanthes mauritiana è una pianta africana appartenente alla famiglia delle Asteraceae, che
contiene un isobutirrammide in grado di uccidere le larve di Aedes aegypti, la zanzara vettore
della febbre gialla. I vegetali hanno sviluppato un corredo di sostanze chimiche, spesso specifico per ogni pianta, che le protegge dalla predazione degli insetti: dopo l'era degli insetticidi
di sintesi come il DDT, le sostanze derivate dalle piante vengono oggi di nuovo studiate, poiché risultano sicure e funzionano come agenti selettivi per il controllo degli insetti.
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Un altro tipo di composti derivati dagli acidi carbossilici sono gli esteri.
La cumarina è un estere ciclico contenuto nel trifoglio odoroso (Melilotus officinalis), a cui dà il
caratteristico profumo e che è stata usata come aromatizzante. Quando il trifoglio viene essiccato, la cumarina viene convertita in dicumarolo, una sostanza con proprietà anticoagulanti. Il
dicumarolo venne scoperto attorno al 1940 in seguito a ricerche sul problema della morte per
dissanguamento di mucche nutrite con trifoglio essiccato: il dicumarolo impediva la coagulazione del sangue in seguito anche a piccoli tagli. Dopo la sua scoperta, il dicumarolo iniziò ad
essere usato come anticoagulante per la cura di pazienti vittime di attacchi cardiaci.
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La maggior parte degli aromatizzanti alimentari appartiene alla classe degli esteri.
Gli aromatizzanti sono i più numerosi fra gli additivi alimentari, ne esistono più di un migliaio
tra naturali e sintetici. Gli aromatizzanti sono spesso miscele complesse formate da dieci fino a
centinaia di composti diversi, oggi per lo più sintetizzati industrialmente. Molti di questi hanno
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aromi molto somiglianti a quelli richiesti e l'aggiunta di uno o pochi di essi è sufficiente per
produrre gelati, caramelle e bevande.
Alcuni esempi di esteri usati come aromatizzanti:
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> L’AMIGDALINA
L'amigdalina è una sostanza molto velenosa contenuta naturalmente nei semi di diverse piante. Chimicamente si tratta di un disaccaride glicosidico, un carboidrato composto da due unità di β-D-glucosio. In soluzione acquosa acida a caldo o da enzimi specifici, può idrolizzare
liberando cianuro di idrogeno (HCN), conosciuto anche come acido cianidrico e un tempo
come acido prussico.
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Idrolizzando l'amigdalina si ottengono benzaldeide, acido cianidrico e due molecole di glucosio.
La tossicità è dovuta allo ione cianuro (CN-) che combinandosi con il rame e il ferro presenti
nell'enzima citocromo c ossidasi, blocca la catena di trasporto degli elettroni e di conseguenza la respirazione cellulare. La dose mortale per via orale è di 1-2 mg per Kg di peso corporeo.
L'amigdalina è contenuta nei semi di molte Rosaceae, in particolare del genere Prunus (prugne, pesche, albicocche, ciliegie), ma anche nei semi delle mele, del lauroceraso e in gran
quantità nelle mandorle amare.
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PIANTE ORTICOLE POTENZIALMENTE PERICOLOSE
Prezzemolo (Petroselinum sativum)
Ricco di sali minerali e vitamine A e C.
La parte erbacea e i semi vengono utilizzati per problemi renali e vescicali, per disturbi mestruali e digestivi, artrite e reumatismi, rachitismo e sciatica. E’ utile anche per stimolare la crescita dei capelli ed è un buon coadiuvante nell’eliminazione dei pidocchi.
N.B. Per l’azione rilassante sulla muscolatura liscia è controindicato ai nefritici, alle donne in
gravidanza e in fase di allattamento, ai bambini.
L’olio essenziale è formato in prevalenza da miristicina (soprattutto in quello estratto dalla porzione erbacea) e apiolo (soprattutto in quello estratto dai semi). La miristicina è dotata di proprietà tossiche, l’apiolo di proprietà irritanti.
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Basilico (Ocimum basilicum)
E’ utilizzato per disturbi respiratori (bronchite, tosse, raffreddore, asma, influenza, enfisema),
ma è utile anche come antidoto contro i morsi di insetti o serpenti. Stimola la circolazione
sanguigna e il sistema digerente. Viene utilizzato per dolori reumatici, stati di irritazione cutanea e problemi di origine nervosa.
L’olio essenziale è composto da linalolo (40-45%), estragolo (23,8%) e piccole quantità di eugenolo, limonene, citronellolo.
N.B. Le foglie giovani contengono metileugenolo, una sostanza cancerogena contenuta anche in altre piante; con la maturazione delle foglie si trasforma in eugenolo, una sostanza assolutamente innocua. Utilizzare foglie giunte a piena maturazione (dopo che la pianta ha raggiunto i 10 cm).
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Alloro (Laurus nobilis)
E’ utilizzato per problemi digestivi, coliche, inappetenza, per favorire le mestruazioni e contro
la febbre.
Ricco di vitamine A, C (77% RDA per 100 gr) e B, acido folico e sali minerali.
N.B. Possibili effetti narcotici attribuita al metileugenolo.
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Mandorlo (Prunus dulcius var. amara)
Olio di mandorle: preparato mediante la spremitura delle mandorle di entrambe le varietà di
mandorlo dolce e amaro. Questo olio non contiene aldeide benzoica o acido prussico.
Viene utilizzato come lassativo, per bronchite, tosse, bruciori di stomaco, per disturbi renali,
vescicali e biliari. Contribuisce ad alleviare algie e dolori muscolari, ammorbidisce la pelle.
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N.B. L’olio essenziale viene estratto dai semi, che vengono pressati e lasciati macerare in acqua calda per 12-24 ore. Attraverso questo processo viene attivata la formazione di acido
prussico (acido cianidrico o cianuro) che non è presente nei semi non trattati.
Molti oli commerciali di mandorle amare vengono rettificati per eliminare interamente l’acido
prussico (FFPA- Free From Prussic Acid).
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Patata (Solanum tuberosum)
Contiene un alcaloide, la solanina, che in grosse quantità può causare problemi di salute. Le
concentrazioni medie di solanina sono di 40-50 mg per chilo di polpa di patata, per passare
addirittura a oltre 6 grammi per chilo di germogli. Per cui i disturbi da solanina, in un uomo di
70 Kg, si avrebbero se mangiasse almeno 4 Kg di polpa di patate, oppure 150 gr di bucce
oppure ancora 30 g di germogli verdi o 20 g di foglie di patata. La solanina si degrada se cotta a temperature maggiori di 240° C.
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Pomodoro (Solanum lycopersicum)
Contiene un alcaloide, la tomatina, non particolarmente dannoso. È concentrata nei frutti
acerbi e nelle foglie. Ha proprietà ipocolesterolemizzanti, chemiopreventive sulla crescita di
colture di cellule tumorali e antimicrobiche.
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PIANTE SPONTANEE VELENOSE
Le piante velenose sono piante che possono provocare danno se ingerite o anche semplicemente toccate. Molte piante, anche comuni, sono classificate come velenose, ma il loro grado
di velenosità varia entro limiti molto ampi, e in ogni caso l’avvelenamento grave è raro. Se da
un lato siamo circondati da piante velenose, i danni che arrecano sono generalmente molto
modesti: e questo perché i nostri sensi ci aiutano molto. Per esempio le spine di alcune euforbie cactiformi ci mettono in guardia dal potere irritante del latrice che sgorga da queste
piante; molte piante velenose hanno inoltre un sapore disgustoso, amaro o allappante, hanno
consistenza coriacea oppure irritano la mucosa orale in modo da dissuadere l’ingestione. Esistono però eccezioni, per es. le euforbie erbacee non hanno spine ma hanno lo stesso potere
irritante delle loro parenti cactiformi, mentre le bacche della dulcamara sono dolciastri. I nostri sensi possono aiutarci molto, ma una conoscenza almeno di base delle piante è fondamentale per evitare rischi, soprattutto in presenza di bambini piccoli. Questo anche per evitare di confondere piante velenose della flora locale con piante eduli. Non tutto ciò che è velenoso è amaro o ha le spine, e non tutto ciò che è amaro o ha le spine è velenoso.
Scaricate le schede di alcune piante velenose della flora italiana a questo indirizzo: http://goo.gl/PDGksj
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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA CONSIGLIATE
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M. Marotti (a cura di): "Le piante coloranti", Edagricole, 1997.
W. H. Brown: “Introduzione alla chimica organica”, EdiSES, 1999.
A. Bruni: “Farmacognosia generale e applicata. I farmaci naturali”, Piccin Editore, 1999.
L. Taiz, E. Zeiger: “Fisiologia Vegetale”, Piccin Editore, 2012.
C. Longo: “Biologia vegetale”, UTET Editore, 1996.
M.F. Coccolo: “Dizionario degli oli essenziali”, Ed. Riza, 2012.
G. Appendino, M. Colombo, R. Luciano, C. Gatti: “Piante velenose”, Araba Fenice, 2010.
G. Peroni: “Piante selvatiche d'Insubria in alimentazione e in medicina”, Assoc. Culturale
Terra Insubre, 2011.
AA.VV. “Erbe che curano”, Giunti Demetra.
J. Lawless: “Enciclopedia degli oli essenziali”, Tecniche nuove.
http://samorini.it
http://www.actaplantarum.org
http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/product_labelling_and_packaging/
sa0003_it.htm
http://www.food.gov.uk/science/research/chemical-safety-research/additives-research/
t07040 - “Chronic and acute effects of artificial colours and preservatives on children's behaviour”, ricerca dell’Università di Southampton per la Food Standards Agency.
http://www.altroconsumo.it/alimentazione/sicurezza-alimentare/calcola-risparmia/banca-datiadditivi-alimentari
http://www.ilportafortuna.it/additivi_alimentari_da_evitare.htm
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GRUPPO DI LAVORO
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Fabrizio Bucci
Francesca Gambirasi
Anna Masseroli
Sara Prada
Elena Serughetti
Elena Zanchi
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Coordinamento: Elena Serughetti - [email protected]
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Sito web: www.ortobotanicodibergamo.it
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In collaborazione con: Associazione Amici dell’Orto Botanico di Bergamo
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