Giuseppe
Caprotti
La questione altoatesina o
sudtirolese dal 1945 al 1948 e i
suoi sviluppi: studio degli
archivi diplomatici francesi
FrancoAngeli
Storia diplomatica, collana diretta da Enrico Serra
La storia diplomatica è disciplina relativamente giovane ma che ha già acquisito
legittimità e autorità. In tempi recenti ha ricevuto grande impulso dalla liberalizzazione intervenuta nella consultazione degli archivi diplomatici. La ricerca e la
riflessione critica in questo ambito rispondono inoltre all'esigenza di specializzazione che percorre attualmente il mondo scientifico.
Questa collana, che accoglierà testi classici -italiani e stranieri - e ricerche
inedite di giovani studiosi, si propone dunque di approfondire i molti temi della
storia diplomatica, offrendosi come strumento agli storici in genere, che dallo
studio della diplomazia e dei suoi archivi potranno ricavare preziosi contributi.
3 a edizione, 1990
Copyright © by Franco Angeli Libri s.r.l., Milano, Italy
È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi
mezzo effettuata, non autorizzata.
l lettori che desiderano essere regolarmente informati sulle novità pubblicate dalla nostra
Casa Editrice possono scrivere, mandando il loro indirizzo, alla "Franco Angeli, Viale
Monza 106, 20127 Milano", ordinando poi i volumi direttamente alla loro Libreria.
INDICE
Prefazione
In t roduzione
l. Cenni storici dalle origini al 1919
2. Cenni storici dal 1919 al 1945
2.1. La Conferenza della pace
2.2. L'Alto Adige c il fascismo
2.3. Dall'avvento di Hitler (gennaio 1933) al protocollo
Ciano-Von Mackcnsen (ottobre 1939)
2.4. La guerra e l'occupazione tedesca (10 giugno 1940
- 2 maggio 1945)
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Parte prima
La disputa austro-italiana nell'elaborazione della pace
dopo la seconda guerra mondiale: gli Alleati lasciano il
Sud Tirolo all'Italia (2 maggio 1945- 24 giugno 1946)
l. La situazione internazionale dopo la guerra: il rapporto
d i forza tra l'ltal ia c l'Austria
2. L'elaborazione della pace: il sistema dci quattro Grandi
3. Le posizioni dell'Italia, dci sudtirolcsi, dell'Austria c dci
quattro Grandi riguardo alla questione
3.1. Italia, sudtirolcsi c Austria
3.2. Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti c Unione Sovietica
4. La risoluzione della controversia da parte dei quattro
Grandi
5
4.1. La prima sessione a Londra del Consiglio dei
ministri degli Affari Esteri (11 settembre- 2 ottobre
1945). Evoluzione delle posizioni
4.2. La Conferenza dei supplenti (20 gennaio- 22 aprile
1946)
4.3. L 'evoluzione della situazione dal 20 mano al l o
maggio 1946, la seconda sessione a Parigi del
Consiglio dei quattro ministri degli Affari Esteri (I11
parte, dal 25 aprile al 16 maggio 1946) e la
decisione del l o maggio 1946
4.4. Le reazioni, le conseguenze del 1o maggio,
l'evoluzione della situazione e la decisione del 24
giugno
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Parte seconda
Dalla decisione finale (24 giugno 1946) allo Statuto
d'autonomia (2 febbraio 1948)
l. L'Austria è obbligata a negoziare: la Conferenza delle
21 Nazioni e le trattative dirette per un accordo austro-italiano. ll testo deli'Accordo De Gasperi-Gruber
2. I problemi posti dall'Accordo De Gasperi-Gruber
2.1. La delimitazione del territorio autonomo
2.2. Perché Gruber ha accettato di lasciare aperta la
questione della delimitazione del territorio autonomo
2.3. La controversia giuridica
2.4. La dimensione politica e la volontà di De Gasperi
2.5. L'Austria di fronte all'Accordo
2.6. L'inserimento dell'Accordo nel Trattato di pace
3. Dalla firma del Trattato di pace (10 febbraio 1947) alla
entrata in vigore dello Statuto d'autonomia (2 febbraio
1948)
3.l.La questione delle opzioni
3.2.L'autonomia
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Appendice
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l. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal 1948 al
1972
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Conclusione
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Il Nuovo Statuto e la situazione attuale (1972-1985)
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Fonti archivistiche
Indice dei nomi
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1.1. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal 1948
all955
1.2. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal 1955
al1972
7
PREFAZIONE
Studiando la bibliografia e i dossiers negli archivi del Quai d'Orsay
(1), si rimane colpiti dal contrasto tra questo pezzetto di Storia
europea e la necessità, per noi, di una futura Europa unita.
Mi spiego meglio: da una parte s'intravede una piccola provincia
che non ha superato i suoi continui traumi storici e che anzi, a tratti,
sembra ricadere in un passato più che oscuro; dall'altra parte c'è
un 'Europa da farsi, che dovrà costn1irsi assolutamente per vincere le
sfide politiche, economiche e culturali del dopo 2000.
Questa mia tesi presentata nel 1986 alla Sorbona è un tentativo di
analisi obiettiva di una situazione più che scottante.
So che ogni frase, o anche ogni nome espressi in un determinato
modo faranno sussultare gli abitanti della provincia di Bolzano/Bozen.
Non è questo il mio scopo.
Vorrei semplicemente che gli italiani (e anche coloro che non si
sentono tali) prendessero coscienza di un problema reale, che rispecchia il disastro del nostro sistema politico.
Molti italiani credono di vivere in una grande democrazia e non si
rendono conto di vivere invece, per certi versi, in uno stato di anarchia
permanente.
L'anarchia in molti casi genera dei soprusi. Di soprusi in questa
l. Ogni documento ciLaLO (che non sia un libro, una rivisla o un giornale)
proviene da quella fonte c quando sicita il MinisLcro degli Affari Esrcri(MAE) ci si
riferisce sempre alla medesima. l documcnLi non hanno una numerazione perché,
all'epoca delle mie ricerche, erano in corso di riclassificazione. Per ogni cvcnLualc
consuiLazione cisipuò comunque oricnLarc seguendo k date (per la numerazione dci
dossicrs vd. le Fomi archivistiche).
9
provincia ce ne sono stati tanti. E' una Storia fatta di errori, di
menzogne e di accuse reciproche. Se i più forti, i vincitori di oggi non
danno l'esempio e non imboccano la via della tolleranza e del rispetto
per la diversità degli «invasori» di un tempo, l 'intera provincia si
ritroverà in un vicolo cieco. Invece di imboccare la strada dell'Europa
si tornerà ai tempi bui dell'estremismo politico.
Solo un cambiamento radicale dalle istituzioni italiane e l'integrazione europea ci permetteranno di progredire.
Perché ciò avvenga bisogna però che prima cambino le mentalità e
soprattutto che gli uomini politici italiani (e anche coloro che non si
sentono tali) abbiano un po' più di lungimiranza.
Non sarà facile.
Desidererei ringraziare:
il professor Jacques Bariety, titolare di cattedra di Storia contemporanea alla Sorbona, specialista della Germania e delle relazioni
franco-tedesche, che ha seguito il mio lavoro con passione;
mio padre, Bernardo Capretti, che mi ha dato tutta la sua fiducia e il
suo appogg1o;
il signor Georges Dethan, conservatore capo degli archivi del Ministero francese degli Affari Esteri, il signor Even conservatore e la
signora Bompard presidente della sala di lettura degli archivi, per la
loro disponibilità e per il loro contributo al mio lavoro di ricerca;
il professor Enrico Serra, capo del servizio storico e documentazione
del Ministero italiano degli Affari Esteri, per avere reso possibile
questa pubblicazione;
il dottor Indro Montanelli per la sua disponibilità;
il dottor Federico Guiglia per il suo contributo alla mia conoscenza
dell'attualità altoatesina;
il signor Antonio Marchiori, la signorina Antonella Pizzorno, il signor
Philippe Allouche e la signora Silvana Zicca per il loro aiuto tecnico;
e soprattutto la signora Gem1ana Chiodi senza la quale questo libro
non sarebbe tale.
IO
INTRODUZIONE
Perché studiare la questione del Sud Tirolo o Alto Adige? Perché si
tratta di una questione europea !asciataci in eredità dai due conflitti
mondiali. Gli archivi del Ministero degli Affari Esteri francese
rivelano, nel periodo che va da11945 al 1948, un notevole interesse da
parte della diplomazia francese per le sorti di questo territorio.
Durante questo periodo (e in seguito fino al 1955) le truppe francesi
hanno occupato le regioni attigue del Nord Tirolo e del Vorarlberg (1).
La Francia si trovava dunque in un'ottima posizione per un'osservazione attiva della situazione. Gli altri paesi europei interessati alla
questione, al di fuori naturalmente dell'Austria e dell'Italia, erano la
Gran Bretagna, l'Unione Sovietica, la Germania (anche se in realtà
manifestò il suo interesse più tardi) e la Svizzera.
Inoltre, il problema è europeo perché riguarda tre comunità di
lingua e di tradizioni diverse: quella tedesca, quella italiana e quella
ladina, obbligate a vivere insieme.
La seconda domanda che ci si potrebbe porre è la seguente: che
termine usare per indicare questa provincia: Sud Tirolo o Alto Adige?
Bisognerà usarli entrambi dal momento che è quanto fanno gli stessi
diplomatici francesi. Usare uno solo di questi termini equivarrebbe a
sostenere fin dali 'inizio una delle due tesi qui poste a confronto.
Adotteremo questa linea anche per quanto riguarda la toponomastica
del territorio.
Tuttavia riguardo ai due nomi, bisogna sapere che, nonostante una
fugace comparsa del termine Alto Adige durante il periodo napoleonil. Si noti che la Gran Bretagna occupava allora ilTirolo Orientale.
11
co (1809-1815), fu il rappresentante degli ultranazionalisti italiani,
Ettore Tolomei, a diffonderlo ali 'inizio del XX secolo; e che questo
nome si è imposto solo dopo l'annessione del territorio all'Italia nel
1919, per essere poi adottato dal governo fascista. Non esiste nessuna
questione del Sud Tirolo o Alto Adige prima del 1919. L'uso di
questo secondo nome coincide con il delinearsi del problema.
Sarà il caso perciò di tracciare un quadro storico senza il quale non
sarebbe mai possibile capire la situazione del secondo dopo guerra.
Questa analisi storica verrà suddivisa in due parti: dalle origini al 1919
e dal 1919 al 1945.
Ma prima di accostarci alla storia di questa regione è necessario
darne un inquadramento geografico.
Presentazione geografica (2)
«Il Tirolo del Sud corrisponde al versante mediterraneo della massa
tirolese, contrapposto al versante danubiano, costituito a Nord, al di là
del Brennero, dagli affluenti dell'Inn e, ad Est, al di là della Pustertal,
dagli affluenti della Drava. Il versante mediterraneo invia le sue acque
all'Adriatico attraverso il Chiese che esce dal lago d'Idro per
raggiungere l 'Oglio e la valle del Po; attraverso il Brenta che nasce
r!ella Val Sugana ad Est di Trento ed attraverso il Piave alimentato
dagli emissari delle Dolomiti, il Boite e il Cordevole, ma la valle
principale e centrale è quella dell'Adige (3) (Etsch) nella quale si
diramano numerosi affluenti laterali di cui i più importanti sono: l
'Eisack che segue la via del Brennero e la Rienz che conduce alle
soglie di Toblach verso la Drava; l'Adige stesso scende dal col di
Reschen che, insie1ne al Brennero, costituisce un altro accesso alla
valle dell'In n. Così, visto dall 'Ttalia, il Tirolo del Sud è innanzitutto il
retroterra dell'Adige, l'Alto Adige, mentre visto dalle Alpi è solo un
settore della regione alpina: il SUdtirol. Ciascuna delle due denominazioni è legata ad un diverso modo di considerare il Brennero.
2. vd. 26 maggio 1945, Dircclion Politique, Le Prob/ème du Tyro/ du Sud,
Présentation géographique.
3. L'Adige è per la sua lunghezza (411 km) il secondo fiume d'Italia dopo il Po.
12
Quest'ultimo può essere visto o come simbolo di due Europe
antagoniste (4) o solo come variante geografica in mezzo ad un paese
di cui non altera l'unità (5).»
1. Cenni storici dalle origini al 1919
Nel m secolo avanti Cristo il Tirolo meridionale faceva parte di
una confederazione alpina: la Rezia che comprendeva le alte valli del
Reno, dell'Adige e dell'Inn. La Rezia possedeva il Tirolo del Sud e i
Galli cisalpini il Trentino.
Nell'anno 15 avanti Cristo, l'imperatore Augusto incaricò Druso e
Tiberio di sottomettere tutta la regione alpina. I Romani adottarono
come frontiera tra la Rezia e l'Italia una linea all'altezza di Merano e
Klausen (Chiusa in italiano), inclusero perciò nell'Italia, Bolzano,
mentre i passi alpini restarono alla Rezia. I Romani introdussero in
Rezia la propria lingua e la propria cultura, ma non vi fondarono
colonie. La Rezia romana costituiva un settore di controllo del
Danubio, lo sbocco della grande via imperiale del Brennero, la Via
Augusta (6).
Quando i Germani forzarono la linea del Danubio, la popolazione
ripiegò con l'esercito: i velsci nell'attuale Trentino, i romanci in
Engadina (attuale cantone dei Grigioni), i ladini nelle Dolomiti. Questi
abitanti latinizzati e cristianizzati della Rezia hanno vissuto e vivono
tuttora nei luoghi dove sono stati sospinti e rinchiusi dagli invasori di
lingua germanica. I romanci costituiscono l'l% della popolazione
4. Enea Silvio Piccolomini (futuro papa Pio II) nel 1457 descriveva il Brennero
come un confine tra due mondi. Goethe riprendeva questa concezione nel diario del
suo viaggio in Italia in data settembre 1786 definendo il Brennero come una:
«Grenzscheide des Stiden und Norden» (Linea di frontiera tra Nord e Sud) Vd. 26
maggio 1945, Direcùon Politique.
5. André Chamson (Tyrol 1930) affermava a proposito della definizione del
Brennero di Goethe: «In realtà le cose non stanno proprio così. Il passaggio
inganna... etnicamente, culturalmente ed anche geograficamente il mondo germanico
va di gran lunga oltre il Brennero, e si spinge più a sud». - Vd. 26 maggio 1945,
Direction Politique.
6. Essa tenninava ad Augusta Vindelicorum, l'attuale Augsburg.
14
svizzera e la loro lingua è riconosciuta come quarta lingua del paese
(7). I ladini sono, secondo il censimento del 1981, 36.000: 18.000
vivono nella provincia di Bolzano e l'altra metà in quella di Belluno o
di Trento. Essi non vengono più assimilati agli italiani come nel
periodo del fascismo, ma formano un gruppo etnico a parte.
Nel V secolo dopo Cristo, un nucleo alemanno-bavarese si stabilizzò, effettuò delle opere di dissodamento delle foreste e fece di questa
regione poco densamente popolata una terra germanica.
I Carolingi cercarono di mantenere l'unità della Rezia, ma nel 962
la restaurazione dell'Impero da parte di Ottone rafforzò l'importanza
del passaggio dalle Alpi. Si prospettò l'assoluta necessità che tutta la
regione fosse dominata dalla stessa mano. In tal modo la Baviera
assorbì la Rezia orientale (tutto l'attuale Tirolo con in più il Trentine).
La turbolenza dei nobili locali e la necessità di una migliore protezione del passo alpino portarono l'imperatore nel 1027 a sottrarrre la
maggior parte del Tirolo al duca di Baviera e ad affidarla ai vescovi di
Trento e Bressanone (Drixen) direttamente dipendenti da lui. L'amministrazione veniva nei fatti esercitata da bali (8). Tra questi ultimi si
imposero i conti del Tirolo (dal nome del loro castello vicino a
Merano) che, con una politica di guerre e matrimoni, riuscirono, verso
l'anno 1250 a porre sotto il proprio dominio tutto il territorio e a dare
alla Rezia la moderna denominazione di Tirolo.
A poco a poco il Tirolo acquisì nel Sacro Romano Impero
Germanico una individualità ben precisa. Staccato dalla Baviera e
dali'Italia, passò a far parte, il 26 gennaio 1363, deli'asse ereditario
degli Asburgo. Nel 1618 il ramo degli Asburgo che deteneva il Tirolo
accedeva ali 'Impero. Il Tirolo diventava il feudo privilegiato della
corona. Fruiva di ampie libertà locali con una Dieta dove erano
rappresentati il clero, la nobiltà, la borghesia e i contadini. Il Tirolo
conobbe un periodo di prosperità, di fiorente commercio e di brillante
attività intellettuale.
I Fugger trassero dal commercio in Tirolo gran parte delle loro
7. Ciò è dovuto in parte al fauo che Mussolini considerava le lingue come il
romancio e il ladino come dialetti italiani. Egli avanzava in tal modo delle
rivendicazioni non solo sul Canton Ticino, ma anche sui Grigioni.
8. Nell'ordinamento feudale, funzionario di nomina regia a capo di una circoscdzione territoriale.
15
ricchezze. Il grande trovatore Walter Von Der Vogelweide sarebbe
originario del Tirolo del Sud.
La Riforma sfiorò appena il Tirolo che restò un bastione del
cattolicesimo.
Nel 1805 Napoleone costrinse Francesco II a cedere il Tirolo alla
Baviera che era diventata un regno. Quest'ultima, non concedendo
alcun riconoscimento alle ancestrali libertà dei tirolesi, urtò profondamente la loro suscettibilità. Essi, nel 1809, si ribellarono sotto la guida
di un oste della Val Passiria, Andreas Hofer che prese il comando
degli Schiitzen (9) e cacciò le truppe franco-bavaresi. Ma la pace di
Schonbrunn rese vani questi sforzi. Hofer guidò un'ultima rivolta che
si concluse tragicamente (10). Il viceré d'Italia, Eugenio, reclamò
allora la frontiera del Brennero. Napoleone suddivise il Tirolo in tre
parti che vennero rispettivamente attribuite alla Baviera, ali 'Italia ed
alla Repubblica Illirica. L'Italia ricevette il dipartimento dell'Alto
Adige al di sotto di Merano e Chiusa.
Nel 1815 il Sud Tirolo venne riannesso ali 'Impero Austriaco. Perse
l'originaria organizzazione feudale e diventò semplicemente un gruppo di sette distretti unificati sotto l'amministrazione austriaca. Nel
frattempo, l'occupazione diretta nel Trentina si scontrava con l'irredentismo italiano incarnato da Cesare Battisti (11). Il XIX secolo sarà
un secolo di fermenti per l'Italia. Gli irredentistj avranno due obiettivi:
Trieste e Trento. Ma fin dal 1831 Mazzini dichiarava che lo «Stato
nazionale futuro>> dell'Italia doveva estendersi dal sud e dal mare fino
alla Vetta d'Italia (12).
9. Gli Schtitzen costituiscono una sorta di milizia popolare che esiste fin dal XV
secolo. Avevano il compito di difendere la «Hcimat» (il luogo dove si è nati,
l'equivalente dell'inglese «Home»). Gli SchUtzcn esistono tuttora, ogni comune del
Sud Tirolo ha infaui una o più compagnie di SchilLZen che partecipano a cerimonie e
processioni. Hanno l'incarico di difendere la lingua e la cultura del Sud Tirolo.
10. Andrcas Hofcr, abbandonato dagli Asburgo venne fucilato a Mantova dai
francesi nel 1810.
11. Cesare Battisti, patriota i !.aliano originario di Trento, arruolato volontario nel
1915 ncJl'escrcito iwliano, venne fatto prigioniero cd impiccato nel 1916 dagli
austriaci (si noti che tulli i trcntini fatti prigionieri dagli austriaci furono impiccati
come disertori).
12. La Vett.a d'Iu.tlia che raggiunge i2911 m. di altezza, si trova in Alto Adige ed
è il punto più settentrionale d'Italia.
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L 'idea del Brennero, frontiera letteraria e teorica, respinta fino a
quel momento da tutti gli uomini di Stato, compreso Napoleone, verrà
ripresa da Ettore Tolomei che cominciava ad affermare i propri
sentimenti ultra-nazionalisti in una rivista, «La Nazione italiana» che
fondava nel 1890. Nel 1906 lanciò la pubblicazione della rivista
«Archivio per l'Alto Adige». Tolomei non negava che la provincia di
Bolzano fosse abitata da popolazioni di lingua tedesca, ma rivendicava
«i confini della patria>>. Egli affermava che «la catena spartiacque tra
l'Adige e l 'Inn è sempre stata considerata il confine dell'!tali'>>: <che
essa rappresenta la spina dorsale d'Europa che divide i due versanti
principali: i paesi del Nord e quelli del Sud». E poiché al Sud
«comincia una natura che non è più tedesca, l'italianità del suolo
stabilisce l'incontestabile evidenza del diritto della nazione italiana e
delle sue rivendicazioni» (13).
Le ampie vedute del Tolomei oltrepassavano quelle più modeste
degli irredentisti che ambivano, come Cesare Battisti, semplicemente
alla liberazione del Trentino senza superare la frontiera linguistica.
Cesare Battisti scriveva nel 1901: «Di fronte alla realtà attuale,
sarebbe stupido vantare dei diritti su Merano e Bolzano» (14).
Il governo italiano, da parte sua, fece sapere il proprio p'Jnto di
vista fin dal 1866. Il marchese Visconti Venosta in un appello fatto
ali'Austria dichiarava: «La riannessione del Trentina al regno è
essenziale per l'Italia. Questo territorio appartiene alla penisola
etnograficamente e geograficamente, storicamente e militarmente.
L'Italia non chiede tutta quella parte del Tirolo italiano che era
annessa all'antico Regno d'Italia e denominata dipartimento dell'Alto
Adige. Le sue richieste si limitano esclusivamente alle popolazioni
13. E. Tolomei - L'Alto Adige. Dagli aui del Congresso straordinario dell'associazione «Trento - Trieste» tenutasi in Roma. i giorni 25-26-27 marzo 1917 Tipc,grafia dell'italiana, Roma, 1917, p. 4.
14. Romano Bracalini- L'ABC dell'Alto Adige, Longanesi, Milano, 1968, p. 10.
Bisogna segnalare che l 'atleggiamento di Battisti, riguardo alla frontiera italiana al
Brennero, mutò con l'avvicinarsi della guerra. Nel 1916 Battisti aderiva pienamente
alle teorie del Tolomci (v. Epistolario di Cesare Battisti, t. l, «La Nuova Italia»,
Editrice, Firenze, 1966, p. XXXII dcii'introduzione di Paolo Alatri).
17
italiane» (15).
La linea del Brennero, inaugurata nel 1867, segnò un riavvicmamento austro-italiano sul piano economico attenuando le controversie
territoriali. Nel 1882 l'Italia firmò con la Germania e l'Austria il
trattato della Triplice. Questa sorprendente alleanza, capovolgimento
della tradizione nazionale italiana, obbligò Crispi a lottare contro
l 'irredentismo per compiacere all'Austria. Ma «Trento e Trieste»,
slogan degli irredentisti, costituì un casus belli permanente tra gli
alleati italiani ed austriaci. La Germania si sforzò di mantenere una
difficile intesa tra due parti che si disprezzavano e si sospettavano.
Il 28 luglio 1914 l'Austria dichiarò guerra alla Serbia senza
metter ne al corrente l'alleato italiano. ll 2 agosto 1914 quest'ultimo
dichiarò la propria neutralità, dal momento che il casus foederis
valeva solo in caso di guerra di difesa (art. 3 della Triplice). A poco a
poco le idee bellicose diffuse dagli ambienti nazionalisti guadagnarono terreno ed aizzarono una parte della popolazione contro
l’Austria. Una neutralità passiva
indefinita
avrebbe potuto
significare
perdere l'occasione di liberare le terre irredente, e, forse, tale
occasione non si sarebbe mai più ripresentata. Per Sonnino, ministro
degli Affari Esteri dal 1914 al 1919, si presentava un solo problema:
far pagare il prezzo più alto per la neutralità dell'Italia. La Germania,
inquieta, spingeva l'Austria alla trattativa e persino al sacrificio delle
terre imperiali.
Nel marzo 1915 si aprirono i negoziati per Trento e Trieste, 1'8
aprile il governo italiano fece sapere il prezzo della sua neutralità: la
cessione del Trentino e del dipartimento dell'Alto Adige con le
frontiere del 1810. La risposta dell'imperatore Francesco Giuseppe fu
chiara: «Kein Fussbreit deutschen Tiroler Bodens» (l'Italia non avrà
neanche un palmo del suolo tirolese tedesco) (16). L'Austria offrì il
Trentino, ma i giochi ormai erano fatti. Dal 2 al 27 marzo, l'Italia
aveva negoziato con l'Intesa il trattato di Londra che verrà firmato il
26 aprile 1915 e che sanciva le pretese italiane su tutto il Tirolo del
15. Ministero degli Affari Esteri, Dircction Politique - 26 maggio 1945 - Le
problème du Tyrol du Sud, capitolo 2, Evolution historique.
16. Alain Fenet, La Question du Tyrol du Sud, un problème de droit international, Libreria Generale di Diritto e Giurisprudenza, Parigi 1968, p. 17.
18
Sud.
Il 23 maggio 1915 l'Italia dichiarava guerra all'Austria. Il 31
ottobre 1918 gli Alleati (ed Associati) dell'Intesa determinavano le
condizioni per l'armistizio da imporre all'Austria-Ungheria. Tra
queste figurava l'evacuazione di tutti i territori promessi all'Italia nel
Trattato di Londra. Il 3 novembre l'imperatore diede ordine di firmare
l'armistizio di Villa Giusti. n 4 novembre le truppe italiane invasero il
Tirolo meridionale.
2. Cenni storici dal 1919 al 1945
2.1. La Conferenza della pace
Il nono de quattordici punti di Wilson è così formulato: «A read
justment of the frontiers of Italy should be effected along clearly
recognizable lines of nationality» (si dovrebbe effettuare un riaggiustamento delle frontiere italiane secondo linee di nazionalità chiaramente riconoscibili), e il colonnello House, consigliere di Wilson, era
convinto che la soluzione migliore per la frontiera austro-italiana
sarebbe stata la linea di Salorno (linea che attualmente separa la
provincia di Bolzano da quella di Trento). Ma la formula di Wilson
era una chimera; avrebbe dovuto comparire tra le condizioni di
armistizio per avere valore vincolante. La Francia e l'Inghilterra
dichiararono di voler onorare la propria firma apposta in calce al
trattato di Londra. I discorsi tenuti da Lord Balfour, allora ministro
degli Esteri britannico, sono significativi al riguardo: «Quando,
durante la guerra ci siamo trovati in una situazione difficile, abbiamo
domandato all'Italia di unirsi a noi e in cambio abbiamo offerto un
prezzo ben preciso. L'Italia ha mantenuto la promessa e, se ora si
volge a noi, dobbiamo onorare i patti» (17).
House pensò allora di trovare una soluzione intermedia al problema: dare all'Italia la frontiera del Brennero, ma fare del Sud Tirolo
una provincia completamente autonoma che governasse la propria
vita culturale e la cui popolazione potesse sottrarsi al servizio militare.
17. Fenet, op.cit., p. 28.
19
Ma Wilson stesso accolse di buon grado le richieste italiane e House
ce ne dà la spiegazione: «Questa concessione del Sud Tirolo poteva
portare l'Italia a ridurre le proprie richieste sul versante ori.entale» (18)
(l'Italia rivendicava infatti la città di Fiume, che non era contemplata
nel trattato di Londra).
In base alrarticolo 27 del trattato di St. Germain, firmato il IO
settembre 1919, l'Italia avrebbe dunque ricevuto il Tirolo meridionale.
La nuova repubblica austriaca protestò vivacemente contro questa
annessione. Il capo della delegazione austriaca alla Conferenza di
Parigi, Renner, dichiarò: «Questa popolazione, i sudtirolesi, fiera della
propria storia e delle proprie tradizioni non si sottometterà mai al
giogo straniero». L'Assemblea nazionale costituente austriaca approvava il segretario di Stato Bauer che profetizzava: «Ecco un cattivo
servizio reso alla pace del nostro continente. L'Europa scambierà
l'irredentismo di Trento e Trieste con l'irredentismo tedesco di Bozen
e Meran. Bisogna che ciò non si verifichi».
L'Austria, «nano politico», non potrà, durante le due guerre, far
valere le proprie ragioni sulla scena politica internazionale.
Gli italiani, da parte loro, non perdevano tempo ed un governatore
militare veniva inviato nel Sud Tirolo. A Roma veniva annunciato un
programma: l'istituzione di scuole bilingui, il rispetto delle scuole
private e confessionali già esistenti e l'ammissione del bilinguismo nei
tribunali e nell'amministrazione. Ma Tolomei veniva mandato sul
posto per assumere la carica di «Commissario per la lingua e la cultura
dell'Alto Adige». Egli si trovò subito in disaccordo con le idee troppo
liberali del governo centrale. Da parte loro i pangerrnanisti fondavano
un partito: il Deutscher Verband.
Neli'agosto 1919 il governo militare veniva sciolto e il deputato
Luigi Credaro veniva nominato governatore civile; molto liberale
cercava un accordo con il Deutscher Verband. Tolomei dava le
dimissioni.
Ali 'inizio del 1920, i sudtirolesi presentarono un programma.
Domandavano un'ampia autonomia e l'esenzione dal servizio militare.
Il governo italiano respinse il programma dei pangennanisti.
Il 7 agosto 1920 il trattato di St. Germain fu sottoposto al voto del
18. Fenct, op.cit., p. 31.
20
Parlamento italiano. I cattolici popolari erano contrari all'annessione e
così pure i socialisti. Questi ultimi si batterono fino all'ultimo per
impedire l'inclusione nelle nuove frontiere di una popolazione di
gruppo etnico differente. Leonida Bissolati, contrario all'annessione,
dichiarò che era in contraddizione con gli interessi dell'Italia. Il
trattato venne tuttavia accettato il giorno stesso con 178 voti contro
48.
Con l'annessione del Tirolo meridionale, l 'Italia acquisiva: 250.000
abitanti circa (di cui, in base al censimento austriaco del 1910, solo
7.000 italiani), una posizione strategica determinante (che l 'Italia
aveva rivendicato alla Conferenza della pace dove Orlando aveva
dichiarato: «Comunque, l'elemento etnico diventa secondario davanti
alla necessità di garantire all'Italia la sicurezza delle frontiere» (19))
ed un notevole potenziale idroelettrico (che sarà in parte valorizzato
dal fascismo).
Come diceva il conte Sforza «L'Italia aveva raggiunto interamente i
suoi scopi supremi di guerra: la distruzione del suo secolare nemico,
l'Impero austriaco», ma ereditiva da quest'ultimo delle minoranze a
Est (Dalmazia, !stria e Venezia Giulia) e nel Tirolo meridionale che,
dal 1919 in poi, le procureranno degli enormi problemi.
2.2. L'Alto Adige e il fascismo
Nell'aprile del 1921, i fascisti di Trento, sotto la guida del futuro
segretario del partito, Starace, organizzarono «una marcia su
Bolzano», preludio di quella su Roma. Negli incidenti che seguirono
un sudtirolese venne ucciso e il delitto impunito scatenò uno sciopero
generale nella regione.
Nel maggio 1921, a conclusione delle ultime elezioni libere, furono
eletti tre deputati del Deutscher Verband i quali depositarono una
protesta contro l'annessione (20). Il governo annunciava l'obbligo del
servizio militare per i sudtirolesi e la tensione non accennava a
diminuire.
19. Bracalini, op. ciL., p. 13.
20. Questa protesta scritta non venne mai ritimta. Essa testimoniava il rifiuto
dcll'annessione da parte dci sudtirolesi.
21
La situazione degenererà defmitivamente quando Mussolini prenderà il potere. I fascisti fin dal 1922, prevedevano l'italianizzazione
forzata dell'Alto Adige. Nel 1923 Tolomei fu nominato «Consigliere
per l'Alto Adige» dal governo fascista. Il 3 marzo dello stesso anno,
eletto senatore, veniva ricevuto da Mussolini che gli dichiarava «I
tedeschi dell'Alto Adige devono capire che il governo fascista non
intende in alcun modo dare alla regione quelle garanzie di perpetuazione del germanesimo che sono state domandate dal Deutscher
Verband ai governi precedenti. Al contrario, apre e spalanca la porta
all 'italianità che sale e si afferma naturalmente e favorisce con ogni
forma di penetrazione l'assimilazione di questa terra di froiltiera nella
grande unità della Nazione» (21).
Dal punto di vista amministrativo tutto ciò si tradusse nella
creazione di un'unica regione, la Venezia Tridentina, che inglobò il
Trentine e l'Alto Adige. La provincia di Bolzano veniva soppressa
(fino al 1926). Poco dopo il discorso di Mussolini, Tolomei espose a
Bolzano il programma del governo fascista: divieto assoluto di usare
l'espressione «Slidtirol», i consigli comunali venivano sciolti e al
posto dei sindaci, il governo avrebbe nominato dei podestà.
Credaro veniva naturalmente revocato e il 29 marzo 1923 il
governo decise che nella toponomastica i nomi tedeschi sarebbero
stati sostituiti da nomi italiani. Tolomei potrà così «italianizzare» i
nomi tedeschi: Sterzing diventerà Vipiteno, Brixen Bressanone,
Franzensfeste Fortezza, ecc.. (22) Qualche mese dopo un decreto del
l 0 ottobre 1923, ordinava che, a partire dal l 0 ottobre 1924, in tutte le
scuole materne e nelle scuole inferiori frequentate totalmente o in
parte da bambini tedeschi, l'insegnamento si svolgesse in italiano.
Nel 1926 i principali giornali in lingua tedesca («Der Landsmann»,
<<Die Brixener Cronik», «Die Meraner Zeitung») venivano soppressi e
21. Bracalìni, op. cit., pp. 26-27.
22. Studi recenti provano che Tolomei tradusse i nomi tedeschi in modo
scientifico. Le forme italiane sarebbero semanticamente e stilìsticamente ineccepibili all'86,5% e correuc al 95%. V. Daniela Giaimo, Il Prontuario di Ettore
Tolomei: criteri per la determinazione della Loponomastica ufficiale del Burgraviato
di Merano, Facoltà di lingue dell'università di Torino, 1987. Tratto dal quotidiano
«Alto Adige» del 28 marzo 1987.
22
sostituiti dali'<<Alpenzeitung>> d'ispirazione fascista. Durante questo
stesso anno venne adottato un altro provvedimento: l 'italianizzazione
dei nomi di famiglia, ma si trattava di una misura che si rivelò ben
presto impossibile e piuttosto ridicola, il decreto cadde infatti in
disuso nel 1928.
Non si interruppe tuttavia l'opera cominciata. A Bolzano la statua
del poeta Walther Von Der Vogelweide fu sostituita con quella di
Druso e il 16 novembre 1927 un decreto del prefetto proibì le
iscrizioni in tedesco sulle tombe. Nell'anno scolastico 1929-1930
venne proibito l 'insegnamento privato della lingua tedesca. Parlare
tedesco diventava pericoloso, i fascisti vegliavano, se sentivano
parlare la lingua «barbara» infierivano a colpi di manganello. L'uso
della lingua tedesca era vietato in ogni manifesto, annuncio, segnale,
catalogo, orario, documento e i cittadini di lingua tedesca erano
esclusi dagli impieghi pubblici.
Inoltre, Mussolini, per italianizzare l'Alto Adige, installava un
complesso industriale completamente nuovo alla periferia di Bolzano.
Cominciava così a sfruttare anche le risorse idroelettriche del territorio. Per realizzare queste opere si servì di mano d'opera proveniente
dali 'Italia meridionale. (La popolazione italiana passava da 7.000
abitanti nel 1910 a 81.000 (23) nel1939).
Va segnalato che poche furono le reazioni contro questa politica
fascista. La sola degna di nota fu quella di Stresemann nel 1925. Il
cancelliere affem1ò al Reichstag la solidarietà del Reich con i tedeschi
del Sud Tirolo, parlò addirittura di ricorso alle Nazioni Unite.
Mussolini, irritato, rispose che il Brennero era la frontiera naturale,
strategica, intangibile dell'Italia e che, di conseguenza, non esisteva
alcuna questione del Sud Tirolo.
Va altresì notato che durante questi anni si era sviluppata, partendo
da Innsbruck, una forte propaganda pangermanistica che si sarebbe
rivelata molto pericolosa per l'Italia dopo l'avvento di Hitler.
23. Castelli - La questione altoatesina - Presupposti per l'Accordo di Parigi Sviluppi dal 1946 al 1961- Centro Studi Sociali, Milano 1961, p. 17.
23
2.3. Dall'avvento di Hitler (gennaio 1933) al protocollo Ciano-Von
Mackensen (ottobre 1939)
Hitler nutriva una grande ammirazione per Mussolini, che era stato
il suo modello ispiratore; spinto ad un'alleanza con l'Italia, il Sud
Tirolo costituiva per lui e per il suo partito un dilemma. Si decise in
favore dell'amicizia italiana e scrisse nel 1927, nella seconda parte di
«Mein Kampf»: «Non esito a dichiarare che, ora che i giochi sono
fatti, ritengo impossibile recuperare il Sud Tirolo con una guerra. Non
solo, ma sono convinto dell'impossibilità di alimentare per questo
l'entusiasmo nazionale di tutto il popolo tedesco... Ritengo, al
contrario, che se un giorno si dovesse versare del sangue tedesco
sarebbe criminale versarlo per 200.000 tedeschi quando sette milioni
di tedeschi Ianguono sotto la dominazione straniera e orde di negri
africani fanno scorrere il sangue del popolo tedesco>>.
Al suo avvento, Hitler dichiarò di capire molto bene i motivi che
spingevano l'Italia a difendere la frontiera del Brennero. Aveva
bisogno dell'amicizia italiana e ciò malgrado le critiche in seno al suo
partito. Ufficialmente quindi, minimizzò il problema, ma nel frattempo la propaganda nazista s'infiltrava in Alto Adige.
Al momento sussisteva anche un'altra grave controversia tra l'Italia
e la Germania riguardo all'Austria. Mussolini riteneva che la regione
del Danubio fosse per l'Italia una zona d'espansione naturale, e
l'Austria una sorta di futuro protettorato sottomesso all'influenza
italiana. Da un lato proteggeva l'Austria e dall'alu·o vedeva avanzare
il pericolo nazista in Alto Adige ed era costretto a fare qualche
concessione al governo di Vienna sulla questione. Quest'ultimo,
cercava di mostrare a Mussolini che forzando l'italianizzazione
dell'Alto Adige faceva il gioco di Hitler e della sua propaganda
pangermanistica.
Nel maggio 1934, Mussolini autorizzava l'istituzione di scuole e di
corsi privati di lingua tedesca nella provincia di Bolzano. Nel luglio
del 1934 ci fu il primo tentativo d'Anschluss (con I'assassinio di
Dollfuss) e il suo fallimento dovuto all'intervento del Duce. Si
instaurava allora un dialogo a proposito dell'Alto Adige tra quest'ultimo ed il nuovo cancelliere Schuschnigg, mentre la propaganda
s'intensificava nel Sud Tirolo attraverso l'attività del «Volksbund flir
24
das Deutschen im Auslande>> (lega per il germanismo ali 'estero).
Nel 1935, seguendo la linea del dialogo, venivano ristabiliti dei
corsi di lingua tedesca in tutta la provincia di Bolzano, tuttavia la
tensione continuava a crescere per la chiamata alle armi dei sudtirolesi
per la guerra di Etiopia. Nell'aprile 1936 Mussolini dichiarava ad una
commissione di sudtirolesi di essere contrario alla italianizzazione dei
nomi. Nell'aprile 1937 si incontrava con Schuschnigg e dichiarava di
essere disposto a facilitare l 'uso della lingua tedesca nei giornali e
nell'insegnamento privato.
Il rìavvicinamento austro-italiano avrebbe, sicuramente, potuto
andare molto più in là, dal momento che Mussolini voleva difendere
ad ogni costo la frontiera del Brennero e Schuschnigg voleva sottrarsi
all'influenza nazista. Ma l'11 marzo 1938 Schuschnigg fu obbligato a
dare le dimissioni e Seyss Inquart, capo del partito nazista austriaco
diventava cancelliere. Questi, il 12 marzo faceva appello ai 200.000
soldati tedeschi ammassati alla frontiera austro-tedesca: era l'Anschluss. Il 10 aprile 1938, con un plebiscito che ne approvava il
rìcongiugimento, l'Austria diventava l 'Ostmark (marca (24) dell'Est)
del III Reich.
Hitler non aveva consultato Mussolini che ne fu informato, a fatto
compiuto, solamente l'11 marzo per lettera. In essa il Ftihrer confermava anche la frontiera italiana del Brennero. E' per questo che
Mussolini, contrariamente al comportamento avuto nel 1934, e
nonostante gli appelli disperati di Schuschnigg, non batté ciglio (25).
Avendo Mussolini accettato l'Anschluss, il problema si spostava
ora alla frontiera tra il III Reich e l'Italia. Il governo italiano era molto
inquieto a causa delle voci insistenti che circolavano a proposito di
una probabile annessione tedesca dell'Alto Adige e, a Roma, si
pensava già ad un futuro trasferimento della popolazione al di là del
Brennero. L'atmosfera nella regione era molto tesa poiché l' Anschluss
aveva riacceso le speranze dei sudtirolesi in una possibile liberazione.
I nazisti del luogo appofittarono di questo stato dì cose per uscire allo
24. marca= regione di confme.
25. Non dimentichiamo l'evoluzione della politica imperialistica del fascismo. La
conquista dell'Etiopia e le sanzioni che ne seguirono portarono il Duce verso
l'alleanza tedesca. Ma tutto ciò esula dal nostro soggeuo.
25
scoperto. In tutto l'Alto Adige scoppiarono disordini: il 16 aprile a
Lasa i fascisti usarono le armi per reprimerli e ci furono numerosi
morti.
Nel frattempo Mussolini, dopo l'attimo di sorpresa ed il consenso
dato, pensò di essere stato ingannato da Hitler al momento dell'Anschluss. Domandò due controparti in cambio: la prima consisteva nel
trasferimento di una parte dei sudtirolesi (e in particolare di l 0.000
abitanti di nazionalità tedesca stabilitisi in Alto-Adige); la seconda
nella piena garanzia della frontiera del Brennero. Nel maggio 1939
Ciano e Von Ribbentrop firmavano un documento in base al quale, in
cambio dell'Anschluss, sarebbe stato concesso all'Italia, per risolvere
il problema dell'Alto Adige, il trasferimento della popolazione. Lo
stesso mese l'inviolabilità del Brennero veniva accettata come premessa al patto d'Acciaio.
Le trattative per il trasferimento si svolsero dal luglio ali'ottobre del
1939 e il 13 ottobre Himmler e Bocchini (26) arrivarono a degli
accordi di massima. Il 21 ottobre 1939 venne firmato da Ciano e Von
Mackensen (allora ambasciatore tedesco a Roma), il protocollo sulle
modalità di rimpatrio dei cittadini tedeschi e sull'emigrazione in
Germania degli allogeni tedeschi dell'Alto Adige. Il riP1patrio dei
cittadini tedeschi doveva obbligatoriamente essere effettuato nei tre
mesi successivi all'accordo. Gli allogeni di lingua tedesca dovevano
scegliere definitivamente tra la cittadinanza italiana e quella tedesca.
La data limite per la loro scelta era il 31 dicembre 1939. In caso di
opzione per la cittadinanza tedesca avrebbero dovuto trasferirsi entro
il31 dicembre 1942.
Himmler e Bocchini avevano deciso il 13 ottobre che nessuna delle
due parti avrebbe fatto propaganda pro o contro il trasferimento.
Ovviamente avvenne proprio il contrario. I nazisti volevano trarre da
questa questione una sorta di plebiscito per la Germania.
Nel!'«Archivio dell'Alto Adige» dell'agosto 1940 troviamo: «Una
volta installati gli uffici tedeschi addetti al trasferimento di coloro che
desideravano emigrare, non vi fu alcuna opposizione alla propaganda
di persuasione svolta nelle varie valli dagli agenti; propaganda, va
26. Arturo Bocchini (1880 - 1940) era, nel 1939, senatore, capo delta polizia e
dcll'Ovra, polizia segreta del regime fascista
26
detto, di vera e propria intimidazione, ben organizzata a tutti i livelli».
La posizione italiana era più complessa. Mussolini, per ragioni di
prestigio e, soprattutto, per ragioni economiche (i piccoli proprietari
terrieri dell'Alto Adige erano insostituibili), non voleva un esodo in
massa. Toscano (27) sostiene questa tesi. Ma i sudtirolesi sostengono
il contrario e, nell'Allegato 3 del memorandum presentato agli alleati
il 30 maggio 1946, vengono citate numerose fonti italiane dell'epoca.
Il prefetto di Bolzano, Mastromattei, rivolgendosi ai rappresentanti dei
comuni del Sud Tirolo l'11 giugno 1939 avrebbe detto: «Coloro che
non approfittano della possibilità di optare per la Germania saranno
trasferiti nelle province a sud del Po.»
La «Stampa» del 22 ottobre portava il titolo: «II paese che ha visto
le alte gesta dei romani sotto Druso sarà abitato solo da italiani».
Dopo la guerra il <<Quotidiano» di Roma confessava che «Numerosi
sono coloro che, cattolici praticanti o socialisti, non nutrivano alcuna
simpatia per il Reich tedesco. Tuttavia hanno optato per il Reich pur
di fuggire da questo inferno» (28).
L'atteggiamento del fascismo poteva apparire senza dubbio contraddittorio: da una lato, bisognava eliminare i sudtirolesi «cattivi»,
vale a dire gli agitatori e, in primo luogo i tedeschi (i 10.000 di cui si è
detto); dall'altro, bisognava trattenere i sudtirolesi «buoni», cioè gli
agricoltori, sostegno dell'economia della provincia. Inoltre si deve
tener presente che, per il solo fatto di esistere, il protocollo Ciano-Von
Mackensen dimostrava il fallimento totale della politica di italianizzazione portata avanti dai fascisti nella provincia. Essa era altresì segno
evidente di una certa inferiorità e paura del III Reich, che appariva
giustamente minaccioso per la presenza di questa minoranza tedesca
ali'interno delle frontiere italiane.
Il 10 gennaio 1940 furono pubblicati i risultati: su 266.985
sudtirolesi di lingua tedesca, 185.085 votarono per la partenza in
Germania. Di fatto, il l settembre 1943, solo 77.772 di questi avevano
27. Mario Toscano- Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige, Laterza,
Bari, 1968, p. 192 e seg.
28. Vd. il memorandum del governo austriaco del 30 maggio 1946.
27
affettivamente lasciato la regione, essi si dispersero in Alsazia,
Germania, Polonia, Cecoslovacchia, ma la maggior parte si stabilì in
Austria (29).
2.4. La guerra e l'occupazione tedesca (10 giugno 1940 - 2 maggio
1945)
L'Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940, ma già dalla fine di
quell'anno le truppe italiane erano in difficoltà in Grecia e in Africa.
Verso la metà del 1941 circolavano già voci sulle mire tedesche in
Alto Adige. Col passare del tempo la posizione dell'Italia fascista si
indeboliva e l'atteggiamento tedesco mutava. Ali 'inizio dell'estate
1943 Hitler era già pronto all'annessione dell'Alto Adige così come a
quella del Trentino, della provincia di Belluno, della Venezia Giulia
con Trieste, dell'!stria e della Dalmazia.
Il 10 luglio 1943 aveva luogo lo sbarco anglo-americano in Sicilia.
Il 25 luglio il Gran consiglio fascista votò, con 19 voti contro 9, la
mozione Grandi, ostile a Mussolini. Quest'ultimo veniva arrestato ed
il re affidava il potere al maresciallo Badoglio. Hitler non aveva più
fiducia nell'alleato italiano, sospettava che Badoglio stesse negoziando con gli Alleati. Il 31 luglio 1943 faceva passare il Brennero a delle
truppe tedesche (sette divisioni). Queste truppe, accolte dai sudtirolesi
come liberatrici, erano formalmente destinate alla controffensiva ma
la 44divisione si installò in Alto Adige.
L'8 settembre 1943 Badoglio annunciava l'am1istizio tra l'Italia e
gli Alleati. Il12 settembre Mussolini veniva liberato da un commando
tedesco e i118 fondava la Repubblica sociale italiana di Salò.
Il 13 ottobre 1943 il governo di Roma dichiarava guerra alla
Germania. Ma Hitler in risposta al «tradimento» italiano dell'8
settembre aveva già preso le proprie precauzioni. In teoria, l'Alto
Adige avrebbe dovuto passare dalla sovranità del governo Badoglio a
quella della Repubblica di Salò. In pratica, il 27 settembre 1943
veniva nominato un «Gauleiter» (governatore) tedesco, Franz Hofer
che si installava a Bolzano. Le province di Bolzano, Trento e Belluno
29. Cifre tratte dall'opera di Duroselle - Histoire diplomatique de 1919 à nos
jours, DaJloz, Parigi 1981, p. 244.
28
passavano sotto la sua autorità e diventavano l'«Operationszone
Alpenvorland» (zona operativa del territorio alpino). Hofer, che
dipendeva direttamente dal Fiihrer, nominò tre prefetti che dovevano
esercitare le proprie funzioni nel quadro dell'amministrazione militare
tedesca.
Mussolini, toccato nel vivo da questa situazione, protestò presso
Hitler a più riprese, senza alcun successo. Il FUhrer gli rispose
anteponendogli ragioni strategiche riguardanti «l'importanza militare
della zona in rapporto all'estrema possibilità di difesa».
Nel Sud Tirolo cominciò una vivace reazione contro gli italiani,
molti di loro furono internati, come Tolornei che fu mandato al campo
di concentramento di Dachau (30). Hofer reintrodusse l'uso della
lingua tedesca come lingua principale, istituì una polizia locale, la Sod
(Sicherheits und Ordnungsdienst) ed un tribunale speciale. Soppresse i
giornali italiani, sciolse il partito fascista, abolì l'obbligo del passaporto per recarsi nel Reich e ordinò che nel territorio del Sud Tirolo fosse
issata solo la bandiera tedesca.
I sudtirolesi parteciparono alla guerra dalle due parti come, d'altro
canto gli italiani. Il Comitato di liberazione nazionale italiano (Cln) per
l'Alto Adige entrò in azione nella primavera del 1943. Un anno dopo,
nella primavera del 1944, nasceva la fom1azione resistente di lingua
tedesca, l'«Andreas Hofer Bund» sotto il comando di Hans
Eggarter. Questa divisione della Resistenza era significativa e mostrava l'abisso esistente tra sudtirolesi ed italiani.
Se ne ha la prova in un rapporto del Ministero degli Affari Esteri
francese del24 aprile 1944 (31). La «Andreas Hofer Bund» richiedeva
agli Alleati garanzie sui seguenti punti:
l) che la propaganda alleata parlasse della separazione del Tirolo del
Sud dali'Italia.
2) che la regione non fosse occupata dalle truppe del Cln, ed
esprimeva il desiderio che venisse piuttosto occupata da truppe
francesi. Tale desiderio corrispondeva a quello della popolazione.
30. Si noli che i tedeschi crearono un campo di concentramento anche vicino a
Bolzano.
31. Questo documento era sicuramente arrivalo al «Comilé Français dc Libération Nationale» che fungeva all'epoca da governo. Il governo provvisorio francese
(Gprt) sarà creato solo il3 giugno 1944.
29
Purtroppo si trovavano dei sudtirolesi anche nel campo nazista, essi
fornirono reclute per le SS o per i poliziotti della Sod. L'unità di SS
che commise il massacro delle Fosse Ardeatine (351 morti) nel marzo
1944 era composta in gran parte da sudtirolesi. Dopo l'8 settembre
1943, le autorità tedesche decisero di formare delle unità di SS
composte quasi esclusivamente da sudtirolesi allo scopo di combattere
i resistenti italiani: venne istituito per esempio il reggimento di polizia
SS Bozen e il reggimento di polizia SS Alpenvorland (32).
Quando la disfatta totale apparve imminente, Hitler espresse
l'intenzione di trasformare tutto il Tirolo in un rifugio alpino, ultimo
centro della resistenza in Italia, ma l 'idea non .Poté essere materialmente realizzata. Il 2 maggio 1945 le forze tedesche in Italia
capitolarono senza condizioni ed il 3 maggio i Carabinieri issarono la
bandiera italiana al passo del Brennero.
32. Si veda a questo proposito Toscano op. cit. p. 235 e seguenti. Toscano cita i
documenti, presentati dali 'Italia durante la Conferenza della Pace dell946, col titolo
di «Atrocities committed by Tirolese Nazis after Septembcr 8 th, 1943 (Italian
Armistice)». Per la partecipazione dci sudtirolesi alla guerra si veda anche il 20
aprile 1944, Rapport sur le Tyrol du Sud: «due reggimenti di sudtirolesi sotto il
comando di unilà di cosacchi V1assov (*) sono stati mandati tra Feltre e Belluno.
Un'altra unità si trova nei pressi del Predilpass». Questo rapporto prende in
considerazione anche la presenza di 2.000 StandschUtzen accanto alle truppe
tedesche. Vedi anche Roma, 1 marzo 1948, Fouques Duparc al Ministero degli
Esteri: «Al momento dci negoziati per il Trattato di pace, le memorie del governo
austriaco riconoscevano che il Sud Tirolo aveva fornito circa 4.000 reclute alle SS.»
(Jacques Fouqucs Duparc, nato nel 1897, è stato segretario della Conferenza per la
pace a Parigi dal luglio all'ottobre 1946, e ambasciatore a Roma (Quirinale) dal
1947 all957).
* Erano delle unità di Waffen SS, composte da Russi bianchi, Polacchi, Estoni,
Lituani, mussulmani del Caucaso, ecc... Il loro nome deriva dal generale Andrei
Vlassov che, fatto prigioniero nel 1942 dai tedeschi, accettò di reclutare un'«Armata
di liberazione russa» destinata a lottare contro il bolscevismo. Nel 1944 l'«Armata
Vlassov» sfuggiva al controllo del generale e veniva messa agli ordini di Himmler.
Non si sa se i due reggimenti di sudtirolesi fossero composti da Waffen SS, ma è
molto probabile. In effetti Fouques Duparc (vd. seguito nota (sopra), fa notare la
presenza di 4.000 SS sudtirolesi accanto alle truppe tedesche. Questo numero
coincide con quello dei due reggimenti sopra citati nel rapporto del 20 aprile 1944
(dal momento che un reggimento era composto da circa 2.000 uomini). Tuttavia si
noterà che su questo punto molto controverso, cioè la partecipazione dei sudtirolesi
alla seconda guerra mondiale, le fonti francesi e italiane concordano.
30
Parte prima
LA DISPUTA AUSTRO-ITALIANA
NELL'ELABORAZIONE DELLA PACE
DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE:
GLI ALLEATI LASCIANO
IL SUD TIROLO ALL'ITALIA
(2 MAGGIO 1945-24 GIUGNO 1946)
La seconda guerra mondiale ha sconvolto l'equilibrio europeo.
Tenendo conto dei nuovi rapporti di forza stabilitisi durante la guerra,
si cercherà di dare all 'Europa la stabilità che le è mancata dal 1919 al
1939. Il Tirolo del Sud, divenuto Alto Adige dopo il 1919, è stato
ceduto all'Italia a seguito della risoluzione del primo conflitto
mondiale. Si può quindi considerare il problema risolto? Possiamo
affermare che la questione dell'Alto Adige non esiste più?
Si è già constatato che la politica di italianizzazione era miseramente fallita. Il tentativo, quanto mai discutibile, di una soluzione
definitiva (protocollo Ciano-Von Mackensen del 21 ottobre 1939) era
fallito anche lui perché, nel 1943, i nazisti, invadendo il Sud Tirolo,
avevano bloccato il flusso migratorio dei sudtirolesi verso la «Grande
Germania». I nazisti avevano anche favorito il ritorno di coloro che
avevano optato per la partenza e si erano trasferiti nel Reich. Secondo
fonte francese (l), questo ritorno era stimato a una cifra che comprenl. 22 ottobre 1947, de Monicault a Bidault (de Monicault, nato nel1895, è stato
consigliere politico presso il comandante in capo francese in Austria dal 1945 al
1946 e inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Vienna dal 1946 al 1950.
Georges Bidault, nato nel 1899, è stato presidente del Consiglio nazionale della
Resistenza a partire dal luglio 1943. Fondatore dopo la guerra del Movimento
repubblicano popolare (Mrp), diventava presidente del governo provvisorio dal
giugno al novembre 1946. E' stato ministro degli Esteri più volte dal settembre 1944
33
deva ben 10.500 optanti. Ciò significava che, nel maggio 1945, circa
67.000 persone che avevano optato si trovavano ancora ali'estero, ma,
soprattutto, che i sudtirolesi rimasti o rientrati nella provincia di
Bolzano erano circa 200.000; il che equivaleva ad una maggioranza
rispetto alla provincia (81.000 italiani) ma ad una minoranza rispetto
alla nazione, rappresentando quindi un grave problema. La metà di
questi sudtirolesi aveva optato, nel 1939, per la Germania. Questa
minoranza era traumatizzata da 20 anni di brutalità fascista ed era
ancora più restia di quanto non lo fosse nel 1919 a restare sotto il
dominio italiano. La questione rimaneva aperta per i sudtirolesi come
per l'Austria: la partecipazione dell'Italia alla guerra accan to alla
Germania nazista sembrava poter rimettere in causa le acquisizioni
italiane del 1919. Gli austriaci e i sudtirolesi coglievano tutte le
occasioni possibili per reclamare il ritorno del Sud Tirolo all'Austria.
Ora, per sapere se questo ritorno era possibile bisogna innanzitutto
esaminare da che parte pendesse la bilancia nel rapporto di forza tra
l'Austria e l 'Italia sulla scena internazionale.
l. La situazione internazionale dopo la guerra: il rapporto di
forza tra l'Italia e l'Austria
Per quanto riguarda l'Austria, nel dicembre 1941, durante un
colloquio con Sir Anthony Eden, Stalin sollevò la questione della
restaurazione dell'Austria. Il 18 febbraio 1942 Churchill dichiarò che
non riconosceva l 'integrazione dell'Austria nel Reich tedesco.
Il 19 ottobre 1943 si tenne a Mosca la Conferenza dei ministri degli
Affari Esteri delle potenze alleate a cui parteciparono Cordell Hull,
Molotov e Eden e che terminò i lavori con la «Dichiarazione di
Mosca» che determinava quanto segue: «l governi del Regno Unito,
dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti sono giunti a un accordo nel
decidere che l'Austria, prima nazione indipendente vittima dell 'aggressione hitleriana, dovrà essere liberata dalla dominazione tedesca. l tre
governi ritengono nulla e non avvenuta l'annessione imposta
all'Austria dalla Germania il 13 marzo 1938. Non si considerano in alcun
modo vincolati ai cambiamenti effettuati in Austria dopo questa
al giugno 1954 e presidente del Consiglio (ottobre 1949- giugno 1950).
34
data. I tre governi dichiarano che è loro desiderio ristabilire un'Austria
indipendente. Di conseguenza è loro intenzione aprire al popolo
austriaco stesso, così come agli Stati vicini che si trovano ad
affrontare sin1ili problemi, la via della sicurezza politica ed economica, unica base solida per una pace duratura. Tuttavia l'Austria deve
ricordarsi che ha una responsabilità a cui non potrà sottrarsi per aver
partecipato alla guerra accanto alla Germania di Hitler. Di consegue:lza, al momento della risoluzione finale si dovrà inevitabilmente tener
conto della parte che ha avuto l'Austria nella propria liberazione» (2).
Queste due ultime frasi erano molto importanti, l'Austria era
responsabile della partecipazione alla guerra? Gli Alleati così
ritenevano nel 1943. Aveva fatto degli sforzi per la sua liberazione?
Quest'ultima domanda non trova risposta né nei manuali né nelle
enciclopedie storiche (3). Vi si parla di Resistenza in Danimarca,
Norvegia, Olanda, Belgio, Italia, Iugoslavia, Grecia, Cecoslovacchia,
Francia, Unione Sovietica, Polonia e Germania ma non vi è una sola
parola sulla Resistenza austriaca.
Non bisogna dimenticare che nel 1938 il plebiscito che sancì
l'Anschluss ebbe il 99% delle adesioni. Toscano ricorda inoltre che in
Austria, durante il periodo 1938-1945, il partito nazista aveva 500.000
aderenti su una popolazione di 6 milioni (4).
Comunque per la questione che ci interessa, bisogna notare che
l'assenza di una organizzazione di Resistenza e la mancanza di un
governo austriaco in esilio peseranno gravemente sulla bilancia al
momento della soluzione del problema altoatesino, e tutto ciò in
favore dell'Italia.
La «Dichiarazione di Mosca» era del primo novembre 1943, e il 15
dello stesso mese il «Comité Français de Libération Nationale» vi si
associò. Un anno dopo, nel novembre 1944, Churchill e Stalin si
misero d'accordo circa la creazione di zone d'occupazione all'interno
delle frontiere austriache senza tuttavia fissarne l'estensione.
11 13 aprile 1945 Vienna veniva presa dali'Armata Rossa.
2. Dichiarazione citata da Kurt Waldhcim, Le miracle autrichien, Dcnoel, Parigi
1973, p. 61-62.
3. Vd. per es. Michel Mourre, Dictionnaire encyclopédique d' histoire, Bordas,
Parigi, 1986.
4. V. Toscano, op.cit., p. 136 e ss.
35
POLONIA
FRANCIA
®PRAGA
®PARIGI
SETTORE SOVIETICO
111111 SETTORE AMERICANO
SETTORE BRITANNICO
l \1; ;)
SETTORE FRANCESE
L'OCCUPAZIONE DELLA GERMANIA
E DELL'AUSTRIA
DOPO LA II GUERRA MONDIALE
(TRATTO DA HLE MONDEH,
DOSSIERS ET DOCUMENTS,OP. CIT.)
Questo evento era capitale e metteva in evidenza l'enom1e differenza con l'Italia occupata dagli anglo-americani: i sovietici avrebbero
rappresentato, fino al 1955, una forza con la quale bisognava fare i
conti e un ostacolo alla soluzione della questione austriaca. Essi infatti
mostrarono subito le loro intenzioni: gli americani arrivarono in
Austria il 27 aprile 1945 e quello stesso giorno a Vienna veniva
costituito il governo Renner, riconosciuto da Mosca, senza che si
svolgesse alcuna consultazione preliminare con gli alleati. I comunisti
avevano il portafoglio deU'Interno e dell'Informazione. Il 30 aprile
1945 le truppe francesi occupavano il Tirolo settentrionale e il
Vorarlberg, mentre all'inizio del mese di maggio gli inglesi facevano
la loro entrata in Austria dal sud. Ma i sovietici si opponevano alla
venuta a Vienna delle altre missioni alleate.
Il 5 maggio 1945 i governi di Londra, Washington e Parigi fecero
sapere ai sovietici che rifiutavano di riconoscere il governo Renner.
Fu solo due mesi dopo, il 4 luglio 1945, che si arrivò ad un accordo
quadripartito sulla formazione di un Consiglio alleato che controllasse
il governo austriaco. Il 20 ottobre 1945 questo Consiglio stesso
ampliava l'autorità del gabinetto Renner precedentemente rimaneggiato ed ingrandito, estendendola a tutto il territorio austriaco e conferendogli il diritto di legiferare senza possibilità di veto da parte delle
Potenze occupanti.
Il 25 novembre 1945 si tennero le prime elezioni per il Nationalrat:
85 populisti venivano eletti con in testa il loro leader Figl, 77 socialisti
e solo 3 comunisti (5,4% dei suffragi). Renner diventava presidente
della Repubblica e Figi cancelliere di un governo di coalizione. La
disfatta dei comunisti toglieva al governo di Vienna l'appoggio determinante - dei sovietici nella questione del Sud Tirolo.
Per di più, la sorte dell'Austria nell'immediato dopo guerra
appariva, come per la Germania, incerta: si sarebbe assistito alla
divisione del paese in due zone di influenza? E per la questione che ci
riguarda: il Sud Tirolo sarebbe stato affidato a un paese che rischiava,
un giorno o l'altro, di cadere sotto l'influenza dei sovietici?
L'Italia si trovava in una posizione più favorevole, perché nonostante l'ambiguo voltafaccia del 1943, possedeva delle carte migliori
da giocare. Godeva, infatti, dei seguenti vantaggi: il movimento di
Resistenza italiano aveva partecipato alla liberazione del paese; il
37
governo Badoglio, interlocutore degli Alleati, era riuscito ad ottenere
il riconoscimento di cobelligeranza per l'Italia. Le truppe italiane
occupavano «de facto» l'Alto Adige dal 3 maggio 1945 e l'Italia si
trovava fin dalla fine della guerra nell'orbita anglosassone pur avendo
un partito comunista forte e potente.
I primi resistenti organizzati in Italia, furono i comunisti, più tardi,
negli anni 1942-1943, andarono consolidandosi altri partiti clandestini
(la Democrazia cristiana, il Partito d'Azione). La caduta del fascismo
(25 luglio 1943) diede impulso a questi movimenti che coordinarono
la propria azione attraverso i Comitati di liberazione nazionale (Cln).
L'armistizio dell'8 settembre 1943, l'occupazione tedesca ed il
rallentamento dell'avanzata alleata contribuirono alla rapida formazione di gruppi di resistenza. Badoglio, da parte sua, dichiarando
guerra ai tedeschi, il 13 ottobre 1943, ottenne per l'Italia il riconoscimento della cobelligeranza e fornì, quindi delle truppe agli Alleati (i
Corpi di liberazione nazionale che non hanno niente a che vedere con i
Cln).
Nel giugno 1944 con la presa di Roma venne costituito un governo
presidiato da un civile, Ivanhoe Bonomi, mentre nell'Italia settentrionale, Ferruccio Parri, delegato da Roma, dirigeva la Resistenza ed
agiva da governatore clandestino. Il nord d'Italia veniva liberato (dal
21 al 25 aprile 1945) alcuni giorni prima dell'arrivo degli alleati ed il
Cln assumeva tutti i poteri.
L'Alto Adige (con la Venezia Giulia) costituì per un certo periodo
un'eccezione: dal maggio 1945 al gennaio 1946 fu amministrato ed
occupato dagli anglo-americani, durante questo periodo, accanto alle
truppe alleate esisteva una divisione italiana incaricata di controllare
la zona.
Il primo gennaio 1946, quando non si era ancora definitivamente
giunti alla decisione di lasciare il Sud Tirolo all'Italia, la provincia
veniva restituita all'amministrazione italiana. L'occupazione e l'amministrazione italiana avrebbero potuto complicare gravemente le cose
se il Tirolo meridionale fosse stato riconsegnato ali'Austria. Per di
più, l'avvenire dell'Italia non si presentava incerto quanto quello della
Germania o dell'Austria.
L'Italia era stata governata prima dal governo Parri (giugno-dicen1bre 1945) poi dal governo De Gasperi (al potere fino al 1953). Il 2
38
giugno 1946 veniva proclamata la Repubblica e De Gasperi formava
un governo d'Unione Nazionale.
La Camera dei deputati era composta da una maggioranza di 200
democristiani, 120 socialisti e 100 comunisti. Paradossaln1ente la
presenza dei comunisti al governo (che poteva porre dei problemi di
politica interna) favoriva gli italiani nella questione del Sud Tirolo ed
attirava loro l'appoggio dei sovietici nella soluzione della questione.
2. L'elaborazione della pace: il sistema dei quattro Grandi
Durante la Conferenza di Potsdam (17 luglio-2 agosto 1945) si
presentò il problen1a dei futuri trattati di pace: quale procedura
sarebbe stata seguita per elaborarli? La delegazione americana suggerì, allora, la creazione di un «Consiglio dei ministri degli Affari
Esteri». La prima riunione di questo Consiglio si sarebbe tenuta a
Londra nel settembre 1945 ed esso sarebbe stato composto dai ministri
americano, britannico, sovietico, francese e cinese. Il compito principale era di elaborare i trattati di pace con i paesi «satelliti» della
Germania (Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria, e Finlandia) e di
proporre una soluzione per le questioni territoriali pendenti. Per i paesi
satelliti della Germania, il Consiglio sarebbe stato composto da
membri rappresentanti gli Stati firmatari delle condizioni di resa
imposte allo stato nemico in causa. Per quanto riguarda il trattato di
pace con l'Italia, la Francia sarebbe stata firmataria delle condizioni di
resa del nostro paese. Dal mon1ento che la Cina non era considerata,
restavano il ministro degli Affari Esteri britannico, Bevin, il sovietico
Molotov, Bidault per la Francia ed infine il segretario di Stato
americano Byrnes.
Questo organismo era pressoché permanente dal momento che, al di
fuori delle riunioni dei ministri, i loro supplenti dovevano portare
avanti il lavoro studiando i problemi da risolvere. Questi supplenti
furono, per la questione che ci interessa, Jebb per la Gran Bretagna,
39
Couve de Murville (5) per la Francia, Dunn per gli Stati Uniti e
Guseev per rUnione Sovietica.
Prima dell,inizio della prima Conferenza che doveva riunirsi a
Londra nel settembre 1945, tutti i paesi, recentemente in guerra con l
'Italia, erano stati invitati ad inviare appunti riguardanti il loro
atteggiamento nei confronti del problema italiano. Questo dava
alr Austria la possibilità, tanto sperata, di far conoscere ai quattro
Grandi il proprio punto di vista sulla questione del Sud Tirolo.
Prima di affrontare, la risoluzione del problem·a è necessario
esaminare la posizione dell'Italia e dell,Austria così come quella dei
quattro Grandi riguardo alla questione.
3. Le posizioni dell'Italia, dei sudtirolesi, dell'Austria e dei quattro
Grandi riguardo alla questione
3.1. Italia, su.dtirolesi e Austria
3.1:1., Italia
Si sa, che alla fine di agosto del 1945 (6), De Gasperi inviò ai
quattro Grandi un memorandum nel quale domandava che l'Alto
Adige restasse ali 'Italia. Punroppo non si possiede il testo di questo
documento, ma ci si può chiedere, quanto meno, da dove venne la
volontà politica che indusse l'Italia ad impedire che questo territorio
tornasse all'Austria. Perché crearsi volutamente delle noie tenendo
questa provincia a maggioranza etnica tedesca?
Contrariamente a quanto si era verificato nel 1919, nel nostro paese
5. Maurice Couve de Murville, nato nel 1907, è stato delegato della Francia al
Consiglio consultivo per gli Affari italiani dal marzo 1944 al febbraio 1945, poi
rappresentante del governo provvisorio della Repubblica franceSe presso il governo
italiano dal febbraio al settembre 1945. Sarà in seguito direttore generale degli
Affari polilici dell'Amministrazione centrale dal 1945 al 1950 e supplente del
ministro francese degli Affari Esteri al Consiglio dci ministri degli Esteri dal 1945 al
1947. Ex mi nistro degli Affari Esteri (1958-1967), dell'Economia e delle Finanze
(1968) c primo ministro (1968-1969) è, dall968, deputato all'Assemblea nazionale.
6. V. Toscano, op.cit., p. 261.
40
tutti i partiti si rivelarono contrari all'abbandono dell'Alto Adige
all'Austria, persino i comunisti, probabilmente perché la perdita di
questo territorio sarebbe stata vista come un 'umiliazione. Gli italiani
non consideravano la conquista dell'Alto Adige del 1919, un'annessione «imperialistica», ma una ricompensa ai sacrifici della prima
guerra mondiale, il prezzo pagato per un milione di morti (750.000
soldati e 270.000 civili) (7) e non la ritenevano frutto di un ambiguo
mercanteggiamento sviluppatosi nel corso dei negoziati per il Trattato
di Londra del 1915.
Questo territorio non era considerato al pari di quello delle colonie
che l'Italia stava perdendo (eccezion fatta per la Somalia che resterà
italiana fino al 1960). Si riteneva, altresì, che l'Alto Adige costituisse
una sorta di compensazione alle difficoltà riscontrate in Venezia
Giulia e a Trieste.
L'Italia aveva già perso durante la guerra due acquisizioni del 1919,
l'Istria, e la Dalmazia, ma, alrinizio del 1945 le truppe iugoslave
avevano occupato quasi tutta la regione della Venezia Giulia e di
Trieste. Nel giugno 1945 gli anglosassoni fecero pressione sugli
iugoslavi che evacuarono una parte della regione di Trieste. In seguito,
durante la Conferenza della pace, si troverà un compromesso: l'Italia
terrà una parte della Venezia Giulia con Gorizia e Monfalcone, mentre
il territorio di Trieste (zona A con la città occupata dagli anglo-americani e zona B occupata dagli iugoslavi) avrebbe avuto uno statuto
internazionale. La questione di Trieste sarà risolta definitivamente
solo nel 1954.
Indubbiamente, la perdita di numerosi territori in Venezia Giulia, e
l'incerto destino della città di Trieste, hanno fatto sì che gli italiani si
aggrappassero disperatamente all'Alto Adige, dove, come si è visto,
esisteva, nel 1939, una forte minoranza italiana (81.000 abitanti). Non
va dimenticato che, dopo la guerra, Tito espulse dai territori annessi
200.000 italiani (8) e a Roma si temeva un'espulsione simile degli
italiani in Alto Adige.
Tutte queste considerazioni saranno tenute in conto da Alcide De
7. V. P. Milza De Versailles à Ber/in, 1919-1945, Masson, Paris 1979, p. 22.
8. Cifre tralte da «Le Mondc», dossicrs et documcnlS, L' histoire au jour le jour,
Tomo I: 1944-1954, les annéesfroides, Parigi, scuembrc 1985, p. 21.
41
Gasperi (9) m1mstro degli Esteri dall'agosto 1945 e presidente del
Consiglio dal dicembre 1945 al novembre 1953. E' lui lo strenuo
difensore dell'Alto Adige italiano. Ciò può sembrare abbastanza
strano perché alcune fonti (10) affermano che De Gasperi, nel 1919,
era contrario (secondo la linea politica dei popolari cattolici) all'annessione dell'Alto Adige.
Originario di Trento, De Gasperi si era sempre battuto per ri vendicare, in primo luogo, il ricongiungimento della sua provincia all'Italia
e la sua autonomia nei confronti del paese.
Dopo la seconda guerra mondiale, in Trentine si era sviluppata una
vasta corrente autonomista: 120.000 persone aderenti all'Asar (Associazione per gli studi dell'autonomia regionale). De Gasperi avrebbe
pensato, allora, che l 'unità geografica ed econon1ica delle due
province ed il desiderio comune di una vasta autonomia sarebbero
bastati a conciliare le loro aspirazioni. li suo progetto era quello di
unire le due province per formare una regione autonoma. De Gasperi,
per giustificare la propria presa di posizione, anteponeva argomenti
che illustravano molto bene la tesi italiana in materia, dal momento
che saranno ripresi in diverse occasioni da tutta la stampa italiana. Il
14 dicembre 1945 (11) presentò all'«Associazione degli amici dell'Alto Adige» un ordine del giorno che venne votato il 18 dicembre
successivo a Firenze.
Gli argomenti di De Gasperi erano iseguenti:
l) L'Austria è corresponsabile della guerra, colpevole di non aver
opposto resistenza alla Germania, dalla quale non ha fatto niente per
liberarsi. L'Alto Adige appartiene di diritto all'Italia secondo l'ai1icolo 27 del trattato di St. Germain.
2) Renner, allora presidente della repubblica austriaca (dopo le
9. Alcide Dc Gaspcri (1881-1954 Trento) ha compiuto gli sLUdi a Vicnna. Nel
1904 fu arrestato con Cesare BaLListi per le sue idee irrcdenlistc. Nel 1911 venne
eletto rappresentante del Trentina al Parlamento austriaco e nel 1921 deputato al
Parlamento iLaliano. Anti-fascista fu arrestato nel 1926 c condannato a quattro anni
di prigione. Fu uno degli organizzatori del partito democristiano durante la guerra.
1O. V. Bracalini, op. cit., p. 12.
l1. Roma, il 14 dicembre 1945, Balay a Bidault (Gcorges Balay, nato nel 1903 è
stato primo consigliere a Roma nel 1945, incaricato d'Affari, sempre a Roma, dal
1946 all947).
42
elezioni del 25 novembre 1945) avrebbe riconosciuto a più riprese
l'appartenenza dell'Alto Adige all'Italia.
Questa affermazione era priva di fondamento. Abbiamo già visto che
nel 1919 Renner aveva protestato contro l'annessione. Inoltre Renner
aveva chiesto nel settembre 1945 un plebiscito per il Sud Tirolo (12).
3) In questo paragrafo De Gasperi sostiene la tesi delle «frontiere
naturali» (così amate dal Tolomei) riconosciute dal trattato di St.
Germain e da «tutti»: da Mazzini a Wilson (13).
Per quel che riguarda le «frontiere naturali» De Gasperi si può
basare su una dichiarazione delle Potenze Alleate e Associate del 2
settembre 1919 (quindi prima della firma del trattato di St. Germain il
10 settembre) in cui si afferma quanto segue: <<Per quanto riguarda il
Tirolo, le Potenze Alleate ed Associate ritengono che il popolo
italiano sia stato esposto, nel corso di numerosi anni, ad una minaccia
diretta deliberatamente contro la sua stessa esistenza. La minaccia era
costituita dal fatto che l'Austria-Ungheria possedeva posizioni militari
avanzate che dominavano la pianura italiana. In tali circostanze le
Potenze Alleate ed Associate hanno reputato che la soluzione migliore
fosse di accordare all'Italia la frontiera naturale delle Alpi, da così
lungo tempo reclamata» (14). La teoria delle frontiere naturali e
strategiche si ritrova nel paragrafo seguente del discorso di De
Gasperi:
4) secondo lui, il Tirolo, costituito nel Medioevo, sarebbe stato
«Creato al fine di assicurare ai tedeschi il dominio politico e strategico
dell'Italia».
Questa frase paradossale contiene nel fondo un briciolo di verità.
E' chiaro che il Brennero ha sempre conferito nei tempi andati al
Tirolo una grande importanza strategica.
Il discorso di De Gasperi si ricongiungeva con quello tenuto da
12. Vd. ollre p. 54.
13. Per quanto riguarda l'approvazione di queste fromiere da parte di Wilson,
sebbene il presidcnLe americano avesse appoggiato l'opinione italiana durante la
conferenza di Parigi, secondo ilsuo biografo Ray Stannard Baker egli avrebbe in
seguito amaramente rimpianto di aver preso tale decisione senza essere pcrfcuamente al corrente della situazione. (v. R. Stannard Baker, Woodrow Wilson and
World Settlement, New York, 1922, vol. 2, p. 146).
14. V. Fcnet, op. cir., p. 29.
43
Orlando nel 1919 (15), con una sola differenza capitale: nel 1945, con
la comparsa delle armi atomiche, il Brennero aveva perso questa sua
importanza strategica (tranne in caso di guerra convenzionale).
5) Secondo De Gasperi l'Alto Adige era una «sotto-regione» della
regione veneta ed era di lingua mista. Nel 1939, infatti contava
277.000 abitanti di cui un terzo (90.000) di lingua italiana. Tralasciando il fatto che la cifra riguardante la popolazione italiana ci sembra
inesatta per eccesso (da 81.000 a 90.000) e la cifra globale della
popolazione inesatta per difetto, si deve tener conto che il termine
«Sotto-regione» viene usato da De Gasperi sulla scorta della tesi delle
frontiere naturali. Egli annuncia che l'Alto Adige fa parte, a suo
avviso, di una regione più vasta: la Venezia Tridentina (16) o futura
regione del Trentine Alto Adige.
6) La popolazione rurale sarebbe stata germanizzata solo all'inizio
dell'ultimo secolo. Bolzano avrebbe avuto un 'impronta marcatamente
italiana e, sempre secondo De Gasperi, «la cultura italiana ha avuto
una parte preminente nello sviluppo della civiltà di questa regione».
Il primo argomento è ancora oggi dibattuto. L'amministrazione
austriaca, dopo il 1815, avrebbe brutalmente «germanizzato» le
popolazioni italiane e installatesi in Alto Adige durante l'era
napoleonica. Anche se ciò fosse vero, per noi quello che conta è il
periodo 1919 - 1945 durante il quale la popolazione di lingua tedesca
costituiva la maggioranza. Risalire nel tempo a Druso o alla germanizzazione degli Alamanni e dei Baiovarii equivarrebbe a perdersi in
sterili polemiche. Cerchiamo piuttosto di attenerci alla realtà contemporanea del Sud Tirolo o Alto Adige.
Per quel che riguarda Bolzano, questa città ha senz'altro ricevuto
un impronta italiana, ma pitt tardi, col fascismo. Si è infatti detto che
Mussolini ha cercato di «italianizzare» Bolzano, industrializzandola e
15. Vd. supra p. 21.
16. Questa regione creaLa dal fascismo nel 1923, comprendeva il Tremino e
I'Allo Adjge. La provincia di Bolzano veniva soppressa c Trento rimaneva unico
capoluogo. La provincia di Bolzano venne ristabilita nel 1926, ma senza: la val di
Fassa (a maggioranza ladina) che venne annessa al Trentine, i comuni Iadini di
Cortina, Santa Lucia e Pieve di Livinallongo (passati souo l'amministrazione della
provincia di Belluno) e la Bassa Atesi na con una decina di comu ni a sud di Bolzano
lungo la valle dell'Adige fino a Salorno.
44
ricorrendo alla mano d'opera dell'Italia meridionale. Il complesso
industriale situato alla periferia di Bolzano dava lavoro, ancora negli
anni '60, a circa 6.000 operai. n fatto che questi operai si fossero
stabiliti qui durante il fascismo, non toglieva niente alla re ùtà della
loro presenza, nel 1945 a Bolzano. Tuttavia, per quanto riguarda la
cultura italiana, se è certo che essa è penetrata fino in Austria, in
particolare ad Innsbruck, non si può altrettanto dire che abbia lasciato
traccie profonde: i tirolesi hanno sempre avuto la loro lingua, i loro
costumi e la loro cultura. Le brutalità compiute dai fascisti, al
contrario di ciò che forse poteva sperare De Gasperi, avevano creato
in loro dei pregiudizi contro ogni forma di penetrazione culturale
italiana nella provincia.
7) Dal punto di visteconomico l'Alto Adige è complementare al
Trentine ed alle pianure che ne dipendono e 8) l'Italia ha fatto
dell'Alto Adige una regione industriale che non può essere separata
dalla Lombardia. Questo è uno dei punti fondamentali della tesi
italiana. Nonostante una certa complementarietà tra l'economia
sudtirolcsc c quella austriaca (commercio di vino e frutta) il fascismo
ha sfruttato le risorse idroelettriche della regione. L'Italia farà valere,
come vedremo (17), che queste risorse sono indispensabili alla propria
economia.
9) De Gasperi afferma che la questione dell'Alto Adige è una
questione interna dell'Italia e non internazionale. Aggiunge che la
questione dell'Alto Adige è analoga a quella di altri Stati limitrofi
della Germania dai quali 10 milioni di tedeschi sono stati ricacciati in
area tedesca. Rimette sul tappeto la questione delle opzioni del 1939.
Secondo De Gasperi l'Italia poteva richiedere l'adempimento di un
impegno liberamente accettato dalla Germania, di cui l'Austria faceva
allora parte, sulla base del quale l'Italia aveva il diritto di esigere che
coloro che avevano optato per la Germania lasciassero il territorio
nazionale. Aggiungendo però che l'Italia non voleva un esodo, al
contrario, è pronta ad accogliere tutti coloro che rispettassero la legge ed il
regime di autonomia.
Nella prima frase del paragrafo 9, De Gasperi fa ancora riferimento,
al trattato di Londra del1915 ed al trattato di St. Germain del 1919. In
17. V. oltre pp. 79, 90, 94 e 95.
45
virtù di questi trattati, il territorio è diventato italiano e, di conseguenza, resterà tale e nessuno ha il diritto di immischiarsi in affari
prettamente italiani. Gli italiani manterranno sempre questa posizione
che, dal punto di vista del diritto internazionale, è perfettamente
sostenibile.
L'Italia, ancora una volta, non teneva conto dei grandi principi: se nel
1919 non aveva tenuto conto del nono dei quattordici punti di Wilson,
nel 1945 non terrà conto dei cambiamenti avvenuti nel frattempo.
Il 14 agosto 1941 Roosevelt e Churchill firmavano la Carta
Atlantica dove affermavano che non desideravano «assistere ad alcuna
modifica territoriale» che non fosse «in accordo con i desideri
liberamente espressi dalle popolazioni interessate>>. Dal 25 aprile al 26
giugno 1945 si tenne la Conferenza di S. Francisco che riuniva 46 stati.
Essa si concludeva con la firma della Carta della Nazioni Unite entrata
in vigore il 24 ottobre 1945. Nel primo articolo, al paragrafo 2, si
dichiara che «lo scopo delle Nazioni Unite è di sviluppare tra le nazioni
dei rapporti amichevoli fondati sul rispetto del principio d'uguaglianza
dei diritti dei popoli e del loro diritto di disporre di se stessi».
L'Italia non terrà conto di ciò: né l'Italia, né l'Austria erano firmatarie
della Carta dell'Onu dove saranno ammesse solo nel 1955. Inoltre
l'Italia era favorita dali'articolo l07 della Carta: «Nessuna disposizione
della presente Carta condiziona o impedisce che venga effettuata o
autorizzata, come conseguenza della guerra, da parte dei governi che ne
hanno la responsabilità, un'azione nei confronti di uno stato che durante
la seconda guerra mondiale è stato nemico di un qualsiasi firmatario
della presente Carta». Perciò tutte le azioni che derivavano dalla
seconda guerra mondiale sfuggivano ai principi enunciati nella Carta.
L'Italia risultava dalla parte della ragione rispetto ai cambiamenti
giuridici verificatisi durante la guerra.
In seguito, sempre nel paragrafo 9, De Gasperi aveva accennato al
più grande movimento migratorio della storia, quello di 10 milioni di
tedeschi rifugiati nei confini della nuova Germania (a cui era stato tolto
il 24% dei territorio che possedeva prima della guerra). E' certo che il
Tirolo del Sud faceva parte della «Grande Germania» tanto
46
sognata dai pangermanisti e in seguito da Hitler. Ma la situazione di
questo territorio era quanto meno particolare perché esso era stato
annesso all'Italia nel 1919 contro la volontà dei suoi abitanti. Si
sarebbe forse potuto espellerli col pretesto del protocollo Ciano-Von
Mackensen del 1939?
Abbiamo visto in che clima di intimidazione e di violenza una
buona parte della popolazione sudtirolese avesse optato per la Germania. E' comprensibile che una parte di questa popolazione non potesse
ispirare fiducia al governo italiano, soprattutto per la solidarietà e la
collaborazione offerta al nazismo. Tuttavia non tutti coloro che
avevano optato per la Germania avevano «collaborato». Non si deve
dimenticare che questa popolazione non aveva scelto tra l 'It lia
democratica e la Germania nazista, ma tra quest'ultima e le persecuzioni fasciste. E' vero che una parte di questa popolazione da
perseguitata diventerà persecutrice, ma si potevano forse biasimare
coloro che, pur non sostenendo il nazismo, erano partiti nel 1939?
L'Italia democratica aveva forse il diritto di espellere i sudtirolesi
dalla loro terra dopo la guerra in virtù di un accordo preso tra due
regimi totalitari?
Non dimentichiamo che l'Italia non era stata solamente un paese
occupato dai tedeschi, come la Polonia o la Cecoslovacchia, ma che
aveva combattuto accanto a loro e sarebbe stato considerata dagli
Alleati come un «paese satellite» dell'Asse. Ciò restringeva molto il
suo margine di manovra. De Gasperi lo sapeva e nei paragrafi
successivi (10, 11, 12) chiedeva solo una specie di epurazione:
l'allontanamento degli indesiderabili, come i capi locali del partito
nazista, i criminali di guerra, i pangermanisti, ecc...
E' altresì interessante notare che il problema di coloro che avevano
optato è uno degli elementi chiave nella soluzione della questione
stessa. Esso costituisce un ostacolo perché il governo italiano non
crede alla lealtà dei sudtirolesi ed utilizza il pretesto delle opzioni
massiccie del 1939 per rifiutare il plebiscito. Couve de Murville (18)
l'aveva notato e parlando di un articolo apparso su «Il Tempo>> del 18
agosto 1945, affermava: «L'autore - di un articolo sui sudtirolesi - si
sforza di dimostrare che gli accordi conclusi nel 1939 tra Hitler e
18. 24 agosto 1945, Couve de Murville a BidauJt.
47
Mussolini (19) hanno conservato il loro valore pieno e che non può
sussistere il problema di restituire la cittadinanza italiana agli abitanti
del Tirolo meridionale che avevano optato per la Germania ed erano
diventati cittadini tedeschi. Ed aggiunge con cinismo o ingenuità che
se le cose andassero diversamente, qualsiasi eventuale plebiscito
dovrebbe essere considerato "truccato". E' interessante constatare che
questa tesi, che non sembra essere accettata dai governi alleati, è
anche quella sostenuta dal governo italiano».
La diffidenza italiana nei riguardi dei sudtirolesi era reale (ed era
d'altronde reciproca), ma se la presenza degli Alleati spingeva gli
italiani alla ragione, la decisione di rifiutare d'accordare un plebiscito
ai sudtirolesi sarà rafforzata dal risentimento causato dal flusso
migratorio degli italiani cacciati dali'lstria e ci alla Dalmazia (20).
De Gasperi sceglieva la via della credibilità democratica. Non
voleva un plebiscito, ma annunciava, negli ultimi due paragrafi (13 e
14) le concessioni fatte agli abitanti dell'Alto Adige. Questi provvedimenti saranno abbozzati durante o dopo la Conferenza di Londra nel
setembre 1945, ma è indispensabile esaminarli per avere un'idea della
politica che De Gasperi intendeva condurre. Le concessioni riguardav no: la libertà linguistica in materia scolastica, religiosa e giudiziaria
e l'estensione delle facilitazioni concesse al Trentino.
Alla fine del mese di settembre (21) il Consiglio dei ministri aveva
approvato una nuova organizzazione delle scuole materne e elementari. L'insegnamento sarebbe stato effettuato nella lingua n1aterna
degli allievi con l'apprendimento, a partire da un certo livello delle
classi elementari, della seconda lingua: tedesco o italiano.
Il 19 ottobre 1945 (22) il Consiglio dei ministri approvava un altro
progetto di decreto che riconosceva la parità d'uso della lingua tedesca
e di quella italiana nei rapporti con le autorità politiche, anlministrative e giudiziarie locali (eccezion fatta per le sentenze che dovevano
19. Così era comunemente chiamato il protocollo Ciano-Von Mackensen del 21
ottobre 1939.
20. V. il discorso di De Gasperi alla Conferenza della Pace il lO agosto 1946,
cilato da Toscano, op. cit., p. 330.
21. Roma, 28 seucmbre 1945, F. de Rose, consigliere d'Ambasciata, responsabile
della delegazione francese nel Consiglio consultivo per gli affari italiani, a Bidault.
22. Roma, 20 ottobre 1945, Balay a Bidault.
48
essere redatte in lingua italiana e i registri di stato civile che dovevano
attenersi ali'originale italiano).
Un altro progetto nei riguardi di coloro che avevano scelto la
cittadinanza tedesca era stato messo a punto nel mese di novembre
(23).
Questo progetto prevedeva il rifiuto della cittadinanza italiana solo
a determinate categorie di persone come per esempio a coloro che
avevano svolto una funzione nel partito nazista o che avevano
collaborato con l'esercito tedesco.
Per quel che riguarda l'autonomia, all'inizio del mese di dicembre
1945 (24) il governo italiano aveva reso pubblico un progetto elaborato dal centro studi del comitato di liberazione nazionale del Trentina
che avrebbe dovuto essere sottoposto all'Assemblea Costituente
(eletta il 2 giugno 1946). Questo progetto prevedeva che: i territori di
Trento e Bolzano (così come quelli della Bassa Atesina e di Cortina
d'Ampezzo) si costituissero in una circoscrizione autonoma, chiamata
regione Tridentina, con capoluogo Trento. Le province di Trento e di
Bolzano sarebbero state soppresse. L'organo legislativo di questa
circoscrizione sarebbe stato costituito da un Consiglio regionale,
composto da 50 membri eletti con un presidente e un vice-presidente
di gruppi etnici diversi. Il potere esecutivo sarebbe stato in mano a una
Giunta composta da sette membri di cui quattro obbligatoriamente
italiani. Il Consiglio avrebbe potuto legiferare su questioni di interesse
regionale. Una Commissione giuridica interna al Consiglio doveva
controllare la Giunta regionale e risolvere i conflitti tra l'amministrazione regionale e lo Stato (in particolare presentando ricorso al
Consiglio di Stato). L'amministrazione centrale poteva sospendere per
un mese l'entrata in vigore delle decisioni prese della Giunta regionale
aspettando la decisione del Consiglio di Stato.
Si noti che, con questo progetto, l'unione delle due provincie,
auspicata da De Gasperi, sarebbe stata così suggellata. Essa avrebbe
favorito gli italiani (400.000 nel Trentina e 81.000 neli'Alto Adige)
23. Esattamente il21, V. Roma, 22 novembre 1945, Balay a Bidault. E' da notare
che, a causa del problema delle opzioni, icittadini della provicia non parteciparono
alle elezioni del2 giugno 1946. Votarono solo nel1948.
24. 8 dicembre 1945, Balay a Bidaull - Analyse du projet par l'agenee ilalienne
ANSA.
49
rispetto ai sudtirolesi (266.000 nel 1939). Essi avrebbero potuto avere
facilmente la maggioranza nel Consiglio regionale, senza parlare della
Giunta dove sarebbero stati maggioritari di diritto.
Erano solamente dei progetti ancora, ma mostravano chiaramente le
intenzioni di De Gasperi: sotto una parvenza di regionalismo democratico si trattava di controllare con ogni mezzo i sudtirolesi e di
evitare ogni tentativo separatista.
3.1.2. Sudtirolesi e Austria
La popolazione di lingua tedesca nella provincia aveva creato il
proprio partito fin dal 12 maggio 1945. Dopo la resa delle truppe
tedesche in Italia, gli anglo-americani avevano favorito lo sviluppo di
un partito, la Stidtiroler Volkspartei. La Svp proveniva dalla Andreas
Hofer Bund ed era il prolungamento logico del Deutscher Verband.
Era (ed è tuttora) un partito conservatore e cattolico. Queste caratteristiche l'accomunavano al partito populista austriaco (l'Ùvp di Figi)
ma si trattava innanzitutto di un partito di raggruppamento (25) e di
difesa dei diritti dei sudtirolesi. La Svp era formata da varie correnti
ed i suoi aderenti appartenevano a diversi ceti sociali: contadini,
artigiani, commercianti. Nonostante qualche tentativo di scissione a
destra o a sinistra sarà in grado di conservare la propria unità per più
di quaranta anni.
La Svp venne subito contattata nell'estate 1945 dal Cln del Trentino
per inviare una delegazione a Roma che reclamasse uno statuto
d'autonomia, per le province di Trento e Bolzano. Essa declinò l
'invito. Abbiamo già visto qual era il progetto presentato al governo
italiano dal Cln del Trentino: la situazione sarebbe forse stata diversa,
più favorevole ai sudtirolesi, se ci fosse stata una trattativa tra le due
parti? Forse sì, ma i sudtirolesi non volevano l'autonomia, essi
desideravano un plebiscito e quindi la restituzione della provincia
all'Austria.
25. Nel scucmbre 1945 la Svp contava già 53.000 aderenti - V. M. Lando e P.
Magagnoui, Regione Trentino Alto Adige/Region Trentin-Sudrirol, Volto di una
regione di confine/ Eine Grenzregion Stellt sich vor, Trento 1983, p. 54.
50
Due mesi dopo la creazione di questo partito, il15 luglio 1945 (26),
il presidente della Svp Eric Ammon e il suo segretario generale dr.
Josef Raffeiner lanciarono un «Appello del popolo sudtirolese in
favore della libertà». n primo paragrafo di questo appello riguardava il
trattato di St. Germain. Vi si poteva leggere: <<Il Sud Tirolo fu
strappato alf Austria... e ciò, malgrado la protesta dei suoi abitanti...
questo trattato fu dunque concluso senza tener conto del diritto dei
popoli di disporre di se stessi... lo stesso presidente Wilson l'ha
riconosciuto secondo quanto ci racconta il suo segretario Ray Stannard Baker nelle memorie da lui scritte su Wilson». L'appello
all'ideologia wilsoniana era costante: <<In realtà si trattava di un
territorio per nulla italiano che non avrebbe mai dovuto essere ceduto
all'Italia se l'articolo 9 dei 14 punti di Wilson fosse stato applicato
correttamente». A sostegno di ciò si citavano i dati del censimento del
1910 secondo cui gli italiani erano solo 7.000 su una popolazione di
250.000 abitanti e veniva aggiunto: «La divisione del Tirolo disintegrava un paese montano che costituiva da più di un millennio un
nucleo unitario politico, economico e culturale». Si noti il contrasto tra
la tesi italiana che si basava sul diritto dei vincitori del 1919 e la tesi
sudtirolese (sostenuta anche dagli austriaci) che era costruita su una
realtà di fatto ma che si appoggiava solo su dei principi.
Il secondo paragrafo si intitolava «La dominazione italiana Promesse e delusioni». Vi si leggeva quanto segue: «Dopo l'annessione l'Italia non manteneva le promesse... gli italiani avevano fin
dall'inizio un piano ben preciso di italianizzare il paese... sotto il
regime fascista misero brutalmente in atto, alla luce del sole, questo
loro disegno». Tali affermazioni erano seguite dalla descrizione dei
provvedimenti presi dal fascismo, che già conosciamo. Da queste
parole emerge chiaramente l'idea che i sudtirolesi si facevano degli
italiani. Questi ultimi non erano che dei traditori dal momento che,
dopo il 1919, non avevano mantenuto le loro promesse. Non vi era
alcuna differenza tra l'Italia del 1919, quella dell'ottobre 1922 e
quella del 1945. Non va dimenticato neppure che gli italiani avevano
«traditO>> il Reich nel 1943, anche se non veniva affermato nel testo.
Questa visione era, a nostro avviso semplicistica ed insultante. Nè il
26. Archivi del MAE francese, stessa data.
51
governo Nitti (1919-1920), né il governo Giolitti (1920-1921) ebbero
mai un piano di «italianizzazione». Il Sud Tirolo non aveva avuto il
tempo di mettere alla prova l'Italia democratica. Il piano di autonomia
del Deutscher Verband non era stato accettato ma Credaro aveva
sempre mantenuto il dialogo.
Nel paragrafo riguardante l'Accordo del 1939 si parlava di «pressioni» delle autorità italiane e di «propaganda accanita svolta da
centinaia di agenti nazisti>>. Coloro che recalcitravano vennero messi,
secondo la Svp, in gran parte in prigione o in campi di concentramento. L'alta percentuale di coloro che optarono per la Germania (70%)
era stata provocata dalle minacce propagandistiche degli agenti
nazisti. «Questa elevata percentuale non deve tuttavia essere considerata una manifestazione pro-nazista, ma semplicemente una manifestazione dei tirolesi contro l'oppressione italiana. La guerra impedì
l'emigrazione totale. Solo 75.000 tirolesi, nella maggior parte operai
ed impiegati, avevano così lasciato il paese».
Si nota subito che non si accenna minimamente ad una certa
collaborazione attiva dei sudtirolesi con il nazismo: i sudtirolesi erano
tutti delle vittime innocenti, nessuno di loro aveva avuto simpatia per
il nazismo. Questa visione semplicistica e parziale si avvicinava a
quella che le veniva opposta dal governo italiano.
Sulla «Situazione attuale» ci veniva fornito lo schema seguente: i
2/3 della popolazione erano composti da tirolesi che parlavano tedesco
e ladino. Questa popolazione possedeva i 9/10 della proprietà fondiaria e i 4/5 degli averi nelle banche e nelle casse di risparmio «mentre
gli italiani costituiscono una popolazione essenzialmente instabile,
composta principalmente da funzionari, impiegati, operai d'officina e
rispettive famiglie. Tutti gli organismi di interesse pubblico sono oggi
nelle mani degli italiani. La lingua, la cultura e i diritti politici dei
sudtirolesi non saranno mai rispettati finché dipenderanno unicamente
dalle condizioni politiche mutevoli di una nazione di gran lunga
superiore numericamente, il cui carattere, il modo di vivere e la storia
sono diametralmente opposti ai loro e che non ha alcuna esperienza
nel modo di trattare ipopoli stranieri caduti sotto il loro dominio» (27)
27. Questa ultima affermazione implica che coloro che hanno «esperienza»
possono dominare aiLre popoli(!!).
52
Essi si opponevano, inoltre, alla tesi economica sostenuta dall'Italia
e pensavano che l'Italia avrebbe potuto disporre dell'elettricità
dell'Alto Adige attraverso dei trattati commerciali ed infine ritenevano
che «le vecchie nozioni di frontiere strategiche di cui ci si è serviti per
giustificare l'annessione del Sud Tirolo all'Italia nel 1919 sono oggi
completamente antiquate».
Le «Richieste del popolo del Sud Tirolo» erano le seguenti: «Che si
proceda ad un plebiscito a cui partecipino tutti gli abitanti nati in
questa regione (dal Brennero fino a Salorno)... il plebiscito avrebbe lo
scopo di decidere se il Sud Tirolo deve continuare a far parte
dell'Italia oppure deve esserne separato e ricongiunto al Nord Tirolo e
ali'Austria». E' interess te notare che se gli abitanti di lingua tedesca
(con i ladini che tirolesi) costituivano già i 2/3 della popolazione del
territorio nel 1945 (200.000 tirolesi contro 81.000 italiani) essi
domandavano, nondimeno che al plebiscito partecipassero solo le
persone nate nella provincia di Bolzano. Coloro che avevano optato
nel 1939 per la Germania, sarebbero stati ammessi al voto, mentre una
maggioranza della popolazione italiana ne sarebbe rimasta esclusa
(28).
Qualche giorno dopo questo appello (29), al momento del discorso
di benvenuto al generale Béthouart, il landeshauptmann (30) del
Tirolo del Nord insisteva sul «vivo desiderio delle popolazioni
austriache di vedere di nuovo il Sud Tirolo ricongiunto ali'Austria».
28. Forse a causa della sua «instabilità»?
29. Innsbruck, 19 luglio 1945, il generale Béthouart, comandante in capo delle
truppe francesi d'occupazione in Austria allo Stato Maggiore della Difesa e per gli
Affari Esteri a Berthelot. (Il generale Emile Marie Béthouart, nato nel 1889, è stato
comandante in capo in Austria a partire dall'ottobre 1946. Ha lasciato le proprie
funzioni e l'esercito il primo ottobre 1950. Marcel Berthelot, naLO nel 1888, è stato
in missione presso l'Amministrazione centrale (segretario generale degli Affari
tedeschi) dal giugno 1945 all'aprile 1946, poi presso la Direzione politica generale
(aprile 1946-febbraio 1947)).
30. Governatore del Sud Tirolo. A quell'epoca era Karl Gruber che era anche
sottosegretario agli Affari Esteri nel gabinetto Renner. Nato nel 1909 a Innsbruck,
Gruber ha partecipato attivamente alla Resistenza contro il nazismo. Come ministro
degli Affari Esteri dal 1945 al 1953 (gabinetto Figi), avrà un ruolo importante nel
tentativo dì risoluzione della questione del Sud Tirolo.
53
Una delegazione del Sud Tirolo esprimeva gli stessi sentimenti.
ll 4 settembre 1945 si svolgeva, a Innsbruck, una manifestazione a
cui parteciparono 25.000 persone. Illandeshauptmann Gruber coglieva l'occasione per rivolgere all'amministratore generale Voizard (31)
il seguente discorso: «La popolazione del Tirolo austriaco prega i
governi alleati di ricondurre il Tirolo meridionale ali'unione con
l'Austria, come è esistita per centinaia d'anni, e di porre fine in tal
modo sia alle sofferenze dei nostri compatrioti soppressi (sic) così
brutalmente dal fascismo sia alla miseria dei tirolesi meridionali che
sono stati cacciati dalla loro patria col trattato d'emigrazione di Hitler
e Mussolini. L'Austria ha bisogno del Tirolo meridionale. Il Tirolo
meridionale ha bisogno dell'Austria». Questo movimento era appoggiato dal clero sudtirolese alla cui guida si trovava il vescovo-principe
di Bressanone (32) Monsignor Geisler che aveva già inviato due
messaggi a Truman e ad Attlee (33).
n cancelliere Renner, da parte sua, consegnava il 12 settembre 1945
(34) un memorandum al Consiglio Alleato per l'Austria. Il governo
austriaco vi chiedeva un plebiscito per il Sud Tirolo.
Le posizioni delle parti direttamente interessate erano dunque
stabilite molto prima dell'inizio della Conferenza dei ministri degli
Affari Esteri (che si sarebbe tenuta a Londra dall'11 settembre 1945 in
poi). De Gasperi però, godeva di un vantaggio: aveva potuto influenzare gli Alleati con un memorandum fin dal 20 agosto 1945. Il
governo Renner a quell'epoca non era ancora stato riconosciuto dalla
Francia, dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti (lo sarà solo due mesi
dopo, il 20 ottobre). Ciò spiega perché Renner abbia mandato un
31. Voizard era l'amministratore generale del governo militare francese in
Austria.
32. Monsignor Geisler era chiamato vescovo·principc per tradizione, perché la
sua diocesi nel 1945 comprendeva, oltre a Bressanone, iterritori degli amichi feudi
della diocesi di questa città di cui una parte di trovava nel Nord Tirolo. Sarà solo nel
1964 che verrà creata la diocesi di Bolzano comprendente Bressanone.
33. V. 17 settembre 1945, Jules·Albert Jaeger direttore dell'IstiLULO per gli studi
europei di Strasburgo.
34. Vienna, 14 settembre 1945, il generale di brigata Chèrriere membro francese
del Comitato esecutivo di Vienna al generale Bélhouart.
54
memorandum così tardi (il 12 settembre) e non direttamente a1
ministri, ma al Consiglio alleato per l'Austria.
La Conferenza di Londra doveva cominciare e r Austria, come nel
1919, era priva di ininfluenza politica. In più dietro le quinte
alloggiava l'ombra deli'occupante sovietico. Poteva dunque De
Gasperi temere la restituzione del Sud Tirolo all'Austria?
3.2. Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica
Dal momento della resa delle truppe tedesche in Italia il 2 maggio
1945 (a volte anche prima) sino ali 'inizio della Conferenza di Londra,
l'11 settembre 1945, i quattro Grandi s'interessarono in un modo o
nell'altro alla questione del Sud Tirolo. Vediamo come.
3.2.1. La Francia
La Francia si era interessata al Sud Tirolo e in particolare al
movimento di Resistenza di lingua tedesca fin dal mese di aprile 1944
(35). Il Sud Tirolo costituiva per lei un centro di interesse importante,
data la presenza delle sue truppe a Innsbruck. L'interesse che la
Francia dimostrava per questa regione sembrava corrispondere ai
desideri della popolazione di lingua tedesca e le attirava l'inimicizia
dell'Italia. Analizzeremo la posizione francese sotto questi due aspetti:
la sua evoluzione e le relative conseguenze.
Alla fine del mese di maggio 1945 (36), la posizione francese nei
confronti della questione sembrava essere già ben definita: il Sud
Tirolo doveva ritornare all'Austria. Le ragioni addotte per questo
ritorno erano quelle già citate: geografiche (il Sud Tirolo dal punto di
vista geografico poteva essere sia austriaco che italiano), storiche e
culturali. Secondo il Dipartimento, la frontiera del Brennero era solo
una <<frontiera ideologica» e l'argomento strategico era molto debole.
Una certa originalità la si trova nell'interpretazione dell'annessione
del 1919 data dalla Francia: «Sembra proprio che il governo italiano
35. V. sopra p. 29.
36. V. Ministero degli Affari Esteri, Direclion Politique, 26 maggio 1945, Le
problème du Tyrol du Sud cap. 3 (Les possibilités actuelles).
55
concepisca l'annessione del Tirolo solo come un'acquisizione temporanea destinata ad essere scambiata con un'altra rettifica della frontiera». Ci si basava sulla testimonianza deli'ex ministro svizzero a
Roma, G. Wagniere, nell'affermare: «Si pensava di offrire il Tirolo
tedesco alla Svizzera in cambio del Ticino». La Svizzera avrebbe
rifiutato «secondo il principio federale di non realizzare alcun guadagno territoriale approfittando dello smembramento di uno stato
limitrofo in realtà la rivendicazione italiana sull'Alto Adige era solo
un elemento particolare di un piano nazionalista tendente alla rettifica
generale del fronte delle Alpi in favore di una "più Grande Italia",
padrona del Gottardo con l'annessione del Ticino e dei p ssi dello
Julier, del Bernina e dell'Ofen con l'annessione dei distretti meridionali dei Grigioni. L'abbandono dell'Alto Adige all'Italia·ha contribuito
soltanto a rafforzare le mire italiane che, dal 1920, hanno seriamente
turbato, con molteplici intrighi ed incidenti, le regioni di Lugano e di
Poschiavo. L'articolo 27 (37) creando uno stato di malessere tra la
Svizzera e l'Italia, ha, d'altra parte, tolto all'Europa centrale un primo
terreno di comprensione tra influenze mediterranee e germaniche.
Come la Svizzera, il Tirolo è un paese di tipo "romano-germanico"
luogo di incontro e di fusione tra la civiltà romana e gem1anica. Ogni
regime totalitario sia italiano che tedesco, è contrario alla ragione
stessdell'esistenza di questa regione alpina, fatta per un ruolo di
mediazione e di conciliazione. L'Austria restaurata ha quindi bisogno
moralmente e socialmente dell'apporto tirolese. Essa ne ha bisogno
anche economicamente».
Tali affermazioni erano seguite da tutta una lista di vantaggi
economici che l'Austria avrebbe ottenuto dal Sud Tirolo: la frutta, i
vini, i prodotti d'allevamento le risorse idroelettriche l'artigianato del
legno e il turismo. Di conseguenza «l'Italia perderebbe tutto il
dipartimento di Bolzano con il Brennero e la Pustertal» e <d'Adige
verrebbe diviso all'altezza di Salorno secondo una linea linguistica
stabilizzatasi fin dal V secolo».
Le conclusioni francesi erano chiare e nette, ma era plausibile
l'ipotesi di un Alto Adige concepito come «acquisizione temporanea»
e come moneta di scambio? Ciò che stupisce innanzitutto è la data del
37. Del trattato di St. Germain.
56
1920. Dopo la lotta sostenuta da Orlando per le frontiere strategiche,
ci sembra difficile che queste potessero essere scambiate con ilTicino.
Tutto ciò sarebbe stato più credibile sotto il fascismo, se si pensa alla
visione mussoliniana di una «Grande Italia» . Mussolini aveva delle
mire sul Ticino e sui Grigioni. Nel 1939 egli rivendicava anche Nizza,
la Savoia e la Corsica (così come Tunisi e Gibbuti), tuttavia il suo
attaccamento alla frontiera del Brennero era reale, egli seguiva
completamente la linea tracciata da Tolomei. Inoltre, a nostro avviso,
egli non avrebbe scambiato dei territori, ma avrebbe senz'altro cercato
di strapparli con la forza, alla Svizzera.
Ad ogni modo questa ipotesi è abbastanza originale ed ha il merito
di mostrarci qual era l'opinione della Francia circa l'attaccamento
italiano a questo territorio. Tale attaccamento poteva, secondo il
Dipartimento francese, essere considerato di poca importanza, mentre
il Tirolo aveva un'importanza capitale per l'Austria e per l'equilibrio
della regione. Questo concetto d'equilibrio verrà precisato qualche
giorno dopo (38) nell'affermare che l'acquisizione del 1919 era
considerata «imperialistica» e che il Sud Tirolo era «inutile ed anche
nocivo alla vita di questa nuova Italia».
Il Sud Tirolo, invece, sarebbe stato per l'Austria un elemento di
stabilità e avrebbe costituito una sorta di democrazia delle valli alpine,
politicamente e socialmente analoga alla Confederazione svizzera, di
grande importanza per le potenze occidentali in questo importante
punto di incontro delle vie europee, strumento equilibratore di
un'evoluzione slava più o meno rapida dei paesi orientali dell'Austria.
ll Sud Tirolo avrebbe in qualche modo controbilanciato un'eventuale
occupazione sovietica permanente dell'Austria orientale.
Nel luglio 1945 (39) si continuava a pensare che se si voleva
restituire ali'Austria la propria indipendenza essa doveva recuperare
«il suo possedimento del Sud Tirolo» ed ali'inizio del mese di agosto
(40) si proponeva una soluzione temporanea secondo la quale il Sud
Tirolo sarebbe diventato una zona d'occupazione internazionale
riservata ad un futuro plebiscito. Si trattava di una posizione non
38. 31 maggio 1945, La question du Tyrol du Sud (redazione non definiliva).
39. 19 luglio 1945, Directives pour notre action en Autriche.
40. 9 agosto 1945, La question du Tyrol du Sud (redazione definitiva).
57
ufficiale, ma ufficiosa e la redazione dei diversi rapporti era stata
effettuata in vista della Conferenza di Londra del settembre 1945.
Essa era però conosciuta dal governo di Roma e dall'opinione
pubblica che temevano che la Francia appoggiasse seriamente le
rivendicazioni sudtirolesi e austriache. Tali timori si fondavano anche
su diversi elementi: la circolazione incontrollata di notizie, alcuni
incidenti, l'evidente simpatia delle autorità francesi per i tirolesi e le
rivendicazioni territoriali della Francia.
Nel maggio 1945 circolarono voci nella stampa britannica che la
Francia rivendicava la Valle d'Aosta (41). La Francia fece allora
sapere le proprie rivendicazioni che si rivelarono molto più modeste.
Esse riguardavano la rettifica della frontiera al Piccolo S. Bernardo, al
Moncenisio e nella zona di Briançon (la Chamberton) e l'annessione
di due località vicino al massiccio di Marcatour, nella valle dell'Alto
Roya: Tenda e Briga (550 Kmq e 5.500 abitanti), sempreché la
popolazione di questi luoghi accettasse l'annessione (42).
A queste notizie sulla Valle d'Aosta se ne dovevano aggiungere
altre sempre nel mese di maggio, riguardanti il Sud Tirolo. L'arrivo a
Bolzano di un ufficiale francese (43) dei servizi speciali giunto dalla
Svizzera faceva spargere la notizia che la regione era occupata
dall'esercito francese e che il Sud Tirolo sarebbe stato reso all'Austria. Ciò aveva fortemente preoccupato il governo italiano.
Il mistero di questo ufficiale francese sembrava essere chiarito l '8
giugno dal «Manchester Guardian» (44) che constatava la presenza di
un certo capitano Clairval che tuttavia era stato arrestato per aver
sottratto 22.000 lire e per essersi appropriato dell'autorità militare, due
giorni prima dell'arrivo degli alleati. Ma questo avvenimento, che
sembrava potersi ridurre ad una semplice truffa scatenava la stampa
41. V. Durosclle, op. cit., p. 441.
42. Nell'ottobre 1947 si terranno dci plebisciti che daranno 2.603 voli alla
Francia e 218 all'Italia (91% per la Francia, 130 famiglie avevano lasciato la regione
per stabilirsi in ll.alia).
43. Roma, 28 maggio 1945, Couve de Murville delegato del Governo provvisorio
della Repubblica francese {Gprt) nel Consiglio consultivo per gli Affari italiani, a
Bidault.
44. Londra 15 giugno 1945, l'incaricato d'Affari presso i governi alleati stabiliti
a Londra, a Bidault.
58
italiana contro la Francia.
Il quotidiano «Il Tempo» del 5 agosto 1945 (45) attaccava direttamente la Francia: «Qualche mese prima della capitolazione della
Germania, una missione francese penetrò clandestinamente in Alto
Adige. La missione, guidata da un capitano, non andò mai in Austria
come doveva, ma restò in Alto Adige e dopo la resa dei tedeschi entrò
in contatto con alcuni elementi della Siidtiroler Volkspartei. Gli
elementi francesi svolsero una propaganda anti-italiana tra gli elementi allogeni della popolazione e distribuirono qualche milione di
franchi. Dopo alcuni mesi di attività poco chiara, la missione francese
venne arrestata dalla polizia alleata. Le promesse fatte dai francesi ai
membri della Svp sfumarono. Ma il seme era stato gettato».
Il corrispondente de «Il Tempo» citava anche l'arrivo di un'altra
missione francese che si era comportata allo stesso modo fino al suo
arresto. E con lo stesso tono proseguiva: «Le missioni francesi hanno
e continuano ad avere un ruolo importante presso la Svp per staccare
dall'Italia gli allogeni dell'Alto Adige. Le missioni francesi hanno
esercitato una certa influenza soprattutto all'interno dell'associazione
"Heimat"... questa associazione... che raggruppa gli estremisti della
Svp ha ricevuto la garanzia che la regione dell'Alto Adige sarebbe
stata data all'Austria».
Tutte queste attività si sarebbero svolte al fine di raggiungere uno
scopo ben preciso: «Si ritiene generalmente che la Francia speri, forse,
di fare da mediatrice tra l'Italia e quella che sarà la nuova Repubblica
austriaca al fine di risolvere la questione dell'Alto Adige. In tal modo
dopo aver soffiato sulla brace su cui si rosola l'irredentismo tirolese»,
la Francia si troverebbe in una posizione vantaggiosa per avanzare
come prezzo per la sua mediazione pretese sulla Valle d'Aosta... come
una piovra, l'irredentismo tirolese pesa sull'Alto Adige. Essa allunga i
suoi tentacoli in tutte le valli e tende a distruggere il lavoro compiuto
dagli italiani, poiché sia qui che in Valle d'Aosta, dietro al movimento
separatista del Sud Tirolo si nasconde la cupidigia per le ricchezze
deli'Alto Adige da parte di alcuni gruppi di capitalisti e industriali
transalpini».
Il 18 agosto, 1945, Roberti corrispondente de «Il Tempo» rincarava
45. 11 agosto 1945, Couve de Murville a Bidault.
59
la dose (46): «Se dei tedeschi intriganti e dei nazisti camuffati come
Amonn e Tienzl (47), la cui attività dispensa dal verificare se un
tempo hanno optato per l 'Italia o per mamma Germania, non avessero
trovato appoggio presso le autorità straniere, la "questione" artificiale
dell'Alto Adige non si sarebbe inasprita a tal punto».
Queste accuse (48) erano sintomatiche, a nostro avviso, di un certo
stato d'animo. Si sospettava che la Francia, appoggiando le rivendicazioni dei sudtirolesi, puntasse alla destabilizzazione della provincia.
I sospetti italiani trovano conferma in fonti francesi attuali (49). Il
capitano Clairval apparteneva realmente ai servizi speciali francesi
(Dger), in missione a Bolzano per appoggiare gli irredentisti sudtirolesi. Per di più il governo francese cercava veramente di infiltrarsi in
Valle d'Aosta giustificando le sue pretese con il fatto che la popolazione valdostana era, secondo l'espressione di De Gaulle, un «ramo
della nostra razza».
L'Italia era vista come la nemica da abbattere mentre l'Austria
doveva diventare una pedina importante della politica francese in
Europa Centrale.
Con l'approssimarsi della conferenza di Londra, alcuni funzionari
francesi si distinsero per lo zelo con cui sostennero le rivendicazioni
austriache.
All'inizio del mese di settembre (50), il generale Béthouart segnalava ai suoi superiori che gli austriaci e i tirolesi in particolare
volevano inviare alla conferenza di Londra una delegazione incaricata
di difendere il punto di vista austriaco nella questione del Sud Tirolo.
Béthouart appoggiava questa richiesta perché «l'opinione pubblica
è unanimamente e profondamente attaccata all'idea della restituzione
46. 24 agosto 1945, Couve de Murville a Bidault.
47. Rispetùvamente presidente e dirigente della Svp.
48. Non rimarranno un caso isolato, infatti per esempio, la «Nuova Stampa» le
riportava il 21 agosto 1945 (l settembre 1945, Couve de Murville a Bidault), e
venivano diffuse più tardi anche da altri organi di stampa ilaliani (v. oltre p. 66 e
ss.).
49. V. Revue d'Histoire diplomaùque, 1986, n. 3-4 articolo cti Pierre Guillcn, «La
France et la qucstion du Haut Adige (Tyrol du Sud) 1945-1946», p. 295 e p. 297
50. l settembre 1945, la Segreteria generale per gli Affari tedeschi e austriaci al
Ministero degli Affari Esteri.
60
all'Austria dei territori a sud del Brennero». Alcuni giorni più tardi, il
4 settembre 1945, si svolgeva la manifestazione a cui avevano
partecipato 25.000 persone (51) e alla quale presenziavano l'amministratore generale Voizard e i suoi principali collaboratori. Questa
presenza era abbastanza significativa. Bisogna aggiungere che, durante questa manifestazione le autorità francesi erano state oggetto di
simpatia da parte della folla. D'altra parte Voizard nascondeva molto
male le sue simpatie filo-austriache. Qualche giorno dopo la manifestazione (52) spiegava al generale Béthouart che il problema del Sud
Tirolo era un problema tipicamente francese, che per la Francia
costituiva una questione di prestigio. Egli insisteva nel giustificare la
richiesta di favorire il viaggio a Parigi e a Londra della delegazione
tirolese. A suo avviso era interesse della Francia: «ricevere questa
delegazione, attorniarla ·di riguardi e darle la sicurezza della simpatia
vigilante e attiva della Francia. Una campagna d'opinione ben
orchestrata sulla stampa, alla radio, al cinema sarebbe tornata solo a
favore dell'Austria, ma anche a beneficio della Francia». De Monicault definiva questa lettera «semplicistica nel trattare gli aspetti
diplomatici e internazionali ed esagerata nel modo di mostrare le
simpatie francesi» (53), ma essa conteneva per esteso i sentimenti di
alcuni amministratori francesi (54).
51. V. sopra p. 54.
52. 8 settembre 1945, Voizard al generale Béthouart.
53. 11 settembre 1945, de Monicault al generale Béthouart.
54. Un altro esempio ci è dato dal generale Béthouart il quale proponeva il, 14
settembre, che le truppe alleate occupassero il territorio in questione L'entusiasmo
del generale, lo portava a dimenticare che in Alto Adige esistevano già un'amministrazione e delle truppe alleate (fino al Pgennaio
1946) le quali avrebbero
sicuramente potuto affrontare la situazione nel caso in cui si prevedesse un
plebiscito. In un altro messaggio, lo stesso giorno, il generale Béthouart sottolineava
che isudtirolesi che avevano prestato servizio nella Wermacht ed erano stati liberati
dalle autorità francesi, erano stati cacciati dal posto di guardia italiano del Brennero.
A suo parere il rappresentante diplomatico francese a Roma doveva informare le
autorità americane e inglesi d'occupazione perché ciò non si verificasse più.
Avrebbe voluto che ne fosse informato anche il Consiglio dei ministri degli Affari
Esteri a Londra. Egli dimenticava ancora una volta, a nostro avviso, qualcosa.
L'Italia non aveva ancora preso delle disposizioni nei confronti di coloro che
avevano optato per la Germania (un progetto verrà abbozzato nel novembre dello
stesso anno (v. sopra p. 49). Béthouart, in pratica proponeva che l 'Italia accettasse il
61
La posizione della Francia era chiara, essa era favorevole al ritorno
del Sud Tirolo ali'Austria. Le iniziative delle autorità fra11cesi a
Innsbruck sembravano costituire il complemento logico di una visione
globale del Dipartimento degli Affari Esteri sulla questione. Ma, la
Francia non era sola. Non bisogna dimenticare, in effetti, che se la
Francia era stata invitata a far parte del Consiglio dei ministri degli
Affari Esteri al momento della Conferenza di Potsdam, (luglio-agosto
1945), il Governo provvisorio della Repubblica francese era stato
riconosciuto «de jure» solo il 23 ottobre 1944 e che il generale De
Gaulle non era stato invitato alla Conferenza di Yalta che si era tenuta
nel febbraio 1945. La Francia non si trovava affatto in posizione di
forza di fronte ai suoi alleati. Essa aveva bisogno dell'appoggio degli
anglo-americani per sostenere il suo punto di vista sul Sud Tirolo.
Poteva sperare di trovarlo al di là della Manica e dell'Atlantico? O, al
contrario, sarebbe stata obbligata ad assumere una posizione più
morbida?
3.2.2. La Gran Bretagna
Il governo inglese si interessò al Sud Tirolo già dal febbraio del
1944 (55). La posizione inglese era nettamente a favore dell'Austria e
dei sudtirolesi.
Secondo il Foreign Office una soluzione era possibile, bisognava
però che fosse radicale: gli italiani stabilitisi di recente in Alto Adige
si sarebbero dovuti spostare a sud di Salorno. Una soluzione di questo
tipo avrebbe dovuto essere preferita anche dall'Italia al fine di
risolvere un problema così spinoso.
rimpatrio di ex soldati della Wermacht senza fiatare e senza indagare se tra di loro
non vi fossero dei criminali di guerra. Bisogna infine notare che a Conferenza (11
seuembre-2 ottobre 1945) già cominciata, il generale Béthouart (V. 15 seuembre
1945, il generale Béthouart a Bidault) e il suo consigliere politico, de Monicault (V.
Vienna, 17 settembre 1945, de Monicault a Bidault (Londra)) si preoccuparono per
il fatto che il governo austriaco (non riconosciuto dagli alleati) non potesse
esprimere i desideri della Nazione e si domandarono in che modo le autorità
austriache potessero far conoscere la propria opinione.
55. V. 29 settembre 1945, The Italo-Austrian Frontier. Note, this paper is a
revision of lhe paper Venezia Tridentina (including South Tyrol): Foreign Office
Print, Italy, February 23, 1944, sect.l.
62
La posizione filo-austriaca del governo britannico cambiò con le
elezioni legislative del1945.
Lo scrutinio vide la vittoria dei laburisti e Attlee prese il posto di
Churchill alla guida del governo. Questo cambiamento influì non poco
sulla questione che ci riguarda. Churchill era nettamente favorevole
alle tesi austriache e sudtirolesi, mentre il nuovo ministro degli Esteri
Bevin avrebbe preferito una soluzione negoziata tra l'Italia e l'Austria.
E' quasi inutile sottolineare che dal punto di vista dei rapporti con
gli altri Alleati le parole del vincitore della battaglia d'Inghilterra
avrebbero potuto avere un peso ben diverso da quelle di Attlee o di
Bevin.
La causa sudtirolese aveva perso un appoggio determinante. Il
nuovo governo era filo-austriaco ma passivo di fronte agli eventi.
Bisogna segnalare che, nonostante ciò, nell'opinione pubblica si
andava formando una corrente favorevole al ritorno del Sud Tirolo
all'Austria. Questa corrente era rappresentata dal Comitato <<Giustizia
per il Tirolo», da 190 membri della Camera dei comuni ed era
sostenuta dalla stampa.
3.2.3. Gli Stati Uniti
La posizione del governo americano, durante il periodo che precede
la Conferenza di Londra, non può essere conosciuta attraverso una
documentazione diretta. Si può semplicemente affermare (56) che,
all'interno del Dipartimento di Stato, due correnti, una filo-italiana e
l'altro filo-austriaca, avevano lottato tra di loro, e che, nel settembre
1945, la corrente filo-italiana capitanata da Dunn, secondo rappresentante della delegazione americana alla Conferenza, aveva avuto il
sopravvento. Tutto ciò era confermato dal fatto che gli anglo-americani avevano adottato una posizione comune prima della Conferenza
di Londra.
In effetti alla fine del mese di agosto 1945 (57) il segretario
generale del Ministero degli Esteri italiano effettuava un sondaggio
presso Couve de Murville. Gli domandava se il governo francese
56. V. Toscano, op.cit., p. 261.
57. 29 agosto 1945, Couve de Murvillc a Bidault.
63
avesse l'intenzione di sollevare la questione del Sud Tirolo alla
Conferenza di Londra. Egli affermava «che il suo governo aveva
avuto la garanzia dal governo degli Stati Uniti e dal governo
britannico che essi non intendevano prendere alcuna iniziativa in
proposito».
Qualche giorno più tardi, alla vigilia della Conferanza di Londra,
Couve de Murville, secondo delegato francese, riceveva le seguenti
istruzioni: «Il governo francese non ha intenzione di sollevare la
questione del Sud Tirolo alla prossima Conferenza. Il governo
francese sa che, dato il carattere etnico degli abitanti dell'Alto Adige,
il problema esiste, ma si tratta di un problema che non.è ancora giunto
a maturazione. Si tenga conto che l'esame di tale problema dovrà
essere rinviato ad un altro momento e che il prossimo trattato dovrà
limitarsi a non pregiudicare minimamente un'eventuale soluzione che
interverrà in futuro».
Gli Stati Uniti avevano assunto, per la questione che ci riguarda, la
leadership del campo occidentale.
3.2.4. L'Unione Sovietica
I. sovietici si sarebbero interessati alla questione prima della fine
della guerra. Si tratta solo di supposizioni del Dipartimento francese
sulla resistenza, all'occupazione nazista, ma si inseri vano perfettamente nel contesto: <<di fronte ai cattolici, degli agenti comunisti
avrebbero cominciato una notevole propaganda. Sembra che l'Unione
Sovietica sostenesse le rivendicazioni austriache sul Sud Tirolo, nel
febbraio 1945» (58). Queste ipotesi erano più che plausibili. Si è visto
che i sovietici, appena arrivati a Vienna, avevano creato un governo
fantoccio cercando di allontanare gli occidentali dall'Austria. Il loro
scopo era nel febbraio 1945, di arrivare fino alla frontiera del
Brennero. L'acquisizione del Tirolo meridionale da parte dell'Austria
avrebbe allargato la loro zona d 'influenza.
La situazione era poi mutata, ora c'erano i francesi al Brennero ed il
Sud Tirolo rientrava nella sfera d'influenza delle Potenze occidentali.
58. 26 maggio 1945, Direction politique Le problème du Tyrol du Sud.
64
La situazione avrebbe potuto cambiare se l'Austria avesse avuto un
partito comunista forte e dominante... Secondo noi, i sovietici si
limitavano ad osservare e ad aspettare.
4. La risoluzione della controversia da parte dei quattro Grandi
4.1. La prima sessione del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri
(11 settembre - 2 ottobre 1945)
Durante questa prima Conferenza, la questione non fu sollevata ed
il progetto di trattato con l'Italia non la menzionò neppure. Ma il 13
settembre i segretario di Stato Byrnes presentò un memorandum dove
si prevedeva solamente che: «la frontiera con l'Austria non subirà
cambiamenti con riserva di ascoltare l'Austria qualora chiedesse una
qualsiasi rettifica minore in suo favore» (59).
Questo testo era il risultato di un compromesso tra i gruppi
avversari che avevano lottato accanitamente all'interno dello «State
Department» americano.
Il <<German Departrnent» del Foreign Office non aveva ritenuto di
dover sostenere la tesi austriaca e la delegazione britannica si era
limitata a sottoscrivere la formula americana (60). Questa venne infine
accettata senza dibattito il 14 settembre 1945. L'esame della questione
veniva rimandato, si trattava solo di una semi-vittoria del «clan»
americano filo-italiano poiché, anche se la questione non era stata
affrontata, restava da definire la nozione di «minor rectification»
(rettifica minore). Inoltre bisogna ricordare che non esisteva ancora un
governo austriaco riconosciuto dagli occidentali. La situazione
sarebbe forse cambiata con le elezioni austriache del 25 novembre.
59. 28 settembre 1945, Dcjean al generale Béthouart - si noli che questo
memorandum non venne comunicato all'AusLria e all'Ilalia. (Mauricc Dejean è staLO
direuore degli Affari politici al MAE dall'ottobre dcl1944 al dicembre del 1945).
60. Per le posizioni americane c inglesi alla Conferenza di Londra, V. Londra 21
dicembre 1945, Rcné Massigli a Bidault. (Massigli nato nel 1888, è stato, durante la
guerra commissario per gli Affari Esteri del Comitato nazionale francese, ha
occupato lo stesso posto nel Comitato francese di liberazione nazionale. A partire
dal settembre 1944 sarà ambasciatore a Londra).
65
In Gran Bretagna l'opinione pubblica e il Foreign Office cominciavano ad interessarsi alla questione più da vicino. Politicamente questo
interesse sembrava portare i dirigenti inglesi a non seguire più di pari
passo le posizioni americane.
La Francia, dal canto suo, restava sempre favorevole ai sudtirolesi,
ma il Quai d'Orsay adottava un sottile cambiamento nella sua
posizione di fondo.
Per quel che riguarda i sovietici, le elezioni austriache del 25
novembre avevano influenzato notevolmente l'atteggiamento da assumere riguardo alla questione del Sud Tirolo.
Dopo un tentativo di analisi della posizione americana, si darà uno
sguardo alla situazione dal punto di vista della Svizzera.
Evoluzione delle posizioni
L'Italia
Dopo la Conferenza di Londra il governo italiano, non solo
rimaneva sulle proprie posizioni di difesa, ma favoriva attraverso la
stampa la divulgazione delle proprie idee. Questa divulgazione mirava
a discreditare i sudtirolesi, l'Austria e ad esercitare una pressione sulla
Francia che si sapeva legata alle tesi irredentiste.
Le accuse rivolte contro queste tre parti ben si allineavano con
quelle apparse nel mese di agosto. Verso la fine del mese di ottobre
(61) «Il Gazzettino» di Venezia riportava \Ìn articolo nel quale si
parlava di un incontro di Volgger e Ebner (62) con Pellegrini redattore
del giornale. Durante questo incontro Pellegrini faceva notare a
Volgger che il suo partito era aiutato dai «Francesi» cosa che Volgger
avrebbe riconosciuto formalmente. Elie aggiungeva: «d'altronde sembra che l 'Italia dia per scontato che la Francia appoggi la tesi austriaca
nell'Alto Adige».
61. Venezia 19 ottobre 1945, Elie al Ministero degli Affari Esteri (Hubcrt Elie,
nato nel 1896, console a Venezia dal 23 marzo 1945).
62. Dirigenti della Svp.
66
Una decina di giorni più tardi (63), Pellegrini sosteneva che la
questione dell'Alto Adige era puramente interna ed aggiungeva:
«L'Austria potrebbe risparmiarci tempo e fatica se si astenesse dal
sollevare la questione con l'appoggio benevolo e interessato della
Francia». Proseguiva i suoi attacchi puntando questa volta ali'Austria,
colpevole di aver sostenuto fino in fondo il nazismo: «Sarebbe
veramente un po' troppo che le SS che hanno torturato tanti italiani
venissero oggi a reclamare un plebiscito in nome delle libertà
democratiche».
All'inizio del novembre 1945, coloro che, in Italia, potevano ancora
mettere in dubbio le simpatie francesi per le tesi dei sudtirolesi erano
ormai convinti. «Il Popolo», giornale democristiano, riferiva una
dichiarazione di Karl Gruber, governatore del Tirolo e sotto-segretario
degli Affari Esteri, ad un rappresentante deli'agenzia «Orbis»: «In
quanto capo del governo del Tirolo, Gruber, si felicita della cooperazione francese coll'Austria nell'intento di recuperare il Sud Tirolo».
Verso la fine del mese di novembre (64) sul <<Gazzettino» apparve
un articolo. Vi si affermava quanto segue: «dei soldati ed ufficiali
tedeschi tra cui delle ex SS si nascondono in montagna e si danno da
fare in favore dell'annessione dell'Alto Adige all'Austria. Un certo
Egarten con un gruppo di settanta sedicenti partigiani tirolesi, opera
nella zona di Merano avvalendosi della fiducia di un ufficiale alleato
per svolgere un'attività annessionista fornendo armi e aiuto alle ex SS.
Si dice che i figli di Dollfuss facciano parte di questa banda». La
propaganda del «Gazzettino» toccava il fondo.
Il Sud Tirolo era stato, alla fine della guerra, l 'ultima tappa nella
fuga delle truppe tedesche. La regione pullulava senza dubbio di
disertori e della peggiore gentaglia, ma il «Gazzettino» attaccava: la
Resistenza sudtirolese (Egarten era senz'altro Eggarter, capo
dell'«Andreas Hofer Bund»), l'Austria, con l'accenno a questi presunti figli di Dollfuss (il cancelliere Dollfuss era stato ammazzato durante
il tentativo d'Anschluss del 1934, dai nazisti austriaci!) e la Francia
(quest'ufficiale alleato non era forse il famoso capitano Clairval?).
63. 29 ottobre 1945, Elie a Bidault ·
64. Venezia, 20 novembre 1945, Elie a Balay.
67
Qualche giorno più tardi (65) Elie traeva le proprie conclusioni:
«riguardo al problema dell'Alto Adige, la propaganda italiana ha dato
alla stampa le seguenti direttive:
l. Confondere i nazisti con gli austriaci, facendone farina dello stesso
sacco.
2. Mantenere vive le vecchie antipatie italiane verso gli Asburgo.
3. Far apparire come dato di fatto certo ed indiscutibile, ma senza
lamentarsene, nel corso di un articolo e non nei titoli, che la Francia
appoggia caldamente le rivendicazioni austriache in Alto Adige...»
Il giorno dopo (66) quasi a conferma delle parole di Elie, il
<<Giornale della Sera» pubblicava un dispaccio venuto da Londra:
<<Alcuni agenti tedeschi svolgono in Alto Adige delle azioni di
propaganda pt;r l'annessione di questa regione ali'Austria. I corrispondenti che trasmettono questa notizia a Londra annunciano che una
persona, pretende di essere il console che del governo austriaco di
Vienna, è arrivata a Bolzano. Sembra che tutto il movimento annessionista sia ispirato e diretto dagli ufficiali francesi che si trovano in
Alto Adige e dagli ambienti francesi di Roma».
Per quanto riguarda la colpevolezza dell'Austria e dei sudtirolesi,
De Gasperi appoggiava la stampa nazionale; il 22 dicembre 1945 (67)
dichiarava: «Non possiamo ammettere che le frontiere di un paese di
45 milioni di abitanti vengano cambiate per la decisione di una
minoranza di provincia di frontiera. In particolar modo quando una
larga fetta di questa minoranza si è distinta prima e durante la guerra
per la cordiale accoglienza che ha riservato al nazismo e per la sua
partecipazione alla guerra di Hitler». Il 4 febbraio 1946 (68) questa
posizione veniva riconfermata e, nello stesso mese (69), si scatenava
una polemica tra l'agenzia italiana Ansa e l'angenzia austriaca
Korrburo.
Il governo italiano aveva perciò adottato come tattica di difesa
65. Venezia, 23 novembre 1945, Elica Balay.
66. Roma, 24 novembre 1945, Balay a BidaulL
67. Roma, 22 dicembre 1945, Associated Press, dichiarazione nel corso eli un
Consiglio di gabinetto.
68. Roma, 4 febbraio 1946, Promemoria.
69. Vienna, 15 febbraio 1946, Associated Press.
68
l'attacco su tutti i fronti. Da un lato, cercava di discreditare l'Austria e
i sudtirolesi per la loro adesione al nazismo (dimenticando forse un
po' rapidamente che l'Italia fascista aveva combattuto per tre anni al
fianco della Germania); dall'altro, cercava di mostrare che l'irredentismo sudtirolese era artificialmente sostenuto dalla Francia.
Ma esisteva un motivo ulteriore per attaccare la Francia: non si
sapeva quanto tempo sarebbe durata l'occupazione francese in Austria
e si temeva la creazione di una zona d'influenza francese nel cuore
dell'Europa centrale (70).
Tutti questi attacchi finiranno coli'influenzare, come si vedrà, la
posizione francese.
l sudtirolesi e l'Austria ·
Il 20 ottobre 1945 il governo provvisorio Renner veniva riconosciuto dagli occidentali e la sua autorità estesa a tutta l'Austria. Renner
non perdeva tempo e all'inizio del mese di novembre (71) domandava
al Consiglio alleato di accettare di ricevere una delegazione che lo
ragguagliasse sul problema del Sud Tirolo. La risposta fu negativa.
Questa richiesta era accompagnata da un nuovo memorandum in data
70. Secondo Parodi (Roma, 9 febbraio 1946, Parodi a Bidault) allora ambasciatore del governo francese a Roma: «è opinione dei vari giornali italiani che la
Francia favorisca l'Austria che potrebbe diventare il punto focale della sua politica
nell'Europa centrale». Egli segnalava che «La Stampa» di Nitti sottolineava il
trattamento di favore che aveva ricevuto la zona d'occupazione francese in Austria,
per affermare in seguito: «Non si può contestare che l'atteggiamento delle autorità
francesi in Austria è l'espressione di una concezione politica piuttosto ampia, della
quale l'Italia non può disinteressarsi dal momento che, sulla frontiera settentrionale
si è fonnata una zona a predominanza politica e culturale francese».Egli segnalava
anche che nel settimanale «Affari internazionali» si leggeva: «In questo paese non si
capisce quale oscuro e stupido calcolo persegue la Francia che si impantana
inutilmente in una politica tradizionale d'amicizia con un'Austria che in realtà non
esiste più e non potrà più rinascere: quell'Austria che, con gli Asburgo faceva da
freno e da contrappeso al dinamismo prussiano e all'espansionismo russo. Non si
capisce neppure come possano i francesi arrivare ad un grado di cecità tale da
pensare di poter scimmiottare Bismarck».
71. Vienna, 8 novembre 1945, il generale Béthouart a Bidault.
69
5 novembre 1945 (72). Il governo austriaco vi domandava un plebiscito per iJ Sud Tirolo. Accanto ai soliti argomenti avanzati per una
soluzione di questo tipo vi era una novità: Gruber, nell'allegato 4,
poneva l'attenzione sul problema delle vie di comunicazione tra
Tirolo settentrionale e quello orientale (v. carta). Egli voleva mettere
in luce che esisteva una sola linea ferroviaria molto esposta tra il Nord
Tirolo e il resto del paese e faceva notare che l'Austria occidentale
sarebbe rimasta rinchiusa, in seguito alla perdita del Sud Tirolo, in
uno stretto corridoio la cui larghezza non superava i 50 Km.
Il 24 gennaio 1946 (73), Gruber, divenuto dopo le elezioni del 25
novembre, ministro degli Affari Esteri del gabinetto Figi, consegnava
al Consiglio alleato un nuovo memorandum in cui proponeva:
l. L'istituzione di uno statuto speciale per gli impianti idroelettrici
costruiti dal governo italiano o dalle società italiane lasciando le
installazioni ai loro attuali proprietari e garantendo loro le libertà di
trasferimento delle entrate e di esportazione della corrente.
2. La costituzione di società miste austro-italiane per la costruzione e
lo sfruttamento di nuovi impianti idroelettrici.
3. La possibilità d'opzione per gli italiani stabilitisi nel Sud Tirolo.
Coloro che esprimevano il desiderio di conservare la nazionalità
italiana avrebbero ricevuto uno statuto speciale che avrebbe dato
loro tutte le garanzie.
4. Un'intesa austro-italiana al fine di domandare una protezione
speciale alle Nazioni Unite per il Sud Tirolo.
5. L'offerta di vantaggi economici all'Italia e in particolare di un porto
franco sul Danubio.
Queste proposte erano state seguite da un appello del presidente
Renner (74) a Bevin per il ricongiungimento del Sud Tirolo all'Austria, e da una domanda di plebiscito da parte del cancelliere Figi a
72. V. Vienna, 14 novembre 1945, il generale Cherrière al generale Béthouart e
Vienna, 15 novembre 1945, de Monicault a Bidault.
73. Vienna, 24 gennaio l 946. Si noti che, secondo Gruber, la produzione di
energia elettrica in Alto Adige costituiva il 9% del consumo totale dell'Italia.
Sempre secondo lui, il 68% di questa produzione era consumato sul posto. V. per
questi dati, l febbraio 1946, de Monicault.
74. Londra, 28 gennaio 1946.
70
Bidault (75). Questi appelli erano accompagnati dalla richiesta di
poter inviare una delegazione austriaca alla Conferenza dei supplenti i
cui lavori erano cominciati il 22 gennaio 1946. A questo memorandum se ne aggiungeva un altro redatto dal presidente Renner (76) in
cui egli esponeva la teoria austriaca secondo cui l'Austria sarebbe
stata «vittima dell'annessione» e perciò una «nazione liberata».
L'Austria «Vittinla» o «colpevole»? La questione dell'Alto Adige
puramente interna o sottoposta all'Gnu?
L'Italia e l'Austria si trovavano, per le loro posizioni, agli antipodi
e non si poteva prevedere nessun tentativo di soluzione negoziata.
La Gran Bretagna
In Gran Bretagna il movimento favorevole al ritorno del Sud Tirolo
all'Austria si rafforzava. Esso era caldamente sostenuto dalla stampa,
in particolare dal «Manchester Guardian», dal «Time and Tide>>, dal
«New Stateman and Nation», dall«Econornist», dali'«Observer» e
dallo «Spectator>> (77).
Sul fronte del potere politico va segnalato che, alla fine di ottobre
1945 (78), il Foreign Office si mostrava favorevole al mantenimento
delle truppe alleate in Alto Adige, dopo l'evacuazione del resto del
paese, il che significava che il Foreign Office era restio a ridare agli
italiani l'amministrazione deli'Alto Adige. I dirigenti politici, dopo le
esitazioni avute in settembre sembravano seguire l'opinione pubblica
britannica. Circa due mesi dopo (79), ciò che era stato semplicemente
un segno premonitore veniva confermato dall'ambasciatore francese a
Londra Massigli. Costui rivelava un vero e proprio cambiamento di
rotta ali 'interno del «German Department» e del Foreign Office
stesso.
75. Parigi, 28 gennaio 1946, Bidault a Couve dc Murville.
76. 19 febbraio 1946, Rcnner aveva consegnato questo memorandum a R. Mayer.
77. Per il «Manchester Guardian» v. Londra, 15 giugno 1946, l'incaricato
d'Affari presso i governi alleati stabiliti a Londra a Bidault. Per gli alLri giornali v.
Londra, l ottobre 1945, Massigli al MAE.
78. Londra, 30 ottobre 1945, Massigli al MAE.
79. Londra, 21 dicembre 1945, Massigli a Bidault.
71
I dirigenti inglesi sembravano essere convinti che il ritorno del Sud
Tirolo aP. Austria avrebbe costituito una prova certa della risoluzione,
da parte delle grandi Potenze vittoriose, di mantenere in futuro
un'Austria vitale e indipendente. Essi pensavano si trattasse di una
questione nazionale la cui risoluzione avrebbe potuto avere un'influenza profonda sul futuro deli'Austria «e in particolare sul suo
orientamento nei confronti del Reich». Si temeva che l'Austria senza
il Tirolo meridionale potesse accettare un giorno un nuovo Anschluss.
Al Foreign Office si pensava anche che la formula «minor
rectifications» avrebbe dovuto includere tutta la provincia di Bolzano.
Questa soluzione era approvata da Bevin che si augurava tuttavia una
soluzione diretta tra le due parti (80).
Restava da sapere se la Gran Bretagna avrebbe trovato l'appoggio
della Francia poiché, secondo Massigli «la fermezza della posizione
britannica potrebbe dipendere in larga misura dal nostro atteggiamento».
La Francia
La Francia non aveva potuto agire da sola nel settembre 1945.
Avrebbe appoggiato nel marzo 1946 un'eventuale iniziativa britanni-
ca?
Fin dalla fine di settembre (81) si era verificato un sottile cambiamento nella posizione francese. Il governo francese era sempre
favorevole ad una soluzione della questione del Sud Tirolo in favore
dell'Austria, ma aggiungeva che: <<Il paese non deve rischiare di
essere sottomesso all'influenza diretta ed esclusiva delle grandi
Potenze e il suo ampliamento territoriale non deve comportare
80. Si noti che, secondo gli inglesi, l'elettricità poteva essere sfruttata da una
corporazione mista austro-italiana. Si noti anche che il Foreign Office (v. 28 gennaio
1946, rapporto del Research Departrnent) aveva effeuuato degli studi economici
sulla regione. Secondo questi studi nel 1942, l'industria idroelettrica rappresentava,
come diceva Gruber, il 9% della capacità italiana totale, ma solo il 50% veniva
utilizzato nella provincia mentre il restante 50% veniva convogliato in Lombardia e
nel Piemonte. la produzione industriale non era per nulla insignificante poiché la
provincia produceva il 22% della produzione industriale italiana di alluminio, il
15,7% di solfato d'ammonio e il22% di nitrato di calcio.
81. 28 settembre 1945, Dejean al generale Béthouart.
72
l'estensione dell'influenza russa fino alla pianura del Po, né preparare
questa estensione a favore del IV Reich». Il Sud Tirolo austriaco non
avrebbe più rappresentato un elemento di contrappeso all'influenza
sovietica in Austria orientale, ma avrebbe costituito piuttosto un
pericolo: il suo ritorno all'Austria avrebbe potuto portare all'ampliamento di una zona di dominazione sovietica o tedesca.
I dirigenti politici francesi assumevano una posizione definitiva il
20 febbraio (82). Essi sapevano che gli inglesi erano orientati a dare
ampia soddisfazione all'Austria sulla questione del Sud Tirolo e
pensavano che il governo britannico avrebbe preso l'iniziativa al più
presto. I francesi aspettavano che l'alleato britannico si muovesse per
primo perché nel frattempo si erano finalmente accorti che <<era
interesse della Francia instaurare delle buone relazioni con l 'Italia» e
che «l'Italia costituisce un elemento più importante dell'Austria nel
quadro di una futura politica francese in Europa» (83).
I francesi si erano fatti più prudenti ma pensavano comunque che
«la questione si presenta sotto un diverso aspetto se l'iniziativa viene
presa dali 'Inghilterra perché ciò obbligherebbe le altre parti in causa a
prendere una decisione>>.
L'atteggiamento francese era mutato: da un appoggio incondizionato (nel mese di agosto) alle richieste austtiache, a un atteggiamento
prudente in una posizione sempre attiva, ma seconda alla Gran
Bretagna (84).
82. 20 febbraio 1946, MAE nota della Segreteria generale.
83. Gli attacchi della stampa italiana avevano dato iloro frutti dal momento che
ci si rendeva conto che <<Dare soddisfazione all'Austria a spese dell'Italia rischiava
di alienarci le simpatie italiane senza che la controparte austriaca offrisse uguali
vantaggi». Inoltre, si riaffermava che prima di cedere il Brennero all'Austria, ci
sarebbe voluta la certezza che questa fosse indipendente e che il Brennero non
passasse nelle mani dei «Russi o dei tedeschi». La nozione italiana di frontiera
strategica non era poi così antiquata.
84. Si noti che questo atteggiamento moderato aveva avuto delle ripercussioni
anche sulle direttive date alle autorità francesi d'occupazione poiché esse furono
severamente richiamate all'ordine. n generale Béthouart era pregato di «invitare le
autorità» ai suoi ordini, «ad astenersi assolutamente da ogni gesto che potesse essere
interpretato come un incoraggiamento alle mire espansionistiche dell'Austria. Solo il
governo austriaco ha il diritto di far valere queste mire». Si veda a questo proposito,
il 30 novembre 1945, Benhelot al generale Bélhouart.
73
L'Unione Sovietica
L'atteggiamento sovtenco venne fortemente condizionato dalla
sconfitta del partito comunista austriaco nelle elezioni del 25 novembre 1945.
I dirigenti politici austriaci sentivano molto bene l'ostilità dei
sovietici. Gru ber ali'inizio del febbraio 1946 (85) dichiarava: «l
sovietici non si interessano al problema, ma si opporranno alle
rivendicazioni del governo austriaco». Dicendo «non si interessano al
problema» Gruber intendeva dire che i sovietici non erano al corrente
della situazione etnica, economica, ecc.. della regione. Essi non
consideravano la questione sotto questo aspetto, il Sud Tirolo era, per
loro, solo una pedina dello scacchiere europeo, un compenso da offrire
all'Italia, e in particolare al suo partito comunista, in cambio deli'appoggio sovietico a Tito nelle questioni della Venezia Giulia e di
Trieste.
Questo atteggiamento trovava una conferma nella posizione del
partito comunista italiano. Quasi contemporanean1ente alla
dichiarazione di Gruber (86) infatti, il giornale comunista «L'Unità»,
pubblicava un articolo dal titolo: «l diritti dell'Italia sull'Alto Adige»
dove questi ultimi erano illustati in lungo e in largo. Il quotidiano era,
invece, molto discreto nei riguardi della questione della Venezia
Giulia. Il Pci prendeva posizione, ma solo dove era possibile farlo con
l'appoggio dei sovietici.
Gli Stati Uniti
La posizione americana era difficile da capire. Ciò era dovuto
probabilmente alla lotta che si svolgeva tra i due gruppi all'interno del
Dipartimento di Stato.
Il 7 dicembre 1945 (87), «Il Popolo» riportava un di spaccio
d'agenzia americano nel quale si dichiarava: «sebbene il governo di
85. Vicnna, 8 febbraio 1946, de Monicault.
86. Roma, 8 febbraio 1946, Parodi a Bidaul t.
87. Roma, 8 dicembre 1945, BaJay a Bidaull.
74
Roma debba presto rientrare in possesso dell'amministrazione di tutti i
territori compresi all'interno della frontiera itala-austriaca del 1939,
alcuni eventuali accordi in fase di negoziazione diretta, verranno presi
tra Roma e Vienna». Ma una settimana più tardi (88) l'ambasciatore di
Francia a Washington, Bonnet, riferiva che: «Il Dipartimento di Stato
sembra ritenere, in generale, che la soluzione più giusta sia la
restituzione di gran parte del Tirolo meridionale con le città di
Bolzano e Merano, ali'Austria». Mentre alcuni giorni più tardi (89)
Massigli affermava che sia a Londra che a Washington si sperava in
una soluzione diretta tra le due parti.
Vi era dunque una convergenza di vedute a questo riguardo tra
Byrnes e Bevin, ma se questo accordo non fosse stato raggiunto, quale
sarebbe stata allora la posizione degli Stati Uniti? Difficile da dirsi, si
sa solo che l 'Italia era convinta di un appoggio americano (90).
La Svizzera
Oltre alle parti direttamente interessate e ai quattro Grandi, è
interessante notare il vivo interesse dell'opinione pubblica svizzera
per la questione del Sud Tirolo. Questo interesse trovava una
spiegazione nella posizione geografica del Paese che confina con il
Tirolo (settentrionale e meridionale) e anche nella presenza, nella
provincia di Bolzano di popolazioni che parlano tre delle quattro
lingue della Confederazione Elvetica.
L'opinione svizzera sembrava essere anch'essa divisa sulla que-
88.Washington, 14 dicembre 1945, Bonnet al MAE.
89.Londra, 21 dicembre 1945, Massigli a Bidault.
90. Roma, 9 marzo 1946, Parodi a Bidault.
75
stione; la popolazione di lingua italiana, infatti, sosteneva l'Italia (91)
mentre la stampa svizzero-tedesca e romanda manifestava le proprie
simpatie per il ritorno del Sud Tirolo all'Austria (92).
4.2. La Conferenza dei supplenti (20 gennaio-22 aprile 1946)
Durante questa Conferenza la questione del Tirolo venne affrontata
dai supplenti dei ministri degli Esteri solo il l Q marzo (93). L'iniziativa di aprire la discussione fu presa, secondo quanto sperava la
diplomazia francese, dalla delegazione britannica presieduta da Jebb.
Ma quest'ultimo deluse le aspettative francesi e le speranze austriache.
In effetti, Jebb, pur affermando che nel 1919 si era commessa
un'ingiustizia, dichiarava che bisognava attenersi al termine di rettifiche minori, (stabilito dalla Conferenza dei ministri degli Esteri). Egli
aggiungeva che difficilmente si sarebbe potuto restituire il Sud Tirolo
all'Austria. Egli faceva notare che, se l'Austria aveva dalla sua
l'argomento etnico, l'Italia aveva, da parte sua, dei forti interessi
economici nella provincia (impianti idroelettrici, alluminio e legname
da costruzione).
Dunn (Usa) prendeva la parola a sua volta affermando che i
supplenti erano legati alle direttive dei ministri e che esse non davano
importanza all'elemento etnico. Inoltre le rivendicazioni austriache
secondo Dunn, non potevano essere considerate delle rettifiche
mmon.
Guseev prendeva poi la parola per l'Unione Sovietica dichiarando
91. Bema, 24 settembre 1945, J.P. Garnier, incaricato d'Affari della Repubblica
francese in Svizzera al ministro degli Affari Esteri.
92. Lugano, 25 settembre 1945, Pierre Winckler console di Francia a Henri
Hoppcnot ambasciatore della Repubblica francese in Svizzera. Berna, 21 novembre,
Hoppcnot al MAE e 17 dicembre 1945, il console generale a Basilea a Hoppenot.
Bisogna tener presente, anche. che questo interesse non si limita al periodo tra il
settembre 1945 e il marzo 1946, ma che la Svizzera seguirà l'evolversi della
situazione anche dopo gli accordi austro-italiani.
93. Londra, 4 marzo 1946 Massigli al MAE.
76
che il problema non era di carattere economico, ma politico (essendo
l'Austria colpevole agli occhi dei sovietici a causa della sua adesione
al nazismo).
La Francia si ritrovava completamente isolata. Couve de Murville
faceva tuttavia notare che le proposte economiche di Gruber erano
interessanti e soprattutto che: «La Francia, in seguito al comportamento dell'Italia nel 1940, si ritiene libera dall'impegno che aveva
sottoscritto ne11915. D'altra parte proprio nel momento in cui si cerca
di ricostituire l'Austria non si vorrà inferirle un colpo durissimo
negando una soluzione soddisfacente a ciò che rappresenta uno dei
suoi problemi nazionali essenziali».
La discussione sul problema del Sud Tirolo venne ripresa qualche
giorno più tardi (94). Dunn affermava che le richieste austriache
andavano al di là del termine di «rettifiche minori>>, e quindi non
potevano essere tenute in conto.
Jebb, che nel frattempo aveva chiesto istruzioni a Bevin, riaffermava che bisognava attenersi alla decisione di settembre, cercando di
definire ciò che si intendeva col termine di «rettifiche minori». Egli
riteneva comunque che bisognasse innanzitutto informare l'Austria
che la rivendicazione di tutto l'Alto Adige non era neanche pensabile.
Dunn si associava a quest'ultimo suggerimento e proponeva di
chiedere al governo austriaco se aveva delle rettifiche minori da
presentare.
Guseev faceva sapere allora che era contrario a questo passo. Le
delegazioni occidentali proponevano di creare un con1itato di esperti
per studiare tutte le possibilità di rettifiche minori, ma la delegazione
sovietica respingeva anche questa soluzione (95).
Alla quarta seduta (96) gli inglesi ripresero l 'iniziativa proponendo
una rettifica minore che desse all'Austria la regione di Bressanone e
perciò la linea ferroviaria che collega Innsbruck a Lienz. Dunn
appoggiò questa proposta e Couve de Murville (che aveva ricevuto
94. Londra, 5 marzo 1946, Massigli al MAE.
95. Londra, 16 marzo 1946, Massigli al MAE.
96. Londra, 20 marzo 1946, Massigli al MAE.
77
istruziom m questo senso da Bidault) (97) fece lo stesso. Ma la
Conferenza non approdò ad alcun risultato concreto a causa dell'opposizione della delegazione sovietica. I sovietici cercavano di bloccare
ogni tentativo di dialogo su eventuali concessioni da fare all'Austria.
Nel momento stesso in cui si svolgevano le discussioni dei
supplenti a Londra, il problema dell'opposizione sovietica alle rivendicazioni austriache era fortemente sentito tra i dirigenti austriaci. De
Monicault, l'11 marzo 1946 (98), parlava della «sensazione avuta dal
governo Figl che le Potenze Atlantiche siano impotenti nell'opporsi
alle richieste dei sovietici nei confronti dell'Austria». Questo pessimismo sembrava il risultato di un dispaccio del 9 marzo della
«Agence France Presse>>, secondo il quale i quattro Grandi non
prevedevano rettifiche minori a favore C:ell'Austria. Secondo de
Monicault, il governo Figl sarebbe ormai stato incline a trattare
direttamente coi sovietici.
Questa «impotenza» degli occidentali si riferiva ai problemi economici dell'Austria orientale così come al Sud Tirolo. Per quanto
riguarda il problema a cui ci interessiamo, più che di «impotenza», si
trattava di assenza, per diverse ragioni, di una volontà politica comune
degli occidentali di fronte all'Unione Sovietica. Lo smarrimento del
governo austriaco era ancor più comprensibile sapendo che i sovietici,
a titolo di risarcimento per i danni subiti durante la guerra, sfruttavano
l'economia della loro zona d'occupazione (99).
Ma Vienna voleva forse anche spingere gli occidentali a farle delle
concessioni sulla questione del Sud Tirolo agitando lo spauracchio di
un accordo austro-sovietico globale. Il tentativo del governo austriaco
non doveva aver influenzato molto i rappresentanti britannici e
97. Parigi, 7 marzo 1946, Bidault a Couve de Murville.
98. Vienna, Il marzo 1946, de Monicault a Bidault.
99. I sovietici agivano nello stesso modo in Gennania. Smontavano addirittura
delle industrie intere per rimontarle e sfruttarle in Unione Sovietica.
78
americani perché, anche se la discussione era rinviata di nuovo (100),
Jebb e Dunn erano stati molto espliciti: il Sud Tirolo per intero non
sarebbe stato reso all'Austria.
4.3. L'evoluzione della situazione dal 20 marzo al ]Q maggio 1946, la
seconda sessione del Consiglio dei quattro ministri degli Affari
Esteri a Parigi(/ parte, dal 25 aprile al 16 maggio 1946) e la
decisione de[]Q maggio 1946
L'Italia
Nel mese di marzo 1946 (101) il governo italiano, visto il rifiuto di
collaborare della Svp, invitava Innocenti, prefetto di Bolzano, a
procedere nell'elaborazione di un progetto d'autonomia (il progetto
elaborato dal Cln, era stato poi accantonato).
Il problema delle opzioni continuava a causare degli attriti con la
Francia (102). Le autorità francesi di Innsbruck erano accusate di
favorire il ritorno dei clandestini. Conoscendo l'opinione di Béthouart
riguardo alla questione (103) questo fatto poteva sembrare assai
verosimile (104) in questa disputa bisogna segnalare l 'intransigenza
della posizione italiana: si suggeriva, infatti, alle autorità francesi di
mandare o di rimandare in Germania coloro che avevano optato per la
cittadinanza tedesca.
Va segnalato anche, che, sempre in questo periodo, nel mese di
aprile (105), il governo italiano, rispondeva alle proposte di Gruber
del mese di gennaio, facendo notare che l'Alto Adige possedeva il
40% delle riserve idroelettriche sfruttabili in tutta Italia, e che quindi
la cessione di quel territorio avrebbe significato la perdita inestimabile
100. La discussione era rinviata alla seconda sessione del Consiglio dei quattro
ministri degli Affari Esteri, (tcnutasi a Parigi dal25 aprile al 16 maggio 1946 c dopo
la sospensione di un mese, dal 16 giugno al 12 luglio 1946 con l'aiuto complementare dci supplenti)
101. Roma, 26 marzo 1946, Parodi a Bidault.
102. Parigi, 5 aprile 1946, nota dell'ambasciata italiana.
103. V. sopra p. 61 n. 54.
104. V. oltre p. 123.
105. 17 aprile 1946, nota dell'ambasciata d'Italia a Parigi al MAE.
79
di tutto ciò.
La cifra era abbastanza impressionante, ma cosa avrebbero dovuto
pensare gli esperti delle Grandi Potenze nello scoprire, per esempio,
che la documentazione topografica su cui si basava il governo italiano
era «falsa», così come lo erano le cifre che riguardavano la popolazione della provincia? Che valore si sarebbe potuto attribuire in
seguito alle affermazioni italiane?
Il Foreign Office (l06) si era accorto, che, per esempio, l'origine
latina dei nomi dei comuni non poggiava su «alcun fondamento» e che
probabilmente questi norri erano stati «italianizzati». Gli italiani
avevano dato agli Alleati delle carte concepite da Ettore Tolomei. Per
quanto riguarda la popolazione (non si sa a quale documento italiano
ci si riferisse) i servizi britannnici avevano notato un aumento della
popolazione italiana ed una sostanziale rictuzione nel numero degli
abitanti di lingua tedesca. Si aggiungevano così, accanto alla popolazione italiana del 1939 (78.000 secondo il Foreign Office, 100.000
secondo i documenti italiani) 63.000 tirolesi di cui 27.700 avevano
optato per l'Italia e 35.300 si erano astenuti. Si aggiungeva poi una
popolazione fluttuante di 15.000 italiani, il che dava un totale di
17 .000 italiani. I 63.000 tirolesi erano, beninteso, stati detratti dalla
popolazione di lingua tedesca che finiva per essere ridotta a 96.000
abitanti (180.000 secondo il Foreign Office).
Ogni commento sulla moralità di una tale procedura sarebbe inutile,
ma va aggiunto, semplicemente, che tutto ciò avrebbe potuto ritorcersì
contro l'Italia. Gli Alleati davanti a queste cifre avrebbero potuto
ribattere al governo De Gasperi che se la popolazione era in maggioranza di lingua italiana, perché rifiutare allora un plebiscito che
avrebbe potuto essere vinto facilmente?
I sudtirolesi e l'Austria
Gli austriaci e i sudtirolesi continuavano a reclamare a viva forza
questo plebiscito. Si è visto che la Svp rifiutava sempre di trattare per
l'autonomia col governo italiano, poiché sperava sempre m una
decisione liberatoria dei quattro Grandi.
106. Londra, 27 aprile 1946, Massigli a Bidault.
80
Da parte sua il governo austriaco non restava con le mani in mano e
faceva sapere agli Alleati (107) la sua opinione circa i provvedimenti
presi a fine anno dal governo italiano.
Per quel che riguardava l'insegnamento del tedesco, si rimproverava al governo italiano di essersi rifiutato di accordare ai comuni di
lingua tedesca della Bassa Atesina (che aveva una popolazione al 77%
di lingua tedesca) l'istituzione di scuole particolari nonostante la
richiesta avanzata dal 90% dei genitori degli alunni. Si accusava il
governo di Roma di applicare in modo troppo restrittivo la revisione
delle opzioni. Il governo di Vienna domandava anche un'epurazione
degli ex-fascisti dalle funzioni pubbliche (108) in contrapposizione al
rifiuto italiano di far ritornare gli ex nazisti sudtirolesi.
Riguardo all'autonomia amministrativa Gruber aveva delle idee
precise; a suo avviso, il governo italiano seguiva due procedure per
impedire che l'amministrazione cadesse nelle mani dei sudtirolesi:
l. estendere il territorio a cui era concessa l'autonomia in modo da
includere il Sud Tirolo in una regione a predominanza etnica
italiana;
2. favorire una immigrazione di elementi del Mezzogiorno in Alto
Adige (l 09).
Da parte austriaca ci si lamentava anche che le funzioni pubbliche
fossero occupate al 95% dagli italiani. Correvano voci di un eventuale
ritorno in Alto Adige di Tolomei con un incarico ufficiale.
Alla fine del mese di aprile (110), a Innsbruck si svolgeva una
manifestazione a cui partecipavano 40.000 persone. In questa occasione il cancelliere Figi aprofittava per reclamare di nuovo la
restituzione della provincia persa.
107. 18 aprile 1946, de Monicault a Bidault, a proposito di una nota del MAE
austriaco.
l08. Questa richiesta era abbastanza sorprendente se si considera che il governo
austriaco, non ha mai proceduto dopo il 1945 ad una epurazione della propria
amministrazione.
109. Gruber sosteneva a questo proposito che dal maggio al'ottobre del 1945 si
erano stabiliti a Bolzano ben 25.000 immigrati.
110. 24 aprile 1946, il generale Béthouart a Bidault. Si noti che il generale
precisava che nessuna autorità francese vi aveva preso parte.
81
La GranBretagna
A partire dal mese di marzo la situazione era stata compromessa
dali'abbandono della causa sudtirolese da parte della Gran Bretagna.
Gli inglesi criticavano (111) il sistema d'autonomia previsto da De
Gasperi (la riunione del Trentine e dell'Alto Adige), affermando che,
se i supplenti avevano avuto tutti i diritti di trincerarsi dietro la
formula delle rettifiche minori, adottata dai ministri, la competenza di
questi ultimi non sarebbe stata sottoposta alle stesse limitazioni.
Una parte dei consiglieri di Bevin era in effetti favorevole ad un
esame completo di un eventuale richiesta del governo austriaco. Ciò
significava dimenticare che Jebb aveva preso l 'iniziativa alla Conferenza dei supplenti trincerandosi dietro la formula dei quattro
ministri su isn11zioni di Bevin stesso.
D'altra parte i servizi britannici proponevano come «rettifiche
minori» due soluzioni:
l. la cessione del collegamento Innsbruck-Lienz ali'Austria, lasciando
Bressanone all'Italia;
2. la cessione dello stesso collegamento con Bressanone e, più a sud,
la Val Gardena (valle ladina d'Ortisei) (112).
La Francia
Quasi contemporaneamente (113), il Quai d'Orsay decideva di
adottare la seconda soluzione prospettata dagli inglesi: la restituzione
all'Austria della valle che collegava lnnsbruck a Lienz con Bres111. Londra, 27 aprile 1946, Massigli a Bidault.
112. Per la posizione britannica v.: Londra, 29 aprile 1946, Paris a BidaulL
(Camille Paris, nato nel 1902, è stato ministro plenipotenziario di seconda classe a
Londra (Ambasciata) dal mese di aprile 1945 all'ottobre 1947).
113. Parigi, 30 aprile 1946. NOle au sujet du Tyrol du Sud. E' importante notare
che la restituzione della regione di Bressanone procedeva, da parte francese, sempre
secondo la logica del maggio 1945: l'annessione italiana del 1919 faceva parte di un
più vasto piano che mirava all'acquisizione di tutte le alte valli alpine e dei fiumi del
versante italiano. Questa annessione, secondo il Dipartimento francese, rispondeva
ad una «dogmatica imperialistica».
82
sanone. I dirigenti del Ministero degli Esteri si rendevano perfettamente conto che questa scelta rischiava di scontentare entrambe le
parti in questione, lasciando irrisolto il problema politico, ma essi
pensavano soprattutto alle soddisfazoni economiche che si sarebbero
potute dare all'Austria, restituendole una rete di comunicazione «di
capitale importanza».
Non si sa niente circa l'atteggiamento americano. In compenso gli
occidentali cominciarono a comprendere l'atteggiamento sovietico.
L'Unione Sovietica
Negli ambienti britannici ben informati (114) si aveva «l'impressione che il governo sovietico favorisse il mantenimento del Sud
Tirolo da parte dell'Italia e che nessuna delle altre Potenze si sentiva
sufficientemente forte nel senso opposto perché la questione provocasse un vero e proprio conflitto».
L'Urss era favorevole al mantenimento del Sud Tirolo da parte
del!'Italia per le due ragioni che abbiamo indicato in precedenza:
l. bisognava dare un compenso ali'Italia per l'appoggio dato agli
iugoslavi nella questione della Venezia Giulia.
2. L'Unione Sovietica si disinteressava del regime dell'Austria dove il
partito cattolico aveva ottenuto la maggioranza.
L'allusione alla «forza» degli occidentali ci ricorda le congetture
austriache a proposito dell'«impotenza» degli Alleati. A nostro avviso,
non si tratta né di forza, né di potenza, ma di volontà. Gli inglesi e i
francesi potevano ancora unirsi in vista delle prossime discussioni di
maggio e creare un fronte unico contro i sovietici. Cosa volevano
invece proporre? Una soluzione intermedia che non avrebbe accontentato nessuna delle due parti. Ciò si spiega col fatto che il governo
Attlee aveva paura di lanciarsi in un conflitto con i sovietici senza
l'appoggio degli Stati Uniti. Ma soprattutto né la Gran Bretagna, né la
Francia avevano un interesse vitale che avrebbe potuto condurle ad
appoggiare la tesi austriaca.
114. Londra, 24 aprile 1946, agenzia Reuter.
83
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La situazione era troppo delicata, la sorte dell'Austria troppo
incerta perché ci si potesse permettere di contraddire ed attaccare i
sovietici.
Ancora una volta si sapeva perfettamente che si doveva mettere da
parte ogni bel principio. Gli occidentali temporeggiavano e cercavano
di guadagnare tempo... di fronte ai sovietici, i quali, al contrario, non
si ponevano alcun problema morale e sapevano molto bene ciò che
volevano. E' in questo modo che si arrivò alla decisione del l Q maggio
durante la prima parte (25 aprile-16 maggio) della seconda sessione
del Consiglio dei quattro ministri degli Mfari Esteri. La questione del
Sud Tirolo veniva dapprima sottoposta ai supplenti i quali rendevano
nota la loro decisione il l Q maggio. I ministri degli Affari Esteri
l'approvavano il giorno stesso. I supplenti facevano sapere che:
l. avendo ripreso in considerazione le richieste fatte dall'Austria per
la rettifica della frontiera austro-italiana, i supplenti confermano
che queste richieste non corrispondono alle rettifiche minori nel
senso della decisione presa dal Consiglio dei ministri il 14
settembre 1945. Di conseguenza queste richieste non possono
essere accolte a meno che il Consiglio decida diversamente.
2. Il governo austriaco verrà informato ufficialmente della decisione
del 14 settembre e del fatto che le sue richieste non sono
considerate conformi alla precedente decisione e non possono di
conseguenza essere accolte (115).
115. Decisione Lradotta dall'inglese, l maggio 1946, Peace Treaty with ltaly,
Report by the Deputies to the Counci/ of Foreign Ministers. Proposal concerning
the Austro-Italian frontier: «l. Having re-considcred the requcsts made by AusLria
for the rectifications of the AusLro-italian frontier, the Dcputies confinn that thcse
requests do not correspond to minor recùfications in the scnse of the decision takcn
by the Council of Ministers of 14th september 1945 ConsequentJy thcse requcsts
cannot be considered unless the CounciJ decidcs olhcrwise. 2. The AusLrian
Government will be officially infonned of the decision of the 14 september 1945
and of the fact that these requests are not considered to be in confonnity wilh that
decision and Lhat cannot therefore be considcred».
85
Questa proposta veniva accettata dai quattro ministri degli Esteri
dopo una breve (116) discussione in cui gli inglesi cercarono di
discutere di un'eventuale restituzione all'Austria di tutta la provincia.
Ma i sovietici avevano la situazione in pugno e le tre delegazioni
occidentali si piegarono alloro volere.
Era perciò chiaro, una volta per tutte, che l'Austria non avrebbe
ricevuto tutto l'Alto Adige, ma veniva lasciata la possibilità di altre
eventuali rettifiche minori come era già avvenuto alla Conferenza dei
supplenti nel marzo 1946, poiché il Consiglio dichiarava che non si
sarebbe opposto ad accettare una seconda discussione a condizione
comunque che l'iniziativa venisse dal governo austriaco stesso e che
le richieste austriache corrispondessero a delle «rettifiche minori».
4.4. Le reazioni, le conseguenze del Jf2 maggio, l'evoluzione della
situazione e la decisione del 24 giugno
Le reazioni non si fecero attendere soprattutto a Innsbruck e nel
Tirolo settentrionale dove ebbe inizio uno sciopero di protesta. Contro
la decisione dei ministri dei quattro Grandi si svolsero delle manifestazioni (117) che assunsero un carattere ostile nei confronti delle
Potenze d'occupazione ed in particolare della Francia. Le truppe
francesi dovettero intervenire per ristabilire 1 1ordine e venne imposto
il coprifuoco a partire dalle h. 21. Si sa anche, da fonte austriaca, che
nel Sud Tirolo ci furono disordini in Val Pusteria e nelle principali
città. Da parte sua (118) Gruber, il 12 maggio, durante un colloquio
con un rappresentante francesè, appariva deluso e, mentre riconosceva
che la Francia aveva sostenuto con ogni mezzo possibile le rivendicazioni territoriali austriache, esprimeva invece dei sentimenti di
profondo rancore per gli anglosassoni.
n 14 maggio (119) a Vienna, si svolgeva un'importante manife116. Parigi, 3 maggio 1946, Coulet a de Monicault (Francois Coulet, nato nel
1906, è stato capo del gabinetto del generale De Gaulle dall'agosto 1941 all'aprile
1943, direttore del settore «Europa» nell'Amministrazione centrale dal febbraio
1945 all'ottobre 1947).
117. 2 e 3 maggio 1946, de Monicault a Bidault.
118. Vienna, 13 maggio 1946, de Monicault a Bidault.
119. Vienna, 15 maggio 1946, de Monicault al Mae.
86
stazione di protesta contro la decisione del l 2 maggio con una sfilata
dei tre partiti e l 'intervento di numerose personalità.
Ma se lo <<choc» era stato violento per l'Austria (la decisione venne
ufficialmente comunicata il 3 maggio), Gruber seppe reagire prontamente con nuove proposte di <<rettifiche minori» che furono trasmesse
il l O maggio alla Conferenza dei ministri degli Esteri a Parigi
dall'ambasciatore d'Austria in Francia Bischoff (120). Gru ber domandava il territorio che assicurava ilcollegamento ferroviario tra Lienz e
Innsbruck con la città di Bressanone. Contemporaneamente cercava di
fare pressione sugli occidentali (121) dichiarando: «Un rifiuto della
nostra richiesta ci porterebbe fatalmente a sviluppare il nostro commercio estero con i vicini dell'est che gravitano tutti e tre nell'orbita
sovietica, ne potrebbe conseguentemente derivare un mutamento della
nostra politica estera che dovrebbe d'ora in avanti essere orientata
innanzitutto verso l 'Unione Sovietica». Gru ber, sentendosi in un certo
senso abbandonato dagli occidentali in questa faccenda, cercava di
scuoterli dalla loro passività prospettando loro la minaccia sovietica.
Prima di esaminare gli sviluppi dell'ultima richiesta austriaca,
bisogna comunque segnalare la sola reazione degna di nota: quella
dell'opinione britannica (122). La stampa fu unanime nel condannare
la decisione del 12 maggio (123). ll «Manchester Guardian» affermava
che questa decisione avrebbe portato gli austriaci a sognare un nuovo
Anschluss. Il <<Times» del 4 maggio affermava che la nuova decisione
«ha suscitato stupore in Gran Bretagna dove si dava per certo, in
generale, che non si sarebbe trovata alcuna giustificazione per lasciare
all'Italia questa regione prettamente austriaca». L'«Economist», lo
«Spectator» e il «Tribune» del 3 e 4 maggio condannavano fermamente la decisione presa e il «Time and Tide» commentava la
posizione della Russia nei seguenti termini: «la politica russa non
tiene conto delle conseguenze durature del Trattato di pace, ma
solamente delle sue immediate ripercussioni sulla situazione europea e
120. Parigi, 10 maggio 1946, Biscboff a la Grandville (segretario generale della
Conferenza dei ministri degli Esteri).
121. Vienna, 17 maggio 1946.
122. Si noti da parte francese una lettera del generale Béthouart da Innsbruck il 7
maggio 1946 che domandava che «la questione restasse aperta».
123. Londra, 4 maggio 1946, Paris al MAE e 22 maggio 1946 Massigli al MAE.
87
più in particolare sulle prossime elezioni. Ciò sarebbe sufficiente a
spiegare l'atteggiamento "morbido" di Molotov nei confronti
dell'Italia a proposito della questione del Tirolo». Questo commento
era importante, le elezioni generali italiane si avvicinavano (si
sarebbero tenute il 2 giugno 1946) e i sovietici volevano dare
soddisfazione al Pci.
La decisione del 12 maggio provocò (124) viva emozione negli
ambienti politici, intellettuali ed anche al Foreign Office, dove, come
si è visto, una parte dei consiglieri di Bevin era favorevole al ritorno
del Sud Tirolo all'Austria. Tutti si dicevano colpiti dalla leggerezza
con cui era stata chiusa la questione. L'opinione pubblica f\embrava
credere che il governo britannico avesse rinunciato ad appoggiare le
richieste austriache per non opporsi agli Stati Uniti. Ci si doleva che
l'Inghilterra avesse creduto di dover cedere all'insistenza di Bymes la
cui preoccupazione principale era quella di dare soddisfazione agli
elettori italiani d'America ancor più che agli italiani d'Italia (125).
Si vede dunque che le preoccupazioni principali delle due super-potenze, nella questione, erano, secondo i britannici,
semplicemente di carattere elettorale (anche se in paesi differenti).
Un'iniziativa da parte francese (126) prima della sospensione (16
maggio) della Conferenza, di esaminare il nuovo memorandum
austriaco trasmesso da Bischoff, si rivelò un fallimento perché
Molotov rifiutò la discussione sostenendo che la regione di Bressanone non corrispondeva, a suo parere, alle decisioni della Conferenza di Londra del settembre 1945. Bevin proponeva allora di definire
ciò che il Consiglio intendeva per «rettifiche minori». ll Consiglio dei
ministri decideva anche di ascoltare un rappresentante del governo
austriaco e un rappresentante del governo italiano alla prossima
riunione riguardante la frontiera austro-italiana. Il 17 maggio il
124. Londra, 22 maggio 1946, Massigli al MAE.
125. Questa ipotesi venne ripresa all'inizio del mese di giugno, durante un
dibattito sulla politica estera alla Camera dei comuni, da Horabin, liberale, che
rimproverava al governo di avere accettato di lasciare il Sud Tirolo ali 'Italia solo per
soddisfare le preoccupazioni elettorali di Bymes (vedi Londra, 7 giugno 1946,
Massigli al MAE).
126. A proposito dell'intervento del 14 maggio di Bidault, vedi Parigi, 15 maggio
1946, Coulet a de Monicault.
88
governo italiano ed il governo austriaco erano invitati a mandare un
rappresentante a Parigi per esporre (il 30 maggio alle ore 11) il punto
di vista dei loro rispettivi governi sulla questione. I membri supplenti
ricevevano dunque le delegazioni dei due paesi. Gruber era incaricato
di difendere la tesi austriaca mentre Carandini, ambasciatore d'Italia a
Londra, rappresentava De Gasperi (127). Gruber e Carandini si
basavano, nello sviluppo delle loro tesi, sui due memorandum
presentati rispettivamente dall'Italia il 10 maggio 1946 e dall'Austria
il 30 dello stesso mese. Gruber prendeva la parola per primo e
annunciava fin dali 'inizio del suo discorso che anche se l'Austria
fosse stata accontentata sulla regione di Bressanone, la questione
sarebbe ugualmente rimasta aperta: «Il governo austriaco si ripropone
in ogni caso di portare, in data ulteriore, davanti ad una assemblea
internazionale apposita il problema del plebiscito nel Sud Tirolo».
Gruber si sforzava quindi di spiegare che la linea ferroviaria che si
trovava in territorio italiano e che collegava il Brennero a S. Candido
era d'importanza primaria per l'Austria. La restituzione di questa
all'Austria avrebbe evitato una deviazione di 150 km. per Klagenfurt
(in Carinzia) (vd. carta): egli sottolineava che la popolazione di
Bressanone era per i 5/6 di lingua tedesca (2.000 italiani) su 12.000
abitanti e che tutto il territorio rappresentava solo l'l% della superficie
totale dell'Italia. Per quanto riguardava la popolazione totale del
territorio in questione si avanzava, da parte austriaca, la cifra di
74.000 abitanti di lingua tedesca e di 9.000 italiani. Dal punto di vista
economico vi erano tre impianti idroelettrici importanti che producevano 615 milioni di Kwh all'anno (l'impianto di Bressanone da solo
ne produceva 500 milioni). Veniva sottolineato , inoltre, che la
regione non si prestava ali'installazione di nuove opere idroelettriche
data la scarsa pendenza della sua superficie. Si proponeva anche uno
statuto di extraterritorialità per gli impianti elettrici esistenti.
Gru ber concludeva il proprio intervento con un attacco all'atteggiamento italiano nei confronti dell'Anschluss e della seconda guerra
mondiale e riaffermando che la decisione da prendere era d'importan127. Niccolò Carandini, nato nel 1885, è stato dirigente del Pii, ministro senza
portafoglio del secondo gabinetto (Bonomi) dopo la liberazione, membro della
Costituente e ambasciatore a Londra.
89
za capitale per il futuro di un'Austria indipendente.
Carandini ribatteva anteponendo l'argomento della cobelligeranza
dell'Italia e affermando che l'Austria non era in una posizione tale da
poter avanzare una rivendicazione qualsiasi all'Italia. A suo avviso le
richieste austriache non erano assolutamente delle rettifiche minori
poiché il territorio in questione rappresentava i 2/5 dell'Alto Adige.
Inoltre (e si noti la differenza) su una popolazione di 74.000 abitanti ci
sarebbe stata una minoranza italiana e ladina di 21.000 abitanti.
Veniva rilevato anche, da parte italiana, che la popolazione di
Bressanone era al 45% italiana. Per quanto riguardava la linea
ferroviaria che collegava Lienz a Innsbruck si sottolineava che essa
non era né l'unica né la migliore, che esisteva già la linea dei Tauri
(Tauern in tedesco) che collegava il Tirolo settentrionale al Tirolo
Orientale, si trattava di una linea per 3/4 su doppio binario completamente elettrica, mentre la linea Brennero-S. Candido era a binario
unico e per 2/3 a trazione a vapore. Per quanto riguarda l'elettricità il
governo italiano stimava la produzione annuale della regione di
Bressanone pari a 646 milioni di Kwh all'anno, vale a dire 33,8% di
tutta la produzione dell'Alto Adige. Le centrali erano collegate alle
ferrovie italiane e non si sarebbe potuto concepire la dipendenza di
forniture energetiche da fonte straniera. Gli italiani ritenevano possibile in un futuro assai prossimo anche la costruzione di 24 nuovi
impianti che avrebbero potuto fornire 1640 milioni di kwh all'anno.
Ciò significava che questo territorio avrebbe potuto fornire il 15%
dell'aumento della futura produzione di energia idroelettrica in Italia,
poiché in tutto il paese si prevedeva un aumento della produzione da
1O a 12 miliardi di kwh. «L'Italia non può rinunciare a un solo kwh»
mentre l'Austria aveva già una produzione eccedente. Veniva aggiunto che: «l 'insieme di diritti che si dovrebbero dare all'Italia così come
le garanzie straordinarie che l'Italia dovrebbe esigere per assicurarne
il rispetto, non potrebbero praticamente essere separate dali'esercizio
di piena sovranità sul territorio in questione» (128).
Il divario esistente tra i discorsi tenuti dai due governi contrastava
con le idee che si andavano consolidando in America e in Inghilterra.
128. lO maggio 1946, Promemoria.
90
Byrnes e Bevin (129) sembravano desiderosi di vedere gli italiani
firmare «di buon grado» qualsiasi rettifica della frontiera austro-italiana. L'atteggiamento di Bevin era dettato dalla volontà di allineare la
politica britannica a quella americana.
Ingenuità? Scarsa conoscenza del problema? Può anche darsi da
parte americana, ma questo atteggiamento era probabilmente dettato
dalla volontà di non urtare direttamente l'Austria, da una specie di
<<coscienza sporca» nei suoi confronti. Gli Alleati con la loro politica
ambigua facevano ricadere ogni responsabilità sull'Italia e, come
Ponzio Pilato, se ne lavavano tranquillamente le mani.
Il 7 giugno 1946 (130) i membri supplenti si riunivano per
esaminare di nuovo la questione delle frontiere austro-italiane. La
delegazione britannica chiedeva se il collegamento ferroviario Innsbruck-Lienz poteva costituire una rettifica minore. L'Unione Sovietica con Guseev rispondeva negativamente mentre Dunn affermava che
la delegazione americana non era ancora in grado di pronunciarsi su
questo punto. Da parte sua Couve de Murville affermava che
bisognava risolvere definitivamente la questione e che se si voleva
dare qualcosa all'Austria, bisognava darle almeno tutta la Pustertal,
con l'alta valle delrEisack (Isarco in italiano). Bisognava peraltro
esaminare se si voleva darle anche la città di Bressanone. Jebb gli
rispondeva che la città di Bressanone non poteva essere considerata
una rettifica minore poiché forniva il 2,7% della produzione di energia
idroelettrica italiana. Egli era, invece, favorevole al ritorno della
Pustertal e dell'Alta valle dell'Eisack all'Austria. Dunn e Jebb erano
d'accordo nell'esaminare innanzitutto, prima di ogni decisione, il
programma italiano per lo sfruttamento delle risorse idroelettriche
della Pustertal secondo il memorandum italiano del lO maggio 1946.
Il delegato britannico proponeva allora la creazione di un comitato di
esperti incaricati di studiare i problemi sollevati, nel campo idroelettrico, dalla richiesta austriaca di rettifica della frontiera austro-italiana.
Questa proposta veniva accettata nonostante un tentativo d'opposizione da parte di Guseev.
129. Londra, 31 maggio 1946, Massigli e Bidault.
130. Parigi, 7 giugno 1946, resoconto della Conferenza dei supplenti dci ministri
degli Affari Esteri.
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LA DISGREGAZIONE DEL TIROLO DOPO LA PRIMA
GUERRA MONDIALE
<TRATTO DALLA DOCUMENTAZIONE AUSTRIACA - ARCHIVI DEL MAf'
RETTIFICA CHE AVREBBE RISTABILITO LE COMUNICAZIONI
••••••TRA IL TIROLO DEL NORD E IL TIROLO DELL'EST
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TIROLESI
LADINI
1.: TERRITORIO ANNESSO ALLA PROVINCIA DI TRENTO <1926)
2.: TERRITORIO ANNESSO ALLA PROVINCIA DI BELLUNO (1923)
-
TRENTINI
Il giorno stesso la Conferenza dei membri supplenti decideva che:
«l) Il Comitato studierà i progetti esposti nell'ultimo memorandum
dell'Italia in vista di una futura utilizzazione delle risorse idroelettriche della regione rivendicata attualmente dali'Austria al fine di
stabilire se questi progetti sono realizzabili dal punto di vista pratico e
se le cifre e i fatti enunciati sono esatti.
2) Il Comitato studierà il ruolo svolto all'interno dell'economia
italiana dalle installazioni idroelettriche esistenti:
a) nella regione attualmente rivendicata dall'Austria
b) nella stessa regione senza Bressanone e la sua centrale (e le
eventuali ripercussioni in caso di cessione ali'Austria).
3) Il Comitato esaminerà in particolare in quale misura la centrale
elettrica di Bressanone è tributaria di riserve idrauliche accumulate nei
serbatoi o nei laghi situati nel territorio citato sopra al paragrafo 2b.
4) II Comitato dovrà presentare il suo rapporto al più tardi il 17
gmgno.»
Questo rapporto, terminato il 17 giugno, veniva esaminato dai
membri supplenti (131) mentre i ministri degli Esteri, dopo la sospensione di un mese, si riunivano di nuovo dal 16 giugno al 12 luglio
1946 (132). Globalmente il rapporto era favorevole alla tesi italiana,
ma va detto che questo Comitato era giunto alle sue conclusioni, a
Parigi, in seguito alle dichiarazioni fatte dalle due parti e in seguito
alle pubblicazioni di fonte italiana di cui disponeva. Era perciò
difficile considerare questa documentazione come completamente
imparziale e assolutamente precisa perché servisse di base alle
conclusioni del Comitato. Secondo quest'ultimo, teoricamente, tutte le
cifre presentate dall'Italia sembravano esatte e cioè si sarebbero potuti
produrre nel territoriio 1637 milioni di kwh all'anno, ma quanto alle
possibilità future il Comitato di esperti assumeva un atteggiamento di
maggiore riserva poiché avrebbe dovuto svolgere lunghe indagini sul
luogo per potersi esprimere in proposit0.
Per quanto riguardava il ruolo delle centrali esistenti, esse producevano 640 milioni di kwh, vale a dire il 3,25%, della produzione
annuale dell'Italia. Se il territorio fosse stato ceduto all'Austria, essa
131. Vd. 24 giugno 1946, resoconto del Consiglio dci ministri degli Esteri.
132. Vd. 20 giugno 1946, Consiglio dei ministri degli Esteri.
94
avrebbe potuto, se voleva, bloccare l'erogazione di acqua in direzione
della centrale di Bressanone poiché i serbatoi si trovavano a monte di
questa città. Peraltro il Comitato, ritenendo che le proposte austriache
riguardanti le facilità, i diritti e le garanzie da dare ali'Italia fossero
troppo vaghe, raccoglieva, all'ambasciata d'Austria a Parigi, delle
precisazioni in proposito. L'idea generale del governo austriaco era di
creare delle società miste austro-italiane per lo sfruttamento delle
risorse idroelettriche inutilizzate. I capitali sarebbero stati fomiti a
seconda degli interessi economici in causa in una proporzione
corrispondente alla quantità di corrente di cui ciascuna parte avrebbe
avuto bisogno.
Ma il problema era che l'Italia avrebbe certamente avuto bisogno di
tutta la produzione delle centrali mentre l'Austria esportava già
energia idroelettrica e non ne avrebbe avuto bisogno se non per il
consumo locale. Ciò significava che tutti i capitali sarebbero stati
fomiti dali 'Italia la quale sarebbe stata obbligata in tal modo ad
investire all'estero. Inoltre i 24 progetti italiani sarebbero stati
irrealizabili senza il pieno consenso e l'appoggio del governo di
Vienna. E' sufficiente pensare ai lavori di costruzione che avrebbero
comportato deviazione di strade, di corsi d'acqua, sommersione di
terreni, ecc... Tutti questi elementi, tranne i punti su cui il Comitato
non poteva pronunciarsi, erano favorevoli all'Italia (133).
E' interessante notare che i sudtirolesi si opponevano allo smembramento della loro <<Heimat» (134). Il canonico Gamper assistente di
Mons. Geisler si era vivamente opposto alla proposta di Gruber. La
linea di frontiera proposta da quest'ultimo sarebbe anche stata
chiamata da alcuni linea «Raffle» dal nome del traditore che aveva
consegnato Andreas Hofer ai francesi nel 1810. Gli ambienti influenti
nel Sud Tirolo preferivano sempre lo status quo a un eventuale
smembramento, col pretesto che un ulteriore plebiscito nel Sud Tirolo,
privato della Pustertal, avrebbe rischiato di risultare favorevole
133. Va notato che l'Unione Sovietica ci teneva a distinguersi dagli occidentali in
modo chiaro e ncuo. Ecco la conclusione dell'esperto sovietico: «Le garanzie o gli
staLuli speciali non compenserebbero idanni che subirebbe l'economia italiana in
generale, e le risorse dell'Italia in forza motrice in particolare, nel caso in cui le
rivendicazioni dcll'Austria venissero accettate».
134. Vienna, 20 giugno 1946, de Monicault al MAE.
95
all'Italia. I membri supplenti da parte loro, dopo l'esame del rapporto
steso da periti idroelettrici, non riuscirono a redigere una dichiarazione
comune. Ma il 24 giugno (135) Molotov prendeva l'iniziativa e
sbloccava definitivamente la situazione. Le sue proposte si ritrovano
nel testo seguente: «Dopo aver esaminato la relazione presentata dal
Comitato di esperti idroelettrici circa la richiesta austriaca di rettifica
della frontiera austro-italiana nella parte nord-orientale dell'Alto
Adige, il Consiglio dei ministri degli Affari Esteri non può ritenere la
suddetta rivendicazione del governo austriaco una rettifica minore
della frontiera così come è indicato nel promemoria del governo
federale austriaco del 30 maggio 1946».
A questa proposta seguì un lungo, imbarazzante silenzio. Byrnes fu
il primo a romper!o offrendo l'adesione americana all'iniziativa di
Molotov. Bidault vi aderiva poco dopo e osservava che la rettifica
chiesta dali'Austria non poteva essere considerata minore. Questa
rettifica avrebbe avuto il vantaggio di assicurare all'Austria il collegamento ferroviario tra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale, ma
avrebbe causato all'Italia delle perdite di energia idroelettrica non
certo minime come quelle che sarebbero derivate dalle rivendicazioni
francesi. Forse non era neanche opportuno che l 'Italia fosse privata di
un territorio che le era stato dato dopo la vittoria del 1919, a vantaggio
di uno Stato che per due volte, e la seconda volta più a lungo
dell'Italia, si era trovato nel campo nemico. Dal momento che una
rettifica veramente «minore» sembrava impossibile non c'era che da
lasciare le cose come stavano.
Bevin, aderiva alla proposta di Molotov, ma esprimeva la speranza
che l'Italia e l'Austria giugessero alla conclusione di un accordo
sensato riguardo alla linea ferroviaria che era utile all'una come
all'altra parte. n Consiglio prendeva accordi in seguito per incaricare i
membri supplenti di verificare se esistevano già delle garanzie e, in
caso negativo, di precisarle in un teste che sarebbe stato inserito nel
Trattato (136).
135. 24 giugno 1946, resoconto del Consiglio dei ministri degli Esteri.
136. Il suggerimento di Bevin adottato dal Consiglio era molto importante per
ulteriore l'inclusione dell'Accordo De Gasperi-Gruber nel Trattato di Pace con
l'Italia. Vd. oltre p. l05 e ss.
96
La decisione veniva dunque finalmente presa e si può affermare,
senza contraddire ciò che abbiamo sostenuto in precedenza, che essa
non costituiva una sorpresa né nella sostanza, né per il modo in cui vi
si era arrivati. Si può aggiungere che la decisione del 24 giugno era in
realtà la sola possibile poiché la restituzionee della Pustertal (con o
senza Bressanone) non avrebbe accontentato nessuna delle due parti.
L'Austria avrebbe continuato a reclamare la parte della regione che
fosse rimasta in mano agli italiani (137) e questi ultimi avrebbero
perso il Brennero insieme a tutto il potenziale idroelettrico.
Ma la decisione del 24 giugno era solo il seguito logico di quella
del l2 maggio e in quell'occasione tutto l'opportunismo politico delle
Grandi Potenze era venuto a galla. Non si erano valutate le ripercussioni della decisione a medio e lungo termine, ma, dopo tutto, non era
l'Italia che aveva voluto tenersi l'Alto Adige?
Difficilmente De Gasperi avrebbe potuto agire diversamente. Si è
mai visto uno Stato qualsiasi cedere spontaneamente una provincia di
frontiera frutto di una costosa e sanguinosa conquista? No, mai.
De Gasperi non poteva forse neanche prevedere, nonostante la sua
diffidenza, che questa decisione non avrebbe mai posto fine alla
«questione», ma che sotto molti aspetti era solo l'inizio di una nuova
era di conflitti e di aspre lotte. I sudtirolesi erano pronti a dimostrare
con la loro tenacia che la battaglia era appena cominciata...
137. Vedi a questo proposito la dichiarazione del Dr. Gruber del 30 maggio pp.
109-110.
97
J
Parte seconda
DALLA DECISIONE FINALE (24 giugno 1946)
ALLO STATUTO D'AUTONOMIA (2 febbraio 1948)
l. L'Austria è obbligata a negoziare: la Conferenza delle 21
Nazioni e le trattative dirette per un accordo austro-italiano- Il
testo dell'Accordo De Gasperi-Gruber
Le reazioni alla decisione del 24 giugno non si fecero attendere. Gli
austriaci (l) furono presi da sgomento anche perché avevano l'impressione che la questione del Sud Tirolo non avesse provocato alcuna
seria divergertza d'opinione tra gli Alleati. Ne traevano una dolorosa
conclusione: nessuno di loro aveva fiducia nella restaurazione
dell'Austria come Stato indipendente. Inoltre essi si sentivano abbandonati nell'orbita sovietica e lo stato di stanchezza e di scoraggiamento faceva sembrare il paese ormai disponibile (anche negli ambienti
conservatori) ad un accordo generale con l'URSS.
Il contraccolpo a Vienna non era dunque cosa da poco, nella città
circolavano voci di un'eventuale dimissione di Gru ber (2). Costui
smentiva (3) e contrattaccava affermando che la questione non era
affatto chiusa, poiché l'Austria era decisa a portarla, al momento
buono, davanti all'areopago dei 21 (4) e all'Gnu. Da parte loro i
l. Vienna, 25 giugno 1946, De Monicault al MAE.
2. Vicnna, 29 giugno 1946, Poussard al MAE (Raymond Poussard, nato nel
1910, è stato in missione presso il consigliere politico in Austria dal 1945 al 1946,
poi, secondo segretario a Vienna dal 1946 al 1950 e infine distaccato ai servizi degli
Affari tedeschi e austriaci in qualità di vicedirettore dall950 al 1954).
3. Vienna, 3 luglio 1946, de Monicault al MAE.
4. La Conferenza della pace fu chiamata anche «Conferenza delle 21 Nazioni».
101
tirolesi protestavano vigorosamente e reclamavano, attraverso il loro
Landtag, il plebiscito (5). In realtà, né gli austriaci, né, più in
particolare, i tirolesi, avevano intenzione di demordere e di abbandonare lo scopo che si erano prefissati: il ritorno del Sud Tirolo
all'Austria. Anche più tardi, quando saranno obbligati ad accettare un
compromesso con l'Italia, cercheranno sempre di tenere aperta la
questione con qualsiasi espediente.
Alla fine del mese di giugno 1946, essi potevano ancora sperare di
sostenere in modo valido le loro tesi davanti alla Conferenza della
pace. Questa Conferenza si tenne a Parigi dal 29 luglio al 15 ottobre
1946 sotto la presidenza di Bidault. Lo scopo era di mettere a punto i
trattati di pace con l'Italia, la Romania, l 'Ungheria, la Bulgaria e la
Finlandia. Alla Conferenza erano rappresentati 21 Stati (6). Per
l'Austria questa costituiva l'ultima «chance».
Gli austriaci e i sudtirolesi mantenevano la tattica abituale: moltiplicavano gli appelli affinché gli abitanti del Sud Tirolo ottenessero il
diritto all'autodeterminazione. Seguendo un certo ordine vediamo che
la Svp (7) denunciava il 14 luglio «un 'immigrazione italiana organizzata sistematicamente dal governo italiano dal 3 maggio 1945» e
denunciava il progetto di autonomia in via di elaborazione chiedendo
il plebiscito.
Il 18 era il turno dei Jadini (8) attraverso il movimento «Zent
Ladina Dolomites» (il popolo ladino delle Dolomiti); essi domandavano il ricongiungimento dei loro comuni, della provincia di Belluno,
al Sud Tirolo (9) e quindi il plebiscito.
Mons. Geisler (10) chiese, il 20 luglio, il diritto all'autodetermi5. Parigi, 29 giugno 1946, il generale Béthouart a Bidault.
6. Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canada, Cina, Stati Uniti, Etiopia,
Francia, Gran Bretagna, India, Italia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia,
Cecoslovacchia, Grecia, Suda(rica, Ucraina, URSS, Iugoslavia.
7. Bolzano, 12 luglio 1946, Appel du peuple sud ryrolien à la Conférence de la
paix.
8. Cortina d'Ampezzo, 18 luglio 1946.
9. Nel 1923, tre comuni ladini erano stati staccati da1 Sud Tirolo c ricongiunti alla
provincia di Belluno, senza che questa modifica venisse correua né nel 1926 né nel
1945.
10. Bressanone, 20 luglio 1946, Justice pour le Sud Tyrol.
102
nazione per i sudtirolesi, seguito il 22, sette gwrm prima della
Conferenza, dal governo federale.
Quasi a confermare queste speranze Bevin affermava, il 25 luglio
alla Camera dei comuni (11), che le «21 Nazioni hanno il diritto di
capovolgere una decisione dei quattro».
Rinvigorita e speranzosa, la SUdtiroler Volkspartei respingeva in
luglio un progetto di autonomia elaborato dal prefetto Innocenti.
Questo progetto era definito «inaccettabile» (12) dai membri della Svp
per svariate ragioni:
l. il Sud Tirolo e il Trentino avrebbero avuto un regime comune
d'autonomia,
2. il progetto non prevedeva alcuna misura di difesa contro «l 'invasione del Sud Tirolo da parte degli italiani»,
3. non sarebbe stata rispettata nessuna proporzione tra le popolazioni
di lingua diversa e ifunzionari locali,
4. la legge fiscale e di polizia sarebbe stata a discrezione dello Stato
che,
5. tramite un commissario avrebbe potuto modificare ed anche revocare l'autonomia.
Nonostante questo rifiuto, si cominciava comunque a capire da
parte austriaca che, in un momento o nell'altro, si sarebbe dovuto
aprire un dialogo diretto con Roma come avevano auspicato Byrnes e
Bevin. L'Austria era veramente in una posizione di inferiorità
nonostante le dichiarazioni di Bevin riguardo alla possibilità di un
riesame della situazione da parte della Conferenza dei 21. Mentre De
Gasperi, il 10 agosto 1946, pronunciava un discorso al Palais du
Luxembourg, l'Austria non era ancora stata invitata ad esporre il
proprio punto di vista (13). Fu solo il 17 agosto che i britannici
proposero alla Conferenza di invitare una delegazione austriaca (14) e
ciò, nonostante le continue reticenze dei sovietici. La Conferenza fu
11. Londra, 26 luglio 1946, Massigli al MAE.
12. Palais du Luxembourg, 30 agosto 1946, memorandum de1la delegazione
austriaca.
13. Vd. Toscano, op. cit., p. 330 e seg.
14. Alla delegazione austriaca si aggiunsero due rappresentanti della Svp
Volgger e Von Guggenberg.
103
favorevole ad invitare l'Austria con 15 voti contro 6, ma, prima di
lasciar parlare Gruber, il delegato sovietico Vishinski, dipinse un
quadro cupo delJ» Austria nazista (15). Il 21 agosto 1946, Gru ber
prendeva la parola e chiedeva velatamente il plebiscito (16). Si rese
conto però che la Conferenza non lo avrebbe seguito su questo punto,
era infatti appoggiato solo dal Belgio e dai Paesi Bassi. Il 22 agosto
veniva preso, su iniziativa di Carandini, il primo contatto tra l'Italia e
l'Austria. La delegazione austriaca gli mostrò allora un memorandum
(che verrà in seguito consegnato al segretario della Conferenza dei 21,
il 30 agosto 1946) che conteneva le basi su cui l'Austria era disposta a
trattare.
Gruber, in questo memorandum domandava, per l'ennesima volta,
un plebiscito e, in caso di rifiuto, chiedeva delle garanzie. Egli aveva
finalmente aperto uno spiraglio alla negoziazione. Le garanzie sarebbero state la conseguenza degli accordi diretti tra l'Italia e l'Austria.
Queste disposizioni sarebbero state inserite nella legislazione italiana
e avrebbero dovuto essere garantite da una clausola generale da
inserirsi nel Trattato di pace. Esse riguardavano i seguenti punti:
l. l'autonomia amministrativa per la provincia di Bolzano e di alcuni
comuni limitrofi e non per tutto il territorio una volta austriaco (la
Venezia Tridenùna dei fascisti). In tal modo la popolazione tedesca
non sarebbe stata messa in minoranza. Bisognava anche adottare
delle misure per annullare gli accordi Hitler-Mussolini.
2. L'afflusso interno di elementi italiani sarebbe stato sottoposto alla
volontà dell'amministrazione autonoma regionale.
3. Un regime doganale per la regione.
4. L'accordo concluso tra l'Italia e l'Austria sarebbe stato comunicato
alle Nazioni Unite e la sua applicazione garantita da un organismo
internazionale.
Per queste disposizioni doveva essere fissato un termine per il
governo italiano e, in caso di future divergenze sostanziali nell'applicazione .dell'accordo, il governo austriaco sarebbe stato libero di
appellarsi alle Nazioni Unite. Gruber proponeva, di conseguenza, un
15. Fenet, op.cit., p. 80.
16. Toscano, op. cit., p. 336 e scg.
104
emendamento dell'articolo lO (17) del Trattato di pace italiano
(sempre nel caso in cui la soluzione del plebiscito venisse scartata).
L'emendamento era il seguente: «l'Italia concluderà con l'Austria
entro di una anno degli accordi che mirano a:
l. garantire, senza tener conto dell'accordo Hitler-Mussolini del 1939,
alla popolazione autoctona della provincia di Bolzano ed ai comuni
vicini (18) la libertà del suo sviluppo economico e culturale con la
concessione di un'autonomia regionale.
2. assicurare la libertà di circolazione a viaggiatori e merci tra la detta
regione e l'Austria per ciò che riguarda i prodotti originari di questa
regione e le normali necessità di importazione».
Questo documento all'articolo 14 prevedeva che: «L'Italia prenderà
tutte le misure necessarie per garantire a tutte le persone sotto sua
giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua e religione, il
godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali compresa la
libertà d'espressione, di stampa e di pubblicazione, la libertà di culto,
la libertà d'opinione e di riunione. L'Italia garantisce soprattutto alla
popolazione autoctona del Sud Tirolo abitante a Nord di Salorno, la
libertà d'esistenza in tutti i campi e in particolare la libertà culturale
senza alcuna discriminazione ed anche la facoltà di provvedere
attraverso funzionari autoctoni eletti, a tutte le esigenze culturali
derivanti dalla sua particolare situazione etnica».
Carandini escludeva un accordo su questo articolo che egli considerava un'offesa al regime democratico italiano. Ma la delegazione
britannica fece sapere che la Conferenza sarebbe passata ad altre
questioni, se i governi interessati non fossero riusciti a presentare delle
proposte comuni prima del 5 settembre 1946. Il 24 agosto (19)
17. Questo articolo, su suggerimento di Bevin e secondo la decisione del
Consiglio dei ministri degli Esteri del 24 giugno 1946, doveva offrire all'Austria
delle garanzie per il collegamento ferroviario Innsbruck-Lienz ed essere infine
inserito nel Trattato di pace.
18. I sudtirolesi reclamavano tre comuni ladini (Cortina d'Ampezzo, Colle S.
Lucia e Pieve di Livinallongo) inseriti nella provincia di Belluno nel 1923, e 15
comuni con una popolazione a maggioranza tedesca tolli al Sud Tirolo a vantaggio
del Trentine nel 1926. Essi furono accontentati solo per quel che riguarda la seconda
rivendkazione (il 21 gennaio 1949).
19. Toscano, op.cit., pp. 360-361.
105
Carandini faceva allora pressione su De Gasperi che accettava di
trattare con gli Austriaci; la protezione della minoranza poteva a suo
avviso essere inclusa ne.l trattato di pace, ma doveva essere espressa
nella forma più schematica e generale possibile.
Nel frattempo, Gruber, da parte sua, a Parigi, premeva su Carandini
perché l'autonomia fosse trattata tra l'Italia e l'Austria e non tra
l'Italia e la SUdtiroler Volkspartei. De Gasperi da Roma scriveva
allora a Carandini che era «impossibile riconoscere nel Trattato di
pace l'obbligo di risolvere direttamente con l'Austria la questione
dell'autonomia, poiché si tratta di una concessione che possiamo fare
nel libero esercizio della nostra sovranità (20)» ma aggiungeva che l
'Italia poteva trattare con l'Austria i problemi riguardanti le facilitazioni del traffico ferroviario e la revisione delle opzioni.
Innocenti e Carandini erano incaricati di elaborare un controprogetto che veniva redatto nel modo seguente:
« l.Il governo italiano adotterà in favore della provincia di Bolzano e
dei comuni di lingua mista della provincia di Trento, delle regole
che salvaguardino il carattere etnico e garantiscano lo sviluppo
culturale ed economico di queste popolazioni di lingua tedesca:
a) l 'istituzione di scuole elementari e dell'insegnamento superiore
in lingua tedesca;
b) la parità delle lingue italiana e tedesca negli uffici e negli atti
pubblici, il bilinguismo nella toponomastica dei comuni e località
dove si usa in prevalenza la lingua tedesca;
c) il diritto di rimettere in vigore, nella lingua originale tedesca,
alcuni nomi recentemente italianizzati;
d) l'uguaglianza dei cittadini di lingua italiana e tedesca in tutti i
diritti che spettano loro, e in particolare nell'assunzione agli
impieghi pubblici.
2. La provincia di Bolzano e i comuni di lingua mista di Trento
riceveranno l'autonomia con potere legislativo regionale e potere
esecutivo sulla base di regole sulle quali dovranno essere consultati
elementi autoctoni di lingua tedesca.
3. Il governo italiano è disposto a procedere alla revisione degH
accordi Hitler-Mussolini del 1939.
20. Toscano, op. cit.,p. 362.
106
4. Verrà stabilita col governo austriaco una convenzione per facilitare
il movimento di persone e merci tra la provincia di Bolzano e
l'Austria e il transito di persone e merci tra il Tirolo settentrionale e
quello orientale.
5. Il governo italiano è infine disposto ad esaminare attentamente ogni
eventuale indicazione che gli sia suggerita dal governo austriaco
(21)».
D'altra parte si faceva sapere al governo austriaco che le seguenti
rivendicazioni non sarebbero state prese minimamente in considerazione:
l. il divieto di libero trasferimento di cittadini italiani nel futuro
territorio autonomo;
2. un numero di funzionari, neli'amministrazione autonoma,
proporzionale al numero dei cittadini di lingua tedesca;
3. il conferimento all'organismo autonomo di una competenza esclusiva in materia fiscale e di polizia locale.
Quello che risalta subito in questo progetto è che l'Italia non voleva
dare nessuna garanzia internazionale ali'Austria. Nel memorandum
austriaco del 30 agosto (22), Gruber chiedeva che l'accordo tra l'Italia
e l'Austria fosse comunicato all'Gnu e l'esecuzione garantita da un
organismo internazionale. Ora questa richiesta era stata respinta
dall'Italia, che considerava la questione puramente interna, accusando
l'Austria di voler inserire una clausola che avrebbe mantenuto aperta
la questione a tempo indeterminato perché, in caso di disaccordo su un
qualsiasi punto, il governo austriaco era libero di appellarsi alle
Nazioni Unite. Il possibile inserimento del progetto di autonomia nel
Trattato di pace (articolo 10) era già considerato come una garanzia
internazionale.
Carandini e Innocenti proponevano dei contatti bilaterali con
l'Austria solo su una questione puramente tecnica: la convenzione
ferroviaria.
Si tornava perciò al punto di partenza e alle proposte di Bevin del
21. Per questo controprogetto vedi Toscano, op.cit., pp. 371-372.
22. Vd sopra p. 104.
107
24 giugno (23). Tutte le transazioni proposte da Gruber o rivendicate
dai sudtirolesi non erano trattate con l'Austria, ma venivano concesse
dal governo italiano (tranne che per la ferrovia) e perdevano quindi
valore malgrado illoro eventuale inserimento nel trattato di pace.
Questo controprogetto veniva proposto agli austriaci il 31 agosto
1946 l'l e il 2 settembre si svolgevano le prime discussioni tra Gru ber
e Carandini. Gli austriaci proponevano svariate modifiche e se si
rassegnavano a non intervenire nell'elaborazione dell'autonomia,
tuttavia essi domandavano:
l. Il ricongiungimento dei tre comuni ladini della provincia di Belluno
al Sud Tirolo;
2. un accordo e non una semplice consultazione con gli elementi
autoctoni sull'elaborazione dell'autonomia;
3. una garanzia contro un'eventuale estensione dell'autonomia al
Trentino.
Queste richieste venivano respinte da Carandini che, per quanto
riguarda la terza, faceva notare a Gruber che se il quadro territoriale
dell'autonomia non veniva allargato al Trentino, sarebbe toccato agli
Italiani di Bolzano trovarsi in minoranza di fronte ai sudtirolesi di
lingua tedesca.
Il 3 settembre De Gasperi si recava di persona a Parigi per porre
fine alle trattative. Ci si metteva finalmente d'accordo per lasciare
aperta la questione della delimitazione territoriale della regione
autonoma, adottando una formula che, come si vedrà, sarà tra le più
ambigue.
Il 5 settembre 1946, alle ore 17, De Gasperi e Gruber firmavano
l'accordo che porterà d'ora in poi il loro nome (24).
Il giorno stesso Gru ber ne domandava l 'inserimento nel Trattato di
pace. Il testo ufficiale tra l'Austria e l 'Italia era redatto in inglese
mentre tra l'Italia e gli altri paesi firmatari (dal trattato di pace)
facevano fede i testi inglese, francese e russo.
Ecco la copia italiana del testo:
23. Vd. sopra p.96.
24. L'Accordo De Gasperi-Gruber sarà anche chiamato comunemente Accordo
di Parigi.
108
ACCORDO DE GASPERI-GRUBER
(5 settembre 1946)
l) -Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e quelli
dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento, godranno di
completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana,
nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il
carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di
lingua tedesca.
In conformità ai provvedimenti legislativi già emanati o emanandi,
ai cittadini di lingua tedesca sarà specialmente concesso:
a) l'insegnamento primario e secondario della loro lingua materna;
b) l'uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua
italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali,
come pure nella nomenclatura topografica bilingue;
c) il diritto di ristabilire i nomi di famiglia tedeschi che siano stati
italianizzati nel corso degli ultimi anni;
d) l'eguaglianza di diritti per l 'ammissione ai pubblici uffici, allo
scopo di attuare una più soddisfacente distribuzione degli impieghi tra
idue gruppi etnici.
2) - Alle popolazioni delle zone sopra dette sarà concesso l'esercizi0 di un potere legislativo ed esecutivo autonomo, nell'ambito delle
zone stesse. Il quadro nel quale detta autonomia sarà applicata sarà
determinato consultando anche elementi locali rappresentanti la
popolazione di lingua tedesca.
3) - Il governo italiano, allo scopo di stabilire relazioni di buon
vicinato tra l'Austria e l'Italia, si impegna, dopo essersi consultato con
il governo austriaco, ed entro un anno dalla firma del presente trattato:
a) a rivedere, in uno spirito di equità e di comprensione, il regime
delle opzioni di cittadinanza, quale risulta dagli accordi Hitler-Mussolini del 1939;
b) a concludere un accordo per il reciproco riconoscimento della
validità di alcuni titoli di studio e diplomi universitari;
c) ad approntare una convenzione per il libero transito dei passeggeri e delle merci tra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale, sia
per ferrovia che, nella misura più larga possibile, per strada;
109
d) a concludere accordi speciali tendenti a facilitare un più esteso
traffico di frontiera e scambi locali di determinati quantitativi di
prodotti e di merci tipiche fra l'Austria e l'Italia.
2. I problemi che si pongono:
2.1. La delimitazione del territorio autonomo
Questo accordo suscitava viva soddisfazione neli'opinione pubblica
internazionale. A Vienna (25) la stampa ne sottolineava i vantaggi per
l'Austria mentre, dopo questo successo, Gruber si mostrava visibilmente contento.
A Londra (26) il Foreign Office e l'opiniune pubblica si ritenevano
soddisfatti. Si poteva però già constatare l'enormità dell'equivoco
perché il Foreign Office si felicitava del fatto che l'autonomia fosse
limitata al territorio di Bolzano.
Anche a Washington l'annuncio dell'Accordo De Gasperi-Gruber
era accolto favorevolmente dali'opinione americana e Byrnes si
felicitava personalmente con De Gasperi (27) mentre Bidault (28) da
Parigi si felicitava con i due governi, austriaco e italiano.
In Italia (29) i giornali e l'opinione pubblica non manifestarono
grande interesse ad eccezione del «Popolo» (giornale democristiano)
che diede rilievo al successo diplomatico di De Gasperi. Gli altri
giornali gli attribuirono solo un 'importanza secondaria probabilmente
per ragioni di politica interna.
Nonostante ciò, non si registrava alcuna dissonanza tra gli occidentali, tutti approvavano l'Accordo. I francesi e gli inglesi sembravano
disposti a favorire l'inclusione dell'Accordo De Gasperi-Gruber nel
Trattato di pace con l 'Italia.
Solo l'Unione Sovietica metteva in discussione il contenuto
25. Vienna, 9 settembre 1946, de Monicault a Bidault.
26. Londra, 11 settembre 1946.
27. Washington, 14 settembre 1946.
28. 14 settembre 1946, Bidault a Gruber.
29. Roma, 13 settembre 1946 Balay a Bidault.
110
deli'Accordo. La «Pravda» del 13 settembre (30), denuciava i possi
bili equivoci sulla delimitazione della regione autonoma. Si sottolinea
va nel quotidiano sovietico che l'Austria e l'Italia davano al riguardo
delle interpretazioni diametralmente opposte: «Mentre Gruber
sostiene, nelle sue dichiarazioni alla stampa, che la regione autonoma
si riduce al Sud Tirolo, De Gasperi assicura ai giornalisti di Parigi che
essa comprende il Trentino».
Il realismo e la lungimiranza dei russi non erano alieni da secondi
fini. I sovietici volevano seminare zizzania tra le due parti perché non
si sentivano tranquilli sulle clausole economiche dell'Accordo articolo 3 paragrafo c) e d). La «Pravda» riteneva in effetti che
«l'influenza anglo-americana potrà ormai estendersi all'economia
dell'Austria». Essa accusava inoltre gli ambienti stranieri di voler
creare «il primo anello di una catena del blocco antislavo tanto
sognato da alcuni partecipanti alla Conferenza delle 21 Nazioni».
Nonostante i loro scopi reconditi i sovietici avev:lno ragione,
l'Accordo nelle sue clausole conteneva i germi di futuri conflitti. La
sua applicazione si sarebbe rivelata difficile a causa delle differenze di
interpretazione delle due parti su quasi tutte le clausole.
2.2. Perché Gruber ha accettato di lasciare aperta la questione della
delimitazione del territorio autonomo
Si è visto che De Gasperi e Gruber avevano lasciato aperto il
problema con la frase: «II quadro nel quale detta autonomia sarà
applicata sarà determinato consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca». A prima vista si può
pensare che la questione venisse lasciata nelle mani del governo
italiano consultando solamente gli elementi locali rappresentanti la
popolazione tedesca, vale a dire i dirigenti della Stidtiroler
Volkspartei. Ci si può perciò domandare come mai Gruber, conoscendo i progetti di De Gasperi abbia accettato di !asciargli ogni iniziativa
futura nella questione. La risposta ci viene data da Gruber stesso nel
30. Mosca, 13 settembre 1946, Cbarpcntier incaricato d'Affari in URSS a
Bidault.
111
suo libro di memorie (31): «Era inoltre in discussione il punto più
essenziale: la delimitazione della zona. In altre parole, doveva essere
chiarito se l'accordo avrebbe dovuto riferirsi soltanto al Tirolo
meridionale di lingua tedesca o anche al Trentino di lingua italiana,
che prima del 1918 era pure appartenuto all'Austria. La soluzione di
tale questione era resa difficile specialmente dal fatto che il presidente
del Consiglio De Gasperi, egli stesso originario del Trentino, aveva
promesso ai suoi più prossimi conterranei una amministrazione
autonoma. Ora egli evidentemente non intendeva far passare al
Parlamento né l'uno né l'altro progetto, se frattanto non si fosse
riusciti a collegarli in qualche maniera fra loro. Nel corso delle
discussioni, spesso condotte in forma drammatica, all'ambasciata
italiana, ci risultò chiaro che precisazioni ulteriori a quanto era stato
fino allora raggiunto avrebbero potuto mettere in pericolo l 'intero
trattato. Neppure i delegati sudtirolesi vollero correre questo rischio».
Gruber completava la sua spiegazione con una lettera che indirizzava
all'epoca a Otto Von Guggenberg della delegazione sudtirolese (32):
«De Gasperi ci espose a lungo i motivi che lo avevano mosso a
ricercare una qualche soluzione comune coi trentini; ma dietro nostra
insistenza dichiarò che si rendeva pienamente conto che ciò non si
sarebbe mai potuto fare contro la volontà dei sudtirolesi, perché se
questa autonomia avesse dovuto essere ad essi imposta, sarebbe
venuto meno il senso dell'accordo. Perciò egli poté interamente
assicurarci che un allargamento dei confini dell'autonomia, contrario
alla volontà dei sudtirolesi, non sarebbe stato in nessun caso posto in
questione. Non riteneva però da escludersi che considerando le strette
connessioni economiche e quindi i comuni interessi tra il Trentino e il
Tirolo meridionale, si trovasse una possibilità di collaborazione. In tal
caso, cioè se la maggioranza della Svp avesse accettato un tale
accordo, non voleva chiudere del tutto la porta ad esso. Aggiunse che
la situazione era notoriamente tale che gli italiani del Tirolo erano
ancora più energicamente contrari all'unione con i trentini che gli
31. Karl Gruber, Zwischen Befreiung und Freiheit, Vienna 1953 - ma il testo in
italiano è tratto da La questione altoatesina di Castelli, Centro Studi Sociali, Milano
1961, p. 38.
32. Questa lettera è riportata nelle memorie di Gruber e la traduzione in italiano è
tratta dalla stessa opera di Castelli (p. 39).
112
stessi sudtirolesi; e d'altra parte i trentini richiedevano insistentemente
un'autonomia ancor più radicale che i sudtirolesi. Io dichiarai a De
Gasperi che qualsiasi soluzione che ricevesse l'assenso dei sudtirolesi
non ottenuto mediante l'uso di mezzi di pressione, sarebbe stata ben
accolta in Austria. Tuttavia noi avremmo dovuto richiedere che le
parole usate nell'accordo esprimessero la necessità che l'estensione
dell'autonomia ricevesse un'approvazione dai sudtirolesi. Ci accordammo infine sul termine «frame» (quadro), il cui significato risulta
chiaro dopo questo colloquio se lo si pone in rapporto con la parola
«consultation» (consultazione) che pure ricorre nella stessa frase».
2.3. La controversia giuridica
Per Gruber, dunque, il rapporto tra il termine «quadro» e
«consultazione» era chiaro. Purtroppo non era così per tutti poiché tra
le due parti si scatenerà in seguito una disputa giuridica sul significato
da attribuire a queste due parole ed in particolare al famoso termine
«quadro».
Da parte austriaca si farà notare che la traduzione di «frame» col
termine di «quadro» era falsa ed ingiustificata poiché «frame» in
inglese significa costruzione e «framework» significa struttura. Inoltre
si farà notare che da parte italiana, nella traduzione della frase, era
stata omessa una parola. Possiamo vederlo noi stessi. In inglese la
frase era «The frame within which the said provisions of autunomy
will apply, will be drafted in consultation also with local representative German speaking elements» e in italiano «il quadro nel quale
della autonomia sarà applicata, sarà determinato consultando anche
elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca (33)>>.
Il termine «provisions» (stipulazioni) è in realtà scomparso e ciò
secondo gli austriaci, permetterà agli italiani, con una errata
traduzione di «frame», di dare un 'interpretazione geografica della
frase e di unire il Trentino ali'Alto Adige. Da parte austriaca si faceva
notare anche che il famoso paragrafo «Il quadro nel quale detta
autonomia sarà applicata...» era collegato al primo paragrafo dello
33. La frase in inglese e in italiano proviene dalla stessa fonte: Toscano, op. cit.,
p. 387 e seg.
113
stesso articolo (art. 2): «Alle popolazioni delle zone sopra dette sarà
concesso l'esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo,
nell'ambito delle zone stesse.» che si riferisce anche con le parole
«Alle popolazioni delle zone sopra dette...» all'articolo l dell'Accordo
che dice: «Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e
quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento, godranno
di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua
italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del
gruppo di lingua tedesca». Il quadro dell'autonomia sarebbe quindi
stato la provincia di Bolzano.
Gli italiani, da parte loro, ribattevano che se i sudtirolesi
ritenevano indispensabile, per l'equilibrio tra i diversi gruppi lìnguistici e culturali della pròvincia di Bolzano, mantenere per loro una
posizione maggioritaria e quindi evitare l'allargamento della zona
autonoma, il testo dell'Accordo non prevedeva nessuna garanzia in
proposito. Essi sottolineavano che nel testo inglese, così come nel
testo francese si parlava, nell'articolo 2 «di un potere regionale
autonomo in campo legislativo ed esecutivo». Dicendo «regionale» si
alludeva quindi alla regione tridentina (Trentino e Alto Adige) e non
alla provincia di Bolzano, citata nel primo articolo.
Ma la controversia giuridica poteva, attraverso le imprecisioni del
testo e le diverse traduzioni ed interpretazioni, assumere delle
proporzioni gigantesche. L'importante è sapere che esiste.
2.4. La dimensione politica e la volontà di De Gasperi
E' interessante analizzare la dimensione politica della questione
della delimitazione della zona autonoma. Anche ammettendo che nel
testo non venisse offerta alcuna garanzia (a parte la consultazione
degli elementi locali) contro l'ampliamento di questa zona, De
Gasperi avrebbe forse potuto agire diversamente? Davanti alle reticenze dei sudtirolesi e degli austriaci che non avevano assunto «una
posizione decisamente negativa di fronte a questa soluzione» per non
sembrare «opporre alla buona volontà italiana un atteggiamento
114
negativo» (34), davanti a tutte le loro riserve non sarebbe stato più
saggio abbandonare l'idea di De Gasperi di riunire le due province e
concedere all'Alto Adige un'autonomia completamente distinta da
quella di Trento? E' certo che, anche se De Gasperi era convinto che
la creazione della regione Trentine-Alto Adige sarebbe stata un bene
dal punto di vista economico, politicamente la sua scelta era molto
discutibile.
Non si teneva conto, ancora una volta, delle aspirazioni dei
sudtirolesi. Questa soluzione faceva sì che si insinuassero in loro dei
sospetti sulla lealtà degli italiani e che le future possibilità di successo
dell'applicazione dell'Accordo diminuissero fin dall'inizio. Per giustificare De Gasperi, da parte italiana (35) venivano sostenuti diversi
argomenti.
Oltre ali'unione geografica ed economica e al desiderio comune
di autonomia, la posizione del leader democristiano sarebbe stata
dettata da altre considerazioni. Innanzitutto «la possibilità di esercitare
una maggiore pressione sul Parlamento nella fase legislativa e sul
governo nella fase esecutiva dell'autonomia, poi una maggiore facilità
di fare accettare all'opinione pubblica italiana l 'innovazione costituzionale». Ma queste due ragioni sono ben lungi dall'essere convincenti. Per quanto riguarda la prima, come si è visto (36), De Gasperi
era al corrente delle divergenze tra gli Italiani dell'Alto Adige, i
sudtirolesi e i trentini nei confronti dell'autonomia. Questi ultimi,
come si ricorda (37), avevano anche proposto, nel dicembre del 1945,
un progetto d'autonomia che li favoriva nettamente rispetto ai
sudtirolesi.
La seconda ragione era inesistente perché, circa quattro 1nesi
prima dell'Accordo De Gasperi-Gruber, il 15 maggio 1946, veniva
approvato con un decreto regio lo «Statuto della regione siciliana» col
quale la Sicilia riceveva ampi poteri autonomi. L'eventuale concessione dell'autonomia alla provincia di Bolzano, trasformata in regione,
non avrebbe dunque costituito una «innovazione costituzionale» (o
34. Otto Von Guggemberg in «Dolomiten», 9 gennaio 1958.
35.Castelli, op. cit. p.48.
36. Vd. sopra pp. 112-113.
37. Vd. sopra p. 49.
115
piuttosto una innovazione giuridica poiché, nel settembre 1946, non
esisteva ancora una Costituzione della Repubblica italiana). Ciò che è
certo è che la volontà di De Gasperi si scontrava ormai con la
diffidenza dei sudtirolesi.
A nostro avviso, con la riunione delle due province, De Gasperi
voleva controbilanciare il separatismo sudtirolese con l'autonomismo
lealista dei trentini. Ma tale soluzione, se mirava forse a stabilire un
equilibrio tra le due etnie, non avrebbe potuto raggiungerlo poiché la
sproporzione numerica era troppo grande. Inoltre, questa soluzione
aveva il difetto di ricollegarsi indirettamente al passato recente della
provmc1a.
Una autonomia particolare per la provincia di Bolzano, anche se
non era obbligatoriamente scritta e garantita nell'Accordo, sarebbe
stata auspicabile per instaurare un clima di fiducia tra i sudtirolesi e la
nuova democrazia italiana. Essa era inoltre possibile perché, anche se
la tradizione federalista tedesca era particolarmente viva presso i
sudtirolesi (38), lo Stato unitario italiano era in grado di arginare e
controllare questa tendenza proprio attraverso i diritti che gli dava
l'articolo 2 dell'Accordo (39). Tale era dunque la prima divergenza
che veniva alla luce, poco dopo la firma del testo il 5 settembre; e
nonostante la soddisfazione iniziale, purtroppo non era la sola.
38. Per esempio nello Statuto regionale del Tirolo austriaco del 1953 si trovano i
seguenti articoli: «l) Il Tirolo è una regione autonoma della Repubblica democratica
austriaca. 2) In quanto regione autonoma il Tirolo esercita tutti i diritti di sovranità
che non sono espressamente delegati alla Confederazione». In questo caso esiste
innanzitutto una regione autonoma che delega alcuni poteri allo Stato confederato.
Lo Stato italiano ha, al contrario, una struttura unitaria anche se con l'articolo 5 della
Costituzione del 27 dicembre 1947: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e
favorisce le autonomie locali».
39. Nella traduzione italiana dell'articolo 2 si trova che il potere legislativo ed
esecutivo autonomo «sarà concesso» questa espressione è l'esatta traduzione
dell'inglese «will be grantcd». Quindi è lo Stato italianoo che accorda lo statuto di
autonomia «consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di
lingua tedesca» e non la provincia o la regione autonoma che conferisce dei poteri
allo Stato.
116
---------
2.5. L'Austria di fronte all'Accordo
Poco prima che l'Accordo venisse inserito nel Trattato di pace
con l'Italia si presentava un altro problema legato all'accettazione del
medesimo da parte dell'opinione pubblica e della classe politica
austriaca.
Le dichiarazioni di De Gasperi riguardanti la riunione delle due
province, modificavano il giudizio favorevole di cui aveva beneficiato
l'Accordo presso l 'opinione pubblica austriaca. Si contestava che
Gruber non aveva sufficientemente insistito sul plebiscito e che il
campo d'applicazione territoriale deli'autonomia non era stato delimitato. A Vienna l'Accordo veniva considerato come un imbroglio (40).
Gruber, che era considerato responsabile di questa situazione, veniva
accolto molto freddamente il 27 settembre a Innsbruck dove un
gruppo di individui lo attaccava per la strada. Circolavano voci di
eventuali dimissioni del ministro di fronte a un voto di sfiducia della
commissione degli Affari Esteri del Nationalrat che doveva riunirsi di
lì a poco. Si diceva pure che il cancelliere Figi, stanco di un
collaboratore così poco sicuro come Gruber prevedesse di sostituirlo
con un altro populista, Ludwig, presidente della commissione degli
Affari Esteri.
La situazione di Gruber era dunque tra le più delicate e lo era
quanto più l'Accordo sembrava contenere i termini di un contratto
molto chiaro: l'Austria rinunciava alle sue rivendicazioni sull'Alto
Adige e riconosceva la sovranità dell'Italia su questa regione in
cambio della garanzia da parte italiana di concedere un regitne di
protezione della minoranza di lingua tedesca. Ormai qualsiasi intervento austriaco poteva trovare spazio solo nell'ambito dell'Accordo di
Parigi. Questo contratto e la restrizione che ne derivava avevano
ricevuto l'approvazione e la firma di Gru ber.
De Gasperi era il grande vincitore perché, non solo era riuscito a
lasciare aperta la questione della delimitazione della regione autonoma, ma anche perché era riuscito a far firmare a Gruber l'accordo con
cui l'Austria rinunciava implicitamente al Sud Tirolo.
De Gasperi con abili trattative era riuscito a sostituire ad una
40. Vienna, 28 settembre 1946, Padovani.
117
decisione unilaterale degli Alleati un 'accettazione austriaca scritta.
Faceva così lo sgambetto agli avversari (austriaci o sudtirolesi) che
non avrebbero più potuto, in seguito, dire che i quattro Grandi
avevano posto loro un «diktat».
Il l 2 ottobre 1946 Gru ber si presentava davanti alla commissione
degli Affari Esteri del Consiglio nazionale austriaco che, approvando
l'Accordo del 5 settembre aggiungeva che l'«atteggiamento dell'Austria non significa affatto una rinuncia ai diritti inalienabili del nostro
Stato sul Tirolo meridionale. La commissione esprime la speranza
che, in futuro, alcuni cambiamenti nella situazione internazionale
diano ai sudtirolesi la possibilità di determinare essi stessi la propria
appartenenza ad uno Stato (41)».
Gruber era riuscito, dunque, a difendersi e ad evitare il voto di
sfiducia previsto.
Dopo questa dichiarazione Gruber si sentì in obbligo di rassicurare gli italiani che, al contrario della commissione, consideravano
chiusa la controversia territoriale. Egli fece sapere a De Gasperi che
tale risoluzione era dovuta alle preoccupazioni elettorali dei partiti
populista e socialista, ma che il governo austriaco intendeva restare
fedele allo spirito di conciliazione raggiunto nel momento della firma
degli accordi. Tuttavia domandava anche che gli si evitasse, per un
certo periodo, l'imbarazzo di riconoscere, davanti ali'opinione pubblica austriaca un impegno preso a discrezione del governo italiano. Le
difficoltà di Gru ber, e la dichiarazione del l 2 ottobre, sono i sintomi di
un problema più profondo che influenzerà sempre la questione del Sud
Tirolo: una parte dell'opinione pubblica e della classe politica, sia
austriaca che sudtirolese, non accetterà mai la cessione definitiva del
Sud Tirolo aell' Italia.
L'applicazione degli accordi, già resa difficile in partenza dai
progetti di De Gasperi, troverà un altro ostacolo nella volontà
austriaca e sudtirolese di rimettere in causa tutto alla prima occasione
favorevole.
41. Dal «Tirolcr tageszeitung» del 3 ottobre 1946 Lratto da Toscano, op. cit. pg.
412.
118
2.6. L'inserimento dell'Accordo nel Trattato di pace
Rimaneva solo da inserire il testo dell'Accordo nel Trattato di
pace per renderne possibile l'applicazione.
L'inserimento non era indispensabile perché l'Accordo era
soggetto alle regole del diritto internazionale, ma Gruber l'aveva
chiesto il giorno stesso della firma dell'Accordo affinché acquistasse
forza, autorità e anche nella speranza di ottenere una garanzia
internazionale. Egli domandava quindi l 'incorporazione del testo
come modifica o in sostituzione dell'articolo 10 del Trattato di pace
con l'Italia.
De Gasperi non si era associato alla richiesta di Gruber, egli
proponeva piuttosto la semplice comunicazione del testo alla Conferenza. La richiesta di Gruber doveva passare alla commissione
politica e territoriale per l'Italia affinché questa presentasse le proprie
raccomandazioni alla Conferenza plenaria. Questa commissione comprendeva i 20 paesi firmatari del Trattato di pace con l'Italia. Il 16
settembre 1946 (42) la commissione riceveva una «Proposta congiunta
delle delegazioni del Belgio e dei Paesi Bassi relativa all'inserimento
di un articolo lO a) e di un allegato riguardante un fatto verificatosi
dopo il 20 agosto». L'articolo 10 a) era così concepito: «Le Potenze
alleate e associate hanno preso nota delle disposizioni (il cui testo è
allegato al presente trattato) su cui il governo austriaco e italiano si
sono messi d'accordo il 5 settembre 1946 e che danno alcune garanzie
agli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e dei comuni
limitrofi bilingui della provincia di Trento». La redazione di questo
articolo era il risultato di un compromesso tra l'Austria e l'Italia. I
delegati belgi e olandesi avevano svolto un ruolo di mediazione
poiché l 'Italia non voleva alcuna garanzia internazionale formale per
l'applicazione dell'Accordo De Gasperi-Gruber.
Alcuni giorni dopo (43), la commissione politica e territoriale per
l 'Italia approvava il testo proposto dalle delegazioni belga e olandese
con 13 voti a favore, 6 contrari (Bielorussia, URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Ucraina e Iugoslavia) e un'astensione (Etiopia).
42. Archivi del Ministero degli Affari Esteri francese, stessa data.
43. Parigi, 24 scucmbre 1946, Coulet al generale Bélhouart
119
L'URSS per dare fondamento alla propria opposizione ricordava,
davanti alla commissione, che il Consiglio dei ministri degli Mfari
Esteri aveva previsto solo un accordo bipartitico per regolare il
passaggio di merci e prodotti tra il Tirolo settentrionale ed il Tirolo
orientale, ed aggiungeva che l'accordo austro-italiano non aveva
niente a che fare col Trattato di pace la cui funzione era di regolare i
rapporti tra i belligeranti. Alla Conferenza doveva perciò risultare
indifferente conoscere le conclusioni raggiunte da due stati che
appartenevano allo stesso campo nemico.
Ma la delegazione sovietica criticò soprattutto il contenuto stesso
dell'Accordo come aveva fatto la «Pravda» il 13 settembre. L'Accordo era vago e non definiva con precisione il territorio di applicazione.
L'inserimento nel Trattato di pace era perciò nocivo perché induceva a
ritenere che l'Accordo costituisse la soluzione del problema
sudtirolese. Va notato anche che i sovietici cercarono di bloccare
l'applicazione dell'accordo De Gasperi-Gruber a Vienna (44). Chiaramente questo Accordo li infastidiva, essi temevano forse una specie
d'unione doganale tra l 'italia e l'Austria. Questa opposizione sistematica era anche una manovra; criticando fin dali'inizio l'Accordo De
Gasperi-Gruber, i Sovietici tendevano a rimettere in questione i
risultati di Gru ber e a discreditare così il governo Figl.
Essi manifestarono di nuovo la loro opposizione quando il
rapporto della commissione fu sottoposto alla Conferenza che si riunì
in seduta plenaria il 9 ottobre 1946. Il rapporto venne approvato dalla
maggioranza dei 2/3 della Conferenza con 14 voti favorevoli, 6
contrari e un'astensione.
La Conferenza si sciolse il 25 ottobre prima che venissero risolte
tutte le questioni. I quattro Grandi tennero in seguito una riunione a
New York, per fissare un termine per la redazione dei trattati, dal 4
novembre al 21 dicembre. I ministri degli Affari Esteri ripresero in
mano la proposta della Conferenza a proposito del Sud Tirolo e
44. Il 27 settembre 1946, il rappresentante sovietico al Consiglio alleato per
l'Austria affermava che il governo austriaco aveva violato l'accordo di controllo
quadripartito instaurato il 4 luglio 1945, concludendo un accordo internazionale
senza il permesso del medesimo Consiglio. Questo tentativo dei sovietici non riuscì
perché i francesi e gli anglosassoni vi si opposero (V. Parigi, 30 settembre 1946, il
commissario generale per gli Affari tedeschi e austriaci a Bidault).
120
nonostante la resistenza sovietica, l'approvarono apportando qualche
modifica ed abbreviandola. L'articolo lO era così formulato in ingkse:
«l. Italy shall enter into or confrrm arrangements with Austria to
guarantee free movement of passangers and freight traffic between the
North and East Tyrol.
2. The Allied and Associated Powers have taken note of the provisions
(the text of which is contained in Annex IV) agreed upon by Austrian
and Italian Governments on September 5, 1946».
L'Accordo De Gasperi-Gruber diventava così l'Allegato IV al
Trattato di pace che venne firmato a Parigi il l O febbraio 1947. Il
Parlamento italiano lo approvò il 31 luglio 1947 con 262 voti contro
68 (45).
L'inserimento dell'Accordo nel Trattato di pace poteva dar luogo
a una nuova polemica a causa della formulazione del paragrafo 2
dell'articolo 10. Da parte italiana si poteva affermare che il Trattato
non offriva alcuna garanzia internazionale per la debolezza della
espressione «have taken note» (hanno preso nota) ben diversa per
esempio dali'espressione «Si fanno garanti>, n1entrc gli austriaci
potevano far presente, per sostenere la loro tesi, che l 'articolo 85 del
Trattato di pace attribuiva agli allegati lo stesso valore giuridico del
Trattato stesso (46).
Gli Alleati ed Associati avevano solo «preso nota» dell'Accordo.
Ciò rendeva difficile un qualsiasi intervento esterno. Il consolidamento dei blocchi, dovuto alla guerra fredda, lo resero ancora più
improbabile. Era comunque difficilmente concepibile che l 'Italia non
reagisse ad una eventuale ingerenza degli Alleati nei suoi affari
interni.
Dal punto di vista del diritto internazionale l 'inserimento dell'Accordo nel Trattato dava comunque all'Austria la possibilità di intervenire per fare rispettare il proprio punto di vista sulle disposizioni da
prendere al punto 3 deli'Accordo.
In caso di divergenza con l 'Italia, l'Austria avrebbe avuto la
45. L'Accordo di Parigi, non contenendo alcun obbligo per l'Austria, non fu
sottoposto al voto del Consiglio nazionale austriaco.
46. Articolo 85: «The provisions of the Annexes VIII, X, XIV, XVI and XVIII
shall, as in the case of lhc other Annexes have force and effect as integrai parts of
the presem Treaty».
121
possibilità di fare ricorso davanti alla Corte internazionale di giustizia
(controversia giuridica) oppure ad una istanza internazionale come il
Consiglio di sicurezza o l'Assemblea delle Nazioni Unite (in caso di
controversia politica) (47).
3. Dalla firma del Trattato di pace (10 febbraio 1947) alla entrata
in vigore dello Statuto d'autonomia (2 febbraio 1948)
Uno sguardo sugli avvenimenti di quell'anno (febb. '47- febb. '48)
rimane generico perché .rapplicazione dali'Accordo del 5 settembre
1946 si protrae fino ai giorni nostri.
E' comunque importante per avere un'idea delle tensioni esistenti
nella regione.
I due problemi più urgenti da risolvere, erano la questione delle
opzioni e l'autonomia.
3.1. La questione delle opzioni
Il primo problema da risolvere era la questione delle opzioni.
Bisognava decidere della sorte di circa 185.000 persone di cui 77.000
circa (senza contare quelli che erano rientrati clandestinamente) si
trovavano all'estero.
Si trattava di un problema urgente per diverse ragioni: i sudtirolesi non avevano potuto essere rappresentati all'Assemblea costituente
eletta il 2 giugno 1946. Essi continuavano a lamentarsi dell'amministrazione italiana ma, possedendo molti di loro la nazionalità tedesca,
mancavano di quadri disponibili. Inoltre, se l'elaborazione dell'autonomia era urgente, si poneva la questione di sapere ch1 nella
47. Nel diritto internazionale le controversie giuridiche si trovano all'opposto di
quelle politiche. Le prime avvengono quando gli Stati litigano sulla base del diritto e
su delle questioni di diritti soggettivi, mentre nelle seconde litigano, senza tenere
conto del diritto, su delle questioni di semplici interessi. La distinzione tra
controversie giuridiche e politiche non deriva quindi dall'argomento a cui si riferisce
la controversia, perché ogni argomento può essere trattato sia con un criterio
giuridico che con un criterio politico. E' lo Stato che intende sollevare una questione
che deve scegliere una delle due linee direttrici nelle sue rivendicazioni.
122
provincia ne avrebbe potuto beneficiare essendo il problema delle
opzioni irrisolto.
Coloro che avevano optato per il III Reich rappresentavano un
problema per entrambi i paesi in questione.
Per l'Austria che aveva a che fare con le tendenze separatiste e a
volte neo-naziste di Innsbruck (48), si trattava di una popolazione che,
a medio termine poteva costituire un pericolo. Essa avrebbe potuto
esser tanto più pericolosa che l'Austria del dopo guerra era molto più
povera dell'Italia e non sapeva che fare di queste persone immigrate
dal '39 in poi (49).
L'Italia, da parte sua, voleva risolvere il problema perché il
rientro di coloro che avevano optato per il Reich, il passaggio di
profughi di ogni genere e la presenza di ex-nazisti nascosti creava una
popolazione instabile e difficilmente controllabile.
A questo proposito le autorità francesi in Austria, favorendo il
rientro dei clandestini, contribuirono ad acuire i problemi della
provincia. Gli italiani domandarono per ben due volte al governo
francese, nel settembre e nell'ottobre 1946 (50) dei controlli più severi
in materia. Il generale Béthouart (51), interpellato in proposito (non
era la prima volta) accusava a sua volta le autorità americane in
Germania di favorire il ritorno dei sudtirolesi (questo era teoricamente
possibile) ma una tale difesa appariva irrisoria di fronte a una lettera
che gli era stata indirizzata 1'8 ottobre 1946 da Bidault: «Nella
relazione che vi ha mandato l'amministratore generale il 19 settembre
scorso, trovo al capitolo Sicurezza (Ufficio per controlli e indagini) il
seguente paragrafo: "E' cosa nota, in Tirolo, che il passaggio della
frontiera austro-italiana è una vera e propria passeggiata soprattutto in
questa stagione estiva. Questo evidente stato di cose è confermato
48. Vienna, 29 ottobre 1946, de Monicault a Chauvel e «Neue Zurcher Zeitung»
del 13 dicembre 1946 (Chauvel, nato nel 1897, è stato delegato alla Conferenza per
il Trattato di pace con l'Italia dal luglio ali'ottobre 1946). Il diplomatico francese ed
il giornale svizzero parlavano di queste tendenze.
49. Erano circa 20.000 nella zona d'occupazione francese (V. 24 maggio 1947,
de Monicault a Bidault).
50. Roma, 20 settembre 1946, Balay a Bidault e Parigi, 17 ottobre 1946,
l'Ambasciata d'Italia al Ministero degli Affari Esteri.
51. Parigi, 30 ottobre 1946.
123
anche dalle intercettazioni che vi giungono quotidianamente e che
dimostrano che vari individui si danno appuntamento per superare la
frontiera con una facilità sconcertante"...».
Il generale Béthouart seguiva così la sua politica personale. Non
si rendeva conto che il passaggio clandestino, di coloro che avevano
optato, dal Tirolo settentrionale al Tirolo meridionale non risolveva
assolutamente il problema (coloro che avevano optato si trovavano in
una situazione irregolare senza lavoro, senza alloggio, ecc...). Agendo
in tal modo non poteva che contribuire a rendere più tese le relazioni
franco-italiane e più confusa la situazione.
Una soluzione al problema delle opzioni avrebbe contribuito forse
a distendere il clima nella provincia di Bolzano e soprattutto a
riequilibrare il rapporto tra popolazioni germaniche e italiane. In
effetti i sud tirolesi continuavano a lamentarsi (52) dell'immigrazione
di italiani nella loro regione. Questo flusso migratorio era costituito da
italiani provenienti dalle regioni meridionali della penisola e da
elementi costretti ad abbandonare la Venezia Giulia.
I sudtirolesi avevano altri motivi di risentimento contro le autorità
italiane, essi le accusavano di essere restie nel nominare dei sudtirolesi
sindaci dei comuni di lingua tedesca, di favorire economicamente gli
italiani o di non rendere al Sud Tirolo i 10 comuni della Bassa
Atesina, ma la prima lamentela riguardava
proprio l'«italianizzazione». Il ritorno dalla Germania o dall'Austria di coloro che
avevano cambiato cittadinanza poteva solo placare la paura dei
sudtirolesi di venire sommersi da un nuovo flusso di italiani. Il
problema necessitava, dunque, di una soluzione urgente e l'Italia si
impegnava a risolverlo entro il termine di un anno (consultando il
governo di Vienna).
Con questa scadenza da rispettare, il governo italiano aveva
sottoposto, fin dalla fine del mese di agosto 1946 (53), alla Svp un
progetto riguardante le opzioni, che era stato accettato da quest'ultima
prima del 5 settembre. In base all'articolo 3 dell'Accordo De
Gasperi-Gruber, il governo di Vienna aveva voluto essere consultato e
52. 24 maggio 1947, de Monicault a Bidault
53. l luglio 1947, de Monicault a Bidault.
124
Roma aveva immediatamente soddisfatto questo desiderio (54). Ma
passarono più di quattro mesi prima che Vienna acconsentisse ad
accettare il progetto dell'agosto 1946 come base per le discussioni
(55). Queste ultime furono rese lunghe e difficili dal governo di
Vienna.
Il progetto italiano dell'agosto 1946 prevedeva la suddivisione di
coloro che avevano optato per la cittadinanza tedesca in tre categorie:
l - coloro che avevano conservato la nazionalità italiana.
Tra coloro che avevano la nazionalità tedesca:
2 - quelli che erano restati.
3 - quelli che erano emigrati.
Il rappresentante politico italiano a Vienna, Coppini, (56) stimava
gli effettivi di queste tre categorie rispettivamente a: 70.000 per i
sedentari di nazionalità italiana, 20.000 per i sedentari di nazionalità
tedesca, 70.000 per gli emigrati veri e propri più 10.000 casi dubbi.
ll principio fondamentale adottato dal governo italiano era che
coloro che avevano optato per la nazionalità germanica dovevano
essere dispensati dal soggiorno probatorio di due anni in Italia imposto
alle persone che desiderano riprendere la nazionalità italiana (secondo
l'articolo 9 della legge 1912), ma non erano tuttavia esentati dal
presentare una domanda formale di reintegrazione (o una
dichiarazione di abbandono della loro richiesta di opzione per coloro
che avevano conservato la nazionalità italiana). Il governo italiano
aveva intenzione di accettare tutte le domande di reintegrazione dopo
una verifica delle qualità degli interessativoleva solo impedire il
ritorno di ex-nazisti che avevano occupato funzioni importanti o alte
cariche nella gerarchia del partito. In più siccome la legislazione
italiana prevedeva sanzioni solo contro i fascisti e non contro i
collaborazionisti, una disposizione dell'accordo avrebbe permesso alle
autorità italiane di infliggere eventualmente alcune pene agli «optanti»
che non avevano ottenuto la nazionalità tedesca e che avevano
commesso dei crimini. Questi provvedimenti,
secondo Coppini,
54. Il governo italiano avrebbe potuto rifiutare la richiesta austriaca dato che il
progetto accettato dalla Svp era anteriore ali'Accordo di Parigi.
55. l luglio 1947, de Monicault a Bidault.
56. Le relazioni diplomatiche non erano ancora definite tra di due paesi. Per
quanto riguarda le cifre vedi l luglio 1947, de Monicault a Bidault.
125
avrebbero riguardato solo alcune decine di individui.
Ora, il governo di Vienna, cercò dapprima di far rimpatriare tutti
coloro che avevano optato per il Reich e si trovavano in territorio
austriaco (57), poi chiese il rimpatrio in blocco di un primo gruppo di
10.000 persone che avevano optato. Gli italiani opposero un netto
rifiuto a queste richieste. Coppini acconsentì solo alla richiesta
austriaca di un riesame delle domande di reintegrazione di coloro che
avevano optato ed erano rientrati clandestinamente (58) dopo la
guerra. Nel luglio 1947, «malgrado le buone motivazioni su cui
poggiava la posizione italiana», come faceva notare de Monicault, gli
austriaci rifiutavano sempre di accettare le disposizioni che riguardavano gli ex nazisti che avevano optato per la Germania.
L'Austria avrebbe mantenuto questa posizione per un anno.
Riusciva tuttavia a fare accettarre, per quanto riguardava la categoria
di quelli che avevano nazionalità tedesca ed erano restati, la tesi
secondo cui l'emigrazione era la condizione essenziale per la perdita
della nazionalità italiana. Una sentenza della Corte d'Appello di
Trento ammetteva che coloro che non avevano lasciato l'Italia erano
rimasti italiani. Ma nell'ottobre 1947 (59) si era ancora lontani da un
accordo globale.
n governo italiano esprimeva la volontà di riservarsi il diritto di
rifiutare la reintegrazione non solo dei criminali di guerra, ma anche di
persone che, durante la guerra e l'occupazione nazista avevano
occupato posti politici o amministrativi importanti nelle prefetture o
sotto-prefetture, negli uffici, con le funzioni di giudici, procuratori,
ufficiali della Wehrmacht, ex SS, ecc... Si volevano in tal modo
escludere tutti coloro che avevano mostrato fanatiche tendenze
nazional socialiste o avevano fatto discorsi rivelatori di sentimenti
pro-hitleriani.
Da parte austriaca non si voleva l'esclusione in blocco di tutti
coloro che avevano svolto determinai impieghi, considerando ciò
contrario allo spirito del processo di Norimberga. Si reclamava un
esame singolo di ogni caso particolare. Si rimproverava al governo
57. Circa 43.000 secondo de Monicault (22 ottobre 1947).
58. 10.500 secondo de MonicaulL (22 ottobre 1947).
59. 22 ouobre 1947, de MonicauJt.
126
italiano di fare sistematicamente di tutto per scartare gli intellettuali
sudtirolesi che, per sfuggire ali'emigrazione, erano riusciti a restare
negli uffici e lì si erano adoperati per nuocere agli interessi del Reich
(?!) (60).
Si arrivava finalmente ad un compromesso studiato dal 10 al 21
novembre 1947 a Roma da una commissione mista austro-italiana e il
22 novembre veniva firmato un accordo. Era stata trovata una formula
di compromesso sul punto più spinoso. Nell'accordo all'articolo 5 si
trovava tutta una lista di funzioni che comportavano l'esclusione dalla
reintegrazione nella nazionalità italiana, ma al paragrafo 2 dello stesso
articolo si leggeva: «Tuttavia alle persone indicate in questo articolo
non è inibito il riacquisto della cittadinanza italiana se dimostrino di
aver esercitato l'incarico senza faziosità e odiosità antitaliana». Ogni
caso sarebbe stato esaminato singolarmente da una commissione mista
(due membri di lingua tedesca e due di lingua italiana) nominata dal
prefetto di Bolzano e presieduta da un giudice nominato dal ministro
della Giustizia. Si sarebbe seguita una procedura giuridica ricorrendo
a testimoni ed avvocati, con la possibilità, dopo la decisione finale del
ministro degli Interni, di fare appello al Consiglio di Stato. Colui che,
avendo optato per la Germania, faceva domanda di reintegrazione e
che rientrava in una delle categorie enumerate nell'articolo 5 doveva
dimostrare di non aver avuto delle convinzioni nazional-socialiste.
Tuttavia si potevano facilmente trovare delle lacune in questo
accordo. La principale era evidente: la questione dei beni di coloro che
avevano optato e che erano stati lasciati o venduti in Italia prima o
durante la guerra non era contemplata nel testo. Naturalmente gli
optanti volevano, al loro ritorno, recuperare il lavoro e i propri beni.
Da questa mancanza sarebbero derivati conflitti interm i nabili.
La seconda lacuna, facilmente verificabile, era che nel testo la
formula riguardante l'eventuale rimpatrio di coloro che avevano
optato e che avevano la residenza ali'estero era quanto meno ambigua.
Nei primi due articoli dell'accordo si considerano solo coloro che,
avendo optato per la nazionalità tedesca, non l 'hanno ottenuta (art. l)
e coloro che, avendo optato, hanno acquistato questa nazionalità, ma
«non hanno fissato il loro domicilio all'estero>> (art. 2). Nell'articolo
60. 22 ottobre 1947, de Monicault.
127
11 invece, si parla delle persone che «hanno acquistato la cittadinanza
gern1anica e, prima o dopo si sono stabilite all'estero». Queste persone
potranno domandare la riacquisizione della cittadinanza italiana
«ancorché successivamente si siano di nuovo stabilite in Italia».
Questo articolo mira dunque a risolvere solo la situazione di coloro
che, avendo optato, sono rientrati in Italia clandestinamente prima o
dopo la guerra. Nessun provvedimento diretto per la riacquisizione
della nazionalità è previsto per coloro che, essendo emigrati e avendo
stabilito la loro resistenza all'estero, vorrebbero ritornare in Italia.
Resta loro l'articolo 15 che tuttavia si ricollega all'articolo 11: «Agli
effetti dell'applicazione dell'art. 11 la residenza non si intende
stabilita all'estero da coloro che vi si sono recati temporaneamente per
ragioni di studio, di affari o di al tre analoghe, ovvero per chiamata alle
armi o al servizio obbligatorio del lavoro. Si considerano invece
stabiliti all'estero coloro che vi hanno trasferito la residenza anche
solo fittiziamente al fine di conseguire particolari effetti giuridici e
coloro che vi hanno avuto un rapporto di impiego di carattere
pubblico>>. Si trattava di un articolo destinato a coloro che erano
tornati clandestinamente (dal momento che si riferisce all'art. 11) ma
valeva anche per coloro che si trovavano in Austria, in Germania o
altrove? E in tal caso bisognava dimostrare che si era partiti per
ragioni economiche od altre, distinguendo bene tra un lavoro
qualunque e l'amministrazione (del Reich?) tra ragioni svariate e
ragioni politiche?
In ogni caso questa ambiguità poteva permettere agli italiani di
sostenere che nell'accordo del 22 novembre «non si trova neanche una
parola che faccia allusione solo indirettamente, al rimpatrio degli
emigrati, e ancor meno a un obbligo da parte dell'Italia di dar loro un
risarcimento materiale» (61). Ecco due problemi che avrebbero avvelenato le relazioni austro-italiane fino agli anni '50.
Come dopo l'Accordo di Parigi la Storia dell'Alto Adige sembrava ripetersi: una base importante per la soluzione pacifica di un
problema sembrava posta ed ecco che proprio da questa sorgevano
nuovi motivi di polemiche e di dispute interminabili.
Si faceva un passo avanti ma subito dopo si aveva l'impressione
61. ISPI, La questione dell'Alto Adige, Idos, Milano 1957, p. 66.
128
di fame due indietro, lasciandosi alle spalle accordi di compromesso
troppo fragili. Questo accordo, comunque, diventava, il 2 febbrario
1948, il decreto legge sulla revisione delle opzioni del 1939.
3.2. L'autonomia
L'altro problema al centro dei dibattiti e delle trattative nel cor5o
dell'anno, fu l'autonomia.
Nel maggio 1947 De Gasperi affidava ad una commissione di
sette persone sotto la presidenza di Bonomi (62) (ex presidente del
Consiglio) l'incarico di elaborare un progetto di statuto d'autonomia.
Il 19 aprile 1947 i rappresentanti della SUdtiroler Volkspartei erano
invitati a Roma per discutere l'autonomia. I sud tirolesi si opposero
alla pretesa italiana di accordare l'autonomia al Sud Tirolo nell'ambito di una regione che inglobasse anche la provincia di Trento. Essi
domandavano che si conferisse distintamente al Sud Tirolo e al
Trentino il carattere di regione con un governo proprio e un'assemblea
legislativa propria. Il governo di Vienna manteneva un atteggiamento
di riserva seguendo attentamente lo sviluppo della situazione.
Tuttavia, nonostante le proteste dei sudtirolesi, l'unione delle due
province fu decisa. In effetti il 27 giugno 1947 l'Assemblea costituente italiana approvò l'articolo 116 della Costituzione italiana che
specificava quanto segue: «Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino
Alto Adige, al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono
concesse, in ragione della loro posizione geografica, del loro particolarismo storico e nazionale, delle condizioni particolari d'autonomia
secondo gli Statuti speciali adottati dalle leggi costituzionali» (63).
Era chiaro ed evidente che il Trentino ed il Sud Tirolo costituivano
una regione unica: il Trentino-Alto Adige.
Ai sudtirolesi restava solo un margine d'azione ristretto, essi
dovevano negoziare le competenze della loro provincia davanti alla
Regione e allo Stato.
Tutto ciò poteva sembrare ancor più difficile dopo il discorso di
62. Carandini e Einaudi (fuLUro presidente della Repubblica italiana) ne facevano
pane.
63. Duverger, Constilutions e documents politiques, PUF 1978.
129
De Gasperi del 21luglio 1947 (64) a Trento. In un primo momento De
Gasperi sembrava voler rassicurare i sudtirolesi: «Gli abitanti della
regione possono stare tranquilli, manterremo la nostra parola... non
torneremo sui nostri passi, non daremo l 'impressione di voler italianizzare i tedeschi (sic), lasceremo loro la libertà, rispetteremo i loro
costumi e le loro scuole...» ma aggiungeva: «domandiamo ai nostri
fratelli tedeschi la stessa lealtà. E' stata introdotta nel dialetto tirolese,
al di là del Brennero, una parola molto sospetta... i tedeschi...
reclamano un'autonomia "progressiva", cioè una soluzione progressiva... si vuoi dire con ciò: prima l'autonomia e poi una soluzione
integrale e l'annessione o l'unione con l'Austria? Io non ne so niente
ma bisogna intendersi sul senso dell'aggettivo "progressivo" dobbiamo avere la certezza che non faranno un doppio gioco e sopprimeremo la parola "progressivo" che è ormai sospetta e che ha finito col
diffondersi».
De Gasperi aveva centrato il cuore del problema. Aveva visto
chiaramente che per i tirolesi l'accordo del 5 settembre 1946 era solo
una soluzione provvisoria, che la questione restava aperta e che, se per
il momento gli austriaci, data la loro situazione interna (occupazione e
suddivisione in quattro zone, controllo dei Sovietici su una parte
dell'economia, rivendicazione iugoslava di una parte della Carinzia,
ecc...), non potevano e non volevano intervenire sulla scena internazionale, né aver l'aria di andare oltre l'Accordo di Parigi, i
sudtirolesi, al contrario, non erano per niente rassegnati.
Il presidente del consiglio italiano si rendeva perfettamente conto
che se i sudtirolesi avessero potuto disporre ali 'interno della loro
provincia di ampi poteri, la loro tendenza separatista avrebbe avuto il
sopravvento e avrebbero cercato a media o a lunga scadenza, nella
prospettiva di un'autonomia «progressiva», di rendersi indipendenti e
di ricongiungere la loro provincia ali'Austria. De Gasperi si opponeva
naturalmente a tutto ciò, il suo discorso era un severo ammonimento
che lasciava semplicemente prevedere tutte le difficoltà che sarebbero
sorte riguardo alla «Consultazione» prevista dall'articolo 2 dell'Accordo De Gasperi-Gruber.
Un equilibrio ed un'equa ripartizione dei poteri e delle preroga64. Venezia, 30 luglio 1947, Hubert Elie.
130
tive erano auspicabili, ma erano altresì impossibili per l'assenza di
fiducia reciproca tra le due parti. I sudtirolesi accusavano gli italiani di
volerli «italianizzare» e questi ultimi accusavano i tirolesi di voler
effettuare una politica separatista. Questa sfiducia affiorava nei
discorsi tenuti dal presidente Renner all'inizio del mese di ottobre (65)
a Innsbruck. Contrariamente allo spirito pacifico mostrato dali'Austria
fino a quel momento, egli dichiarava: «...l'entrata in vigore del
Trattato di pace italiano ha per l'Austria e soprattutto per il Tirolo un
fondo amaro... l'anno scorso non ci sono stati accordati diritti diretti
sul Tirolo meridionale, ma grazie al riconoscimento da parte italiana
dell'autonomia di questa regione abbiamo ottenuto alcune garanzie.
Potete star certi che difenderemo queste garanzie fino ali'ultimo».
Queste parole spiacevoli non vennero approvate da tutti in Austria ed
in particolare da Gruber. In realtà questi discorsi venivano fatti per
rassicurare i tirolesi e in particolare coloro che avevano optato e che si
trovavano in territorio austriaco, ma erano anche un segno evidente
della tensione esistente nella regione. Essi si rivelarono ancor più
spiacevoli perché, la S Udtiroler Volkspartei manifestava da qualche
tempo la sua volontà pacifista. Già nel mese di agosto 1947 (66) la
Svp aveva risposto a De Gasperi proclamando la propria «fedeltà...
senza possibilità di equivoco... nei confronti della Repubblica italiana». Inoltre, di fronte alla determinazione di De Gasperi, sembrava
aver effettuato un improvviso cambiamento di rotta. In autunno aveva
avviato una trattativa coi trentini per un progetto di Statuto comune
alle due provincie (67). Essa sperava così di poter presentare al
governo di Roma con la mediazione della Costituente delle proposte il
più possibile concordanti con i trentini. Ma, come si sa, l'articolo 2
dell'Accordo di Parigi prevedeva solo una consultazione dei sudtiroleSL
Non si diede perciò seguito al progetto della Stidtiroler
Volkspartei, invece quello della commissione dei sette venne sotto-
65. Vienna, 11 ottobre 1947, de Monicault a Bidault.
66. Neue Zilrcher Zeitung (Svizzera), 3 e 4 ouobre 1947, in data 25 ouobre 1947
negli archivi del MAE
67. Neue Ztircher Zeitung, 3 e 4 ottobre 1947.
131
posto ai diversi partiti di Bolzano il 9 novembre 1947 (68). Il 10
novembre la Svp espresse la sua «Completa disapprovazione» nei
confronti del progetto di statuto presentato dagli italiani, tuttavia non
interruppe le trattative. La Svp espose le proprie lamentele: essa
considerava insufficienti i diritti che la provincia di Bolzano riceveva
nell'ambito della regione Trentina-Alto Adige; si lamentava che le
tasse venissero votate ed utilizzate a livello regionale dove i trentini
erano in maggioranza. Allo stesso modo l'agricoltura, l'insegnamento
e le banche sarebbero state oggetto di una soluzione unica per le due
provmce.
A Vienna il cancelliere Figi e la stampa mantenevano una
posizione di stretta neutralità ritenendo che il progetto dei sette
offrisse prospettive interessanti e che si potesse giungere a dei
compromessi sui punti di contrasto. La questione restava aperta e le
trattative proseguivano.
Oltre alle rivendicazioni sudtirolesi sulle prerogative della Provincia, restava sempre da risolvere il problema della sua delimitazione.
La Svp non concordava sulla delimitazione territoriale contenuta nel
progetto dei sette (69) che escludeva dalla provincia i comuni di
lingua tedesca di Neumarkt (Egna), Salurn (Salorno) (che appartenevano ancora alla provincia di Trento) e i tre comuni ladini, tra
cui Cortina d'Ampezzo, che appartenevano dal 1923 alla provincia di
Belluno.
Si è già visto che il n1ovimento «Zent Ladina Dolomites», il cui
capo era Sisto Ghedina, aveva chiesto il ricongiungimento dei tre
comuni ladini al Sud Tirolo. Ora, avendo escluso il progetto dei sette
la possibilità di questo ricongiungimento, il dr. Ghedina protestò
vigorosamente presso il ministero dell'Interno e diede inizio ad una
campagna di agitazione contro il prefetto di Belluno (70). Questi
68. Viennna, 17 novembre 1947. Non si possiede il testo di questo progetto ma si
sa che De Gasperi prevedeva una regione autonoma con a capo un presidente della
regione, una giunta con potere esecutivo e un'assemblea composta dai rappresentati
delle due province che disponevano del potere legislativo regionale. Questi organi
era·lO previsti anche per le due province che avrebbero avuto di una certa autonomia
all'interno della regione.
69. Venezia, 16 novembre 1947, Elie a Bidault.
70. l dicembre 1947, Elie a Fouques Duparc.
132
disordini scatenarono una polemica in Italia (71) e attirarono l'attenzione dell'opinione pubblica e dei poteri pubblici austriaci e britannici
sulla questione.
In Italia la stampa di Venezia e di Padova sfruttò questi incidenti
per affermare che si trattava di un movimento separatista mascherato e
per minacciare di portare Ghedina in tribunale se non metteva fine alla
sua «propaganda». Questi, però, per nulla intimidito, riusciva persino
ad essere consultato sul progetto dei sette (che approvava (72)) pur
continuando il 16 novembre a sollecitare l 'inclusione nella provincia
di Trento delle due valli ladine appartenenti alla provincia di Belluno.
Quanto alla campagna condotta dalla «Zent Ladina Dolomites» il
console francese a Venezia, Elie (73) si esprimeva in questo senso:
«Non si può pensare che Ghedina sia stato in grado di impegnarsi da
solo con tanto discernimento e in un momento così opportuno in un
ruolo diplomatico così delicato. Perciò chi l'ha ispirato? Chi si
nasconde dietro di lui? Senza dubbio il governo austriaco. Ma forse
c'è anche il Foreign Office». L'ipotesi era secondo Elie molto
probabile, i britannici avevano inviato a Bolzano un console di
carriera che, secondo Elie, era in realtà «un agente segreto».
Tale ipotesi non è verificabile oggi, ma la presenza a Bolzano di
un console britannico era significativa: il Foreign Office si interessava
di nuovo alla questione del Sud Tirolo e in particolare alla situazione
dei ladini (74).
La tensione nel Sud Tirolo era ali'apice. Vienna, Londra e Parigi
seguivano con attenzione l'evolversi della situazione.
71. l e 16 dicembre 1947, Elie a Fouques Duparc.
72. Si noti che Ghcdina non venne consultato su ciò che gli stava a cuore, ma sul
progello di autonomia, il che può sembrare assurdo. La sua approvazione del
progeuo dei sette può trovare una spiegazione nella necessità di avviare un dialogo
col governo di Roma.
73. Vedi l dicembre 1947, Elie a Fouques Duparc e 16 dicembre Elie a Fouques
Duparc.
74. Nonostante l'appoggio britannico e austriaco, i ladini non venivano accontentati. Il 27 dicembre 1947 De Gasperi inviava al prefetto di Belluno un
telegramma che lo autorizzava a render noto alla popolazione che le voci secondo
cui la regione di Cortina sarebbe stata ricongiunta alla provincia di Trento, erano
prive di ogni fondamento. (Vd. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc).
133
Il 17 dicembre la Svp (75) organizzava una manifestazione di
protesta contro il progetto dei sette e la prefettura di Bolzano veniva
occupata. Correva voce che questo progetto sarebbe stato presentato al
Parlamento italiano senza venire approvato dai rappresentanti della
popolazione interessata. Questa notizia era fonte di grande emozione
(76). I sudtirolesi si sentivano in qualche modo abbandonati dal
governo di Vienna. Dopo la pubblicazione (77), sullo «Yorkshire
Post», di una notizia che annunciava che Gruber aveva chiesto al
generale Marshall di intervenire per l,autonomia presso il governo
italiano, il Ballhausplatz aveva pubblicato la seguente smentita: «li
ministro austriaco degli Affari Esteri non ha fatto alcun passo presso il
generale Marshall in favore del Sud Tirolo e non ha alcuna intenzione
di agire in questo senso. Le trattative con l'Italia relative al Sud Tirolo
si sono limitate esclusivamente al problema delle opzioni. Il governo
austriaco non ha assolutamente intenzione di avviare altre trattative».
Ma questo comunicato, male interpretato dai tirolesi, era stato così
concepito solo per rassicurare il governo italiano. Non bisogna
dimenticare che nel testo dell,Accordo di Parigi non era prevista
alcuna trattativa o consultazione tra l'Italia e l'Austria riguardo
all'autonomia.
Ma, l,Austria interveniva indirettamente chiedendo l,appoggio
della Francia, dell'Inghilterra e degli Stati Uniti (78). Gru ber faceva
pervenire al governo francese un documento in cui erano esposte:
l'opinione del governo austriaco riguardo al progetto dei sette (allegato l) e una lista delle principali rivendicazioni formulate dai sudtirolesi nei confronti del progetto (allegato 2).
Nell'allegato l si chiedeva un intervento discreto del governo
francese perché venisse incontro alle rivendicazioni sudtirolesi. Vi si
precisava che: «Se l'Italia non accettasse queste condizioni minime, il
governo austriaco si vedrebbe costretto... a denunciare l'atteggiamento
di quel paese e a fare appello ad un tribunale internazionale». Queste
condizioni erano:
75. Roma, 26 dicembre, Fouques Duparc a Bidault.
76. 19 dicembre 1947, de Monicault a Bidault.
77. Vienna, 26 dicembre 1947.
78. Vienna, 12 gennaio 1948, de Monicault a Bidault.
134
l. l'introduzione del nome storico di Tirolo nello Statuto e la
reintegrazione nella provincia dei due comuni di Egna e Salorno;
2. delle garanzie sulla ripartizione dei crediti con un decentramento
perché la provincia di Bolzano potesse gestire da sola le proprie
finanze;
3. porre sotto la giurisdizione di Bolzano le seguenti materie:
l'istruzione (escluso l 'insegnamento superiore), la cultura, l'agricoltura e l'economia forestale, le associazioni e le società. Inoltre il
presidente della provincia non avrebbe dovuto soltanto essere a
capo dell'amministrazione autonoma, ma anche avere la direzione,
per la sfera amministrativa, degli affari riservati alla legislazione
statale (giustizia, trasporto, difesa nazionale esclusi) sull'esempio
della Valle d'Aosta;
4. la parità delle due lingue, tedesca e italiana nella vita pubblica della
regione e della provincia e l'amministrazione autonoma delle
scuole pubbliche di lingua tedesca nel quadro delle leggi.
Ecco il programma che i sudtirolesi speravano di poter negoziare
con l 'Italia.
Il progetto della commissione dei sette fu sottoposto, alla fine di
dicembre,' alla comn1issione costituzionale dell'Assemblea costituente.
Le discussioni ali'interno di questa commissione offrivano ai
sudtirolesi l'ultima occasione di farsi ascoltare.
L'opinione e il governo britannico fecero pressione perché i
sudtirolesi lo fossero (79). Finalmente, il l O gennaio 1948, quattro
rappresentanti della Svp furono ammessi davanti alla sotto-commissione incaricata di elaborare gli statuti regionali. Essi non potevano
fare più niente contro il progetto unitario d'autonomia poiché la
79. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc, il «Gazzettino» di
Venezia del 24 dicembre 1947 pubblicava un telegramma della United Press in cui
si annunciava che la Gran Bretagna atLribuiva grande importanza ai problemi
dell'Alto Adige. Il 9 gennaio 1948 «Dolomiten» (giornale della Svp) pubblicava il
testo di una lettera al «Times» di tre membri dci Comuni, Vernon Bartlctt, Bootby
(conservatori) e Warbey (laburista) in favore delle rivendicazioni dei sudtirolesi.
Infine il 14, «Dolomiten» pubblicava un comunicato dell'agenzia britannica Reuter
che metteva in risalto che la questione era stata oggetto di conversazioni diplomatiche a Roma tra i due paesi e insisteva sul desiderio del governo britannico che
«l'Accordo itala-austriaco venisse rispettato alla lettera e nello spirito».
135
Costituzione (con l'articolo 116) era entrata in vigore il 27 dicembre
1947. Il !oro intervento si limitava dunque alle richieste di modifiche
parziali contenute nell'allegato 2 del memorandum austriaco. Furono
appoggiati nelle loro trattative dal governo francese e soprattutto dal
governo britannico. Anche se Bidault riteneva che si trattasse di un
«affare interno che riguarda essenzialmente il governo e il parlamento
italiano (80)», la diplomazia francese intervenne presso il governo
italiano. Essa agì di concerto con il Foreign Office, che ancora più
attivo, moltiplicò gli interventi discreti (81).
In ogni caso le trattative giunsero a conclusione. Numerosi emendamenti furono inseriti e i sudtirolesi espressero la propria soddisfazione
in una lettera che indirizzarono il 28 gennaio 1948 al presidente della
sottocomnrissione Tomaso Perassi. La seguente citazione è tratta da
questa lettera: «Sì che possiamo constatare con vivo compiacimento
che l'Accordo De Gasperi-Gruber intervenuto a Parigi nel settembre
1946, per quanto riguarda il problema fondamentale dell'autonomia è
ormai tradotto in realtà» (82). La lettera era firmata dal presidente
della Stidtiroler Volkspartei Eric Amonn e dal segretario della Svp
Otto Von Guggenberg nella loro qualità di dirigenti del partito.
Quest'ultima precisazione è importante perché questa lettera scatenerà
nuove polemiche.
Gli italiani affermavano di aver rispettato la clausola dell'obbligo
della consultazione inclusa nell'Accordo di Parigi e di aver avuto
l'approvazione sudtirolese per lo statuto d'autonomia; da parte
sudtirolese ed austriaca, al contrario, si affermava che la lettera era
stata scritta solo in seguito a vive pressioni esercitate dalle autorità
80. Parigi, 9 gennaio 1948, Bidault a Fouques Duparc.
81. Londra, 20 gennaio 1948, «Si segue molto da vicino al Foreign Office la
questione del Sud Tirolo. Bevin se ne è personalmente interessato... l'ambasciatore
britannico a Roma si tiene costantemente al corrente di come stanno le cose...».
L'interesse dei britannici nella quesione si è manifestato nel corso delle trattative
come provano i documenti della diplomazia francese (vd. anche un rapporto di de
Monicault del gennaio 1948, o ancora Roma, 23 gennaio 1948, Fouques Duparc e
infine Londra, 29 gennaio 1948).
82. R. Cajoli La questione dell'Alto Adige, Cappelli 1958, pp. 92-93.
136
italiane (83). Ora, pur non avendo alcuna prova in un senso o
nell'altro, esiste tuttavia una testimonhnza molto interessante in
proposito. Essa ci proviene da un difensore dell 'irredentismo
sudtirolese Mons. Geisler, vescovo-principe di Bressanone. AH'inizio
del mese di gennaio (84), quando le trattative per l'autonomia erano
ancora in corso, Mons. Geisler, durante un colloquio con Elie, forniva
a quest'ultimo tre ottime ragioni per spiegare l'adesione della Svp
ali'idea di un 'autonomia nell'ambito dello Stato italiano:
l. «Né gli austriaci, né la maggior parte dei sudtirolesi vogliono per il
momento la riunione della regione interessata all'Austria», e ciò a
causa «dell'attuale stato di miseria dell'Austria».
2. «In questo miscuglio di ideali e di senso pratico che caratterizza i
tedeschi, i tirolesi sono i primi a rendersi conto, senza volerlo
confessare troppo, dei vantaggi di cui hanno beneficiato grazie
ali'annessione ali 'Italia, con la quale effettuano quasi esclusivamente i loro scambi commerciali e turistici. Gli industriali e i
proprietari fondiari hanno quindi esercitato una forte pressione sulla
Svp perché andasse fino in fondo nelle concessioni compatibili con
il mantenimento della lingua e della cultura tedesca a Sud delle
Alpi».
3. «Questa soluzione appare loro desiderabile tanto più che la colonizzazione italiana, oggi più accorta e più dissimulata rispetto al
periodo del fascismo, è anche più pericolosa... l'atmosfera sembra
dunque favorevole ad un'accettazione da parte della maggioranza
della popolazione tedesca di un progetto di autonomia conforme
agli Accordi di Parigi».
Un mese più tardi (85) quando le trattative sullo Statuto erano
ormai chiuse e quest'ultimo era stato approvato, Mons. Geisler
precisava che «il capo della nostra delegazione a Roma, Eric Amonn,
è il principale industriale (86) della regione. Vale a dire che, in quanto
tale, era innanzitutto favorevole alla conclusione di un accordo
83. Eric Amonn avrebbe lui stesso aucst.ato la tesi austriaca e sudtirolcse nel
1964 con delle dichiarazioni pubbliche.
84. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc.
85. Venezia, 17 febbraio 1948 Elie a Fouq ues Duparc.
86. Amonn era un importante commerciante di Bolzano e non un industriale.
137
desiderato in tutti gli ambienti d'affari...».
Sembrava quindi, che se le trattative si erano concluse e se Amonn
e Von Guggenberg avevano approvato lo Statuto, era proprio perché
lo avevano desiderato.
Il 2 febbraio 1948, lo Statuto veniva votato dall'Assemblea
costituente e diventava legge costituzionale. L'autonomia prevista
dallo Statuto speciale era situata a due livelli. La Regione autonoma
(87) comprende le province di Bolzano e di Trento (art. l e seg.).
Ciascuna delle province gode, nell'ambito della Regione, di un regime
di autonomia propria. La Regione dispone di un potere legislativo, di
un potere esecutivo, di un demanio e di finanze proprie. Gli organi
della Regione sono il Consiglio regionale, la Giunta regionale ed il
suo presidente. Il Consiglio regionale è l'organo legislativo che viene
eletto a suffragio universale con il metodo della rappresentanza
proporzionale che prevede un consigliere ogni 15.000 abitanti e per
ogni frazione superiore ai 7.500 abitanti (art. 19 e seg.). I consiglieri,
che rappresentano la Regione intera (art. 22), sebbene ogni provincia
costituisca una circoscrizione elettorale particolare, rimangono in
carica per un periodo di quattro anni. n Consiglio regionale risiede
altemativamante nelle città di Trento e di Bolzano. Cittadini di ligua
tedesca e italiana si alternano alla presidenza e alla vice-presidenza. Il
Consiglio esercita il potere legislativo con una competenza non
subordinata nelle seguenti materie (art. 4):
l. Ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto;
2. Ordinamento degli enti pararegionali;
3. Circoscrizioni comunali;
4. Espropriazione per pubblica utilità non riguardante i lavori a carico
dello Stato;
5. Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;
6. Miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere;
7. Impianto e tenuta di libri fondiari;
8. Servizio antincendi;
87. La regione autonoma si chiama «Trenùno-Alto Adige». I sudtirolesi volevano
che si chiamasse «Trenùno -Sud Tirolo». Tuttavia avevano ottenuto il ricongiungimento dei comuni della Bassa Atesina alla loro provincia.
138
9. Agricoltura, foreste e corpo forestale, patrimonio zootecnico e
ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie
sperimentali;
10. Apicultura e parchi per la protezione della flora e della fauna;
Il. Caccia e pesca;
12. Assistenza sanitaria e ospedaliera;
13. Ordinamento delle camere di commercio;
14. Comunicazioni e trasporti di interesse regionale;
15. Sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative;
16. Contributi di miglioria in relazione ad opere pubbliche eseguite
dalla regione e dagli altri enti pubblici compresi nell'ambito del
territorio regionale;
17. Turismo e industrie alberghiere;
Il consiglio ha una competenza secondaria subordinata (88) nelle
seguenti materie (art. 5):
l. Ordinamenti dei comuni e delle province;
2. Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;
3. Incremento della produzione industriale e delle attività commerciali;
4. Ordinamento degli enti di credito fondiario, di credito agrario, casse
di risparmio e casse rurali nonché delle agenzie di credito a
carattere regionale;
5. Utilizzazione delle acque pubbliche;
6. Assunzione diretta di servizi di interesse generale e loro gestione a
mezzo di aziende speciali;
7. Opere idrauliche di IV e V categoria;
8. Opere di bonifica.
La Giunta regionale è composta dal presidente e dagli assessori
effettivi e supplenti. Essi vengono eletti all'interno del Consiglio
stesso. La composizione della Giunta deve essere conforme alla
composizione linguistica del Consiglio (art. 30). La Giunta è l'organo
esecutivo. Essa delibera regolamenti per l'esecuzione delle leggi
regionali, dirige l'attività amministrativa regionale, amministra il
88. In conformità alla Costituzione e tenendo conto dell'attività legislativa del
Consiglio regionale.
139
patrimonio e controlla i servizi pubblici regionali, adotta in caso
d'urgenza provvedimenti di competenza del Consiglio. Il presidente
della Giunta è il capo del governo regionale. Egli interviene nelle
sedute del Consiglio dei ministri quando si dibattono questioni che
presentano particolare interesse per la regione (art. 34). Egli esercita i
diritti patrimoniali della regione ed è il capo dell'amministrazione
regionale.
Lo Stato è rappresentato nella regione da un commissario del
governo, che coordina il funzionamento dei servizi dello Stato nella
regione, controlla l'esercizio delle funzioni delegate dallo Stato alla
Regione e alle Province, provvede al mantenimento dell'ordine
pubblico (art. 77). Svolge anche un ruolo fondamentale nel controllo
della funzione legislativa (art. 49).
La struttura organica della Provincia ricalca quella della Regione.
Il Consiglio provinciale è composto dai membri del Consiglio
regionale eletti nella Provincia. Il Consiglio, viene eletto per un
periodo di quattro anni. Le disposizioni enumerate per il Consiglio
regionale si applicano al Consiglio provinciale nella misura in cui
siano compatibili (art. 43). Cittadini di lingua italiana e tedesca si
alternano rispettivamente alla presidenza e vice-presidenza (art. 43).
Il Consiglio provinciale esercita una competenza legislativa
primaria nelle seguenti materie (art. 11):
l. Ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto;
2. Istruzione post-elementare e avviamento professionale ad indirizzo
agrario, commerciale ed industriale;
3. Toponomastica, fermo restando l'obbligo di bilinguismo nel territorio della provincia di Bolzano;
4. Usi e costumi locali e istituzioni culturali (biblioteche, accademie,
istituti, musei) aventi carattere provinciale;
5. Manifestazioni artistiche e locali;
6. Urbanistica e piani regolatori;
7. Protezione del paesaggio;
8. Usi civici;
9. Organizzazione delle minime proprietà culturali anche agli effetti
dell'art. 847 del Codice civile; ordinamento dei «masi chiusi» e
delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini.
140
10. Artigianato;
11. Case popolari;
12. Porti lacuali;
13. Fiere e mercati;
14. Opere di pronto soccorso per calamità pubbliche.
La competenza legislativa secondaria del Consiglio provinciale si
limitava alle seguenti materie (art. 12):
l. Polizia locale urbana e rurale;
2. Scuole materne; istruzione elementare, media, classica, scientifica,
magistrale,tecnica e artistica;
3. assistenza scolastica.
La Giunta provinciale è composta dal presidente e dagli assessorì
effettivi e supplenti che vengono eletti dal Consiglio provinciale nel
suo seno. La Giunta è l'organo esecutivo della Provincia. Essa dirige
l'attività amministrativa provinciale, amministra il patrimonio e
controlla i servizi pubblici provinciali. La Giunta esercita la sua tutela
sulle amministrazioni comunali e gli enti pubblici locali. In caso
d'urgenza adotta provvedimenti di competenza del Consiglio. Essa
esercita anche funzioni amministrative che lo Stato o la Regione
delegano alla Provincia(art. 13 e 14).
Il presidente della giunta provinciale in qualità di capo del governo
provinciale rappresenta la provincia, si avvale anche degli organi di
poilizia statale e di sicurezza pubblica in diverse materie (art. 16).
Adotta per decreto gli ordinamenti deliberati dalla Giunta e promulga
le leggi adottate dal Consiglio.
Il commissario governativo riveste lo stesso ruolo in Provincia e in
Regione anche se qui è assistito da un vice-commissario governativo
che risiede a Bolzano.
Dal punto di vista finanziario sono importanti due articoli: l'articolo
70 e 71. Il prin1o prevede che per adeguare le finanze delle province
ali'esercizio delle funzioni stabilì te dalla legge ad esse è assegnata
annualmente dal Consiglio regionale una quota delle entrate tributarie
della regione in proporzione alla somma ricavata rispettivamente nel
territorio delle due province. L'articolo 72 prevede per le province
(così come per la regione e i comuni) un proprio bilancio per
141
l'esercizio finanziario che coincide con l'anno solare.
Per quanto riguarda l'uso della lingua tedesca, vanno citati gli
articoli 84 e 85. Il primo afferma che: «fermo restando il principio che
nella regione la lingua ufficiale è l'italiana, l'uso della lingua tedesca
nella vita pubblica viene garantito da quanto in materia dispongono le
norme contenute nel presente statuto e nelle leggi speciali della
Repubblica». II secondo nel primo paragrafo afferma che «i cittadini
di lingua tedesca della provincia di Bolzano possono (89) usare la loro
lingua nei rapporti con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella Provincia o aventi competenza regionale». Si noti
ancora che, secondo l'articolo 82, le leggi regionali o provinciali
possono essere impugnate davanti alla Corte costituzionale dal governo, da uno dei Consigli provinciali della Regione o dal Consiglio
regionale.
Dopo l'approvazione del testo dello Statuto, il 28 gennaio da parte
del presidente e del segretario generale deila Sudtiroler Volkspartei,
l'opinione pubblica austriaca accolse con relativa soddisfazione la
notizia dell'adozione dello Statuto da parte della Costituente italiana
(90). Il giornale «Die Presse» (vicino al governo) affermava che «Da
parte austriaca si ritiene che lo Statuto, che è ben !ungi dall'essere
basato sul diritto delle popolazioni a disporre di se stesse, sia un passo
importante verso la completa esecuzione del Trattato di Parigi.
L'accordo austro-italiano era e resta espressione del massimo che
l'Austria poteva ottenere per il Sud Tirolo nelle circostanze attuali: era
anche , in realtà, un sacrificio che si doveva accettare per permettere ai
sudtirolesi di condurre un'esistenza tollerabile. Lo Statuto d'autonomia che ora entra in vigore è, a quanto pare, la dimostrazione che
questo sacrificio non è stato inutile».
Se a Vienna si esprimeva un certo ottimismo, a Londra si
avanzavano delle riserve sulla conformità dello Statuto agli impegni
contenuti nell'Accordo De Gasperi-Gruber. Il 9 febbraio 1948 (91), il
governo laburista, in un dibattito alla Camera dei comuni, veniva
89. Si è lontani dall'«uguaglianza delle lingue tedesca e italiana» prevista
dall'articolo lb dell'Accordo di Parigi.
90. Vienna, 17 febbraio 1948, de Monicault a Bidault
91. Londra, 13 febbraio 1948
142
ancora una volta attaccato e il rmmstro Mac Neil non poteva
confermare, come chiedeva un deputato, che il governo di Roma
stesse applicando «alla lettera e nel suo autentico spirito» l'accordo
austro-italiano. Mac Neil insisteva, al contrario, sul fatto che i delegati
tirolesi stessi avevano approvato lo Statuto. Questa approvazione dei
sudtirolesi veniva utilizzata anche dalla stampa italiana. Il 22 febbraio
(92) il giornale «Popolo Trentino» se ne serviva per affermare che i
sudtirolesi erano «Soddisfatti, soddisfattissimi» dello Statuto. Ciò
significava far finta di dimenticare che il testo dello Statuto era stato
accettato dai sudtirolesi come il minore dei mali. Ci si dimenticava
anche che l'assetto regionale del Trentino-Alto Adige era stato
imposto loro e che avevano dovuto accettarlo con rassegnazione. La
loro soddisfazione era relativa, si limitava al fatto di averla avuta vinta
su alcuni punti negoziati con la sotto commissione dell'Assemblea
costituente.
La risposta a ciò che poteva sembrare una provocazione, non si fece
attendere, il giornale della Svp, «Dolomiten» (93), contrattaccò accusando gli italiani di aver usato nelle trattative per lo Statuto e per
l'approvazione di quest'ultimo dei metodi che «non erano cambiati
rispetto al periodo del fascismo» (94). A dimostrazione di ciò
«Dolomiten» usava una metafora: «Un uomo di spirito aveva allora
dichiarato: i fascisti prima ci tolgono tutto quello che abbiamo
addosso, poi ci restituiscono la camicia, ma allora ci domandano di
ringraziarli ed usano questi ringrazi.menti per soffocare ogni protesta... Prima ci hanno presentato il progetto della commissione dei
sette, che costituiva un'antitesi al Trattato di Parigi. Abbiamo subito
reagito con delle controproposte. Decisero allora di "restituire la
camicia" pur rimanendo ben lontani dali'autonomia
provinciale
promessa a Parigi e vollero, da parte nostra, una dichiarazione che
aveva il solo scopo di permettere agli abitanti del Trentino di
affermare che siamo pienamente soddisfatti. Cosa si vuole di più da
noi! Tali procedure ci obbligano a dire chiaramente ai signori della
92. Venezia, 27 febbraio 1947, Elie a Fouques Duparc.
93. Venezia, 27 febbraio 1947, Elie a Fouques Duparc
94. Il «Dolomiten» dimenticava d'aggiungere che se il governo italiano recentemente costituito avesse usato dei metodi «fascisti», questo giornale non avrebbe
potuto esprimersi come faceva.
143
"nostra" capitale che la popolazione del Sud Tirolo è ben !ungi
dali'essere soddisfatta, poiché solo una parte dei nostri diritti ci è stata
restituita, e che la gente sarà contenta solo quando le si darà tutto ciò
che ci si è impegnati a darle a Parigi... Aspettiamo di sapere come lo
Statuto verrà applicato e reso esecutivo; fino a quel momento
riteniamo che non ci sia niente di fatto. Ed è la ragione per cui
pensiamo anche che tutti i giudizi espressi "intra ed extra muros''
secondo cui i sudtirolesi sarebbero soddisfatti per il momento sono
fuori luogo>>.
Il «Dolomiten» affermava quindi che l'approvazione da parte dei
sudtirolesi dello Statuto era stata forzata. Tuttavia vi sono testimonianze che contrastano con questa tesi (95). Il giornale riportava,
comunque, nonostante il tono ingiurioso del discorso, alcune precise
verità. Nel febbraio 1948, a parte i due testi riguardanti l 'autonomia e
le opzioni non si era conclusa nessun'altra trattativa riguardante le
clausole dell'Accordo di Parigi. Non si era ancora giunti ad un
accordo per «il mutuo riconoscimento della validità di alcuni titoli e
diplomi universitari» (art. 3b), né ad una «convenzione per il libero
transito di passeggeri e merci» (art. 3c), né ad «accordi speciali per
facilitare un più intenso traffico di frontiera tra l'Austria e l 'Italia»
(art. 3d). «L'uguaglianza delle lingue tedesca e italiana nell'amministrazione pubblica» non era prevista dallo Statuto. La lingua tedesca
era semplicemente tollerata, l 'italiano restava la lingua ufficiale (96).
«La parità di diritti per quanto riguardava l'accesso agli impieghi
pubblici in vista del raggruppamento di una adeguata proporzione tra i
due gruppi etnici» (art. 1d) era per il momento impossibile data la
situazione di coloro che avevano scelto di optare per la Germania.
Inoltre i testi sull'autonomia e sulla revisione delle opzioni potevano essere interpretati in due modi differenti: in modo restrittivo o in
95. Vedi sopra, p. 137 ma anche Vienna, 24 marzo 1948, de Monicault a Bidault:
de Monicault nel corso di un colloquio con Kripp, alto funzionario incaricato dal
Ministero degli Affari Esteri austriaco, delle questioni relative al Sud Tirolo,
riceveva le impressioni e le conclusioni relative ai colloqui che quest'ultimo aveva
avuto con i rappresentanti della Siidùroler Volkspartei (Amonn e Von Guggemberg
in particolare). Secondo Kripp questi dirigenti si erano mostrati nell'insieme
soddisfaui dello Statuto d'autonomia .
96. Vd. sopra p. 142.
144
modo più ampio (97). Il «Dolomiten» non si sbagliava, quindi, quando
affermava: «Aspettiamo di sapere come verrà applicato e reso
esecutivo lo Statuto». Tutti i sudtirolesi, soddisfatti o no che fossero,
attendevano la sua applicazione. Mons. Geisler poteva aggiungere con
tono profetico che «lo Statuto non porrà fine ali'antagonismo italo-tedesco in questa regione finché le due parti in questione non
avranno riacquistato fiducia r una nell'al tra» (98). Ora, questa polemica tra la stampa trentina e quella sudtirolese non era affatto di buon
augurio per la futura soluzione della questione ed era presagio di
conflitti futuri.
97. Secondo l'articolo 13 par. 3 dello Statuto, lo Stato, attraverso disposizioni
legislative può delegare alla Regione o alla Provincia i poteri amministratrivi che gli
appartengono. Ma soprattutto in base ali'articolo 14, la Regione può delegare, senza
bisogno del voto di legge, i poteri amministrativi che le appartengono, alla
Provincia.
98. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc.
145
APPENDICE
l. La questione del Sud irolo o Alto Adige dall948 al1972
A conclusione del nostro lavoro vorremmo offrire un quadro della
situazione attuale che, dal punto di vista politico e dei rapporti tra le
etnie, può considerarsi esplosiva.
Essa meriterebbe quindi tutta la nostra attenzione, ma resterebbe
incomprensibile se non si desse un rapido sguardo all'evoluzione della
questione dell'Alto Adige o Sud Tirolo dal 1948 al 1972, data,
quest'ultima, dell'entrata in vigore di un «Nuovo Statuto» speciale per
il Trentino-Alto Adige.
Suddivideranno in due fasi questo periodo prendendo come data di
separazione tra le due il 1955, anno in cui, a nostro avviso, si avverte
un irrigidimento dell'atteggiamento austriaco nei confronti della
questione. Un tale cambiamento di posizione da parte dell'Austria era
riconducibile alla flrma del Trattato di Stato (15 maggio 1955) cui era
seguita, il 5 novembre 1955, la votazione della legge sulla neutralità
austriaca, che permetteva a questo paese di ritrovare la propria
fisionomia sulla scena internazionale liberandosi dalla presenza delle
truppe -alleate (ottobre 1955) e di entrare a far parte dell'Gnu
(dicembre 1955) (l)
l. Si noti che, secondo il Trattato di Stato, le ontiere austriache definitive erano
quelle del 12 gennaio 1938 (quindi senza il Sud Tirolo). Poiché il Trattato di Stato
era stato firmato dall'Austria e dalle quattro Potenze occupanti (Urss, Usa, Francia e
Gran Bretagna) ci voleva il consenso di queste ultime per qualsiasi revisione delle
frontiere italo-austriache.
147
l.l. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dall948 all955
Nell'aprile 1948 si svolsero in Italia le elezioni legislative. Si
trattava delle prime elezioni a cui partecipavano gli abitanti. dell'Alto
Adige o Tiroler Etschland (2). La Si.idtiroler Volkspartei che aveva la
maggioranza nella Provincia, riuscì a far eleggere tre deputati e due
senatori in Parlamento (3). Le elezioni comunali del maggio 1948
misero a fuoco una situazione che è tale ancora oggi: la Svp era
superata a Bolzano e a Merano dai partiti italiani (in particolare dalla
Democrazia Cristiana) che arrivava ad ottenere 1/3 degli elettori anche
a Bressanone (4): gli italiani si erano stabiliti nelle città ed erano
maggioritari a Bolzano, mentre in montagna e nelle valli vi era una
schiacciante maggioranza di lingua tedesca. La situazione rifletteva
anche la ripartizione della popolazione attiva. Gli italiani erano
essenzialmente funzionari, operai e impiegati del settore terziario. I
sudtirolesi, invece detenevano il 90% della proprietà fondiaria.
Tuttavia l'agricoltura non rappresentava la loro unica attività, poiché
essi sapevano operare nel turismo, grossa fonte di entrate, e nel
commercio.
Dal punto di vista politico le elezioni regionali e provinciali (5) del
novembre 1948 fornivano un quadro dei rapporti di forza. In seno al
Consiglio provinciale, organo legislativo della Provincia di Bolzano,
la Svp deteneva la maggioranza assoluta con 13 seggi su 20. Gli altri
seggi erano detenuti da altre sei formazioni italiane: 2 consiglieri
democristiani (DC), un socialista (Psi), un comunista (Pci), un
neo-fascista (Msi), un repubblicano (Pri) e un indipendente. Il fatto
che gli elementi italiani fossero politicamente divisi è n1olto importante perché questa realtà è rimasta una costante della vita politica
della provincia.
Era, come vedremo, il risultato nefasto della proporzionale.
A livello regionale, invece, la DC faceva sentire il suo peso. Nel
2. Nome tedesco dato al Sud Tirolo dallo Statuto. Questo nome non è mai stato
usato dai sudtirolesi.
3. 28 aprile 1948, Elie a Fouques Duparc.
4. 10 maggio 1948, Elie a Fouques Duparc.
5. Le cifre che riguardano queste elezioni provengono da Mauro Landa e Paolo
Magagnotti op. cit., p. 246 e ss.
148
collegio elettorale di Trento essa aveva ottenuto 15 seggi (15 su 26,
maggioranza assoluta nella Provincia) che sommati ai due ottenuti a
Bolzano davano un totale di 17 seggi nel Consiglio regionale.
La DC e la Svp partiti di ispirazione conservatrice e cattolica si
allearono per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in Consiglio
regionale (30 su 46). Questa alleanza, che sarebbe durata fino al 1959,
era, dettata da una forte dose di opportunismo perché nessuno dei due
partiti poteva governare da solo, né costituire una maggioranza stabile
con le altre formazioni.
La campagna elettorale del 1948 si era svolta in mezzo a violente
polemiche (6) tra i due partiti che non si erano spente neanche a
scrutinio ultimato (7). Non bisogna dimenticare che la DC era il
partito del presidente del consiglio De Gasperi ispiratore della
creazione della Regione autonoma del Trentine-Alto Adige.
Nonostante il compromesso politico DC-Svp, la tensione nella
Regione era latente. Bisognava risolvere numerosi problemi di cui il
primo era certamente quello delle «ri-opzioni» per l'Italia (8).
Questo problema inaspriva irapporti tra rAustria e l 'Italia e tra la
Svp e la DC. La posta in gioco era evidente: il ritorno di 77.000
persone ridiventate cittadini italiani (cifra teorica perché si valuta che
circa 10.500 sudtirolesi fossero rientrati in Italia clandestinamente)
avrebbe modificato il rapporto di forza facendolo pendere, ancora di
più, in favore del gruppo di lingua tedesca. Questo ritorno veniva
6. Riguardo alla creazione di un gruppo «tedesco» all'interno della DC vd. 4
giugno 1948, Elie a Fouques Duparc.
7. Riguardo alla non accettazione da parte della DC di quattro consiglieri Svp,
vd. 27 dicembre 1948, Elie a Fouques Duparc.
8. Ne11949 erano stati trovati dei compromessi circa l'applicazione dell'Accordo
De Gasperi-Gruber: a) per quanto riguarda la circolazione delle persone erano state
soppresse tutte le formalità di visto tra i due paesi; b) era entrato in vigore un
accordo per il tnmsito ferroviario e c) per il transito stradale; d) il 12 maggio 1949
era stato firmato un accordo («Accordino») preferenziale che permetteva lo scambio
dj prodotti tipici tra i Bundeslander del Tirolo e del Vorarlbcrg e la regione del
Trentina-Alto Adige.
149
sentito dagli italiani della provincia come una minaccia (9) dalla loro
posizione, del loro lavoro, ecc. Contro le «ri-opzioni» si sosteneva
l'argomento della mancanza di fedeltà dimostrata da coloro che
avevano optato per il Reich nel 1939. Da parte loro i sudtirolesi
ritenevano invece che il ritorno in Italia, la riassunzione del loro
impiego e la riacquisizione dei loro beni fossero un giusto risarcimento per i torti subiti nel 1939. Essi erano caldamente incoraggiati a
ritornare dai rappresentanti della Svp e dalla Chiesa (in particolare dal
canonico Gamper, vicino a Mons. Geisler).
In base agli Accordi De Gasperi-Gruber (art. 3a) toccava all'Austria
e all'Italia trovare una soluzione. Ora l'Austria, con una decisione
presa il 29 agosto 1945 (10), aveva concesso, a titolo provvisorio, a
coloro che avevano optato e si trovavano sul suo territorio, il beneficio
dell'assimilazione alla cittadinanza austriaca, il che non li incoraggiava certo a ridomandare la nazionalità italiana. Ma a questo punto
l'Austria desiderava che essi se ne andassero per ragioni economiche
ed anche per ragioni di politica interna: gli optanti con il loro
irredentismo potevano diventare fonte di continui guai.
L'Austria si servì di mezzi molto discutibili per cercare di risolvere
il problema. Il 2 novembre 1948 (11) il governo austriaco annunciava
che le persone originarie del Sud Tirolo che si trovavano in Austria e
che non avessero utilizzato la facoltà d'opzione prevista per loro dalla
legislazione italiana (decreto 2 febbraio 1948), si sarebbero viste
private, a partire dal 4 febbraio 1949, del beneficio dell'assimilazione
alla cittadinanza austriaca. Molti sudtirolesi che si erano creduti
austriaci di diritto dal 1945 dovettero domandare la cittadinanza
italiana.
L'Italia accusò giustamente l'Austria di non aver rispettato lo
spirito dell'Accordo di Parigi, e tanto più a ragione, perché questo
9. La DC in una dichiarazione condannava l'atùvità della Svp. Per la
dichiarazione e la polemica che ne seguì vd.: a) Venezia, 30 gennaio 1950, Winckler a
Schuman e b) Venezia, 10 febbraio 1950, Winckler a Fouques Duparc. c) 21
febbraio 1950 Wincklcr a Fouques Duparc, d) 28 giugno 1950 Wincklcr a Fouques
Duparc (Jcan Claude Winckler. nato nel 1913, è stato console a Venezia dal 1949 al
1950).
10. 5 dicembre 1949, de Monicault a Schuman (ministro degli Affari Esteri).
11. 5 dicembre 1949, de Monicault a Schuman.
150
provvedimento deciso unilateralmente dali'Austria era accompagnato
da licenziamenti, sospensioni di pagamento della pensione, ritiro di
licenze di commercio (12) ecc. Le trattative sulle opzioni tra i due
paesi si interruppero e gli italiani rallentarono notevolmente l'accettazione delle domande di reintegrazione.
I negoziati ripresero solo nel marzo 1950 (13) e nel maggio (14)
dello stesso anno si giungeva ad un accordo. L'Austria si impegnava a
conferire la nazionalità austriaca a 12.000 optanti, scelti dal governo
di quel paese. Gli italiani, soddisfatti, si impegnavano a riprendere in
esame le domande di siglati reintegrazione e a non sospendere più
l'applicazione pratica degli accordi riguardanti le pensioni, i titoli
universitari, l'esercizio di alcune professioni e la reintegrazione negli
impieghi pubblici dei «rioptanti». Bisognava negoziare le condizioni
per il trasferimento dei beni di coloro che ritornavano in Italia. Non
tratteremo tuttavia qui questo problema perché data la sua complicazione, merita uno studio più lungo e dettagliato rispetto allo spazio di
cui disponiamo. Diciamo semplicemente, in questa sede, che questa
questione contributiva a rallentare ogni soluzione e ad arroventare il
clima politico dell'Alto Adige.
Secondo fonte italiana (15) in data 31 agosto 1956, 201.599
sudtirolesi avevano riacquistato la nazionalità italiana.
Questi sudtirolesi si dividevano in tre categorie:
l. Quelli che avevano optato per il Reich ed esendo rimasti sul posto,
non avevano acquisito la nazionalità tedesca e che erano 115.813 (le
domande presentate furono 52.867, la cifra di 115.813 corrisponde al
numero dei «rioptanti» con le famiglie);
2. Quelli che avevano optato ed essendo rimasti sul posto, avevano
acquisito la nazionalità tedesca il cui numero era di 40.808 (cifra che
comprendeva le famiglie; le domande presentate furono 21.468, di
12. Roma, 16 dicembre 1949, Fouques Duparc al ministro degli Affari Esteri.
13. Roma, 12 maggio 1950, Fouques Duparc al ministro degli Affari Esteri.
14. Vienna, 27 giugno 1950, de Monicault a Schuman.
15. lspi, op. cii., p. 68.
151
queste 578 (16) vennero respinte, esse riguardavano 644 persone);
3. I «rioptanti» che avevano acquisito la nazionalità tedesca e che
erano emigrati dal 1939 in poi verso il "Grande Reich" erano 44.684
(su 28.980 domande, ne erano state esaminate 23.482 di cui 22.075
erano state accolte favorevolmente e 1.407 respinte (3.442 persone)),
5.498 domande dovevano essere ancora prese in esame. Queste
domande ancora da esaminare sono ai nostri occhi la prova della
lentezza della burocrazia italiana.
Una di queste cifre merita comunque una spiegazione, si tratta di
quella che riguarda la terza categoria. La differenza tra i 44.684
«rioptanti» e tra i 77.000 che avevano optato ed erano emigrati tra il
1939 e il 1942 si spiega col fatto che la Germania, diversamente
dali'Austria, non fece pressione sui sudtirolesi perché ritornassero in
Italia (non dimentichiamo tuttavia i 12.000 optanti rimasti in Austria).
Per quanto riguarda l'assetto demografico della Provincia e di
conseguenza la sua struttura linguistica, culturale, economica e
politica, un altro problema a cui si è già accennato preoccupava molto
i sudtirolesi: la cosiddetta «italianizzazione» della provincia che
consisteva, come si è visto, essenzialmente, nell'immigrazione italiana
voluta ed incoraggiata secondo i sudtirolesi dal governo italiano (il
quale non avrebbe cambiato i propri metodi dopo il fascismo). Accuse
di questo genere sono talmente ricorrenti negli archivi del Ministero
francese degli Affari Esteri che occorrerebbbero molte pagine per
riferire tutte le citazioni. Ci si accontenterà dunque di quelle già
riportate (17).
La polemica tra italiani e sudtirolesi, già nell'aria da tempo,
divampò nel 1953 (18) al momento della pubblicazione da parte della
Camera di commercio di Bolzano di alcune statistiche riguardanti
l'aumento della popolazione nella provincia dal l gennaio 1946 al
dicembre 1952. Queste statistiche furono interpretate in modo diametralmente opposto dai sudtirolesi e dagli italiani. I primi registravano
16. A questi 578 sudtirolesi appartenenti alla seconda categoria fu concesso di
presentare una domanda «ex-novo» di acquisizione della nazionalità italiana.
Nell'agosto 1956, su 395 domande 294 erano state accolte favorevolmente.
17. Vedi sopra pp. 81, 102, 103, 104, 124, 130, 137.
18. Ispi, op. cit., p. 60 e s.
152
una cifra di 50.000 nuovi arrivi. ll consigliere provinciale Svp Silvius
Magnago (19) parlava di «Todesmarsch» (20) (marcia alla morte) dei
sudtirolesi sommersi, secondo lui, dall'immigrazione italiana che
rischiava di minacciare, sempre a suo avviso, l 'identità del popolo
(21) sudtirolese. Gli italiani parlavano di 20.000 immigrati e facevano
notare che la cifra considerata da Magnago comprendeva 25.000
italiani già residenti nella provincia (e precisamente nella Bassa
Atesina ricongiunta di recente alla provincia) i quali non avrebbero
dovuto essere calcolati nelle statistiche. Altre statistiche furono in
seguito pubblicate dall'Istat (Istituto di statistica italiana) ma i
sudtirolesi potevano sempre accusare il governo italiano di averle
falsificate.
Tuttavia ci sono dei dati, mai contestati dai sudtirolesi, che destano
il nostro stupore (22). Consultando le cifre delle elezioni al Consiglio
provinciale di Bolzano, si nota che, nel corso di quattro legislature
1948-1952, 1952-1956, 1956-1960 e 1960-1964, i partiti «italiani» si
19. Silvius Magnago, nato nel 1914 da padre italiano e madre di lingua tedesca,
ha compiuto gli studi a Bologna. In seguito ha prestato servizio militare in Italia
come ufficiale dei granatieri. Nel 1939 optava per la Gennania e combatteva nella
Wehrmacht sul fronte orientale dove perdeva la gamba sinistra. Rientrato in Italia
dopo la guerra veniva eleuo fm dal 1948 consigliere provinciale. E' oggi (dal 1957)
presidente della Svp e presidente della Giunta provinciale (dal 1960). Si noti che ha
sempre rifiutato di presentarsi come candidato alle elezioni legislative.
20. Roma, 22 gennaio 1954, Pierre Sebilleau incaricato d'Affari di Francia in
Italia a Bidault e Mauro Lando e Paolo Magagnotti, op. cit., p. 70.
21. Esiste ancora oggi una disputa sul termine «popolo»: i sudtirolcsi costituiscono un popolo? GJi italiani dell'Alto Adige rifiutano questo termine e parlano di
«popolazione». In un clima di tensione e di nazionalismo esasperato gli italiani
pensano forse che il termine «popolo» si riferisca solo ad una Nazione. Non
ammettono l'esistenza di un <<popolo sudtirolese» e ancor meno di una «Nazione
sudl.irolese». Questa disputa ci sembra priva di fondamento: l) i due termini
«popolo» e «popolazione>> possono riferirsi ad una nazione o a delle più vaste
definizioni. 2) «Nazione» non è necessariamente sinonimo del termine «Stato». Una
nazione è un insieme di individui legati tra loro dalla lingua, storia, civiltà, interessi,
ecc. 3) Ne deriva che, per i sudtirolesi il problema può essere il seguente:
appartengono alla Nazione tedesca, austriaca o tirolese? Ciò che è certo è che se si
adotta la definizione citata sopra (differenza tra i termini Nazione e Stato) i
sudtirolesi non appartengono alla Nazione italiana, ma fanno semplicemente parte
dello Stato italiano.
22. Per questi dati vd. Mauro Lando e Paolo Magagnotti, op.cit., p. 246 e s.
153
sono sempre visti assegnare solo sette seggi, mentre il sistema di
rappresentanza proporzionale a «numero uniforme» (un deputato ogni
15.000 votanti) e ai resti (7.500) più alti, favoriva i piccoli partiti (23).
I sudtirolesi potevano ribattere che l'estrema dispersione dell'elettorato italiano nelle diverse liste non metteva in moto l'effetto della
proporzionale. Infatti al momento della prima legislatura gli italiani
presentarono otto liste di cui due non ottennero nessun rappresentante;
alla seconda legislatura vennero presentate nove liste di cui solamente
cinque ottennero il necessario quorum e via di seguito con una
notevole dispersione di voti. A causa di ciò (la partecipazione alle
elezioni provinciali superava sempre il limite del 90%) l'elettorato
italiano non avrebbe rispecchiato il movimento migratorio poiché i
resti (a volte migliaia di voti) delle liste non rappresentate andavano
perduti.
Cifre più interessanti e significative comunque sono quelle che
riguardano la totalità dei votanti per ogni gruppo linguistico (senza
tener conto - c'è un margine d'errore - dei voti sudtirolesi andati ai
partiti italiani e viceversa). Va ricordato che le statistiche della
Camera di commercio di Bolzano riguardavano il periodo 1946-1952;
tuttavia, per acquisire il diritto di voto nella provincia di Bolzano
bisognava risiedervi da almeno tre anni (art. 19 dello Statuto): gli
italiani immigrati dopo il novembre del 1945 non potevano aver
votato alle prime elezioni provinciali del novembre 1948. Gli effetti
del voto degli immigrati si sarebbero perciò ripercossi sulla seconda
legislatura, alle elezioni del 1952. Ora, nel 1952, vi erano in totale
9.875 (24) votanti di lingua italiana in pitt rispetto al 1948 (da 51.397
a 61.272) mentre la Svp guadagnava solo 5.353 voti. Vi era stata
23. Se un partito politico X ottiene 20.000 voti al primo turno di votazione e il
numero uniforme è stato fissato a 15.000, otterrà un seggio e avrà 5.000 voli di
resto. Ora, poiché i seggi non sono mai ripartiti al primo tumo (perché ci sono
sempre dci resti) e poiché si considerano resti, per esempio, gil8.000 voti ottenuti da
un partito Y (che non ha ottenuto un seggio la prima volLa), quest'ultimo avrà dei
resti più alti del partito X (5.000) e al secondo turno atterra anch'esso un seggio. In
questo modo i piccoli partiti hanno molte più possibilità di vedersi rappresentai i che
con altri sistemi elettorali.
24. Cifre tratte dal Manuale dell'Alto Adige edizione della Provincia autonoma di
Bolzano, 1984.
154
senza dubbio un'immigrazione, nessuno lo nega, ma tutto va ridimensionato, si è ben lontani dalla «Todesmarsch» di Silvius Magnago.
Ripetiamo, nessuno nega la realtà dell'immigrazione, l'aumento
medio del numero dei votanti dalle elezioni del 1948 a quelle del 1960
è di 8.367 per la Svp e di 7.832 per i partiti italiani: questa leggera
differenza non riflette la differenza numerica tra i due gruppi etnici e
mostra chiaramente che durante questi anni l'immigrazione italiana
c'è stata, ma non nelle forme denunciate dalla Svp (l'«invasione»,
«Colonizzazione», ecc.). Essa ha avuto peraltro, un carattere puramente economico. Era un fenomeno ineluttabile ed era solo un effetto
di un problema molto più vasto e più grave: l'eccedenza demografica
italiana. Si trattava di un fenomeno non recente e che avrebbe
caratterizzato l'Italia del XIX secolo come quella del XX secolo (fino
agli anni '70). Ora, se negli anni '20 Mussolini (25) aveva preso la
decisione politica di fermare il flusso migratorio degli italiani verso
l'estero e di incanalarlo verso le colonie o verso l'Alto Adige, nel
dopoguerra non esisteva un piano di questo genere. Gli italiani erano
liberi di andare dove meglio piaceva loro e questa libertà era sancita
dalla Costituzione (articolo 16) (26). Molti, sulla scia di questa
«libertà» presero la via del settentrione industrializzato o si avviarono
verso altri paesi d'Europa (Francia, Svizzera, Germania, ecc... Dal
1951 al1971 quattro milioni di italiani si stabilirono all'estero (27)).
Non lo fecero né per loro piacere, né per ragioni politiche, essi non
volevano «invadere» l'Alto Adige o tutta l'Europa: cercavano semplicemente lavoro. L'Alto Adige in piena industrializzazione (il piano
Marshall del 1947 aveva favorito la costruzione di impianti idroelettrici) costituiva un polo d'attrazione naturale. Questa regione, comunque
non attirò milioni di italiani, ma solo qualche migliaio. La volontà dei
25. Baleste. Les Grandes Puissances Economiques, Armand Colin, Paris 1978, p.
41.
26. Articolo 16 della Costituzione Italiana: «Ogni cittadino può circolare e
soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di salubrità e sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è
libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di
legge».
27. Baleste, op.cit., p. 41.
155
sudtirolesi di salvaguardare le proprie caratteristiche etniche e culturali, sulla base dell'articolo l deli'Accordo di Parigi, arrestando il
flusso migratorio nella Provincia ci sembra ingiustificato e giuridicamente inapplicabile da parte di una nazione democratica (28). Si
ammettono gli errori del fascismo e alcuni errori commessi dai
governi italiani che gli sono succeduti ma assimilare il movimento
d'immigrazione italiana in Alto Adige dopo la guerra a una qualsiasi
«italianizzazione» fascista è sintomatico, a nostro avviso, di un uso
demagogico e semplicistico di un dato che riguarda in realtà un
problema molto più vasto di cui alcuni ambienti sudtirolesi volevano
ignorare la portata per poter meglio attaccare il governo italiano.
Chiudere agli italiani le frontiere della provincia era impossibile ed
alcune personalità sudtirolesi ed austriache, in particolare Von Breitenberg (senatore Svp) e Kreisky (29) lo capirono perfettamente. Era
sul terreno dell'autonomia che ci si doveva muovere per salvaguardare
la propria lingua e la propria cultura.
Ma prima di affrontare questo spinoso problema, dove l'incomprensione era reciproca, bisogna segnalare un elemento che non fu
probabilmente determinante, ma che tuttavia non contribuì affatto alla
distensione tra i due principali gruppi etnici nella provincia: il nuovo
interesse che l'opinione pubblica tedesca manifestò nei confronti della
28. Si ritiene che il problema possa essere posto ad un altro livello. I sudlirolesi,
infatù, non ammettevano che la loro provincia subisse lo stesso fenomeno di
immigrazione dell'Italia del Nord. Questa «invasione» provava, ai loro occhi, che
essi facevano definitivamente parte dell'Italia, concetto che non avrebbero mai
potuto ammettere.
29. Von Breitenberg avrebbe dichiarato alla quinta assemblea regionale del suo
partito che: «la Costituzione italiana ha riconosciuto il diritto ad ogni cittadino
italiano di fissare il proprio domicilio dove meglio crede» e che l'emigrazione nel
Sud Tirolo derivava da «ragioni economiche». Citazione da Gausscn
(all'Ambasciata di Francia a Roma) il 6 marzo 1952 (Gerard Gaussen, nato nel
1918, è stato console a Venezia dal 1950 al 1956). Per quanto riguarda Kreisky,
Seydoux (Vienna, 29 giugno 1955) riferiva: «Kreisky mi ha detto che a suo parere
l'immigrazione di mano d'opera italiana gli sembrava inevitabile. Il Sud Tirolo è in
piena fase di industrializzazione e costituisce naturalmente un polo d'attrazione per i
disoccupati italiani» (Francois Seydoux de Clausonne, nato nel 1905, era nel 1955
alto Commissario della Repubblica francese, capo della missione diplomatica in
Austria).
156
questione del Sud Tirolo. Già alla fine del 1949 (30) due deputati
membri della Svp si recarono a Bonn per chiedere l'appoggio nelle
loro rivendicazioni al governo della Repubblica Federale. Ora, se il
governo (e in particolare Adenauer, come si vedrà) cercò di non
immischiarsi nella faccenda, l'opinione pubblica invece si interessò
molto da vicino ali'Alto Adige. Se François Poncet notava nella
stampa tedesca alcuni elementi moderati (31) dichiarava peraltro che:
«nel caso del Sud Tirolo, è proprio lo spirito del Grande Reich ad
ispirare gli articoli pubblicati dalla stampa tedesca» (32).
Questa campagna pangermanistica scoppiata nel 1952 e orchestrata,
secondo l'ambasciatore italiano a Bonn, da Von Studnitz, ex collaboratore di Goebbels (33), proseguì per tutto l'anno scatenando un'aspra
polemica con la stampa italiana (34).
L'anno seguente la situazione si complicò e si deteriorò maggiormente. Pella (35), che sostituì De Gasperi alla presidenza del consiglio, propose un plebiscito a Trieste in nome del diritto dei popoli di
disporre di se stessi. Immediatamente la stampa del Tirolo settentrionale reclamò un simile plebiscito nel Sud Tirolo. Essa fu seguita dalla
stampa tedesca (36) ed appoggiata dal governo austriaco. Gruber fece
consegnare ai ministri degli Affari Esteri delle tre potenze occidentali,
tramite gli ambasciatori d'Austria a Parigi, Londra e Washington, una
nota che indicava che il ricorso a un plebiscito per risolvere la
questione di Trieste poteva comportare una rivendicazione analoga da
30. Godesberg, 13 gennaio 1950, André François Poncet ambasciatore di Francia
e alto commissario in Germania, a Schuman.
31. Godesberg, 27 giugno 1952, François Poncet a Schuman; egli segnalava per
la «Frankfurter Rundschau» il giornalista J. Kaim mentre il capo della missione
francese per le province del Tirolo e del Vorarlberg, Nadau (lnnsbruck, 13 febbraio
1953) segnalava Fritz Gordian corrispondente della «Stmtgarter Zeitung» a Roma.
Quest'ulùmo avrebbe anche dichiarato a proposito dello Statuto d'autonomia che
«raramente sono staù accordaù maggiori diritti ad una minoranza etnica».
32. Godesberg, 27 giugno 1952, François Poncet a Schuman.
33. Bonn, 15 novembre 1952, François Poncet.
34. Roma, 21 novembre 1952, Fouques Duparc a Schuman.
35. l settembre 1953, Nadau; si noti che la questione di Trieste sarà risolta solo
nell954.
36. Bonn, 13 ottobre 1953, A. Berard.
157
parte dei sudtirolesi (37) e che «li governo federale si sarebbe trovato
neli'obbligo di appoggiare con insistenza una tale rivendicuzione»
(38)
li Foreign Office (39) e il Quai d'Orsay (40) giudicarono severamente la mossa del governo austriaco. li Quay d'Orsay faceva notare
che «il governo francese e il governo britannico possono minacciare di
sospendere l'evacuazione, attualmente in corso, della maggior parte
delle loro truppe d'occupazione» (41). Queste osservazioni restavano
tuttavia confidenziali in attesa dell'evolversi della situazione e di
un'eventuale concertazione degli Alleati. In Italia e nel Sud Tirolo nel
frattempo la tensione continuava a salire e le dichiarazioni di Pella si
ritorcevano contro di lui con l'effetto di un boomerang. A Roma,
Ebner, deputato Svp, affermava che il principio del plebiscito era «un
diritto naturale inalienabile» (42). Il 21 ottobre il «Dolomiten» portava
il titolo: <<ll plebiscito unica soluzione democratica». La proposta di
Pella non ebbe a Trieste risultati pratici, ma le reazioni sudtirolesi,
austriache e tedesche mostravano chiaramente le loro intenzioni (43):
internazionalizzare la questione alla prima occasione favorevole ed
ottenerattraverso un plebiscito il ricongiungimento del Sud Tirolo
ali'Austria. La polemica tra italiani da una parte e austriaci, sudtirolesi e
tedeschi dall'altra, continuò fino al dicembre del 1953 con una tale
violenza che per quel che riguardava l'opinione pubblica tedesca, il
cancelliere Adenauer (44), in un'intervista a <<Il Messaggero>> (giornale ufficiale del Vaticano), cercò di placare gli animi e di rassicurare
il governo e l'opinione pubblica della Penisola affermando che la
questione doveva essere considerata come un affare italiano puramente interno.
37. Vienna, 16 ottobre 1953, Laloueue (Roger Lalouette, nato nel 1904, è stato
alto commissario aggiunto in Austria dal1950 a11955).
38. Parigi, 16 ottobre 1953.
39. Londra, 20 ottobre 1953, Massigli.
40. Parigi, 17 ottobre 1953. Nota del Ministero degli Affari esteri. Direzione
generale degli Affari politici, sezione Europa.
41. Parigi, 13 ottobre 1952. Nota del MAE.
42. Vienna, 19 ottobre 1953, Lalouette.
43. Venezia, 23 ottobre 1953, Gaussen all'ambasciata, Roma.
44. Bonn, 23 novembre 1953. François Poncet.
158
Una volta dimenticate le dichiarazioni di Pella l'attenzione si
concentrò su altri problemi rimasti insoluti dal 1948 e che concernevano l'applicazione degli Accordi De Gasperi-Gruber e in
particolare lo Statuto d'autonomia. Bisogna sottolineare a questo
punto «l 'antinomia fondamentale tra il diritto tedesco e il diritto
italiano» (45). Al rigido e burocratico centralismo di Roma si contrapponeva la lunga tradizione del federalismo tedesco. Già nel 1950 (46),
su 9 leggi votate dall'Assemblea regionale solo 2 erano state convalidate dal governo. la Regione accusava il governo di voler annullare le
concessioni fatte nel 1948 con lo Statuto. Ma il problema era
soprattutto quello dell'equilibrio tra le due province di Trento e di
Bolzano. La Democrazia Cristiana e la Si.idtiroler Volkspartei avevano
cominciato male la loro convivenza e la continuavano in modo ancor
peggiore: il disaccordo riguardava soprattutto l'interpretazione dell'articolo 14 dello Statuto che prevedeva che la Regione esercitasse
normalmente le funzioni amministrative delegandole alle Province, ai
Comuni, ecc. La Svp sosteneva che questa delega doveva essere di
carattere ordinario (o quasi imperativo) mentre la Democrazia Cristiana affermava che essa non aveva carattere imperativo e che
l'esercizio delle competenze poteva restare alla Regione. Va segnalato
che alle elezioni del 1952 la DC aveva ottenuto ali 'interno del
Consiglio regionale la maggioranza relativa (20 seggi su 48) e che con
l'appoggio di 5 consiglieri di altri partiti italiani essa poteva bloccare
ogni iniziativa della Svp (47).
La DC e la Svp non concordavano neanche su questioni come il
bilinguismo neli'amministrazione e la rappresentanza dell'elemento
germanico in quest'ultima provincia (48). Una tale rigidità e un tale
squilibrio avrebbero avuto svariate conseguenze: un irrigidimento
45. Innsbruck, 13 gennaio 1953, Nadau.
46. 21 gennaio 1950, J.C. Wincider a Fouques Duparc.
47. Vienna, 18 gennaio 1954, Roger Lalouette a Bidaull. Laloueue trasmetteva
un promemoria che il canonico Gamper aveva comunicato al sottosegretario degli
Affari esteri Kreisky. La situazione di squilibrio e di blocco a livello delle istituzioni
era denunciata al punto 5.
48. Vienna, 31 dicembre 1953, Payart, secondo un dispaccio dell'agenzja italiana
Ansa (Jean Payart, nato nel1892, è stato alto commissario della Repubblica francese
in Austria dal 1951 al1954).
159
della linea politica seguita dalla Svp e dell'atteggiamento austriaco.
Nel 1955 le dimissioni di Hans Dietl, assessore ali'agricoltura della
Giunta regionale, in protesta al rifiuto italiano di un progetto di legge
sull'agricoltura che prevedeva la delega di una serie di compiti alle
province, scatenò ancora una volta delle polemiche e mostrò soprattutto che la Svp era pronta a contrattaccare (49). L'Austria, ora sembrava in grado di sostenerla (il Trattato di Stato era stato firmato il 15
maggio 1955) (50). Si erano già stabiliti dei contatti tra i sudtirolesi e
il governo austriaco (in particolare tra il canonico Gamper e Kreisky,
allora sottosegretario agli Affari Esteri (51)), ci si interrogava però, sui
due versanti opposti delle Alpi, sulle conseguenze inerenti alla
neutralità austriaca.
Il cancelliere Raab (52) affermava che i nazionalisti italiani sembravano credere che «la dichiarazione di neutralità dell'Austria avrebbe
tolto ai sudtirolesi ogni protezione contro l'arbitrarietà delle autorità
italiane» (53) e il «Dolomiten» affermava che «l'Austria, firmando
uno statuto di neutralità deve ben precisare i suoi diritti nei confronti
dell'Alto Adige» (54).
I dirigenti della Svp si rendevano perfettamente conto che la
neutralità, provocando l'evacuazione delle forze alleate dal Tirolo,
aumentava singolarmente il valore strategico della provincia di
Bolzano nei confronti dell'assetto strategico occidentale. La posizione
dell'Italia, di conseguenza, ne usciva rafforzata perché la sua presenza
in Alto Adige si confondeva ormai con l'interesse militare della intera
comunità occidentale.
Figi, allora ministro degli Affari Esteri (dal 1953) rispose in modo
49. 12 maggio 1955, Gaussen a Fouques Duparc: la Svp approvava questa
dimissione in un comunicato in cui denunciava la politica d'«italianizzazione», la
«Sordità» del governo di Roma agli appelli della minoranza di lingua tedesca e si
riservava la possibilità «di intraprendere ogni azione che la difesa del gruppo eli
lingua tedesca rendeva necessaria>>.
50. Roma, 13 maggio 1955, Fouques Duparc al MAE, «Die Presse», la «Neue
Wiener Tageszeitung» c la «Salzburger Nachrichtcn» presero posizione per la Svp.
51. Vd. sopra p. 159 n. 47.
52. Cancelliere dall953.
53. Vienna 26 maggio 1955, Lalouette a Pinay, ministro degli Affari Esteri.
54. Roma, 13 maggio 1955, Fouques Duparc al MAE.
160
molto fermo agli uni (i nazionalisti italiani) e agli altri (la Svp). Nel
corso di una cerimonia che commemorava il decimo anniversario
dell'Gnu, fece un discorso il 24 giugno 1955 (55) in cui evocava la
questione del Sud Tirolo. Sottolineava in primo luogo, che erano
passati dieci anni dalla firma dell'Accordo di Parigi, ma che la
popolazione interessata non aveva di che rallegrarsi per il modo in cui
questo Accordo, destinato a proteggere le sue particolarità etniche, e.ra
stato applicato. Attaccava in seguito «alcuni organi della stampa
italiana» ed affermava al riguardo che «è lo spirito del fascismo, e non
quello della Carta Atlantica, che riappare». Egli aggiungeva poi: «Che
tracotanza sostenere che la conclusione del Trattato di Stato e la
neutralità dell'Austria ci impedirebbero di adempiere ai nostri obblighi... Il nostro vicino del sud ha, come noi, il desiderio di diventare
membro delle Nazioni Unite. Noi gli auguriamo di cuore di raggiungere ben presto il suo scopo (56). Così, come membri paritari
dell'organizzazione mondiale, l'Austria e l'Italia dovranno fornire le
prove che l'intesa dei popoli, il rispetto dei trattati e la protezione
delle minoranze non sono per loro parole vane... ». Egli concludeva
affermando che «l'Austria, in diverse occasioni, a partire dal 1946, ha
dimostrato che per il nostro popolo, il rispetto della parola data è
indiscutibile».
Osiamo sperare che quando Raab e Figl parlavano di nazionalisti e
dello «spirito del fascismo che riappare>>, si riferissero al partito
neo-fascista italiano, il Msi (due rappresentanti al Consiglio regionale)
che aveva attaccato i «separatisti austriaci» (alludendo ai membri della
Svp) nel mese di giugno 1955 (57).
Il discorso, nonostante il tono polemico, era abbastanza chiaro e
metteva seriamente in guardia l 'Italia: essa non aveva rispettato gli
impegni presi come aveva fatto la sua controparte. Le parole «l'Austria e l 'Italia dovranno fornire la prova» si possono tradurre in: l 'Italia
dovrà fornire la prova che la protezione delle minoranze non è per lei
un'espressione priva di significato. Tutto ciò sottolineando con cura
55. Vienna, 25 e 27 giugno 1955, Seydoux.
56. L'Italia diventerà (come l'Austria) membro delle Nazioni UniLc alla fine del
1955.
57. Roma, 17 giugno 1955, Fouques Duparc al MAE.
161
che l'Austria e l'Italia saranno «membri paritari dell'organizzazione
mondiale».
Certamente questo discorso aveva uno scopo elettorale e simbolico,
esso era stato pronunciato per accontentare gli elementi irredentisti di
Innsbruck e Bolzano, ma non va dimenticato che Figi era proprio il
ministro degli Affari Esteri per l'Austria e che se questo paese si era
mostrato ufficialmente molto moderato fino a questo momento storico
(15 maggio 1955) ora aveva ritrovato la propria libertà d'azione
diplomatica. Non bisognava dunque, in nessun caso, sottovalutare i
suoi avvertimenti.
1.2. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal1955 a/1972
L'Austria prese di nuovo l'iniziativa e il4luglio 1956 il cancelliere
Raab accusò pubblicamente l'Italia di non aver agli obblighi che le
derivavano dali'Accordo De Gasperi-Gruber. L'8 ottobre dello stesso
anno il governo austriaco trasmise al gverno di Roma un memorandum in cui protestava contro l'estensione della Regione autonoma
mentre domandava un'uguaglianza effettiva della lingua tedesca e
della lingua italiana, parità di diritti per accedere agli impieghi
pubblici e la limitazione del flusso di immigranti italiani in Alto
Adige. Proponeva anche l'istituzione di una commissione mista di
esperti per studiare la situazione della provincia ed elaborare delle
proposte per la soluzione dei suoi problemi. Nella provincia incominciava la lunga serie di attentati alla dinamite.
Il 9 febbraio 1957, il governo italiano rispondeva al memorandum
austriaco accogliendo favorevolmente l 'iniziativa di uno scambio di
idee sull'Accordo De Gasperi-Gruber, ma solo per le normali vie
diplomatiche. Rifiutava invece la creazione di una commissione mista
che avrebbe potuto porre a livello internazionale una questione che era
puramente interna.
Nel frattempo, nella provincia, la situazione stava precipitando. Gli
attentati si moltiplicavano mentre le istituzioni erano bloccate. Il 14
marzo 1957 la Corte costituzionale dava ragione ai trentini riguardo
all'articolo 14 dello Statuto. La tensione era all'apice.
Un telegramma (in data 15 ottobre 1957 del ministro dei Lavori
pubblici al sindaco di Bolzano fu la goccia che fece traboccare il vaso.
162
Il mtmstro Togni annunciava, in effetti, lo stanziamento di due
miliardi e mezzo di lire per la costruzione di un nuovo quartiere. I
rappresentanti della Svp considerarono questa decisione governativa
come una manovra per mandare dei lavoratori italiani in Alto Adige. Il
17 novembre 1957 organizzarono un raduno a Castel Firmiano
(provincia di Bolzano) a cui parteciparono 35.000 sudtirolesi. Il
partito presieduto ormai da Silvius Magnago, inaspriva i toni e
lanciava il famoso slogan: «Los von Trient» (via da Trento). I
sudtirolesi reclamavano la creazione di una regione autonoma limitata
alla regione di Bolzano, e nel 1958 i senatori della Siidtiroler
Volkspartei presentavano in Parlamento un progetto di legge
riguardante un nuovo statuto d'autonomia per la regione Stidtirol
(Statuto di autonomia per la Regione Siidtirol-Tirolo del Sud) (58).
Questo progetto non ebbe seguito, tuttavia, rivelava chiaramente le
intenzioni della Svp; vi si prevedeva: un censimento con dichiarazione
di appartenenza ad un gruppo etnico (art. 3), che gli impieghi pubblici
fossero assegnati sulla base della proporzione numerica di ogni
gruppo (art. 4), mentre l'articolo 5 dava la priorità negli impieghi
pubblici e privati alle persone originarie della Regione (Si.idtirol). Va
segnalato anche che, in base all'articolo 6 par. 3, la nuova Regione
avrebbe avuto il diritto esclusivo di legiferare sull'organizzazione del
diritto di residenza. Inutile dire che questo progetto allargava di molto
(31 materie) il campo legislativo dello Statuto.
Nella provincia gli attentati terroristici si moltiplicavano, erano
perpetrati dal Bas (Befreiungs Anschluss Siidtirol). A livello regionale
l'alleanza DC-Svp veniva spezzata, nel 1959, dai sudtirolesi che
intendevano protestare contro una modalità d'applicazione dello
Statuto riguardante la costruzione immobiliare. Secondo loro, con
questa modalità veniva tolta, ancora una volta, una competenza alla
Provincia.
Quello stesso anno, in settembre, Kreisky (che aveva sostituito nel
1956 Figi, a capo del ministero degli Affari Esteri) dichiarò alla XIV
Assemblea della Nazioni Unite che l'Accordo del 5 settembre 1946
non era ancora stato applicato integralmente. Aggiungeva che la
concessione dell'autonomia alla sola provincia di Bolzano avrebbe
58. Per il testo di questo progetto vd. Castelli, op. cit., p. 79.
163
potuto costituire la tutela necessaria per la minoranza e che se non si
fosse trovata un'intesa entro l'anno seguente, il governo austriaco
avrebbe portato la questione all 'Onu. Durante tutto un anno, perciò
(settembre 1959-settembre 1960) i governi italiano e austriaco cercarono di trovare il modo di trattare, ma le divergenze riguardavano il
modo stesso di affrontare il problema. Per l 'Italia il problema era
giuridico, riguardava infatti, l 'interpretazione dell'Accordo De
Gasperi-Gruber per cui bisognava ricorrere alla Corte internazionale
deli'Aja, mentre per l'Austria il problema era politico e andava quindi
sottoposto alla XV sessione dell'Assemblea dell'Gnu (59). E' ovvio
che l'Assemblea generale dell'Onu rispetto alla Corte internazionale
di Giustizia era una tribuna migliore per sostenere le proprie rivendicazioni. Oltre ad internazionalizzare la questione essa avrebbe
permesso all'Austria di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica
mondiale e di fare in questo modo pressione sull'Italia mentre in Alto
Adige gli attentati si susseguivano (60). L'Italia sarebbe stata così
sottoposta ad una pressione sia esterna che interna. Lo scopo austriaco
sembrava essere stato raggiunto poiché l'Italia, il 23 settembre 1960,
non si opponeva ad iscrivere la questione nell'ordine del giorno della
XV Assemblea dell'Gnu (61). Il governo italiano accettava di internazionalizzare la questione del Sud Tirolo. La vittoria dell'Austria,
tuttavia era una semi-vittoria poiché Kreisky non riusciva a far
prevalere la risoluzione austriaca. n 31 ottobre 1960 la XV Assemblea
adottò una risoluzione approvata ufficiosamente dali 'Italia. Essa
sollecitava le due parti affinché riprendessero le trattative allo scopo di
trovare una soluzione a tutte le divergenze relative all'applicazione
deli'Accordo di Parigi.
Essa raccomandava che, in caso di mancanza di risultati soddisfacenti, in un lasso di tempo ragionevole, le parti prendessero in
considerazione la possibilità di cercare una soluzione alle divergenze
59. Per le divergenze di natura politica e giuridica vedi sopra p. 122 n. 47.
60. Il terrorismo sudùrolese durerà una decina d'anni. G li attentati compiuti
saranno 323 con 23 morti (vd. Guiglia, Alto Adige: Volti e risvolti di un "Golpe"
perjeuo, Hangcr, Merano 1983, p. 17).
61. Il titolo del ricorso austriaco (dopo lunghe trattative itala-austriache) era: «Lo
statuto dell'elemento di lingua tedesca nella provincia di Bolzano (Bozen). Applicazione dell'Accordo di Parigi del 5 settembre 1946» (vd. Toscano, op. cit.).
164
ricorrendo ai mezzi previsti dalla Carta dell'Onu compreso il ricorso
alla Corte internazionale di Giustizia o a qualsiasi altro mezzo pacifico
a loro scelta. Essa invitava anche i due paesi ad astenersi dal
commettere atti che potessero nuocere ai rapporti amichevoli tra le
due parti (62).
In seguito a questa decisione, si tennero molte riunioni al vertice:
Segni e Kreisky si incontrarono nel gennaio 1961 a Milano, poi in
maggio a Klagenfurt e ancora a Zurigo il 24 giugno 1961. Ma questi
incontri si svolsero in un clima di tensione (11 attentati in maggio e 47
la notte dell'll-12 giugno 1961) e d'incomprensione reciproca.
Kreisky proponeva sempre l'invio di una commissione d 'inchiesta
internazionale nel Sud Tirolo e, da parte italiana, Segni si limitava alla
proposta di ricorrere alla Corte internazionale di Giustizia dell'Aja. Il
ripristino, nel luglio 1961, dell'obbligo di visto per i cittadini austriaci
che volevano recarsi in Italia, era sintomatico della tensione esistente.
Ma era anche un provvedimento contro il terrorismo. Il governo
italiano accusava Vienna di connivenza con i terroristi sudtirolesi. In
Italia venivano arrestati numerosi cittadini austriaci e sudtirolesi.
Veniva trovato del materiale austriaco (63) e l'Austria era accusata di
sostenere un movimento irredentista, il Berg Isel Bund (64), che
reclamava l'autodeterminazione per il Sud Tirolo. Il governo austriaco
negava in blocco le accuse italiane. La tensione non cessò di salire e
l'Austria, il 18 luglio 1961, domandò l'iscrizione della questione
nell'ordine del giorno della XVI Assemblea generale dell'Onu. Ma il
1° settembre 1961, il ministro dell'Interno Scelba prendeva un'iniziativa decisiva a cui aderivano le popolazioni locali, per un esame
congiunto della situazione al fine di superare le difficoltà. Venne
62. Per il testo vd. Castelli, op. cit., p. 90.
63. La polizia italiana aveva trovato degli esplosivi, dei volantini e del denaro.
64. Il Berg Isel Bund era stata fondato nel 1958. Il monte- bcrg in tedesco - Iscl
era un luogo dove aveva combattuto Andreas Hofer. I legami dell'organizzazione
con alcuni membri del governo austriaco, in particolare col prof. Gschnitzer allora
sottosegretario degli Affari Esteri non erano un segreto per nessuno. Il 23 settembre
1958 il prof. Gsehnitzer veniva eletto presidente del Berg Isel Bund, egli rifiutava
l'incarico ed affermava che l'avrebbe assunto nel momento in cui fosse scaduto il
suo incarico ministeriale (vd. la rivista Relazioni Internazionali, n. 42 del 21 ottobre
1961, Ispi, Milano, p. 1432).
165
creata una commissione, detta poi <<commissione dei 19» che comprendeva tutti i parlamentari della Svp, alcuni delegati di questo stesso
partito e alcuni ladini. Il governo italiano aveva ceduto e aveva deciso
di avviare delle trattative: i lavori dei 19 dovevano vertere sul «Nuovo
Statuto per il Trentino Alto Adige» che entrerà in vigore nel 1972.
Nel frattempo, il dibattito all'Onu assumeva toni polemici soprattutto a causa del terrorismo, ma l'Assemblea generale alla fine del
1961, approvava una risoluzione simile a quella dell'anno precedente.
La polemica sul terrorismo non accennava a diminuire, l'Austria a sua
volta accusava l'Italia di maltrattare i prigionieri sudtirolesi e austriaci.
I negoziati ripresero nel 1962 e Kreisky accettò di aspettare i
risultati dei lavori della «Commissione dei 19». La: commissione
terminò i lavori nell'aprile 1964 presentando un «pacchetto» (65)
(«package deal» in inglese) di offerte e proposte su cui si sviluppò il
dibattito tra le differenti forze politiche all'interno, e tra l'Austria e
l'Italia all'esterno. Gli italiani cercavano di chiudere la controversia
internazionale facendo concessioni ali'Austria.
Il 25 maggio 1964, Kreisky e Saragat (allora ministro degli Esteri)
si incontrarono a Ginevra. Kreisky propose di istituire una commissione mista di esperti che avrebbe esaminato i risultati dei lavori dei
19 e avrebbe cercato una soluzione ai problemi non risolti. Questa
comririssione avrebbe anche dovuto trovare il modo di porre fine alla
controversia internazionale. Saragat accettò le proposte di K.reisky. Ci
vorranno ancora lunghi anni prima di arrivare ad un accordo globale
sul Nuovo Statuto d'autonomia e sulle modalità di chiusura della
controversia internazionale.
Il 22 novembre 1969, il congresso dell Svp approvava, con una
maggioranza striminzita, il Pacchetto rimaneggiato dopo lunghe
trattative. Il 30 dello stesso mese a Copenhagen i ministri degli Esteri
Aldo Moro e Kurt Waldheim confermarono l'intesa fondamentale
sulla questione. Il 4 e 5 dicembre 1969 La Camera dei deputati e il
Senato ratificarono il Pacchetto. Il Consiglio nazionale austriaco li
65. Il termine «pacchetto» si riferiva all'insieme di offerte e proposte dei 19, ma
sarà in seguito usato comunemente per designare il Nuovo Statuto d'autonomia della
Regione Trentina-Alto Adige.
166
imitò il 6 dicembre dello stesso anno (66). Il Nuovo Statuto d'autonomia entrava in vigore il 20 gennaio 1972 e, per garantirne l'applicazione l'Italia e l'Austria adottavano un calendario operativo per mettere
in atto tutti i provvedimenti previsti dallo Statuto. Quando fossero
state applicate tutte le misure l'Austria avrebbe consegnato ali 'Italia
una «quietanza liberatoria», cioè una dichiarazione nella quale la
questione del Sud Tirolo o Alto Adige, internazionalizzata nel 1960
ali'Onu, si considerava risol ta.
I sudtirolesi e l'Austria erano quindi riusciti a raggiungere i loro
scopi:
l) la revisione dello Statuto con un'autonomia speciale per la
Provincia di Bolzano (che diventava la «Provincia autonoma di
Bolzano») all'interno di una Regione che aveva solo un ruolo
coordinatore,
2) l'internazionalizzazione della questione, col diritto di controllo
ufficiale da parte dell'Austria sull'applicazione dell'autonomia.
Dalla semi-vittoria degli anni '60 si passava dunque ad una vittoria
definitiva degli elementi di lingua tedesca della provincia.
E' doloroso constatare che gli italiani erano passati dalla linea dura
di De Gasperi alla resa totale nei confronti dei loro avversari. Non ci
rammarichiamo per la scomparsa della «linea dura» ma per la
mancanza di una linea politica «tout court». Il nuovo Statuto era un
successo per la Svp e significava, in una provincia dove gli italiani
erano minoritari, uno squilibrio a loro sfavore.
Aver ceduto così facilmente, dopo una battaglia durata decenni
significava quindi mancare completamente di lungimiranza.
A nostro modesto avviso, quando si fa una cosa, giusta o sbagliata
che essa sia (mantenimento dell'Alto Adige all'Italia), e ci si prefigge
un obiettivo (controllo stretto di una popolazione ostile ali 'interno di
una regione- il Trentino-Alto Adige- a maggioranza italiana) si deve
continuare nella stessa direzione.
La resa completa, la mancanza di una politica vera (condotta da uno
statista e non da dei politicanti di bassa leva) non possono che
66. L'approvazione del Pacchetto da parte del Consiglio nazionale austriaco
metteva in risalto la posizione di forza dell'Austria di fronte all'Italia nella questione
del Sud Tirolo. Va ricordato (vd. sopra p. 121 n. 45) che l'Accordo dell946 non era
stato sottoposto al voto del Nationalrat.
167
condurre alla soppraffazione dei più deboli, allo squilibrio tra gruppi
etnici ed infine al caos. Per i sudtirolesi e gli austriaci De Gasperi era
stato un avversario o un nemico degno comunque di stima. Dopo di
lui cosa devono mai pensare i sudtirolesi e/o gli altoatesini del
marasma romano?
Questo lo lasciamo indovinare al lettore. Uno sguardo alle conseguenze di questa sconfitta italiana è importante per cercare di capire
quali sono le prospettive per l'avvenire di questa provincia dove le
parole «equilibrio» e «moderazione» non sembrano ancora essere
entrate nel linguaggio corrente.
168
CONCLUSIONE
l. D Nuovo Statuto e la situazione attuale (1972-1985)
li Nuovo Statuto manteneva le istituzioni del 1948, ma rafforzava
notevolmente le prerogative delle due province di Trento e di Bolzano
rispetto alla Regione. Questo era sottolineato dall'articolo 3 - paragrafo 3 - dello Statuto stesso:
«Alle Province di Trento e di Bolzano sono attribuite forme e
condizioni particolari d'autonomia secondo il presente Statuto». La
competenza legislativa della Regione si restringeva sensibilmente:
delle 17 materie non subordinate fissate nel 1948 ne restavano 10 (art.
4) e delle 8 subordinate ne rimanevano 3 (art. 5). La funzione
legislativa del Consiglio provinciale risultava al contrario rafforzata.
Le materie non subordinate passavano da 14 a 29 (art. 8). Le
competenze venivano allargate o create ex-novo; in materia culturale
(paragrafo 4), nella costruzione d'immobili (p. 8), in campo naturale
(miniere, acque, cave, caccia, pesca, parchi nazionali, ecc.. nei
paragrafi 14, 15, 16), nelle comunicazioni, nei trasporti e servizi
pubblici (p. 17, 18, 24), nella gestione dei servizi pubblici (p. 19), nel
turismo (p. 20), nel!'agricoltura e foreste (p. 21), nell'espropriazione
per pubblica utilità (p. 22), nella formazione professionale e nel
collocamento dei lavoratori (p. 23 e 29), nella costruzione di scuole e
in tutto l'ambito scolastico (p. 26, 27 e 28) e nell'assistenza pubblica
(p. 25). Le materie subordinate (art. 9) passavano da 3 a Il. Le novità
erano costituite dalle materie riguardanti: ilcommercio (p. 3), il lavoro
e il collocamento (p. 4 e 5), la pubblica sicurezza per gli spettacoli
pubblici (p. 6), gli esercizi pubblici (p. 7), l'incremento della pro-
169
duzione industriale (p. 8), l'utilizzazione delle acque pubbliche (p. 9),
l'igiene e tutto il settore sanitario (p. 10) ed infine le attività sportive
(p. 11).
L'enumerazione di queste materie è necessaria per capire fino a che
punto il nuovo Statuto aveva aumentato le prerogative della Provincia.
Le materie elencate riguardano quasi tutti i settori della vita economica, pubblica (l) e culturale della Provincia.
Il governo italiano non perdeva tuttavia il diritto di rinviare i
progetti di legge che, a suo avviso, andavano al di là delle competenze
del Consiglio provinciale, davanti al Parlamento o alla Corte costituzionale (art. 55).
La Provincia di Bolzano riceveva indirettamente anche altre prerogative economiche, finanziarie e culturali attraverso l'articolo 11
(apertura di agenzie bancarie), l'articolo 13 (fornitura privilegiata
d'energia idroelettrica alla Provincia), l'articolo 14 (parere obbligatorio della Provincia per gli investimenti dello Stato sul suo territorio),
l'articolo 19 (parere obbligatorio della Provincia per l 'istituzione di
una Università sul suo territorio), l'articolo 77 (destinazione alla
Provincia dei 9/1O di alcune imposte che sono normalmente monopolio di Stato come quelle che riguardano la vendita di bolli di
circolazione, francobolli o tabacchi (!)), o ancora ali'articolo 79 con
l'applicazione alla Provincia dell'articolo 119, p. 3 della Costituzione:
«Per provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare
il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge alle singole
l. Si noti che la Provincia (art. 9) poteva promulgare delle leggi riguardanti la
polizia locale urbana e rurale e che il presidente della Giunta provinciale esercitava
alcune funzioni spettanti all'autorità di pubblica sicurezza (art. 20). Il presidente
continuava a rappresentare la Provincia, era capo dell'amministrazione e soprattutto
- e questo cosùtuiva un'interessante novità - in base all'articolo 54, poteva
intervenire nelle sedute del Consiglio dei ministri qualora si trattassero questioni che
riguardavano la Provincia. Inoltre poteva impugnare, in base all'articolo 98, una
legge della Repubblica e ricorrere alla Corte costituzionale.
170
Regioni contributi speciali» (!!) (2).
A questo nuovo elenco (che è ben lungi dali'essere esauriente) dei
privilegi e diritti della Provincia, si devono aggiungere tutte le misure
di protezione etnica atte ad una difesa adeguata del gruppo di lingua
tedesca che si sentiva- ricordiamolo- sommerso dal flusso migratorio
italiano.
Per primo troviamo l'articolo 10: «l cittadini residenti nella
Provincia di Bolzano hanno diritto alla precedenza nel collocamento
di lavoro nel territorio della Provincia stessa...». Uno degli articoli
dello Statuto proposto nel 1958 dalla Svp (3) era stato approvato, ne
sarebbero seguiti altri. Negli articoli 25 e 63 l'esercizio del diritto
elettorale era subordinato. ad un periodo di quattro anni di residenza
nella Provincia. Si noti che se nello Statuto del 1948 questo provvedimento esisteva già (per un periodo di tre anni), non era tuttavia così
imperativo come nel 1972.
In base all'articolo 89 la Svp otteneva che i posti per il personale
dell'amministrazione pubblica fossero riservati a cittadini appartenenti
ad ognuno dei tre gruppi linguistici in base al censimento dei gruppi
stessi, che risultava dalla dichiarazione di appartenenza etnica resa nel
censimento ufficiale della popolazione. L'attribuzione di posti riservati ai cittadini di lingua tedesca o ladina sarebbe stata effettuata
gradualmente fino a raggiungere il rapporto tra i gruppi stabiliti dal
2. Per quanto riguarda l'articolo 119 della Costituzione italiana vedi Duverger,
op. cit. p. 551. Il provvedimento previsto dal Nuovo Statuto all'articolo 79 è
impressionante se si paragona il sottosviluppo del Mezzogiorno d'Italia allo
sviluppo del Nord del paese. Se è vero che negli anni '70 (vd. Baleste, op. cit. p. 52)
la popolazione dell'Alto Adige aveva un reddito annuale per abiLante (media
nazionale: 100) uguale o di poco superiore alla media nazionale: da 100 a 110
(Lombardia, Piemonte, Liguria: 130 e più) il Mezzogiorno e la Sicilia avevano un
reddito annuale per abitante inferiore a 70. Di conseguenza l'estensione dei
«contributi speciali» all'Alto Adige (e al Trentina) ci sembra completamente
ingiustificata. Questa estensione ci pare ancora più assurda se si pensa che le regioni
autonome hanno continuato fmo ad oggi a percepire questi contributi. Nel 1986, il
Trentina-Alto Adige (860.000 abitanti circa) riceveva 5.000 miliardi lordi, mentre,
ad esempio la provincia di Roma (3.700.000 abitanti circa) ne riceveva 1.600. Lo
squilibrio tra regioni autonome e non, è palese. (Per i contributi speciali vedi anche
p. 182 n. 40).
3. v. p. 163.
171
censimento e ciò sarebbe avvenuto attraverso nuove assunzioni là
dove risultavano dei posti vacanti. Il personale di lingua tedesca non
poteva essere trasferito fuori dalla Provincia. La «rappresentanza
etnica proporzionale» si applicava anche alla magistratura, i magistrati
di lingua tedesca erano inamovibili. Con l'articolo 99 la lingua tedesca
si collocava allo stesso livello della lingua italiana e in base all'articolo 100, i cittadini potevano rivolgersi ad ogni autorità o amministrazione pubblica nella propria lingua madre. Nelle riunioni degli
organi istituzionali si potevano utilizzare sia l'italiano che il tedesco.
Nei rapporti amministrativi era previsto l'uso delle due lingue (scritta
e orale). In un futuro si prevedeva anche l 'utilizzazione delle due
lingue in altre circostanze. Inoltre secondo l'articolo 101 l'amministrazione della Provincia doveva usare anche la toponomastica
tedesca.
Questi articoli imponevano un bilinguismo di fatto neli'amministrazione pubblica che doveva essere favorito dall'obbligo di insegnamento della seconda lingua a partire dalle scuole elementari (art. 19).
Le modalità di applicazione dello Statuto dovevano essere fissate
da decreti legislativi dopo aver ascoltato una commissione speciale di
6 membri, dove gli elementi di lingua tedesca dovevano essere
minimo due (4) (art. 107). Abbiamo visto che la Provincia riceveva
ampi poteri e, nonostante tutti i suoi difetti (come, per esempio la
<<proporzionale etnica» neIl'amministrazione), il Pacchetto avrebbe
potuto funzionare se ci fosse stato un equilibrio nella consistenza
numerica ed a livello politico tra il gruppo di lingua tedesca e quello
di lingua italiana. In realtà, malgrado la famosa <<italianizzazione>> del
dopo guerra, il rapporto numerico era, nel 1961, di 2/3 di sud tirolesi
(stimati 232.000 circa) e 1/3 di italiani (128.000 circa) mentre i ladi n i
erano solo 12.500 (5).
Dal punto di vista politico la Svp aveva tutto il potere e dominava
senza problemi il Consiglio e la Giunta provinciale. Nel Consiglio
provinciale deteneva la maggioranza assoluta dei seggi con 15
consiglieri su 24 dal 1960 al 1964, 16 consiglieri su 25 dal 1964 al
4. Al massimo tre.
5. Bracalini, op. cit. p. 104, si parla di stime, il censimento con dichiarazione dì
appartenenza etnica non era stato ancora inventaLo.
172
1968 (idem dal 1968 al 1973) e 20 consiglieri su 34 dal 1973 al 1978
(6).
Questa incontestata supremazia avrebbe potuto e dovuto essere
controbilanciata da uno Stato forte. Ma lo Stato italiano aveva
capitolato negli anni '60 di fronte all'Austria e al terrorismo. Nella sua
posizione di debolezza doveva affrontare negli anni '70 altri problemi
più gravi ed urgenti come la crisi petrolifera ed il terrorismo d'estrema
sinistra.
Al potere incondizionato della Svp ed allo squilibrio tra i due
gruppi, si aggiungevano fenomeni sociali ed etnici che non
contribuivano affatto ad amalgamare i due gruppi linguistici dominanti. Al contrario, a partire dagli anni '60 si era sviluppato nell'ambito
culturale, religioso ed anche economico un fenomeno di separazione
tra i due gruppi. Si poteva affermare: «Nelle chiese dell'Alto Adige si
continuano a celebrare messe separate, una per gli italiani, una per i
tedeschi in un rigido apartheid religioso e civile che non risparmia i
matrimoni, i battesimi e le prime comunioni» (7). La parola apartheid
potrebbe sembrare casuale o, peggio ancora, nazionalista c razzista.
Ma essa era giustificata da Magnago (8) in persona. Egli difendeva la
politica economica della Svp che, per paura dell'assimilazione, si
opponeva all'industrializzazione della provincia. Magnago avrebbe
dichiarato: «La nostra può essere considerata una forma di apartheid
difensivo, non razziale» (9) (come se ogni movimento xenofobo e
nazionalista non avesse un carattere difensivo, pretendendo di difendere la razza, la patria, ecc.(!!)).
I ricordi del fascismo erano ancora vivi, ma questo fenomeno
«d'autodifesa» storicamente spiegabile, anche se secondo noi moralmente ingiustificabile, assumeva proporzioni smisurate accentuate
6. Lando e Magagnotti, op. cit. p. 253 e ss.
7. Bracalini, op.cit. p. 133.
8. Silvius Magnago (vd. p. 153) è presidente (ruolo che corrisponde piuttosto a
quello di segretario generale) della Svp dal 1957 e presidente della Giunta
(esecutivo) dal 1960. E' in questo modo il capo incontestato della Provincia.
9. Bracalini, op.cit. p. 119. Gli operai della zona industriale di Bolzano erano per
il 95% italiani, Magnago temeva che l'installazione di nuove industrie attirasse i
giovani sudtirolesi nelle città e favorisse così l'amalgama delle due componenti
etniche della provincia.
173
dallo Statuto del 1972 e dalla rigidezza del partito al potere, la Svp.
Sarebbe difficile fornire un quadro esatto e completo del rompicapo
altoatesino, ci si limiterà a cercare di delinearne i punti più importanti.
Il primo è costituito oggi dalla segregazione etnica, l 'apartheid,
fenomeno che nasce negli anni '60 e che è ormai istituzionalizzato.
L'attuale segretario della DC di Bolzano, Franco Ravagnani, spiega in
che modo si è arrivati attraverso lo Statuto del 1972 a questa
situazione. «La separazione nasce all'interno della scuola, perché la
sola forma di separazione prevista dallo Statuto d'autonomia è
scolastica, partendo da lì si estende poi alle altre istituzioni per
esempio all'esercito. Al "Savoia Cavalleria" di Merano ci sono
camerate separate ed anche in altre caserme. Molta gente dice "E'
meglio così". In tal modo tutto ciò che non è logico lo diventa. La
separazione aumenta con l'applicazione dell'autonomia e questo fa
parte della strategia della Volkspartei» (10). Tali constatazioni potrebbero rappresentare un caso isolato, essere le accuse di un demagogo
ma, purtroppo, per il gruppo di lingua italiana non è cosi: «In Alto
Adige la "separazione pacifica" (11) è in atto in tutti i campi: scuole
(12) e bambini, case e insegnanti, ginnasi e assessori (13), preti,
giornali, cinema. Rigorosamente: gli italiani da una parte, isudtirolesi
e i ladini dali'altra. Aspettiamo che CI venga dimostrato il contrario»
(14).
Una situazione così assurda era aggravata dal sistema instaurato
dall'articolo 89 dello Statuto del 1972. La dichiarazione d'appartenenza a uno dei tre gruppi linguistici avrebbe posto dei gravi problemi di
ordine morale e pratico. Si parlava ormai di «gabbie etniche» (quale
10. Citazione tratta da S. Vassalli, Sangue e suolo, viaggio tra gli italiani
trasparenti, Einaudi, Torino 1985, p. 29.
11. L'autore (Guiglia op. cit. p. 21) ironizza apertamente sulla «convivenza
pacifica» a suo parere utopica, sostituendola ironicamente con l'espressione
«separazione pacifica».
12. Visto dall'autore stesso a Merano il 30 ottobre 1985. Gli allievi di lingua
italiana e tedesca, seguono corsi separati in edifici contigui che hanno però entrate
separate ben indicate da frecce segnaletiche.
13. Nella Commissione provinciale di Bolzano esiste per esempio un assessore
alla Cultura di lingua tedesca (Anton Zelger).
14. A questo proposito Magnago dichiarava di recente: «Separare i gruppi ed
evitare l'integrazione è una necessità» da Vassalli, op. cit. p. 98.
174
sarebbe stata la definizione per i figli nati da matrimoni misti?).
L'ultimo censimento risaliva al1981, in quell'occasione il movimento
«Neue Linke - Nuova Sinistra» di Alexander Langer, consigliere
provinciale aveva organizzato un movimento di boicottaggio del
censimento etnico che non ebbe il successo sperato: solo 5.531
persone rifiutarono la dichiarazione. Ora, nonostante l'esiguità del
numero, queste persone si vedevano automaticamente private del
diritto ad un impiego pubblico.
Ma il problema vero e proprio era costituito dalla «proporzionale
etnica» negli impieghi pubblici. Va ricordato che i gruppi di lingua
tedesca e ladina in base all'articolo 89 avrebbero avuta assicurata una
parte di questi impieghi in rapporto alla loro consistenza numer!ca.
Dal censimento del 1981 (15) emergevano i seguenti dati: i cittadini di
lingua tedesca rappresentavano il 66,9% (279.576 residenti) della
popolazione della provincia, i cittadini di lingua italiana il 28,7%
(123,716) di questa stessa popolazione e quelli di lingua ladina il4,1%
(17,739) per un totale di 421.031 cittadini residenti nella provincia.
Gli impieghi pubblici avrebbero dovuto ormai essere ripartiti in modo
da coprire queste proporzioni e da equiparare il numero smisurato di
funzionari ed impiegati pubblici italiani, che da una proposizione del
90% negli anni '60 dovevano a poco a poco passare, con la
proporzionale etnica, al 28,7%. Purtroppo, come ammetteva ancora
Gru ber negli anni '50, gli abitanti di lingua tedesca non erano molto
attratti dal settore pubblico e molti posti rimasero vacanti. Inoltre, dato
che la «proporzionale etnica» sarebbe stata applicata poco alla volta a
tutti i settori gestiti dalla Provincia (assistenza pubblica, tutti i servizi
pubblici, ma anche la costruzione di scuole, di alloggi, ecc.) per una
coabitazione serena si sarebbe dovuta lasciare una certa flessibilità.
Ma non fu così: gli impieghi riservati ai cittadini di lingua tedesca
rimasero spesso vacanti in attesa che qualche cittadino di lingua
tedesca volesse concorrere per questo o quel posto (16). D'altra parte
ci sarebbe voluta una certa elasticità, oggi molti funzionari, medici,
ecc. si trovano la carriera bloccata perché il posto più in alto è
15. Lando e Magagnotti, op. cit. p. 112.
16. Vassalii, op.cit. pp. 25-122-123.
175
riservato ad un rappresentante dell'altro gruppo etnico (17). Ed infine
per quanto riguarda il settore degli alloggi e della scuola: «La
Volkspartei privilegia la componete tedesca in molti modi. Per
esempio l'articolo 15 dello Statuto d'autonomia che prevede la
correzione del meccanismo proporzionale in caso di bisogno. Quelli
che hanno bisogno, qui, sono soprattutto gli italiani. Tuttavia negli
anni '70 si sono realizzati degli interventi massicci nel campo
dell'edilizia in diverse voci del bilancio della Provincia (agricoltura,
turismo) ad esclusivo vantaggio della componente tedesca» (18).
Un altro problema è rappresentato dall'obbligo del bilinguismo in
ogni impiego pubblico, il che pone gravi problemi alla comunità
italiana tanto più che è necessario un esame scritto e orale ed è inoltre
difficile essere assunti, anche in impieghi privati, se non si ha una
buona conoscenza del tedesco. Tutto ciò può sembrare naturale, ma gli
italiani contestano le possibilità che vengono loro date di imparare la
seconda lingua. Ricordiamo che in base all'articolo 19 l'insegnamento
di questa lingua è obbligatoria a partire dalla scuola elementare; gli
italiani vorrebbero invece che fosse obbligatorio a partire dalla scuola
materna. Ferretti, assessore alla cultura per la lingua italiana, afferma
(19): «C'è da parte tedesca un veto politico all'introduzione della
seconda lingua nelle scuole materne. Noi pensiamo, invece, che
insieme all'apprendimento della lingua materna si potrebbe compiere
un primo approccio alla seconda lingua a partire dall'età prescolare».
Anton Zelger (20) assessore alla cultura per la lingua tedesca pensa sia
meglio che: «Ognuno faccia il programma per il suo gruppo» e
risponde che «Ferretti ha detto che: "questo insegnamento lo si fa solo
per il nostro gruppo". Ma se l'idea si fa strada si arriverà alla richiesta
di inserire la lingua italiana anche nelle nostre scuole materne... Se
l'accostamento si fa in famiglia, in un ambiente culturale favorevole,
allora non ci trovo niente di male. Ma sono singoli casi isolati. La
nostra paura è che tutti vogliano questo apprendimento...».
17. Vassalii, op.cit., pp. 25-122-123.
18. Dichiarazione di Ravagnani, segretario della DC di Bolzano (vd. Vassalii, op.
cit., p. 29).
19. Vassalii, op. r.it.. p. 76.
20. V assalti, op.cit., p. 81.
176
A parte la separazione delle scuole materne (21) che può stupire
chiunque, gli italiani in fondo rimproverano alla Svp di avere
introdotto il bilinguismo obbligatorio nell'amministrazione con la
parificazione delle due lingue, ma di non aver dato loro modo di
imparare il tedesco fin dalla tenera età. Una situazione paradossale,
una di più.
Una tale visione della situazione può sembrare parziale, ma è
confortata da tangibili segni di malessere degli italiani nella provincia.
Il primo segnale d'allarme è rappresentato dalla situazione demografica del gruppo italiano che è, a dire il vero, disastrosa. Dal
1971la comunità italiana è diminuita del 10,2% (22), il gruppo etnico
tedesco è aumentato del 7,38% e il gruppo ladino del 14,38%.
Nell'anno 2001 (cioè non al prossimo censimento, ma a quello dopo)
se la diminuzione numerica continua con la stessa progressione, il
rapporto sarà di due italiani su 8 sudtirolesi o ladini. Queste previsioni
sono confermate e aggravate dal fatto che nella fascia d'età che va
dagli zero ai quattro anni gli italiani costituivano nel 1981 una
percentuale del 17,58% e i sudtirolesi del 73,54%. Si potrebbe dedurre
che ciò è dovuto alla bassa natalità del gruppo italiano e che le rivalità
etniche non c'entrano per nulla, ma come spiegare allora che 14.000
(23) italiani si sono dichiarati di lingua tedesca piuttosto che di lingua
italiana? Come spiegare che molti italiani preferiscono cambiare nome
(questo ci ricorda il fascismo!) facendosi chiamare Adolf, Peter, Karl,
piuttosto che Adolfo, Pietro o Carlo? (24)
Si deve constatare amaramente che lo Statuto del 1972 abilmente e
legalmente rimaneggiato dalla Svp, non contribuisce affatto (ne è ben
lontano) all'armonia e all'equilibrio tra le diverse comunità. Non
dichiarava forse Magnago: «Noi amministratori dobbiamo creare le
premesse perché ogni gruppo possa conservare la propria identità, se
21. V. «Appello al governo dall'Alto Adige» da un gruppo rappresentante i
genitori delle scuole materne di Bolzano, 22 dicembre 1987, «Il Giornale». In questo
appello si legge: «Educare ibambini dell'Alto Adige alla rigida separazione fm dalla
tenera elà significa spingere la provincia non già ali'Europa ormai alle porte, ma a
un maso sempre più chiuso e isolato nel cuore dell'Europa».
22. Per tutte queste cifre vedi Guiglia, op. cit., p. 125.
23. Guiglia, op. cit., p. 91.
24. Guiglia, op. cit., p. 43.
177
lo vuole. Ma se questo gruppo rinuncia e decide di autoeliminarsi io
non posso certo impedirglielo»? (25)
Davanti a difficoltà di ogni genere (alloggi, lavoro,...) gli italiani
della provincia pare si siano tirati indietro, molti sono partiti o stanno
per farlo mentre altri hanno preferito mescolarsi al gruppo dei più forti
per trovare o conservare il posto.
Ma questo malessere si è ripercosso in modo sorprendente anche
nell'ambito politico. Già nel 1983 Vassalli notava l'effetto sulla
popolazione italiana delle idee nazionaliste del Msi (26). Alle elezioni
provinciali comunque il Msi otteneva solo due seggi su 35, ma il
risveglio del nazionalismo sudtirolese manifestatosi nel settembre
1984, avrebbe esasperato la popolazione italiana. In effetti il 9
settembre 1984, a Innsbruck, si svolgeva una manifestazione di 30.000
persone con la partecipazione di Magnago, Wallnofer (governatore del
Tirolo settentrionale) e del presidente austriaco KirchschHiger. Dei
30.000 manifestanti, circa 10.000, per la maggior parte Schiitzen,
provenivano dal Sud Tirolo. Gli slogan più insistenti furono «Selbstbestimmung fiir Siidtirol» (autodeterminazione per il Sud Tirolo) e
<<Tirol den Tirolem» (il Tirolo ai tirolesi). La manifestazione aveva lo
scopo di dimostrare al mondo intero l'unità del Tirolo e l'irrinunciabilità da parte dei sudtirolesi al principio imprescrittibile dell'autodeterminazione. Essa diede luogo come si può immaginare a polemiche,
ma agli italiani della provincia sembrò soprattutto una provocazione.
La reazione degli italiani non si fece attendere. Il 12 maggio 1985 si
svolsero le elezioni comunali nella provincia e a Bolzano il Msi di
Giorgio Almirante otteneva il 22,58% dei voti, un balzo in avanti
eccezionale se si pensa che cinque anni prima questo stesso partito
aveva ottenuto il 6,27% dei voti alle elezioni del Consiglio comunale.
Questa reazione era una protesta contro gli abusi della Svp e si
materializzava nel voto per un partito che non aveva perso occasione
di reclamare una riforma o l'abolizione degli articoli dello Statuto
25. Citazione da Vassalii, op. cit., p. 88.
26. Il Msi distribuiva una fac-simile di un biglietto ferroviario: «da
Bolzano-Bozen a Verona - altre direzioni» con «Inclicazioni speciali: profugo
dell'Alto Adige - sola andata» e «Prezzo in lire: gratuito. Pagato da molto tempo da
Svp, DC, Pci, Psi, Psdi, Pri, Pli».
178
contestati dalla popolazione italiana. L'«Arbeit Zeitung» (27) la
interpretava come un campanello d'allarme: «Non si tratta qui di un
voto neo-fascista ma della paura da parte del gruppo italiano che negli
ultimi mesi si è sentito in posizione minoritaria. E' una paura concreta
e fondata. n voto missino è anche un avvertimento ai sudtirolesi ed ai
loro rappresentanti politici perché non dimentichino che gli sforzi fatti
per salvaguardare i loro diritti non possono ritorcersi sugli altri...». La
«Salzburger Nachtrichten» da parte sua ricordava alla Svp le sue
responsabilità: essa «non ha saputo capire le preoccupazioni italiane».
La risposta di Magnago era molto secca e non lasciava intravedere
alcuna speranza: «il Msi ha ingannato il suo elettorato promettendo di
cambiare qualcosa nel Pacchetto. Il Pacchetto non verrà mai cambiato
e gli elettori del Msi se ne accorgeranno al momento giusto>> (28). Ad
ogni modo il voto era decisamente simbolico poiché il Msi, nonostante il successo insperato, rientrava neIl'opposizione all'interno del
Consiglio comunale di Bolzano dove la Svp formava una coalizione
con 5 partiti italiani (DC, Pri, Psi, Psdi e Pli) ma ciò era un segno
evidente dell'esasperazione degli italiani dell'Alto Adige (29).
Dell'elevato punteggio del Msi, che non aveva precedenti in Italia,
era responsabile quanto meno qualcun altro: il governo italiano che da
tempo brillava per - l'indifferenza e la mancanza di senso delle
responsabilità nei riguardi degli affari della provincia. Certamente il
governo di Roma era al corrente della situazione perché per esempio,
prima delle elezioni provinciali del 1983, Spadolini (30) aveva parlato
di «sofferenza» e di <<malessere» della comunità italiana. Egli faceva
presente che «la popolazione italiana diminuiva di giorno in giorno» e
proclamava che «noi non dobbiamo costringere i giovani ad abbandonare l'Alto Adige per mancanza di lavoro». Inoltre esisteva in Italia
un ministro degli Affari Regionali, il social-democratico Vizzini che
aveva il compito di occuparsi della questione. Ora, l'atteggiamento di
Vizzini lasciava intendere che egli non era né la persona più adatta a
27. Vienn14 maggio 1985, citazione da Fernando Mezzetti corrispondente de
«TI Giornale».
28. Citazione di Hartman Gallnetzer per «Il Giornale», 14 maggio 1985.
29. Si noti che la rappresentanza del Msi raddoppiava anche a Merano (dal 5,5%
alle elezioni comunali del1980, al1'11,9% alle comunali del12 maggio 1985).
30. V. Vassalli, op.cit., p. 108.
179
«capire» la questione né la più interessata al problema. Bisogna sapere
infatti che Vizzini si è recato in visita nella provincia una sola volta
restandovi per quattro ore e che quando la stampa (31), dopo i risultati
del 12 maggio 1985, l'aveva cercato per conoscerne le reazioni,
Vizzini non aveva potuto essere contattato dai giornalisti perché si
trovava in Sicilia a seguire i risultati elettorali del suo partito(!!).
A parte il disdicevole comportamento di Vizzini, il gove1no Craxi
avrebbe dovuto sentirsi in obbligo di interessarsi alla questione
almeno finché fosse rimasto aperto il contenzioso internazionale con
l'Austria. Al momento della visita del cancelliere austriaco Sinowatz a
Roma il 12 e il 13 settembre 1985, Craxi non aveva ancora ricevuto la
«quietanza liberatoria» che l'Italia attendeva da anni semplicemente
perché questa quietanza era legata all'applicazione totale dello Statuto
del 1972. Infatti nonostante tutti i provvedimenti presi in favore della
minoranza sudtirolese, la Svp attende da più di dieci anni le ultime
modalità d'applicazione (32). Queste modalità riguardano l'uso della
lingua tedesca nei tribunali, l 'istituzione di un tribunale amministrativo speciale, alcune norme riguardanti la scuola (come per es.
l'iscrizione negli asili) e le competenze della Provincia per quanto
riguarda la radio e la televisione. Ora, gli italiani dell'Alto Adige, non
solo cercano di opporsi all'entrata in vigore di queste modalità che
rafforzerebbero i poteri della Provincia (e di conseguenza della Svp) e
provocherebbero un nuovo stato di malessere nella loro comunità (33),
ma cercano di ottenere una revisione del Pacchetto. Neli'ottobre 1985
(34) il Msi presentava al Parlamento 22.000 firme di italiani favorevoli ad una revisione. Non si trattava di una iniziativa isolata
31. Vd. «Il Giornale» del14 maggio 1985.
32. La attende tuttora (1987) dal ministro alle Regioni, l'on. Aristide Gunnella
(Pri).
33. Per esempio la modalità riguardante la lingua tedesca nei tribunali prevede
che ogni processo si svolga interamente nella lingua dell'imputato. Questo sarebbe
non solo un preludio ad una giustizia separata, ma porrebbe dei problemi di lingua: è
impossibile discutere di una causa in tedesco se tutta la giurisprudenza è in italiano.
Per la televisione non si tratta di programmi, poiché la Rai ha dei programmi in
tedesco e i sudtirolesi ricevono due canali austriaci (oltre ad alcune televisioni
private in tedesco), ma del problema del controllo della Rai di Bolzano da parte
della Provincia
34. 7 ottobre 1985, «Il Giornale».
180
poiché la «Neue Linke - Nuova Sinistra», presentava una risoluzione
per la modifica del Pacchetto, mentre il Pci domandava «più giustizia
per gli italiani di Bolzano» (35).
Ma, come abbiamo visto, Magnago non ha nessuna intenzione di
vedere modificato il Pacchetto, egli reclama invece la piena applicazione dello Statuto: «Una migliore collaborazione col gruppo italiano
sarà possibile solo quando lo Statuto sarà applicato in tutte le sue
clausole e senza fare i furbi. Senza queste premesse non c'è niente da
fare» (36).
La «quietanza liberatoria» rimane subordinata ali'applicazione
dello Statuto ed alla soddisfazione di Magnago che è appoggiato dal
governo di Vienna (37).
Il governo di Roma si trova perciò di fronte a due alternative: o
accontentare la Svp e «tradire» gli italiani della Provincia risolvendo il
contenzioso con l'Austria, o soddisfare gli italiani e rivedere lo
Statuto. E' un vero e proprio dilemma perché sia in un caso che
nell'altro si giungerà ad un irrigidimento dell'atteggiamento del
gruppo che si sentirà danneggiato e quindi ad una maggiore tensione
(38).
Lo slogan «Il Tirolo ai tirolesi» è a un passo dalla realtà, il 2000 è
vicino. Si può legittimamente immaginare il destino della provincia
senza altoatesini. Cosa succederà allora? Bruno Hosp, segretario
generale della Svp e comandante degli Schtitzen dichiarava a questo
proposito: «li diritto all'autodeterminazione è per noi irrevocabile. Da
un punto di vista realistico non vediamo la possibilità di metterlo in
pratica al momento presente: l'Austria non può entrare in guerra con
l'Italia per liberarci. Ma la situazione internazionale può mutare. Ciò
35. 8 ouobre 1985, «La Repubblica».
36. 31 agosto 1985, «Il Giornale».
37. Magnago si era recato a Vienna prima della visita di Sinowatz a Roma. Ne
era ritornato con delle garanzie (vd. «La Repubblica» del 3 settembre 1985) non
smentite dai fatti al momento del viaggio del cancelliere.
38. Bisogna segnalare che alle elezioni politiche del giugno 1987 il Msi ha avuto
un nuovo incremento ottenendo il25% dei suffragi a Bolzano e riuscendo a eleggere
un deputato, Andrea Mitolo. Qualsiasi passo falso del governo provocherebbbe la
recrudescenza del nazionalismo italiano e un nuovo balzo in avanti del Msi.
181
che non è possibile oggi, potrebbe diventarlo tra dieci anni» (39). Va
ricordato che il Trattato di Stato firmato il 15 maggio 1955 dall'Austria, dalla Francia, dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti e dall'Unione
Sovietica fissa la frontiera austriaca al Brennero (frontiera dell'Austria
al l gennaio 1938) e le impedisce qualsiasi annessione territoriale.
Una guerra itala-austriaca? L'ipotesi ci sembra ancora più assurda
quando si pensa che l 'Italia è il secondo partner commerciale
dell'Austria dopo la Germania Federale e che i rapporti italo-austriaci
sono tra i più amichevoli (40).
Non si vede come un tale stato di cose possa cambiare nonostante l
'irredentismo degli Schtitzen e della Svp. Magnago a proposito dei
giovani di lingua tedesca dichiarava recentemente: «I giova..,i devono
dire come i vecchi: il nostro Stato è l'Italia, ma la nostra Patria è
un'altra cosa, è l'Austria. Essere cittadini italiani fedeli sì, ma sentirsi
italiani di lingua tedesca significherebbe compiere il primo passo
verso l'assorbimento della propria identità» (41).
La nostra sola speranza ed il nostro desiderio è che questi giovani
39. Vedi Vassalii, op.cit., p. 34.
40. Bisogna anche segnalare che un eventuale ritorno all'Austria significherebbe,
per la. Provincia, la perdita dei famosi «contributi speciali» che lo Stato versa ogni
anno (art. 79 dello Statuto e 119 della Costituzione).
Questi contributi sono più che sostanziosi: nel 1986, tanto per dare un esempio, lo
Stato ha versato alla Provincia autonoma di Bolzano 2.506 miliardi. Quello stesso
anno gli altoatesini pagavano 1.000 miliardi circa di tasse, la Provincia aveva quindi
ricevuto all'incirca 1.500 miliardi netti (v. il bilancio consuntivo del 1986 della
Provincia autonoma di Bolzano). La riunificazione del Tirolo comporterebbe altre
conseguenze: l'economia altoatesina perderebbe i vantaggi dovuti a1l'appartenenza
dell'Italia alla Cee. Sappiamo benissimo che l'Austria vorrebbe diventare membro
di quest'ultima (v. «La Repubblica» del28 dicembre 1987), ma sappiamo anche che
la volontà austriaca non potrà tradursi in realtà finché la vertenza alLOatesina rimarrà
aperta. L'Austria ha bisogno, per entrare nella Cee, dell'appoggio del governo
italiano che a sua volta desidera ottenere la «quietanza liberatoria» austriaca. Il nodo
di questo passo verso la costruzione europea è in mano alla Svp che deve dare il suo
accordo sulle ultime norme di attuazione dello Statuto. Ora, sembra che il partito di
Magnago non sia disposto a chiudere la vertenza (v. «Il Giornale» del 19 gennaio
1988) perché perderebbe il suo potere di contrattazione con il governo di Roma.
Il 1992 è molto vicino ed è amaro constatare che ancora oggi gli interessi di alcuni
uomini politici, che credono ancora in un'utopia (la riunificazione del Tirolo),
possano bloccare la costruzione dell'Europa.
41.31 agosto 1985, «Il Giornale».
182
La nostra sola speranza ed il nostro desiderio è che questi giovani
nati agli albori dell'anno 2000 (Magnago (42) è nato nel 1914)
comprendano che vivere insieme non significa necessariamente «assorbimento» o «assimilazione» di una cultura o deli'altra, ma più
spesso arricchimento. Le culture tedesca e italiana sono troppo ricche
e diverse per annularsi l'un l'altra. E se, all'inizio della nostra ricerca
siamo stati toccati da un appello lanciato dai sudtirolesi nel 1919 al
presidente Wilson, nel quale si pronunciava la frase: «For the Ita!ians
South Tirol is but a tract of land, for us it is our Home» (43), non
possiamo essere indifferenti ad un'altra frase pronunciata da un
altoatesino nato in Alto Adige: «Non dimenticatevi di noi, non
dimenticate gli italiani di qui!» Il Sud Tirolo o Alto Adige è ormai il
vostro comune «paese natale» ed è sufficientemente vasto perché le
tre comunità linguistiche e culturali possano coesistere pacificamente
senza dimenticare il passato, ma traendone al contrario una lezione per
l'avvenire.
42. Si noti che Magnago, come indica il nome stesso è di padre italiano.
43. «Per gli Italiani il Sud Tirolo è solo un lembo di terra, per noi è la nostra
Patria».
183
FONTI ARCHIVISTICHE
Archives diplomatiques
Séries Z - EUROPE 1944-1949
Sous-série ITALlE
Dossiers N°:
43- Tyrol du Sud, Dossier gén, avr. 1944- déc. 1945
44- Tyrol du Sud, Dossier gén, jan. 1946- mars 1946
45- Tyrol du Sud, Dossier gén, avr. 1946- mai 1946
46- Tyrol du Sud, Dossier gén, mai 1946- juil. 1946
47- Tyrol du Sud, Dossier gén, aout 1946- mai 1949
48 - Documentation du Tyrol du Sud, Pian et cartes 1944-1949
Dossiers N°:
49- Documentation du Tyro1du Sud, 1944-1949
50- Documentation du Tyrol du Sud, 1944-1949
Série Z- EUROPE 1949-1955
Sous série ITALIE
DossierN°: 21- Tyrol du Sud, Dossier gén, 1949-1955
Série Y 1944-1949
Paris, Conseil des ministres des Affaires étrangères
Dossiers N°:
143 lère partie 25 avril - 16 m ai 1946
152 2e partie 15 jiun - 12 juillt 1946
Paris, Suppléants, procès-verbaux des séanccs
Dossier N°:
159 - 28 mai - 15 juin 1946
185
INDICE DEI NOMI
Adenauer Konrad, 157, 158.
Almirante Giorgio, 178.
Amonn Eric, 51, 60, 135, 137, 137 n 83, 137 n 86, 138, 144 n 95.
Asburgo, 15, 16 n 10, 68, 69 n 70.
Attlee Clement, 54, 63, 83.
Augusto, Caio Giulio Cesare Ottaviano, 14.
Badoglio Pietro, 28, 38.
Balay Georges, 42 n 11,48 n 22, 49 n 23,49 n 24, 67 n 64, 68 n 65, 74 n 87,
110 n 29, 123 n 50.
Balfour Arthur sir, 19.
Battisti Cesare, 16, 16 n 11, 17, 17 n 14,42 n 9.
Bauer Otto, 20.
Berard, 156 n 36.
Bcrthclot Marcel, 53 n 29,73 n 84.
Béthouart Emile Marie, 53, 53 n 29, 54 n 34, 60, 61, 61 n 52, 61 n 53, 61 n
54, 69 n 59, 69 n 71, 70 n 72, 72 n 81, 73 n 84, 79, 81 n 110, 87 n 122,
102 n 5, 119 n 43, 123, 124.
Bevin Ernest, 39, 63, 70, 72, 75, 77, 82, 88, 91, 96, 96 n 136, 103, 105 n 17,
107, 136 n 81.
Bidault Gcorges, 33 n l, 39,42 n 11, 47 n 18,48 n 21,48 n 22, 49 n 23, 49 n
24, 58 n 43, 58 n 44, 59 n 45, 60 n 46, 60 n 48, 61 n 54, 64 n 57, 65 n 60,
67 n 63, 68 n 66, 69 n 70, 69 n 71, 70 n 72, 71, 71 n 75, 71 n 77, 71 n 79,
74 n 86, 74 n 87, 75 n 89, 75 n 90, 78, 78 n 97, 78 n 98, 79 n 101, 80 n
106, 81 n 107, 81 n 110, 82 n 111, 82 n 112, 86 n 117, 86 n 118, 88 n 126,
91 n 129, 96, 102, 102 n 5, 109, 110 n 25, 110 n 28, 110 n 29, 111 n 30,
187
120 n 44, 123, 123 n 49, 123 n 50, 124 n 52, 124 n 53, 125 n 55, 125 n 56,
131n65, 132n69, 134n75,134n76, 134n78,136,136n80, 142n90,
153 n 20, 159 n 47.
Bischoff, 87, 87 n 120, 88.
Bismarck Otto von, 69 n 70.
Bissolati Leonida, 21.
Bocchini Anuro, 26, 26 n 26.
Bonnet Hemi, 75. 75 n 88.
Bonomi Ivanhoc, 38, 89 n 127, 129.
Bootby, 135 n 99.
Breitenberg von, 156, 156 n 29.
Byrncs Jarncs, 39, 65, 75, 88,88 n 125,91, 96, 103, 110.
Carandini Niccolò, 89, 89 n 127, 90, 104, 105, 106, 107, 108, 129 n 62.
Carolingi, 15.
Chamson André, 14 n 5.
Charpcntier, 111 n 30.
Chauvcl, 123 n 48.
Chèrriere, 54 n 34, 70 n 22.
Chruchill Winston sir, 34, 35, 46, 63.
Ciano Galeazzo conte, 26.
protocollo Ciano- Von Mackcnsen, 5, 24, 27, 33, 47, 48 n 19.
Clairval, 58, 60, 67.
Coppini, 125, 126.
Coulet François, 86 n 116, 88 n 126, 119 n 43.
Couve de Murvillc Mauricc, 40, 40 n 5, 47, 47 n 18, 58 n 43, 59 n 45, 60 n
46,60 n 48, 64,64 n 57,71 n 75, 77,78 n 97, 91.
Craxi Bettino, 180.
Credaro Luigi, 20, 22, 52.
Crispi Francesco, 18.
Dc Gaspcri Alcide, 6, 38, 39, 40, 41, 42, 42 n 9, 43, 44, 45, 46, 47, 48,48 n
20, 49, 50, 54, 68, 80, 89, 96 n 136, 103, 106, 108, 110, 111, 112, 113,
114, 115, 116, 117, 118, 119, 121, 129, 130, 131, 132 n 68, 133 n 74, 149,
157, 167, 168.
Accordo De Gasperi- Grubcr 6, 96 n 136, 108, 109, 110, 115, 119, 120,
121, 124, 130, 136, 142, 149 n 8, 150, 159, 162, 164.
Dcjean Maurice, 65 n 59, 72 n 81.
Dietl Hans, 160.
Dollfuss Engelbcrt, 24, 67.
Druso, Claudio Nero Druso, 14, 23, 27, 44.
188
Dunn, 40, 63, 76, 77, 79, 91.
Ebner Toni, 66, 158.
Eden Anthony sir, 34.
Eggarter Hans, 29, 67.
Einaudi Luigi, 129 n 62.
Elie Hubert, 66 n 61, 67, 67 n 63, 67 n 64, 68, 68 n 65, 130 n 64, 131 n 69.
132 n 70, 133, 133 n 71, 133 n 73, 133 n 74, 135 n 79, 137, 137 n 84, 137
n 85, 143 n 92, 143 n 93, 145 n 98, 148 n 3, 148 n 4, 149 n 6, 149 n 7.
Eugenio di Beauharnais, 16.
Ferretti Remo, 176.
Figl Leopold, 37,53 n 30, 70, 77, 81, 117, 120, 132, 160, 163, 164.
Fouques Duparc Jacques, 30 n 32, 30 n 32*, 132 n 70, 133 n 71, 133 n 73,
133 n 74, 134 n 75, 135 n.79, 136 n 80, 136 n 81, 136 n 84, 137 n 85, 143
n 92, 143 n 93, 145 n 97, 147 n 3, 148 n 4, 149 n 6, 149 n 7, 150 n 9, 151
n 12, 151 n 13, 157 n 34, 159 n 46, 160 n 49, 160 n 50, 160 n 54, 161 n
57.
Francesco IIdi Asburgo, 16.
Francesco Giuseppe di Asburgo, 18.
François Poncet André, 157, 157 n 30, 157 n 31, 157 n 32, 157 n 33, 158 n
44.
Fugger, 15.
Gamper, 95, 150, 159 n 47, 160.
Garnier Jean Pierre, 76 n 91.
Gaulle Charles de, 60, 62, 86 n 116.
Gaussen Gérard, 156 n 29, 158 n 43, 160 n 49.
Geisler vescovo-principe, 54, 54 n 32, 95, 102, 137, 145, 150.
Ghedina Sisto, 132, 133, 133 n 72.
Giolitti Giovanni, 51.
Goebbels Josef, 157.
Goethe Wolfgang von, 14 n 4, 14 n 5.
Gordian Fritz, 157 n 31.
Grandi Dino, 28.
Gruber Karl, 6, 53 n 30, 54, 67, 70, 70 n 73, 72 n 80, 74, 77, 79, 81, 81 n
109, 86, 87, 89, 97, 100, 104, 106, 107, 108, 110, 110 n 28, 111, 112, 112
n32, 113,117,118,119,120,131,134,157,175.
Accordo De Gasperi - Gruber 6, 97 n 136, 108, 109, 110, 115, 119, 120,
121, 124, 130, 136, 142, 149 n 8, 150, 159, 162, 164.
Gschnitzer Franz, 165 n 64.
189
Guggenberg Otto von, 103 n 14, 112, 115 n 34, 136, 138, 144 n 95.
Gunnella Aristide, 180 n 32.
Guseev, 40, 76, 77, 91.
Himmler Heinrich, 26, 30 n 32*.
Hiùer Adolf, 5, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 35, 54, 68.
Accordo Hitler- Mussolini, 104, 105, 106, 109.
Hofer Andreas, 16, 16 n 10, 95, 165 n 64.
Andreas Hofer Bund, 29, 50, 67.
Hofer Franz, 28, 29.
Hoppenot Henri, 76 n 92.
Horabin, 88 n 125.
Hosp Bruno, 181.
House Edward, 19, 20.
Hull Cordell, 34.
Innocenti Silvio, 79, 103, 106, 107.
Jaeger Jules-Albert, 54 n 33.
Jebb, 39, 76,77, 79,82.
Kaim, 157.
KirchscHiger, 178.
Kreisky Bruno, 156, 156 n 29, 159 n 47, 160, 163, 164, 165, 166.
Kripp, 144 n 95.
La Grandville, 87 n 120.
Lalouette Roger, 158 n 37, 158 n 42, 159 n 47, 160 n 53.
Langer Alexander, 175.
Ludwig, 116.
Mackensen Hans Georg von, 26.
Protocollo Ciano- Von Mackensen 5, 24, 27, 33, 47,48 n 19.
Mac Neil, 143.
Magnago Silvius, 153, 153 n 19, 155, 163, 173, 173 n 8, 174 n 14, 177, 178,
179,181,181 n37, 182, 182n40, 183, 183n42.
Marshall George, 134, 156.
Massigli René, 65 n 60, 71, 71 n 77, 71 n 78, 71 n 79, 72, 75 n 89, 76 n 93,
77 n 94, 77 n 95, 77 n 96, 80 n 106, 82 n 111, 87 n 123, 88 n 124, 88 n
125, 91 n 129, 103 n 11, 158 n 39.
Mastromattei Giuseppe, 27.
190
Mayer René, 71 n 76.
Mazzini Giuseppe, 16, 43.
Mitolo Andrea, 181 n 38.
Molotov Viaceslav, 34, 39, 88, 96.
Monicault Louis de, 33 n l, 61, 61 n 53, 61 n 54, 70 n 72, 70 n 73, 74 n 85,
78, 78 n 98, 86 n 116, 86 n 117, 86 n 118, 86 n 119, 88 n 126, 95 n 134,
100 n l, 100 n 3, 110 n 25, 123 n 48, 123 n 49, 125 n 55, 125 n 56, 125 n
57, 126 n 58, 126 n 59, 127 n 60, 131 n 65, 134 n 76, 134 n 78, 136 n 81,
142 n 90, 144 n 95, 150 n 10, 150 n 11, 151 n 14.
Moro Aldo, 166.
Mussolini Benito, 15 n 7, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 44, 48, 54, 57, 155.
Accordo Hitler- Mussolini 104, 105, 106, 109.
Nadau, 157 n 31, 157 n 35, 159 n 45.
Napoleone Bonaparte, 16, 17.
Nitti Saverio, 51, 69 n 70.
Orlando Vittorio Emanuele, 21, 44, 56.
Ottone I il grande, 15.
Padovani, 117.
Paris Camille, 82 n 112, 87 n 123.
Parodi Alexandre, 69 n 70, 74 n 86, 75 n 89, 79 n 101.
Pani Ferruccio, 38.
Payart Jean, 159 n 48.
Pella Giuseppe, 157, 158.
Pellegrini, 66, 67.
Perassi Tomaso, 136.
Piccolomini, Enea Silvio papa Pio Il, 14 n 4.
Pinay Antoine, 160 n 53.
Pilato Ponzio, 91.
Poussard Raymond, 100 n 2.
Raab Julius, 160, 161, 162.
Raffeiner Josef, 51.
Raffle, 95.
Ravagnani Franco, 174, 176.
Renner Karl, 20, 36, 42,53 n 30, 54, 69, 70, 71, 71 n 76, 131.
Ribbentrop Joachim von, 26.
Roberti Vero, 59.
Roosevelt Franklin Delano, 46.
191
Rose François de, 48 n 21.
Saragat Giuseppe, 166.
Scelba Mario, 165.
Schuman Robert, 150 n 9, 150 n 10, 150 n 11, 151 n 14, 157 n 30, 157 n 31,
157 n 32, 157 n 34.
Schuschnigg Kurt Edler, 24, 25.
Sebilleau Pierre, 153 n 20.
Segni Antonio, 165.
Seydoux de Clausonne François, 156 n 29, 161 n 55.
Seyss Inquart Arthur, 25.
Sforza Carlo conte, 21.
Sinowatz Fred, 180, 181 n 37.
Sonnino Giorgio Sidney, 18.
Spadolini Giovanni, 179.
Stalin, Josif Visarionivic Dzugasvili detto, 34, 35.
Stannard Baker Ray, 43 n 13, 51.
Starace Achille, 21.
Stresemann Gustav, 23.
Studnitz von, 157.
Tiberio, Tiberio Claudio Nerone, 14.
Tienzl, 60.
Tito, Josif Broz detto, 41.
Togni Giuseppe, 162.
Tolomei Ettore, 12, 17, 17 n 14, 20, 22,22 n 22, 29, 43, 57, 80, 81.
Toscano Mario, 27, 30 n 32, 35.
Truman Harry, 54.
Tirolo, conti del, 15.
Vassalii Sebastiano
Vemon Bartlett, 135.
Vishinski Andrei, 104.
Visconti Venosta Emilio marchese, 17.
Vizzini Carlo, 179, 180.
Vlassov Andrei, 30 n 32, 30 n 32*.
Vogelweide Walther Von Der, 16, 23.
Voizard, 54, 54 n 31, 61, 61 n 52.
Volgger Friedrich, 66, 103 n 14.
Wagniére Georges, 56.
192
Waldhcim Kurt, 166.
Wallnofcr, 178.
Warbey, 135.
Wilson Woodrow, 19, 20, 43,43 n 13, 46, 51, 183.
Winckler Jcan Claude, 150 n 9, 159 n 46.
Winckler Pierre, 76 n 92.
Zclgcr Anton, 174 n 13, 176.
193
1574. Storia diplomatica, collana diretta da Enrico Serra
Enrico Serra, La diplomazia in Italia
Roberto Gaja, Introduzione alla politica_ estera dell'era nucleare
Enrico Serra (a cura di), Gli ambasciatori italiani e la diplomazia oggi
Giancarlo Giordano, Carlo Sforza: la diplomazia '1896-1921
Fabrizio Ghilardi, L'Europa degli equilibri 1815-1890
Enrico Decleva, L'incerto alleato. Ricerche sugli orientamenti internazionali dell'Italia unita
7. Enrico Serra, Alberto Pisani Dossi diplomatico. Con scritti inediti di P.D.
8. Enrico Serra (a cura di), Professione diplomatico
10. Silvio Fagiolo, La Russia di Gorbaciov. Il nuovo corso della politica russa
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Stampa Tipomonza
Viale Monza, 126 - Milano
FrancoAngeli
storia diplomatica
Alto Adige o Siidtirol?
Alto Adige, Sud Tirolo... sono nomi ricorrenti nei titoli della
nostra attualità, ma sia per la lontananza (il nome
mitteleuropeo Tirolo ·è quasi esotico anche per un abitante
della pianura padana) che per la complessità di una realtà
molto particolare, è difficile per il lettore di un quotidiano
capire che cosa stia accadendo in quella provincia. Per capire
la realtà attuale bisogna ricorrere, come sempre, alla storia; ma
i vari libri scritti in italiano sulla questione sono sempre stati
di parte. Questo libro non vuoi sostenere una causa: vorrebbe,
bensì, essere un appello alla convivenza tra le due principali
etnie della provincia. A questa prima originalità se ne
sovrappone una seconda: le fonti sono in gran parte
provenienti dagli archivi del Ministero francese degli Affari
Esteri. Il terzo punto importante è che l'Autore volendo
scrivere una storia della questione altoatesina dal 1945 al 1948
l'ha completata con un'ampia introduzione storica, fornendo
anche una panoramica generale dei problemi altoatesini o
sudtirolesi attuali. Ne risulta un quadro che è lungi dall'essere
completo ma che si potrebbe definire «nuovo» su una
questione più che mai «europea» (l'entrata dell'Austria nella
Cee, per esempio, è attualmente bloccata dal nodo
altoatesino).
Giuseppe Caprotti è nato a Milano nel 1960. Ha compiuto i
suoi studi in Svizzera e poi a Parigi. Nel 1986 si è laureato in
storia contemporanea alla Sorbona con una tesi da cui ha
preso le mosse questo libro. Attualmente sta preparando uno
studio sull'indipendentismo siciliano.
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