2 - Consiglio Regionale della Basilicata

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Capitolo primo
IL PAESAGGIO ANTICO.
PREMESSE DI UNA LUNGA
TRASFORMAZIONE
DEL TERRITORIO
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Il paesaggio antico. Premesse di una lunga trasformazione del territorio
La Basilicata e i suoi abitanti avevano conosciuto i Romani
intorno al 330 a.C. nel momento in cui essi formarono un patto per
fronteggiare la pressione sannita a nord e quella italiota a sud. I
Romani, però, nel 325 a.C. stabilirono un presidio strategico nella
vicina Lucera, in provincia di Foggia, con il fine di espandersi in
tutta l’Apulia settentrionale.
Nel 282 a.C. i Romani aiutarono la città di Thurii contro gli
stessi Lucani sino a raggiungere il porto di Taranto e a distruggerne
le navi. A difendere Taranto giunse Pirro, re dell’Epiro che, sostenuto dagli stessi Lucani, ottenne una prima vittoria nella durissima
battaglia campale combattuta fra Pandosia ed Herakleia nel 280
a.C.; tuttavia quattro anni dopo, nel 276 a.C., Pirro venne duramente sconfitto a Benevento e fu costretto ad allontanarsi dall’Italia
meridionale, mentre i Romani completavano la conquista di
Paestum.
In questo periodo ricostruire le vicende del Passato della
Basilicata in età romana significa ricomporre ecosistemi costituitisi
nel corso di vicende millenarie.
Sappiamo che da sempre la Basilicata era in possesso di boschi e
praterie, ma la loro ubicazione è da collocare nell’ambito della presenza storica ed archeologica. L’evoluzione del paesaggio non è altro
che il risultato della combinazione tra attività dell’uomo e risorse
naturali. Le prime descrizioni del paesaggio della zona risalgono,
infatti, intorno al IV-V sec. a.C. e si riferiscono alle tavole bronzee
di Eraclea. Il contenuto delle tavole comprendeva metodi di suddivisione e misurazione dei terreni, norme, rapporti di proprietà. Le
tavole riportano un cenno all’ambiente circostante nell’area sudoccidentale della Basilicata che ci documenta la presenza di zone paludose.
Nelle tavole ritroviamo una descrizione dettagliata sulla zona del
fiume Agri, dove si parla di terre incolte (arrectos), macchia (schiros)
e boschi di querce (drumos).
Le zone di pianura, particolarmente adatte all’attività agricola,
furono soggette a diverse trasformazioni che si accentuarono con
l’arrivo dei Romani. Questo processo di antropizzazione viene individuato nella presenza di fattorie o villae.
Basandoci su ciò che sappiamo le località vicine alle pianure e ai
centri urbani erano essenzialmente caratterizzate da terreni paludosi. La popolazione era concentrata esclusivamente nelle località più
salubri, separate da terreni incolti, dai pascoli e dalle selve, che
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Lavello-Rapolla. Il lago artificiale Rendina.
Esso nasconde negli antichi insediamenti preistorici e romani l’evoluzione del paesaggio lucano
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Il paesaggio antico. Premesse di una lunga trasformazione del territorio
ormai rappresentavano la base dell’economia lucana. Il patrimonio
naturale superstite ci permette di individuare nell’areale idrografico
del fiume Sinni, come il Bosco del Pantano Soprano e il Bosco del
Pantano Sottano. Risalendo dal bosco igrofilo di Policoro immense
foreste erano nella zona di Valsinni e del Ventrile, abitate già in antico ma abbandonate in questo periodo, per poi giungere a nord, nei
pressi di Vaglio e ai margini della Valle di Chirico in agro di Tolve,
per poi arrivare nelle zona più lussureggianti del Vulture. Un bosco
stava crescendo nel territorio di Matera, nei pressi di San Salvatore,
Santa Maria di Picciano, Timmari, sino ad arrivare al Vallone della
Loe e al Villaggio Saraceni. Tutti queste aree verranno ricolonizzate
in età tardoantica e i rispettivi boschi verranno grosso modo distrutti, mentre l’area costiera tirrenica fu occupata da un bosco solo in
età successiva alla colonizzazione romana.
La zona costiera ionica, invece, presentava un litorale discontinuo a causa del litorale sabbioso, dove vi era un’ampia fascia caratterizzata dalla presenza di vegetazione a macchia mediterranea,
Territorio di Matera.
In epoca romana
i boschi
raggiungevano
questi luoghi
che un tempo
furono abitati
dall’età preistorica
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Il paesaggio antico. Premesse di una lunga trasformazione del territorio
Territorio di Banzi.
Colline e vallate
furono fortemente
antropizzate dai
Romani
come lentisco, ginepro, mirto, rosmarino, agave, oleandro, agnocasto ed olivo selvatico. Il tutto veniva poi caratterizzato dalla presenza del Sinni e del Bradano, i quali con la loro portata fertilizzavano
anche le zone costiere.
Il fiume Sinni, che nasce dal Monte Serra Giumenta (m 1518),
sul gruppo del Monte Sirino, dopo aver attraversato le province di
Potenza e Matera, sfocia nel Golfo di Taranto, nel percorso finale
del bosco di Pantano, eccezionale esempio di bosco planiziale relitto.
Tale indicazione fa pensare che la variabilità della geomorfologia
della Basilicata origina da una complessa rete idrografica, superficiale e sotterranea che i Romani conoscevano insieme agli Indigeni,
che erano a conoscenza anche dei corsi d’acqua tipicamente torrentizi, caratterizzati da massime portate durante il periodo invernale e
da un regime di magra durante la stagione estiva.
Le prime notizie scritte relative al fiume Sinni ci vengono fornite da Strabone, che parla di un fiume navigabile dove si trovava l’insediamento di Siris, il porto fluviale della città di Eraclea, fondata
nel 432 a.C.
Il fiume si mantenne navigabile per molti secoli, fino a quando
il disboscamento successivo delle sue sponde, insieme all’esecuzione della diga di Monte Cotugno, lo hanno trasformato nell’attuale
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Il paesaggio antico. Premesse di una lunga trasformazione del territorio
fiumara.
L’attracco alla foce era probabilmente a S. Laura, contrada di
Rotondella.
Si è accennato al bosco Pantano di Policoro, lo sconfinato bosco
igrofilo che copriva il suolo intorno alla foce del Sinni. Il sito era già
conosciuto in età preistorica, tuttavia in età greca era già presente
l’idea di un territorio variamente attrezzato e gestito, come ricordano le Tavole di Eraclea; in esse, infatti, si vietava l’uso intensivo del
bosco, ad indicar e la sua importanza.
Nel periodo dell’occupazione romana gli abitati si trasferirono
dall’interno verso la pianura, abbandonando le aree abitate in antico che erano diventate forse troppo fredde. In quell’epoca i boschi
erano opportunamente gestiti per la fornitura di travi e per la ricchezza faunistica.
Il feudo di Policoro fu acquistato a pubblico incanto dai principi Serra - Gerace per 402.000 ducati nel 1792 e nel 1893 passò in
proprietà ai baroni Berlingieri di Crotone, che mantennero integra
tutta l’area, riservandola alla caccia. Tuttavia erano presenti frassini,
pioppi, lentischi. Alcuni di questi sono diventati esemplari giganteschi.
Il territorio della Basilicata dove si estendevano i boschi erano
caratterizzati da terreni di origine fluviale e fluvio-marina, in area
subcostiera, dove erano presenti anche formazioni argillo-sabbiose
con intercalazioni di sabbie e ghiaia.
La piana costiera del Sinni e del Bradano coprivano tutta la zona
fra Policoro e Metaponto sino a Taranto; la piana era un tempo più
distante dalla costa visto l’avanzamento della linea di costa; la piana
costiera era quindi soggetta a periodi prolungati di impaludamento, con aree più elevate asciutte e aree maggiormente depresse allagate quasi perennemente.
L’ambiente naturale si presentava quindi molto diversificato ed
eterogeneo, che condizionava anche il clima interno. In questo
senso il cosiddetto Bosco Sottano conserva ancora oggi specie di frassino e pioppo bianco; nell’agro di Metaponto sono presenti anche
specie come il cerro, l’acero campestre, l’alloro e il melo selvatico.
Le diverse specie si associavano già in antico in riferimento alle
particolari condizioni microambientali. Altri boschi erano presenti
nelle parti più sommitali delle Dolomiti Lucane, ad Oliveto e nella
zona sommitale del Vulture, anche se non mancavano diverse estensioni nel Marmo-Platano.
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Nel corso del III sec. a.C., in conseguenza delle difficili condizioni perpetuate dalle leggi romane i terreni speso potevano subire
il sequestro, poiché concessi poi in affitto ai agli aristocratici o ai
veterani: era l’ager publicus. Tale diffusa speculazione portò ad una
trasformazione radicale sia dell’assetto economico e sociale, sia del
territorio, con l’affermazione del latifondo e del primo vero disboscamento della Basilicata.
La conquista di Taranto aveva imposto ai nuovi popoli soggetti
lo status di socii, cioè di alleati con l’obbligo di fornire truppe agli
eserciti imperiali, con la sconfitta di Annibale e dei Lucani (alleati
del Cartaginese), avvenuta nel 206 a.C., i Romani programmarono
la confisca di terreni agricoli per il rafforzamento di alcune postazioni militari (praefecturae). In questa fase, oltre alle campagne, si
verificò l’abbandono di Laos e il declino di Serra di Vaglio, al quale
alcuni erroneamente attribuiscono la creazione dell’abitato di
Potentia. Le città di Venusia, fondata già nel 291 a.C., e Grumentum
erano collegate dall’importante asse viario che da Roma, attraverso
Capua, raggiungeva Taranto e Brindisi, la via Appia, e dotata di un
grande acquedotto composto. I dati archeologici riferiti a
Grumentum, nella Val d’Agri, dimostrano che essa fu teatro di due
sanguinose battaglie fra Roma e Cartagine, nel 215 e nel 207 a.C.
Iniziarono anche i rapporti commerciali, che si svilupparono bel
oltre il territorio di Taranto. Herakleia (l’antica città di Siris) e
Metaponto riuscirono fino al I sec. d.C. a preservare un certo benessere, come è attestato dalla presenza del foro, dell’anfiteatro, dei
templi e delle ricche domus. Nella restante Basilicata erano presenti
degli insediamenti sparsi, e collegati alle presenze forestali, appartenenti spesso ai ricchi proprietari romani. Probabilmente l’utilizzazione di ager publicus fece iniziare un processo di spopolamento
spinto all’estremo dall’azione combinata delle devastazioni della
guerra annibalica, ma anche dello sfruttamento intensivo.
Le terre più fertili erano situate ai margini della piana del nord
della Puglia, in prossimità del Monte Vulture, nell’Alta Valle dell’Agri
e in gran parte del bacino del Bradano e dei suoi affluenti, fino a
Oppido Lucano e Banzi, la romana Bantia; il restante territorio offriva solo una piccola quantità di aree coltivabili.
Con il cambiamento climatico verificatosi fra III e I sec. a.C.
abbiamo un decremento degli insediamenti abitativi, causato dal
deposito di sedimenti limosi agli estuari dei fiumi e dall’aumento
del complesso delle acque che aveva già causato problemi alla città
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Il paesaggio antico. Premesse di una lunga trasformazione del territorio
Tricarico. Qui si
estendevano
immense foreste
con ricchi abitati
indigeni e romani
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Il paesaggio antico. Premesse di una lunga trasformazione del territorio
di Metaponto. Nel corso del IV secolo, infatti, i monumenti sacri e
pubblici ebbero problemi di restauro, mentre il terreno arativo
cedeva progressivamente al terreno incolto e al pascolo.
Contemporaneamente gli insediamenti d’altura furono quasi del
tutto abbandonati sino alla ricolonizzazione bizantina ed altomedievale, come è accaduto nelle zone di Tricarico, Campomaggiore,
Albano di Lucania e Pietrapertosa.
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