Giuseppe Caprotti La questione altoatesina o sudtirolese dal 1945 al 1948 e i suoi sviluppi: studio degli archivi diplomatici francesi FrancoAngeli Storia diplomatica, collana diretta da Enrico Serra La storia diplomatica è disciplina relativamente giovane ma che ha già acquisito legittimità e autorità. In tempi recenti ha ricevuto grande impulso dalla liberalizzazione intervenuta nella consultazione degli archivi diplomatici. La ricerca e la riflessione critica in questo ambito rispondono inoltre all'esigenza di specializzazione che percorre attualmente il mondo scientifico. Questa collana, che accoglierà testi classici -italiani e stranieri - e ricerche inedite di giovani studiosi, si propone dunque di approfondire i molti temi della storia diplomatica, offrendosi come strumento agli storici in genere, che dallo studio della diplomazia e dei suoi archivi potranno ricavare preziosi contributi. 3 a edizione, 1990 Copyright © by Franco Angeli Libri s.r.l., Milano, Italy È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata. l lettori che desiderano essere regolarmente informati sulle novità pubblicate dalla nostra Casa Editrice possono scrivere, mandando il loro indirizzo, alla "Franco Angeli, Viale Monza 106, 20127 Milano", ordinando poi i volumi direttamente alla loro Libreria. INDICE Prefazione In t roduzione l. Cenni storici dalle origini al 1919 2. Cenni storici dal 1919 al 1945 2.1. La Conferenza della pace 2.2. L'Alto Adige c il fascismo 2.3. Dall'avvento di Hitler (gennaio 1933) al protocollo Ciano-Von Mackcnsen (ottobre 1939) 2.4. La guerra e l'occupazione tedesca (10 giugno 1940 - 2 maggio 1945) p. 9 >> 11 >> » 14 19 19 21 24 >> 28 » 34 » » 39 40 » » 40 55 » 65 » » » Parte prima La disputa austro-italiana nell'elaborazione della pace dopo la seconda guerra mondiale: gli Alleati lasciano il Sud Tirolo all'Italia (2 maggio 1945- 24 giugno 1946) l. La situazione internazionale dopo la guerra: il rapporto d i forza tra l'ltal ia c l'Austria 2. L'elaborazione della pace: il sistema dci quattro Grandi 3. Le posizioni dell'Italia, dci sudtirolcsi, dell'Austria c dci quattro Grandi riguardo alla questione 3.1. Italia, sudtirolcsi c Austria 3.2. Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti c Unione Sovietica 4. La risoluzione della controversia da parte dei quattro Grandi 5 4.1. La prima sessione a Londra del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri (11 settembre- 2 ottobre 1945). Evoluzione delle posizioni 4.2. La Conferenza dei supplenti (20 gennaio- 22 aprile 1946) 4.3. L 'evoluzione della situazione dal 20 mano al l o maggio 1946, la seconda sessione a Parigi del Consiglio dei quattro ministri degli Affari Esteri (I11 parte, dal 25 aprile al 16 maggio 1946) e la decisione del l o maggio 1946 4.4. Le reazioni, le conseguenze del 1o maggio, l'evoluzione della situazione e la decisione del 24 giugno p. 65 )) 76 >> 79 )) 86 » 101 )) )) )) 110 110 111 )) 113 114 117 119 122 Parte seconda Dalla decisione finale (24 giugno 1946) allo Statuto d'autonomia (2 febbraio 1948) l. L'Austria è obbligata a negoziare: la Conferenza delle 21 Nazioni e le trattative dirette per un accordo austro-italiano. ll testo deli'Accordo De Gasperi-Gruber 2. I problemi posti dall'Accordo De Gasperi-Gruber 2.1. La delimitazione del territorio autonomo 2.2. Perché Gruber ha accettato di lasciare aperta la questione della delimitazione del territorio autonomo 2.3. La controversia giuridica 2.4. La dimensione politica e la volontà di De Gasperi 2.5. L'Austria di fronte all'Accordo 2.6. L'inserimento dell'Accordo nel Trattato di pace 3. Dalla firma del Trattato di pace (10 febbraio 1947) alla entrata in vigore dello Statuto d'autonomia (2 febbraio 1948) 3.l.La questione delle opzioni 3.2.L'autonomia » )) )) )) )) 122 129 » Appendice » 147 l. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal 1948 al 1972 )) 147 6 p. 148 » 162 Conclusione » 169 Il Nuovo Statuto e la situazione attuale (1972-1985) » 169 Fonti archivistiche Indice dei nomi » » 185 187 1.1. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal 1948 all955 1.2. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal 1955 al1972 7 PREFAZIONE Studiando la bibliografia e i dossiers negli archivi del Quai d'Orsay (1), si rimane colpiti dal contrasto tra questo pezzetto di Storia europea e la necessità, per noi, di una futura Europa unita. Mi spiego meglio: da una parte s'intravede una piccola provincia che non ha superato i suoi continui traumi storici e che anzi, a tratti, sembra ricadere in un passato più che oscuro; dall'altra parte c'è un 'Europa da farsi, che dovrà costn1irsi assolutamente per vincere le sfide politiche, economiche e culturali del dopo 2000. Questa mia tesi presentata nel 1986 alla Sorbona è un tentativo di analisi obiettiva di una situazione più che scottante. So che ogni frase, o anche ogni nome espressi in un determinato modo faranno sussultare gli abitanti della provincia di Bolzano/Bozen. Non è questo il mio scopo. Vorrei semplicemente che gli italiani (e anche coloro che non si sentono tali) prendessero coscienza di un problema reale, che rispecchia il disastro del nostro sistema politico. Molti italiani credono di vivere in una grande democrazia e non si rendono conto di vivere invece, per certi versi, in uno stato di anarchia permanente. L'anarchia in molti casi genera dei soprusi. Di soprusi in questa l. Ogni documento ciLaLO (che non sia un libro, una rivisla o un giornale) proviene da quella fonte c quando sicita il MinisLcro degli Affari Esrcri(MAE) ci si riferisce sempre alla medesima. l documcnLi non hanno una numerazione perché, all'epoca delle mie ricerche, erano in corso di riclassificazione. Per ogni cvcnLualc consuiLazione cisipuò comunque oricnLarc seguendo k date (per la numerazione dci dossicrs vd. le Fomi archivistiche). 9 provincia ce ne sono stati tanti. E' una Storia fatta di errori, di menzogne e di accuse reciproche. Se i più forti, i vincitori di oggi non danno l'esempio e non imboccano la via della tolleranza e del rispetto per la diversità degli «invasori» di un tempo, l 'intera provincia si ritroverà in un vicolo cieco. Invece di imboccare la strada dell'Europa si tornerà ai tempi bui dell'estremismo politico. Solo un cambiamento radicale dalle istituzioni italiane e l'integrazione europea ci permetteranno di progredire. Perché ciò avvenga bisogna però che prima cambino le mentalità e soprattutto che gli uomini politici italiani (e anche coloro che non si sentono tali) abbiano un po' più di lungimiranza. Non sarà facile. Desidererei ringraziare: il professor Jacques Bariety, titolare di cattedra di Storia contemporanea alla Sorbona, specialista della Germania e delle relazioni franco-tedesche, che ha seguito il mio lavoro con passione; mio padre, Bernardo Capretti, che mi ha dato tutta la sua fiducia e il suo appogg1o; il signor Georges Dethan, conservatore capo degli archivi del Ministero francese degli Affari Esteri, il signor Even conservatore e la signora Bompard presidente della sala di lettura degli archivi, per la loro disponibilità e per il loro contributo al mio lavoro di ricerca; il professor Enrico Serra, capo del servizio storico e documentazione del Ministero italiano degli Affari Esteri, per avere reso possibile questa pubblicazione; il dottor Indro Montanelli per la sua disponibilità; il dottor Federico Guiglia per il suo contributo alla mia conoscenza dell'attualità altoatesina; il signor Antonio Marchiori, la signorina Antonella Pizzorno, il signor Philippe Allouche e la signora Silvana Zicca per il loro aiuto tecnico; e soprattutto la signora Gem1ana Chiodi senza la quale questo libro non sarebbe tale. IO INTRODUZIONE Perché studiare la questione del Sud Tirolo o Alto Adige? Perché si tratta di una questione europea !asciataci in eredità dai due conflitti mondiali. Gli archivi del Ministero degli Affari Esteri francese rivelano, nel periodo che va da11945 al 1948, un notevole interesse da parte della diplomazia francese per le sorti di questo territorio. Durante questo periodo (e in seguito fino al 1955) le truppe francesi hanno occupato le regioni attigue del Nord Tirolo e del Vorarlberg (1). La Francia si trovava dunque in un'ottima posizione per un'osservazione attiva della situazione. Gli altri paesi europei interessati alla questione, al di fuori naturalmente dell'Austria e dell'Italia, erano la Gran Bretagna, l'Unione Sovietica, la Germania (anche se in realtà manifestò il suo interesse più tardi) e la Svizzera. Inoltre, il problema è europeo perché riguarda tre comunità di lingua e di tradizioni diverse: quella tedesca, quella italiana e quella ladina, obbligate a vivere insieme. La seconda domanda che ci si potrebbe porre è la seguente: che termine usare per indicare questa provincia: Sud Tirolo o Alto Adige? Bisognerà usarli entrambi dal momento che è quanto fanno gli stessi diplomatici francesi. Usare uno solo di questi termini equivarrebbe a sostenere fin dali 'inizio una delle due tesi qui poste a confronto. Adotteremo questa linea anche per quanto riguarda la toponomastica del territorio. Tuttavia riguardo ai due nomi, bisogna sapere che, nonostante una fugace comparsa del termine Alto Adige durante il periodo napoleonil. Si noti che la Gran Bretagna occupava allora ilTirolo Orientale. 11 co (1809-1815), fu il rappresentante degli ultranazionalisti italiani, Ettore Tolomei, a diffonderlo ali 'inizio del XX secolo; e che questo nome si è imposto solo dopo l'annessione del territorio all'Italia nel 1919, per essere poi adottato dal governo fascista. Non esiste nessuna questione del Sud Tirolo o Alto Adige prima del 1919. L'uso di questo secondo nome coincide con il delinearsi del problema. Sarà il caso perciò di tracciare un quadro storico senza il quale non sarebbe mai possibile capire la situazione del secondo dopo guerra. Questa analisi storica verrà suddivisa in due parti: dalle origini al 1919 e dal 1919 al 1945. Ma prima di accostarci alla storia di questa regione è necessario darne un inquadramento geografico. Presentazione geografica (2) «Il Tirolo del Sud corrisponde al versante mediterraneo della massa tirolese, contrapposto al versante danubiano, costituito a Nord, al di là del Brennero, dagli affluenti dell'Inn e, ad Est, al di là della Pustertal, dagli affluenti della Drava. Il versante mediterraneo invia le sue acque all'Adriatico attraverso il Chiese che esce dal lago d'Idro per raggiungere l 'Oglio e la valle del Po; attraverso il Brenta che nasce r!ella Val Sugana ad Est di Trento ed attraverso il Piave alimentato dagli emissari delle Dolomiti, il Boite e il Cordevole, ma la valle principale e centrale è quella dell'Adige (3) (Etsch) nella quale si diramano numerosi affluenti laterali di cui i più importanti sono: l 'Eisack che segue la via del Brennero e la Rienz che conduce alle soglie di Toblach verso la Drava; l'Adige stesso scende dal col di Reschen che, insie1ne al Brennero, costituisce un altro accesso alla valle dell'In n. Così, visto dall 'Ttalia, il Tirolo del Sud è innanzitutto il retroterra dell'Adige, l'Alto Adige, mentre visto dalle Alpi è solo un settore della regione alpina: il SUdtirol. Ciascuna delle due denominazioni è legata ad un diverso modo di considerare il Brennero. 2. vd. 26 maggio 1945, Dircclion Politique, Le Prob/ème du Tyro/ du Sud, Présentation géographique. 3. L'Adige è per la sua lunghezza (411 km) il secondo fiume d'Italia dopo il Po. 12 Quest'ultimo può essere visto o come simbolo di due Europe antagoniste (4) o solo come variante geografica in mezzo ad un paese di cui non altera l'unità (5).» 1. Cenni storici dalle origini al 1919 Nel m secolo avanti Cristo il Tirolo meridionale faceva parte di una confederazione alpina: la Rezia che comprendeva le alte valli del Reno, dell'Adige e dell'Inn. La Rezia possedeva il Tirolo del Sud e i Galli cisalpini il Trentino. Nell'anno 15 avanti Cristo, l'imperatore Augusto incaricò Druso e Tiberio di sottomettere tutta la regione alpina. I Romani adottarono come frontiera tra la Rezia e l'Italia una linea all'altezza di Merano e Klausen (Chiusa in italiano), inclusero perciò nell'Italia, Bolzano, mentre i passi alpini restarono alla Rezia. I Romani introdussero in Rezia la propria lingua e la propria cultura, ma non vi fondarono colonie. La Rezia romana costituiva un settore di controllo del Danubio, lo sbocco della grande via imperiale del Brennero, la Via Augusta (6). Quando i Germani forzarono la linea del Danubio, la popolazione ripiegò con l'esercito: i velsci nell'attuale Trentino, i romanci in Engadina (attuale cantone dei Grigioni), i ladini nelle Dolomiti. Questi abitanti latinizzati e cristianizzati della Rezia hanno vissuto e vivono tuttora nei luoghi dove sono stati sospinti e rinchiusi dagli invasori di lingua germanica. I romanci costituiscono l'l% della popolazione 4. Enea Silvio Piccolomini (futuro papa Pio II) nel 1457 descriveva il Brennero come un confine tra due mondi. Goethe riprendeva questa concezione nel diario del suo viaggio in Italia in data settembre 1786 definendo il Brennero come una: «Grenzscheide des Stiden und Norden» (Linea di frontiera tra Nord e Sud) Vd. 26 maggio 1945, Direcùon Politique. 5. André Chamson (Tyrol 1930) affermava a proposito della definizione del Brennero di Goethe: «In realtà le cose non stanno proprio così. Il passaggio inganna... etnicamente, culturalmente ed anche geograficamente il mondo germanico va di gran lunga oltre il Brennero, e si spinge più a sud». - Vd. 26 maggio 1945, Direction Politique. 6. Essa tenninava ad Augusta Vindelicorum, l'attuale Augsburg. 14 svizzera e la loro lingua è riconosciuta come quarta lingua del paese (7). I ladini sono, secondo il censimento del 1981, 36.000: 18.000 vivono nella provincia di Bolzano e l'altra metà in quella di Belluno o di Trento. Essi non vengono più assimilati agli italiani come nel periodo del fascismo, ma formano un gruppo etnico a parte. Nel V secolo dopo Cristo, un nucleo alemanno-bavarese si stabilizzò, effettuò delle opere di dissodamento delle foreste e fece di questa regione poco densamente popolata una terra germanica. I Carolingi cercarono di mantenere l'unità della Rezia, ma nel 962 la restaurazione dell'Impero da parte di Ottone rafforzò l'importanza del passaggio dalle Alpi. Si prospettò l'assoluta necessità che tutta la regione fosse dominata dalla stessa mano. In tal modo la Baviera assorbì la Rezia orientale (tutto l'attuale Tirolo con in più il Trentine). La turbolenza dei nobili locali e la necessità di una migliore protezione del passo alpino portarono l'imperatore nel 1027 a sottrarrre la maggior parte del Tirolo al duca di Baviera e ad affidarla ai vescovi di Trento e Bressanone (Drixen) direttamente dipendenti da lui. L'amministrazione veniva nei fatti esercitata da bali (8). Tra questi ultimi si imposero i conti del Tirolo (dal nome del loro castello vicino a Merano) che, con una politica di guerre e matrimoni, riuscirono, verso l'anno 1250 a porre sotto il proprio dominio tutto il territorio e a dare alla Rezia la moderna denominazione di Tirolo. A poco a poco il Tirolo acquisì nel Sacro Romano Impero Germanico una individualità ben precisa. Staccato dalla Baviera e dali'Italia, passò a far parte, il 26 gennaio 1363, deli'asse ereditario degli Asburgo. Nel 1618 il ramo degli Asburgo che deteneva il Tirolo accedeva ali 'Impero. Il Tirolo diventava il feudo privilegiato della corona. Fruiva di ampie libertà locali con una Dieta dove erano rappresentati il clero, la nobiltà, la borghesia e i contadini. Il Tirolo conobbe un periodo di prosperità, di fiorente commercio e di brillante attività intellettuale. I Fugger trassero dal commercio in Tirolo gran parte delle loro 7. Ciò è dovuto in parte al fauo che Mussolini considerava le lingue come il romancio e il ladino come dialetti italiani. Egli avanzava in tal modo delle rivendicazioni non solo sul Canton Ticino, ma anche sui Grigioni. 8. Nell'ordinamento feudale, funzionario di nomina regia a capo di una circoscdzione territoriale. 15 ricchezze. Il grande trovatore Walter Von Der Vogelweide sarebbe originario del Tirolo del Sud. La Riforma sfiorò appena il Tirolo che restò un bastione del cattolicesimo. Nel 1805 Napoleone costrinse Francesco II a cedere il Tirolo alla Baviera che era diventata un regno. Quest'ultima, non concedendo alcun riconoscimento alle ancestrali libertà dei tirolesi, urtò profondamente la loro suscettibilità. Essi, nel 1809, si ribellarono sotto la guida di un oste della Val Passiria, Andreas Hofer che prese il comando degli Schiitzen (9) e cacciò le truppe franco-bavaresi. Ma la pace di Schonbrunn rese vani questi sforzi. Hofer guidò un'ultima rivolta che si concluse tragicamente (10). Il viceré d'Italia, Eugenio, reclamò allora la frontiera del Brennero. Napoleone suddivise il Tirolo in tre parti che vennero rispettivamente attribuite alla Baviera, ali 'Italia ed alla Repubblica Illirica. L'Italia ricevette il dipartimento dell'Alto Adige al di sotto di Merano e Chiusa. Nel 1815 il Sud Tirolo venne riannesso ali 'Impero Austriaco. Perse l'originaria organizzazione feudale e diventò semplicemente un gruppo di sette distretti unificati sotto l'amministrazione austriaca. Nel frattempo, l'occupazione diretta nel Trentina si scontrava con l'irredentismo italiano incarnato da Cesare Battisti (11). Il XIX secolo sarà un secolo di fermenti per l'Italia. Gli irredentistj avranno due obiettivi: Trieste e Trento. Ma fin dal 1831 Mazzini dichiarava che lo «Stato nazionale futuro>> dell'Italia doveva estendersi dal sud e dal mare fino alla Vetta d'Italia (12). 9. Gli Schtitzen costituiscono una sorta di milizia popolare che esiste fin dal XV secolo. Avevano il compito di difendere la «Hcimat» (il luogo dove si è nati, l'equivalente dell'inglese «Home»). Gli SchUtzcn esistono tuttora, ogni comune del Sud Tirolo ha infaui una o più compagnie di SchilLZen che partecipano a cerimonie e processioni. Hanno l'incarico di difendere la lingua e la cultura del Sud Tirolo. 10. Andrcas Hofcr, abbandonato dagli Asburgo venne fucilato a Mantova dai francesi nel 1810. 11. Cesare Battisti, patriota i !.aliano originario di Trento, arruolato volontario nel 1915 ncJl'escrcito iwliano, venne fatto prigioniero cd impiccato nel 1916 dagli austriaci (si noti che tulli i trcntini fatti prigionieri dagli austriaci furono impiccati come disertori). 12. La Vett.a d'Iu.tlia che raggiunge i2911 m. di altezza, si trova in Alto Adige ed è il punto più settentrionale d'Italia. 16 L 'idea del Brennero, frontiera letteraria e teorica, respinta fino a quel momento da tutti gli uomini di Stato, compreso Napoleone, verrà ripresa da Ettore Tolomei che cominciava ad affermare i propri sentimenti ultra-nazionalisti in una rivista, «La Nazione italiana» che fondava nel 1890. Nel 1906 lanciò la pubblicazione della rivista «Archivio per l'Alto Adige». Tolomei non negava che la provincia di Bolzano fosse abitata da popolazioni di lingua tedesca, ma rivendicava «i confini della patria>>. Egli affermava che «la catena spartiacque tra l'Adige e l 'Inn è sempre stata considerata il confine dell'!tali'>>: <che essa rappresenta la spina dorsale d'Europa che divide i due versanti principali: i paesi del Nord e quelli del Sud». E poiché al Sud «comincia una natura che non è più tedesca, l'italianità del suolo stabilisce l'incontestabile evidenza del diritto della nazione italiana e delle sue rivendicazioni» (13). Le ampie vedute del Tolomei oltrepassavano quelle più modeste degli irredentisti che ambivano, come Cesare Battisti, semplicemente alla liberazione del Trentino senza superare la frontiera linguistica. Cesare Battisti scriveva nel 1901: «Di fronte alla realtà attuale, sarebbe stupido vantare dei diritti su Merano e Bolzano» (14). Il governo italiano, da parte sua, fece sapere il proprio p'Jnto di vista fin dal 1866. Il marchese Visconti Venosta in un appello fatto ali'Austria dichiarava: «La riannessione del Trentina al regno è essenziale per l'Italia. Questo territorio appartiene alla penisola etnograficamente e geograficamente, storicamente e militarmente. L'Italia non chiede tutta quella parte del Tirolo italiano che era annessa all'antico Regno d'Italia e denominata dipartimento dell'Alto Adige. Le sue richieste si limitano esclusivamente alle popolazioni 13. E. Tolomei - L'Alto Adige. Dagli aui del Congresso straordinario dell'associazione «Trento - Trieste» tenutasi in Roma. i giorni 25-26-27 marzo 1917 Tipc,grafia dell'italiana, Roma, 1917, p. 4. 14. Romano Bracalini- L'ABC dell'Alto Adige, Longanesi, Milano, 1968, p. 10. Bisogna segnalare che l 'atleggiamento di Battisti, riguardo alla frontiera italiana al Brennero, mutò con l'avvicinarsi della guerra. Nel 1916 Battisti aderiva pienamente alle teorie del Tolomci (v. Epistolario di Cesare Battisti, t. l, «La Nuova Italia», Editrice, Firenze, 1966, p. XXXII dcii'introduzione di Paolo Alatri). 17 italiane» (15). La linea del Brennero, inaugurata nel 1867, segnò un riavvicmamento austro-italiano sul piano economico attenuando le controversie territoriali. Nel 1882 l'Italia firmò con la Germania e l'Austria il trattato della Triplice. Questa sorprendente alleanza, capovolgimento della tradizione nazionale italiana, obbligò Crispi a lottare contro l 'irredentismo per compiacere all'Austria. Ma «Trento e Trieste», slogan degli irredentisti, costituì un casus belli permanente tra gli alleati italiani ed austriaci. La Germania si sforzò di mantenere una difficile intesa tra due parti che si disprezzavano e si sospettavano. Il 28 luglio 1914 l'Austria dichiarò guerra alla Serbia senza metter ne al corrente l'alleato italiano. ll 2 agosto 1914 quest'ultimo dichiarò la propria neutralità, dal momento che il casus foederis valeva solo in caso di guerra di difesa (art. 3 della Triplice). A poco a poco le idee bellicose diffuse dagli ambienti nazionalisti guadagnarono terreno ed aizzarono una parte della popolazione contro l’Austria. Una neutralità passiva indefinita avrebbe potuto significare perdere l'occasione di liberare le terre irredente, e, forse, tale occasione non si sarebbe mai più ripresentata. Per Sonnino, ministro degli Affari Esteri dal 1914 al 1919, si presentava un solo problema: far pagare il prezzo più alto per la neutralità dell'Italia. La Germania, inquieta, spingeva l'Austria alla trattativa e persino al sacrificio delle terre imperiali. Nel marzo 1915 si aprirono i negoziati per Trento e Trieste, 1'8 aprile il governo italiano fece sapere il prezzo della sua neutralità: la cessione del Trentino e del dipartimento dell'Alto Adige con le frontiere del 1810. La risposta dell'imperatore Francesco Giuseppe fu chiara: «Kein Fussbreit deutschen Tiroler Bodens» (l'Italia non avrà neanche un palmo del suolo tirolese tedesco) (16). L'Austria offrì il Trentino, ma i giochi ormai erano fatti. Dal 2 al 27 marzo, l'Italia aveva negoziato con l'Intesa il trattato di Londra che verrà firmato il 26 aprile 1915 e che sanciva le pretese italiane su tutto il Tirolo del 15. Ministero degli Affari Esteri, Dircction Politique - 26 maggio 1945 - Le problème du Tyrol du Sud, capitolo 2, Evolution historique. 16. Alain Fenet, La Question du Tyrol du Sud, un problème de droit international, Libreria Generale di Diritto e Giurisprudenza, Parigi 1968, p. 17. 18 Sud. Il 23 maggio 1915 l'Italia dichiarava guerra all'Austria. Il 31 ottobre 1918 gli Alleati (ed Associati) dell'Intesa determinavano le condizioni per l'armistizio da imporre all'Austria-Ungheria. Tra queste figurava l'evacuazione di tutti i territori promessi all'Italia nel Trattato di Londra. Il 3 novembre l'imperatore diede ordine di firmare l'armistizio di Villa Giusti. n 4 novembre le truppe italiane invasero il Tirolo meridionale. 2. Cenni storici dal 1919 al 1945 2.1. La Conferenza della pace Il nono de quattordici punti di Wilson è così formulato: «A read justment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality» (si dovrebbe effettuare un riaggiustamento delle frontiere italiane secondo linee di nazionalità chiaramente riconoscibili), e il colonnello House, consigliere di Wilson, era convinto che la soluzione migliore per la frontiera austro-italiana sarebbe stata la linea di Salorno (linea che attualmente separa la provincia di Bolzano da quella di Trento). Ma la formula di Wilson era una chimera; avrebbe dovuto comparire tra le condizioni di armistizio per avere valore vincolante. La Francia e l'Inghilterra dichiararono di voler onorare la propria firma apposta in calce al trattato di Londra. I discorsi tenuti da Lord Balfour, allora ministro degli Esteri britannico, sono significativi al riguardo: «Quando, durante la guerra ci siamo trovati in una situazione difficile, abbiamo domandato all'Italia di unirsi a noi e in cambio abbiamo offerto un prezzo ben preciso. L'Italia ha mantenuto la promessa e, se ora si volge a noi, dobbiamo onorare i patti» (17). House pensò allora di trovare una soluzione intermedia al problema: dare all'Italia la frontiera del Brennero, ma fare del Sud Tirolo una provincia completamente autonoma che governasse la propria vita culturale e la cui popolazione potesse sottrarsi al servizio militare. 17. Fenet, op.cit., p. 28. 19 Ma Wilson stesso accolse di buon grado le richieste italiane e House ce ne dà la spiegazione: «Questa concessione del Sud Tirolo poteva portare l'Italia a ridurre le proprie richieste sul versante ori.entale» (18) (l'Italia rivendicava infatti la città di Fiume, che non era contemplata nel trattato di Londra). In base alrarticolo 27 del trattato di St. Germain, firmato il IO settembre 1919, l'Italia avrebbe dunque ricevuto il Tirolo meridionale. La nuova repubblica austriaca protestò vivacemente contro questa annessione. Il capo della delegazione austriaca alla Conferenza di Parigi, Renner, dichiarò: «Questa popolazione, i sudtirolesi, fiera della propria storia e delle proprie tradizioni non si sottometterà mai al giogo straniero». L'Assemblea nazionale costituente austriaca approvava il segretario di Stato Bauer che profetizzava: «Ecco un cattivo servizio reso alla pace del nostro continente. L'Europa scambierà l'irredentismo di Trento e Trieste con l'irredentismo tedesco di Bozen e Meran. Bisogna che ciò non si verifichi». L'Austria, «nano politico», non potrà, durante le due guerre, far valere le proprie ragioni sulla scena politica internazionale. Gli italiani, da parte loro, non perdevano tempo ed un governatore militare veniva inviato nel Sud Tirolo. A Roma veniva annunciato un programma: l'istituzione di scuole bilingui, il rispetto delle scuole private e confessionali già esistenti e l'ammissione del bilinguismo nei tribunali e nell'amministrazione. Ma Tolomei veniva mandato sul posto per assumere la carica di «Commissario per la lingua e la cultura dell'Alto Adige». Egli si trovò subito in disaccordo con le idee troppo liberali del governo centrale. Da parte loro i pangerrnanisti fondavano un partito: il Deutscher Verband. Neli'agosto 1919 il governo militare veniva sciolto e il deputato Luigi Credaro veniva nominato governatore civile; molto liberale cercava un accordo con il Deutscher Verband. Tolomei dava le dimissioni. Ali 'inizio del 1920, i sudtirolesi presentarono un programma. Domandavano un'ampia autonomia e l'esenzione dal servizio militare. Il governo italiano respinse il programma dei pangennanisti. Il 7 agosto 1920 il trattato di St. Germain fu sottoposto al voto del 18. Fenct, op.cit., p. 31. 20 Parlamento italiano. I cattolici popolari erano contrari all'annessione e così pure i socialisti. Questi ultimi si batterono fino all'ultimo per impedire l'inclusione nelle nuove frontiere di una popolazione di gruppo etnico differente. Leonida Bissolati, contrario all'annessione, dichiarò che era in contraddizione con gli interessi dell'Italia. Il trattato venne tuttavia accettato il giorno stesso con 178 voti contro 48. Con l'annessione del Tirolo meridionale, l 'Italia acquisiva: 250.000 abitanti circa (di cui, in base al censimento austriaco del 1910, solo 7.000 italiani), una posizione strategica determinante (che l 'Italia aveva rivendicato alla Conferenza della pace dove Orlando aveva dichiarato: «Comunque, l'elemento etnico diventa secondario davanti alla necessità di garantire all'Italia la sicurezza delle frontiere» (19)) ed un notevole potenziale idroelettrico (che sarà in parte valorizzato dal fascismo). Come diceva il conte Sforza «L'Italia aveva raggiunto interamente i suoi scopi supremi di guerra: la distruzione del suo secolare nemico, l'Impero austriaco», ma ereditiva da quest'ultimo delle minoranze a Est (Dalmazia, !stria e Venezia Giulia) e nel Tirolo meridionale che, dal 1919 in poi, le procureranno degli enormi problemi. 2.2. L'Alto Adige e il fascismo Nell'aprile del 1921, i fascisti di Trento, sotto la guida del futuro segretario del partito, Starace, organizzarono «una marcia su Bolzano», preludio di quella su Roma. Negli incidenti che seguirono un sudtirolese venne ucciso e il delitto impunito scatenò uno sciopero generale nella regione. Nel maggio 1921, a conclusione delle ultime elezioni libere, furono eletti tre deputati del Deutscher Verband i quali depositarono una protesta contro l'annessione (20). Il governo annunciava l'obbligo del servizio militare per i sudtirolesi e la tensione non accennava a diminuire. 19. Bracalini, op. ciL., p. 13. 20. Questa protesta scritta non venne mai ritimta. Essa testimoniava il rifiuto dcll'annessione da parte dci sudtirolesi. 21 La situazione degenererà defmitivamente quando Mussolini prenderà il potere. I fascisti fin dal 1922, prevedevano l'italianizzazione forzata dell'Alto Adige. Nel 1923 Tolomei fu nominato «Consigliere per l'Alto Adige» dal governo fascista. Il 3 marzo dello stesso anno, eletto senatore, veniva ricevuto da Mussolini che gli dichiarava «I tedeschi dell'Alto Adige devono capire che il governo fascista non intende in alcun modo dare alla regione quelle garanzie di perpetuazione del germanesimo che sono state domandate dal Deutscher Verband ai governi precedenti. Al contrario, apre e spalanca la porta all 'italianità che sale e si afferma naturalmente e favorisce con ogni forma di penetrazione l'assimilazione di questa terra di froiltiera nella grande unità della Nazione» (21). Dal punto di vista amministrativo tutto ciò si tradusse nella creazione di un'unica regione, la Venezia Tridentina, che inglobò il Trentine e l'Alto Adige. La provincia di Bolzano veniva soppressa (fino al 1926). Poco dopo il discorso di Mussolini, Tolomei espose a Bolzano il programma del governo fascista: divieto assoluto di usare l'espressione «Slidtirol», i consigli comunali venivano sciolti e al posto dei sindaci, il governo avrebbe nominato dei podestà. Credaro veniva naturalmente revocato e il 29 marzo 1923 il governo decise che nella toponomastica i nomi tedeschi sarebbero stati sostituiti da nomi italiani. Tolomei potrà così «italianizzare» i nomi tedeschi: Sterzing diventerà Vipiteno, Brixen Bressanone, Franzensfeste Fortezza, ecc.. (22) Qualche mese dopo un decreto del l 0 ottobre 1923, ordinava che, a partire dal l 0 ottobre 1924, in tutte le scuole materne e nelle scuole inferiori frequentate totalmente o in parte da bambini tedeschi, l'insegnamento si svolgesse in italiano. Nel 1926 i principali giornali in lingua tedesca («Der Landsmann», <<Die Brixener Cronik», «Die Meraner Zeitung») venivano soppressi e 21. Bracalìni, op. cit., pp. 26-27. 22. Studi recenti provano che Tolomei tradusse i nomi tedeschi in modo scientifico. Le forme italiane sarebbero semanticamente e stilìsticamente ineccepibili all'86,5% e correuc al 95%. V. Daniela Giaimo, Il Prontuario di Ettore Tolomei: criteri per la determinazione della Loponomastica ufficiale del Burgraviato di Merano, Facoltà di lingue dell'università di Torino, 1987. Tratto dal quotidiano «Alto Adige» del 28 marzo 1987. 22 sostituiti dali'<<Alpenzeitung>> d'ispirazione fascista. Durante questo stesso anno venne adottato un altro provvedimento: l 'italianizzazione dei nomi di famiglia, ma si trattava di una misura che si rivelò ben presto impossibile e piuttosto ridicola, il decreto cadde infatti in disuso nel 1928. Non si interruppe tuttavia l'opera cominciata. A Bolzano la statua del poeta Walther Von Der Vogelweide fu sostituita con quella di Druso e il 16 novembre 1927 un decreto del prefetto proibì le iscrizioni in tedesco sulle tombe. Nell'anno scolastico 1929-1930 venne proibito l 'insegnamento privato della lingua tedesca. Parlare tedesco diventava pericoloso, i fascisti vegliavano, se sentivano parlare la lingua «barbara» infierivano a colpi di manganello. L'uso della lingua tedesca era vietato in ogni manifesto, annuncio, segnale, catalogo, orario, documento e i cittadini di lingua tedesca erano esclusi dagli impieghi pubblici. Inoltre, Mussolini, per italianizzare l'Alto Adige, installava un complesso industriale completamente nuovo alla periferia di Bolzano. Cominciava così a sfruttare anche le risorse idroelettriche del territorio. Per realizzare queste opere si servì di mano d'opera proveniente dali 'Italia meridionale. (La popolazione italiana passava da 7.000 abitanti nel 1910 a 81.000 (23) nel1939). Va segnalato che poche furono le reazioni contro questa politica fascista. La sola degna di nota fu quella di Stresemann nel 1925. Il cancelliere affem1ò al Reichstag la solidarietà del Reich con i tedeschi del Sud Tirolo, parlò addirittura di ricorso alle Nazioni Unite. Mussolini, irritato, rispose che il Brennero era la frontiera naturale, strategica, intangibile dell'Italia e che, di conseguenza, non esisteva alcuna questione del Sud Tirolo. Va altresì notato che durante questi anni si era sviluppata, partendo da Innsbruck, una forte propaganda pangermanistica che si sarebbe rivelata molto pericolosa per l'Italia dopo l'avvento di Hitler. 23. Castelli - La questione altoatesina - Presupposti per l'Accordo di Parigi Sviluppi dal 1946 al 1961- Centro Studi Sociali, Milano 1961, p. 17. 23 2.3. Dall'avvento di Hitler (gennaio 1933) al protocollo Ciano-Von Mackensen (ottobre 1939) Hitler nutriva una grande ammirazione per Mussolini, che era stato il suo modello ispiratore; spinto ad un'alleanza con l'Italia, il Sud Tirolo costituiva per lui e per il suo partito un dilemma. Si decise in favore dell'amicizia italiana e scrisse nel 1927, nella seconda parte di «Mein Kampf»: «Non esito a dichiarare che, ora che i giochi sono fatti, ritengo impossibile recuperare il Sud Tirolo con una guerra. Non solo, ma sono convinto dell'impossibilità di alimentare per questo l'entusiasmo nazionale di tutto il popolo tedesco... Ritengo, al contrario, che se un giorno si dovesse versare del sangue tedesco sarebbe criminale versarlo per 200.000 tedeschi quando sette milioni di tedeschi Ianguono sotto la dominazione straniera e orde di negri africani fanno scorrere il sangue del popolo tedesco>>. Al suo avvento, Hitler dichiarò di capire molto bene i motivi che spingevano l'Italia a difendere la frontiera del Brennero. Aveva bisogno dell'amicizia italiana e ciò malgrado le critiche in seno al suo partito. Ufficialmente quindi, minimizzò il problema, ma nel frattempo la propaganda nazista s'infiltrava in Alto Adige. Al momento sussisteva anche un'altra grave controversia tra l'Italia e la Germania riguardo all'Austria. Mussolini riteneva che la regione del Danubio fosse per l'Italia una zona d'espansione naturale, e l'Austria una sorta di futuro protettorato sottomesso all'influenza italiana. Da un lato proteggeva l'Austria e dall'alu·o vedeva avanzare il pericolo nazista in Alto Adige ed era costretto a fare qualche concessione al governo di Vienna sulla questione. Quest'ultimo, cercava di mostrare a Mussolini che forzando l'italianizzazione dell'Alto Adige faceva il gioco di Hitler e della sua propaganda pangermanistica. Nel maggio 1934, Mussolini autorizzava l'istituzione di scuole e di corsi privati di lingua tedesca nella provincia di Bolzano. Nel luglio del 1934 ci fu il primo tentativo d'Anschluss (con I'assassinio di Dollfuss) e il suo fallimento dovuto all'intervento del Duce. Si instaurava allora un dialogo a proposito dell'Alto Adige tra quest'ultimo ed il nuovo cancelliere Schuschnigg, mentre la propaganda s'intensificava nel Sud Tirolo attraverso l'attività del «Volksbund flir 24 das Deutschen im Auslande>> (lega per il germanismo ali 'estero). Nel 1935, seguendo la linea del dialogo, venivano ristabiliti dei corsi di lingua tedesca in tutta la provincia di Bolzano, tuttavia la tensione continuava a crescere per la chiamata alle armi dei sudtirolesi per la guerra di Etiopia. Nell'aprile 1936 Mussolini dichiarava ad una commissione di sudtirolesi di essere contrario alla italianizzazione dei nomi. Nell'aprile 1937 si incontrava con Schuschnigg e dichiarava di essere disposto a facilitare l 'uso della lingua tedesca nei giornali e nell'insegnamento privato. Il rìavvicinamento austro-italiano avrebbe, sicuramente, potuto andare molto più in là, dal momento che Mussolini voleva difendere ad ogni costo la frontiera del Brennero e Schuschnigg voleva sottrarsi all'influenza nazista. Ma l'11 marzo 1938 Schuschnigg fu obbligato a dare le dimissioni e Seyss Inquart, capo del partito nazista austriaco diventava cancelliere. Questi, il 12 marzo faceva appello ai 200.000 soldati tedeschi ammassati alla frontiera austro-tedesca: era l'Anschluss. Il 10 aprile 1938, con un plebiscito che ne approvava il rìcongiugimento, l'Austria diventava l 'Ostmark (marca (24) dell'Est) del III Reich. Hitler non aveva consultato Mussolini che ne fu informato, a fatto compiuto, solamente l'11 marzo per lettera. In essa il Ftihrer confermava anche la frontiera italiana del Brennero. E' per questo che Mussolini, contrariamente al comportamento avuto nel 1934, e nonostante gli appelli disperati di Schuschnigg, non batté ciglio (25). Avendo Mussolini accettato l'Anschluss, il problema si spostava ora alla frontiera tra il III Reich e l'Italia. Il governo italiano era molto inquieto a causa delle voci insistenti che circolavano a proposito di una probabile annessione tedesca dell'Alto Adige e, a Roma, si pensava già ad un futuro trasferimento della popolazione al di là del Brennero. L'atmosfera nella regione era molto tesa poiché l' Anschluss aveva riacceso le speranze dei sudtirolesi in una possibile liberazione. I nazisti del luogo appofittarono di questo stato dì cose per uscire allo 24. marca= regione di confme. 25. Non dimentichiamo l'evoluzione della politica imperialistica del fascismo. La conquista dell'Etiopia e le sanzioni che ne seguirono portarono il Duce verso l'alleanza tedesca. Ma tutto ciò esula dal nostro soggeuo. 25 scoperto. In tutto l'Alto Adige scoppiarono disordini: il 16 aprile a Lasa i fascisti usarono le armi per reprimerli e ci furono numerosi morti. Nel frattempo Mussolini, dopo l'attimo di sorpresa ed il consenso dato, pensò di essere stato ingannato da Hitler al momento dell'Anschluss. Domandò due controparti in cambio: la prima consisteva nel trasferimento di una parte dei sudtirolesi (e in particolare di l 0.000 abitanti di nazionalità tedesca stabilitisi in Alto-Adige); la seconda nella piena garanzia della frontiera del Brennero. Nel maggio 1939 Ciano e Von Ribbentrop firmavano un documento in base al quale, in cambio dell'Anschluss, sarebbe stato concesso all'Italia, per risolvere il problema dell'Alto Adige, il trasferimento della popolazione. Lo stesso mese l'inviolabilità del Brennero veniva accettata come premessa al patto d'Acciaio. Le trattative per il trasferimento si svolsero dal luglio ali'ottobre del 1939 e il 13 ottobre Himmler e Bocchini (26) arrivarono a degli accordi di massima. Il 21 ottobre 1939 venne firmato da Ciano e Von Mackensen (allora ambasciatore tedesco a Roma), il protocollo sulle modalità di rimpatrio dei cittadini tedeschi e sull'emigrazione in Germania degli allogeni tedeschi dell'Alto Adige. Il riP1patrio dei cittadini tedeschi doveva obbligatoriamente essere effettuato nei tre mesi successivi all'accordo. Gli allogeni di lingua tedesca dovevano scegliere definitivamente tra la cittadinanza italiana e quella tedesca. La data limite per la loro scelta era il 31 dicembre 1939. In caso di opzione per la cittadinanza tedesca avrebbero dovuto trasferirsi entro il31 dicembre 1942. Himmler e Bocchini avevano deciso il 13 ottobre che nessuna delle due parti avrebbe fatto propaganda pro o contro il trasferimento. Ovviamente avvenne proprio il contrario. I nazisti volevano trarre da questa questione una sorta di plebiscito per la Germania. Nel!'«Archivio dell'Alto Adige» dell'agosto 1940 troviamo: «Una volta installati gli uffici tedeschi addetti al trasferimento di coloro che desideravano emigrare, non vi fu alcuna opposizione alla propaganda di persuasione svolta nelle varie valli dagli agenti; propaganda, va 26. Arturo Bocchini (1880 - 1940) era, nel 1939, senatore, capo delta polizia e dcll'Ovra, polizia segreta del regime fascista 26 detto, di vera e propria intimidazione, ben organizzata a tutti i livelli». La posizione italiana era più complessa. Mussolini, per ragioni di prestigio e, soprattutto, per ragioni economiche (i piccoli proprietari terrieri dell'Alto Adige erano insostituibili), non voleva un esodo in massa. Toscano (27) sostiene questa tesi. Ma i sudtirolesi sostengono il contrario e, nell'Allegato 3 del memorandum presentato agli alleati il 30 maggio 1946, vengono citate numerose fonti italiane dell'epoca. Il prefetto di Bolzano, Mastromattei, rivolgendosi ai rappresentanti dei comuni del Sud Tirolo l'11 giugno 1939 avrebbe detto: «Coloro che non approfittano della possibilità di optare per la Germania saranno trasferiti nelle province a sud del Po.» La «Stampa» del 22 ottobre portava il titolo: «II paese che ha visto le alte gesta dei romani sotto Druso sarà abitato solo da italiani». Dopo la guerra il <<Quotidiano» di Roma confessava che «Numerosi sono coloro che, cattolici praticanti o socialisti, non nutrivano alcuna simpatia per il Reich tedesco. Tuttavia hanno optato per il Reich pur di fuggire da questo inferno» (28). L'atteggiamento del fascismo poteva apparire senza dubbio contraddittorio: da una lato, bisognava eliminare i sudtirolesi «cattivi», vale a dire gli agitatori e, in primo luogo i tedeschi (i 10.000 di cui si è detto); dall'altro, bisognava trattenere i sudtirolesi «buoni», cioè gli agricoltori, sostegno dell'economia della provincia. Inoltre si deve tener presente che, per il solo fatto di esistere, il protocollo Ciano-Von Mackensen dimostrava il fallimento totale della politica di italianizzazione portata avanti dai fascisti nella provincia. Essa era altresì segno evidente di una certa inferiorità e paura del III Reich, che appariva giustamente minaccioso per la presenza di questa minoranza tedesca ali'interno delle frontiere italiane. Il 10 gennaio 1940 furono pubblicati i risultati: su 266.985 sudtirolesi di lingua tedesca, 185.085 votarono per la partenza in Germania. Di fatto, il l settembre 1943, solo 77.772 di questi avevano 27. Mario Toscano- Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige, Laterza, Bari, 1968, p. 192 e seg. 28. Vd. il memorandum del governo austriaco del 30 maggio 1946. 27 affettivamente lasciato la regione, essi si dispersero in Alsazia, Germania, Polonia, Cecoslovacchia, ma la maggior parte si stabilì in Austria (29). 2.4. La guerra e l'occupazione tedesca (10 giugno 1940 - 2 maggio 1945) L'Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940, ma già dalla fine di quell'anno le truppe italiane erano in difficoltà in Grecia e in Africa. Verso la metà del 1941 circolavano già voci sulle mire tedesche in Alto Adige. Col passare del tempo la posizione dell'Italia fascista si indeboliva e l'atteggiamento tedesco mutava. Ali 'inizio dell'estate 1943 Hitler era già pronto all'annessione dell'Alto Adige così come a quella del Trentino, della provincia di Belluno, della Venezia Giulia con Trieste, dell'!stria e della Dalmazia. Il 10 luglio 1943 aveva luogo lo sbarco anglo-americano in Sicilia. Il 25 luglio il Gran consiglio fascista votò, con 19 voti contro 9, la mozione Grandi, ostile a Mussolini. Quest'ultimo veniva arrestato ed il re affidava il potere al maresciallo Badoglio. Hitler non aveva più fiducia nell'alleato italiano, sospettava che Badoglio stesse negoziando con gli Alleati. Il 31 luglio 1943 faceva passare il Brennero a delle truppe tedesche (sette divisioni). Queste truppe, accolte dai sudtirolesi come liberatrici, erano formalmente destinate alla controffensiva ma la 44divisione si installò in Alto Adige. L'8 settembre 1943 Badoglio annunciava l'am1istizio tra l'Italia e gli Alleati. Il12 settembre Mussolini veniva liberato da un commando tedesco e i118 fondava la Repubblica sociale italiana di Salò. Il 13 ottobre 1943 il governo di Roma dichiarava guerra alla Germania. Ma Hitler in risposta al «tradimento» italiano dell'8 settembre aveva già preso le proprie precauzioni. In teoria, l'Alto Adige avrebbe dovuto passare dalla sovranità del governo Badoglio a quella della Repubblica di Salò. In pratica, il 27 settembre 1943 veniva nominato un «Gauleiter» (governatore) tedesco, Franz Hofer che si installava a Bolzano. Le province di Bolzano, Trento e Belluno 29. Cifre tratte dall'opera di Duroselle - Histoire diplomatique de 1919 à nos jours, DaJloz, Parigi 1981, p. 244. 28 passavano sotto la sua autorità e diventavano l'«Operationszone Alpenvorland» (zona operativa del territorio alpino). Hofer, che dipendeva direttamente dal Fiihrer, nominò tre prefetti che dovevano esercitare le proprie funzioni nel quadro dell'amministrazione militare tedesca. Mussolini, toccato nel vivo da questa situazione, protestò presso Hitler a più riprese, senza alcun successo. Il FUhrer gli rispose anteponendogli ragioni strategiche riguardanti «l'importanza militare della zona in rapporto all'estrema possibilità di difesa». Nel Sud Tirolo cominciò una vivace reazione contro gli italiani, molti di loro furono internati, come Tolornei che fu mandato al campo di concentramento di Dachau (30). Hofer reintrodusse l'uso della lingua tedesca come lingua principale, istituì una polizia locale, la Sod (Sicherheits und Ordnungsdienst) ed un tribunale speciale. Soppresse i giornali italiani, sciolse il partito fascista, abolì l'obbligo del passaporto per recarsi nel Reich e ordinò che nel territorio del Sud Tirolo fosse issata solo la bandiera tedesca. I sudtirolesi parteciparono alla guerra dalle due parti come, d'altro canto gli italiani. Il Comitato di liberazione nazionale italiano (Cln) per l'Alto Adige entrò in azione nella primavera del 1943. Un anno dopo, nella primavera del 1944, nasceva la fom1azione resistente di lingua tedesca, l'«Andreas Hofer Bund» sotto il comando di Hans Eggarter. Questa divisione della Resistenza era significativa e mostrava l'abisso esistente tra sudtirolesi ed italiani. Se ne ha la prova in un rapporto del Ministero degli Affari Esteri francese del24 aprile 1944 (31). La «Andreas Hofer Bund» richiedeva agli Alleati garanzie sui seguenti punti: l) che la propaganda alleata parlasse della separazione del Tirolo del Sud dali'Italia. 2) che la regione non fosse occupata dalle truppe del Cln, ed esprimeva il desiderio che venisse piuttosto occupata da truppe francesi. Tale desiderio corrispondeva a quello della popolazione. 30. Si noli che i tedeschi crearono un campo di concentramento anche vicino a Bolzano. 31. Questo documento era sicuramente arrivalo al «Comilé Français dc Libération Nationale» che fungeva all'epoca da governo. Il governo provvisorio francese (Gprt) sarà creato solo il3 giugno 1944. 29 Purtroppo si trovavano dei sudtirolesi anche nel campo nazista, essi fornirono reclute per le SS o per i poliziotti della Sod. L'unità di SS che commise il massacro delle Fosse Ardeatine (351 morti) nel marzo 1944 era composta in gran parte da sudtirolesi. Dopo l'8 settembre 1943, le autorità tedesche decisero di formare delle unità di SS composte quasi esclusivamente da sudtirolesi allo scopo di combattere i resistenti italiani: venne istituito per esempio il reggimento di polizia SS Bozen e il reggimento di polizia SS Alpenvorland (32). Quando la disfatta totale apparve imminente, Hitler espresse l'intenzione di trasformare tutto il Tirolo in un rifugio alpino, ultimo centro della resistenza in Italia, ma l 'idea non .Poté essere materialmente realizzata. Il 2 maggio 1945 le forze tedesche in Italia capitolarono senza condizioni ed il 3 maggio i Carabinieri issarono la bandiera italiana al passo del Brennero. 32. Si veda a questo proposito Toscano op. cit. p. 235 e seguenti. Toscano cita i documenti, presentati dali 'Italia durante la Conferenza della Pace dell946, col titolo di «Atrocities committed by Tirolese Nazis after Septembcr 8 th, 1943 (Italian Armistice)». Per la partecipazione dci sudtirolesi alla guerra si veda anche il 20 aprile 1944, Rapport sur le Tyrol du Sud: «due reggimenti di sudtirolesi sotto il comando di unilà di cosacchi V1assov (*) sono stati mandati tra Feltre e Belluno. Un'altra unità si trova nei pressi del Predilpass». Questo rapporto prende in considerazione anche la presenza di 2.000 StandschUtzen accanto alle truppe tedesche. Vedi anche Roma, 1 marzo 1948, Fouques Duparc al Ministero degli Esteri: «Al momento dci negoziati per il Trattato di pace, le memorie del governo austriaco riconoscevano che il Sud Tirolo aveva fornito circa 4.000 reclute alle SS.» (Jacques Fouqucs Duparc, nato nel 1897, è stato segretario della Conferenza per la pace a Parigi dal luglio all'ottobre 1946, e ambasciatore a Roma (Quirinale) dal 1947 all957). * Erano delle unità di Waffen SS, composte da Russi bianchi, Polacchi, Estoni, Lituani, mussulmani del Caucaso, ecc... Il loro nome deriva dal generale Andrei Vlassov che, fatto prigioniero nel 1942 dai tedeschi, accettò di reclutare un'«Armata di liberazione russa» destinata a lottare contro il bolscevismo. Nel 1944 l'«Armata Vlassov» sfuggiva al controllo del generale e veniva messa agli ordini di Himmler. Non si sa se i due reggimenti di sudtirolesi fossero composti da Waffen SS, ma è molto probabile. In effetti Fouques Duparc (vd. seguito nota (sopra), fa notare la presenza di 4.000 SS sudtirolesi accanto alle truppe tedesche. Questo numero coincide con quello dei due reggimenti sopra citati nel rapporto del 20 aprile 1944 (dal momento che un reggimento era composto da circa 2.000 uomini). Tuttavia si noterà che su questo punto molto controverso, cioè la partecipazione dei sudtirolesi alla seconda guerra mondiale, le fonti francesi e italiane concordano. 30 Parte prima LA DISPUTA AUSTRO-ITALIANA NELL'ELABORAZIONE DELLA PACE DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE: GLI ALLEATI LASCIANO IL SUD TIROLO ALL'ITALIA (2 MAGGIO 1945-24 GIUGNO 1946) La seconda guerra mondiale ha sconvolto l'equilibrio europeo. Tenendo conto dei nuovi rapporti di forza stabilitisi durante la guerra, si cercherà di dare all 'Europa la stabilità che le è mancata dal 1919 al 1939. Il Tirolo del Sud, divenuto Alto Adige dopo il 1919, è stato ceduto all'Italia a seguito della risoluzione del primo conflitto mondiale. Si può quindi considerare il problema risolto? Possiamo affermare che la questione dell'Alto Adige non esiste più? Si è già constatato che la politica di italianizzazione era miseramente fallita. Il tentativo, quanto mai discutibile, di una soluzione definitiva (protocollo Ciano-Von Mackensen del 21 ottobre 1939) era fallito anche lui perché, nel 1943, i nazisti, invadendo il Sud Tirolo, avevano bloccato il flusso migratorio dei sudtirolesi verso la «Grande Germania». I nazisti avevano anche favorito il ritorno di coloro che avevano optato per la partenza e si erano trasferiti nel Reich. Secondo fonte francese (l), questo ritorno era stimato a una cifra che comprenl. 22 ottobre 1947, de Monicault a Bidault (de Monicault, nato nel1895, è stato consigliere politico presso il comandante in capo francese in Austria dal 1945 al 1946 e inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Vienna dal 1946 al 1950. Georges Bidault, nato nel 1899, è stato presidente del Consiglio nazionale della Resistenza a partire dal luglio 1943. Fondatore dopo la guerra del Movimento repubblicano popolare (Mrp), diventava presidente del governo provvisorio dal giugno al novembre 1946. E' stato ministro degli Esteri più volte dal settembre 1944 33 deva ben 10.500 optanti. Ciò significava che, nel maggio 1945, circa 67.000 persone che avevano optato si trovavano ancora ali'estero, ma, soprattutto, che i sudtirolesi rimasti o rientrati nella provincia di Bolzano erano circa 200.000; il che equivaleva ad una maggioranza rispetto alla provincia (81.000 italiani) ma ad una minoranza rispetto alla nazione, rappresentando quindi un grave problema. La metà di questi sudtirolesi aveva optato, nel 1939, per la Germania. Questa minoranza era traumatizzata da 20 anni di brutalità fascista ed era ancora più restia di quanto non lo fosse nel 1919 a restare sotto il dominio italiano. La questione rimaneva aperta per i sudtirolesi come per l'Austria: la partecipazione dell'Italia alla guerra accan to alla Germania nazista sembrava poter rimettere in causa le acquisizioni italiane del 1919. Gli austriaci e i sudtirolesi coglievano tutte le occasioni possibili per reclamare il ritorno del Sud Tirolo all'Austria. Ora, per sapere se questo ritorno era possibile bisogna innanzitutto esaminare da che parte pendesse la bilancia nel rapporto di forza tra l'Austria e l 'Italia sulla scena internazionale. l. La situazione internazionale dopo la guerra: il rapporto di forza tra l'Italia e l'Austria Per quanto riguarda l'Austria, nel dicembre 1941, durante un colloquio con Sir Anthony Eden, Stalin sollevò la questione della restaurazione dell'Austria. Il 18 febbraio 1942 Churchill dichiarò che non riconosceva l 'integrazione dell'Austria nel Reich tedesco. Il 19 ottobre 1943 si tenne a Mosca la Conferenza dei ministri degli Affari Esteri delle potenze alleate a cui parteciparono Cordell Hull, Molotov e Eden e che terminò i lavori con la «Dichiarazione di Mosca» che determinava quanto segue: «l governi del Regno Unito, dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti sono giunti a un accordo nel decidere che l'Austria, prima nazione indipendente vittima dell 'aggressione hitleriana, dovrà essere liberata dalla dominazione tedesca. l tre governi ritengono nulla e non avvenuta l'annessione imposta all'Austria dalla Germania il 13 marzo 1938. Non si considerano in alcun modo vincolati ai cambiamenti effettuati in Austria dopo questa al giugno 1954 e presidente del Consiglio (ottobre 1949- giugno 1950). 34 data. I tre governi dichiarano che è loro desiderio ristabilire un'Austria indipendente. Di conseguenza è loro intenzione aprire al popolo austriaco stesso, così come agli Stati vicini che si trovano ad affrontare sin1ili problemi, la via della sicurezza politica ed economica, unica base solida per una pace duratura. Tuttavia l'Austria deve ricordarsi che ha una responsabilità a cui non potrà sottrarsi per aver partecipato alla guerra accanto alla Germania di Hitler. Di consegue:lza, al momento della risoluzione finale si dovrà inevitabilmente tener conto della parte che ha avuto l'Austria nella propria liberazione» (2). Queste due ultime frasi erano molto importanti, l'Austria era responsabile della partecipazione alla guerra? Gli Alleati così ritenevano nel 1943. Aveva fatto degli sforzi per la sua liberazione? Quest'ultima domanda non trova risposta né nei manuali né nelle enciclopedie storiche (3). Vi si parla di Resistenza in Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio, Italia, Iugoslavia, Grecia, Cecoslovacchia, Francia, Unione Sovietica, Polonia e Germania ma non vi è una sola parola sulla Resistenza austriaca. Non bisogna dimenticare che nel 1938 il plebiscito che sancì l'Anschluss ebbe il 99% delle adesioni. Toscano ricorda inoltre che in Austria, durante il periodo 1938-1945, il partito nazista aveva 500.000 aderenti su una popolazione di 6 milioni (4). Comunque per la questione che ci interessa, bisogna notare che l'assenza di una organizzazione di Resistenza e la mancanza di un governo austriaco in esilio peseranno gravemente sulla bilancia al momento della soluzione del problema altoatesino, e tutto ciò in favore dell'Italia. La «Dichiarazione di Mosca» era del primo novembre 1943, e il 15 dello stesso mese il «Comité Français de Libération Nationale» vi si associò. Un anno dopo, nel novembre 1944, Churchill e Stalin si misero d'accordo circa la creazione di zone d'occupazione all'interno delle frontiere austriache senza tuttavia fissarne l'estensione. 11 13 aprile 1945 Vienna veniva presa dali'Armata Rossa. 2. Dichiarazione citata da Kurt Waldhcim, Le miracle autrichien, Dcnoel, Parigi 1973, p. 61-62. 3. Vd. per es. Michel Mourre, Dictionnaire encyclopédique d' histoire, Bordas, Parigi, 1986. 4. V. Toscano, op.cit., p. 136 e ss. 35 POLONIA FRANCIA ®PRAGA ®PARIGI SETTORE SOVIETICO 111111 SETTORE AMERICANO SETTORE BRITANNICO l \1; ;) SETTORE FRANCESE L'OCCUPAZIONE DELLA GERMANIA E DELL'AUSTRIA DOPO LA II GUERRA MONDIALE (TRATTO DA HLE MONDEH, DOSSIERS ET DOCUMENTS,OP. CIT.) Questo evento era capitale e metteva in evidenza l'enom1e differenza con l'Italia occupata dagli anglo-americani: i sovietici avrebbero rappresentato, fino al 1955, una forza con la quale bisognava fare i conti e un ostacolo alla soluzione della questione austriaca. Essi infatti mostrarono subito le loro intenzioni: gli americani arrivarono in Austria il 27 aprile 1945 e quello stesso giorno a Vienna veniva costituito il governo Renner, riconosciuto da Mosca, senza che si svolgesse alcuna consultazione preliminare con gli alleati. I comunisti avevano il portafoglio deU'Interno e dell'Informazione. Il 30 aprile 1945 le truppe francesi occupavano il Tirolo settentrionale e il Vorarlberg, mentre all'inizio del mese di maggio gli inglesi facevano la loro entrata in Austria dal sud. Ma i sovietici si opponevano alla venuta a Vienna delle altre missioni alleate. Il 5 maggio 1945 i governi di Londra, Washington e Parigi fecero sapere ai sovietici che rifiutavano di riconoscere il governo Renner. Fu solo due mesi dopo, il 4 luglio 1945, che si arrivò ad un accordo quadripartito sulla formazione di un Consiglio alleato che controllasse il governo austriaco. Il 20 ottobre 1945 questo Consiglio stesso ampliava l'autorità del gabinetto Renner precedentemente rimaneggiato ed ingrandito, estendendola a tutto il territorio austriaco e conferendogli il diritto di legiferare senza possibilità di veto da parte delle Potenze occupanti. Il 25 novembre 1945 si tennero le prime elezioni per il Nationalrat: 85 populisti venivano eletti con in testa il loro leader Figl, 77 socialisti e solo 3 comunisti (5,4% dei suffragi). Renner diventava presidente della Repubblica e Figi cancelliere di un governo di coalizione. La disfatta dei comunisti toglieva al governo di Vienna l'appoggio determinante - dei sovietici nella questione del Sud Tirolo. Per di più, la sorte dell'Austria nell'immediato dopo guerra appariva, come per la Germania, incerta: si sarebbe assistito alla divisione del paese in due zone di influenza? E per la questione che ci riguarda: il Sud Tirolo sarebbe stato affidato a un paese che rischiava, un giorno o l'altro, di cadere sotto l'influenza dei sovietici? L'Italia si trovava in una posizione più favorevole, perché nonostante l'ambiguo voltafaccia del 1943, possedeva delle carte migliori da giocare. Godeva, infatti, dei seguenti vantaggi: il movimento di Resistenza italiano aveva partecipato alla liberazione del paese; il 37 governo Badoglio, interlocutore degli Alleati, era riuscito ad ottenere il riconoscimento di cobelligeranza per l'Italia. Le truppe italiane occupavano «de facto» l'Alto Adige dal 3 maggio 1945 e l'Italia si trovava fin dalla fine della guerra nell'orbita anglosassone pur avendo un partito comunista forte e potente. I primi resistenti organizzati in Italia, furono i comunisti, più tardi, negli anni 1942-1943, andarono consolidandosi altri partiti clandestini (la Democrazia cristiana, il Partito d'Azione). La caduta del fascismo (25 luglio 1943) diede impulso a questi movimenti che coordinarono la propria azione attraverso i Comitati di liberazione nazionale (Cln). L'armistizio dell'8 settembre 1943, l'occupazione tedesca ed il rallentamento dell'avanzata alleata contribuirono alla rapida formazione di gruppi di resistenza. Badoglio, da parte sua, dichiarando guerra ai tedeschi, il 13 ottobre 1943, ottenne per l'Italia il riconoscimento della cobelligeranza e fornì, quindi delle truppe agli Alleati (i Corpi di liberazione nazionale che non hanno niente a che vedere con i Cln). Nel giugno 1944 con la presa di Roma venne costituito un governo presidiato da un civile, Ivanhoe Bonomi, mentre nell'Italia settentrionale, Ferruccio Parri, delegato da Roma, dirigeva la Resistenza ed agiva da governatore clandestino. Il nord d'Italia veniva liberato (dal 21 al 25 aprile 1945) alcuni giorni prima dell'arrivo degli alleati ed il Cln assumeva tutti i poteri. L'Alto Adige (con la Venezia Giulia) costituì per un certo periodo un'eccezione: dal maggio 1945 al gennaio 1946 fu amministrato ed occupato dagli anglo-americani, durante questo periodo, accanto alle truppe alleate esisteva una divisione italiana incaricata di controllare la zona. Il primo gennaio 1946, quando non si era ancora definitivamente giunti alla decisione di lasciare il Sud Tirolo all'Italia, la provincia veniva restituita all'amministrazione italiana. L'occupazione e l'amministrazione italiana avrebbero potuto complicare gravemente le cose se il Tirolo meridionale fosse stato riconsegnato ali'Austria. Per di più, l'avvenire dell'Italia non si presentava incerto quanto quello della Germania o dell'Austria. L'Italia era stata governata prima dal governo Parri (giugno-dicen1bre 1945) poi dal governo De Gasperi (al potere fino al 1953). Il 2 38 giugno 1946 veniva proclamata la Repubblica e De Gasperi formava un governo d'Unione Nazionale. La Camera dei deputati era composta da una maggioranza di 200 democristiani, 120 socialisti e 100 comunisti. Paradossaln1ente la presenza dei comunisti al governo (che poteva porre dei problemi di politica interna) favoriva gli italiani nella questione del Sud Tirolo ed attirava loro l'appoggio dei sovietici nella soluzione della questione. 2. L'elaborazione della pace: il sistema dei quattro Grandi Durante la Conferenza di Potsdam (17 luglio-2 agosto 1945) si presentò il problen1a dei futuri trattati di pace: quale procedura sarebbe stata seguita per elaborarli? La delegazione americana suggerì, allora, la creazione di un «Consiglio dei ministri degli Affari Esteri». La prima riunione di questo Consiglio si sarebbe tenuta a Londra nel settembre 1945 ed esso sarebbe stato composto dai ministri americano, britannico, sovietico, francese e cinese. Il compito principale era di elaborare i trattati di pace con i paesi «satelliti» della Germania (Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria, e Finlandia) e di proporre una soluzione per le questioni territoriali pendenti. Per i paesi satelliti della Germania, il Consiglio sarebbe stato composto da membri rappresentanti gli Stati firmatari delle condizioni di resa imposte allo stato nemico in causa. Per quanto riguarda il trattato di pace con l'Italia, la Francia sarebbe stata firmataria delle condizioni di resa del nostro paese. Dal mon1ento che la Cina non era considerata, restavano il ministro degli Affari Esteri britannico, Bevin, il sovietico Molotov, Bidault per la Francia ed infine il segretario di Stato americano Byrnes. Questo organismo era pressoché permanente dal momento che, al di fuori delle riunioni dei ministri, i loro supplenti dovevano portare avanti il lavoro studiando i problemi da risolvere. Questi supplenti furono, per la questione che ci interessa, Jebb per la Gran Bretagna, 39 Couve de Murville (5) per la Francia, Dunn per gli Stati Uniti e Guseev per rUnione Sovietica. Prima dell,inizio della prima Conferenza che doveva riunirsi a Londra nel settembre 1945, tutti i paesi, recentemente in guerra con l 'Italia, erano stati invitati ad inviare appunti riguardanti il loro atteggiamento nei confronti del problema italiano. Questo dava alr Austria la possibilità, tanto sperata, di far conoscere ai quattro Grandi il proprio punto di vista sulla questione del Sud Tirolo. Prima di affrontare, la risoluzione del problem·a è necessario esaminare la posizione dell'Italia e dell,Austria così come quella dei quattro Grandi riguardo alla questione. 3. Le posizioni dell'Italia, dei sudtirolesi, dell'Austria e dei quattro Grandi riguardo alla questione 3.1. Italia, su.dtirolesi e Austria 3.1:1., Italia Si sa, che alla fine di agosto del 1945 (6), De Gasperi inviò ai quattro Grandi un memorandum nel quale domandava che l'Alto Adige restasse ali 'Italia. Punroppo non si possiede il testo di questo documento, ma ci si può chiedere, quanto meno, da dove venne la volontà politica che indusse l'Italia ad impedire che questo territorio tornasse all'Austria. Perché crearsi volutamente delle noie tenendo questa provincia a maggioranza etnica tedesca? Contrariamente a quanto si era verificato nel 1919, nel nostro paese 5. Maurice Couve de Murville, nato nel 1907, è stato delegato della Francia al Consiglio consultivo per gli Affari italiani dal marzo 1944 al febbraio 1945, poi rappresentante del governo provvisorio della Repubblica franceSe presso il governo italiano dal febbraio al settembre 1945. Sarà in seguito direttore generale degli Affari polilici dell'Amministrazione centrale dal 1945 al 1950 e supplente del ministro francese degli Affari Esteri al Consiglio dci ministri degli Esteri dal 1945 al 1947. Ex mi nistro degli Affari Esteri (1958-1967), dell'Economia e delle Finanze (1968) c primo ministro (1968-1969) è, dall968, deputato all'Assemblea nazionale. 6. V. Toscano, op.cit., p. 261. 40 tutti i partiti si rivelarono contrari all'abbandono dell'Alto Adige all'Austria, persino i comunisti, probabilmente perché la perdita di questo territorio sarebbe stata vista come un 'umiliazione. Gli italiani non consideravano la conquista dell'Alto Adige del 1919, un'annessione «imperialistica», ma una ricompensa ai sacrifici della prima guerra mondiale, il prezzo pagato per un milione di morti (750.000 soldati e 270.000 civili) (7) e non la ritenevano frutto di un ambiguo mercanteggiamento sviluppatosi nel corso dei negoziati per il Trattato di Londra del 1915. Questo territorio non era considerato al pari di quello delle colonie che l'Italia stava perdendo (eccezion fatta per la Somalia che resterà italiana fino al 1960). Si riteneva, altresì, che l'Alto Adige costituisse una sorta di compensazione alle difficoltà riscontrate in Venezia Giulia e a Trieste. L'Italia aveva già perso durante la guerra due acquisizioni del 1919, l'Istria, e la Dalmazia, ma, alrinizio del 1945 le truppe iugoslave avevano occupato quasi tutta la regione della Venezia Giulia e di Trieste. Nel giugno 1945 gli anglosassoni fecero pressione sugli iugoslavi che evacuarono una parte della regione di Trieste. In seguito, durante la Conferenza della pace, si troverà un compromesso: l'Italia terrà una parte della Venezia Giulia con Gorizia e Monfalcone, mentre il territorio di Trieste (zona A con la città occupata dagli anglo-americani e zona B occupata dagli iugoslavi) avrebbe avuto uno statuto internazionale. La questione di Trieste sarà risolta definitivamente solo nel 1954. Indubbiamente, la perdita di numerosi territori in Venezia Giulia, e l'incerto destino della città di Trieste, hanno fatto sì che gli italiani si aggrappassero disperatamente all'Alto Adige, dove, come si è visto, esisteva, nel 1939, una forte minoranza italiana (81.000 abitanti). Non va dimenticato che, dopo la guerra, Tito espulse dai territori annessi 200.000 italiani (8) e a Roma si temeva un'espulsione simile degli italiani in Alto Adige. Tutte queste considerazioni saranno tenute in conto da Alcide De 7. V. P. Milza De Versailles à Ber/in, 1919-1945, Masson, Paris 1979, p. 22. 8. Cifre tralte da «Le Mondc», dossicrs et documcnlS, L' histoire au jour le jour, Tomo I: 1944-1954, les annéesfroides, Parigi, scuembrc 1985, p. 21. 41 Gasperi (9) m1mstro degli Esteri dall'agosto 1945 e presidente del Consiglio dal dicembre 1945 al novembre 1953. E' lui lo strenuo difensore dell'Alto Adige italiano. Ciò può sembrare abbastanza strano perché alcune fonti (10) affermano che De Gasperi, nel 1919, era contrario (secondo la linea politica dei popolari cattolici) all'annessione dell'Alto Adige. Originario di Trento, De Gasperi si era sempre battuto per ri vendicare, in primo luogo, il ricongiungimento della sua provincia all'Italia e la sua autonomia nei confronti del paese. Dopo la seconda guerra mondiale, in Trentine si era sviluppata una vasta corrente autonomista: 120.000 persone aderenti all'Asar (Associazione per gli studi dell'autonomia regionale). De Gasperi avrebbe pensato, allora, che l 'unità geografica ed econon1ica delle due province ed il desiderio comune di una vasta autonomia sarebbero bastati a conciliare le loro aspirazioni. li suo progetto era quello di unire le due province per formare una regione autonoma. De Gasperi, per giustificare la propria presa di posizione, anteponeva argomenti che illustravano molto bene la tesi italiana in materia, dal momento che saranno ripresi in diverse occasioni da tutta la stampa italiana. Il 14 dicembre 1945 (11) presentò all'«Associazione degli amici dell'Alto Adige» un ordine del giorno che venne votato il 18 dicembre successivo a Firenze. Gli argomenti di De Gasperi erano iseguenti: l) L'Austria è corresponsabile della guerra, colpevole di non aver opposto resistenza alla Germania, dalla quale non ha fatto niente per liberarsi. L'Alto Adige appartiene di diritto all'Italia secondo l'ai1icolo 27 del trattato di St. Germain. 2) Renner, allora presidente della repubblica austriaca (dopo le 9. Alcide Dc Gaspcri (1881-1954 Trento) ha compiuto gli sLUdi a Vicnna. Nel 1904 fu arrestato con Cesare BaLListi per le sue idee irrcdenlistc. Nel 1911 venne eletto rappresentante del Trentina al Parlamento austriaco e nel 1921 deputato al Parlamento iLaliano. Anti-fascista fu arrestato nel 1926 c condannato a quattro anni di prigione. Fu uno degli organizzatori del partito democristiano durante la guerra. 1O. V. Bracalini, op. cit., p. 12. l1. Roma, il 14 dicembre 1945, Balay a Bidault (Gcorges Balay, nato nel 1903 è stato primo consigliere a Roma nel 1945, incaricato d'Affari, sempre a Roma, dal 1946 all947). 42 elezioni del 25 novembre 1945) avrebbe riconosciuto a più riprese l'appartenenza dell'Alto Adige all'Italia. Questa affermazione era priva di fondamento. Abbiamo già visto che nel 1919 Renner aveva protestato contro l'annessione. Inoltre Renner aveva chiesto nel settembre 1945 un plebiscito per il Sud Tirolo (12). 3) In questo paragrafo De Gasperi sostiene la tesi delle «frontiere naturali» (così amate dal Tolomei) riconosciute dal trattato di St. Germain e da «tutti»: da Mazzini a Wilson (13). Per quel che riguarda le «frontiere naturali» De Gasperi si può basare su una dichiarazione delle Potenze Alleate e Associate del 2 settembre 1919 (quindi prima della firma del trattato di St. Germain il 10 settembre) in cui si afferma quanto segue: <<Per quanto riguarda il Tirolo, le Potenze Alleate ed Associate ritengono che il popolo italiano sia stato esposto, nel corso di numerosi anni, ad una minaccia diretta deliberatamente contro la sua stessa esistenza. La minaccia era costituita dal fatto che l'Austria-Ungheria possedeva posizioni militari avanzate che dominavano la pianura italiana. In tali circostanze le Potenze Alleate ed Associate hanno reputato che la soluzione migliore fosse di accordare all'Italia la frontiera naturale delle Alpi, da così lungo tempo reclamata» (14). La teoria delle frontiere naturali e strategiche si ritrova nel paragrafo seguente del discorso di De Gasperi: 4) secondo lui, il Tirolo, costituito nel Medioevo, sarebbe stato «Creato al fine di assicurare ai tedeschi il dominio politico e strategico dell'Italia». Questa frase paradossale contiene nel fondo un briciolo di verità. E' chiaro che il Brennero ha sempre conferito nei tempi andati al Tirolo una grande importanza strategica. Il discorso di De Gasperi si ricongiungeva con quello tenuto da 12. Vd. ollre p. 54. 13. Per quanto riguarda l'approvazione di queste fromiere da parte di Wilson, sebbene il presidcnLe americano avesse appoggiato l'opinione italiana durante la conferenza di Parigi, secondo ilsuo biografo Ray Stannard Baker egli avrebbe in seguito amaramente rimpianto di aver preso tale decisione senza essere pcrfcuamente al corrente della situazione. (v. R. Stannard Baker, Woodrow Wilson and World Settlement, New York, 1922, vol. 2, p. 146). 14. V. Fcnet, op. cir., p. 29. 43 Orlando nel 1919 (15), con una sola differenza capitale: nel 1945, con la comparsa delle armi atomiche, il Brennero aveva perso questa sua importanza strategica (tranne in caso di guerra convenzionale). 5) Secondo De Gasperi l'Alto Adige era una «sotto-regione» della regione veneta ed era di lingua mista. Nel 1939, infatti contava 277.000 abitanti di cui un terzo (90.000) di lingua italiana. Tralasciando il fatto che la cifra riguardante la popolazione italiana ci sembra inesatta per eccesso (da 81.000 a 90.000) e la cifra globale della popolazione inesatta per difetto, si deve tener conto che il termine «Sotto-regione» viene usato da De Gasperi sulla scorta della tesi delle frontiere naturali. Egli annuncia che l'Alto Adige fa parte, a suo avviso, di una regione più vasta: la Venezia Tridentina (16) o futura regione del Trentine Alto Adige. 6) La popolazione rurale sarebbe stata germanizzata solo all'inizio dell'ultimo secolo. Bolzano avrebbe avuto un 'impronta marcatamente italiana e, sempre secondo De Gasperi, «la cultura italiana ha avuto una parte preminente nello sviluppo della civiltà di questa regione». Il primo argomento è ancora oggi dibattuto. L'amministrazione austriaca, dopo il 1815, avrebbe brutalmente «germanizzato» le popolazioni italiane e installatesi in Alto Adige durante l'era napoleonica. Anche se ciò fosse vero, per noi quello che conta è il periodo 1919 - 1945 durante il quale la popolazione di lingua tedesca costituiva la maggioranza. Risalire nel tempo a Druso o alla germanizzazione degli Alamanni e dei Baiovarii equivarrebbe a perdersi in sterili polemiche. Cerchiamo piuttosto di attenerci alla realtà contemporanea del Sud Tirolo o Alto Adige. Per quel che riguarda Bolzano, questa città ha senz'altro ricevuto un impronta italiana, ma pitt tardi, col fascismo. Si è infatti detto che Mussolini ha cercato di «italianizzare» Bolzano, industrializzandola e 15. Vd. supra p. 21. 16. Questa regione creaLa dal fascismo nel 1923, comprendeva il Tremino e I'Allo Adjge. La provincia di Bolzano veniva soppressa c Trento rimaneva unico capoluogo. La provincia di Bolzano venne ristabilita nel 1926, ma senza: la val di Fassa (a maggioranza ladina) che venne annessa al Trentine, i comuni Iadini di Cortina, Santa Lucia e Pieve di Livinallongo (passati souo l'amministrazione della provincia di Belluno) e la Bassa Atesi na con una decina di comu ni a sud di Bolzano lungo la valle dell'Adige fino a Salorno. 44 ricorrendo alla mano d'opera dell'Italia meridionale. Il complesso industriale situato alla periferia di Bolzano dava lavoro, ancora negli anni '60, a circa 6.000 operai. n fatto che questi operai si fossero stabiliti qui durante il fascismo, non toglieva niente alla re ùtà della loro presenza, nel 1945 a Bolzano. Tuttavia, per quanto riguarda la cultura italiana, se è certo che essa è penetrata fino in Austria, in particolare ad Innsbruck, non si può altrettanto dire che abbia lasciato traccie profonde: i tirolesi hanno sempre avuto la loro lingua, i loro costumi e la loro cultura. Le brutalità compiute dai fascisti, al contrario di ciò che forse poteva sperare De Gasperi, avevano creato in loro dei pregiudizi contro ogni forma di penetrazione culturale italiana nella provincia. 7) Dal punto di visteconomico l'Alto Adige è complementare al Trentine ed alle pianure che ne dipendono e 8) l'Italia ha fatto dell'Alto Adige una regione industriale che non può essere separata dalla Lombardia. Questo è uno dei punti fondamentali della tesi italiana. Nonostante una certa complementarietà tra l'economia sudtirolcsc c quella austriaca (commercio di vino e frutta) il fascismo ha sfruttato le risorse idroelettriche della regione. L'Italia farà valere, come vedremo (17), che queste risorse sono indispensabili alla propria economia. 9) De Gasperi afferma che la questione dell'Alto Adige è una questione interna dell'Italia e non internazionale. Aggiunge che la questione dell'Alto Adige è analoga a quella di altri Stati limitrofi della Germania dai quali 10 milioni di tedeschi sono stati ricacciati in area tedesca. Rimette sul tappeto la questione delle opzioni del 1939. Secondo De Gasperi l'Italia poteva richiedere l'adempimento di un impegno liberamente accettato dalla Germania, di cui l'Austria faceva allora parte, sulla base del quale l'Italia aveva il diritto di esigere che coloro che avevano optato per la Germania lasciassero il territorio nazionale. Aggiungendo però che l'Italia non voleva un esodo, al contrario, è pronta ad accogliere tutti coloro che rispettassero la legge ed il regime di autonomia. Nella prima frase del paragrafo 9, De Gasperi fa ancora riferimento, al trattato di Londra del1915 ed al trattato di St. Germain del 1919. In 17. V. oltre pp. 79, 90, 94 e 95. 45 virtù di questi trattati, il territorio è diventato italiano e, di conseguenza, resterà tale e nessuno ha il diritto di immischiarsi in affari prettamente italiani. Gli italiani manterranno sempre questa posizione che, dal punto di vista del diritto internazionale, è perfettamente sostenibile. L'Italia, ancora una volta, non teneva conto dei grandi principi: se nel 1919 non aveva tenuto conto del nono dei quattordici punti di Wilson, nel 1945 non terrà conto dei cambiamenti avvenuti nel frattempo. Il 14 agosto 1941 Roosevelt e Churchill firmavano la Carta Atlantica dove affermavano che non desideravano «assistere ad alcuna modifica territoriale» che non fosse «in accordo con i desideri liberamente espressi dalle popolazioni interessate>>. Dal 25 aprile al 26 giugno 1945 si tenne la Conferenza di S. Francisco che riuniva 46 stati. Essa si concludeva con la firma della Carta della Nazioni Unite entrata in vigore il 24 ottobre 1945. Nel primo articolo, al paragrafo 2, si dichiara che «lo scopo delle Nazioni Unite è di sviluppare tra le nazioni dei rapporti amichevoli fondati sul rispetto del principio d'uguaglianza dei diritti dei popoli e del loro diritto di disporre di se stessi». L'Italia non terrà conto di ciò: né l'Italia, né l'Austria erano firmatarie della Carta dell'Onu dove saranno ammesse solo nel 1955. Inoltre l'Italia era favorita dali'articolo l07 della Carta: «Nessuna disposizione della presente Carta condiziona o impedisce che venga effettuata o autorizzata, come conseguenza della guerra, da parte dei governi che ne hanno la responsabilità, un'azione nei confronti di uno stato che durante la seconda guerra mondiale è stato nemico di un qualsiasi firmatario della presente Carta». Perciò tutte le azioni che derivavano dalla seconda guerra mondiale sfuggivano ai principi enunciati nella Carta. L'Italia risultava dalla parte della ragione rispetto ai cambiamenti giuridici verificatisi durante la guerra. In seguito, sempre nel paragrafo 9, De Gasperi aveva accennato al più grande movimento migratorio della storia, quello di 10 milioni di tedeschi rifugiati nei confini della nuova Germania (a cui era stato tolto il 24% dei territorio che possedeva prima della guerra). E' certo che il Tirolo del Sud faceva parte della «Grande Germania» tanto 46 sognata dai pangermanisti e in seguito da Hitler. Ma la situazione di questo territorio era quanto meno particolare perché esso era stato annesso all'Italia nel 1919 contro la volontà dei suoi abitanti. Si sarebbe forse potuto espellerli col pretesto del protocollo Ciano-Von Mackensen del 1939? Abbiamo visto in che clima di intimidazione e di violenza una buona parte della popolazione sudtirolese avesse optato per la Germania. E' comprensibile che una parte di questa popolazione non potesse ispirare fiducia al governo italiano, soprattutto per la solidarietà e la collaborazione offerta al nazismo. Tuttavia non tutti coloro che avevano optato per la Germania avevano «collaborato». Non si deve dimenticare che questa popolazione non aveva scelto tra l 'It lia democratica e la Germania nazista, ma tra quest'ultima e le persecuzioni fasciste. E' vero che una parte di questa popolazione da perseguitata diventerà persecutrice, ma si potevano forse biasimare coloro che, pur non sostenendo il nazismo, erano partiti nel 1939? L'Italia democratica aveva forse il diritto di espellere i sudtirolesi dalla loro terra dopo la guerra in virtù di un accordo preso tra due regimi totalitari? Non dimentichiamo che l'Italia non era stata solamente un paese occupato dai tedeschi, come la Polonia o la Cecoslovacchia, ma che aveva combattuto accanto a loro e sarebbe stato considerata dagli Alleati come un «paese satellite» dell'Asse. Ciò restringeva molto il suo margine di manovra. De Gasperi lo sapeva e nei paragrafi successivi (10, 11, 12) chiedeva solo una specie di epurazione: l'allontanamento degli indesiderabili, come i capi locali del partito nazista, i criminali di guerra, i pangermanisti, ecc... E' altresì interessante notare che il problema di coloro che avevano optato è uno degli elementi chiave nella soluzione della questione stessa. Esso costituisce un ostacolo perché il governo italiano non crede alla lealtà dei sudtirolesi ed utilizza il pretesto delle opzioni massiccie del 1939 per rifiutare il plebiscito. Couve de Murville (18) l'aveva notato e parlando di un articolo apparso su «Il Tempo>> del 18 agosto 1945, affermava: «L'autore - di un articolo sui sudtirolesi - si sforza di dimostrare che gli accordi conclusi nel 1939 tra Hitler e 18. 24 agosto 1945, Couve de Murville a BidauJt. 47 Mussolini (19) hanno conservato il loro valore pieno e che non può sussistere il problema di restituire la cittadinanza italiana agli abitanti del Tirolo meridionale che avevano optato per la Germania ed erano diventati cittadini tedeschi. Ed aggiunge con cinismo o ingenuità che se le cose andassero diversamente, qualsiasi eventuale plebiscito dovrebbe essere considerato "truccato". E' interessante constatare che questa tesi, che non sembra essere accettata dai governi alleati, è anche quella sostenuta dal governo italiano». La diffidenza italiana nei riguardi dei sudtirolesi era reale (ed era d'altronde reciproca), ma se la presenza degli Alleati spingeva gli italiani alla ragione, la decisione di rifiutare d'accordare un plebiscito ai sudtirolesi sarà rafforzata dal risentimento causato dal flusso migratorio degli italiani cacciati dali'lstria e ci alla Dalmazia (20). De Gasperi sceglieva la via della credibilità democratica. Non voleva un plebiscito, ma annunciava, negli ultimi due paragrafi (13 e 14) le concessioni fatte agli abitanti dell'Alto Adige. Questi provvedimenti saranno abbozzati durante o dopo la Conferenza di Londra nel setembre 1945, ma è indispensabile esaminarli per avere un'idea della politica che De Gasperi intendeva condurre. Le concessioni riguardav no: la libertà linguistica in materia scolastica, religiosa e giudiziaria e l'estensione delle facilitazioni concesse al Trentino. Alla fine del mese di settembre (21) il Consiglio dei ministri aveva approvato una nuova organizzazione delle scuole materne e elementari. L'insegnamento sarebbe stato effettuato nella lingua n1aterna degli allievi con l'apprendimento, a partire da un certo livello delle classi elementari, della seconda lingua: tedesco o italiano. Il 19 ottobre 1945 (22) il Consiglio dei ministri approvava un altro progetto di decreto che riconosceva la parità d'uso della lingua tedesca e di quella italiana nei rapporti con le autorità politiche, anlministrative e giudiziarie locali (eccezion fatta per le sentenze che dovevano 19. Così era comunemente chiamato il protocollo Ciano-Von Mackensen del 21 ottobre 1939. 20. V. il discorso di De Gasperi alla Conferenza della Pace il lO agosto 1946, cilato da Toscano, op. cit., p. 330. 21. Roma, 28 seucmbre 1945, F. de Rose, consigliere d'Ambasciata, responsabile della delegazione francese nel Consiglio consultivo per gli affari italiani, a Bidault. 22. Roma, 20 ottobre 1945, Balay a Bidault. 48 essere redatte in lingua italiana e i registri di stato civile che dovevano attenersi ali'originale italiano). Un altro progetto nei riguardi di coloro che avevano scelto la cittadinanza tedesca era stato messo a punto nel mese di novembre (23). Questo progetto prevedeva il rifiuto della cittadinanza italiana solo a determinate categorie di persone come per esempio a coloro che avevano svolto una funzione nel partito nazista o che avevano collaborato con l'esercito tedesco. Per quel che riguarda l'autonomia, all'inizio del mese di dicembre 1945 (24) il governo italiano aveva reso pubblico un progetto elaborato dal centro studi del comitato di liberazione nazionale del Trentina che avrebbe dovuto essere sottoposto all'Assemblea Costituente (eletta il 2 giugno 1946). Questo progetto prevedeva che: i territori di Trento e Bolzano (così come quelli della Bassa Atesina e di Cortina d'Ampezzo) si costituissero in una circoscrizione autonoma, chiamata regione Tridentina, con capoluogo Trento. Le province di Trento e di Bolzano sarebbero state soppresse. L'organo legislativo di questa circoscrizione sarebbe stato costituito da un Consiglio regionale, composto da 50 membri eletti con un presidente e un vice-presidente di gruppi etnici diversi. Il potere esecutivo sarebbe stato in mano a una Giunta composta da sette membri di cui quattro obbligatoriamente italiani. Il Consiglio avrebbe potuto legiferare su questioni di interesse regionale. Una Commissione giuridica interna al Consiglio doveva controllare la Giunta regionale e risolvere i conflitti tra l'amministrazione regionale e lo Stato (in particolare presentando ricorso al Consiglio di Stato). L'amministrazione centrale poteva sospendere per un mese l'entrata in vigore delle decisioni prese della Giunta regionale aspettando la decisione del Consiglio di Stato. Si noti che, con questo progetto, l'unione delle due provincie, auspicata da De Gasperi, sarebbe stata così suggellata. Essa avrebbe favorito gli italiani (400.000 nel Trentina e 81.000 neli'Alto Adige) 23. Esattamente il21, V. Roma, 22 novembre 1945, Balay a Bidault. E' da notare che, a causa del problema delle opzioni, icittadini della provicia non parteciparono alle elezioni del2 giugno 1946. Votarono solo nel1948. 24. 8 dicembre 1945, Balay a Bidaull - Analyse du projet par l'agenee ilalienne ANSA. 49 rispetto ai sudtirolesi (266.000 nel 1939). Essi avrebbero potuto avere facilmente la maggioranza nel Consiglio regionale, senza parlare della Giunta dove sarebbero stati maggioritari di diritto. Erano solamente dei progetti ancora, ma mostravano chiaramente le intenzioni di De Gasperi: sotto una parvenza di regionalismo democratico si trattava di controllare con ogni mezzo i sudtirolesi e di evitare ogni tentativo separatista. 3.1.2. Sudtirolesi e Austria La popolazione di lingua tedesca nella provincia aveva creato il proprio partito fin dal 12 maggio 1945. Dopo la resa delle truppe tedesche in Italia, gli anglo-americani avevano favorito lo sviluppo di un partito, la Stidtiroler Volkspartei. La Svp proveniva dalla Andreas Hofer Bund ed era il prolungamento logico del Deutscher Verband. Era (ed è tuttora) un partito conservatore e cattolico. Queste caratteristiche l'accomunavano al partito populista austriaco (l'Ùvp di Figi) ma si trattava innanzitutto di un partito di raggruppamento (25) e di difesa dei diritti dei sudtirolesi. La Svp era formata da varie correnti ed i suoi aderenti appartenevano a diversi ceti sociali: contadini, artigiani, commercianti. Nonostante qualche tentativo di scissione a destra o a sinistra sarà in grado di conservare la propria unità per più di quaranta anni. La Svp venne subito contattata nell'estate 1945 dal Cln del Trentino per inviare una delegazione a Roma che reclamasse uno statuto d'autonomia, per le province di Trento e Bolzano. Essa declinò l 'invito. Abbiamo già visto qual era il progetto presentato al governo italiano dal Cln del Trentino: la situazione sarebbe forse stata diversa, più favorevole ai sudtirolesi, se ci fosse stata una trattativa tra le due parti? Forse sì, ma i sudtirolesi non volevano l'autonomia, essi desideravano un plebiscito e quindi la restituzione della provincia all'Austria. 25. Nel scucmbre 1945 la Svp contava già 53.000 aderenti - V. M. Lando e P. Magagnoui, Regione Trentino Alto Adige/Region Trentin-Sudrirol, Volto di una regione di confine/ Eine Grenzregion Stellt sich vor, Trento 1983, p. 54. 50 Due mesi dopo la creazione di questo partito, il15 luglio 1945 (26), il presidente della Svp Eric Ammon e il suo segretario generale dr. Josef Raffeiner lanciarono un «Appello del popolo sudtirolese in favore della libertà». n primo paragrafo di questo appello riguardava il trattato di St. Germain. Vi si poteva leggere: <<Il Sud Tirolo fu strappato alf Austria... e ciò, malgrado la protesta dei suoi abitanti... questo trattato fu dunque concluso senza tener conto del diritto dei popoli di disporre di se stessi... lo stesso presidente Wilson l'ha riconosciuto secondo quanto ci racconta il suo segretario Ray Stannard Baker nelle memorie da lui scritte su Wilson». L'appello all'ideologia wilsoniana era costante: <<In realtà si trattava di un territorio per nulla italiano che non avrebbe mai dovuto essere ceduto all'Italia se l'articolo 9 dei 14 punti di Wilson fosse stato applicato correttamente». A sostegno di ciò si citavano i dati del censimento del 1910 secondo cui gli italiani erano solo 7.000 su una popolazione di 250.000 abitanti e veniva aggiunto: «La divisione del Tirolo disintegrava un paese montano che costituiva da più di un millennio un nucleo unitario politico, economico e culturale». Si noti il contrasto tra la tesi italiana che si basava sul diritto dei vincitori del 1919 e la tesi sudtirolese (sostenuta anche dagli austriaci) che era costruita su una realtà di fatto ma che si appoggiava solo su dei principi. Il secondo paragrafo si intitolava «La dominazione italiana Promesse e delusioni». Vi si leggeva quanto segue: «Dopo l'annessione l'Italia non manteneva le promesse... gli italiani avevano fin dall'inizio un piano ben preciso di italianizzare il paese... sotto il regime fascista misero brutalmente in atto, alla luce del sole, questo loro disegno». Tali affermazioni erano seguite dalla descrizione dei provvedimenti presi dal fascismo, che già conosciamo. Da queste parole emerge chiaramente l'idea che i sudtirolesi si facevano degli italiani. Questi ultimi non erano che dei traditori dal momento che, dopo il 1919, non avevano mantenuto le loro promesse. Non vi era alcuna differenza tra l'Italia del 1919, quella dell'ottobre 1922 e quella del 1945. Non va dimenticato neppure che gli italiani avevano «traditO>> il Reich nel 1943, anche se non veniva affermato nel testo. Questa visione era, a nostro avviso semplicistica ed insultante. Nè il 26. Archivi del MAE francese, stessa data. 51 governo Nitti (1919-1920), né il governo Giolitti (1920-1921) ebbero mai un piano di «italianizzazione». Il Sud Tirolo non aveva avuto il tempo di mettere alla prova l'Italia democratica. Il piano di autonomia del Deutscher Verband non era stato accettato ma Credaro aveva sempre mantenuto il dialogo. Nel paragrafo riguardante l'Accordo del 1939 si parlava di «pressioni» delle autorità italiane e di «propaganda accanita svolta da centinaia di agenti nazisti>>. Coloro che recalcitravano vennero messi, secondo la Svp, in gran parte in prigione o in campi di concentramento. L'alta percentuale di coloro che optarono per la Germania (70%) era stata provocata dalle minacce propagandistiche degli agenti nazisti. «Questa elevata percentuale non deve tuttavia essere considerata una manifestazione pro-nazista, ma semplicemente una manifestazione dei tirolesi contro l'oppressione italiana. La guerra impedì l'emigrazione totale. Solo 75.000 tirolesi, nella maggior parte operai ed impiegati, avevano così lasciato il paese». Si nota subito che non si accenna minimamente ad una certa collaborazione attiva dei sudtirolesi con il nazismo: i sudtirolesi erano tutti delle vittime innocenti, nessuno di loro aveva avuto simpatia per il nazismo. Questa visione semplicistica e parziale si avvicinava a quella che le veniva opposta dal governo italiano. Sulla «Situazione attuale» ci veniva fornito lo schema seguente: i 2/3 della popolazione erano composti da tirolesi che parlavano tedesco e ladino. Questa popolazione possedeva i 9/10 della proprietà fondiaria e i 4/5 degli averi nelle banche e nelle casse di risparmio «mentre gli italiani costituiscono una popolazione essenzialmente instabile, composta principalmente da funzionari, impiegati, operai d'officina e rispettive famiglie. Tutti gli organismi di interesse pubblico sono oggi nelle mani degli italiani. La lingua, la cultura e i diritti politici dei sudtirolesi non saranno mai rispettati finché dipenderanno unicamente dalle condizioni politiche mutevoli di una nazione di gran lunga superiore numericamente, il cui carattere, il modo di vivere e la storia sono diametralmente opposti ai loro e che non ha alcuna esperienza nel modo di trattare ipopoli stranieri caduti sotto il loro dominio» (27) 27. Questa ultima affermazione implica che coloro che hanno «esperienza» possono dominare aiLre popoli(!!). 52 Essi si opponevano, inoltre, alla tesi economica sostenuta dall'Italia e pensavano che l'Italia avrebbe potuto disporre dell'elettricità dell'Alto Adige attraverso dei trattati commerciali ed infine ritenevano che «le vecchie nozioni di frontiere strategiche di cui ci si è serviti per giustificare l'annessione del Sud Tirolo all'Italia nel 1919 sono oggi completamente antiquate». Le «Richieste del popolo del Sud Tirolo» erano le seguenti: «Che si proceda ad un plebiscito a cui partecipino tutti gli abitanti nati in questa regione (dal Brennero fino a Salorno)... il plebiscito avrebbe lo scopo di decidere se il Sud Tirolo deve continuare a far parte dell'Italia oppure deve esserne separato e ricongiunto al Nord Tirolo e ali'Austria». E' interess te notare che se gli abitanti di lingua tedesca (con i ladini che tirolesi) costituivano già i 2/3 della popolazione del territorio nel 1945 (200.000 tirolesi contro 81.000 italiani) essi domandavano, nondimeno che al plebiscito partecipassero solo le persone nate nella provincia di Bolzano. Coloro che avevano optato nel 1939 per la Germania, sarebbero stati ammessi al voto, mentre una maggioranza della popolazione italiana ne sarebbe rimasta esclusa (28). Qualche giorno dopo questo appello (29), al momento del discorso di benvenuto al generale Béthouart, il landeshauptmann (30) del Tirolo del Nord insisteva sul «vivo desiderio delle popolazioni austriache di vedere di nuovo il Sud Tirolo ricongiunto ali'Austria». 28. Forse a causa della sua «instabilità»? 29. Innsbruck, 19 luglio 1945, il generale Béthouart, comandante in capo delle truppe francesi d'occupazione in Austria allo Stato Maggiore della Difesa e per gli Affari Esteri a Berthelot. (Il generale Emile Marie Béthouart, nato nel 1889, è stato comandante in capo in Austria a partire dall'ottobre 1946. Ha lasciato le proprie funzioni e l'esercito il primo ottobre 1950. Marcel Berthelot, naLO nel 1888, è stato in missione presso l'Amministrazione centrale (segretario generale degli Affari tedeschi) dal giugno 1945 all'aprile 1946, poi presso la Direzione politica generale (aprile 1946-febbraio 1947)). 30. Governatore del Sud Tirolo. A quell'epoca era Karl Gruber che era anche sottosegretario agli Affari Esteri nel gabinetto Renner. Nato nel 1909 a Innsbruck, Gruber ha partecipato attivamente alla Resistenza contro il nazismo. Come ministro degli Affari Esteri dal 1945 al 1953 (gabinetto Figi), avrà un ruolo importante nel tentativo dì risoluzione della questione del Sud Tirolo. 53 Una delegazione del Sud Tirolo esprimeva gli stessi sentimenti. ll 4 settembre 1945 si svolgeva, a Innsbruck, una manifestazione a cui parteciparono 25.000 persone. Illandeshauptmann Gruber coglieva l'occasione per rivolgere all'amministratore generale Voizard (31) il seguente discorso: «La popolazione del Tirolo austriaco prega i governi alleati di ricondurre il Tirolo meridionale ali'unione con l'Austria, come è esistita per centinaia d'anni, e di porre fine in tal modo sia alle sofferenze dei nostri compatrioti soppressi (sic) così brutalmente dal fascismo sia alla miseria dei tirolesi meridionali che sono stati cacciati dalla loro patria col trattato d'emigrazione di Hitler e Mussolini. L'Austria ha bisogno del Tirolo meridionale. Il Tirolo meridionale ha bisogno dell'Austria». Questo movimento era appoggiato dal clero sudtirolese alla cui guida si trovava il vescovo-principe di Bressanone (32) Monsignor Geisler che aveva già inviato due messaggi a Truman e ad Attlee (33). n cancelliere Renner, da parte sua, consegnava il 12 settembre 1945 (34) un memorandum al Consiglio Alleato per l'Austria. Il governo austriaco vi chiedeva un plebiscito per il Sud Tirolo. Le posizioni delle parti direttamente interessate erano dunque stabilite molto prima dell'inizio della Conferenza dei ministri degli Affari Esteri (che si sarebbe tenuta a Londra dall'11 settembre 1945 in poi). De Gasperi però, godeva di un vantaggio: aveva potuto influenzare gli Alleati con un memorandum fin dal 20 agosto 1945. Il governo Renner a quell'epoca non era ancora stato riconosciuto dalla Francia, dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti (lo sarà solo due mesi dopo, il 20 ottobre). Ciò spiega perché Renner abbia mandato un 31. Voizard era l'amministratore generale del governo militare francese in Austria. 32. Monsignor Geisler era chiamato vescovo·principc per tradizione, perché la sua diocesi nel 1945 comprendeva, oltre a Bressanone, iterritori degli amichi feudi della diocesi di questa città di cui una parte di trovava nel Nord Tirolo. Sarà solo nel 1964 che verrà creata la diocesi di Bolzano comprendente Bressanone. 33. V. 17 settembre 1945, Jules·Albert Jaeger direttore dell'IstiLULO per gli studi europei di Strasburgo. 34. Vienna, 14 settembre 1945, il generale di brigata Chèrriere membro francese del Comitato esecutivo di Vienna al generale Bélhouart. 54 memorandum così tardi (il 12 settembre) e non direttamente a1 ministri, ma al Consiglio alleato per l'Austria. La Conferenza di Londra doveva cominciare e r Austria, come nel 1919, era priva di ininfluenza politica. In più dietro le quinte alloggiava l'ombra deli'occupante sovietico. Poteva dunque De Gasperi temere la restituzione del Sud Tirolo all'Austria? 3.2. Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica Dal momento della resa delle truppe tedesche in Italia il 2 maggio 1945 (a volte anche prima) sino ali 'inizio della Conferenza di Londra, l'11 settembre 1945, i quattro Grandi s'interessarono in un modo o nell'altro alla questione del Sud Tirolo. Vediamo come. 3.2.1. La Francia La Francia si era interessata al Sud Tirolo e in particolare al movimento di Resistenza di lingua tedesca fin dal mese di aprile 1944 (35). Il Sud Tirolo costituiva per lei un centro di interesse importante, data la presenza delle sue truppe a Innsbruck. L'interesse che la Francia dimostrava per questa regione sembrava corrispondere ai desideri della popolazione di lingua tedesca e le attirava l'inimicizia dell'Italia. Analizzeremo la posizione francese sotto questi due aspetti: la sua evoluzione e le relative conseguenze. Alla fine del mese di maggio 1945 (36), la posizione francese nei confronti della questione sembrava essere già ben definita: il Sud Tirolo doveva ritornare all'Austria. Le ragioni addotte per questo ritorno erano quelle già citate: geografiche (il Sud Tirolo dal punto di vista geografico poteva essere sia austriaco che italiano), storiche e culturali. Secondo il Dipartimento, la frontiera del Brennero era solo una <<frontiera ideologica» e l'argomento strategico era molto debole. Una certa originalità la si trova nell'interpretazione dell'annessione del 1919 data dalla Francia: «Sembra proprio che il governo italiano 35. V. sopra p. 29. 36. V. Ministero degli Affari Esteri, Direclion Politique, 26 maggio 1945, Le problème du Tyrol du Sud cap. 3 (Les possibilités actuelles). 55 concepisca l'annessione del Tirolo solo come un'acquisizione temporanea destinata ad essere scambiata con un'altra rettifica della frontiera». Ci si basava sulla testimonianza deli'ex ministro svizzero a Roma, G. Wagniere, nell'affermare: «Si pensava di offrire il Tirolo tedesco alla Svizzera in cambio del Ticino». La Svizzera avrebbe rifiutato «secondo il principio federale di non realizzare alcun guadagno territoriale approfittando dello smembramento di uno stato limitrofo in realtà la rivendicazione italiana sull'Alto Adige era solo un elemento particolare di un piano nazionalista tendente alla rettifica generale del fronte delle Alpi in favore di una "più Grande Italia", padrona del Gottardo con l'annessione del Ticino e dei p ssi dello Julier, del Bernina e dell'Ofen con l'annessione dei distretti meridionali dei Grigioni. L'abbandono dell'Alto Adige all'Italia·ha contribuito soltanto a rafforzare le mire italiane che, dal 1920, hanno seriamente turbato, con molteplici intrighi ed incidenti, le regioni di Lugano e di Poschiavo. L'articolo 27 (37) creando uno stato di malessere tra la Svizzera e l'Italia, ha, d'altra parte, tolto all'Europa centrale un primo terreno di comprensione tra influenze mediterranee e germaniche. Come la Svizzera, il Tirolo è un paese di tipo "romano-germanico" luogo di incontro e di fusione tra la civiltà romana e gem1anica. Ogni regime totalitario sia italiano che tedesco, è contrario alla ragione stessdell'esistenza di questa regione alpina, fatta per un ruolo di mediazione e di conciliazione. L'Austria restaurata ha quindi bisogno moralmente e socialmente dell'apporto tirolese. Essa ne ha bisogno anche economicamente». Tali affermazioni erano seguite da tutta una lista di vantaggi economici che l'Austria avrebbe ottenuto dal Sud Tirolo: la frutta, i vini, i prodotti d'allevamento le risorse idroelettriche l'artigianato del legno e il turismo. Di conseguenza «l'Italia perderebbe tutto il dipartimento di Bolzano con il Brennero e la Pustertal» e <d'Adige verrebbe diviso all'altezza di Salorno secondo una linea linguistica stabilizzatasi fin dal V secolo». Le conclusioni francesi erano chiare e nette, ma era plausibile l'ipotesi di un Alto Adige concepito come «acquisizione temporanea» e come moneta di scambio? Ciò che stupisce innanzitutto è la data del 37. Del trattato di St. Germain. 56 1920. Dopo la lotta sostenuta da Orlando per le frontiere strategiche, ci sembra difficile che queste potessero essere scambiate con ilTicino. Tutto ciò sarebbe stato più credibile sotto il fascismo, se si pensa alla visione mussoliniana di una «Grande Italia» . Mussolini aveva delle mire sul Ticino e sui Grigioni. Nel 1939 egli rivendicava anche Nizza, la Savoia e la Corsica (così come Tunisi e Gibbuti), tuttavia il suo attaccamento alla frontiera del Brennero era reale, egli seguiva completamente la linea tracciata da Tolomei. Inoltre, a nostro avviso, egli non avrebbe scambiato dei territori, ma avrebbe senz'altro cercato di strapparli con la forza, alla Svizzera. Ad ogni modo questa ipotesi è abbastanza originale ed ha il merito di mostrarci qual era l'opinione della Francia circa l'attaccamento italiano a questo territorio. Tale attaccamento poteva, secondo il Dipartimento francese, essere considerato di poca importanza, mentre il Tirolo aveva un'importanza capitale per l'Austria e per l'equilibrio della regione. Questo concetto d'equilibrio verrà precisato qualche giorno dopo (38) nell'affermare che l'acquisizione del 1919 era considerata «imperialistica» e che il Sud Tirolo era «inutile ed anche nocivo alla vita di questa nuova Italia». Il Sud Tirolo, invece, sarebbe stato per l'Austria un elemento di stabilità e avrebbe costituito una sorta di democrazia delle valli alpine, politicamente e socialmente analoga alla Confederazione svizzera, di grande importanza per le potenze occidentali in questo importante punto di incontro delle vie europee, strumento equilibratore di un'evoluzione slava più o meno rapida dei paesi orientali dell'Austria. ll Sud Tirolo avrebbe in qualche modo controbilanciato un'eventuale occupazione sovietica permanente dell'Austria orientale. Nel luglio 1945 (39) si continuava a pensare che se si voleva restituire ali'Austria la propria indipendenza essa doveva recuperare «il suo possedimento del Sud Tirolo» ed ali'inizio del mese di agosto (40) si proponeva una soluzione temporanea secondo la quale il Sud Tirolo sarebbe diventato una zona d'occupazione internazionale riservata ad un futuro plebiscito. Si trattava di una posizione non 38. 31 maggio 1945, La question du Tyrol du Sud (redazione non definiliva). 39. 19 luglio 1945, Directives pour notre action en Autriche. 40. 9 agosto 1945, La question du Tyrol du Sud (redazione definitiva). 57 ufficiale, ma ufficiosa e la redazione dei diversi rapporti era stata effettuata in vista della Conferenza di Londra del settembre 1945. Essa era però conosciuta dal governo di Roma e dall'opinione pubblica che temevano che la Francia appoggiasse seriamente le rivendicazioni sudtirolesi e austriache. Tali timori si fondavano anche su diversi elementi: la circolazione incontrollata di notizie, alcuni incidenti, l'evidente simpatia delle autorità francesi per i tirolesi e le rivendicazioni territoriali della Francia. Nel maggio 1945 circolarono voci nella stampa britannica che la Francia rivendicava la Valle d'Aosta (41). La Francia fece allora sapere le proprie rivendicazioni che si rivelarono molto più modeste. Esse riguardavano la rettifica della frontiera al Piccolo S. Bernardo, al Moncenisio e nella zona di Briançon (la Chamberton) e l'annessione di due località vicino al massiccio di Marcatour, nella valle dell'Alto Roya: Tenda e Briga (550 Kmq e 5.500 abitanti), sempreché la popolazione di questi luoghi accettasse l'annessione (42). A queste notizie sulla Valle d'Aosta se ne dovevano aggiungere altre sempre nel mese di maggio, riguardanti il Sud Tirolo. L'arrivo a Bolzano di un ufficiale francese (43) dei servizi speciali giunto dalla Svizzera faceva spargere la notizia che la regione era occupata dall'esercito francese e che il Sud Tirolo sarebbe stato reso all'Austria. Ciò aveva fortemente preoccupato il governo italiano. Il mistero di questo ufficiale francese sembrava essere chiarito l '8 giugno dal «Manchester Guardian» (44) che constatava la presenza di un certo capitano Clairval che tuttavia era stato arrestato per aver sottratto 22.000 lire e per essersi appropriato dell'autorità militare, due giorni prima dell'arrivo degli alleati. Ma questo avvenimento, che sembrava potersi ridurre ad una semplice truffa scatenava la stampa 41. V. Durosclle, op. cit., p. 441. 42. Nell'ottobre 1947 si terranno dci plebisciti che daranno 2.603 voli alla Francia e 218 all'Italia (91% per la Francia, 130 famiglie avevano lasciato la regione per stabilirsi in ll.alia). 43. Roma, 28 maggio 1945, Couve de Murville delegato del Governo provvisorio della Repubblica francese {Gprt) nel Consiglio consultivo per gli Affari italiani, a Bidault. 44. Londra 15 giugno 1945, l'incaricato d'Affari presso i governi alleati stabiliti a Londra, a Bidault. 58 italiana contro la Francia. Il quotidiano «Il Tempo» del 5 agosto 1945 (45) attaccava direttamente la Francia: «Qualche mese prima della capitolazione della Germania, una missione francese penetrò clandestinamente in Alto Adige. La missione, guidata da un capitano, non andò mai in Austria come doveva, ma restò in Alto Adige e dopo la resa dei tedeschi entrò in contatto con alcuni elementi della Siidtiroler Volkspartei. Gli elementi francesi svolsero una propaganda anti-italiana tra gli elementi allogeni della popolazione e distribuirono qualche milione di franchi. Dopo alcuni mesi di attività poco chiara, la missione francese venne arrestata dalla polizia alleata. Le promesse fatte dai francesi ai membri della Svp sfumarono. Ma il seme era stato gettato». Il corrispondente de «Il Tempo» citava anche l'arrivo di un'altra missione francese che si era comportata allo stesso modo fino al suo arresto. E con lo stesso tono proseguiva: «Le missioni francesi hanno e continuano ad avere un ruolo importante presso la Svp per staccare dall'Italia gli allogeni dell'Alto Adige. Le missioni francesi hanno esercitato una certa influenza soprattutto all'interno dell'associazione "Heimat"... questa associazione... che raggruppa gli estremisti della Svp ha ricevuto la garanzia che la regione dell'Alto Adige sarebbe stata data all'Austria». Tutte queste attività si sarebbero svolte al fine di raggiungere uno scopo ben preciso: «Si ritiene generalmente che la Francia speri, forse, di fare da mediatrice tra l'Italia e quella che sarà la nuova Repubblica austriaca al fine di risolvere la questione dell'Alto Adige. In tal modo dopo aver soffiato sulla brace su cui si rosola l'irredentismo tirolese», la Francia si troverebbe in una posizione vantaggiosa per avanzare come prezzo per la sua mediazione pretese sulla Valle d'Aosta... come una piovra, l'irredentismo tirolese pesa sull'Alto Adige. Essa allunga i suoi tentacoli in tutte le valli e tende a distruggere il lavoro compiuto dagli italiani, poiché sia qui che in Valle d'Aosta, dietro al movimento separatista del Sud Tirolo si nasconde la cupidigia per le ricchezze deli'Alto Adige da parte di alcuni gruppi di capitalisti e industriali transalpini». Il 18 agosto, 1945, Roberti corrispondente de «Il Tempo» rincarava 45. 11 agosto 1945, Couve de Murville a Bidault. 59 la dose (46): «Se dei tedeschi intriganti e dei nazisti camuffati come Amonn e Tienzl (47), la cui attività dispensa dal verificare se un tempo hanno optato per l 'Italia o per mamma Germania, non avessero trovato appoggio presso le autorità straniere, la "questione" artificiale dell'Alto Adige non si sarebbe inasprita a tal punto». Queste accuse (48) erano sintomatiche, a nostro avviso, di un certo stato d'animo. Si sospettava che la Francia, appoggiando le rivendicazioni dei sudtirolesi, puntasse alla destabilizzazione della provincia. I sospetti italiani trovano conferma in fonti francesi attuali (49). Il capitano Clairval apparteneva realmente ai servizi speciali francesi (Dger), in missione a Bolzano per appoggiare gli irredentisti sudtirolesi. Per di più il governo francese cercava veramente di infiltrarsi in Valle d'Aosta giustificando le sue pretese con il fatto che la popolazione valdostana era, secondo l'espressione di De Gaulle, un «ramo della nostra razza». L'Italia era vista come la nemica da abbattere mentre l'Austria doveva diventare una pedina importante della politica francese in Europa Centrale. Con l'approssimarsi della conferenza di Londra, alcuni funzionari francesi si distinsero per lo zelo con cui sostennero le rivendicazioni austriache. All'inizio del mese di settembre (50), il generale Béthouart segnalava ai suoi superiori che gli austriaci e i tirolesi in particolare volevano inviare alla conferenza di Londra una delegazione incaricata di difendere il punto di vista austriaco nella questione del Sud Tirolo. Béthouart appoggiava questa richiesta perché «l'opinione pubblica è unanimamente e profondamente attaccata all'idea della restituzione 46. 24 agosto 1945, Couve de Murville a Bidault. 47. Rispetùvamente presidente e dirigente della Svp. 48. Non rimarranno un caso isolato, infatti per esempio, la «Nuova Stampa» le riportava il 21 agosto 1945 (l settembre 1945, Couve de Murville a Bidault), e venivano diffuse più tardi anche da altri organi di stampa ilaliani (v. oltre p. 66 e ss.). 49. V. Revue d'Histoire diplomaùque, 1986, n. 3-4 articolo cti Pierre Guillcn, «La France et la qucstion du Haut Adige (Tyrol du Sud) 1945-1946», p. 295 e p. 297 50. l settembre 1945, la Segreteria generale per gli Affari tedeschi e austriaci al Ministero degli Affari Esteri. 60 all'Austria dei territori a sud del Brennero». Alcuni giorni più tardi, il 4 settembre 1945, si svolgeva la manifestazione a cui avevano partecipato 25.000 persone (51) e alla quale presenziavano l'amministratore generale Voizard e i suoi principali collaboratori. Questa presenza era abbastanza significativa. Bisogna aggiungere che, durante questa manifestazione le autorità francesi erano state oggetto di simpatia da parte della folla. D'altra parte Voizard nascondeva molto male le sue simpatie filo-austriache. Qualche giorno dopo la manifestazione (52) spiegava al generale Béthouart che il problema del Sud Tirolo era un problema tipicamente francese, che per la Francia costituiva una questione di prestigio. Egli insisteva nel giustificare la richiesta di favorire il viaggio a Parigi e a Londra della delegazione tirolese. A suo avviso era interesse della Francia: «ricevere questa delegazione, attorniarla ·di riguardi e darle la sicurezza della simpatia vigilante e attiva della Francia. Una campagna d'opinione ben orchestrata sulla stampa, alla radio, al cinema sarebbe tornata solo a favore dell'Austria, ma anche a beneficio della Francia». De Monicault definiva questa lettera «semplicistica nel trattare gli aspetti diplomatici e internazionali ed esagerata nel modo di mostrare le simpatie francesi» (53), ma essa conteneva per esteso i sentimenti di alcuni amministratori francesi (54). 51. V. sopra p. 54. 52. 8 settembre 1945, Voizard al generale Béthouart. 53. 11 settembre 1945, de Monicault al generale Béthouart. 54. Un altro esempio ci è dato dal generale Béthouart il quale proponeva il, 14 settembre, che le truppe alleate occupassero il territorio in questione L'entusiasmo del generale, lo portava a dimenticare che in Alto Adige esistevano già un'amministrazione e delle truppe alleate (fino al Pgennaio 1946) le quali avrebbero sicuramente potuto affrontare la situazione nel caso in cui si prevedesse un plebiscito. In un altro messaggio, lo stesso giorno, il generale Béthouart sottolineava che isudtirolesi che avevano prestato servizio nella Wermacht ed erano stati liberati dalle autorità francesi, erano stati cacciati dal posto di guardia italiano del Brennero. A suo parere il rappresentante diplomatico francese a Roma doveva informare le autorità americane e inglesi d'occupazione perché ciò non si verificasse più. Avrebbe voluto che ne fosse informato anche il Consiglio dei ministri degli Affari Esteri a Londra. Egli dimenticava ancora una volta, a nostro avviso, qualcosa. L'Italia non aveva ancora preso delle disposizioni nei confronti di coloro che avevano optato per la Germania (un progetto verrà abbozzato nel novembre dello stesso anno (v. sopra p. 49). Béthouart, in pratica proponeva che l 'Italia accettasse il 61 La posizione della Francia era chiara, essa era favorevole al ritorno del Sud Tirolo ali'Austria. Le iniziative delle autorità fra11cesi a Innsbruck sembravano costituire il complemento logico di una visione globale del Dipartimento degli Affari Esteri sulla questione. Ma, la Francia non era sola. Non bisogna dimenticare, in effetti, che se la Francia era stata invitata a far parte del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri al momento della Conferenza di Potsdam, (luglio-agosto 1945), il Governo provvisorio della Repubblica francese era stato riconosciuto «de jure» solo il 23 ottobre 1944 e che il generale De Gaulle non era stato invitato alla Conferenza di Yalta che si era tenuta nel febbraio 1945. La Francia non si trovava affatto in posizione di forza di fronte ai suoi alleati. Essa aveva bisogno dell'appoggio degli anglo-americani per sostenere il suo punto di vista sul Sud Tirolo. Poteva sperare di trovarlo al di là della Manica e dell'Atlantico? O, al contrario, sarebbe stata obbligata ad assumere una posizione più morbida? 3.2.2. La Gran Bretagna Il governo inglese si interessò al Sud Tirolo già dal febbraio del 1944 (55). La posizione inglese era nettamente a favore dell'Austria e dei sudtirolesi. Secondo il Foreign Office una soluzione era possibile, bisognava però che fosse radicale: gli italiani stabilitisi di recente in Alto Adige si sarebbero dovuti spostare a sud di Salorno. Una soluzione di questo tipo avrebbe dovuto essere preferita anche dall'Italia al fine di risolvere un problema così spinoso. rimpatrio di ex soldati della Wermacht senza fiatare e senza indagare se tra di loro non vi fossero dei criminali di guerra. Bisogna infine notare che a Conferenza (11 seuembre-2 ottobre 1945) già cominciata, il generale Béthouart (V. 15 seuembre 1945, il generale Béthouart a Bidault) e il suo consigliere politico, de Monicault (V. Vienna, 17 settembre 1945, de Monicault a Bidault (Londra)) si preoccuparono per il fatto che il governo austriaco (non riconosciuto dagli alleati) non potesse esprimere i desideri della Nazione e si domandarono in che modo le autorità austriache potessero far conoscere la propria opinione. 55. V. 29 settembre 1945, The Italo-Austrian Frontier. Note, this paper is a revision of lhe paper Venezia Tridentina (including South Tyrol): Foreign Office Print, Italy, February 23, 1944, sect.l. 62 La posizione filo-austriaca del governo britannico cambiò con le elezioni legislative del1945. Lo scrutinio vide la vittoria dei laburisti e Attlee prese il posto di Churchill alla guida del governo. Questo cambiamento influì non poco sulla questione che ci riguarda. Churchill era nettamente favorevole alle tesi austriache e sudtirolesi, mentre il nuovo ministro degli Esteri Bevin avrebbe preferito una soluzione negoziata tra l'Italia e l'Austria. E' quasi inutile sottolineare che dal punto di vista dei rapporti con gli altri Alleati le parole del vincitore della battaglia d'Inghilterra avrebbero potuto avere un peso ben diverso da quelle di Attlee o di Bevin. La causa sudtirolese aveva perso un appoggio determinante. Il nuovo governo era filo-austriaco ma passivo di fronte agli eventi. Bisogna segnalare che, nonostante ciò, nell'opinione pubblica si andava formando una corrente favorevole al ritorno del Sud Tirolo all'Austria. Questa corrente era rappresentata dal Comitato <<Giustizia per il Tirolo», da 190 membri della Camera dei comuni ed era sostenuta dalla stampa. 3.2.3. Gli Stati Uniti La posizione del governo americano, durante il periodo che precede la Conferenza di Londra, non può essere conosciuta attraverso una documentazione diretta. Si può semplicemente affermare (56) che, all'interno del Dipartimento di Stato, due correnti, una filo-italiana e l'altro filo-austriaca, avevano lottato tra di loro, e che, nel settembre 1945, la corrente filo-italiana capitanata da Dunn, secondo rappresentante della delegazione americana alla Conferenza, aveva avuto il sopravvento. Tutto ciò era confermato dal fatto che gli anglo-americani avevano adottato una posizione comune prima della Conferenza di Londra. In effetti alla fine del mese di agosto 1945 (57) il segretario generale del Ministero degli Esteri italiano effettuava un sondaggio presso Couve de Murville. Gli domandava se il governo francese 56. V. Toscano, op.cit., p. 261. 57. 29 agosto 1945, Couve de Murvillc a Bidault. 63 avesse l'intenzione di sollevare la questione del Sud Tirolo alla Conferenza di Londra. Egli affermava «che il suo governo aveva avuto la garanzia dal governo degli Stati Uniti e dal governo britannico che essi non intendevano prendere alcuna iniziativa in proposito». Qualche giorno più tardi, alla vigilia della Conferanza di Londra, Couve de Murville, secondo delegato francese, riceveva le seguenti istruzioni: «Il governo francese non ha intenzione di sollevare la questione del Sud Tirolo alla prossima Conferenza. Il governo francese sa che, dato il carattere etnico degli abitanti dell'Alto Adige, il problema esiste, ma si tratta di un problema che non.è ancora giunto a maturazione. Si tenga conto che l'esame di tale problema dovrà essere rinviato ad un altro momento e che il prossimo trattato dovrà limitarsi a non pregiudicare minimamente un'eventuale soluzione che interverrà in futuro». Gli Stati Uniti avevano assunto, per la questione che ci riguarda, la leadership del campo occidentale. 3.2.4. L'Unione Sovietica I. sovietici si sarebbero interessati alla questione prima della fine della guerra. Si tratta solo di supposizioni del Dipartimento francese sulla resistenza, all'occupazione nazista, ma si inseri vano perfettamente nel contesto: <<di fronte ai cattolici, degli agenti comunisti avrebbero cominciato una notevole propaganda. Sembra che l'Unione Sovietica sostenesse le rivendicazioni austriache sul Sud Tirolo, nel febbraio 1945» (58). Queste ipotesi erano più che plausibili. Si è visto che i sovietici, appena arrivati a Vienna, avevano creato un governo fantoccio cercando di allontanare gli occidentali dall'Austria. Il loro scopo era nel febbraio 1945, di arrivare fino alla frontiera del Brennero. L'acquisizione del Tirolo meridionale da parte dell'Austria avrebbe allargato la loro zona d 'influenza. La situazione era poi mutata, ora c'erano i francesi al Brennero ed il Sud Tirolo rientrava nella sfera d'influenza delle Potenze occidentali. 58. 26 maggio 1945, Direction politique Le problème du Tyrol du Sud. 64 La situazione avrebbe potuto cambiare se l'Austria avesse avuto un partito comunista forte e dominante... Secondo noi, i sovietici si limitavano ad osservare e ad aspettare. 4. La risoluzione della controversia da parte dei quattro Grandi 4.1. La prima sessione del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri (11 settembre - 2 ottobre 1945) Durante questa prima Conferenza, la questione non fu sollevata ed il progetto di trattato con l'Italia non la menzionò neppure. Ma il 13 settembre i segretario di Stato Byrnes presentò un memorandum dove si prevedeva solamente che: «la frontiera con l'Austria non subirà cambiamenti con riserva di ascoltare l'Austria qualora chiedesse una qualsiasi rettifica minore in suo favore» (59). Questo testo era il risultato di un compromesso tra i gruppi avversari che avevano lottato accanitamente all'interno dello «State Department» americano. Il <<German Departrnent» del Foreign Office non aveva ritenuto di dover sostenere la tesi austriaca e la delegazione britannica si era limitata a sottoscrivere la formula americana (60). Questa venne infine accettata senza dibattito il 14 settembre 1945. L'esame della questione veniva rimandato, si trattava solo di una semi-vittoria del «clan» americano filo-italiano poiché, anche se la questione non era stata affrontata, restava da definire la nozione di «minor rectification» (rettifica minore). Inoltre bisogna ricordare che non esisteva ancora un governo austriaco riconosciuto dagli occidentali. La situazione sarebbe forse cambiata con le elezioni austriache del 25 novembre. 59. 28 settembre 1945, Dcjean al generale Béthouart - si noli che questo memorandum non venne comunicato all'AusLria e all'Ilalia. (Mauricc Dejean è staLO direuore degli Affari politici al MAE dall'ottobre dcl1944 al dicembre del 1945). 60. Per le posizioni americane c inglesi alla Conferenza di Londra, V. Londra 21 dicembre 1945, Rcné Massigli a Bidault. (Massigli nato nel 1888, è stato, durante la guerra commissario per gli Affari Esteri del Comitato nazionale francese, ha occupato lo stesso posto nel Comitato francese di liberazione nazionale. A partire dal settembre 1944 sarà ambasciatore a Londra). 65 In Gran Bretagna l'opinione pubblica e il Foreign Office cominciavano ad interessarsi alla questione più da vicino. Politicamente questo interesse sembrava portare i dirigenti inglesi a non seguire più di pari passo le posizioni americane. La Francia, dal canto suo, restava sempre favorevole ai sudtirolesi, ma il Quai d'Orsay adottava un sottile cambiamento nella sua posizione di fondo. Per quel che riguarda i sovietici, le elezioni austriache del 25 novembre avevano influenzato notevolmente l'atteggiamento da assumere riguardo alla questione del Sud Tirolo. Dopo un tentativo di analisi della posizione americana, si darà uno sguardo alla situazione dal punto di vista della Svizzera. Evoluzione delle posizioni L'Italia Dopo la Conferenza di Londra il governo italiano, non solo rimaneva sulle proprie posizioni di difesa, ma favoriva attraverso la stampa la divulgazione delle proprie idee. Questa divulgazione mirava a discreditare i sudtirolesi, l'Austria e ad esercitare una pressione sulla Francia che si sapeva legata alle tesi irredentiste. Le accuse rivolte contro queste tre parti ben si allineavano con quelle apparse nel mese di agosto. Verso la fine del mese di ottobre (61) «Il Gazzettino» di Venezia riportava \Ìn articolo nel quale si parlava di un incontro di Volgger e Ebner (62) con Pellegrini redattore del giornale. Durante questo incontro Pellegrini faceva notare a Volgger che il suo partito era aiutato dai «Francesi» cosa che Volgger avrebbe riconosciuto formalmente. Elie aggiungeva: «d'altronde sembra che l 'Italia dia per scontato che la Francia appoggi la tesi austriaca nell'Alto Adige». 61. Venezia 19 ottobre 1945, Elie al Ministero degli Affari Esteri (Hubcrt Elie, nato nel 1896, console a Venezia dal 23 marzo 1945). 62. Dirigenti della Svp. 66 Una decina di giorni più tardi (63), Pellegrini sosteneva che la questione dell'Alto Adige era puramente interna ed aggiungeva: «L'Austria potrebbe risparmiarci tempo e fatica se si astenesse dal sollevare la questione con l'appoggio benevolo e interessato della Francia». Proseguiva i suoi attacchi puntando questa volta ali'Austria, colpevole di aver sostenuto fino in fondo il nazismo: «Sarebbe veramente un po' troppo che le SS che hanno torturato tanti italiani venissero oggi a reclamare un plebiscito in nome delle libertà democratiche». All'inizio del novembre 1945, coloro che, in Italia, potevano ancora mettere in dubbio le simpatie francesi per le tesi dei sudtirolesi erano ormai convinti. «Il Popolo», giornale democristiano, riferiva una dichiarazione di Karl Gruber, governatore del Tirolo e sotto-segretario degli Affari Esteri, ad un rappresentante deli'agenzia «Orbis»: «In quanto capo del governo del Tirolo, Gruber, si felicita della cooperazione francese coll'Austria nell'intento di recuperare il Sud Tirolo». Verso la fine del mese di novembre (64) sul <<Gazzettino» apparve un articolo. Vi si affermava quanto segue: «dei soldati ed ufficiali tedeschi tra cui delle ex SS si nascondono in montagna e si danno da fare in favore dell'annessione dell'Alto Adige all'Austria. Un certo Egarten con un gruppo di settanta sedicenti partigiani tirolesi, opera nella zona di Merano avvalendosi della fiducia di un ufficiale alleato per svolgere un'attività annessionista fornendo armi e aiuto alle ex SS. Si dice che i figli di Dollfuss facciano parte di questa banda». La propaganda del «Gazzettino» toccava il fondo. Il Sud Tirolo era stato, alla fine della guerra, l 'ultima tappa nella fuga delle truppe tedesche. La regione pullulava senza dubbio di disertori e della peggiore gentaglia, ma il «Gazzettino» attaccava: la Resistenza sudtirolese (Egarten era senz'altro Eggarter, capo dell'«Andreas Hofer Bund»), l'Austria, con l'accenno a questi presunti figli di Dollfuss (il cancelliere Dollfuss era stato ammazzato durante il tentativo d'Anschluss del 1934, dai nazisti austriaci!) e la Francia (quest'ufficiale alleato non era forse il famoso capitano Clairval?). 63. 29 ottobre 1945, Elie a Bidault · 64. Venezia, 20 novembre 1945, Elie a Balay. 67 Qualche giorno più tardi (65) Elie traeva le proprie conclusioni: «riguardo al problema dell'Alto Adige, la propaganda italiana ha dato alla stampa le seguenti direttive: l. Confondere i nazisti con gli austriaci, facendone farina dello stesso sacco. 2. Mantenere vive le vecchie antipatie italiane verso gli Asburgo. 3. Far apparire come dato di fatto certo ed indiscutibile, ma senza lamentarsene, nel corso di un articolo e non nei titoli, che la Francia appoggia caldamente le rivendicazioni austriache in Alto Adige...» Il giorno dopo (66) quasi a conferma delle parole di Elie, il <<Giornale della Sera» pubblicava un dispaccio venuto da Londra: <<Alcuni agenti tedeschi svolgono in Alto Adige delle azioni di propaganda pt;r l'annessione di questa regione ali'Austria. I corrispondenti che trasmettono questa notizia a Londra annunciano che una persona, pretende di essere il console che del governo austriaco di Vienna, è arrivata a Bolzano. Sembra che tutto il movimento annessionista sia ispirato e diretto dagli ufficiali francesi che si trovano in Alto Adige e dagli ambienti francesi di Roma». Per quanto riguarda la colpevolezza dell'Austria e dei sudtirolesi, De Gasperi appoggiava la stampa nazionale; il 22 dicembre 1945 (67) dichiarava: «Non possiamo ammettere che le frontiere di un paese di 45 milioni di abitanti vengano cambiate per la decisione di una minoranza di provincia di frontiera. In particolar modo quando una larga fetta di questa minoranza si è distinta prima e durante la guerra per la cordiale accoglienza che ha riservato al nazismo e per la sua partecipazione alla guerra di Hitler». Il 4 febbraio 1946 (68) questa posizione veniva riconfermata e, nello stesso mese (69), si scatenava una polemica tra l'agenzia italiana Ansa e l'angenzia austriaca Korrburo. Il governo italiano aveva perciò adottato come tattica di difesa 65. Venezia, 23 novembre 1945, Elica Balay. 66. Roma, 24 novembre 1945, Balay a BidaulL 67. Roma, 22 dicembre 1945, Associated Press, dichiarazione nel corso eli un Consiglio di gabinetto. 68. Roma, 4 febbraio 1946, Promemoria. 69. Vienna, 15 febbraio 1946, Associated Press. 68 l'attacco su tutti i fronti. Da un lato, cercava di discreditare l'Austria e i sudtirolesi per la loro adesione al nazismo (dimenticando forse un po' rapidamente che l'Italia fascista aveva combattuto per tre anni al fianco della Germania); dall'altro, cercava di mostrare che l'irredentismo sudtirolese era artificialmente sostenuto dalla Francia. Ma esisteva un motivo ulteriore per attaccare la Francia: non si sapeva quanto tempo sarebbe durata l'occupazione francese in Austria e si temeva la creazione di una zona d'influenza francese nel cuore dell'Europa centrale (70). Tutti questi attacchi finiranno coli'influenzare, come si vedrà, la posizione francese. l sudtirolesi e l'Austria · Il 20 ottobre 1945 il governo provvisorio Renner veniva riconosciuto dagli occidentali e la sua autorità estesa a tutta l'Austria. Renner non perdeva tempo e all'inizio del mese di novembre (71) domandava al Consiglio alleato di accettare di ricevere una delegazione che lo ragguagliasse sul problema del Sud Tirolo. La risposta fu negativa. Questa richiesta era accompagnata da un nuovo memorandum in data 70. Secondo Parodi (Roma, 9 febbraio 1946, Parodi a Bidault) allora ambasciatore del governo francese a Roma: «è opinione dei vari giornali italiani che la Francia favorisca l'Austria che potrebbe diventare il punto focale della sua politica nell'Europa centrale». Egli segnalava che «La Stampa» di Nitti sottolineava il trattamento di favore che aveva ricevuto la zona d'occupazione francese in Austria, per affermare in seguito: «Non si può contestare che l'atteggiamento delle autorità francesi in Austria è l'espressione di una concezione politica piuttosto ampia, della quale l'Italia non può disinteressarsi dal momento che, sulla frontiera settentrionale si è fonnata una zona a predominanza politica e culturale francese».Egli segnalava anche che nel settimanale «Affari internazionali» si leggeva: «In questo paese non si capisce quale oscuro e stupido calcolo persegue la Francia che si impantana inutilmente in una politica tradizionale d'amicizia con un'Austria che in realtà non esiste più e non potrà più rinascere: quell'Austria che, con gli Asburgo faceva da freno e da contrappeso al dinamismo prussiano e all'espansionismo russo. Non si capisce neppure come possano i francesi arrivare ad un grado di cecità tale da pensare di poter scimmiottare Bismarck». 71. Vienna, 8 novembre 1945, il generale Béthouart a Bidault. 69 5 novembre 1945 (72). Il governo austriaco vi domandava un plebiscito per iJ Sud Tirolo. Accanto ai soliti argomenti avanzati per una soluzione di questo tipo vi era una novità: Gruber, nell'allegato 4, poneva l'attenzione sul problema delle vie di comunicazione tra Tirolo settentrionale e quello orientale (v. carta). Egli voleva mettere in luce che esisteva una sola linea ferroviaria molto esposta tra il Nord Tirolo e il resto del paese e faceva notare che l'Austria occidentale sarebbe rimasta rinchiusa, in seguito alla perdita del Sud Tirolo, in uno stretto corridoio la cui larghezza non superava i 50 Km. Il 24 gennaio 1946 (73), Gruber, divenuto dopo le elezioni del 25 novembre, ministro degli Affari Esteri del gabinetto Figi, consegnava al Consiglio alleato un nuovo memorandum in cui proponeva: l. L'istituzione di uno statuto speciale per gli impianti idroelettrici costruiti dal governo italiano o dalle società italiane lasciando le installazioni ai loro attuali proprietari e garantendo loro le libertà di trasferimento delle entrate e di esportazione della corrente. 2. La costituzione di società miste austro-italiane per la costruzione e lo sfruttamento di nuovi impianti idroelettrici. 3. La possibilità d'opzione per gli italiani stabilitisi nel Sud Tirolo. Coloro che esprimevano il desiderio di conservare la nazionalità italiana avrebbero ricevuto uno statuto speciale che avrebbe dato loro tutte le garanzie. 4. Un'intesa austro-italiana al fine di domandare una protezione speciale alle Nazioni Unite per il Sud Tirolo. 5. L'offerta di vantaggi economici all'Italia e in particolare di un porto franco sul Danubio. Queste proposte erano state seguite da un appello del presidente Renner (74) a Bevin per il ricongiungimento del Sud Tirolo all'Austria, e da una domanda di plebiscito da parte del cancelliere Figi a 72. V. Vienna, 14 novembre 1945, il generale Cherrière al generale Béthouart e Vienna, 15 novembre 1945, de Monicault a Bidault. 73. Vienna, 24 gennaio l 946. Si noti che, secondo Gruber, la produzione di energia elettrica in Alto Adige costituiva il 9% del consumo totale dell'Italia. Sempre secondo lui, il 68% di questa produzione era consumato sul posto. V. per questi dati, l febbraio 1946, de Monicault. 74. Londra, 28 gennaio 1946. 70 Bidault (75). Questi appelli erano accompagnati dalla richiesta di poter inviare una delegazione austriaca alla Conferenza dei supplenti i cui lavori erano cominciati il 22 gennaio 1946. A questo memorandum se ne aggiungeva un altro redatto dal presidente Renner (76) in cui egli esponeva la teoria austriaca secondo cui l'Austria sarebbe stata «vittima dell'annessione» e perciò una «nazione liberata». L'Austria «Vittinla» o «colpevole»? La questione dell'Alto Adige puramente interna o sottoposta all'Gnu? L'Italia e l'Austria si trovavano, per le loro posizioni, agli antipodi e non si poteva prevedere nessun tentativo di soluzione negoziata. La Gran Bretagna In Gran Bretagna il movimento favorevole al ritorno del Sud Tirolo all'Austria si rafforzava. Esso era caldamente sostenuto dalla stampa, in particolare dal «Manchester Guardian», dal «Time and Tide>>, dal «New Stateman and Nation», dall«Econornist», dali'«Observer» e dallo «Spectator>> (77). Sul fronte del potere politico va segnalato che, alla fine di ottobre 1945 (78), il Foreign Office si mostrava favorevole al mantenimento delle truppe alleate in Alto Adige, dopo l'evacuazione del resto del paese, il che significava che il Foreign Office era restio a ridare agli italiani l'amministrazione deli'Alto Adige. I dirigenti politici, dopo le esitazioni avute in settembre sembravano seguire l'opinione pubblica britannica. Circa due mesi dopo (79), ciò che era stato semplicemente un segno premonitore veniva confermato dall'ambasciatore francese a Londra Massigli. Costui rivelava un vero e proprio cambiamento di rotta ali 'interno del «German Department» e del Foreign Office stesso. 75. Parigi, 28 gennaio 1946, Bidault a Couve dc Murville. 76. 19 febbraio 1946, Rcnner aveva consegnato questo memorandum a R. Mayer. 77. Per il «Manchester Guardian» v. Londra, 15 giugno 1946, l'incaricato d'Affari presso i governi alleati stabiliti a Londra a Bidault. Per gli alLri giornali v. Londra, l ottobre 1945, Massigli al MAE. 78. Londra, 30 ottobre 1945, Massigli al MAE. 79. Londra, 21 dicembre 1945, Massigli a Bidault. 71 I dirigenti inglesi sembravano essere convinti che il ritorno del Sud Tirolo aP. Austria avrebbe costituito una prova certa della risoluzione, da parte delle grandi Potenze vittoriose, di mantenere in futuro un'Austria vitale e indipendente. Essi pensavano si trattasse di una questione nazionale la cui risoluzione avrebbe potuto avere un'influenza profonda sul futuro deli'Austria «e in particolare sul suo orientamento nei confronti del Reich». Si temeva che l'Austria senza il Tirolo meridionale potesse accettare un giorno un nuovo Anschluss. Al Foreign Office si pensava anche che la formula «minor rectifications» avrebbe dovuto includere tutta la provincia di Bolzano. Questa soluzione era approvata da Bevin che si augurava tuttavia una soluzione diretta tra le due parti (80). Restava da sapere se la Gran Bretagna avrebbe trovato l'appoggio della Francia poiché, secondo Massigli «la fermezza della posizione britannica potrebbe dipendere in larga misura dal nostro atteggiamento». La Francia La Francia non aveva potuto agire da sola nel settembre 1945. Avrebbe appoggiato nel marzo 1946 un'eventuale iniziativa britanni- ca? Fin dalla fine di settembre (81) si era verificato un sottile cambiamento nella posizione francese. Il governo francese era sempre favorevole ad una soluzione della questione del Sud Tirolo in favore dell'Austria, ma aggiungeva che: <<Il paese non deve rischiare di essere sottomesso all'influenza diretta ed esclusiva delle grandi Potenze e il suo ampliamento territoriale non deve comportare 80. Si noti che, secondo gli inglesi, l'elettricità poteva essere sfruttata da una corporazione mista austro-italiana. Si noti anche che il Foreign Office (v. 28 gennaio 1946, rapporto del Research Departrnent) aveva effeuuato degli studi economici sulla regione. Secondo questi studi nel 1942, l'industria idroelettrica rappresentava, come diceva Gruber, il 9% della capacità italiana totale, ma solo il 50% veniva utilizzato nella provincia mentre il restante 50% veniva convogliato in Lombardia e nel Piemonte. la produzione industriale non era per nulla insignificante poiché la provincia produceva il 22% della produzione industriale italiana di alluminio, il 15,7% di solfato d'ammonio e il22% di nitrato di calcio. 81. 28 settembre 1945, Dejean al generale Béthouart. 72 l'estensione dell'influenza russa fino alla pianura del Po, né preparare questa estensione a favore del IV Reich». Il Sud Tirolo austriaco non avrebbe più rappresentato un elemento di contrappeso all'influenza sovietica in Austria orientale, ma avrebbe costituito piuttosto un pericolo: il suo ritorno all'Austria avrebbe potuto portare all'ampliamento di una zona di dominazione sovietica o tedesca. I dirigenti politici francesi assumevano una posizione definitiva il 20 febbraio (82). Essi sapevano che gli inglesi erano orientati a dare ampia soddisfazione all'Austria sulla questione del Sud Tirolo e pensavano che il governo britannico avrebbe preso l'iniziativa al più presto. I francesi aspettavano che l'alleato britannico si muovesse per primo perché nel frattempo si erano finalmente accorti che <<era interesse della Francia instaurare delle buone relazioni con l 'Italia» e che «l'Italia costituisce un elemento più importante dell'Austria nel quadro di una futura politica francese in Europa» (83). I francesi si erano fatti più prudenti ma pensavano comunque che «la questione si presenta sotto un diverso aspetto se l'iniziativa viene presa dali 'Inghilterra perché ciò obbligherebbe le altre parti in causa a prendere una decisione>>. L'atteggiamento francese era mutato: da un appoggio incondizionato (nel mese di agosto) alle richieste austtiache, a un atteggiamento prudente in una posizione sempre attiva, ma seconda alla Gran Bretagna (84). 82. 20 febbraio 1946, MAE nota della Segreteria generale. 83. Gli attacchi della stampa italiana avevano dato iloro frutti dal momento che ci si rendeva conto che <<Dare soddisfazione all'Austria a spese dell'Italia rischiava di alienarci le simpatie italiane senza che la controparte austriaca offrisse uguali vantaggi». Inoltre, si riaffermava che prima di cedere il Brennero all'Austria, ci sarebbe voluta la certezza che questa fosse indipendente e che il Brennero non passasse nelle mani dei «Russi o dei tedeschi». La nozione italiana di frontiera strategica non era poi così antiquata. 84. Si noti che questo atteggiamento moderato aveva avuto delle ripercussioni anche sulle direttive date alle autorità francesi d'occupazione poiché esse furono severamente richiamate all'ordine. n generale Béthouart era pregato di «invitare le autorità» ai suoi ordini, «ad astenersi assolutamente da ogni gesto che potesse essere interpretato come un incoraggiamento alle mire espansionistiche dell'Austria. Solo il governo austriaco ha il diritto di far valere queste mire». Si veda a questo proposito, il 30 novembre 1945, Benhelot al generale Bélhouart. 73 L'Unione Sovietica L'atteggiamento sovtenco venne fortemente condizionato dalla sconfitta del partito comunista austriaco nelle elezioni del 25 novembre 1945. I dirigenti politici austriaci sentivano molto bene l'ostilità dei sovietici. Gru ber ali'inizio del febbraio 1946 (85) dichiarava: «l sovietici non si interessano al problema, ma si opporranno alle rivendicazioni del governo austriaco». Dicendo «non si interessano al problema» Gruber intendeva dire che i sovietici non erano al corrente della situazione etnica, economica, ecc.. della regione. Essi non consideravano la questione sotto questo aspetto, il Sud Tirolo era, per loro, solo una pedina dello scacchiere europeo, un compenso da offrire all'Italia, e in particolare al suo partito comunista, in cambio deli'appoggio sovietico a Tito nelle questioni della Venezia Giulia e di Trieste. Questo atteggiamento trovava una conferma nella posizione del partito comunista italiano. Quasi contemporanean1ente alla dichiarazione di Gruber (86) infatti, il giornale comunista «L'Unità», pubblicava un articolo dal titolo: «l diritti dell'Italia sull'Alto Adige» dove questi ultimi erano illustati in lungo e in largo. Il quotidiano era, invece, molto discreto nei riguardi della questione della Venezia Giulia. Il Pci prendeva posizione, ma solo dove era possibile farlo con l'appoggio dei sovietici. Gli Stati Uniti La posizione americana era difficile da capire. Ciò era dovuto probabilmente alla lotta che si svolgeva tra i due gruppi all'interno del Dipartimento di Stato. Il 7 dicembre 1945 (87), «Il Popolo» riportava un di spaccio d'agenzia americano nel quale si dichiarava: «sebbene il governo di 85. Vicnna, 8 febbraio 1946, de Monicault. 86. Roma, 8 febbraio 1946, Parodi a Bidaul t. 87. Roma, 8 dicembre 1945, BaJay a Bidaull. 74 Roma debba presto rientrare in possesso dell'amministrazione di tutti i territori compresi all'interno della frontiera itala-austriaca del 1939, alcuni eventuali accordi in fase di negoziazione diretta, verranno presi tra Roma e Vienna». Ma una settimana più tardi (88) l'ambasciatore di Francia a Washington, Bonnet, riferiva che: «Il Dipartimento di Stato sembra ritenere, in generale, che la soluzione più giusta sia la restituzione di gran parte del Tirolo meridionale con le città di Bolzano e Merano, ali'Austria». Mentre alcuni giorni più tardi (89) Massigli affermava che sia a Londra che a Washington si sperava in una soluzione diretta tra le due parti. Vi era dunque una convergenza di vedute a questo riguardo tra Byrnes e Bevin, ma se questo accordo non fosse stato raggiunto, quale sarebbe stata allora la posizione degli Stati Uniti? Difficile da dirsi, si sa solo che l 'Italia era convinta di un appoggio americano (90). La Svizzera Oltre alle parti direttamente interessate e ai quattro Grandi, è interessante notare il vivo interesse dell'opinione pubblica svizzera per la questione del Sud Tirolo. Questo interesse trovava una spiegazione nella posizione geografica del Paese che confina con il Tirolo (settentrionale e meridionale) e anche nella presenza, nella provincia di Bolzano di popolazioni che parlano tre delle quattro lingue della Confederazione Elvetica. L'opinione svizzera sembrava essere anch'essa divisa sulla que- 88.Washington, 14 dicembre 1945, Bonnet al MAE. 89.Londra, 21 dicembre 1945, Massigli a Bidault. 90. Roma, 9 marzo 1946, Parodi a Bidault. 75 stione; la popolazione di lingua italiana, infatti, sosteneva l'Italia (91) mentre la stampa svizzero-tedesca e romanda manifestava le proprie simpatie per il ritorno del Sud Tirolo all'Austria (92). 4.2. La Conferenza dei supplenti (20 gennaio-22 aprile 1946) Durante questa Conferenza la questione del Tirolo venne affrontata dai supplenti dei ministri degli Esteri solo il l Q marzo (93). L'iniziativa di aprire la discussione fu presa, secondo quanto sperava la diplomazia francese, dalla delegazione britannica presieduta da Jebb. Ma quest'ultimo deluse le aspettative francesi e le speranze austriache. In effetti, Jebb, pur affermando che nel 1919 si era commessa un'ingiustizia, dichiarava che bisognava attenersi al termine di rettifiche minori, (stabilito dalla Conferenza dei ministri degli Esteri). Egli aggiungeva che difficilmente si sarebbe potuto restituire il Sud Tirolo all'Austria. Egli faceva notare che, se l'Austria aveva dalla sua l'argomento etnico, l'Italia aveva, da parte sua, dei forti interessi economici nella provincia (impianti idroelettrici, alluminio e legname da costruzione). Dunn (Usa) prendeva la parola a sua volta affermando che i supplenti erano legati alle direttive dei ministri e che esse non davano importanza all'elemento etnico. Inoltre le rivendicazioni austriache secondo Dunn, non potevano essere considerate delle rettifiche mmon. Guseev prendeva poi la parola per l'Unione Sovietica dichiarando 91. Bema, 24 settembre 1945, J.P. Garnier, incaricato d'Affari della Repubblica francese in Svizzera al ministro degli Affari Esteri. 92. Lugano, 25 settembre 1945, Pierre Winckler console di Francia a Henri Hoppcnot ambasciatore della Repubblica francese in Svizzera. Berna, 21 novembre, Hoppcnot al MAE e 17 dicembre 1945, il console generale a Basilea a Hoppenot. Bisogna tener presente, anche. che questo interesse non si limita al periodo tra il settembre 1945 e il marzo 1946, ma che la Svizzera seguirà l'evolversi della situazione anche dopo gli accordi austro-italiani. 93. Londra, 4 marzo 1946 Massigli al MAE. 76 che il problema non era di carattere economico, ma politico (essendo l'Austria colpevole agli occhi dei sovietici a causa della sua adesione al nazismo). La Francia si ritrovava completamente isolata. Couve de Murville faceva tuttavia notare che le proposte economiche di Gruber erano interessanti e soprattutto che: «La Francia, in seguito al comportamento dell'Italia nel 1940, si ritiene libera dall'impegno che aveva sottoscritto ne11915. D'altra parte proprio nel momento in cui si cerca di ricostituire l'Austria non si vorrà inferirle un colpo durissimo negando una soluzione soddisfacente a ciò che rappresenta uno dei suoi problemi nazionali essenziali». La discussione sul problema del Sud Tirolo venne ripresa qualche giorno più tardi (94). Dunn affermava che le richieste austriache andavano al di là del termine di «rettifiche minori>>, e quindi non potevano essere tenute in conto. Jebb, che nel frattempo aveva chiesto istruzioni a Bevin, riaffermava che bisognava attenersi alla decisione di settembre, cercando di definire ciò che si intendeva col termine di «rettifiche minori». Egli riteneva comunque che bisognasse innanzitutto informare l'Austria che la rivendicazione di tutto l'Alto Adige non era neanche pensabile. Dunn si associava a quest'ultimo suggerimento e proponeva di chiedere al governo austriaco se aveva delle rettifiche minori da presentare. Guseev faceva sapere allora che era contrario a questo passo. Le delegazioni occidentali proponevano di creare un con1itato di esperti per studiare tutte le possibilità di rettifiche minori, ma la delegazione sovietica respingeva anche questa soluzione (95). Alla quarta seduta (96) gli inglesi ripresero l 'iniziativa proponendo una rettifica minore che desse all'Austria la regione di Bressanone e perciò la linea ferroviaria che collega Innsbruck a Lienz. Dunn appoggiò questa proposta e Couve de Murville (che aveva ricevuto 94. Londra, 5 marzo 1946, Massigli al MAE. 95. Londra, 16 marzo 1946, Massigli al MAE. 96. Londra, 20 marzo 1946, Massigli al MAE. 77 istruziom m questo senso da Bidault) (97) fece lo stesso. Ma la Conferenza non approdò ad alcun risultato concreto a causa dell'opposizione della delegazione sovietica. I sovietici cercavano di bloccare ogni tentativo di dialogo su eventuali concessioni da fare all'Austria. Nel momento stesso in cui si svolgevano le discussioni dei supplenti a Londra, il problema dell'opposizione sovietica alle rivendicazioni austriache era fortemente sentito tra i dirigenti austriaci. De Monicault, l'11 marzo 1946 (98), parlava della «sensazione avuta dal governo Figl che le Potenze Atlantiche siano impotenti nell'opporsi alle richieste dei sovietici nei confronti dell'Austria». Questo pessimismo sembrava il risultato di un dispaccio del 9 marzo della «Agence France Presse>>, secondo il quale i quattro Grandi non prevedevano rettifiche minori a favore C:ell'Austria. Secondo de Monicault, il governo Figl sarebbe ormai stato incline a trattare direttamente coi sovietici. Questa «impotenza» degli occidentali si riferiva ai problemi economici dell'Austria orientale così come al Sud Tirolo. Per quanto riguarda il problema a cui ci interessiamo, più che di «impotenza», si trattava di assenza, per diverse ragioni, di una volontà politica comune degli occidentali di fronte all'Unione Sovietica. Lo smarrimento del governo austriaco era ancor più comprensibile sapendo che i sovietici, a titolo di risarcimento per i danni subiti durante la guerra, sfruttavano l'economia della loro zona d'occupazione (99). Ma Vienna voleva forse anche spingere gli occidentali a farle delle concessioni sulla questione del Sud Tirolo agitando lo spauracchio di un accordo austro-sovietico globale. Il tentativo del governo austriaco non doveva aver influenzato molto i rappresentanti britannici e 97. Parigi, 7 marzo 1946, Bidault a Couve de Murville. 98. Vienna, Il marzo 1946, de Monicault a Bidault. 99. I sovietici agivano nello stesso modo in Gennania. Smontavano addirittura delle industrie intere per rimontarle e sfruttarle in Unione Sovietica. 78 americani perché, anche se la discussione era rinviata di nuovo (100), Jebb e Dunn erano stati molto espliciti: il Sud Tirolo per intero non sarebbe stato reso all'Austria. 4.3. L'evoluzione della situazione dal 20 marzo al ]Q maggio 1946, la seconda sessione del Consiglio dei quattro ministri degli Affari Esteri a Parigi(/ parte, dal 25 aprile al 16 maggio 1946) e la decisione de[]Q maggio 1946 L'Italia Nel mese di marzo 1946 (101) il governo italiano, visto il rifiuto di collaborare della Svp, invitava Innocenti, prefetto di Bolzano, a procedere nell'elaborazione di un progetto d'autonomia (il progetto elaborato dal Cln, era stato poi accantonato). Il problema delle opzioni continuava a causare degli attriti con la Francia (102). Le autorità francesi di Innsbruck erano accusate di favorire il ritorno dei clandestini. Conoscendo l'opinione di Béthouart riguardo alla questione (103) questo fatto poteva sembrare assai verosimile (104) in questa disputa bisogna segnalare l 'intransigenza della posizione italiana: si suggeriva, infatti, alle autorità francesi di mandare o di rimandare in Germania coloro che avevano optato per la cittadinanza tedesca. Va segnalato anche, che, sempre in questo periodo, nel mese di aprile (105), il governo italiano, rispondeva alle proposte di Gruber del mese di gennaio, facendo notare che l'Alto Adige possedeva il 40% delle riserve idroelettriche sfruttabili in tutta Italia, e che quindi la cessione di quel territorio avrebbe significato la perdita inestimabile 100. La discussione era rinviata alla seconda sessione del Consiglio dei quattro ministri degli Affari Esteri, (tcnutasi a Parigi dal25 aprile al 16 maggio 1946 c dopo la sospensione di un mese, dal 16 giugno al 12 luglio 1946 con l'aiuto complementare dci supplenti) 101. Roma, 26 marzo 1946, Parodi a Bidault. 102. Parigi, 5 aprile 1946, nota dell'ambasciata italiana. 103. V. sopra p. 61 n. 54. 104. V. oltre p. 123. 105. 17 aprile 1946, nota dell'ambasciata d'Italia a Parigi al MAE. 79 di tutto ciò. La cifra era abbastanza impressionante, ma cosa avrebbero dovuto pensare gli esperti delle Grandi Potenze nello scoprire, per esempio, che la documentazione topografica su cui si basava il governo italiano era «falsa», così come lo erano le cifre che riguardavano la popolazione della provincia? Che valore si sarebbe potuto attribuire in seguito alle affermazioni italiane? Il Foreign Office (l06) si era accorto, che, per esempio, l'origine latina dei nomi dei comuni non poggiava su «alcun fondamento» e che probabilmente questi norri erano stati «italianizzati». Gli italiani avevano dato agli Alleati delle carte concepite da Ettore Tolomei. Per quanto riguarda la popolazione (non si sa a quale documento italiano ci si riferisse) i servizi britannnici avevano notato un aumento della popolazione italiana ed una sostanziale rictuzione nel numero degli abitanti di lingua tedesca. Si aggiungevano così, accanto alla popolazione italiana del 1939 (78.000 secondo il Foreign Office, 100.000 secondo i documenti italiani) 63.000 tirolesi di cui 27.700 avevano optato per l'Italia e 35.300 si erano astenuti. Si aggiungeva poi una popolazione fluttuante di 15.000 italiani, il che dava un totale di 17 .000 italiani. I 63.000 tirolesi erano, beninteso, stati detratti dalla popolazione di lingua tedesca che finiva per essere ridotta a 96.000 abitanti (180.000 secondo il Foreign Office). Ogni commento sulla moralità di una tale procedura sarebbe inutile, ma va aggiunto, semplicemente, che tutto ciò avrebbe potuto ritorcersì contro l'Italia. Gli Alleati davanti a queste cifre avrebbero potuto ribattere al governo De Gasperi che se la popolazione era in maggioranza di lingua italiana, perché rifiutare allora un plebiscito che avrebbe potuto essere vinto facilmente? I sudtirolesi e l'Austria Gli austriaci e i sudtirolesi continuavano a reclamare a viva forza questo plebiscito. Si è visto che la Svp rifiutava sempre di trattare per l'autonomia col governo italiano, poiché sperava sempre m una decisione liberatoria dei quattro Grandi. 106. Londra, 27 aprile 1946, Massigli a Bidault. 80 Da parte sua il governo austriaco non restava con le mani in mano e faceva sapere agli Alleati (107) la sua opinione circa i provvedimenti presi a fine anno dal governo italiano. Per quel che riguardava l'insegnamento del tedesco, si rimproverava al governo italiano di essersi rifiutato di accordare ai comuni di lingua tedesca della Bassa Atesina (che aveva una popolazione al 77% di lingua tedesca) l'istituzione di scuole particolari nonostante la richiesta avanzata dal 90% dei genitori degli alunni. Si accusava il governo di Roma di applicare in modo troppo restrittivo la revisione delle opzioni. Il governo di Vienna domandava anche un'epurazione degli ex-fascisti dalle funzioni pubbliche (108) in contrapposizione al rifiuto italiano di far ritornare gli ex nazisti sudtirolesi. Riguardo all'autonomia amministrativa Gruber aveva delle idee precise; a suo avviso, il governo italiano seguiva due procedure per impedire che l'amministrazione cadesse nelle mani dei sudtirolesi: l. estendere il territorio a cui era concessa l'autonomia in modo da includere il Sud Tirolo in una regione a predominanza etnica italiana; 2. favorire una immigrazione di elementi del Mezzogiorno in Alto Adige (l 09). Da parte austriaca ci si lamentava anche che le funzioni pubbliche fossero occupate al 95% dagli italiani. Correvano voci di un eventuale ritorno in Alto Adige di Tolomei con un incarico ufficiale. Alla fine del mese di aprile (110), a Innsbruck si svolgeva una manifestazione a cui partecipavano 40.000 persone. In questa occasione il cancelliere Figi aprofittava per reclamare di nuovo la restituzione della provincia persa. 107. 18 aprile 1946, de Monicault a Bidault, a proposito di una nota del MAE austriaco. l08. Questa richiesta era abbastanza sorprendente se si considera che il governo austriaco, non ha mai proceduto dopo il 1945 ad una epurazione della propria amministrazione. 109. Gruber sosteneva a questo proposito che dal maggio al'ottobre del 1945 si erano stabiliti a Bolzano ben 25.000 immigrati. 110. 24 aprile 1946, il generale Béthouart a Bidault. Si noti che il generale precisava che nessuna autorità francese vi aveva preso parte. 81 La GranBretagna A partire dal mese di marzo la situazione era stata compromessa dali'abbandono della causa sudtirolese da parte della Gran Bretagna. Gli inglesi criticavano (111) il sistema d'autonomia previsto da De Gasperi (la riunione del Trentine e dell'Alto Adige), affermando che, se i supplenti avevano avuto tutti i diritti di trincerarsi dietro la formula delle rettifiche minori, adottata dai ministri, la competenza di questi ultimi non sarebbe stata sottoposta alle stesse limitazioni. Una parte dei consiglieri di Bevin era in effetti favorevole ad un esame completo di un eventuale richiesta del governo austriaco. Ciò significava dimenticare che Jebb aveva preso l 'iniziativa alla Conferenza dei supplenti trincerandosi dietro la formula dei quattro ministri su isn11zioni di Bevin stesso. D'altra parte i servizi britannici proponevano come «rettifiche minori» due soluzioni: l. la cessione del collegamento Innsbruck-Lienz ali'Austria, lasciando Bressanone all'Italia; 2. la cessione dello stesso collegamento con Bressanone e, più a sud, la Val Gardena (valle ladina d'Ortisei) (112). La Francia Quasi contemporaneamente (113), il Quai d'Orsay decideva di adottare la seconda soluzione prospettata dagli inglesi: la restituzione all'Austria della valle che collegava lnnsbruck a Lienz con Bres111. Londra, 27 aprile 1946, Massigli a Bidault. 112. Per la posizione britannica v.: Londra, 29 aprile 1946, Paris a BidaulL (Camille Paris, nato nel 1902, è stato ministro plenipotenziario di seconda classe a Londra (Ambasciata) dal mese di aprile 1945 all'ottobre 1947). 113. Parigi, 30 aprile 1946. NOle au sujet du Tyrol du Sud. E' importante notare che la restituzione della regione di Bressanone procedeva, da parte francese, sempre secondo la logica del maggio 1945: l'annessione italiana del 1919 faceva parte di un più vasto piano che mirava all'acquisizione di tutte le alte valli alpine e dei fiumi del versante italiano. Questa annessione, secondo il Dipartimento francese, rispondeva ad una «dogmatica imperialistica». 82 sanone. I dirigenti del Ministero degli Esteri si rendevano perfettamente conto che questa scelta rischiava di scontentare entrambe le parti in questione, lasciando irrisolto il problema politico, ma essi pensavano soprattutto alle soddisfazoni economiche che si sarebbero potute dare all'Austria, restituendole una rete di comunicazione «di capitale importanza». Non si sa niente circa l'atteggiamento americano. In compenso gli occidentali cominciarono a comprendere l'atteggiamento sovietico. L'Unione Sovietica Negli ambienti britannici ben informati (114) si aveva «l'impressione che il governo sovietico favorisse il mantenimento del Sud Tirolo da parte dell'Italia e che nessuna delle altre Potenze si sentiva sufficientemente forte nel senso opposto perché la questione provocasse un vero e proprio conflitto». L'Urss era favorevole al mantenimento del Sud Tirolo da parte del!'Italia per le due ragioni che abbiamo indicato in precedenza: l. bisognava dare un compenso ali'Italia per l'appoggio dato agli iugoslavi nella questione della Venezia Giulia. 2. L'Unione Sovietica si disinteressava del regime dell'Austria dove il partito cattolico aveva ottenuto la maggioranza. L'allusione alla «forza» degli occidentali ci ricorda le congetture austriache a proposito dell'«impotenza» degli Alleati. A nostro avviso, non si tratta né di forza, né di potenza, ma di volontà. Gli inglesi e i francesi potevano ancora unirsi in vista delle prossime discussioni di maggio e creare un fronte unico contro i sovietici. Cosa volevano invece proporre? Una soluzione intermedia che non avrebbe accontentato nessuna delle due parti. Ciò si spiega col fatto che il governo Attlee aveva paura di lanciarsi in un conflitto con i sovietici senza l'appoggio degli Stati Uniti. Ma soprattutto né la Gran Bretagna, né la Francia avevano un interesse vitale che avrebbe potuto condurle ad appoggiare la tesi austriaca. 114. Londra, 24 aprile 1946, agenzia Reuter. 83 ,.. •ll i \ La situazione era troppo delicata, la sorte dell'Austria troppo incerta perché ci si potesse permettere di contraddire ed attaccare i sovietici. Ancora una volta si sapeva perfettamente che si doveva mettere da parte ogni bel principio. Gli occidentali temporeggiavano e cercavano di guadagnare tempo... di fronte ai sovietici, i quali, al contrario, non si ponevano alcun problema morale e sapevano molto bene ciò che volevano. E' in questo modo che si arrivò alla decisione del l Q maggio durante la prima parte (25 aprile-16 maggio) della seconda sessione del Consiglio dei quattro ministri degli Mfari Esteri. La questione del Sud Tirolo veniva dapprima sottoposta ai supplenti i quali rendevano nota la loro decisione il l Q maggio. I ministri degli Affari Esteri l'approvavano il giorno stesso. I supplenti facevano sapere che: l. avendo ripreso in considerazione le richieste fatte dall'Austria per la rettifica della frontiera austro-italiana, i supplenti confermano che queste richieste non corrispondono alle rettifiche minori nel senso della decisione presa dal Consiglio dei ministri il 14 settembre 1945. Di conseguenza queste richieste non possono essere accolte a meno che il Consiglio decida diversamente. 2. Il governo austriaco verrà informato ufficialmente della decisione del 14 settembre e del fatto che le sue richieste non sono considerate conformi alla precedente decisione e non possono di conseguenza essere accolte (115). 115. Decisione Lradotta dall'inglese, l maggio 1946, Peace Treaty with ltaly, Report by the Deputies to the Counci/ of Foreign Ministers. Proposal concerning the Austro-Italian frontier: «l. Having re-considcred the requcsts made by AusLria for the rectifications of the AusLro-italian frontier, the Dcputies confinn that thcse requests do not correspond to minor recùfications in the scnse of the decision takcn by the Council of Ministers of 14th september 1945 ConsequentJy thcse requcsts cannot be considered unless the CounciJ decidcs olhcrwise. 2. The AusLrian Government will be officially infonned of the decision of the 14 september 1945 and of the fact that these requests are not considered to be in confonnity wilh that decision and Lhat cannot therefore be considcred». 85 Questa proposta veniva accettata dai quattro ministri degli Esteri dopo una breve (116) discussione in cui gli inglesi cercarono di discutere di un'eventuale restituzione all'Austria di tutta la provincia. Ma i sovietici avevano la situazione in pugno e le tre delegazioni occidentali si piegarono alloro volere. Era perciò chiaro, una volta per tutte, che l'Austria non avrebbe ricevuto tutto l'Alto Adige, ma veniva lasciata la possibilità di altre eventuali rettifiche minori come era già avvenuto alla Conferenza dei supplenti nel marzo 1946, poiché il Consiglio dichiarava che non si sarebbe opposto ad accettare una seconda discussione a condizione comunque che l'iniziativa venisse dal governo austriaco stesso e che le richieste austriache corrispondessero a delle «rettifiche minori». 4.4. Le reazioni, le conseguenze del Jf2 maggio, l'evoluzione della situazione e la decisione del 24 giugno Le reazioni non si fecero attendere soprattutto a Innsbruck e nel Tirolo settentrionale dove ebbe inizio uno sciopero di protesta. Contro la decisione dei ministri dei quattro Grandi si svolsero delle manifestazioni (117) che assunsero un carattere ostile nei confronti delle Potenze d'occupazione ed in particolare della Francia. Le truppe francesi dovettero intervenire per ristabilire 1 1ordine e venne imposto il coprifuoco a partire dalle h. 21. Si sa anche, da fonte austriaca, che nel Sud Tirolo ci furono disordini in Val Pusteria e nelle principali città. Da parte sua (118) Gruber, il 12 maggio, durante un colloquio con un rappresentante francesè, appariva deluso e, mentre riconosceva che la Francia aveva sostenuto con ogni mezzo possibile le rivendicazioni territoriali austriache, esprimeva invece dei sentimenti di profondo rancore per gli anglosassoni. n 14 maggio (119) a Vienna, si svolgeva un'importante manife116. Parigi, 3 maggio 1946, Coulet a de Monicault (Francois Coulet, nato nel 1906, è stato capo del gabinetto del generale De Gaulle dall'agosto 1941 all'aprile 1943, direttore del settore «Europa» nell'Amministrazione centrale dal febbraio 1945 all'ottobre 1947). 117. 2 e 3 maggio 1946, de Monicault a Bidault. 118. Vienna, 13 maggio 1946, de Monicault a Bidault. 119. Vienna, 15 maggio 1946, de Monicault al Mae. 86 stazione di protesta contro la decisione del l 2 maggio con una sfilata dei tre partiti e l 'intervento di numerose personalità. Ma se lo <<choc» era stato violento per l'Austria (la decisione venne ufficialmente comunicata il 3 maggio), Gruber seppe reagire prontamente con nuove proposte di <<rettifiche minori» che furono trasmesse il l O maggio alla Conferenza dei ministri degli Esteri a Parigi dall'ambasciatore d'Austria in Francia Bischoff (120). Gru ber domandava il territorio che assicurava ilcollegamento ferroviario tra Lienz e Innsbruck con la città di Bressanone. Contemporaneamente cercava di fare pressione sugli occidentali (121) dichiarando: «Un rifiuto della nostra richiesta ci porterebbe fatalmente a sviluppare il nostro commercio estero con i vicini dell'est che gravitano tutti e tre nell'orbita sovietica, ne potrebbe conseguentemente derivare un mutamento della nostra politica estera che dovrebbe d'ora in avanti essere orientata innanzitutto verso l 'Unione Sovietica». Gru ber, sentendosi in un certo senso abbandonato dagli occidentali in questa faccenda, cercava di scuoterli dalla loro passività prospettando loro la minaccia sovietica. Prima di esaminare gli sviluppi dell'ultima richiesta austriaca, bisogna comunque segnalare la sola reazione degna di nota: quella dell'opinione britannica (122). La stampa fu unanime nel condannare la decisione del 12 maggio (123). ll «Manchester Guardian» affermava che questa decisione avrebbe portato gli austriaci a sognare un nuovo Anschluss. Il <<Times» del 4 maggio affermava che la nuova decisione «ha suscitato stupore in Gran Bretagna dove si dava per certo, in generale, che non si sarebbe trovata alcuna giustificazione per lasciare all'Italia questa regione prettamente austriaca». L'«Economist», lo «Spectator» e il «Tribune» del 3 e 4 maggio condannavano fermamente la decisione presa e il «Time and Tide» commentava la posizione della Russia nei seguenti termini: «la politica russa non tiene conto delle conseguenze durature del Trattato di pace, ma solamente delle sue immediate ripercussioni sulla situazione europea e 120. Parigi, 10 maggio 1946, Biscboff a la Grandville (segretario generale della Conferenza dei ministri degli Esteri). 121. Vienna, 17 maggio 1946. 122. Si noti da parte francese una lettera del generale Béthouart da Innsbruck il 7 maggio 1946 che domandava che «la questione restasse aperta». 123. Londra, 4 maggio 1946, Paris al MAE e 22 maggio 1946 Massigli al MAE. 87 più in particolare sulle prossime elezioni. Ciò sarebbe sufficiente a spiegare l'atteggiamento "morbido" di Molotov nei confronti dell'Italia a proposito della questione del Tirolo». Questo commento era importante, le elezioni generali italiane si avvicinavano (si sarebbero tenute il 2 giugno 1946) e i sovietici volevano dare soddisfazione al Pci. La decisione del 12 maggio provocò (124) viva emozione negli ambienti politici, intellettuali ed anche al Foreign Office, dove, come si è visto, una parte dei consiglieri di Bevin era favorevole al ritorno del Sud Tirolo all'Austria. Tutti si dicevano colpiti dalla leggerezza con cui era stata chiusa la questione. L'opinione pubblica f\embrava credere che il governo britannico avesse rinunciato ad appoggiare le richieste austriache per non opporsi agli Stati Uniti. Ci si doleva che l'Inghilterra avesse creduto di dover cedere all'insistenza di Bymes la cui preoccupazione principale era quella di dare soddisfazione agli elettori italiani d'America ancor più che agli italiani d'Italia (125). Si vede dunque che le preoccupazioni principali delle due super-potenze, nella questione, erano, secondo i britannici, semplicemente di carattere elettorale (anche se in paesi differenti). Un'iniziativa da parte francese (126) prima della sospensione (16 maggio) della Conferenza, di esaminare il nuovo memorandum austriaco trasmesso da Bischoff, si rivelò un fallimento perché Molotov rifiutò la discussione sostenendo che la regione di Bressanone non corrispondeva, a suo parere, alle decisioni della Conferenza di Londra del settembre 1945. Bevin proponeva allora di definire ciò che il Consiglio intendeva per «rettifiche minori». ll Consiglio dei ministri decideva anche di ascoltare un rappresentante del governo austriaco e un rappresentante del governo italiano alla prossima riunione riguardante la frontiera austro-italiana. Il 17 maggio il 124. Londra, 22 maggio 1946, Massigli al MAE. 125. Questa ipotesi venne ripresa all'inizio del mese di giugno, durante un dibattito sulla politica estera alla Camera dei comuni, da Horabin, liberale, che rimproverava al governo di avere accettato di lasciare il Sud Tirolo ali 'Italia solo per soddisfare le preoccupazioni elettorali di Bymes (vedi Londra, 7 giugno 1946, Massigli al MAE). 126. A proposito dell'intervento del 14 maggio di Bidault, vedi Parigi, 15 maggio 1946, Coulet a de Monicault. 88 governo italiano ed il governo austriaco erano invitati a mandare un rappresentante a Parigi per esporre (il 30 maggio alle ore 11) il punto di vista dei loro rispettivi governi sulla questione. I membri supplenti ricevevano dunque le delegazioni dei due paesi. Gruber era incaricato di difendere la tesi austriaca mentre Carandini, ambasciatore d'Italia a Londra, rappresentava De Gasperi (127). Gruber e Carandini si basavano, nello sviluppo delle loro tesi, sui due memorandum presentati rispettivamente dall'Italia il 10 maggio 1946 e dall'Austria il 30 dello stesso mese. Gruber prendeva la parola per primo e annunciava fin dali 'inizio del suo discorso che anche se l'Austria fosse stata accontentata sulla regione di Bressanone, la questione sarebbe ugualmente rimasta aperta: «Il governo austriaco si ripropone in ogni caso di portare, in data ulteriore, davanti ad una assemblea internazionale apposita il problema del plebiscito nel Sud Tirolo». Gruber si sforzava quindi di spiegare che la linea ferroviaria che si trovava in territorio italiano e che collegava il Brennero a S. Candido era d'importanza primaria per l'Austria. La restituzione di questa all'Austria avrebbe evitato una deviazione di 150 km. per Klagenfurt (in Carinzia) (vd. carta): egli sottolineava che la popolazione di Bressanone era per i 5/6 di lingua tedesca (2.000 italiani) su 12.000 abitanti e che tutto il territorio rappresentava solo l'l% della superficie totale dell'Italia. Per quanto riguardava la popolazione totale del territorio in questione si avanzava, da parte austriaca, la cifra di 74.000 abitanti di lingua tedesca e di 9.000 italiani. Dal punto di vista economico vi erano tre impianti idroelettrici importanti che producevano 615 milioni di Kwh all'anno (l'impianto di Bressanone da solo ne produceva 500 milioni). Veniva sottolineato , inoltre, che la regione non si prestava ali'installazione di nuove opere idroelettriche data la scarsa pendenza della sua superficie. Si proponeva anche uno statuto di extraterritorialità per gli impianti elettrici esistenti. Gru ber concludeva il proprio intervento con un attacco all'atteggiamento italiano nei confronti dell'Anschluss e della seconda guerra mondiale e riaffermando che la decisione da prendere era d'importan127. Niccolò Carandini, nato nel 1885, è stato dirigente del Pii, ministro senza portafoglio del secondo gabinetto (Bonomi) dopo la liberazione, membro della Costituente e ambasciatore a Londra. 89 za capitale per il futuro di un'Austria indipendente. Carandini ribatteva anteponendo l'argomento della cobelligeranza dell'Italia e affermando che l'Austria non era in una posizione tale da poter avanzare una rivendicazione qualsiasi all'Italia. A suo avviso le richieste austriache non erano assolutamente delle rettifiche minori poiché il territorio in questione rappresentava i 2/5 dell'Alto Adige. Inoltre (e si noti la differenza) su una popolazione di 74.000 abitanti ci sarebbe stata una minoranza italiana e ladina di 21.000 abitanti. Veniva rilevato anche, da parte italiana, che la popolazione di Bressanone era al 45% italiana. Per quanto riguardava la linea ferroviaria che collegava Lienz a Innsbruck si sottolineava che essa non era né l'unica né la migliore, che esisteva già la linea dei Tauri (Tauern in tedesco) che collegava il Tirolo settentrionale al Tirolo Orientale, si trattava di una linea per 3/4 su doppio binario completamente elettrica, mentre la linea Brennero-S. Candido era a binario unico e per 2/3 a trazione a vapore. Per quanto riguarda l'elettricità il governo italiano stimava la produzione annuale della regione di Bressanone pari a 646 milioni di Kwh all'anno, vale a dire 33,8% di tutta la produzione dell'Alto Adige. Le centrali erano collegate alle ferrovie italiane e non si sarebbe potuto concepire la dipendenza di forniture energetiche da fonte straniera. Gli italiani ritenevano possibile in un futuro assai prossimo anche la costruzione di 24 nuovi impianti che avrebbero potuto fornire 1640 milioni di kwh all'anno. Ciò significava che questo territorio avrebbe potuto fornire il 15% dell'aumento della futura produzione di energia idroelettrica in Italia, poiché in tutto il paese si prevedeva un aumento della produzione da 1O a 12 miliardi di kwh. «L'Italia non può rinunciare a un solo kwh» mentre l'Austria aveva già una produzione eccedente. Veniva aggiunto che: «l 'insieme di diritti che si dovrebbero dare all'Italia così come le garanzie straordinarie che l'Italia dovrebbe esigere per assicurarne il rispetto, non potrebbero praticamente essere separate dali'esercizio di piena sovranità sul territorio in questione» (128). Il divario esistente tra i discorsi tenuti dai due governi contrastava con le idee che si andavano consolidando in America e in Inghilterra. 128. lO maggio 1946, Promemoria. 90 Byrnes e Bevin (129) sembravano desiderosi di vedere gli italiani firmare «di buon grado» qualsiasi rettifica della frontiera austro-italiana. L'atteggiamento di Bevin era dettato dalla volontà di allineare la politica britannica a quella americana. Ingenuità? Scarsa conoscenza del problema? Può anche darsi da parte americana, ma questo atteggiamento era probabilmente dettato dalla volontà di non urtare direttamente l'Austria, da una specie di <<coscienza sporca» nei suoi confronti. Gli Alleati con la loro politica ambigua facevano ricadere ogni responsabilità sull'Italia e, come Ponzio Pilato, se ne lavavano tranquillamente le mani. Il 7 giugno 1946 (130) i membri supplenti si riunivano per esaminare di nuovo la questione delle frontiere austro-italiane. La delegazione britannica chiedeva se il collegamento ferroviario Innsbruck-Lienz poteva costituire una rettifica minore. L'Unione Sovietica con Guseev rispondeva negativamente mentre Dunn affermava che la delegazione americana non era ancora in grado di pronunciarsi su questo punto. Da parte sua Couve de Murville affermava che bisognava risolvere definitivamente la questione e che se si voleva dare qualcosa all'Austria, bisognava darle almeno tutta la Pustertal, con l'alta valle delrEisack (Isarco in italiano). Bisognava peraltro esaminare se si voleva darle anche la città di Bressanone. Jebb gli rispondeva che la città di Bressanone non poteva essere considerata una rettifica minore poiché forniva il 2,7% della produzione di energia idroelettrica italiana. Egli era, invece, favorevole al ritorno della Pustertal e dell'Alta valle dell'Eisack all'Austria. Dunn e Jebb erano d'accordo nell'esaminare innanzitutto, prima di ogni decisione, il programma italiano per lo sfruttamento delle risorse idroelettriche della Pustertal secondo il memorandum italiano del lO maggio 1946. Il delegato britannico proponeva allora la creazione di un comitato di esperti incaricati di studiare i problemi sollevati, nel campo idroelettrico, dalla richiesta austriaca di rettifica della frontiera austro-italiana. Questa proposta veniva accettata nonostante un tentativo d'opposizione da parte di Guseev. 129. Londra, 31 maggio 1946, Massigli e Bidault. 130. Parigi, 7 giugno 1946, resoconto della Conferenza dei supplenti dci ministri degli Affari Esteri. 91 l l l l ''\ l \ \ '' \ , ' l , , , - ,' l ,l '• l _, l ' , l ,_ ,- ' l l ,' '( , . l l ,c o _, '-"' l l l l o -_, 0::: l l 1- - '", ', -= - > u ZI- O V) ' LJ.J 5 N .. < \ l 5-'ex -i:dtn z:Q :::> CQ \ \ < uo8 _, - 1 - L J.J O ::: t •• ' ...... .. : ..., !l l < < t l .. J O_,z: w_, c-25 z ,,, EOLW _,1- u u l I.L. \ -- r l l Cl ElJ.J< LJ.JQ......J < r:'Qo::: Cl ll- I.LJ ex t\_.--,, ', oo : oo: ; c. ._,1_, LJ.J ' _.,' , r .... , l- . _Q , , l , < o> ,,J ex I.LJ I.L. \\ ',l\ , ti l ,.., l \ ', ' , - l \ -J l ,_, l LA DISGREGAZIONE DEL TIROLO DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE <TRATTO DALLA DOCUMENTAZIONE AUSTRIACA - ARCHIVI DEL MAf' RETTIFICA CHE AVREBBE RISTABILITO LE COMUNICAZIONI ••••••TRA IL TIROLO DEL NORD E IL TIROLO DELL'EST --VIE DI COMUNICAZIONE l \ .... _, \r .... ' ,,......... ., J l ---- ' , .... " ...... \ \ l TIROLESI LADINI 1.: TERRITORIO ANNESSO ALLA PROVINCIA DI TRENTO <1926) 2.: TERRITORIO ANNESSO ALLA PROVINCIA DI BELLUNO (1923) - TRENTINI Il giorno stesso la Conferenza dei membri supplenti decideva che: «l) Il Comitato studierà i progetti esposti nell'ultimo memorandum dell'Italia in vista di una futura utilizzazione delle risorse idroelettriche della regione rivendicata attualmente dali'Austria al fine di stabilire se questi progetti sono realizzabili dal punto di vista pratico e se le cifre e i fatti enunciati sono esatti. 2) Il Comitato studierà il ruolo svolto all'interno dell'economia italiana dalle installazioni idroelettriche esistenti: a) nella regione attualmente rivendicata dall'Austria b) nella stessa regione senza Bressanone e la sua centrale (e le eventuali ripercussioni in caso di cessione ali'Austria). 3) Il Comitato esaminerà in particolare in quale misura la centrale elettrica di Bressanone è tributaria di riserve idrauliche accumulate nei serbatoi o nei laghi situati nel territorio citato sopra al paragrafo 2b. 4) II Comitato dovrà presentare il suo rapporto al più tardi il 17 gmgno.» Questo rapporto, terminato il 17 giugno, veniva esaminato dai membri supplenti (131) mentre i ministri degli Esteri, dopo la sospensione di un mese, si riunivano di nuovo dal 16 giugno al 12 luglio 1946 (132). Globalmente il rapporto era favorevole alla tesi italiana, ma va detto che questo Comitato era giunto alle sue conclusioni, a Parigi, in seguito alle dichiarazioni fatte dalle due parti e in seguito alle pubblicazioni di fonte italiana di cui disponeva. Era perciò difficile considerare questa documentazione come completamente imparziale e assolutamente precisa perché servisse di base alle conclusioni del Comitato. Secondo quest'ultimo, teoricamente, tutte le cifre presentate dall'Italia sembravano esatte e cioè si sarebbero potuti produrre nel territoriio 1637 milioni di kwh all'anno, ma quanto alle possibilità future il Comitato di esperti assumeva un atteggiamento di maggiore riserva poiché avrebbe dovuto svolgere lunghe indagini sul luogo per potersi esprimere in proposit0. Per quanto riguardava il ruolo delle centrali esistenti, esse producevano 640 milioni di kwh, vale a dire il 3,25%, della produzione annuale dell'Italia. Se il territorio fosse stato ceduto all'Austria, essa 131. Vd. 24 giugno 1946, resoconto del Consiglio dci ministri degli Esteri. 132. Vd. 20 giugno 1946, Consiglio dei ministri degli Esteri. 94 avrebbe potuto, se voleva, bloccare l'erogazione di acqua in direzione della centrale di Bressanone poiché i serbatoi si trovavano a monte di questa città. Peraltro il Comitato, ritenendo che le proposte austriache riguardanti le facilità, i diritti e le garanzie da dare ali'Italia fossero troppo vaghe, raccoglieva, all'ambasciata d'Austria a Parigi, delle precisazioni in proposito. L'idea generale del governo austriaco era di creare delle società miste austro-italiane per lo sfruttamento delle risorse idroelettriche inutilizzate. I capitali sarebbero stati fomiti a seconda degli interessi economici in causa in una proporzione corrispondente alla quantità di corrente di cui ciascuna parte avrebbe avuto bisogno. Ma il problema era che l'Italia avrebbe certamente avuto bisogno di tutta la produzione delle centrali mentre l'Austria esportava già energia idroelettrica e non ne avrebbe avuto bisogno se non per il consumo locale. Ciò significava che tutti i capitali sarebbero stati fomiti dali 'Italia la quale sarebbe stata obbligata in tal modo ad investire all'estero. Inoltre i 24 progetti italiani sarebbero stati irrealizabili senza il pieno consenso e l'appoggio del governo di Vienna. E' sufficiente pensare ai lavori di costruzione che avrebbero comportato deviazione di strade, di corsi d'acqua, sommersione di terreni, ecc... Tutti questi elementi, tranne i punti su cui il Comitato non poteva pronunciarsi, erano favorevoli all'Italia (133). E' interessante notare che i sudtirolesi si opponevano allo smembramento della loro <<Heimat» (134). Il canonico Gamper assistente di Mons. Geisler si era vivamente opposto alla proposta di Gruber. La linea di frontiera proposta da quest'ultimo sarebbe anche stata chiamata da alcuni linea «Raffle» dal nome del traditore che aveva consegnato Andreas Hofer ai francesi nel 1810. Gli ambienti influenti nel Sud Tirolo preferivano sempre lo status quo a un eventuale smembramento, col pretesto che un ulteriore plebiscito nel Sud Tirolo, privato della Pustertal, avrebbe rischiato di risultare favorevole 133. Va notato che l'Unione Sovietica ci teneva a distinguersi dagli occidentali in modo chiaro e ncuo. Ecco la conclusione dell'esperto sovietico: «Le garanzie o gli staLuli speciali non compenserebbero idanni che subirebbe l'economia italiana in generale, e le risorse dell'Italia in forza motrice in particolare, nel caso in cui le rivendicazioni dcll'Austria venissero accettate». 134. Vienna, 20 giugno 1946, de Monicault al MAE. 95 all'Italia. I membri supplenti da parte loro, dopo l'esame del rapporto steso da periti idroelettrici, non riuscirono a redigere una dichiarazione comune. Ma il 24 giugno (135) Molotov prendeva l'iniziativa e sbloccava definitivamente la situazione. Le sue proposte si ritrovano nel testo seguente: «Dopo aver esaminato la relazione presentata dal Comitato di esperti idroelettrici circa la richiesta austriaca di rettifica della frontiera austro-italiana nella parte nord-orientale dell'Alto Adige, il Consiglio dei ministri degli Affari Esteri non può ritenere la suddetta rivendicazione del governo austriaco una rettifica minore della frontiera così come è indicato nel promemoria del governo federale austriaco del 30 maggio 1946». A questa proposta seguì un lungo, imbarazzante silenzio. Byrnes fu il primo a romper!o offrendo l'adesione americana all'iniziativa di Molotov. Bidault vi aderiva poco dopo e osservava che la rettifica chiesta dali'Austria non poteva essere considerata minore. Questa rettifica avrebbe avuto il vantaggio di assicurare all'Austria il collegamento ferroviario tra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale, ma avrebbe causato all'Italia delle perdite di energia idroelettrica non certo minime come quelle che sarebbero derivate dalle rivendicazioni francesi. Forse non era neanche opportuno che l 'Italia fosse privata di un territorio che le era stato dato dopo la vittoria del 1919, a vantaggio di uno Stato che per due volte, e la seconda volta più a lungo dell'Italia, si era trovato nel campo nemico. Dal momento che una rettifica veramente «minore» sembrava impossibile non c'era che da lasciare le cose come stavano. Bevin, aderiva alla proposta di Molotov, ma esprimeva la speranza che l'Italia e l'Austria giugessero alla conclusione di un accordo sensato riguardo alla linea ferroviaria che era utile all'una come all'altra parte. n Consiglio prendeva accordi in seguito per incaricare i membri supplenti di verificare se esistevano già delle garanzie e, in caso negativo, di precisarle in un teste che sarebbe stato inserito nel Trattato (136). 135. 24 giugno 1946, resoconto del Consiglio dei ministri degli Esteri. 136. Il suggerimento di Bevin adottato dal Consiglio era molto importante per ulteriore l'inclusione dell'Accordo De Gasperi-Gruber nel Trattato di Pace con l'Italia. Vd. oltre p. l05 e ss. 96 La decisione veniva dunque finalmente presa e si può affermare, senza contraddire ciò che abbiamo sostenuto in precedenza, che essa non costituiva una sorpresa né nella sostanza, né per il modo in cui vi si era arrivati. Si può aggiungere che la decisione del 24 giugno era in realtà la sola possibile poiché la restituzionee della Pustertal (con o senza Bressanone) non avrebbe accontentato nessuna delle due parti. L'Austria avrebbe continuato a reclamare la parte della regione che fosse rimasta in mano agli italiani (137) e questi ultimi avrebbero perso il Brennero insieme a tutto il potenziale idroelettrico. Ma la decisione del 24 giugno era solo il seguito logico di quella del l2 maggio e in quell'occasione tutto l'opportunismo politico delle Grandi Potenze era venuto a galla. Non si erano valutate le ripercussioni della decisione a medio e lungo termine, ma, dopo tutto, non era l'Italia che aveva voluto tenersi l'Alto Adige? Difficilmente De Gasperi avrebbe potuto agire diversamente. Si è mai visto uno Stato qualsiasi cedere spontaneamente una provincia di frontiera frutto di una costosa e sanguinosa conquista? No, mai. De Gasperi non poteva forse neanche prevedere, nonostante la sua diffidenza, che questa decisione non avrebbe mai posto fine alla «questione», ma che sotto molti aspetti era solo l'inizio di una nuova era di conflitti e di aspre lotte. I sudtirolesi erano pronti a dimostrare con la loro tenacia che la battaglia era appena cominciata... 137. Vedi a questo proposito la dichiarazione del Dr. Gruber del 30 maggio pp. 109-110. 97 J Parte seconda DALLA DECISIONE FINALE (24 giugno 1946) ALLO STATUTO D'AUTONOMIA (2 febbraio 1948) l. L'Austria è obbligata a negoziare: la Conferenza delle 21 Nazioni e le trattative dirette per un accordo austro-italiano- Il testo dell'Accordo De Gasperi-Gruber Le reazioni alla decisione del 24 giugno non si fecero attendere. Gli austriaci (l) furono presi da sgomento anche perché avevano l'impressione che la questione del Sud Tirolo non avesse provocato alcuna seria divergertza d'opinione tra gli Alleati. Ne traevano una dolorosa conclusione: nessuno di loro aveva fiducia nella restaurazione dell'Austria come Stato indipendente. Inoltre essi si sentivano abbandonati nell'orbita sovietica e lo stato di stanchezza e di scoraggiamento faceva sembrare il paese ormai disponibile (anche negli ambienti conservatori) ad un accordo generale con l'URSS. Il contraccolpo a Vienna non era dunque cosa da poco, nella città circolavano voci di un'eventuale dimissione di Gru ber (2). Costui smentiva (3) e contrattaccava affermando che la questione non era affatto chiusa, poiché l'Austria era decisa a portarla, al momento buono, davanti all'areopago dei 21 (4) e all'Gnu. Da parte loro i l. Vienna, 25 giugno 1946, De Monicault al MAE. 2. Vicnna, 29 giugno 1946, Poussard al MAE (Raymond Poussard, nato nel 1910, è stato in missione presso il consigliere politico in Austria dal 1945 al 1946, poi, secondo segretario a Vienna dal 1946 al 1950 e infine distaccato ai servizi degli Affari tedeschi e austriaci in qualità di vicedirettore dall950 al 1954). 3. Vienna, 3 luglio 1946, de Monicault al MAE. 4. La Conferenza della pace fu chiamata anche «Conferenza delle 21 Nazioni». 101 tirolesi protestavano vigorosamente e reclamavano, attraverso il loro Landtag, il plebiscito (5). In realtà, né gli austriaci, né, più in particolare, i tirolesi, avevano intenzione di demordere e di abbandonare lo scopo che si erano prefissati: il ritorno del Sud Tirolo all'Austria. Anche più tardi, quando saranno obbligati ad accettare un compromesso con l'Italia, cercheranno sempre di tenere aperta la questione con qualsiasi espediente. Alla fine del mese di giugno 1946, essi potevano ancora sperare di sostenere in modo valido le loro tesi davanti alla Conferenza della pace. Questa Conferenza si tenne a Parigi dal 29 luglio al 15 ottobre 1946 sotto la presidenza di Bidault. Lo scopo era di mettere a punto i trattati di pace con l'Italia, la Romania, l 'Ungheria, la Bulgaria e la Finlandia. Alla Conferenza erano rappresentati 21 Stati (6). Per l'Austria questa costituiva l'ultima «chance». Gli austriaci e i sudtirolesi mantenevano la tattica abituale: moltiplicavano gli appelli affinché gli abitanti del Sud Tirolo ottenessero il diritto all'autodeterminazione. Seguendo un certo ordine vediamo che la Svp (7) denunciava il 14 luglio «un 'immigrazione italiana organizzata sistematicamente dal governo italiano dal 3 maggio 1945» e denunciava il progetto di autonomia in via di elaborazione chiedendo il plebiscito. Il 18 era il turno dei Jadini (8) attraverso il movimento «Zent Ladina Dolomites» (il popolo ladino delle Dolomiti); essi domandavano il ricongiungimento dei loro comuni, della provincia di Belluno, al Sud Tirolo (9) e quindi il plebiscito. Mons. Geisler (10) chiese, il 20 luglio, il diritto all'autodetermi5. Parigi, 29 giugno 1946, il generale Béthouart a Bidault. 6. Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canada, Cina, Stati Uniti, Etiopia, Francia, Gran Bretagna, India, Italia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Cecoslovacchia, Grecia, Suda(rica, Ucraina, URSS, Iugoslavia. 7. Bolzano, 12 luglio 1946, Appel du peuple sud ryrolien à la Conférence de la paix. 8. Cortina d'Ampezzo, 18 luglio 1946. 9. Nel 1923, tre comuni ladini erano stati staccati da1 Sud Tirolo c ricongiunti alla provincia di Belluno, senza che questa modifica venisse correua né nel 1926 né nel 1945. 10. Bressanone, 20 luglio 1946, Justice pour le Sud Tyrol. 102 nazione per i sudtirolesi, seguito il 22, sette gwrm prima della Conferenza, dal governo federale. Quasi a confermare queste speranze Bevin affermava, il 25 luglio alla Camera dei comuni (11), che le «21 Nazioni hanno il diritto di capovolgere una decisione dei quattro». Rinvigorita e speranzosa, la SUdtiroler Volkspartei respingeva in luglio un progetto di autonomia elaborato dal prefetto Innocenti. Questo progetto era definito «inaccettabile» (12) dai membri della Svp per svariate ragioni: l. il Sud Tirolo e il Trentino avrebbero avuto un regime comune d'autonomia, 2. il progetto non prevedeva alcuna misura di difesa contro «l 'invasione del Sud Tirolo da parte degli italiani», 3. non sarebbe stata rispettata nessuna proporzione tra le popolazioni di lingua diversa e ifunzionari locali, 4. la legge fiscale e di polizia sarebbe stata a discrezione dello Stato che, 5. tramite un commissario avrebbe potuto modificare ed anche revocare l'autonomia. Nonostante questo rifiuto, si cominciava comunque a capire da parte austriaca che, in un momento o nell'altro, si sarebbe dovuto aprire un dialogo diretto con Roma come avevano auspicato Byrnes e Bevin. L'Austria era veramente in una posizione di inferiorità nonostante le dichiarazioni di Bevin riguardo alla possibilità di un riesame della situazione da parte della Conferenza dei 21. Mentre De Gasperi, il 10 agosto 1946, pronunciava un discorso al Palais du Luxembourg, l'Austria non era ancora stata invitata ad esporre il proprio punto di vista (13). Fu solo il 17 agosto che i britannici proposero alla Conferenza di invitare una delegazione austriaca (14) e ciò, nonostante le continue reticenze dei sovietici. La Conferenza fu 11. Londra, 26 luglio 1946, Massigli al MAE. 12. Palais du Luxembourg, 30 agosto 1946, memorandum de1la delegazione austriaca. 13. Vd. Toscano, op. cit., p. 330 e seg. 14. Alla delegazione austriaca si aggiunsero due rappresentanti della Svp Volgger e Von Guggenberg. 103 favorevole ad invitare l'Austria con 15 voti contro 6, ma, prima di lasciar parlare Gruber, il delegato sovietico Vishinski, dipinse un quadro cupo delJ» Austria nazista (15). Il 21 agosto 1946, Gru ber prendeva la parola e chiedeva velatamente il plebiscito (16). Si rese conto però che la Conferenza non lo avrebbe seguito su questo punto, era infatti appoggiato solo dal Belgio e dai Paesi Bassi. Il 22 agosto veniva preso, su iniziativa di Carandini, il primo contatto tra l'Italia e l'Austria. La delegazione austriaca gli mostrò allora un memorandum (che verrà in seguito consegnato al segretario della Conferenza dei 21, il 30 agosto 1946) che conteneva le basi su cui l'Austria era disposta a trattare. Gruber, in questo memorandum domandava, per l'ennesima volta, un plebiscito e, in caso di rifiuto, chiedeva delle garanzie. Egli aveva finalmente aperto uno spiraglio alla negoziazione. Le garanzie sarebbero state la conseguenza degli accordi diretti tra l'Italia e l'Austria. Queste disposizioni sarebbero state inserite nella legislazione italiana e avrebbero dovuto essere garantite da una clausola generale da inserirsi nel Trattato di pace. Esse riguardavano i seguenti punti: l. l'autonomia amministrativa per la provincia di Bolzano e di alcuni comuni limitrofi e non per tutto il territorio una volta austriaco (la Venezia Tridenùna dei fascisti). In tal modo la popolazione tedesca non sarebbe stata messa in minoranza. Bisognava anche adottare delle misure per annullare gli accordi Hitler-Mussolini. 2. L'afflusso interno di elementi italiani sarebbe stato sottoposto alla volontà dell'amministrazione autonoma regionale. 3. Un regime doganale per la regione. 4. L'accordo concluso tra l'Italia e l'Austria sarebbe stato comunicato alle Nazioni Unite e la sua applicazione garantita da un organismo internazionale. Per queste disposizioni doveva essere fissato un termine per il governo italiano e, in caso di future divergenze sostanziali nell'applicazione .dell'accordo, il governo austriaco sarebbe stato libero di appellarsi alle Nazioni Unite. Gruber proponeva, di conseguenza, un 15. Fenet, op.cit., p. 80. 16. Toscano, op. cit., p. 336 e scg. 104 emendamento dell'articolo lO (17) del Trattato di pace italiano (sempre nel caso in cui la soluzione del plebiscito venisse scartata). L'emendamento era il seguente: «l'Italia concluderà con l'Austria entro di una anno degli accordi che mirano a: l. garantire, senza tener conto dell'accordo Hitler-Mussolini del 1939, alla popolazione autoctona della provincia di Bolzano ed ai comuni vicini (18) la libertà del suo sviluppo economico e culturale con la concessione di un'autonomia regionale. 2. assicurare la libertà di circolazione a viaggiatori e merci tra la detta regione e l'Austria per ciò che riguarda i prodotti originari di questa regione e le normali necessità di importazione». Questo documento all'articolo 14 prevedeva che: «L'Italia prenderà tutte le misure necessarie per garantire a tutte le persone sotto sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua e religione, il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali compresa la libertà d'espressione, di stampa e di pubblicazione, la libertà di culto, la libertà d'opinione e di riunione. L'Italia garantisce soprattutto alla popolazione autoctona del Sud Tirolo abitante a Nord di Salorno, la libertà d'esistenza in tutti i campi e in particolare la libertà culturale senza alcuna discriminazione ed anche la facoltà di provvedere attraverso funzionari autoctoni eletti, a tutte le esigenze culturali derivanti dalla sua particolare situazione etnica». Carandini escludeva un accordo su questo articolo che egli considerava un'offesa al regime democratico italiano. Ma la delegazione britannica fece sapere che la Conferenza sarebbe passata ad altre questioni, se i governi interessati non fossero riusciti a presentare delle proposte comuni prima del 5 settembre 1946. Il 24 agosto (19) 17. Questo articolo, su suggerimento di Bevin e secondo la decisione del Consiglio dei ministri degli Esteri del 24 giugno 1946, doveva offrire all'Austria delle garanzie per il collegamento ferroviario Innsbruck-Lienz ed essere infine inserito nel Trattato di pace. 18. I sudtirolesi reclamavano tre comuni ladini (Cortina d'Ampezzo, Colle S. Lucia e Pieve di Livinallongo) inseriti nella provincia di Belluno nel 1923, e 15 comuni con una popolazione a maggioranza tedesca tolli al Sud Tirolo a vantaggio del Trentine nel 1926. Essi furono accontentati solo per quel che riguarda la seconda rivendkazione (il 21 gennaio 1949). 19. Toscano, op.cit., pp. 360-361. 105 Carandini faceva allora pressione su De Gasperi che accettava di trattare con gli Austriaci; la protezione della minoranza poteva a suo avviso essere inclusa ne.l trattato di pace, ma doveva essere espressa nella forma più schematica e generale possibile. Nel frattempo, Gruber, da parte sua, a Parigi, premeva su Carandini perché l'autonomia fosse trattata tra l'Italia e l'Austria e non tra l'Italia e la SUdtiroler Volkspartei. De Gasperi da Roma scriveva allora a Carandini che era «impossibile riconoscere nel Trattato di pace l'obbligo di risolvere direttamente con l'Austria la questione dell'autonomia, poiché si tratta di una concessione che possiamo fare nel libero esercizio della nostra sovranità (20)» ma aggiungeva che l 'Italia poteva trattare con l'Austria i problemi riguardanti le facilitazioni del traffico ferroviario e la revisione delle opzioni. Innocenti e Carandini erano incaricati di elaborare un controprogetto che veniva redatto nel modo seguente: « l.Il governo italiano adotterà in favore della provincia di Bolzano e dei comuni di lingua mista della provincia di Trento, delle regole che salvaguardino il carattere etnico e garantiscano lo sviluppo culturale ed economico di queste popolazioni di lingua tedesca: a) l 'istituzione di scuole elementari e dell'insegnamento superiore in lingua tedesca; b) la parità delle lingue italiana e tedesca negli uffici e negli atti pubblici, il bilinguismo nella toponomastica dei comuni e località dove si usa in prevalenza la lingua tedesca; c) il diritto di rimettere in vigore, nella lingua originale tedesca, alcuni nomi recentemente italianizzati; d) l'uguaglianza dei cittadini di lingua italiana e tedesca in tutti i diritti che spettano loro, e in particolare nell'assunzione agli impieghi pubblici. 2. La provincia di Bolzano e i comuni di lingua mista di Trento riceveranno l'autonomia con potere legislativo regionale e potere esecutivo sulla base di regole sulle quali dovranno essere consultati elementi autoctoni di lingua tedesca. 3. Il governo italiano è disposto a procedere alla revisione degH accordi Hitler-Mussolini del 1939. 20. Toscano, op. cit.,p. 362. 106 4. Verrà stabilita col governo austriaco una convenzione per facilitare il movimento di persone e merci tra la provincia di Bolzano e l'Austria e il transito di persone e merci tra il Tirolo settentrionale e quello orientale. 5. Il governo italiano è infine disposto ad esaminare attentamente ogni eventuale indicazione che gli sia suggerita dal governo austriaco (21)». D'altra parte si faceva sapere al governo austriaco che le seguenti rivendicazioni non sarebbero state prese minimamente in considerazione: l. il divieto di libero trasferimento di cittadini italiani nel futuro territorio autonomo; 2. un numero di funzionari, neli'amministrazione autonoma, proporzionale al numero dei cittadini di lingua tedesca; 3. il conferimento all'organismo autonomo di una competenza esclusiva in materia fiscale e di polizia locale. Quello che risalta subito in questo progetto è che l'Italia non voleva dare nessuna garanzia internazionale ali'Austria. Nel memorandum austriaco del 30 agosto (22), Gruber chiedeva che l'accordo tra l'Italia e l'Austria fosse comunicato all'Gnu e l'esecuzione garantita da un organismo internazionale. Ora questa richiesta era stata respinta dall'Italia, che considerava la questione puramente interna, accusando l'Austria di voler inserire una clausola che avrebbe mantenuto aperta la questione a tempo indeterminato perché, in caso di disaccordo su un qualsiasi punto, il governo austriaco era libero di appellarsi alle Nazioni Unite. Il possibile inserimento del progetto di autonomia nel Trattato di pace (articolo 10) era già considerato come una garanzia internazionale. Carandini e Innocenti proponevano dei contatti bilaterali con l'Austria solo su una questione puramente tecnica: la convenzione ferroviaria. Si tornava perciò al punto di partenza e alle proposte di Bevin del 21. Per questo controprogetto vedi Toscano, op.cit., pp. 371-372. 22. Vd sopra p. 104. 107 24 giugno (23). Tutte le transazioni proposte da Gruber o rivendicate dai sudtirolesi non erano trattate con l'Austria, ma venivano concesse dal governo italiano (tranne che per la ferrovia) e perdevano quindi valore malgrado illoro eventuale inserimento nel trattato di pace. Questo controprogetto veniva proposto agli austriaci il 31 agosto 1946 l'l e il 2 settembre si svolgevano le prime discussioni tra Gru ber e Carandini. Gli austriaci proponevano svariate modifiche e se si rassegnavano a non intervenire nell'elaborazione dell'autonomia, tuttavia essi domandavano: l. Il ricongiungimento dei tre comuni ladini della provincia di Belluno al Sud Tirolo; 2. un accordo e non una semplice consultazione con gli elementi autoctoni sull'elaborazione dell'autonomia; 3. una garanzia contro un'eventuale estensione dell'autonomia al Trentino. Queste richieste venivano respinte da Carandini che, per quanto riguarda la terza, faceva notare a Gruber che se il quadro territoriale dell'autonomia non veniva allargato al Trentino, sarebbe toccato agli Italiani di Bolzano trovarsi in minoranza di fronte ai sudtirolesi di lingua tedesca. Il 3 settembre De Gasperi si recava di persona a Parigi per porre fine alle trattative. Ci si metteva finalmente d'accordo per lasciare aperta la questione della delimitazione territoriale della regione autonoma, adottando una formula che, come si vedrà, sarà tra le più ambigue. Il 5 settembre 1946, alle ore 17, De Gasperi e Gruber firmavano l'accordo che porterà d'ora in poi il loro nome (24). Il giorno stesso Gru ber ne domandava l 'inserimento nel Trattato di pace. Il testo ufficiale tra l'Austria e l 'Italia era redatto in inglese mentre tra l'Italia e gli altri paesi firmatari (dal trattato di pace) facevano fede i testi inglese, francese e russo. Ecco la copia italiana del testo: 23. Vd. sopra p.96. 24. L'Accordo De Gasperi-Gruber sarà anche chiamato comunemente Accordo di Parigi. 108 ACCORDO DE GASPERI-GRUBER (5 settembre 1946) l) -Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento, godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca. In conformità ai provvedimenti legislativi già emanati o emanandi, ai cittadini di lingua tedesca sarà specialmente concesso: a) l'insegnamento primario e secondario della loro lingua materna; b) l'uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue; c) il diritto di ristabilire i nomi di famiglia tedeschi che siano stati italianizzati nel corso degli ultimi anni; d) l'eguaglianza di diritti per l 'ammissione ai pubblici uffici, allo scopo di attuare una più soddisfacente distribuzione degli impieghi tra idue gruppi etnici. 2) - Alle popolazioni delle zone sopra dette sarà concesso l'esercizi0 di un potere legislativo ed esecutivo autonomo, nell'ambito delle zone stesse. Il quadro nel quale detta autonomia sarà applicata sarà determinato consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca. 3) - Il governo italiano, allo scopo di stabilire relazioni di buon vicinato tra l'Austria e l'Italia, si impegna, dopo essersi consultato con il governo austriaco, ed entro un anno dalla firma del presente trattato: a) a rivedere, in uno spirito di equità e di comprensione, il regime delle opzioni di cittadinanza, quale risulta dagli accordi Hitler-Mussolini del 1939; b) a concludere un accordo per il reciproco riconoscimento della validità di alcuni titoli di studio e diplomi universitari; c) ad approntare una convenzione per il libero transito dei passeggeri e delle merci tra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale, sia per ferrovia che, nella misura più larga possibile, per strada; 109 d) a concludere accordi speciali tendenti a facilitare un più esteso traffico di frontiera e scambi locali di determinati quantitativi di prodotti e di merci tipiche fra l'Austria e l'Italia. 2. I problemi che si pongono: 2.1. La delimitazione del territorio autonomo Questo accordo suscitava viva soddisfazione neli'opinione pubblica internazionale. A Vienna (25) la stampa ne sottolineava i vantaggi per l'Austria mentre, dopo questo successo, Gruber si mostrava visibilmente contento. A Londra (26) il Foreign Office e l'opiniune pubblica si ritenevano soddisfatti. Si poteva però già constatare l'enormità dell'equivoco perché il Foreign Office si felicitava del fatto che l'autonomia fosse limitata al territorio di Bolzano. Anche a Washington l'annuncio dell'Accordo De Gasperi-Gruber era accolto favorevolmente dali'opinione americana e Byrnes si felicitava personalmente con De Gasperi (27) mentre Bidault (28) da Parigi si felicitava con i due governi, austriaco e italiano. In Italia (29) i giornali e l'opinione pubblica non manifestarono grande interesse ad eccezione del «Popolo» (giornale democristiano) che diede rilievo al successo diplomatico di De Gasperi. Gli altri giornali gli attribuirono solo un 'importanza secondaria probabilmente per ragioni di politica interna. Nonostante ciò, non si registrava alcuna dissonanza tra gli occidentali, tutti approvavano l'Accordo. I francesi e gli inglesi sembravano disposti a favorire l'inclusione dell'Accordo De Gasperi-Gruber nel Trattato di pace con l 'Italia. Solo l'Unione Sovietica metteva in discussione il contenuto 25. Vienna, 9 settembre 1946, de Monicault a Bidault. 26. Londra, 11 settembre 1946. 27. Washington, 14 settembre 1946. 28. 14 settembre 1946, Bidault a Gruber. 29. Roma, 13 settembre 1946 Balay a Bidault. 110 deli'Accordo. La «Pravda» del 13 settembre (30), denuciava i possi bili equivoci sulla delimitazione della regione autonoma. Si sottolinea va nel quotidiano sovietico che l'Austria e l'Italia davano al riguardo delle interpretazioni diametralmente opposte: «Mentre Gruber sostiene, nelle sue dichiarazioni alla stampa, che la regione autonoma si riduce al Sud Tirolo, De Gasperi assicura ai giornalisti di Parigi che essa comprende il Trentino». Il realismo e la lungimiranza dei russi non erano alieni da secondi fini. I sovietici volevano seminare zizzania tra le due parti perché non si sentivano tranquilli sulle clausole economiche dell'Accordo articolo 3 paragrafo c) e d). La «Pravda» riteneva in effetti che «l'influenza anglo-americana potrà ormai estendersi all'economia dell'Austria». Essa accusava inoltre gli ambienti stranieri di voler creare «il primo anello di una catena del blocco antislavo tanto sognato da alcuni partecipanti alla Conferenza delle 21 Nazioni». Nonostante i loro scopi reconditi i sovietici avev:lno ragione, l'Accordo nelle sue clausole conteneva i germi di futuri conflitti. La sua applicazione si sarebbe rivelata difficile a causa delle differenze di interpretazione delle due parti su quasi tutte le clausole. 2.2. Perché Gruber ha accettato di lasciare aperta la questione della delimitazione del territorio autonomo Si è visto che De Gasperi e Gruber avevano lasciato aperto il problema con la frase: «II quadro nel quale detta autonomia sarà applicata sarà determinato consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca». A prima vista si può pensare che la questione venisse lasciata nelle mani del governo italiano consultando solamente gli elementi locali rappresentanti la popolazione tedesca, vale a dire i dirigenti della Stidtiroler Volkspartei. Ci si può perciò domandare come mai Gruber, conoscendo i progetti di De Gasperi abbia accettato di !asciargli ogni iniziativa futura nella questione. La risposta ci viene data da Gruber stesso nel 30. Mosca, 13 settembre 1946, Cbarpcntier incaricato d'Affari in URSS a Bidault. 111 suo libro di memorie (31): «Era inoltre in discussione il punto più essenziale: la delimitazione della zona. In altre parole, doveva essere chiarito se l'accordo avrebbe dovuto riferirsi soltanto al Tirolo meridionale di lingua tedesca o anche al Trentino di lingua italiana, che prima del 1918 era pure appartenuto all'Austria. La soluzione di tale questione era resa difficile specialmente dal fatto che il presidente del Consiglio De Gasperi, egli stesso originario del Trentino, aveva promesso ai suoi più prossimi conterranei una amministrazione autonoma. Ora egli evidentemente non intendeva far passare al Parlamento né l'uno né l'altro progetto, se frattanto non si fosse riusciti a collegarli in qualche maniera fra loro. Nel corso delle discussioni, spesso condotte in forma drammatica, all'ambasciata italiana, ci risultò chiaro che precisazioni ulteriori a quanto era stato fino allora raggiunto avrebbero potuto mettere in pericolo l 'intero trattato. Neppure i delegati sudtirolesi vollero correre questo rischio». Gruber completava la sua spiegazione con una lettera che indirizzava all'epoca a Otto Von Guggenberg della delegazione sudtirolese (32): «De Gasperi ci espose a lungo i motivi che lo avevano mosso a ricercare una qualche soluzione comune coi trentini; ma dietro nostra insistenza dichiarò che si rendeva pienamente conto che ciò non si sarebbe mai potuto fare contro la volontà dei sudtirolesi, perché se questa autonomia avesse dovuto essere ad essi imposta, sarebbe venuto meno il senso dell'accordo. Perciò egli poté interamente assicurarci che un allargamento dei confini dell'autonomia, contrario alla volontà dei sudtirolesi, non sarebbe stato in nessun caso posto in questione. Non riteneva però da escludersi che considerando le strette connessioni economiche e quindi i comuni interessi tra il Trentino e il Tirolo meridionale, si trovasse una possibilità di collaborazione. In tal caso, cioè se la maggioranza della Svp avesse accettato un tale accordo, non voleva chiudere del tutto la porta ad esso. Aggiunse che la situazione era notoriamente tale che gli italiani del Tirolo erano ancora più energicamente contrari all'unione con i trentini che gli 31. Karl Gruber, Zwischen Befreiung und Freiheit, Vienna 1953 - ma il testo in italiano è tratto da La questione altoatesina di Castelli, Centro Studi Sociali, Milano 1961, p. 38. 32. Questa lettera è riportata nelle memorie di Gruber e la traduzione in italiano è tratta dalla stessa opera di Castelli (p. 39). 112 stessi sudtirolesi; e d'altra parte i trentini richiedevano insistentemente un'autonomia ancor più radicale che i sudtirolesi. Io dichiarai a De Gasperi che qualsiasi soluzione che ricevesse l'assenso dei sudtirolesi non ottenuto mediante l'uso di mezzi di pressione, sarebbe stata ben accolta in Austria. Tuttavia noi avremmo dovuto richiedere che le parole usate nell'accordo esprimessero la necessità che l'estensione dell'autonomia ricevesse un'approvazione dai sudtirolesi. Ci accordammo infine sul termine «frame» (quadro), il cui significato risulta chiaro dopo questo colloquio se lo si pone in rapporto con la parola «consultation» (consultazione) che pure ricorre nella stessa frase». 2.3. La controversia giuridica Per Gruber, dunque, il rapporto tra il termine «quadro» e «consultazione» era chiaro. Purtroppo non era così per tutti poiché tra le due parti si scatenerà in seguito una disputa giuridica sul significato da attribuire a queste due parole ed in particolare al famoso termine «quadro». Da parte austriaca si farà notare che la traduzione di «frame» col termine di «quadro» era falsa ed ingiustificata poiché «frame» in inglese significa costruzione e «framework» significa struttura. Inoltre si farà notare che da parte italiana, nella traduzione della frase, era stata omessa una parola. Possiamo vederlo noi stessi. In inglese la frase era «The frame within which the said provisions of autunomy will apply, will be drafted in consultation also with local representative German speaking elements» e in italiano «il quadro nel quale della autonomia sarà applicata, sarà determinato consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca (33)>>. Il termine «provisions» (stipulazioni) è in realtà scomparso e ciò secondo gli austriaci, permetterà agli italiani, con una errata traduzione di «frame», di dare un 'interpretazione geografica della frase e di unire il Trentino ali'Alto Adige. Da parte austriaca si faceva notare anche che il famoso paragrafo «Il quadro nel quale detta autonomia sarà applicata...» era collegato al primo paragrafo dello 33. La frase in inglese e in italiano proviene dalla stessa fonte: Toscano, op. cit., p. 387 e seg. 113 stesso articolo (art. 2): «Alle popolazioni delle zone sopra dette sarà concesso l'esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo, nell'ambito delle zone stesse.» che si riferisce anche con le parole «Alle popolazioni delle zone sopra dette...» all'articolo l dell'Accordo che dice: «Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento, godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca». Il quadro dell'autonomia sarebbe quindi stato la provincia di Bolzano. Gli italiani, da parte loro, ribattevano che se i sudtirolesi ritenevano indispensabile, per l'equilibrio tra i diversi gruppi lìnguistici e culturali della pròvincia di Bolzano, mantenere per loro una posizione maggioritaria e quindi evitare l'allargamento della zona autonoma, il testo dell'Accordo non prevedeva nessuna garanzia in proposito. Essi sottolineavano che nel testo inglese, così come nel testo francese si parlava, nell'articolo 2 «di un potere regionale autonomo in campo legislativo ed esecutivo». Dicendo «regionale» si alludeva quindi alla regione tridentina (Trentino e Alto Adige) e non alla provincia di Bolzano, citata nel primo articolo. Ma la controversia giuridica poteva, attraverso le imprecisioni del testo e le diverse traduzioni ed interpretazioni, assumere delle proporzioni gigantesche. L'importante è sapere che esiste. 2.4. La dimensione politica e la volontà di De Gasperi E' interessante analizzare la dimensione politica della questione della delimitazione della zona autonoma. Anche ammettendo che nel testo non venisse offerta alcuna garanzia (a parte la consultazione degli elementi locali) contro l'ampliamento di questa zona, De Gasperi avrebbe forse potuto agire diversamente? Davanti alle reticenze dei sudtirolesi e degli austriaci che non avevano assunto «una posizione decisamente negativa di fronte a questa soluzione» per non sembrare «opporre alla buona volontà italiana un atteggiamento 114 negativo» (34), davanti a tutte le loro riserve non sarebbe stato più saggio abbandonare l'idea di De Gasperi di riunire le due province e concedere all'Alto Adige un'autonomia completamente distinta da quella di Trento? E' certo che, anche se De Gasperi era convinto che la creazione della regione Trentine-Alto Adige sarebbe stata un bene dal punto di vista economico, politicamente la sua scelta era molto discutibile. Non si teneva conto, ancora una volta, delle aspirazioni dei sudtirolesi. Questa soluzione faceva sì che si insinuassero in loro dei sospetti sulla lealtà degli italiani e che le future possibilità di successo dell'applicazione dell'Accordo diminuissero fin dall'inizio. Per giustificare De Gasperi, da parte italiana (35) venivano sostenuti diversi argomenti. Oltre ali'unione geografica ed economica e al desiderio comune di autonomia, la posizione del leader democristiano sarebbe stata dettata da altre considerazioni. Innanzitutto «la possibilità di esercitare una maggiore pressione sul Parlamento nella fase legislativa e sul governo nella fase esecutiva dell'autonomia, poi una maggiore facilità di fare accettare all'opinione pubblica italiana l 'innovazione costituzionale». Ma queste due ragioni sono ben lungi dall'essere convincenti. Per quanto riguarda la prima, come si è visto (36), De Gasperi era al corrente delle divergenze tra gli Italiani dell'Alto Adige, i sudtirolesi e i trentini nei confronti dell'autonomia. Questi ultimi, come si ricorda (37), avevano anche proposto, nel dicembre del 1945, un progetto d'autonomia che li favoriva nettamente rispetto ai sudtirolesi. La seconda ragione era inesistente perché, circa quattro 1nesi prima dell'Accordo De Gasperi-Gruber, il 15 maggio 1946, veniva approvato con un decreto regio lo «Statuto della regione siciliana» col quale la Sicilia riceveva ampi poteri autonomi. L'eventuale concessione dell'autonomia alla provincia di Bolzano, trasformata in regione, non avrebbe dunque costituito una «innovazione costituzionale» (o 34. Otto Von Guggemberg in «Dolomiten», 9 gennaio 1958. 35.Castelli, op. cit. p.48. 36. Vd. sopra pp. 112-113. 37. Vd. sopra p. 49. 115 piuttosto una innovazione giuridica poiché, nel settembre 1946, non esisteva ancora una Costituzione della Repubblica italiana). Ciò che è certo è che la volontà di De Gasperi si scontrava ormai con la diffidenza dei sudtirolesi. A nostro avviso, con la riunione delle due province, De Gasperi voleva controbilanciare il separatismo sudtirolese con l'autonomismo lealista dei trentini. Ma tale soluzione, se mirava forse a stabilire un equilibrio tra le due etnie, non avrebbe potuto raggiungerlo poiché la sproporzione numerica era troppo grande. Inoltre, questa soluzione aveva il difetto di ricollegarsi indirettamente al passato recente della provmc1a. Una autonomia particolare per la provincia di Bolzano, anche se non era obbligatoriamente scritta e garantita nell'Accordo, sarebbe stata auspicabile per instaurare un clima di fiducia tra i sudtirolesi e la nuova democrazia italiana. Essa era inoltre possibile perché, anche se la tradizione federalista tedesca era particolarmente viva presso i sudtirolesi (38), lo Stato unitario italiano era in grado di arginare e controllare questa tendenza proprio attraverso i diritti che gli dava l'articolo 2 dell'Accordo (39). Tale era dunque la prima divergenza che veniva alla luce, poco dopo la firma del testo il 5 settembre; e nonostante la soddisfazione iniziale, purtroppo non era la sola. 38. Per esempio nello Statuto regionale del Tirolo austriaco del 1953 si trovano i seguenti articoli: «l) Il Tirolo è una regione autonoma della Repubblica democratica austriaca. 2) In quanto regione autonoma il Tirolo esercita tutti i diritti di sovranità che non sono espressamente delegati alla Confederazione». In questo caso esiste innanzitutto una regione autonoma che delega alcuni poteri allo Stato confederato. Lo Stato italiano ha, al contrario, una struttura unitaria anche se con l'articolo 5 della Costituzione del 27 dicembre 1947: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e favorisce le autonomie locali». 39. Nella traduzione italiana dell'articolo 2 si trova che il potere legislativo ed esecutivo autonomo «sarà concesso» questa espressione è l'esatta traduzione dell'inglese «will be grantcd». Quindi è lo Stato italianoo che accorda lo statuto di autonomia «consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca» e non la provincia o la regione autonoma che conferisce dei poteri allo Stato. 116 --------- 2.5. L'Austria di fronte all'Accordo Poco prima che l'Accordo venisse inserito nel Trattato di pace con l'Italia si presentava un altro problema legato all'accettazione del medesimo da parte dell'opinione pubblica e della classe politica austriaca. Le dichiarazioni di De Gasperi riguardanti la riunione delle due province, modificavano il giudizio favorevole di cui aveva beneficiato l'Accordo presso l 'opinione pubblica austriaca. Si contestava che Gruber non aveva sufficientemente insistito sul plebiscito e che il campo d'applicazione territoriale deli'autonomia non era stato delimitato. A Vienna l'Accordo veniva considerato come un imbroglio (40). Gruber, che era considerato responsabile di questa situazione, veniva accolto molto freddamente il 27 settembre a Innsbruck dove un gruppo di individui lo attaccava per la strada. Circolavano voci di eventuali dimissioni del ministro di fronte a un voto di sfiducia della commissione degli Affari Esteri del Nationalrat che doveva riunirsi di lì a poco. Si diceva pure che il cancelliere Figi, stanco di un collaboratore così poco sicuro come Gruber prevedesse di sostituirlo con un altro populista, Ludwig, presidente della commissione degli Affari Esteri. La situazione di Gruber era dunque tra le più delicate e lo era quanto più l'Accordo sembrava contenere i termini di un contratto molto chiaro: l'Austria rinunciava alle sue rivendicazioni sull'Alto Adige e riconosceva la sovranità dell'Italia su questa regione in cambio della garanzia da parte italiana di concedere un regitne di protezione della minoranza di lingua tedesca. Ormai qualsiasi intervento austriaco poteva trovare spazio solo nell'ambito dell'Accordo di Parigi. Questo contratto e la restrizione che ne derivava avevano ricevuto l'approvazione e la firma di Gru ber. De Gasperi era il grande vincitore perché, non solo era riuscito a lasciare aperta la questione della delimitazione della regione autonoma, ma anche perché era riuscito a far firmare a Gruber l'accordo con cui l'Austria rinunciava implicitamente al Sud Tirolo. De Gasperi con abili trattative era riuscito a sostituire ad una 40. Vienna, 28 settembre 1946, Padovani. 117 decisione unilaterale degli Alleati un 'accettazione austriaca scritta. Faceva così lo sgambetto agli avversari (austriaci o sudtirolesi) che non avrebbero più potuto, in seguito, dire che i quattro Grandi avevano posto loro un «diktat». Il l 2 ottobre 1946 Gru ber si presentava davanti alla commissione degli Affari Esteri del Consiglio nazionale austriaco che, approvando l'Accordo del 5 settembre aggiungeva che l'«atteggiamento dell'Austria non significa affatto una rinuncia ai diritti inalienabili del nostro Stato sul Tirolo meridionale. La commissione esprime la speranza che, in futuro, alcuni cambiamenti nella situazione internazionale diano ai sudtirolesi la possibilità di determinare essi stessi la propria appartenenza ad uno Stato (41)». Gruber era riuscito, dunque, a difendersi e ad evitare il voto di sfiducia previsto. Dopo questa dichiarazione Gruber si sentì in obbligo di rassicurare gli italiani che, al contrario della commissione, consideravano chiusa la controversia territoriale. Egli fece sapere a De Gasperi che tale risoluzione era dovuta alle preoccupazioni elettorali dei partiti populista e socialista, ma che il governo austriaco intendeva restare fedele allo spirito di conciliazione raggiunto nel momento della firma degli accordi. Tuttavia domandava anche che gli si evitasse, per un certo periodo, l'imbarazzo di riconoscere, davanti ali'opinione pubblica austriaca un impegno preso a discrezione del governo italiano. Le difficoltà di Gru ber, e la dichiarazione del l 2 ottobre, sono i sintomi di un problema più profondo che influenzerà sempre la questione del Sud Tirolo: una parte dell'opinione pubblica e della classe politica, sia austriaca che sudtirolese, non accetterà mai la cessione definitiva del Sud Tirolo aell' Italia. L'applicazione degli accordi, già resa difficile in partenza dai progetti di De Gasperi, troverà un altro ostacolo nella volontà austriaca e sudtirolese di rimettere in causa tutto alla prima occasione favorevole. 41. Dal «Tirolcr tageszeitung» del 3 ottobre 1946 Lratto da Toscano, op. cit. pg. 412. 118 2.6. L'inserimento dell'Accordo nel Trattato di pace Rimaneva solo da inserire il testo dell'Accordo nel Trattato di pace per renderne possibile l'applicazione. L'inserimento non era indispensabile perché l'Accordo era soggetto alle regole del diritto internazionale, ma Gruber l'aveva chiesto il giorno stesso della firma dell'Accordo affinché acquistasse forza, autorità e anche nella speranza di ottenere una garanzia internazionale. Egli domandava quindi l 'incorporazione del testo come modifica o in sostituzione dell'articolo 10 del Trattato di pace con l'Italia. De Gasperi non si era associato alla richiesta di Gruber, egli proponeva piuttosto la semplice comunicazione del testo alla Conferenza. La richiesta di Gruber doveva passare alla commissione politica e territoriale per l'Italia affinché questa presentasse le proprie raccomandazioni alla Conferenza plenaria. Questa commissione comprendeva i 20 paesi firmatari del Trattato di pace con l'Italia. Il 16 settembre 1946 (42) la commissione riceveva una «Proposta congiunta delle delegazioni del Belgio e dei Paesi Bassi relativa all'inserimento di un articolo lO a) e di un allegato riguardante un fatto verificatosi dopo il 20 agosto». L'articolo 10 a) era così concepito: «Le Potenze alleate e associate hanno preso nota delle disposizioni (il cui testo è allegato al presente trattato) su cui il governo austriaco e italiano si sono messi d'accordo il 5 settembre 1946 e che danno alcune garanzie agli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e dei comuni limitrofi bilingui della provincia di Trento». La redazione di questo articolo era il risultato di un compromesso tra l'Austria e l'Italia. I delegati belgi e olandesi avevano svolto un ruolo di mediazione poiché l 'Italia non voleva alcuna garanzia internazionale formale per l'applicazione dell'Accordo De Gasperi-Gruber. Alcuni giorni dopo (43), la commissione politica e territoriale per l 'Italia approvava il testo proposto dalle delegazioni belga e olandese con 13 voti a favore, 6 contrari (Bielorussia, URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Ucraina e Iugoslavia) e un'astensione (Etiopia). 42. Archivi del Ministero degli Affari Esteri francese, stessa data. 43. Parigi, 24 scucmbre 1946, Coulet al generale Bélhouart 119 L'URSS per dare fondamento alla propria opposizione ricordava, davanti alla commissione, che il Consiglio dei ministri degli Mfari Esteri aveva previsto solo un accordo bipartitico per regolare il passaggio di merci e prodotti tra il Tirolo settentrionale ed il Tirolo orientale, ed aggiungeva che l'accordo austro-italiano non aveva niente a che fare col Trattato di pace la cui funzione era di regolare i rapporti tra i belligeranti. Alla Conferenza doveva perciò risultare indifferente conoscere le conclusioni raggiunte da due stati che appartenevano allo stesso campo nemico. Ma la delegazione sovietica criticò soprattutto il contenuto stesso dell'Accordo come aveva fatto la «Pravda» il 13 settembre. L'Accordo era vago e non definiva con precisione il territorio di applicazione. L'inserimento nel Trattato di pace era perciò nocivo perché induceva a ritenere che l'Accordo costituisse la soluzione del problema sudtirolese. Va notato anche che i sovietici cercarono di bloccare l'applicazione dell'accordo De Gasperi-Gruber a Vienna (44). Chiaramente questo Accordo li infastidiva, essi temevano forse una specie d'unione doganale tra l 'italia e l'Austria. Questa opposizione sistematica era anche una manovra; criticando fin dali'inizio l'Accordo De Gasperi-Gruber, i Sovietici tendevano a rimettere in questione i risultati di Gru ber e a discreditare così il governo Figl. Essi manifestarono di nuovo la loro opposizione quando il rapporto della commissione fu sottoposto alla Conferenza che si riunì in seduta plenaria il 9 ottobre 1946. Il rapporto venne approvato dalla maggioranza dei 2/3 della Conferenza con 14 voti favorevoli, 6 contrari e un'astensione. La Conferenza si sciolse il 25 ottobre prima che venissero risolte tutte le questioni. I quattro Grandi tennero in seguito una riunione a New York, per fissare un termine per la redazione dei trattati, dal 4 novembre al 21 dicembre. I ministri degli Affari Esteri ripresero in mano la proposta della Conferenza a proposito del Sud Tirolo e 44. Il 27 settembre 1946, il rappresentante sovietico al Consiglio alleato per l'Austria affermava che il governo austriaco aveva violato l'accordo di controllo quadripartito instaurato il 4 luglio 1945, concludendo un accordo internazionale senza il permesso del medesimo Consiglio. Questo tentativo dei sovietici non riuscì perché i francesi e gli anglosassoni vi si opposero (V. Parigi, 30 settembre 1946, il commissario generale per gli Affari tedeschi e austriaci a Bidault). 120 nonostante la resistenza sovietica, l'approvarono apportando qualche modifica ed abbreviandola. L'articolo lO era così formulato in ingkse: «l. Italy shall enter into or confrrm arrangements with Austria to guarantee free movement of passangers and freight traffic between the North and East Tyrol. 2. The Allied and Associated Powers have taken note of the provisions (the text of which is contained in Annex IV) agreed upon by Austrian and Italian Governments on September 5, 1946». L'Accordo De Gasperi-Gruber diventava così l'Allegato IV al Trattato di pace che venne firmato a Parigi il l O febbraio 1947. Il Parlamento italiano lo approvò il 31 luglio 1947 con 262 voti contro 68 (45). L'inserimento dell'Accordo nel Trattato di pace poteva dar luogo a una nuova polemica a causa della formulazione del paragrafo 2 dell'articolo 10. Da parte italiana si poteva affermare che il Trattato non offriva alcuna garanzia internazionale per la debolezza della espressione «have taken note» (hanno preso nota) ben diversa per esempio dali'espressione «Si fanno garanti>, n1entrc gli austriaci potevano far presente, per sostenere la loro tesi, che l 'articolo 85 del Trattato di pace attribuiva agli allegati lo stesso valore giuridico del Trattato stesso (46). Gli Alleati ed Associati avevano solo «preso nota» dell'Accordo. Ciò rendeva difficile un qualsiasi intervento esterno. Il consolidamento dei blocchi, dovuto alla guerra fredda, lo resero ancora più improbabile. Era comunque difficilmente concepibile che l 'Italia non reagisse ad una eventuale ingerenza degli Alleati nei suoi affari interni. Dal punto di vista del diritto internazionale l 'inserimento dell'Accordo nel Trattato dava comunque all'Austria la possibilità di intervenire per fare rispettare il proprio punto di vista sulle disposizioni da prendere al punto 3 deli'Accordo. In caso di divergenza con l 'Italia, l'Austria avrebbe avuto la 45. L'Accordo di Parigi, non contenendo alcun obbligo per l'Austria, non fu sottoposto al voto del Consiglio nazionale austriaco. 46. Articolo 85: «The provisions of the Annexes VIII, X, XIV, XVI and XVIII shall, as in the case of lhc other Annexes have force and effect as integrai parts of the presem Treaty». 121 possibilità di fare ricorso davanti alla Corte internazionale di giustizia (controversia giuridica) oppure ad una istanza internazionale come il Consiglio di sicurezza o l'Assemblea delle Nazioni Unite (in caso di controversia politica) (47). 3. Dalla firma del Trattato di pace (10 febbraio 1947) alla entrata in vigore dello Statuto d'autonomia (2 febbraio 1948) Uno sguardo sugli avvenimenti di quell'anno (febb. '47- febb. '48) rimane generico perché .rapplicazione dali'Accordo del 5 settembre 1946 si protrae fino ai giorni nostri. E' comunque importante per avere un'idea delle tensioni esistenti nella regione. I due problemi più urgenti da risolvere, erano la questione delle opzioni e l'autonomia. 3.1. La questione delle opzioni Il primo problema da risolvere era la questione delle opzioni. Bisognava decidere della sorte di circa 185.000 persone di cui 77.000 circa (senza contare quelli che erano rientrati clandestinamente) si trovavano all'estero. Si trattava di un problema urgente per diverse ragioni: i sudtirolesi non avevano potuto essere rappresentati all'Assemblea costituente eletta il 2 giugno 1946. Essi continuavano a lamentarsi dell'amministrazione italiana ma, possedendo molti di loro la nazionalità tedesca, mancavano di quadri disponibili. Inoltre, se l'elaborazione dell'autonomia era urgente, si poneva la questione di sapere ch1 nella 47. Nel diritto internazionale le controversie giuridiche si trovano all'opposto di quelle politiche. Le prime avvengono quando gli Stati litigano sulla base del diritto e su delle questioni di diritti soggettivi, mentre nelle seconde litigano, senza tenere conto del diritto, su delle questioni di semplici interessi. La distinzione tra controversie giuridiche e politiche non deriva quindi dall'argomento a cui si riferisce la controversia, perché ogni argomento può essere trattato sia con un criterio giuridico che con un criterio politico. E' lo Stato che intende sollevare una questione che deve scegliere una delle due linee direttrici nelle sue rivendicazioni. 122 provincia ne avrebbe potuto beneficiare essendo il problema delle opzioni irrisolto. Coloro che avevano optato per il III Reich rappresentavano un problema per entrambi i paesi in questione. Per l'Austria che aveva a che fare con le tendenze separatiste e a volte neo-naziste di Innsbruck (48), si trattava di una popolazione che, a medio termine poteva costituire un pericolo. Essa avrebbe potuto esser tanto più pericolosa che l'Austria del dopo guerra era molto più povera dell'Italia e non sapeva che fare di queste persone immigrate dal '39 in poi (49). L'Italia, da parte sua, voleva risolvere il problema perché il rientro di coloro che avevano optato per il Reich, il passaggio di profughi di ogni genere e la presenza di ex-nazisti nascosti creava una popolazione instabile e difficilmente controllabile. A questo proposito le autorità francesi in Austria, favorendo il rientro dei clandestini, contribuirono ad acuire i problemi della provincia. Gli italiani domandarono per ben due volte al governo francese, nel settembre e nell'ottobre 1946 (50) dei controlli più severi in materia. Il generale Béthouart (51), interpellato in proposito (non era la prima volta) accusava a sua volta le autorità americane in Germania di favorire il ritorno dei sudtirolesi (questo era teoricamente possibile) ma una tale difesa appariva irrisoria di fronte a una lettera che gli era stata indirizzata 1'8 ottobre 1946 da Bidault: «Nella relazione che vi ha mandato l'amministratore generale il 19 settembre scorso, trovo al capitolo Sicurezza (Ufficio per controlli e indagini) il seguente paragrafo: "E' cosa nota, in Tirolo, che il passaggio della frontiera austro-italiana è una vera e propria passeggiata soprattutto in questa stagione estiva. Questo evidente stato di cose è confermato 48. Vienna, 29 ottobre 1946, de Monicault a Chauvel e «Neue Zurcher Zeitung» del 13 dicembre 1946 (Chauvel, nato nel 1897, è stato delegato alla Conferenza per il Trattato di pace con l'Italia dal luglio ali'ottobre 1946). Il diplomatico francese ed il giornale svizzero parlavano di queste tendenze. 49. Erano circa 20.000 nella zona d'occupazione francese (V. 24 maggio 1947, de Monicault a Bidault). 50. Roma, 20 settembre 1946, Balay a Bidault e Parigi, 17 ottobre 1946, l'Ambasciata d'Italia al Ministero degli Affari Esteri. 51. Parigi, 30 ottobre 1946. 123 anche dalle intercettazioni che vi giungono quotidianamente e che dimostrano che vari individui si danno appuntamento per superare la frontiera con una facilità sconcertante"...». Il generale Béthouart seguiva così la sua politica personale. Non si rendeva conto che il passaggio clandestino, di coloro che avevano optato, dal Tirolo settentrionale al Tirolo meridionale non risolveva assolutamente il problema (coloro che avevano optato si trovavano in una situazione irregolare senza lavoro, senza alloggio, ecc...). Agendo in tal modo non poteva che contribuire a rendere più tese le relazioni franco-italiane e più confusa la situazione. Una soluzione al problema delle opzioni avrebbe contribuito forse a distendere il clima nella provincia di Bolzano e soprattutto a riequilibrare il rapporto tra popolazioni germaniche e italiane. In effetti i sud tirolesi continuavano a lamentarsi (52) dell'immigrazione di italiani nella loro regione. Questo flusso migratorio era costituito da italiani provenienti dalle regioni meridionali della penisola e da elementi costretti ad abbandonare la Venezia Giulia. I sudtirolesi avevano altri motivi di risentimento contro le autorità italiane, essi le accusavano di essere restie nel nominare dei sudtirolesi sindaci dei comuni di lingua tedesca, di favorire economicamente gli italiani o di non rendere al Sud Tirolo i 10 comuni della Bassa Atesina, ma la prima lamentela riguardava proprio l'«italianizzazione». Il ritorno dalla Germania o dall'Austria di coloro che avevano cambiato cittadinanza poteva solo placare la paura dei sudtirolesi di venire sommersi da un nuovo flusso di italiani. Il problema necessitava, dunque, di una soluzione urgente e l'Italia si impegnava a risolverlo entro il termine di un anno (consultando il governo di Vienna). Con questa scadenza da rispettare, il governo italiano aveva sottoposto, fin dalla fine del mese di agosto 1946 (53), alla Svp un progetto riguardante le opzioni, che era stato accettato da quest'ultima prima del 5 settembre. In base all'articolo 3 dell'Accordo De Gasperi-Gruber, il governo di Vienna aveva voluto essere consultato e 52. 24 maggio 1947, de Monicault a Bidault 53. l luglio 1947, de Monicault a Bidault. 124 Roma aveva immediatamente soddisfatto questo desiderio (54). Ma passarono più di quattro mesi prima che Vienna acconsentisse ad accettare il progetto dell'agosto 1946 come base per le discussioni (55). Queste ultime furono rese lunghe e difficili dal governo di Vienna. Il progetto italiano dell'agosto 1946 prevedeva la suddivisione di coloro che avevano optato per la cittadinanza tedesca in tre categorie: l - coloro che avevano conservato la nazionalità italiana. Tra coloro che avevano la nazionalità tedesca: 2 - quelli che erano restati. 3 - quelli che erano emigrati. Il rappresentante politico italiano a Vienna, Coppini, (56) stimava gli effettivi di queste tre categorie rispettivamente a: 70.000 per i sedentari di nazionalità italiana, 20.000 per i sedentari di nazionalità tedesca, 70.000 per gli emigrati veri e propri più 10.000 casi dubbi. ll principio fondamentale adottato dal governo italiano era che coloro che avevano optato per la nazionalità germanica dovevano essere dispensati dal soggiorno probatorio di due anni in Italia imposto alle persone che desiderano riprendere la nazionalità italiana (secondo l'articolo 9 della legge 1912), ma non erano tuttavia esentati dal presentare una domanda formale di reintegrazione (o una dichiarazione di abbandono della loro richiesta di opzione per coloro che avevano conservato la nazionalità italiana). Il governo italiano aveva intenzione di accettare tutte le domande di reintegrazione dopo una verifica delle qualità degli interessativoleva solo impedire il ritorno di ex-nazisti che avevano occupato funzioni importanti o alte cariche nella gerarchia del partito. In più siccome la legislazione italiana prevedeva sanzioni solo contro i fascisti e non contro i collaborazionisti, una disposizione dell'accordo avrebbe permesso alle autorità italiane di infliggere eventualmente alcune pene agli «optanti» che non avevano ottenuto la nazionalità tedesca e che avevano commesso dei crimini. Questi provvedimenti, secondo Coppini, 54. Il governo italiano avrebbe potuto rifiutare la richiesta austriaca dato che il progetto accettato dalla Svp era anteriore ali'Accordo di Parigi. 55. l luglio 1947, de Monicault a Bidault. 56. Le relazioni diplomatiche non erano ancora definite tra di due paesi. Per quanto riguarda le cifre vedi l luglio 1947, de Monicault a Bidault. 125 avrebbero riguardato solo alcune decine di individui. Ora, il governo di Vienna, cercò dapprima di far rimpatriare tutti coloro che avevano optato per il Reich e si trovavano in territorio austriaco (57), poi chiese il rimpatrio in blocco di un primo gruppo di 10.000 persone che avevano optato. Gli italiani opposero un netto rifiuto a queste richieste. Coppini acconsentì solo alla richiesta austriaca di un riesame delle domande di reintegrazione di coloro che avevano optato ed erano rientrati clandestinamente (58) dopo la guerra. Nel luglio 1947, «malgrado le buone motivazioni su cui poggiava la posizione italiana», come faceva notare de Monicault, gli austriaci rifiutavano sempre di accettare le disposizioni che riguardavano gli ex nazisti che avevano optato per la Germania. L'Austria avrebbe mantenuto questa posizione per un anno. Riusciva tuttavia a fare accettarre, per quanto riguardava la categoria di quelli che avevano nazionalità tedesca ed erano restati, la tesi secondo cui l'emigrazione era la condizione essenziale per la perdita della nazionalità italiana. Una sentenza della Corte d'Appello di Trento ammetteva che coloro che non avevano lasciato l'Italia erano rimasti italiani. Ma nell'ottobre 1947 (59) si era ancora lontani da un accordo globale. n governo italiano esprimeva la volontà di riservarsi il diritto di rifiutare la reintegrazione non solo dei criminali di guerra, ma anche di persone che, durante la guerra e l'occupazione nazista avevano occupato posti politici o amministrativi importanti nelle prefetture o sotto-prefetture, negli uffici, con le funzioni di giudici, procuratori, ufficiali della Wehrmacht, ex SS, ecc... Si volevano in tal modo escludere tutti coloro che avevano mostrato fanatiche tendenze nazional socialiste o avevano fatto discorsi rivelatori di sentimenti pro-hitleriani. Da parte austriaca non si voleva l'esclusione in blocco di tutti coloro che avevano svolto determinai impieghi, considerando ciò contrario allo spirito del processo di Norimberga. Si reclamava un esame singolo di ogni caso particolare. Si rimproverava al governo 57. Circa 43.000 secondo de Monicault (22 ottobre 1947). 58. 10.500 secondo de MonicaulL (22 ottobre 1947). 59. 22 ouobre 1947, de MonicauJt. 126 italiano di fare sistematicamente di tutto per scartare gli intellettuali sudtirolesi che, per sfuggire ali'emigrazione, erano riusciti a restare negli uffici e lì si erano adoperati per nuocere agli interessi del Reich (?!) (60). Si arrivava finalmente ad un compromesso studiato dal 10 al 21 novembre 1947 a Roma da una commissione mista austro-italiana e il 22 novembre veniva firmato un accordo. Era stata trovata una formula di compromesso sul punto più spinoso. Nell'accordo all'articolo 5 si trovava tutta una lista di funzioni che comportavano l'esclusione dalla reintegrazione nella nazionalità italiana, ma al paragrafo 2 dello stesso articolo si leggeva: «Tuttavia alle persone indicate in questo articolo non è inibito il riacquisto della cittadinanza italiana se dimostrino di aver esercitato l'incarico senza faziosità e odiosità antitaliana». Ogni caso sarebbe stato esaminato singolarmente da una commissione mista (due membri di lingua tedesca e due di lingua italiana) nominata dal prefetto di Bolzano e presieduta da un giudice nominato dal ministro della Giustizia. Si sarebbe seguita una procedura giuridica ricorrendo a testimoni ed avvocati, con la possibilità, dopo la decisione finale del ministro degli Interni, di fare appello al Consiglio di Stato. Colui che, avendo optato per la Germania, faceva domanda di reintegrazione e che rientrava in una delle categorie enumerate nell'articolo 5 doveva dimostrare di non aver avuto delle convinzioni nazional-socialiste. Tuttavia si potevano facilmente trovare delle lacune in questo accordo. La principale era evidente: la questione dei beni di coloro che avevano optato e che erano stati lasciati o venduti in Italia prima o durante la guerra non era contemplata nel testo. Naturalmente gli optanti volevano, al loro ritorno, recuperare il lavoro e i propri beni. Da questa mancanza sarebbero derivati conflitti interm i nabili. La seconda lacuna, facilmente verificabile, era che nel testo la formula riguardante l'eventuale rimpatrio di coloro che avevano optato e che avevano la residenza ali'estero era quanto meno ambigua. Nei primi due articoli dell'accordo si considerano solo coloro che, avendo optato per la nazionalità tedesca, non l 'hanno ottenuta (art. l) e coloro che, avendo optato, hanno acquistato questa nazionalità, ma «non hanno fissato il loro domicilio all'estero>> (art. 2). Nell'articolo 60. 22 ottobre 1947, de Monicault. 127 11 invece, si parla delle persone che «hanno acquistato la cittadinanza gern1anica e, prima o dopo si sono stabilite all'estero». Queste persone potranno domandare la riacquisizione della cittadinanza italiana «ancorché successivamente si siano di nuovo stabilite in Italia». Questo articolo mira dunque a risolvere solo la situazione di coloro che, avendo optato, sono rientrati in Italia clandestinamente prima o dopo la guerra. Nessun provvedimento diretto per la riacquisizione della nazionalità è previsto per coloro che, essendo emigrati e avendo stabilito la loro resistenza all'estero, vorrebbero ritornare in Italia. Resta loro l'articolo 15 che tuttavia si ricollega all'articolo 11: «Agli effetti dell'applicazione dell'art. 11 la residenza non si intende stabilita all'estero da coloro che vi si sono recati temporaneamente per ragioni di studio, di affari o di al tre analoghe, ovvero per chiamata alle armi o al servizio obbligatorio del lavoro. Si considerano invece stabiliti all'estero coloro che vi hanno trasferito la residenza anche solo fittiziamente al fine di conseguire particolari effetti giuridici e coloro che vi hanno avuto un rapporto di impiego di carattere pubblico>>. Si trattava di un articolo destinato a coloro che erano tornati clandestinamente (dal momento che si riferisce all'art. 11) ma valeva anche per coloro che si trovavano in Austria, in Germania o altrove? E in tal caso bisognava dimostrare che si era partiti per ragioni economiche od altre, distinguendo bene tra un lavoro qualunque e l'amministrazione (del Reich?) tra ragioni svariate e ragioni politiche? In ogni caso questa ambiguità poteva permettere agli italiani di sostenere che nell'accordo del 22 novembre «non si trova neanche una parola che faccia allusione solo indirettamente, al rimpatrio degli emigrati, e ancor meno a un obbligo da parte dell'Italia di dar loro un risarcimento materiale» (61). Ecco due problemi che avrebbero avvelenato le relazioni austro-italiane fino agli anni '50. Come dopo l'Accordo di Parigi la Storia dell'Alto Adige sembrava ripetersi: una base importante per la soluzione pacifica di un problema sembrava posta ed ecco che proprio da questa sorgevano nuovi motivi di polemiche e di dispute interminabili. Si faceva un passo avanti ma subito dopo si aveva l'impressione 61. ISPI, La questione dell'Alto Adige, Idos, Milano 1957, p. 66. 128 di fame due indietro, lasciandosi alle spalle accordi di compromesso troppo fragili. Questo accordo, comunque, diventava, il 2 febbrario 1948, il decreto legge sulla revisione delle opzioni del 1939. 3.2. L'autonomia L'altro problema al centro dei dibattiti e delle trattative nel cor5o dell'anno, fu l'autonomia. Nel maggio 1947 De Gasperi affidava ad una commissione di sette persone sotto la presidenza di Bonomi (62) (ex presidente del Consiglio) l'incarico di elaborare un progetto di statuto d'autonomia. Il 19 aprile 1947 i rappresentanti della SUdtiroler Volkspartei erano invitati a Roma per discutere l'autonomia. I sud tirolesi si opposero alla pretesa italiana di accordare l'autonomia al Sud Tirolo nell'ambito di una regione che inglobasse anche la provincia di Trento. Essi domandavano che si conferisse distintamente al Sud Tirolo e al Trentino il carattere di regione con un governo proprio e un'assemblea legislativa propria. Il governo di Vienna manteneva un atteggiamento di riserva seguendo attentamente lo sviluppo della situazione. Tuttavia, nonostante le proteste dei sudtirolesi, l'unione delle due province fu decisa. In effetti il 27 giugno 1947 l'Assemblea costituente italiana approvò l'articolo 116 della Costituzione italiana che specificava quanto segue: «Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino Alto Adige, al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono concesse, in ragione della loro posizione geografica, del loro particolarismo storico e nazionale, delle condizioni particolari d'autonomia secondo gli Statuti speciali adottati dalle leggi costituzionali» (63). Era chiaro ed evidente che il Trentino ed il Sud Tirolo costituivano una regione unica: il Trentino-Alto Adige. Ai sudtirolesi restava solo un margine d'azione ristretto, essi dovevano negoziare le competenze della loro provincia davanti alla Regione e allo Stato. Tutto ciò poteva sembrare ancor più difficile dopo il discorso di 62. Carandini e Einaudi (fuLUro presidente della Repubblica italiana) ne facevano pane. 63. Duverger, Constilutions e documents politiques, PUF 1978. 129 De Gasperi del 21luglio 1947 (64) a Trento. In un primo momento De Gasperi sembrava voler rassicurare i sudtirolesi: «Gli abitanti della regione possono stare tranquilli, manterremo la nostra parola... non torneremo sui nostri passi, non daremo l 'impressione di voler italianizzare i tedeschi (sic), lasceremo loro la libertà, rispetteremo i loro costumi e le loro scuole...» ma aggiungeva: «domandiamo ai nostri fratelli tedeschi la stessa lealtà. E' stata introdotta nel dialetto tirolese, al di là del Brennero, una parola molto sospetta... i tedeschi... reclamano un'autonomia "progressiva", cioè una soluzione progressiva... si vuoi dire con ciò: prima l'autonomia e poi una soluzione integrale e l'annessione o l'unione con l'Austria? Io non ne so niente ma bisogna intendersi sul senso dell'aggettivo "progressivo" dobbiamo avere la certezza che non faranno un doppio gioco e sopprimeremo la parola "progressivo" che è ormai sospetta e che ha finito col diffondersi». De Gasperi aveva centrato il cuore del problema. Aveva visto chiaramente che per i tirolesi l'accordo del 5 settembre 1946 era solo una soluzione provvisoria, che la questione restava aperta e che, se per il momento gli austriaci, data la loro situazione interna (occupazione e suddivisione in quattro zone, controllo dei Sovietici su una parte dell'economia, rivendicazione iugoslava di una parte della Carinzia, ecc...), non potevano e non volevano intervenire sulla scena internazionale, né aver l'aria di andare oltre l'Accordo di Parigi, i sudtirolesi, al contrario, non erano per niente rassegnati. Il presidente del consiglio italiano si rendeva perfettamente conto che se i sudtirolesi avessero potuto disporre ali 'interno della loro provincia di ampi poteri, la loro tendenza separatista avrebbe avuto il sopravvento e avrebbero cercato a media o a lunga scadenza, nella prospettiva di un'autonomia «progressiva», di rendersi indipendenti e di ricongiungere la loro provincia ali'Austria. De Gasperi si opponeva naturalmente a tutto ciò, il suo discorso era un severo ammonimento che lasciava semplicemente prevedere tutte le difficoltà che sarebbero sorte riguardo alla «Consultazione» prevista dall'articolo 2 dell'Accordo De Gasperi-Gruber. Un equilibrio ed un'equa ripartizione dei poteri e delle preroga64. Venezia, 30 luglio 1947, Hubert Elie. 130 tive erano auspicabili, ma erano altresì impossibili per l'assenza di fiducia reciproca tra le due parti. I sudtirolesi accusavano gli italiani di volerli «italianizzare» e questi ultimi accusavano i tirolesi di voler effettuare una politica separatista. Questa sfiducia affiorava nei discorsi tenuti dal presidente Renner all'inizio del mese di ottobre (65) a Innsbruck. Contrariamente allo spirito pacifico mostrato dali'Austria fino a quel momento, egli dichiarava: «...l'entrata in vigore del Trattato di pace italiano ha per l'Austria e soprattutto per il Tirolo un fondo amaro... l'anno scorso non ci sono stati accordati diritti diretti sul Tirolo meridionale, ma grazie al riconoscimento da parte italiana dell'autonomia di questa regione abbiamo ottenuto alcune garanzie. Potete star certi che difenderemo queste garanzie fino ali'ultimo». Queste parole spiacevoli non vennero approvate da tutti in Austria ed in particolare da Gruber. In realtà questi discorsi venivano fatti per rassicurare i tirolesi e in particolare coloro che avevano optato e che si trovavano in territorio austriaco, ma erano anche un segno evidente della tensione esistente nella regione. Essi si rivelarono ancor più spiacevoli perché, la S Udtiroler Volkspartei manifestava da qualche tempo la sua volontà pacifista. Già nel mese di agosto 1947 (66) la Svp aveva risposto a De Gasperi proclamando la propria «fedeltà... senza possibilità di equivoco... nei confronti della Repubblica italiana». Inoltre, di fronte alla determinazione di De Gasperi, sembrava aver effettuato un improvviso cambiamento di rotta. In autunno aveva avviato una trattativa coi trentini per un progetto di Statuto comune alle due provincie (67). Essa sperava così di poter presentare al governo di Roma con la mediazione della Costituente delle proposte il più possibile concordanti con i trentini. Ma, come si sa, l'articolo 2 dell'Accordo di Parigi prevedeva solo una consultazione dei sudtiroleSL Non si diede perciò seguito al progetto della Stidtiroler Volkspartei, invece quello della commissione dei sette venne sotto- 65. Vienna, 11 ottobre 1947, de Monicault a Bidault. 66. Neue Zilrcher Zeitung (Svizzera), 3 e 4 ouobre 1947, in data 25 ouobre 1947 negli archivi del MAE 67. Neue Ztircher Zeitung, 3 e 4 ottobre 1947. 131 posto ai diversi partiti di Bolzano il 9 novembre 1947 (68). Il 10 novembre la Svp espresse la sua «Completa disapprovazione» nei confronti del progetto di statuto presentato dagli italiani, tuttavia non interruppe le trattative. La Svp espose le proprie lamentele: essa considerava insufficienti i diritti che la provincia di Bolzano riceveva nell'ambito della regione Trentina-Alto Adige; si lamentava che le tasse venissero votate ed utilizzate a livello regionale dove i trentini erano in maggioranza. Allo stesso modo l'agricoltura, l'insegnamento e le banche sarebbero state oggetto di una soluzione unica per le due provmce. A Vienna il cancelliere Figi e la stampa mantenevano una posizione di stretta neutralità ritenendo che il progetto dei sette offrisse prospettive interessanti e che si potesse giungere a dei compromessi sui punti di contrasto. La questione restava aperta e le trattative proseguivano. Oltre alle rivendicazioni sudtirolesi sulle prerogative della Provincia, restava sempre da risolvere il problema della sua delimitazione. La Svp non concordava sulla delimitazione territoriale contenuta nel progetto dei sette (69) che escludeva dalla provincia i comuni di lingua tedesca di Neumarkt (Egna), Salurn (Salorno) (che appartenevano ancora alla provincia di Trento) e i tre comuni ladini, tra cui Cortina d'Ampezzo, che appartenevano dal 1923 alla provincia di Belluno. Si è già visto che il n1ovimento «Zent Ladina Dolomites», il cui capo era Sisto Ghedina, aveva chiesto il ricongiungimento dei tre comuni ladini al Sud Tirolo. Ora, avendo escluso il progetto dei sette la possibilità di questo ricongiungimento, il dr. Ghedina protestò vigorosamente presso il ministero dell'Interno e diede inizio ad una campagna di agitazione contro il prefetto di Belluno (70). Questi 68. Viennna, 17 novembre 1947. Non si possiede il testo di questo progetto ma si sa che De Gasperi prevedeva una regione autonoma con a capo un presidente della regione, una giunta con potere esecutivo e un'assemblea composta dai rappresentati delle due province che disponevano del potere legislativo regionale. Questi organi era·lO previsti anche per le due province che avrebbero avuto di una certa autonomia all'interno della regione. 69. Venezia, 16 novembre 1947, Elie a Bidault. 70. l dicembre 1947, Elie a Fouques Duparc. 132 disordini scatenarono una polemica in Italia (71) e attirarono l'attenzione dell'opinione pubblica e dei poteri pubblici austriaci e britannici sulla questione. In Italia la stampa di Venezia e di Padova sfruttò questi incidenti per affermare che si trattava di un movimento separatista mascherato e per minacciare di portare Ghedina in tribunale se non metteva fine alla sua «propaganda». Questi, però, per nulla intimidito, riusciva persino ad essere consultato sul progetto dei sette (che approvava (72)) pur continuando il 16 novembre a sollecitare l 'inclusione nella provincia di Trento delle due valli ladine appartenenti alla provincia di Belluno. Quanto alla campagna condotta dalla «Zent Ladina Dolomites» il console francese a Venezia, Elie (73) si esprimeva in questo senso: «Non si può pensare che Ghedina sia stato in grado di impegnarsi da solo con tanto discernimento e in un momento così opportuno in un ruolo diplomatico così delicato. Perciò chi l'ha ispirato? Chi si nasconde dietro di lui? Senza dubbio il governo austriaco. Ma forse c'è anche il Foreign Office». L'ipotesi era secondo Elie molto probabile, i britannici avevano inviato a Bolzano un console di carriera che, secondo Elie, era in realtà «un agente segreto». Tale ipotesi non è verificabile oggi, ma la presenza a Bolzano di un console britannico era significativa: il Foreign Office si interessava di nuovo alla questione del Sud Tirolo e in particolare alla situazione dei ladini (74). La tensione nel Sud Tirolo era ali'apice. Vienna, Londra e Parigi seguivano con attenzione l'evolversi della situazione. 71. l e 16 dicembre 1947, Elie a Fouques Duparc. 72. Si noti che Ghcdina non venne consultato su ciò che gli stava a cuore, ma sul progello di autonomia, il che può sembrare assurdo. La sua approvazione del progeuo dei sette può trovare una spiegazione nella necessità di avviare un dialogo col governo di Roma. 73. Vedi l dicembre 1947, Elie a Fouques Duparc e 16 dicembre Elie a Fouques Duparc. 74. Nonostante l'appoggio britannico e austriaco, i ladini non venivano accontentati. Il 27 dicembre 1947 De Gasperi inviava al prefetto di Belluno un telegramma che lo autorizzava a render noto alla popolazione che le voci secondo cui la regione di Cortina sarebbe stata ricongiunta alla provincia di Trento, erano prive di ogni fondamento. (Vd. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc). 133 Il 17 dicembre la Svp (75) organizzava una manifestazione di protesta contro il progetto dei sette e la prefettura di Bolzano veniva occupata. Correva voce che questo progetto sarebbe stato presentato al Parlamento italiano senza venire approvato dai rappresentanti della popolazione interessata. Questa notizia era fonte di grande emozione (76). I sudtirolesi si sentivano in qualche modo abbandonati dal governo di Vienna. Dopo la pubblicazione (77), sullo «Yorkshire Post», di una notizia che annunciava che Gruber aveva chiesto al generale Marshall di intervenire per l,autonomia presso il governo italiano, il Ballhausplatz aveva pubblicato la seguente smentita: «li ministro austriaco degli Affari Esteri non ha fatto alcun passo presso il generale Marshall in favore del Sud Tirolo e non ha alcuna intenzione di agire in questo senso. Le trattative con l'Italia relative al Sud Tirolo si sono limitate esclusivamente al problema delle opzioni. Il governo austriaco non ha assolutamente intenzione di avviare altre trattative». Ma questo comunicato, male interpretato dai tirolesi, era stato così concepito solo per rassicurare il governo italiano. Non bisogna dimenticare che nel testo dell,Accordo di Parigi non era prevista alcuna trattativa o consultazione tra l'Italia e l'Austria riguardo all'autonomia. Ma, l,Austria interveniva indirettamente chiedendo l,appoggio della Francia, dell'Inghilterra e degli Stati Uniti (78). Gru ber faceva pervenire al governo francese un documento in cui erano esposte: l'opinione del governo austriaco riguardo al progetto dei sette (allegato l) e una lista delle principali rivendicazioni formulate dai sudtirolesi nei confronti del progetto (allegato 2). Nell'allegato l si chiedeva un intervento discreto del governo francese perché venisse incontro alle rivendicazioni sudtirolesi. Vi si precisava che: «Se l'Italia non accettasse queste condizioni minime, il governo austriaco si vedrebbe costretto... a denunciare l'atteggiamento di quel paese e a fare appello ad un tribunale internazionale». Queste condizioni erano: 75. Roma, 26 dicembre, Fouques Duparc a Bidault. 76. 19 dicembre 1947, de Monicault a Bidault. 77. Vienna, 26 dicembre 1947. 78. Vienna, 12 gennaio 1948, de Monicault a Bidault. 134 l. l'introduzione del nome storico di Tirolo nello Statuto e la reintegrazione nella provincia dei due comuni di Egna e Salorno; 2. delle garanzie sulla ripartizione dei crediti con un decentramento perché la provincia di Bolzano potesse gestire da sola le proprie finanze; 3. porre sotto la giurisdizione di Bolzano le seguenti materie: l'istruzione (escluso l 'insegnamento superiore), la cultura, l'agricoltura e l'economia forestale, le associazioni e le società. Inoltre il presidente della provincia non avrebbe dovuto soltanto essere a capo dell'amministrazione autonoma, ma anche avere la direzione, per la sfera amministrativa, degli affari riservati alla legislazione statale (giustizia, trasporto, difesa nazionale esclusi) sull'esempio della Valle d'Aosta; 4. la parità delle due lingue, tedesca e italiana nella vita pubblica della regione e della provincia e l'amministrazione autonoma delle scuole pubbliche di lingua tedesca nel quadro delle leggi. Ecco il programma che i sudtirolesi speravano di poter negoziare con l 'Italia. Il progetto della commissione dei sette fu sottoposto, alla fine di dicembre,' alla comn1issione costituzionale dell'Assemblea costituente. Le discussioni ali'interno di questa commissione offrivano ai sudtirolesi l'ultima occasione di farsi ascoltare. L'opinione e il governo britannico fecero pressione perché i sudtirolesi lo fossero (79). Finalmente, il l O gennaio 1948, quattro rappresentanti della Svp furono ammessi davanti alla sotto-commissione incaricata di elaborare gli statuti regionali. Essi non potevano fare più niente contro il progetto unitario d'autonomia poiché la 79. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc, il «Gazzettino» di Venezia del 24 dicembre 1947 pubblicava un telegramma della United Press in cui si annunciava che la Gran Bretagna atLribuiva grande importanza ai problemi dell'Alto Adige. Il 9 gennaio 1948 «Dolomiten» (giornale della Svp) pubblicava il testo di una lettera al «Times» di tre membri dci Comuni, Vernon Bartlctt, Bootby (conservatori) e Warbey (laburista) in favore delle rivendicazioni dei sudtirolesi. Infine il 14, «Dolomiten» pubblicava un comunicato dell'agenzia britannica Reuter che metteva in risalto che la questione era stata oggetto di conversazioni diplomatiche a Roma tra i due paesi e insisteva sul desiderio del governo britannico che «l'Accordo itala-austriaco venisse rispettato alla lettera e nello spirito». 135 Costituzione (con l'articolo 116) era entrata in vigore il 27 dicembre 1947. Il !oro intervento si limitava dunque alle richieste di modifiche parziali contenute nell'allegato 2 del memorandum austriaco. Furono appoggiati nelle loro trattative dal governo francese e soprattutto dal governo britannico. Anche se Bidault riteneva che si trattasse di un «affare interno che riguarda essenzialmente il governo e il parlamento italiano (80)», la diplomazia francese intervenne presso il governo italiano. Essa agì di concerto con il Foreign Office, che ancora più attivo, moltiplicò gli interventi discreti (81). In ogni caso le trattative giunsero a conclusione. Numerosi emendamenti furono inseriti e i sudtirolesi espressero la propria soddisfazione in una lettera che indirizzarono il 28 gennaio 1948 al presidente della sottocomnrissione Tomaso Perassi. La seguente citazione è tratta da questa lettera: «Sì che possiamo constatare con vivo compiacimento che l'Accordo De Gasperi-Gruber intervenuto a Parigi nel settembre 1946, per quanto riguarda il problema fondamentale dell'autonomia è ormai tradotto in realtà» (82). La lettera era firmata dal presidente della Stidtiroler Volkspartei Eric Amonn e dal segretario della Svp Otto Von Guggenberg nella loro qualità di dirigenti del partito. Quest'ultima precisazione è importante perché questa lettera scatenerà nuove polemiche. Gli italiani affermavano di aver rispettato la clausola dell'obbligo della consultazione inclusa nell'Accordo di Parigi e di aver avuto l'approvazione sudtirolese per lo statuto d'autonomia; da parte sudtirolese ed austriaca, al contrario, si affermava che la lettera era stata scritta solo in seguito a vive pressioni esercitate dalle autorità 80. Parigi, 9 gennaio 1948, Bidault a Fouques Duparc. 81. Londra, 20 gennaio 1948, «Si segue molto da vicino al Foreign Office la questione del Sud Tirolo. Bevin se ne è personalmente interessato... l'ambasciatore britannico a Roma si tiene costantemente al corrente di come stanno le cose...». L'interesse dei britannici nella quesione si è manifestato nel corso delle trattative come provano i documenti della diplomazia francese (vd. anche un rapporto di de Monicault del gennaio 1948, o ancora Roma, 23 gennaio 1948, Fouques Duparc e infine Londra, 29 gennaio 1948). 82. R. Cajoli La questione dell'Alto Adige, Cappelli 1958, pp. 92-93. 136 italiane (83). Ora, pur non avendo alcuna prova in un senso o nell'altro, esiste tuttavia una testimonhnza molto interessante in proposito. Essa ci proviene da un difensore dell 'irredentismo sudtirolese Mons. Geisler, vescovo-principe di Bressanone. AH'inizio del mese di gennaio (84), quando le trattative per l'autonomia erano ancora in corso, Mons. Geisler, durante un colloquio con Elie, forniva a quest'ultimo tre ottime ragioni per spiegare l'adesione della Svp ali'idea di un 'autonomia nell'ambito dello Stato italiano: l. «Né gli austriaci, né la maggior parte dei sudtirolesi vogliono per il momento la riunione della regione interessata all'Austria», e ciò a causa «dell'attuale stato di miseria dell'Austria». 2. «In questo miscuglio di ideali e di senso pratico che caratterizza i tedeschi, i tirolesi sono i primi a rendersi conto, senza volerlo confessare troppo, dei vantaggi di cui hanno beneficiato grazie ali'annessione ali 'Italia, con la quale effettuano quasi esclusivamente i loro scambi commerciali e turistici. Gli industriali e i proprietari fondiari hanno quindi esercitato una forte pressione sulla Svp perché andasse fino in fondo nelle concessioni compatibili con il mantenimento della lingua e della cultura tedesca a Sud delle Alpi». 3. «Questa soluzione appare loro desiderabile tanto più che la colonizzazione italiana, oggi più accorta e più dissimulata rispetto al periodo del fascismo, è anche più pericolosa... l'atmosfera sembra dunque favorevole ad un'accettazione da parte della maggioranza della popolazione tedesca di un progetto di autonomia conforme agli Accordi di Parigi». Un mese più tardi (85) quando le trattative sullo Statuto erano ormai chiuse e quest'ultimo era stato approvato, Mons. Geisler precisava che «il capo della nostra delegazione a Roma, Eric Amonn, è il principale industriale (86) della regione. Vale a dire che, in quanto tale, era innanzitutto favorevole alla conclusione di un accordo 83. Eric Amonn avrebbe lui stesso aucst.ato la tesi austriaca e sudtirolcse nel 1964 con delle dichiarazioni pubbliche. 84. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc. 85. Venezia, 17 febbraio 1948 Elie a Fouq ues Duparc. 86. Amonn era un importante commerciante di Bolzano e non un industriale. 137 desiderato in tutti gli ambienti d'affari...». Sembrava quindi, che se le trattative si erano concluse e se Amonn e Von Guggenberg avevano approvato lo Statuto, era proprio perché lo avevano desiderato. Il 2 febbraio 1948, lo Statuto veniva votato dall'Assemblea costituente e diventava legge costituzionale. L'autonomia prevista dallo Statuto speciale era situata a due livelli. La Regione autonoma (87) comprende le province di Bolzano e di Trento (art. l e seg.). Ciascuna delle province gode, nell'ambito della Regione, di un regime di autonomia propria. La Regione dispone di un potere legislativo, di un potere esecutivo, di un demanio e di finanze proprie. Gli organi della Regione sono il Consiglio regionale, la Giunta regionale ed il suo presidente. Il Consiglio regionale è l'organo legislativo che viene eletto a suffragio universale con il metodo della rappresentanza proporzionale che prevede un consigliere ogni 15.000 abitanti e per ogni frazione superiore ai 7.500 abitanti (art. 19 e seg.). I consiglieri, che rappresentano la Regione intera (art. 22), sebbene ogni provincia costituisca una circoscrizione elettorale particolare, rimangono in carica per un periodo di quattro anni. n Consiglio regionale risiede altemativamante nelle città di Trento e di Bolzano. Cittadini di ligua tedesca e italiana si alternano alla presidenza e alla vice-presidenza. Il Consiglio esercita il potere legislativo con una competenza non subordinata nelle seguenti materie (art. 4): l. Ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto; 2. Ordinamento degli enti pararegionali; 3. Circoscrizioni comunali; 4. Espropriazione per pubblica utilità non riguardante i lavori a carico dello Stato; 5. Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; 6. Miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere; 7. Impianto e tenuta di libri fondiari; 8. Servizio antincendi; 87. La regione autonoma si chiama «Trenùno-Alto Adige». I sudtirolesi volevano che si chiamasse «Trenùno -Sud Tirolo». Tuttavia avevano ottenuto il ricongiungimento dei comuni della Bassa Atesina alla loro provincia. 138 9. Agricoltura, foreste e corpo forestale, patrimonio zootecnico e ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali; 10. Apicultura e parchi per la protezione della flora e della fauna; Il. Caccia e pesca; 12. Assistenza sanitaria e ospedaliera; 13. Ordinamento delle camere di commercio; 14. Comunicazioni e trasporti di interesse regionale; 15. Sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative; 16. Contributi di miglioria in relazione ad opere pubbliche eseguite dalla regione e dagli altri enti pubblici compresi nell'ambito del territorio regionale; 17. Turismo e industrie alberghiere; Il consiglio ha una competenza secondaria subordinata (88) nelle seguenti materie (art. 5): l. Ordinamenti dei comuni e delle province; 2. Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza; 3. Incremento della produzione industriale e delle attività commerciali; 4. Ordinamento degli enti di credito fondiario, di credito agrario, casse di risparmio e casse rurali nonché delle agenzie di credito a carattere regionale; 5. Utilizzazione delle acque pubbliche; 6. Assunzione diretta di servizi di interesse generale e loro gestione a mezzo di aziende speciali; 7. Opere idrauliche di IV e V categoria; 8. Opere di bonifica. La Giunta regionale è composta dal presidente e dagli assessori effettivi e supplenti. Essi vengono eletti all'interno del Consiglio stesso. La composizione della Giunta deve essere conforme alla composizione linguistica del Consiglio (art. 30). La Giunta è l'organo esecutivo. Essa delibera regolamenti per l'esecuzione delle leggi regionali, dirige l'attività amministrativa regionale, amministra il 88. In conformità alla Costituzione e tenendo conto dell'attività legislativa del Consiglio regionale. 139 patrimonio e controlla i servizi pubblici regionali, adotta in caso d'urgenza provvedimenti di competenza del Consiglio. Il presidente della Giunta è il capo del governo regionale. Egli interviene nelle sedute del Consiglio dei ministri quando si dibattono questioni che presentano particolare interesse per la regione (art. 34). Egli esercita i diritti patrimoniali della regione ed è il capo dell'amministrazione regionale. Lo Stato è rappresentato nella regione da un commissario del governo, che coordina il funzionamento dei servizi dello Stato nella regione, controlla l'esercizio delle funzioni delegate dallo Stato alla Regione e alle Province, provvede al mantenimento dell'ordine pubblico (art. 77). Svolge anche un ruolo fondamentale nel controllo della funzione legislativa (art. 49). La struttura organica della Provincia ricalca quella della Regione. Il Consiglio provinciale è composto dai membri del Consiglio regionale eletti nella Provincia. Il Consiglio, viene eletto per un periodo di quattro anni. Le disposizioni enumerate per il Consiglio regionale si applicano al Consiglio provinciale nella misura in cui siano compatibili (art. 43). Cittadini di lingua italiana e tedesca si alternano rispettivamente alla presidenza e vice-presidenza (art. 43). Il Consiglio provinciale esercita una competenza legislativa primaria nelle seguenti materie (art. 11): l. Ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto; 2. Istruzione post-elementare e avviamento professionale ad indirizzo agrario, commerciale ed industriale; 3. Toponomastica, fermo restando l'obbligo di bilinguismo nel territorio della provincia di Bolzano; 4. Usi e costumi locali e istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale; 5. Manifestazioni artistiche e locali; 6. Urbanistica e piani regolatori; 7. Protezione del paesaggio; 8. Usi civici; 9. Organizzazione delle minime proprietà culturali anche agli effetti dell'art. 847 del Codice civile; ordinamento dei «masi chiusi» e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini. 140 10. Artigianato; 11. Case popolari; 12. Porti lacuali; 13. Fiere e mercati; 14. Opere di pronto soccorso per calamità pubbliche. La competenza legislativa secondaria del Consiglio provinciale si limitava alle seguenti materie (art. 12): l. Polizia locale urbana e rurale; 2. Scuole materne; istruzione elementare, media, classica, scientifica, magistrale,tecnica e artistica; 3. assistenza scolastica. La Giunta provinciale è composta dal presidente e dagli assessorì effettivi e supplenti che vengono eletti dal Consiglio provinciale nel suo seno. La Giunta è l'organo esecutivo della Provincia. Essa dirige l'attività amministrativa provinciale, amministra il patrimonio e controlla i servizi pubblici provinciali. La Giunta esercita la sua tutela sulle amministrazioni comunali e gli enti pubblici locali. In caso d'urgenza adotta provvedimenti di competenza del Consiglio. Essa esercita anche funzioni amministrative che lo Stato o la Regione delegano alla Provincia(art. 13 e 14). Il presidente della giunta provinciale in qualità di capo del governo provinciale rappresenta la provincia, si avvale anche degli organi di poilizia statale e di sicurezza pubblica in diverse materie (art. 16). Adotta per decreto gli ordinamenti deliberati dalla Giunta e promulga le leggi adottate dal Consiglio. Il commissario governativo riveste lo stesso ruolo in Provincia e in Regione anche se qui è assistito da un vice-commissario governativo che risiede a Bolzano. Dal punto di vista finanziario sono importanti due articoli: l'articolo 70 e 71. Il prin1o prevede che per adeguare le finanze delle province ali'esercizio delle funzioni stabilì te dalla legge ad esse è assegnata annualmente dal Consiglio regionale una quota delle entrate tributarie della regione in proporzione alla somma ricavata rispettivamente nel territorio delle due province. L'articolo 72 prevede per le province (così come per la regione e i comuni) un proprio bilancio per 141 l'esercizio finanziario che coincide con l'anno solare. Per quanto riguarda l'uso della lingua tedesca, vanno citati gli articoli 84 e 85. Il primo afferma che: «fermo restando il principio che nella regione la lingua ufficiale è l'italiana, l'uso della lingua tedesca nella vita pubblica viene garantito da quanto in materia dispongono le norme contenute nel presente statuto e nelle leggi speciali della Repubblica». II secondo nel primo paragrafo afferma che «i cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano possono (89) usare la loro lingua nei rapporti con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella Provincia o aventi competenza regionale». Si noti ancora che, secondo l'articolo 82, le leggi regionali o provinciali possono essere impugnate davanti alla Corte costituzionale dal governo, da uno dei Consigli provinciali della Regione o dal Consiglio regionale. Dopo l'approvazione del testo dello Statuto, il 28 gennaio da parte del presidente e del segretario generale deila Sudtiroler Volkspartei, l'opinione pubblica austriaca accolse con relativa soddisfazione la notizia dell'adozione dello Statuto da parte della Costituente italiana (90). Il giornale «Die Presse» (vicino al governo) affermava che «Da parte austriaca si ritiene che lo Statuto, che è ben !ungi dall'essere basato sul diritto delle popolazioni a disporre di se stesse, sia un passo importante verso la completa esecuzione del Trattato di Parigi. L'accordo austro-italiano era e resta espressione del massimo che l'Austria poteva ottenere per il Sud Tirolo nelle circostanze attuali: era anche , in realtà, un sacrificio che si doveva accettare per permettere ai sudtirolesi di condurre un'esistenza tollerabile. Lo Statuto d'autonomia che ora entra in vigore è, a quanto pare, la dimostrazione che questo sacrificio non è stato inutile». Se a Vienna si esprimeva un certo ottimismo, a Londra si avanzavano delle riserve sulla conformità dello Statuto agli impegni contenuti nell'Accordo De Gasperi-Gruber. Il 9 febbraio 1948 (91), il governo laburista, in un dibattito alla Camera dei comuni, veniva 89. Si è lontani dall'«uguaglianza delle lingue tedesca e italiana» prevista dall'articolo lb dell'Accordo di Parigi. 90. Vienna, 17 febbraio 1948, de Monicault a Bidault 91. Londra, 13 febbraio 1948 142 ancora una volta attaccato e il rmmstro Mac Neil non poteva confermare, come chiedeva un deputato, che il governo di Roma stesse applicando «alla lettera e nel suo autentico spirito» l'accordo austro-italiano. Mac Neil insisteva, al contrario, sul fatto che i delegati tirolesi stessi avevano approvato lo Statuto. Questa approvazione dei sudtirolesi veniva utilizzata anche dalla stampa italiana. Il 22 febbraio (92) il giornale «Popolo Trentino» se ne serviva per affermare che i sudtirolesi erano «Soddisfatti, soddisfattissimi» dello Statuto. Ciò significava far finta di dimenticare che il testo dello Statuto era stato accettato dai sudtirolesi come il minore dei mali. Ci si dimenticava anche che l'assetto regionale del Trentino-Alto Adige era stato imposto loro e che avevano dovuto accettarlo con rassegnazione. La loro soddisfazione era relativa, si limitava al fatto di averla avuta vinta su alcuni punti negoziati con la sotto commissione dell'Assemblea costituente. La risposta a ciò che poteva sembrare una provocazione, non si fece attendere, il giornale della Svp, «Dolomiten» (93), contrattaccò accusando gli italiani di aver usato nelle trattative per lo Statuto e per l'approvazione di quest'ultimo dei metodi che «non erano cambiati rispetto al periodo del fascismo» (94). A dimostrazione di ciò «Dolomiten» usava una metafora: «Un uomo di spirito aveva allora dichiarato: i fascisti prima ci tolgono tutto quello che abbiamo addosso, poi ci restituiscono la camicia, ma allora ci domandano di ringraziarli ed usano questi ringrazi.menti per soffocare ogni protesta... Prima ci hanno presentato il progetto della commissione dei sette, che costituiva un'antitesi al Trattato di Parigi. Abbiamo subito reagito con delle controproposte. Decisero allora di "restituire la camicia" pur rimanendo ben lontani dali'autonomia provinciale promessa a Parigi e vollero, da parte nostra, una dichiarazione che aveva il solo scopo di permettere agli abitanti del Trentino di affermare che siamo pienamente soddisfatti. Cosa si vuole di più da noi! Tali procedure ci obbligano a dire chiaramente ai signori della 92. Venezia, 27 febbraio 1947, Elie a Fouques Duparc. 93. Venezia, 27 febbraio 1947, Elie a Fouques Duparc 94. Il «Dolomiten» dimenticava d'aggiungere che se il governo italiano recentemente costituito avesse usato dei metodi «fascisti», questo giornale non avrebbe potuto esprimersi come faceva. 143 "nostra" capitale che la popolazione del Sud Tirolo è ben !ungi dali'essere soddisfatta, poiché solo una parte dei nostri diritti ci è stata restituita, e che la gente sarà contenta solo quando le si darà tutto ciò che ci si è impegnati a darle a Parigi... Aspettiamo di sapere come lo Statuto verrà applicato e reso esecutivo; fino a quel momento riteniamo che non ci sia niente di fatto. Ed è la ragione per cui pensiamo anche che tutti i giudizi espressi "intra ed extra muros'' secondo cui i sudtirolesi sarebbero soddisfatti per il momento sono fuori luogo>>. Il «Dolomiten» affermava quindi che l'approvazione da parte dei sudtirolesi dello Statuto era stata forzata. Tuttavia vi sono testimonianze che contrastano con questa tesi (95). Il giornale riportava, comunque, nonostante il tono ingiurioso del discorso, alcune precise verità. Nel febbraio 1948, a parte i due testi riguardanti l 'autonomia e le opzioni non si era conclusa nessun'altra trattativa riguardante le clausole dell'Accordo di Parigi. Non si era ancora giunti ad un accordo per «il mutuo riconoscimento della validità di alcuni titoli e diplomi universitari» (art. 3b), né ad una «convenzione per il libero transito di passeggeri e merci» (art. 3c), né ad «accordi speciali per facilitare un più intenso traffico di frontiera tra l'Austria e l 'Italia» (art. 3d). «L'uguaglianza delle lingue tedesca e italiana nell'amministrazione pubblica» non era prevista dallo Statuto. La lingua tedesca era semplicemente tollerata, l 'italiano restava la lingua ufficiale (96). «La parità di diritti per quanto riguardava l'accesso agli impieghi pubblici in vista del raggruppamento di una adeguata proporzione tra i due gruppi etnici» (art. 1d) era per il momento impossibile data la situazione di coloro che avevano scelto di optare per la Germania. Inoltre i testi sull'autonomia e sulla revisione delle opzioni potevano essere interpretati in due modi differenti: in modo restrittivo o in 95. Vedi sopra, p. 137 ma anche Vienna, 24 marzo 1948, de Monicault a Bidault: de Monicault nel corso di un colloquio con Kripp, alto funzionario incaricato dal Ministero degli Affari Esteri austriaco, delle questioni relative al Sud Tirolo, riceveva le impressioni e le conclusioni relative ai colloqui che quest'ultimo aveva avuto con i rappresentanti della Siidùroler Volkspartei (Amonn e Von Guggemberg in particolare). Secondo Kripp questi dirigenti si erano mostrati nell'insieme soddisfaui dello Statuto d'autonomia . 96. Vd. sopra p. 142. 144 modo più ampio (97). Il «Dolomiten» non si sbagliava, quindi, quando affermava: «Aspettiamo di sapere come verrà applicato e reso esecutivo lo Statuto». Tutti i sudtirolesi, soddisfatti o no che fossero, attendevano la sua applicazione. Mons. Geisler poteva aggiungere con tono profetico che «lo Statuto non porrà fine ali'antagonismo italo-tedesco in questa regione finché le due parti in questione non avranno riacquistato fiducia r una nell'al tra» (98). Ora, questa polemica tra la stampa trentina e quella sudtirolese non era affatto di buon augurio per la futura soluzione della questione ed era presagio di conflitti futuri. 97. Secondo l'articolo 13 par. 3 dello Statuto, lo Stato, attraverso disposizioni legislative può delegare alla Regione o alla Provincia i poteri amministratrivi che gli appartengono. Ma soprattutto in base ali'articolo 14, la Regione può delegare, senza bisogno del voto di legge, i poteri amministrativi che le appartengono, alla Provincia. 98. Venezia, 15 gennaio 1948, Elie a Fouques Duparc. 145 APPENDICE l. La questione del Sud irolo o Alto Adige dall948 al1972 A conclusione del nostro lavoro vorremmo offrire un quadro della situazione attuale che, dal punto di vista politico e dei rapporti tra le etnie, può considerarsi esplosiva. Essa meriterebbe quindi tutta la nostra attenzione, ma resterebbe incomprensibile se non si desse un rapido sguardo all'evoluzione della questione dell'Alto Adige o Sud Tirolo dal 1948 al 1972, data, quest'ultima, dell'entrata in vigore di un «Nuovo Statuto» speciale per il Trentino-Alto Adige. Suddivideranno in due fasi questo periodo prendendo come data di separazione tra le due il 1955, anno in cui, a nostro avviso, si avverte un irrigidimento dell'atteggiamento austriaco nei confronti della questione. Un tale cambiamento di posizione da parte dell'Austria era riconducibile alla flrma del Trattato di Stato (15 maggio 1955) cui era seguita, il 5 novembre 1955, la votazione della legge sulla neutralità austriaca, che permetteva a questo paese di ritrovare la propria fisionomia sulla scena internazionale liberandosi dalla presenza delle truppe -alleate (ottobre 1955) e di entrare a far parte dell'Gnu (dicembre 1955) (l) l. Si noti che, secondo il Trattato di Stato, le ontiere austriache definitive erano quelle del 12 gennaio 1938 (quindi senza il Sud Tirolo). Poiché il Trattato di Stato era stato firmato dall'Austria e dalle quattro Potenze occupanti (Urss, Usa, Francia e Gran Bretagna) ci voleva il consenso di queste ultime per qualsiasi revisione delle frontiere italo-austriache. 147 l.l. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dall948 all955 Nell'aprile 1948 si svolsero in Italia le elezioni legislative. Si trattava delle prime elezioni a cui partecipavano gli abitanti. dell'Alto Adige o Tiroler Etschland (2). La Si.idtiroler Volkspartei che aveva la maggioranza nella Provincia, riuscì a far eleggere tre deputati e due senatori in Parlamento (3). Le elezioni comunali del maggio 1948 misero a fuoco una situazione che è tale ancora oggi: la Svp era superata a Bolzano e a Merano dai partiti italiani (in particolare dalla Democrazia Cristiana) che arrivava ad ottenere 1/3 degli elettori anche a Bressanone (4): gli italiani si erano stabiliti nelle città ed erano maggioritari a Bolzano, mentre in montagna e nelle valli vi era una schiacciante maggioranza di lingua tedesca. La situazione rifletteva anche la ripartizione della popolazione attiva. Gli italiani erano essenzialmente funzionari, operai e impiegati del settore terziario. I sudtirolesi, invece detenevano il 90% della proprietà fondiaria. Tuttavia l'agricoltura non rappresentava la loro unica attività, poiché essi sapevano operare nel turismo, grossa fonte di entrate, e nel commercio. Dal punto di vista politico le elezioni regionali e provinciali (5) del novembre 1948 fornivano un quadro dei rapporti di forza. In seno al Consiglio provinciale, organo legislativo della Provincia di Bolzano, la Svp deteneva la maggioranza assoluta con 13 seggi su 20. Gli altri seggi erano detenuti da altre sei formazioni italiane: 2 consiglieri democristiani (DC), un socialista (Psi), un comunista (Pci), un neo-fascista (Msi), un repubblicano (Pri) e un indipendente. Il fatto che gli elementi italiani fossero politicamente divisi è n1olto importante perché questa realtà è rimasta una costante della vita politica della provincia. Era, come vedremo, il risultato nefasto della proporzionale. A livello regionale, invece, la DC faceva sentire il suo peso. Nel 2. Nome tedesco dato al Sud Tirolo dallo Statuto. Questo nome non è mai stato usato dai sudtirolesi. 3. 28 aprile 1948, Elie a Fouques Duparc. 4. 10 maggio 1948, Elie a Fouques Duparc. 5. Le cifre che riguardano queste elezioni provengono da Mauro Landa e Paolo Magagnotti op. cit., p. 246 e ss. 148 collegio elettorale di Trento essa aveva ottenuto 15 seggi (15 su 26, maggioranza assoluta nella Provincia) che sommati ai due ottenuti a Bolzano davano un totale di 17 seggi nel Consiglio regionale. La DC e la Svp partiti di ispirazione conservatrice e cattolica si allearono per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in Consiglio regionale (30 su 46). Questa alleanza, che sarebbe durata fino al 1959, era, dettata da una forte dose di opportunismo perché nessuno dei due partiti poteva governare da solo, né costituire una maggioranza stabile con le altre formazioni. La campagna elettorale del 1948 si era svolta in mezzo a violente polemiche (6) tra i due partiti che non si erano spente neanche a scrutinio ultimato (7). Non bisogna dimenticare che la DC era il partito del presidente del consiglio De Gasperi ispiratore della creazione della Regione autonoma del Trentine-Alto Adige. Nonostante il compromesso politico DC-Svp, la tensione nella Regione era latente. Bisognava risolvere numerosi problemi di cui il primo era certamente quello delle «ri-opzioni» per l'Italia (8). Questo problema inaspriva irapporti tra rAustria e l 'Italia e tra la Svp e la DC. La posta in gioco era evidente: il ritorno di 77.000 persone ridiventate cittadini italiani (cifra teorica perché si valuta che circa 10.500 sudtirolesi fossero rientrati in Italia clandestinamente) avrebbe modificato il rapporto di forza facendolo pendere, ancora di più, in favore del gruppo di lingua tedesca. Questo ritorno veniva 6. Riguardo alla creazione di un gruppo «tedesco» all'interno della DC vd. 4 giugno 1948, Elie a Fouques Duparc. 7. Riguardo alla non accettazione da parte della DC di quattro consiglieri Svp, vd. 27 dicembre 1948, Elie a Fouques Duparc. 8. Ne11949 erano stati trovati dei compromessi circa l'applicazione dell'Accordo De Gasperi-Gruber: a) per quanto riguarda la circolazione delle persone erano state soppresse tutte le formalità di visto tra i due paesi; b) era entrato in vigore un accordo per il tnmsito ferroviario e c) per il transito stradale; d) il 12 maggio 1949 era stato firmato un accordo («Accordino») preferenziale che permetteva lo scambio dj prodotti tipici tra i Bundeslander del Tirolo e del Vorarlbcrg e la regione del Trentina-Alto Adige. 149 sentito dagli italiani della provincia come una minaccia (9) dalla loro posizione, del loro lavoro, ecc. Contro le «ri-opzioni» si sosteneva l'argomento della mancanza di fedeltà dimostrata da coloro che avevano optato per il Reich nel 1939. Da parte loro i sudtirolesi ritenevano invece che il ritorno in Italia, la riassunzione del loro impiego e la riacquisizione dei loro beni fossero un giusto risarcimento per i torti subiti nel 1939. Essi erano caldamente incoraggiati a ritornare dai rappresentanti della Svp e dalla Chiesa (in particolare dal canonico Gamper, vicino a Mons. Geisler). In base agli Accordi De Gasperi-Gruber (art. 3a) toccava all'Austria e all'Italia trovare una soluzione. Ora l'Austria, con una decisione presa il 29 agosto 1945 (10), aveva concesso, a titolo provvisorio, a coloro che avevano optato e si trovavano sul suo territorio, il beneficio dell'assimilazione alla cittadinanza austriaca, il che non li incoraggiava certo a ridomandare la nazionalità italiana. Ma a questo punto l'Austria desiderava che essi se ne andassero per ragioni economiche ed anche per ragioni di politica interna: gli optanti con il loro irredentismo potevano diventare fonte di continui guai. L'Austria si servì di mezzi molto discutibili per cercare di risolvere il problema. Il 2 novembre 1948 (11) il governo austriaco annunciava che le persone originarie del Sud Tirolo che si trovavano in Austria e che non avessero utilizzato la facoltà d'opzione prevista per loro dalla legislazione italiana (decreto 2 febbraio 1948), si sarebbero viste private, a partire dal 4 febbraio 1949, del beneficio dell'assimilazione alla cittadinanza austriaca. Molti sudtirolesi che si erano creduti austriaci di diritto dal 1945 dovettero domandare la cittadinanza italiana. L'Italia accusò giustamente l'Austria di non aver rispettato lo spirito dell'Accordo di Parigi, e tanto più a ragione, perché questo 9. La DC in una dichiarazione condannava l'atùvità della Svp. Per la dichiarazione e la polemica che ne seguì vd.: a) Venezia, 30 gennaio 1950, Winckler a Schuman e b) Venezia, 10 febbraio 1950, Winckler a Fouques Duparc. c) 21 febbraio 1950 Wincklcr a Fouques Duparc, d) 28 giugno 1950 Wincklcr a Fouques Duparc (Jcan Claude Winckler. nato nel 1913, è stato console a Venezia dal 1949 al 1950). 10. 5 dicembre 1949, de Monicault a Schuman (ministro degli Affari Esteri). 11. 5 dicembre 1949, de Monicault a Schuman. 150 provvedimento deciso unilateralmente dali'Austria era accompagnato da licenziamenti, sospensioni di pagamento della pensione, ritiro di licenze di commercio (12) ecc. Le trattative sulle opzioni tra i due paesi si interruppero e gli italiani rallentarono notevolmente l'accettazione delle domande di reintegrazione. I negoziati ripresero solo nel marzo 1950 (13) e nel maggio (14) dello stesso anno si giungeva ad un accordo. L'Austria si impegnava a conferire la nazionalità austriaca a 12.000 optanti, scelti dal governo di quel paese. Gli italiani, soddisfatti, si impegnavano a riprendere in esame le domande di siglati reintegrazione e a non sospendere più l'applicazione pratica degli accordi riguardanti le pensioni, i titoli universitari, l'esercizio di alcune professioni e la reintegrazione negli impieghi pubblici dei «rioptanti». Bisognava negoziare le condizioni per il trasferimento dei beni di coloro che ritornavano in Italia. Non tratteremo tuttavia qui questo problema perché data la sua complicazione, merita uno studio più lungo e dettagliato rispetto allo spazio di cui disponiamo. Diciamo semplicemente, in questa sede, che questa questione contributiva a rallentare ogni soluzione e ad arroventare il clima politico dell'Alto Adige. Secondo fonte italiana (15) in data 31 agosto 1956, 201.599 sudtirolesi avevano riacquistato la nazionalità italiana. Questi sudtirolesi si dividevano in tre categorie: l. Quelli che avevano optato per il Reich ed esendo rimasti sul posto, non avevano acquisito la nazionalità tedesca e che erano 115.813 (le domande presentate furono 52.867, la cifra di 115.813 corrisponde al numero dei «rioptanti» con le famiglie); 2. Quelli che avevano optato ed essendo rimasti sul posto, avevano acquisito la nazionalità tedesca il cui numero era di 40.808 (cifra che comprendeva le famiglie; le domande presentate furono 21.468, di 12. Roma, 16 dicembre 1949, Fouques Duparc al ministro degli Affari Esteri. 13. Roma, 12 maggio 1950, Fouques Duparc al ministro degli Affari Esteri. 14. Vienna, 27 giugno 1950, de Monicault a Schuman. 15. lspi, op. cii., p. 68. 151 queste 578 (16) vennero respinte, esse riguardavano 644 persone); 3. I «rioptanti» che avevano acquisito la nazionalità tedesca e che erano emigrati dal 1939 in poi verso il "Grande Reich" erano 44.684 (su 28.980 domande, ne erano state esaminate 23.482 di cui 22.075 erano state accolte favorevolmente e 1.407 respinte (3.442 persone)), 5.498 domande dovevano essere ancora prese in esame. Queste domande ancora da esaminare sono ai nostri occhi la prova della lentezza della burocrazia italiana. Una di queste cifre merita comunque una spiegazione, si tratta di quella che riguarda la terza categoria. La differenza tra i 44.684 «rioptanti» e tra i 77.000 che avevano optato ed erano emigrati tra il 1939 e il 1942 si spiega col fatto che la Germania, diversamente dali'Austria, non fece pressione sui sudtirolesi perché ritornassero in Italia (non dimentichiamo tuttavia i 12.000 optanti rimasti in Austria). Per quanto riguarda l'assetto demografico della Provincia e di conseguenza la sua struttura linguistica, culturale, economica e politica, un altro problema a cui si è già accennato preoccupava molto i sudtirolesi: la cosiddetta «italianizzazione» della provincia che consisteva, come si è visto, essenzialmente, nell'immigrazione italiana voluta ed incoraggiata secondo i sudtirolesi dal governo italiano (il quale non avrebbe cambiato i propri metodi dopo il fascismo). Accuse di questo genere sono talmente ricorrenti negli archivi del Ministero francese degli Affari Esteri che occorrerebbbero molte pagine per riferire tutte le citazioni. Ci si accontenterà dunque di quelle già riportate (17). La polemica tra italiani e sudtirolesi, già nell'aria da tempo, divampò nel 1953 (18) al momento della pubblicazione da parte della Camera di commercio di Bolzano di alcune statistiche riguardanti l'aumento della popolazione nella provincia dal l gennaio 1946 al dicembre 1952. Queste statistiche furono interpretate in modo diametralmente opposto dai sudtirolesi e dagli italiani. I primi registravano 16. A questi 578 sudtirolesi appartenenti alla seconda categoria fu concesso di presentare una domanda «ex-novo» di acquisizione della nazionalità italiana. Nell'agosto 1956, su 395 domande 294 erano state accolte favorevolmente. 17. Vedi sopra pp. 81, 102, 103, 104, 124, 130, 137. 18. Ispi, op. cit., p. 60 e s. 152 una cifra di 50.000 nuovi arrivi. ll consigliere provinciale Svp Silvius Magnago (19) parlava di «Todesmarsch» (20) (marcia alla morte) dei sudtirolesi sommersi, secondo lui, dall'immigrazione italiana che rischiava di minacciare, sempre a suo avviso, l 'identità del popolo (21) sudtirolese. Gli italiani parlavano di 20.000 immigrati e facevano notare che la cifra considerata da Magnago comprendeva 25.000 italiani già residenti nella provincia (e precisamente nella Bassa Atesina ricongiunta di recente alla provincia) i quali non avrebbero dovuto essere calcolati nelle statistiche. Altre statistiche furono in seguito pubblicate dall'Istat (Istituto di statistica italiana) ma i sudtirolesi potevano sempre accusare il governo italiano di averle falsificate. Tuttavia ci sono dei dati, mai contestati dai sudtirolesi, che destano il nostro stupore (22). Consultando le cifre delle elezioni al Consiglio provinciale di Bolzano, si nota che, nel corso di quattro legislature 1948-1952, 1952-1956, 1956-1960 e 1960-1964, i partiti «italiani» si 19. Silvius Magnago, nato nel 1914 da padre italiano e madre di lingua tedesca, ha compiuto gli studi a Bologna. In seguito ha prestato servizio militare in Italia come ufficiale dei granatieri. Nel 1939 optava per la Gennania e combatteva nella Wehrmacht sul fronte orientale dove perdeva la gamba sinistra. Rientrato in Italia dopo la guerra veniva eleuo fm dal 1948 consigliere provinciale. E' oggi (dal 1957) presidente della Svp e presidente della Giunta provinciale (dal 1960). Si noti che ha sempre rifiutato di presentarsi come candidato alle elezioni legislative. 20. Roma, 22 gennaio 1954, Pierre Sebilleau incaricato d'Affari di Francia in Italia a Bidault e Mauro Lando e Paolo Magagnotti, op. cit., p. 70. 21. Esiste ancora oggi una disputa sul termine «popolo»: i sudtirolcsi costituiscono un popolo? GJi italiani dell'Alto Adige rifiutano questo termine e parlano di «popolazione». In un clima di tensione e di nazionalismo esasperato gli italiani pensano forse che il termine «popolo» si riferisca solo ad una Nazione. Non ammettono l'esistenza di un <<popolo sudtirolese» e ancor meno di una «Nazione sudl.irolese». Questa disputa ci sembra priva di fondamento: l) i due termini «popolo» e «popolazione>> possono riferirsi ad una nazione o a delle più vaste definizioni. 2) «Nazione» non è necessariamente sinonimo del termine «Stato». Una nazione è un insieme di individui legati tra loro dalla lingua, storia, civiltà, interessi, ecc. 3) Ne deriva che, per i sudtirolesi il problema può essere il seguente: appartengono alla Nazione tedesca, austriaca o tirolese? Ciò che è certo è che se si adotta la definizione citata sopra (differenza tra i termini Nazione e Stato) i sudtirolesi non appartengono alla Nazione italiana, ma fanno semplicemente parte dello Stato italiano. 22. Per questi dati vd. Mauro Lando e Paolo Magagnotti, op.cit., p. 246 e s. 153 sono sempre visti assegnare solo sette seggi, mentre il sistema di rappresentanza proporzionale a «numero uniforme» (un deputato ogni 15.000 votanti) e ai resti (7.500) più alti, favoriva i piccoli partiti (23). I sudtirolesi potevano ribattere che l'estrema dispersione dell'elettorato italiano nelle diverse liste non metteva in moto l'effetto della proporzionale. Infatti al momento della prima legislatura gli italiani presentarono otto liste di cui due non ottennero nessun rappresentante; alla seconda legislatura vennero presentate nove liste di cui solamente cinque ottennero il necessario quorum e via di seguito con una notevole dispersione di voti. A causa di ciò (la partecipazione alle elezioni provinciali superava sempre il limite del 90%) l'elettorato italiano non avrebbe rispecchiato il movimento migratorio poiché i resti (a volte migliaia di voti) delle liste non rappresentate andavano perduti. Cifre più interessanti e significative comunque sono quelle che riguardano la totalità dei votanti per ogni gruppo linguistico (senza tener conto - c'è un margine d'errore - dei voti sudtirolesi andati ai partiti italiani e viceversa). Va ricordato che le statistiche della Camera di commercio di Bolzano riguardavano il periodo 1946-1952; tuttavia, per acquisire il diritto di voto nella provincia di Bolzano bisognava risiedervi da almeno tre anni (art. 19 dello Statuto): gli italiani immigrati dopo il novembre del 1945 non potevano aver votato alle prime elezioni provinciali del novembre 1948. Gli effetti del voto degli immigrati si sarebbero perciò ripercossi sulla seconda legislatura, alle elezioni del 1952. Ora, nel 1952, vi erano in totale 9.875 (24) votanti di lingua italiana in pitt rispetto al 1948 (da 51.397 a 61.272) mentre la Svp guadagnava solo 5.353 voti. Vi era stata 23. Se un partito politico X ottiene 20.000 voti al primo turno di votazione e il numero uniforme è stato fissato a 15.000, otterrà un seggio e avrà 5.000 voli di resto. Ora, poiché i seggi non sono mai ripartiti al primo tumo (perché ci sono sempre dci resti) e poiché si considerano resti, per esempio, gil8.000 voti ottenuti da un partito Y (che non ha ottenuto un seggio la prima volLa), quest'ultimo avrà dei resti più alti del partito X (5.000) e al secondo turno atterra anch'esso un seggio. In questo modo i piccoli partiti hanno molte più possibilità di vedersi rappresentai i che con altri sistemi elettorali. 24. Cifre tratte dal Manuale dell'Alto Adige edizione della Provincia autonoma di Bolzano, 1984. 154 senza dubbio un'immigrazione, nessuno lo nega, ma tutto va ridimensionato, si è ben lontani dalla «Todesmarsch» di Silvius Magnago. Ripetiamo, nessuno nega la realtà dell'immigrazione, l'aumento medio del numero dei votanti dalle elezioni del 1948 a quelle del 1960 è di 8.367 per la Svp e di 7.832 per i partiti italiani: questa leggera differenza non riflette la differenza numerica tra i due gruppi etnici e mostra chiaramente che durante questi anni l'immigrazione italiana c'è stata, ma non nelle forme denunciate dalla Svp (l'«invasione», «Colonizzazione», ecc.). Essa ha avuto peraltro, un carattere puramente economico. Era un fenomeno ineluttabile ed era solo un effetto di un problema molto più vasto e più grave: l'eccedenza demografica italiana. Si trattava di un fenomeno non recente e che avrebbe caratterizzato l'Italia del XIX secolo come quella del XX secolo (fino agli anni '70). Ora, se negli anni '20 Mussolini (25) aveva preso la decisione politica di fermare il flusso migratorio degli italiani verso l'estero e di incanalarlo verso le colonie o verso l'Alto Adige, nel dopoguerra non esisteva un piano di questo genere. Gli italiani erano liberi di andare dove meglio piaceva loro e questa libertà era sancita dalla Costituzione (articolo 16) (26). Molti, sulla scia di questa «libertà» presero la via del settentrione industrializzato o si avviarono verso altri paesi d'Europa (Francia, Svizzera, Germania, ecc... Dal 1951 al1971 quattro milioni di italiani si stabilirono all'estero (27)). Non lo fecero né per loro piacere, né per ragioni politiche, essi non volevano «invadere» l'Alto Adige o tutta l'Europa: cercavano semplicemente lavoro. L'Alto Adige in piena industrializzazione (il piano Marshall del 1947 aveva favorito la costruzione di impianti idroelettrici) costituiva un polo d'attrazione naturale. Questa regione, comunque non attirò milioni di italiani, ma solo qualche migliaio. La volontà dei 25. Baleste. Les Grandes Puissances Economiques, Armand Colin, Paris 1978, p. 41. 26. Articolo 16 della Costituzione Italiana: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di salubrità e sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge». 27. Baleste, op.cit., p. 41. 155 sudtirolesi di salvaguardare le proprie caratteristiche etniche e culturali, sulla base dell'articolo l deli'Accordo di Parigi, arrestando il flusso migratorio nella Provincia ci sembra ingiustificato e giuridicamente inapplicabile da parte di una nazione democratica (28). Si ammettono gli errori del fascismo e alcuni errori commessi dai governi italiani che gli sono succeduti ma assimilare il movimento d'immigrazione italiana in Alto Adige dopo la guerra a una qualsiasi «italianizzazione» fascista è sintomatico, a nostro avviso, di un uso demagogico e semplicistico di un dato che riguarda in realtà un problema molto più vasto di cui alcuni ambienti sudtirolesi volevano ignorare la portata per poter meglio attaccare il governo italiano. Chiudere agli italiani le frontiere della provincia era impossibile ed alcune personalità sudtirolesi ed austriache, in particolare Von Breitenberg (senatore Svp) e Kreisky (29) lo capirono perfettamente. Era sul terreno dell'autonomia che ci si doveva muovere per salvaguardare la propria lingua e la propria cultura. Ma prima di affrontare questo spinoso problema, dove l'incomprensione era reciproca, bisogna segnalare un elemento che non fu probabilmente determinante, ma che tuttavia non contribuì affatto alla distensione tra i due principali gruppi etnici nella provincia: il nuovo interesse che l'opinione pubblica tedesca manifestò nei confronti della 28. Si ritiene che il problema possa essere posto ad un altro livello. I sudlirolesi, infatù, non ammettevano che la loro provincia subisse lo stesso fenomeno di immigrazione dell'Italia del Nord. Questa «invasione» provava, ai loro occhi, che essi facevano definitivamente parte dell'Italia, concetto che non avrebbero mai potuto ammettere. 29. Von Breitenberg avrebbe dichiarato alla quinta assemblea regionale del suo partito che: «la Costituzione italiana ha riconosciuto il diritto ad ogni cittadino italiano di fissare il proprio domicilio dove meglio crede» e che l'emigrazione nel Sud Tirolo derivava da «ragioni economiche». Citazione da Gausscn (all'Ambasciata di Francia a Roma) il 6 marzo 1952 (Gerard Gaussen, nato nel 1918, è stato console a Venezia dal 1950 al 1956). Per quanto riguarda Kreisky, Seydoux (Vienna, 29 giugno 1955) riferiva: «Kreisky mi ha detto che a suo parere l'immigrazione di mano d'opera italiana gli sembrava inevitabile. Il Sud Tirolo è in piena fase di industrializzazione e costituisce naturalmente un polo d'attrazione per i disoccupati italiani» (Francois Seydoux de Clausonne, nato nel 1905, era nel 1955 alto Commissario della Repubblica francese, capo della missione diplomatica in Austria). 156 questione del Sud Tirolo. Già alla fine del 1949 (30) due deputati membri della Svp si recarono a Bonn per chiedere l'appoggio nelle loro rivendicazioni al governo della Repubblica Federale. Ora, se il governo (e in particolare Adenauer, come si vedrà) cercò di non immischiarsi nella faccenda, l'opinione pubblica invece si interessò molto da vicino ali'Alto Adige. Se François Poncet notava nella stampa tedesca alcuni elementi moderati (31) dichiarava peraltro che: «nel caso del Sud Tirolo, è proprio lo spirito del Grande Reich ad ispirare gli articoli pubblicati dalla stampa tedesca» (32). Questa campagna pangermanistica scoppiata nel 1952 e orchestrata, secondo l'ambasciatore italiano a Bonn, da Von Studnitz, ex collaboratore di Goebbels (33), proseguì per tutto l'anno scatenando un'aspra polemica con la stampa italiana (34). L'anno seguente la situazione si complicò e si deteriorò maggiormente. Pella (35), che sostituì De Gasperi alla presidenza del consiglio, propose un plebiscito a Trieste in nome del diritto dei popoli di disporre di se stessi. Immediatamente la stampa del Tirolo settentrionale reclamò un simile plebiscito nel Sud Tirolo. Essa fu seguita dalla stampa tedesca (36) ed appoggiata dal governo austriaco. Gruber fece consegnare ai ministri degli Affari Esteri delle tre potenze occidentali, tramite gli ambasciatori d'Austria a Parigi, Londra e Washington, una nota che indicava che il ricorso a un plebiscito per risolvere la questione di Trieste poteva comportare una rivendicazione analoga da 30. Godesberg, 13 gennaio 1950, André François Poncet ambasciatore di Francia e alto commissario in Germania, a Schuman. 31. Godesberg, 27 giugno 1952, François Poncet a Schuman; egli segnalava per la «Frankfurter Rundschau» il giornalista J. Kaim mentre il capo della missione francese per le province del Tirolo e del Vorarlberg, Nadau (lnnsbruck, 13 febbraio 1953) segnalava Fritz Gordian corrispondente della «Stmtgarter Zeitung» a Roma. Quest'ulùmo avrebbe anche dichiarato a proposito dello Statuto d'autonomia che «raramente sono staù accordaù maggiori diritti ad una minoranza etnica». 32. Godesberg, 27 giugno 1952, François Poncet a Schuman. 33. Bonn, 15 novembre 1952, François Poncet. 34. Roma, 21 novembre 1952, Fouques Duparc a Schuman. 35. l settembre 1953, Nadau; si noti che la questione di Trieste sarà risolta solo nell954. 36. Bonn, 13 ottobre 1953, A. Berard. 157 parte dei sudtirolesi (37) e che «li governo federale si sarebbe trovato neli'obbligo di appoggiare con insistenza una tale rivendicuzione» (38) li Foreign Office (39) e il Quai d'Orsay (40) giudicarono severamente la mossa del governo austriaco. li Quay d'Orsay faceva notare che «il governo francese e il governo britannico possono minacciare di sospendere l'evacuazione, attualmente in corso, della maggior parte delle loro truppe d'occupazione» (41). Queste osservazioni restavano tuttavia confidenziali in attesa dell'evolversi della situazione e di un'eventuale concertazione degli Alleati. In Italia e nel Sud Tirolo nel frattempo la tensione continuava a salire e le dichiarazioni di Pella si ritorcevano contro di lui con l'effetto di un boomerang. A Roma, Ebner, deputato Svp, affermava che il principio del plebiscito era «un diritto naturale inalienabile» (42). Il 21 ottobre il «Dolomiten» portava il titolo: <<ll plebiscito unica soluzione democratica». La proposta di Pella non ebbe a Trieste risultati pratici, ma le reazioni sudtirolesi, austriache e tedesche mostravano chiaramente le loro intenzioni (43): internazionalizzare la questione alla prima occasione favorevole ed ottenerattraverso un plebiscito il ricongiungimento del Sud Tirolo ali'Austria. La polemica tra italiani da una parte e austriaci, sudtirolesi e tedeschi dall'altra, continuò fino al dicembre del 1953 con una tale violenza che per quel che riguardava l'opinione pubblica tedesca, il cancelliere Adenauer (44), in un'intervista a <<Il Messaggero>> (giornale ufficiale del Vaticano), cercò di placare gli animi e di rassicurare il governo e l'opinione pubblica della Penisola affermando che la questione doveva essere considerata come un affare italiano puramente interno. 37. Vienna, 16 ottobre 1953, Laloueue (Roger Lalouette, nato nel 1904, è stato alto commissario aggiunto in Austria dal1950 a11955). 38. Parigi, 16 ottobre 1953. 39. Londra, 20 ottobre 1953, Massigli. 40. Parigi, 17 ottobre 1953. Nota del Ministero degli Affari esteri. Direzione generale degli Affari politici, sezione Europa. 41. Parigi, 13 ottobre 1952. Nota del MAE. 42. Vienna, 19 ottobre 1953, Lalouette. 43. Venezia, 23 ottobre 1953, Gaussen all'ambasciata, Roma. 44. Bonn, 23 novembre 1953. François Poncet. 158 Una volta dimenticate le dichiarazioni di Pella l'attenzione si concentrò su altri problemi rimasti insoluti dal 1948 e che concernevano l'applicazione degli Accordi De Gasperi-Gruber e in particolare lo Statuto d'autonomia. Bisogna sottolineare a questo punto «l 'antinomia fondamentale tra il diritto tedesco e il diritto italiano» (45). Al rigido e burocratico centralismo di Roma si contrapponeva la lunga tradizione del federalismo tedesco. Già nel 1950 (46), su 9 leggi votate dall'Assemblea regionale solo 2 erano state convalidate dal governo. la Regione accusava il governo di voler annullare le concessioni fatte nel 1948 con lo Statuto. Ma il problema era soprattutto quello dell'equilibrio tra le due province di Trento e di Bolzano. La Democrazia Cristiana e la Si.idtiroler Volkspartei avevano cominciato male la loro convivenza e la continuavano in modo ancor peggiore: il disaccordo riguardava soprattutto l'interpretazione dell'articolo 14 dello Statuto che prevedeva che la Regione esercitasse normalmente le funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni, ecc. La Svp sosteneva che questa delega doveva essere di carattere ordinario (o quasi imperativo) mentre la Democrazia Cristiana affermava che essa non aveva carattere imperativo e che l'esercizio delle competenze poteva restare alla Regione. Va segnalato che alle elezioni del 1952 la DC aveva ottenuto ali 'interno del Consiglio regionale la maggioranza relativa (20 seggi su 48) e che con l'appoggio di 5 consiglieri di altri partiti italiani essa poteva bloccare ogni iniziativa della Svp (47). La DC e la Svp non concordavano neanche su questioni come il bilinguismo neli'amministrazione e la rappresentanza dell'elemento germanico in quest'ultima provincia (48). Una tale rigidità e un tale squilibrio avrebbero avuto svariate conseguenze: un irrigidimento 45. Innsbruck, 13 gennaio 1953, Nadau. 46. 21 gennaio 1950, J.C. Wincider a Fouques Duparc. 47. Vienna, 18 gennaio 1954, Roger Lalouette a Bidaull. Laloueue trasmetteva un promemoria che il canonico Gamper aveva comunicato al sottosegretario degli Affari esteri Kreisky. La situazione di squilibrio e di blocco a livello delle istituzioni era denunciata al punto 5. 48. Vienna, 31 dicembre 1953, Payart, secondo un dispaccio dell'agenzja italiana Ansa (Jean Payart, nato nel1892, è stato alto commissario della Repubblica francese in Austria dal 1951 al1954). 159 della linea politica seguita dalla Svp e dell'atteggiamento austriaco. Nel 1955 le dimissioni di Hans Dietl, assessore ali'agricoltura della Giunta regionale, in protesta al rifiuto italiano di un progetto di legge sull'agricoltura che prevedeva la delega di una serie di compiti alle province, scatenò ancora una volta delle polemiche e mostrò soprattutto che la Svp era pronta a contrattaccare (49). L'Austria, ora sembrava in grado di sostenerla (il Trattato di Stato era stato firmato il 15 maggio 1955) (50). Si erano già stabiliti dei contatti tra i sudtirolesi e il governo austriaco (in particolare tra il canonico Gamper e Kreisky, allora sottosegretario agli Affari Esteri (51)), ci si interrogava però, sui due versanti opposti delle Alpi, sulle conseguenze inerenti alla neutralità austriaca. Il cancelliere Raab (52) affermava che i nazionalisti italiani sembravano credere che «la dichiarazione di neutralità dell'Austria avrebbe tolto ai sudtirolesi ogni protezione contro l'arbitrarietà delle autorità italiane» (53) e il «Dolomiten» affermava che «l'Austria, firmando uno statuto di neutralità deve ben precisare i suoi diritti nei confronti dell'Alto Adige» (54). I dirigenti della Svp si rendevano perfettamente conto che la neutralità, provocando l'evacuazione delle forze alleate dal Tirolo, aumentava singolarmente il valore strategico della provincia di Bolzano nei confronti dell'assetto strategico occidentale. La posizione dell'Italia, di conseguenza, ne usciva rafforzata perché la sua presenza in Alto Adige si confondeva ormai con l'interesse militare della intera comunità occidentale. Figi, allora ministro degli Affari Esteri (dal 1953) rispose in modo 49. 12 maggio 1955, Gaussen a Fouques Duparc: la Svp approvava questa dimissione in un comunicato in cui denunciava la politica d'«italianizzazione», la «Sordità» del governo di Roma agli appelli della minoranza di lingua tedesca e si riservava la possibilità «di intraprendere ogni azione che la difesa del gruppo eli lingua tedesca rendeva necessaria>>. 50. Roma, 13 maggio 1955, Fouques Duparc al MAE, «Die Presse», la «Neue Wiener Tageszeitung» c la «Salzburger Nachrichtcn» presero posizione per la Svp. 51. Vd. sopra p. 159 n. 47. 52. Cancelliere dall953. 53. Vienna 26 maggio 1955, Lalouette a Pinay, ministro degli Affari Esteri. 54. Roma, 13 maggio 1955, Fouques Duparc al MAE. 160 molto fermo agli uni (i nazionalisti italiani) e agli altri (la Svp). Nel corso di una cerimonia che commemorava il decimo anniversario dell'Gnu, fece un discorso il 24 giugno 1955 (55) in cui evocava la questione del Sud Tirolo. Sottolineava in primo luogo, che erano passati dieci anni dalla firma dell'Accordo di Parigi, ma che la popolazione interessata non aveva di che rallegrarsi per il modo in cui questo Accordo, destinato a proteggere le sue particolarità etniche, e.ra stato applicato. Attaccava in seguito «alcuni organi della stampa italiana» ed affermava al riguardo che «è lo spirito del fascismo, e non quello della Carta Atlantica, che riappare». Egli aggiungeva poi: «Che tracotanza sostenere che la conclusione del Trattato di Stato e la neutralità dell'Austria ci impedirebbero di adempiere ai nostri obblighi... Il nostro vicino del sud ha, come noi, il desiderio di diventare membro delle Nazioni Unite. Noi gli auguriamo di cuore di raggiungere ben presto il suo scopo (56). Così, come membri paritari dell'organizzazione mondiale, l'Austria e l'Italia dovranno fornire le prove che l'intesa dei popoli, il rispetto dei trattati e la protezione delle minoranze non sono per loro parole vane... ». Egli concludeva affermando che «l'Austria, in diverse occasioni, a partire dal 1946, ha dimostrato che per il nostro popolo, il rispetto della parola data è indiscutibile». Osiamo sperare che quando Raab e Figl parlavano di nazionalisti e dello «spirito del fascismo che riappare>>, si riferissero al partito neo-fascista italiano, il Msi (due rappresentanti al Consiglio regionale) che aveva attaccato i «separatisti austriaci» (alludendo ai membri della Svp) nel mese di giugno 1955 (57). Il discorso, nonostante il tono polemico, era abbastanza chiaro e metteva seriamente in guardia l 'Italia: essa non aveva rispettato gli impegni presi come aveva fatto la sua controparte. Le parole «l'Austria e l 'Italia dovranno fornire la prova» si possono tradurre in: l 'Italia dovrà fornire la prova che la protezione delle minoranze non è per lei un'espressione priva di significato. Tutto ciò sottolineando con cura 55. Vienna, 25 e 27 giugno 1955, Seydoux. 56. L'Italia diventerà (come l'Austria) membro delle Nazioni UniLc alla fine del 1955. 57. Roma, 17 giugno 1955, Fouques Duparc al MAE. 161 che l'Austria e l'Italia saranno «membri paritari dell'organizzazione mondiale». Certamente questo discorso aveva uno scopo elettorale e simbolico, esso era stato pronunciato per accontentare gli elementi irredentisti di Innsbruck e Bolzano, ma non va dimenticato che Figi era proprio il ministro degli Affari Esteri per l'Austria e che se questo paese si era mostrato ufficialmente molto moderato fino a questo momento storico (15 maggio 1955) ora aveva ritrovato la propria libertà d'azione diplomatica. Non bisognava dunque, in nessun caso, sottovalutare i suoi avvertimenti. 1.2. La questione del Sud Tirolo o Alto Adige dal1955 a/1972 L'Austria prese di nuovo l'iniziativa e il4luglio 1956 il cancelliere Raab accusò pubblicamente l'Italia di non aver agli obblighi che le derivavano dali'Accordo De Gasperi-Gruber. L'8 ottobre dello stesso anno il governo austriaco trasmise al gverno di Roma un memorandum in cui protestava contro l'estensione della Regione autonoma mentre domandava un'uguaglianza effettiva della lingua tedesca e della lingua italiana, parità di diritti per accedere agli impieghi pubblici e la limitazione del flusso di immigranti italiani in Alto Adige. Proponeva anche l'istituzione di una commissione mista di esperti per studiare la situazione della provincia ed elaborare delle proposte per la soluzione dei suoi problemi. Nella provincia incominciava la lunga serie di attentati alla dinamite. Il 9 febbraio 1957, il governo italiano rispondeva al memorandum austriaco accogliendo favorevolmente l 'iniziativa di uno scambio di idee sull'Accordo De Gasperi-Gruber, ma solo per le normali vie diplomatiche. Rifiutava invece la creazione di una commissione mista che avrebbe potuto porre a livello internazionale una questione che era puramente interna. Nel frattempo, nella provincia, la situazione stava precipitando. Gli attentati si moltiplicavano mentre le istituzioni erano bloccate. Il 14 marzo 1957 la Corte costituzionale dava ragione ai trentini riguardo all'articolo 14 dello Statuto. La tensione era all'apice. Un telegramma (in data 15 ottobre 1957 del ministro dei Lavori pubblici al sindaco di Bolzano fu la goccia che fece traboccare il vaso. 162 Il mtmstro Togni annunciava, in effetti, lo stanziamento di due miliardi e mezzo di lire per la costruzione di un nuovo quartiere. I rappresentanti della Svp considerarono questa decisione governativa come una manovra per mandare dei lavoratori italiani in Alto Adige. Il 17 novembre 1957 organizzarono un raduno a Castel Firmiano (provincia di Bolzano) a cui parteciparono 35.000 sudtirolesi. Il partito presieduto ormai da Silvius Magnago, inaspriva i toni e lanciava il famoso slogan: «Los von Trient» (via da Trento). I sudtirolesi reclamavano la creazione di una regione autonoma limitata alla regione di Bolzano, e nel 1958 i senatori della Siidtiroler Volkspartei presentavano in Parlamento un progetto di legge riguardante un nuovo statuto d'autonomia per la regione Stidtirol (Statuto di autonomia per la Regione Siidtirol-Tirolo del Sud) (58). Questo progetto non ebbe seguito, tuttavia, rivelava chiaramente le intenzioni della Svp; vi si prevedeva: un censimento con dichiarazione di appartenenza ad un gruppo etnico (art. 3), che gli impieghi pubblici fossero assegnati sulla base della proporzione numerica di ogni gruppo (art. 4), mentre l'articolo 5 dava la priorità negli impieghi pubblici e privati alle persone originarie della Regione (Si.idtirol). Va segnalato anche che, in base all'articolo 6 par. 3, la nuova Regione avrebbe avuto il diritto esclusivo di legiferare sull'organizzazione del diritto di residenza. Inutile dire che questo progetto allargava di molto (31 materie) il campo legislativo dello Statuto. Nella provincia gli attentati terroristici si moltiplicavano, erano perpetrati dal Bas (Befreiungs Anschluss Siidtirol). A livello regionale l'alleanza DC-Svp veniva spezzata, nel 1959, dai sudtirolesi che intendevano protestare contro una modalità d'applicazione dello Statuto riguardante la costruzione immobiliare. Secondo loro, con questa modalità veniva tolta, ancora una volta, una competenza alla Provincia. Quello stesso anno, in settembre, Kreisky (che aveva sostituito nel 1956 Figi, a capo del ministero degli Affari Esteri) dichiarò alla XIV Assemblea della Nazioni Unite che l'Accordo del 5 settembre 1946 non era ancora stato applicato integralmente. Aggiungeva che la concessione dell'autonomia alla sola provincia di Bolzano avrebbe 58. Per il testo di questo progetto vd. Castelli, op. cit., p. 79. 163 potuto costituire la tutela necessaria per la minoranza e che se non si fosse trovata un'intesa entro l'anno seguente, il governo austriaco avrebbe portato la questione all 'Onu. Durante tutto un anno, perciò (settembre 1959-settembre 1960) i governi italiano e austriaco cercarono di trovare il modo di trattare, ma le divergenze riguardavano il modo stesso di affrontare il problema. Per l 'Italia il problema era giuridico, riguardava infatti, l 'interpretazione dell'Accordo De Gasperi-Gruber per cui bisognava ricorrere alla Corte internazionale deli'Aja, mentre per l'Austria il problema era politico e andava quindi sottoposto alla XV sessione dell'Assemblea dell'Gnu (59). E' ovvio che l'Assemblea generale dell'Onu rispetto alla Corte internazionale di Giustizia era una tribuna migliore per sostenere le proprie rivendicazioni. Oltre ad internazionalizzare la questione essa avrebbe permesso all'Austria di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale e di fare in questo modo pressione sull'Italia mentre in Alto Adige gli attentati si susseguivano (60). L'Italia sarebbe stata così sottoposta ad una pressione sia esterna che interna. Lo scopo austriaco sembrava essere stato raggiunto poiché l'Italia, il 23 settembre 1960, non si opponeva ad iscrivere la questione nell'ordine del giorno della XV Assemblea dell'Gnu (61). Il governo italiano accettava di internazionalizzare la questione del Sud Tirolo. La vittoria dell'Austria, tuttavia era una semi-vittoria poiché Kreisky non riusciva a far prevalere la risoluzione austriaca. n 31 ottobre 1960 la XV Assemblea adottò una risoluzione approvata ufficiosamente dali 'Italia. Essa sollecitava le due parti affinché riprendessero le trattative allo scopo di trovare una soluzione a tutte le divergenze relative all'applicazione deli'Accordo di Parigi. Essa raccomandava che, in caso di mancanza di risultati soddisfacenti, in un lasso di tempo ragionevole, le parti prendessero in considerazione la possibilità di cercare una soluzione alle divergenze 59. Per le divergenze di natura politica e giuridica vedi sopra p. 122 n. 47. 60. Il terrorismo sudùrolese durerà una decina d'anni. G li attentati compiuti saranno 323 con 23 morti (vd. Guiglia, Alto Adige: Volti e risvolti di un "Golpe" perjeuo, Hangcr, Merano 1983, p. 17). 61. Il titolo del ricorso austriaco (dopo lunghe trattative itala-austriache) era: «Lo statuto dell'elemento di lingua tedesca nella provincia di Bolzano (Bozen). Applicazione dell'Accordo di Parigi del 5 settembre 1946» (vd. Toscano, op. cit.). 164 ricorrendo ai mezzi previsti dalla Carta dell'Onu compreso il ricorso alla Corte internazionale di Giustizia o a qualsiasi altro mezzo pacifico a loro scelta. Essa invitava anche i due paesi ad astenersi dal commettere atti che potessero nuocere ai rapporti amichevoli tra le due parti (62). In seguito a questa decisione, si tennero molte riunioni al vertice: Segni e Kreisky si incontrarono nel gennaio 1961 a Milano, poi in maggio a Klagenfurt e ancora a Zurigo il 24 giugno 1961. Ma questi incontri si svolsero in un clima di tensione (11 attentati in maggio e 47 la notte dell'll-12 giugno 1961) e d'incomprensione reciproca. Kreisky proponeva sempre l'invio di una commissione d 'inchiesta internazionale nel Sud Tirolo e, da parte italiana, Segni si limitava alla proposta di ricorrere alla Corte internazionale di Giustizia dell'Aja. Il ripristino, nel luglio 1961, dell'obbligo di visto per i cittadini austriaci che volevano recarsi in Italia, era sintomatico della tensione esistente. Ma era anche un provvedimento contro il terrorismo. Il governo italiano accusava Vienna di connivenza con i terroristi sudtirolesi. In Italia venivano arrestati numerosi cittadini austriaci e sudtirolesi. Veniva trovato del materiale austriaco (63) e l'Austria era accusata di sostenere un movimento irredentista, il Berg Isel Bund (64), che reclamava l'autodeterminazione per il Sud Tirolo. Il governo austriaco negava in blocco le accuse italiane. La tensione non cessò di salire e l'Austria, il 18 luglio 1961, domandò l'iscrizione della questione nell'ordine del giorno della XVI Assemblea generale dell'Onu. Ma il 1° settembre 1961, il ministro dell'Interno Scelba prendeva un'iniziativa decisiva a cui aderivano le popolazioni locali, per un esame congiunto della situazione al fine di superare le difficoltà. Venne 62. Per il testo vd. Castelli, op. cit., p. 90. 63. La polizia italiana aveva trovato degli esplosivi, dei volantini e del denaro. 64. Il Berg Isel Bund era stata fondato nel 1958. Il monte- bcrg in tedesco - Iscl era un luogo dove aveva combattuto Andreas Hofer. I legami dell'organizzazione con alcuni membri del governo austriaco, in particolare col prof. Gschnitzer allora sottosegretario degli Affari Esteri non erano un segreto per nessuno. Il 23 settembre 1958 il prof. Gsehnitzer veniva eletto presidente del Berg Isel Bund, egli rifiutava l'incarico ed affermava che l'avrebbe assunto nel momento in cui fosse scaduto il suo incarico ministeriale (vd. la rivista Relazioni Internazionali, n. 42 del 21 ottobre 1961, Ispi, Milano, p. 1432). 165 creata una commissione, detta poi <<commissione dei 19» che comprendeva tutti i parlamentari della Svp, alcuni delegati di questo stesso partito e alcuni ladini. Il governo italiano aveva ceduto e aveva deciso di avviare delle trattative: i lavori dei 19 dovevano vertere sul «Nuovo Statuto per il Trentino Alto Adige» che entrerà in vigore nel 1972. Nel frattempo, il dibattito all'Onu assumeva toni polemici soprattutto a causa del terrorismo, ma l'Assemblea generale alla fine del 1961, approvava una risoluzione simile a quella dell'anno precedente. La polemica sul terrorismo non accennava a diminuire, l'Austria a sua volta accusava l'Italia di maltrattare i prigionieri sudtirolesi e austriaci. I negoziati ripresero nel 1962 e Kreisky accettò di aspettare i risultati dei lavori della «Commissione dei 19». La: commissione terminò i lavori nell'aprile 1964 presentando un «pacchetto» (65) («package deal» in inglese) di offerte e proposte su cui si sviluppò il dibattito tra le differenti forze politiche all'interno, e tra l'Austria e l'Italia all'esterno. Gli italiani cercavano di chiudere la controversia internazionale facendo concessioni ali'Austria. Il 25 maggio 1964, Kreisky e Saragat (allora ministro degli Esteri) si incontrarono a Ginevra. Kreisky propose di istituire una commissione mista di esperti che avrebbe esaminato i risultati dei lavori dei 19 e avrebbe cercato una soluzione ai problemi non risolti. Questa comririssione avrebbe anche dovuto trovare il modo di porre fine alla controversia internazionale. Saragat accettò le proposte di K.reisky. Ci vorranno ancora lunghi anni prima di arrivare ad un accordo globale sul Nuovo Statuto d'autonomia e sulle modalità di chiusura della controversia internazionale. Il 22 novembre 1969, il congresso dell Svp approvava, con una maggioranza striminzita, il Pacchetto rimaneggiato dopo lunghe trattative. Il 30 dello stesso mese a Copenhagen i ministri degli Esteri Aldo Moro e Kurt Waldheim confermarono l'intesa fondamentale sulla questione. Il 4 e 5 dicembre 1969 La Camera dei deputati e il Senato ratificarono il Pacchetto. Il Consiglio nazionale austriaco li 65. Il termine «pacchetto» si riferiva all'insieme di offerte e proposte dei 19, ma sarà in seguito usato comunemente per designare il Nuovo Statuto d'autonomia della Regione Trentina-Alto Adige. 166 imitò il 6 dicembre dello stesso anno (66). Il Nuovo Statuto d'autonomia entrava in vigore il 20 gennaio 1972 e, per garantirne l'applicazione l'Italia e l'Austria adottavano un calendario operativo per mettere in atto tutti i provvedimenti previsti dallo Statuto. Quando fossero state applicate tutte le misure l'Austria avrebbe consegnato ali 'Italia una «quietanza liberatoria», cioè una dichiarazione nella quale la questione del Sud Tirolo o Alto Adige, internazionalizzata nel 1960 ali'Onu, si considerava risol ta. I sudtirolesi e l'Austria erano quindi riusciti a raggiungere i loro scopi: l) la revisione dello Statuto con un'autonomia speciale per la Provincia di Bolzano (che diventava la «Provincia autonoma di Bolzano») all'interno di una Regione che aveva solo un ruolo coordinatore, 2) l'internazionalizzazione della questione, col diritto di controllo ufficiale da parte dell'Austria sull'applicazione dell'autonomia. Dalla semi-vittoria degli anni '60 si passava dunque ad una vittoria definitiva degli elementi di lingua tedesca della provincia. E' doloroso constatare che gli italiani erano passati dalla linea dura di De Gasperi alla resa totale nei confronti dei loro avversari. Non ci rammarichiamo per la scomparsa della «linea dura» ma per la mancanza di una linea politica «tout court». Il nuovo Statuto era un successo per la Svp e significava, in una provincia dove gli italiani erano minoritari, uno squilibrio a loro sfavore. Aver ceduto così facilmente, dopo una battaglia durata decenni significava quindi mancare completamente di lungimiranza. A nostro modesto avviso, quando si fa una cosa, giusta o sbagliata che essa sia (mantenimento dell'Alto Adige all'Italia), e ci si prefigge un obiettivo (controllo stretto di una popolazione ostile ali 'interno di una regione- il Trentino-Alto Adige- a maggioranza italiana) si deve continuare nella stessa direzione. La resa completa, la mancanza di una politica vera (condotta da uno statista e non da dei politicanti di bassa leva) non possono che 66. L'approvazione del Pacchetto da parte del Consiglio nazionale austriaco metteva in risalto la posizione di forza dell'Austria di fronte all'Italia nella questione del Sud Tirolo. Va ricordato (vd. sopra p. 121 n. 45) che l'Accordo dell946 non era stato sottoposto al voto del Nationalrat. 167 condurre alla soppraffazione dei più deboli, allo squilibrio tra gruppi etnici ed infine al caos. Per i sudtirolesi e gli austriaci De Gasperi era stato un avversario o un nemico degno comunque di stima. Dopo di lui cosa devono mai pensare i sudtirolesi e/o gli altoatesini del marasma romano? Questo lo lasciamo indovinare al lettore. Uno sguardo alle conseguenze di questa sconfitta italiana è importante per cercare di capire quali sono le prospettive per l'avvenire di questa provincia dove le parole «equilibrio» e «moderazione» non sembrano ancora essere entrate nel linguaggio corrente. 168 CONCLUSIONE l. D Nuovo Statuto e la situazione attuale (1972-1985) li Nuovo Statuto manteneva le istituzioni del 1948, ma rafforzava notevolmente le prerogative delle due province di Trento e di Bolzano rispetto alla Regione. Questo era sottolineato dall'articolo 3 - paragrafo 3 - dello Statuto stesso: «Alle Province di Trento e di Bolzano sono attribuite forme e condizioni particolari d'autonomia secondo il presente Statuto». La competenza legislativa della Regione si restringeva sensibilmente: delle 17 materie non subordinate fissate nel 1948 ne restavano 10 (art. 4) e delle 8 subordinate ne rimanevano 3 (art. 5). La funzione legislativa del Consiglio provinciale risultava al contrario rafforzata. Le materie non subordinate passavano da 14 a 29 (art. 8). Le competenze venivano allargate o create ex-novo; in materia culturale (paragrafo 4), nella costruzione d'immobili (p. 8), in campo naturale (miniere, acque, cave, caccia, pesca, parchi nazionali, ecc.. nei paragrafi 14, 15, 16), nelle comunicazioni, nei trasporti e servizi pubblici (p. 17, 18, 24), nella gestione dei servizi pubblici (p. 19), nel turismo (p. 20), nel!'agricoltura e foreste (p. 21), nell'espropriazione per pubblica utilità (p. 22), nella formazione professionale e nel collocamento dei lavoratori (p. 23 e 29), nella costruzione di scuole e in tutto l'ambito scolastico (p. 26, 27 e 28) e nell'assistenza pubblica (p. 25). Le materie subordinate (art. 9) passavano da 3 a Il. Le novità erano costituite dalle materie riguardanti: ilcommercio (p. 3), il lavoro e il collocamento (p. 4 e 5), la pubblica sicurezza per gli spettacoli pubblici (p. 6), gli esercizi pubblici (p. 7), l'incremento della pro- 169 duzione industriale (p. 8), l'utilizzazione delle acque pubbliche (p. 9), l'igiene e tutto il settore sanitario (p. 10) ed infine le attività sportive (p. 11). L'enumerazione di queste materie è necessaria per capire fino a che punto il nuovo Statuto aveva aumentato le prerogative della Provincia. Le materie elencate riguardano quasi tutti i settori della vita economica, pubblica (l) e culturale della Provincia. Il governo italiano non perdeva tuttavia il diritto di rinviare i progetti di legge che, a suo avviso, andavano al di là delle competenze del Consiglio provinciale, davanti al Parlamento o alla Corte costituzionale (art. 55). La Provincia di Bolzano riceveva indirettamente anche altre prerogative economiche, finanziarie e culturali attraverso l'articolo 11 (apertura di agenzie bancarie), l'articolo 13 (fornitura privilegiata d'energia idroelettrica alla Provincia), l'articolo 14 (parere obbligatorio della Provincia per gli investimenti dello Stato sul suo territorio), l'articolo 19 (parere obbligatorio della Provincia per l 'istituzione di una Università sul suo territorio), l'articolo 77 (destinazione alla Provincia dei 9/1O di alcune imposte che sono normalmente monopolio di Stato come quelle che riguardano la vendita di bolli di circolazione, francobolli o tabacchi (!)), o ancora ali'articolo 79 con l'applicazione alla Provincia dell'articolo 119, p. 3 della Costituzione: «Per provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge alle singole l. Si noti che la Provincia (art. 9) poteva promulgare delle leggi riguardanti la polizia locale urbana e rurale e che il presidente della Giunta provinciale esercitava alcune funzioni spettanti all'autorità di pubblica sicurezza (art. 20). Il presidente continuava a rappresentare la Provincia, era capo dell'amministrazione e soprattutto - e questo cosùtuiva un'interessante novità - in base all'articolo 54, poteva intervenire nelle sedute del Consiglio dei ministri qualora si trattassero questioni che riguardavano la Provincia. Inoltre poteva impugnare, in base all'articolo 98, una legge della Repubblica e ricorrere alla Corte costituzionale. 170 Regioni contributi speciali» (!!) (2). A questo nuovo elenco (che è ben lungi dali'essere esauriente) dei privilegi e diritti della Provincia, si devono aggiungere tutte le misure di protezione etnica atte ad una difesa adeguata del gruppo di lingua tedesca che si sentiva- ricordiamolo- sommerso dal flusso migratorio italiano. Per primo troviamo l'articolo 10: «l cittadini residenti nella Provincia di Bolzano hanno diritto alla precedenza nel collocamento di lavoro nel territorio della Provincia stessa...». Uno degli articoli dello Statuto proposto nel 1958 dalla Svp (3) era stato approvato, ne sarebbero seguiti altri. Negli articoli 25 e 63 l'esercizio del diritto elettorale era subordinato. ad un periodo di quattro anni di residenza nella Provincia. Si noti che se nello Statuto del 1948 questo provvedimento esisteva già (per un periodo di tre anni), non era tuttavia così imperativo come nel 1972. In base all'articolo 89 la Svp otteneva che i posti per il personale dell'amministrazione pubblica fossero riservati a cittadini appartenenti ad ognuno dei tre gruppi linguistici in base al censimento dei gruppi stessi, che risultava dalla dichiarazione di appartenenza etnica resa nel censimento ufficiale della popolazione. L'attribuzione di posti riservati ai cittadini di lingua tedesca o ladina sarebbe stata effettuata gradualmente fino a raggiungere il rapporto tra i gruppi stabiliti dal 2. Per quanto riguarda l'articolo 119 della Costituzione italiana vedi Duverger, op. cit. p. 551. Il provvedimento previsto dal Nuovo Statuto all'articolo 79 è impressionante se si paragona il sottosviluppo del Mezzogiorno d'Italia allo sviluppo del Nord del paese. Se è vero che negli anni '70 (vd. Baleste, op. cit. p. 52) la popolazione dell'Alto Adige aveva un reddito annuale per abiLante (media nazionale: 100) uguale o di poco superiore alla media nazionale: da 100 a 110 (Lombardia, Piemonte, Liguria: 130 e più) il Mezzogiorno e la Sicilia avevano un reddito annuale per abitante inferiore a 70. Di conseguenza l'estensione dei «contributi speciali» all'Alto Adige (e al Trentina) ci sembra completamente ingiustificata. Questa estensione ci pare ancora più assurda se si pensa che le regioni autonome hanno continuato fmo ad oggi a percepire questi contributi. Nel 1986, il Trentina-Alto Adige (860.000 abitanti circa) riceveva 5.000 miliardi lordi, mentre, ad esempio la provincia di Roma (3.700.000 abitanti circa) ne riceveva 1.600. Lo squilibrio tra regioni autonome e non, è palese. (Per i contributi speciali vedi anche p. 182 n. 40). 3. v. p. 163. 171 censimento e ciò sarebbe avvenuto attraverso nuove assunzioni là dove risultavano dei posti vacanti. Il personale di lingua tedesca non poteva essere trasferito fuori dalla Provincia. La «rappresentanza etnica proporzionale» si applicava anche alla magistratura, i magistrati di lingua tedesca erano inamovibili. Con l'articolo 99 la lingua tedesca si collocava allo stesso livello della lingua italiana e in base all'articolo 100, i cittadini potevano rivolgersi ad ogni autorità o amministrazione pubblica nella propria lingua madre. Nelle riunioni degli organi istituzionali si potevano utilizzare sia l'italiano che il tedesco. Nei rapporti amministrativi era previsto l'uso delle due lingue (scritta e orale). In un futuro si prevedeva anche l 'utilizzazione delle due lingue in altre circostanze. Inoltre secondo l'articolo 101 l'amministrazione della Provincia doveva usare anche la toponomastica tedesca. Questi articoli imponevano un bilinguismo di fatto neli'amministrazione pubblica che doveva essere favorito dall'obbligo di insegnamento della seconda lingua a partire dalle scuole elementari (art. 19). Le modalità di applicazione dello Statuto dovevano essere fissate da decreti legislativi dopo aver ascoltato una commissione speciale di 6 membri, dove gli elementi di lingua tedesca dovevano essere minimo due (4) (art. 107). Abbiamo visto che la Provincia riceveva ampi poteri e, nonostante tutti i suoi difetti (come, per esempio la <<proporzionale etnica» neIl'amministrazione), il Pacchetto avrebbe potuto funzionare se ci fosse stato un equilibrio nella consistenza numerica ed a livello politico tra il gruppo di lingua tedesca e quello di lingua italiana. In realtà, malgrado la famosa <<italianizzazione>> del dopo guerra, il rapporto numerico era, nel 1961, di 2/3 di sud tirolesi (stimati 232.000 circa) e 1/3 di italiani (128.000 circa) mentre i ladi n i erano solo 12.500 (5). Dal punto di vista politico la Svp aveva tutto il potere e dominava senza problemi il Consiglio e la Giunta provinciale. Nel Consiglio provinciale deteneva la maggioranza assoluta dei seggi con 15 consiglieri su 24 dal 1960 al 1964, 16 consiglieri su 25 dal 1964 al 4. Al massimo tre. 5. Bracalini, op. cit. p. 104, si parla di stime, il censimento con dichiarazione dì appartenenza etnica non era stato ancora inventaLo. 172 1968 (idem dal 1968 al 1973) e 20 consiglieri su 34 dal 1973 al 1978 (6). Questa incontestata supremazia avrebbe potuto e dovuto essere controbilanciata da uno Stato forte. Ma lo Stato italiano aveva capitolato negli anni '60 di fronte all'Austria e al terrorismo. Nella sua posizione di debolezza doveva affrontare negli anni '70 altri problemi più gravi ed urgenti come la crisi petrolifera ed il terrorismo d'estrema sinistra. Al potere incondizionato della Svp ed allo squilibrio tra i due gruppi, si aggiungevano fenomeni sociali ed etnici che non contribuivano affatto ad amalgamare i due gruppi linguistici dominanti. Al contrario, a partire dagli anni '60 si era sviluppato nell'ambito culturale, religioso ed anche economico un fenomeno di separazione tra i due gruppi. Si poteva affermare: «Nelle chiese dell'Alto Adige si continuano a celebrare messe separate, una per gli italiani, una per i tedeschi in un rigido apartheid religioso e civile che non risparmia i matrimoni, i battesimi e le prime comunioni» (7). La parola apartheid potrebbe sembrare casuale o, peggio ancora, nazionalista c razzista. Ma essa era giustificata da Magnago (8) in persona. Egli difendeva la politica economica della Svp che, per paura dell'assimilazione, si opponeva all'industrializzazione della provincia. Magnago avrebbe dichiarato: «La nostra può essere considerata una forma di apartheid difensivo, non razziale» (9) (come se ogni movimento xenofobo e nazionalista non avesse un carattere difensivo, pretendendo di difendere la razza, la patria, ecc.(!!)). I ricordi del fascismo erano ancora vivi, ma questo fenomeno «d'autodifesa» storicamente spiegabile, anche se secondo noi moralmente ingiustificabile, assumeva proporzioni smisurate accentuate 6. Lando e Magagnotti, op. cit. p. 253 e ss. 7. Bracalini, op.cit. p. 133. 8. Silvius Magnago (vd. p. 153) è presidente (ruolo che corrisponde piuttosto a quello di segretario generale) della Svp dal 1957 e presidente della Giunta (esecutivo) dal 1960. E' in questo modo il capo incontestato della Provincia. 9. Bracalini, op.cit. p. 119. Gli operai della zona industriale di Bolzano erano per il 95% italiani, Magnago temeva che l'installazione di nuove industrie attirasse i giovani sudtirolesi nelle città e favorisse così l'amalgama delle due componenti etniche della provincia. 173 dallo Statuto del 1972 e dalla rigidezza del partito al potere, la Svp. Sarebbe difficile fornire un quadro esatto e completo del rompicapo altoatesino, ci si limiterà a cercare di delinearne i punti più importanti. Il primo è costituito oggi dalla segregazione etnica, l 'apartheid, fenomeno che nasce negli anni '60 e che è ormai istituzionalizzato. L'attuale segretario della DC di Bolzano, Franco Ravagnani, spiega in che modo si è arrivati attraverso lo Statuto del 1972 a questa situazione. «La separazione nasce all'interno della scuola, perché la sola forma di separazione prevista dallo Statuto d'autonomia è scolastica, partendo da lì si estende poi alle altre istituzioni per esempio all'esercito. Al "Savoia Cavalleria" di Merano ci sono camerate separate ed anche in altre caserme. Molta gente dice "E' meglio così". In tal modo tutto ciò che non è logico lo diventa. La separazione aumenta con l'applicazione dell'autonomia e questo fa parte della strategia della Volkspartei» (10). Tali constatazioni potrebbero rappresentare un caso isolato, essere le accuse di un demagogo ma, purtroppo, per il gruppo di lingua italiana non è cosi: «In Alto Adige la "separazione pacifica" (11) è in atto in tutti i campi: scuole (12) e bambini, case e insegnanti, ginnasi e assessori (13), preti, giornali, cinema. Rigorosamente: gli italiani da una parte, isudtirolesi e i ladini dali'altra. Aspettiamo che CI venga dimostrato il contrario» (14). Una situazione così assurda era aggravata dal sistema instaurato dall'articolo 89 dello Statuto del 1972. La dichiarazione d'appartenenza a uno dei tre gruppi linguistici avrebbe posto dei gravi problemi di ordine morale e pratico. Si parlava ormai di «gabbie etniche» (quale 10. Citazione tratta da S. Vassalli, Sangue e suolo, viaggio tra gli italiani trasparenti, Einaudi, Torino 1985, p. 29. 11. L'autore (Guiglia op. cit. p. 21) ironizza apertamente sulla «convivenza pacifica» a suo parere utopica, sostituendola ironicamente con l'espressione «separazione pacifica». 12. Visto dall'autore stesso a Merano il 30 ottobre 1985. Gli allievi di lingua italiana e tedesca, seguono corsi separati in edifici contigui che hanno però entrate separate ben indicate da frecce segnaletiche. 13. Nella Commissione provinciale di Bolzano esiste per esempio un assessore alla Cultura di lingua tedesca (Anton Zelger). 14. A questo proposito Magnago dichiarava di recente: «Separare i gruppi ed evitare l'integrazione è una necessità» da Vassalli, op. cit. p. 98. 174 sarebbe stata la definizione per i figli nati da matrimoni misti?). L'ultimo censimento risaliva al1981, in quell'occasione il movimento «Neue Linke - Nuova Sinistra» di Alexander Langer, consigliere provinciale aveva organizzato un movimento di boicottaggio del censimento etnico che non ebbe il successo sperato: solo 5.531 persone rifiutarono la dichiarazione. Ora, nonostante l'esiguità del numero, queste persone si vedevano automaticamente private del diritto ad un impiego pubblico. Ma il problema vero e proprio era costituito dalla «proporzionale etnica» negli impieghi pubblici. Va ricordato che i gruppi di lingua tedesca e ladina in base all'articolo 89 avrebbero avuta assicurata una parte di questi impieghi in rapporto alla loro consistenza numer!ca. Dal censimento del 1981 (15) emergevano i seguenti dati: i cittadini di lingua tedesca rappresentavano il 66,9% (279.576 residenti) della popolazione della provincia, i cittadini di lingua italiana il 28,7% (123,716) di questa stessa popolazione e quelli di lingua ladina il4,1% (17,739) per un totale di 421.031 cittadini residenti nella provincia. Gli impieghi pubblici avrebbero dovuto ormai essere ripartiti in modo da coprire queste proporzioni e da equiparare il numero smisurato di funzionari ed impiegati pubblici italiani, che da una proposizione del 90% negli anni '60 dovevano a poco a poco passare, con la proporzionale etnica, al 28,7%. Purtroppo, come ammetteva ancora Gru ber negli anni '50, gli abitanti di lingua tedesca non erano molto attratti dal settore pubblico e molti posti rimasero vacanti. Inoltre, dato che la «proporzionale etnica» sarebbe stata applicata poco alla volta a tutti i settori gestiti dalla Provincia (assistenza pubblica, tutti i servizi pubblici, ma anche la costruzione di scuole, di alloggi, ecc.) per una coabitazione serena si sarebbe dovuta lasciare una certa flessibilità. Ma non fu così: gli impieghi riservati ai cittadini di lingua tedesca rimasero spesso vacanti in attesa che qualche cittadino di lingua tedesca volesse concorrere per questo o quel posto (16). D'altra parte ci sarebbe voluta una certa elasticità, oggi molti funzionari, medici, ecc. si trovano la carriera bloccata perché il posto più in alto è 15. Lando e Magagnotti, op. cit. p. 112. 16. Vassalii, op.cit. pp. 25-122-123. 175 riservato ad un rappresentante dell'altro gruppo etnico (17). Ed infine per quanto riguarda il settore degli alloggi e della scuola: «La Volkspartei privilegia la componete tedesca in molti modi. Per esempio l'articolo 15 dello Statuto d'autonomia che prevede la correzione del meccanismo proporzionale in caso di bisogno. Quelli che hanno bisogno, qui, sono soprattutto gli italiani. Tuttavia negli anni '70 si sono realizzati degli interventi massicci nel campo dell'edilizia in diverse voci del bilancio della Provincia (agricoltura, turismo) ad esclusivo vantaggio della componente tedesca» (18). Un altro problema è rappresentato dall'obbligo del bilinguismo in ogni impiego pubblico, il che pone gravi problemi alla comunità italiana tanto più che è necessario un esame scritto e orale ed è inoltre difficile essere assunti, anche in impieghi privati, se non si ha una buona conoscenza del tedesco. Tutto ciò può sembrare naturale, ma gli italiani contestano le possibilità che vengono loro date di imparare la seconda lingua. Ricordiamo che in base all'articolo 19 l'insegnamento di questa lingua è obbligatoria a partire dalla scuola elementare; gli italiani vorrebbero invece che fosse obbligatorio a partire dalla scuola materna. Ferretti, assessore alla cultura per la lingua italiana, afferma (19): «C'è da parte tedesca un veto politico all'introduzione della seconda lingua nelle scuole materne. Noi pensiamo, invece, che insieme all'apprendimento della lingua materna si potrebbe compiere un primo approccio alla seconda lingua a partire dall'età prescolare». Anton Zelger (20) assessore alla cultura per la lingua tedesca pensa sia meglio che: «Ognuno faccia il programma per il suo gruppo» e risponde che «Ferretti ha detto che: "questo insegnamento lo si fa solo per il nostro gruppo". Ma se l'idea si fa strada si arriverà alla richiesta di inserire la lingua italiana anche nelle nostre scuole materne... Se l'accostamento si fa in famiglia, in un ambiente culturale favorevole, allora non ci trovo niente di male. Ma sono singoli casi isolati. La nostra paura è che tutti vogliano questo apprendimento...». 17. Vassalii, op.cit., pp. 25-122-123. 18. Dichiarazione di Ravagnani, segretario della DC di Bolzano (vd. Vassalii, op. cit., p. 29). 19. Vassalii, op. r.it.. p. 76. 20. V assalti, op.cit., p. 81. 176 A parte la separazione delle scuole materne (21) che può stupire chiunque, gli italiani in fondo rimproverano alla Svp di avere introdotto il bilinguismo obbligatorio nell'amministrazione con la parificazione delle due lingue, ma di non aver dato loro modo di imparare il tedesco fin dalla tenera età. Una situazione paradossale, una di più. Una tale visione della situazione può sembrare parziale, ma è confortata da tangibili segni di malessere degli italiani nella provincia. Il primo segnale d'allarme è rappresentato dalla situazione demografica del gruppo italiano che è, a dire il vero, disastrosa. Dal 1971la comunità italiana è diminuita del 10,2% (22), il gruppo etnico tedesco è aumentato del 7,38% e il gruppo ladino del 14,38%. Nell'anno 2001 (cioè non al prossimo censimento, ma a quello dopo) se la diminuzione numerica continua con la stessa progressione, il rapporto sarà di due italiani su 8 sudtirolesi o ladini. Queste previsioni sono confermate e aggravate dal fatto che nella fascia d'età che va dagli zero ai quattro anni gli italiani costituivano nel 1981 una percentuale del 17,58% e i sudtirolesi del 73,54%. Si potrebbe dedurre che ciò è dovuto alla bassa natalità del gruppo italiano e che le rivalità etniche non c'entrano per nulla, ma come spiegare allora che 14.000 (23) italiani si sono dichiarati di lingua tedesca piuttosto che di lingua italiana? Come spiegare che molti italiani preferiscono cambiare nome (questo ci ricorda il fascismo!) facendosi chiamare Adolf, Peter, Karl, piuttosto che Adolfo, Pietro o Carlo? (24) Si deve constatare amaramente che lo Statuto del 1972 abilmente e legalmente rimaneggiato dalla Svp, non contribuisce affatto (ne è ben lontano) all'armonia e all'equilibrio tra le diverse comunità. Non dichiarava forse Magnago: «Noi amministratori dobbiamo creare le premesse perché ogni gruppo possa conservare la propria identità, se 21. V. «Appello al governo dall'Alto Adige» da un gruppo rappresentante i genitori delle scuole materne di Bolzano, 22 dicembre 1987, «Il Giornale». In questo appello si legge: «Educare ibambini dell'Alto Adige alla rigida separazione fm dalla tenera elà significa spingere la provincia non già ali'Europa ormai alle porte, ma a un maso sempre più chiuso e isolato nel cuore dell'Europa». 22. Per tutte queste cifre vedi Guiglia, op. cit., p. 125. 23. Guiglia, op. cit., p. 91. 24. Guiglia, op. cit., p. 43. 177 lo vuole. Ma se questo gruppo rinuncia e decide di autoeliminarsi io non posso certo impedirglielo»? (25) Davanti a difficoltà di ogni genere (alloggi, lavoro,...) gli italiani della provincia pare si siano tirati indietro, molti sono partiti o stanno per farlo mentre altri hanno preferito mescolarsi al gruppo dei più forti per trovare o conservare il posto. Ma questo malessere si è ripercosso in modo sorprendente anche nell'ambito politico. Già nel 1983 Vassalli notava l'effetto sulla popolazione italiana delle idee nazionaliste del Msi (26). Alle elezioni provinciali comunque il Msi otteneva solo due seggi su 35, ma il risveglio del nazionalismo sudtirolese manifestatosi nel settembre 1984, avrebbe esasperato la popolazione italiana. In effetti il 9 settembre 1984, a Innsbruck, si svolgeva una manifestazione di 30.000 persone con la partecipazione di Magnago, Wallnofer (governatore del Tirolo settentrionale) e del presidente austriaco KirchschHiger. Dei 30.000 manifestanti, circa 10.000, per la maggior parte Schiitzen, provenivano dal Sud Tirolo. Gli slogan più insistenti furono «Selbstbestimmung fiir Siidtirol» (autodeterminazione per il Sud Tirolo) e <<Tirol den Tirolem» (il Tirolo ai tirolesi). La manifestazione aveva lo scopo di dimostrare al mondo intero l'unità del Tirolo e l'irrinunciabilità da parte dei sudtirolesi al principio imprescrittibile dell'autodeterminazione. Essa diede luogo come si può immaginare a polemiche, ma agli italiani della provincia sembrò soprattutto una provocazione. La reazione degli italiani non si fece attendere. Il 12 maggio 1985 si svolsero le elezioni comunali nella provincia e a Bolzano il Msi di Giorgio Almirante otteneva il 22,58% dei voti, un balzo in avanti eccezionale se si pensa che cinque anni prima questo stesso partito aveva ottenuto il 6,27% dei voti alle elezioni del Consiglio comunale. Questa reazione era una protesta contro gli abusi della Svp e si materializzava nel voto per un partito che non aveva perso occasione di reclamare una riforma o l'abolizione degli articoli dello Statuto 25. Citazione da Vassalii, op. cit., p. 88. 26. Il Msi distribuiva una fac-simile di un biglietto ferroviario: «da Bolzano-Bozen a Verona - altre direzioni» con «Inclicazioni speciali: profugo dell'Alto Adige - sola andata» e «Prezzo in lire: gratuito. Pagato da molto tempo da Svp, DC, Pci, Psi, Psdi, Pri, Pli». 178 contestati dalla popolazione italiana. L'«Arbeit Zeitung» (27) la interpretava come un campanello d'allarme: «Non si tratta qui di un voto neo-fascista ma della paura da parte del gruppo italiano che negli ultimi mesi si è sentito in posizione minoritaria. E' una paura concreta e fondata. n voto missino è anche un avvertimento ai sudtirolesi ed ai loro rappresentanti politici perché non dimentichino che gli sforzi fatti per salvaguardare i loro diritti non possono ritorcersi sugli altri...». La «Salzburger Nachtrichten» da parte sua ricordava alla Svp le sue responsabilità: essa «non ha saputo capire le preoccupazioni italiane». La risposta di Magnago era molto secca e non lasciava intravedere alcuna speranza: «il Msi ha ingannato il suo elettorato promettendo di cambiare qualcosa nel Pacchetto. Il Pacchetto non verrà mai cambiato e gli elettori del Msi se ne accorgeranno al momento giusto>> (28). Ad ogni modo il voto era decisamente simbolico poiché il Msi, nonostante il successo insperato, rientrava neIl'opposizione all'interno del Consiglio comunale di Bolzano dove la Svp formava una coalizione con 5 partiti italiani (DC, Pri, Psi, Psdi e Pli) ma ciò era un segno evidente dell'esasperazione degli italiani dell'Alto Adige (29). Dell'elevato punteggio del Msi, che non aveva precedenti in Italia, era responsabile quanto meno qualcun altro: il governo italiano che da tempo brillava per - l'indifferenza e la mancanza di senso delle responsabilità nei riguardi degli affari della provincia. Certamente il governo di Roma era al corrente della situazione perché per esempio, prima delle elezioni provinciali del 1983, Spadolini (30) aveva parlato di «sofferenza» e di <<malessere» della comunità italiana. Egli faceva presente che «la popolazione italiana diminuiva di giorno in giorno» e proclamava che «noi non dobbiamo costringere i giovani ad abbandonare l'Alto Adige per mancanza di lavoro». Inoltre esisteva in Italia un ministro degli Affari Regionali, il social-democratico Vizzini che aveva il compito di occuparsi della questione. Ora, l'atteggiamento di Vizzini lasciava intendere che egli non era né la persona più adatta a 27. Vienn14 maggio 1985, citazione da Fernando Mezzetti corrispondente de «TI Giornale». 28. Citazione di Hartman Gallnetzer per «Il Giornale», 14 maggio 1985. 29. Si noti che la rappresentanza del Msi raddoppiava anche a Merano (dal 5,5% alle elezioni comunali del1980, al1'11,9% alle comunali del12 maggio 1985). 30. V. Vassalli, op.cit., p. 108. 179 «capire» la questione né la più interessata al problema. Bisogna sapere infatti che Vizzini si è recato in visita nella provincia una sola volta restandovi per quattro ore e che quando la stampa (31), dopo i risultati del 12 maggio 1985, l'aveva cercato per conoscerne le reazioni, Vizzini non aveva potuto essere contattato dai giornalisti perché si trovava in Sicilia a seguire i risultati elettorali del suo partito(!!). A parte il disdicevole comportamento di Vizzini, il gove1no Craxi avrebbe dovuto sentirsi in obbligo di interessarsi alla questione almeno finché fosse rimasto aperto il contenzioso internazionale con l'Austria. Al momento della visita del cancelliere austriaco Sinowatz a Roma il 12 e il 13 settembre 1985, Craxi non aveva ancora ricevuto la «quietanza liberatoria» che l'Italia attendeva da anni semplicemente perché questa quietanza era legata all'applicazione totale dello Statuto del 1972. Infatti nonostante tutti i provvedimenti presi in favore della minoranza sudtirolese, la Svp attende da più di dieci anni le ultime modalità d'applicazione (32). Queste modalità riguardano l'uso della lingua tedesca nei tribunali, l 'istituzione di un tribunale amministrativo speciale, alcune norme riguardanti la scuola (come per es. l'iscrizione negli asili) e le competenze della Provincia per quanto riguarda la radio e la televisione. Ora, gli italiani dell'Alto Adige, non solo cercano di opporsi all'entrata in vigore di queste modalità che rafforzerebbero i poteri della Provincia (e di conseguenza della Svp) e provocherebbero un nuovo stato di malessere nella loro comunità (33), ma cercano di ottenere una revisione del Pacchetto. Neli'ottobre 1985 (34) il Msi presentava al Parlamento 22.000 firme di italiani favorevoli ad una revisione. Non si trattava di una iniziativa isolata 31. Vd. «Il Giornale» del14 maggio 1985. 32. La attende tuttora (1987) dal ministro alle Regioni, l'on. Aristide Gunnella (Pri). 33. Per esempio la modalità riguardante la lingua tedesca nei tribunali prevede che ogni processo si svolga interamente nella lingua dell'imputato. Questo sarebbe non solo un preludio ad una giustizia separata, ma porrebbe dei problemi di lingua: è impossibile discutere di una causa in tedesco se tutta la giurisprudenza è in italiano. Per la televisione non si tratta di programmi, poiché la Rai ha dei programmi in tedesco e i sudtirolesi ricevono due canali austriaci (oltre ad alcune televisioni private in tedesco), ma del problema del controllo della Rai di Bolzano da parte della Provincia 34. 7 ottobre 1985, «Il Giornale». 180 poiché la «Neue Linke - Nuova Sinistra», presentava una risoluzione per la modifica del Pacchetto, mentre il Pci domandava «più giustizia per gli italiani di Bolzano» (35). Ma, come abbiamo visto, Magnago non ha nessuna intenzione di vedere modificato il Pacchetto, egli reclama invece la piena applicazione dello Statuto: «Una migliore collaborazione col gruppo italiano sarà possibile solo quando lo Statuto sarà applicato in tutte le sue clausole e senza fare i furbi. Senza queste premesse non c'è niente da fare» (36). La «quietanza liberatoria» rimane subordinata ali'applicazione dello Statuto ed alla soddisfazione di Magnago che è appoggiato dal governo di Vienna (37). Il governo di Roma si trova perciò di fronte a due alternative: o accontentare la Svp e «tradire» gli italiani della Provincia risolvendo il contenzioso con l'Austria, o soddisfare gli italiani e rivedere lo Statuto. E' un vero e proprio dilemma perché sia in un caso che nell'altro si giungerà ad un irrigidimento dell'atteggiamento del gruppo che si sentirà danneggiato e quindi ad una maggiore tensione (38). Lo slogan «Il Tirolo ai tirolesi» è a un passo dalla realtà, il 2000 è vicino. Si può legittimamente immaginare il destino della provincia senza altoatesini. Cosa succederà allora? Bruno Hosp, segretario generale della Svp e comandante degli Schtitzen dichiarava a questo proposito: «li diritto all'autodeterminazione è per noi irrevocabile. Da un punto di vista realistico non vediamo la possibilità di metterlo in pratica al momento presente: l'Austria non può entrare in guerra con l'Italia per liberarci. Ma la situazione internazionale può mutare. Ciò 35. 8 ouobre 1985, «La Repubblica». 36. 31 agosto 1985, «Il Giornale». 37. Magnago si era recato a Vienna prima della visita di Sinowatz a Roma. Ne era ritornato con delle garanzie (vd. «La Repubblica» del 3 settembre 1985) non smentite dai fatti al momento del viaggio del cancelliere. 38. Bisogna segnalare che alle elezioni politiche del giugno 1987 il Msi ha avuto un nuovo incremento ottenendo il25% dei suffragi a Bolzano e riuscendo a eleggere un deputato, Andrea Mitolo. Qualsiasi passo falso del governo provocherebbbe la recrudescenza del nazionalismo italiano e un nuovo balzo in avanti del Msi. 181 che non è possibile oggi, potrebbe diventarlo tra dieci anni» (39). Va ricordato che il Trattato di Stato firmato il 15 maggio 1955 dall'Austria, dalla Francia, dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica fissa la frontiera austriaca al Brennero (frontiera dell'Austria al l gennaio 1938) e le impedisce qualsiasi annessione territoriale. Una guerra itala-austriaca? L'ipotesi ci sembra ancora più assurda quando si pensa che l 'Italia è il secondo partner commerciale dell'Austria dopo la Germania Federale e che i rapporti italo-austriaci sono tra i più amichevoli (40). Non si vede come un tale stato di cose possa cambiare nonostante l 'irredentismo degli Schtitzen e della Svp. Magnago a proposito dei giovani di lingua tedesca dichiarava recentemente: «I giova..,i devono dire come i vecchi: il nostro Stato è l'Italia, ma la nostra Patria è un'altra cosa, è l'Austria. Essere cittadini italiani fedeli sì, ma sentirsi italiani di lingua tedesca significherebbe compiere il primo passo verso l'assorbimento della propria identità» (41). La nostra sola speranza ed il nostro desiderio è che questi giovani 39. Vedi Vassalii, op.cit., p. 34. 40. Bisogna anche segnalare che un eventuale ritorno all'Austria significherebbe, per la. Provincia, la perdita dei famosi «contributi speciali» che lo Stato versa ogni anno (art. 79 dello Statuto e 119 della Costituzione). Questi contributi sono più che sostanziosi: nel 1986, tanto per dare un esempio, lo Stato ha versato alla Provincia autonoma di Bolzano 2.506 miliardi. Quello stesso anno gli altoatesini pagavano 1.000 miliardi circa di tasse, la Provincia aveva quindi ricevuto all'incirca 1.500 miliardi netti (v. il bilancio consuntivo del 1986 della Provincia autonoma di Bolzano). La riunificazione del Tirolo comporterebbe altre conseguenze: l'economia altoatesina perderebbe i vantaggi dovuti a1l'appartenenza dell'Italia alla Cee. Sappiamo benissimo che l'Austria vorrebbe diventare membro di quest'ultima (v. «La Repubblica» del28 dicembre 1987), ma sappiamo anche che la volontà austriaca non potrà tradursi in realtà finché la vertenza alLOatesina rimarrà aperta. L'Austria ha bisogno, per entrare nella Cee, dell'appoggio del governo italiano che a sua volta desidera ottenere la «quietanza liberatoria» austriaca. Il nodo di questo passo verso la costruzione europea è in mano alla Svp che deve dare il suo accordo sulle ultime norme di attuazione dello Statuto. Ora, sembra che il partito di Magnago non sia disposto a chiudere la vertenza (v. «Il Giornale» del 19 gennaio 1988) perché perderebbe il suo potere di contrattazione con il governo di Roma. Il 1992 è molto vicino ed è amaro constatare che ancora oggi gli interessi di alcuni uomini politici, che credono ancora in un'utopia (la riunificazione del Tirolo), possano bloccare la costruzione dell'Europa. 41.31 agosto 1985, «Il Giornale». 182 La nostra sola speranza ed il nostro desiderio è che questi giovani nati agli albori dell'anno 2000 (Magnago (42) è nato nel 1914) comprendano che vivere insieme non significa necessariamente «assorbimento» o «assimilazione» di una cultura o deli'altra, ma più spesso arricchimento. Le culture tedesca e italiana sono troppo ricche e diverse per annularsi l'un l'altra. E se, all'inizio della nostra ricerca siamo stati toccati da un appello lanciato dai sudtirolesi nel 1919 al presidente Wilson, nel quale si pronunciava la frase: «For the Ita!ians South Tirol is but a tract of land, for us it is our Home» (43), non possiamo essere indifferenti ad un'altra frase pronunciata da un altoatesino nato in Alto Adige: «Non dimenticatevi di noi, non dimenticate gli italiani di qui!» Il Sud Tirolo o Alto Adige è ormai il vostro comune «paese natale» ed è sufficientemente vasto perché le tre comunità linguistiche e culturali possano coesistere pacificamente senza dimenticare il passato, ma traendone al contrario una lezione per l'avvenire. 42. Si noti che Magnago, come indica il nome stesso è di padre italiano. 43. «Per gli Italiani il Sud Tirolo è solo un lembo di terra, per noi è la nostra Patria». 183 FONTI ARCHIVISTICHE Archives diplomatiques Séries Z - EUROPE 1944-1949 Sous-série ITALlE Dossiers N°: 43- Tyrol du Sud, Dossier gén, avr. 1944- déc. 1945 44- Tyrol du Sud, Dossier gén, jan. 1946- mars 1946 45- Tyrol du Sud, Dossier gén, avr. 1946- mai 1946 46- Tyrol du Sud, Dossier gén, mai 1946- juil. 1946 47- Tyrol du Sud, Dossier gén, aout 1946- mai 1949 48 - Documentation du Tyrol du Sud, Pian et cartes 1944-1949 Dossiers N°: 49- Documentation du Tyro1du Sud, 1944-1949 50- Documentation du Tyrol du Sud, 1944-1949 Série Z- EUROPE 1949-1955 Sous série ITALIE DossierN°: 21- Tyrol du Sud, Dossier gén, 1949-1955 Série Y 1944-1949 Paris, Conseil des ministres des Affaires étrangères Dossiers N°: 143 lère partie 25 avril - 16 m ai 1946 152 2e partie 15 jiun - 12 juillt 1946 Paris, Suppléants, procès-verbaux des séanccs Dossier N°: 159 - 28 mai - 15 juin 1946 185 INDICE DEI NOMI Adenauer Konrad, 157, 158. Almirante Giorgio, 178. Amonn Eric, 51, 60, 135, 137, 137 n 83, 137 n 86, 138, 144 n 95. Asburgo, 15, 16 n 10, 68, 69 n 70. Attlee Clement, 54, 63, 83. Augusto, Caio Giulio Cesare Ottaviano, 14. Badoglio Pietro, 28, 38. Balay Georges, 42 n 11,48 n 22, 49 n 23,49 n 24, 67 n 64, 68 n 65, 74 n 87, 110 n 29, 123 n 50. Balfour Arthur sir, 19. Battisti Cesare, 16, 16 n 11, 17, 17 n 14,42 n 9. Bauer Otto, 20. Berard, 156 n 36. Bcrthclot Marcel, 53 n 29,73 n 84. Béthouart Emile Marie, 53, 53 n 29, 54 n 34, 60, 61, 61 n 52, 61 n 53, 61 n 54, 69 n 59, 69 n 71, 70 n 72, 72 n 81, 73 n 84, 79, 81 n 110, 87 n 122, 102 n 5, 119 n 43, 123, 124. Bevin Ernest, 39, 63, 70, 72, 75, 77, 82, 88, 91, 96, 96 n 136, 103, 105 n 17, 107, 136 n 81. Bidault Gcorges, 33 n l, 39,42 n 11, 47 n 18,48 n 21,48 n 22, 49 n 23, 49 n 24, 58 n 43, 58 n 44, 59 n 45, 60 n 46, 60 n 48, 61 n 54, 64 n 57, 65 n 60, 67 n 63, 68 n 66, 69 n 70, 69 n 71, 70 n 72, 71, 71 n 75, 71 n 77, 71 n 79, 74 n 86, 74 n 87, 75 n 89, 75 n 90, 78, 78 n 97, 78 n 98, 79 n 101, 80 n 106, 81 n 107, 81 n 110, 82 n 111, 82 n 112, 86 n 117, 86 n 118, 88 n 126, 91 n 129, 96, 102, 102 n 5, 109, 110 n 25, 110 n 28, 110 n 29, 111 n 30, 187 120 n 44, 123, 123 n 49, 123 n 50, 124 n 52, 124 n 53, 125 n 55, 125 n 56, 131n65, 132n69, 134n75,134n76, 134n78,136,136n80, 142n90, 153 n 20, 159 n 47. Bischoff, 87, 87 n 120, 88. Bismarck Otto von, 69 n 70. Bissolati Leonida, 21. Bocchini Anuro, 26, 26 n 26. Bonnet Hemi, 75. 75 n 88. Bonomi Ivanhoc, 38, 89 n 127, 129. Bootby, 135 n 99. Breitenberg von, 156, 156 n 29. Byrncs Jarncs, 39, 65, 75, 88,88 n 125,91, 96, 103, 110. Carandini Niccolò, 89, 89 n 127, 90, 104, 105, 106, 107, 108, 129 n 62. Carolingi, 15. Chamson André, 14 n 5. Charpcntier, 111 n 30. Chauvcl, 123 n 48. Chèrriere, 54 n 34, 70 n 22. Chruchill Winston sir, 34, 35, 46, 63. Ciano Galeazzo conte, 26. protocollo Ciano- Von Mackcnsen, 5, 24, 27, 33, 47, 48 n 19. Clairval, 58, 60, 67. Coppini, 125, 126. Coulet François, 86 n 116, 88 n 126, 119 n 43. Couve de Murvillc Mauricc, 40, 40 n 5, 47, 47 n 18, 58 n 43, 59 n 45, 60 n 46,60 n 48, 64,64 n 57,71 n 75, 77,78 n 97, 91. Craxi Bettino, 180. Credaro Luigi, 20, 22, 52. Crispi Francesco, 18. Dc Gaspcri Alcide, 6, 38, 39, 40, 41, 42, 42 n 9, 43, 44, 45, 46, 47, 48,48 n 20, 49, 50, 54, 68, 80, 89, 96 n 136, 103, 106, 108, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 121, 129, 130, 131, 132 n 68, 133 n 74, 149, 157, 167, 168. Accordo De Gasperi- Grubcr 6, 96 n 136, 108, 109, 110, 115, 119, 120, 121, 124, 130, 136, 142, 149 n 8, 150, 159, 162, 164. Dcjean Maurice, 65 n 59, 72 n 81. Dietl Hans, 160. Dollfuss Engelbcrt, 24, 67. Druso, Claudio Nero Druso, 14, 23, 27, 44. 188 Dunn, 40, 63, 76, 77, 79, 91. Ebner Toni, 66, 158. Eden Anthony sir, 34. Eggarter Hans, 29, 67. Einaudi Luigi, 129 n 62. Elie Hubert, 66 n 61, 67, 67 n 63, 67 n 64, 68, 68 n 65, 130 n 64, 131 n 69. 132 n 70, 133, 133 n 71, 133 n 73, 133 n 74, 135 n 79, 137, 137 n 84, 137 n 85, 143 n 92, 143 n 93, 145 n 98, 148 n 3, 148 n 4, 149 n 6, 149 n 7. Eugenio di Beauharnais, 16. Ferretti Remo, 176. Figl Leopold, 37,53 n 30, 70, 77, 81, 117, 120, 132, 160, 163, 164. Fouques Duparc Jacques, 30 n 32, 30 n 32*, 132 n 70, 133 n 71, 133 n 73, 133 n 74, 134 n 75, 135 n.79, 136 n 80, 136 n 81, 136 n 84, 137 n 85, 143 n 92, 143 n 93, 145 n 97, 147 n 3, 148 n 4, 149 n 6, 149 n 7, 150 n 9, 151 n 12, 151 n 13, 157 n 34, 159 n 46, 160 n 49, 160 n 50, 160 n 54, 161 n 57. Francesco IIdi Asburgo, 16. Francesco Giuseppe di Asburgo, 18. François Poncet André, 157, 157 n 30, 157 n 31, 157 n 32, 157 n 33, 158 n 44. Fugger, 15. Gamper, 95, 150, 159 n 47, 160. Garnier Jean Pierre, 76 n 91. Gaulle Charles de, 60, 62, 86 n 116. Gaussen Gérard, 156 n 29, 158 n 43, 160 n 49. Geisler vescovo-principe, 54, 54 n 32, 95, 102, 137, 145, 150. Ghedina Sisto, 132, 133, 133 n 72. Giolitti Giovanni, 51. Goebbels Josef, 157. Goethe Wolfgang von, 14 n 4, 14 n 5. Gordian Fritz, 157 n 31. Grandi Dino, 28. Gruber Karl, 6, 53 n 30, 54, 67, 70, 70 n 73, 72 n 80, 74, 77, 79, 81, 81 n 109, 86, 87, 89, 97, 100, 104, 106, 107, 108, 110, 110 n 28, 111, 112, 112 n32, 113,117,118,119,120,131,134,157,175. Accordo De Gasperi - Gruber 6, 97 n 136, 108, 109, 110, 115, 119, 120, 121, 124, 130, 136, 142, 149 n 8, 150, 159, 162, 164. Gschnitzer Franz, 165 n 64. 189 Guggenberg Otto von, 103 n 14, 112, 115 n 34, 136, 138, 144 n 95. Gunnella Aristide, 180 n 32. Guseev, 40, 76, 77, 91. Himmler Heinrich, 26, 30 n 32*. Hiùer Adolf, 5, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 35, 54, 68. Accordo Hitler- Mussolini, 104, 105, 106, 109. Hofer Andreas, 16, 16 n 10, 95, 165 n 64. Andreas Hofer Bund, 29, 50, 67. Hofer Franz, 28, 29. Hoppenot Henri, 76 n 92. Horabin, 88 n 125. Hosp Bruno, 181. House Edward, 19, 20. Hull Cordell, 34. Innocenti Silvio, 79, 103, 106, 107. Jaeger Jules-Albert, 54 n 33. Jebb, 39, 76,77, 79,82. Kaim, 157. KirchscHiger, 178. Kreisky Bruno, 156, 156 n 29, 159 n 47, 160, 163, 164, 165, 166. Kripp, 144 n 95. La Grandville, 87 n 120. Lalouette Roger, 158 n 37, 158 n 42, 159 n 47, 160 n 53. Langer Alexander, 175. Ludwig, 116. Mackensen Hans Georg von, 26. Protocollo Ciano- Von Mackensen 5, 24, 27, 33, 47,48 n 19. Mac Neil, 143. Magnago Silvius, 153, 153 n 19, 155, 163, 173, 173 n 8, 174 n 14, 177, 178, 179,181,181 n37, 182, 182n40, 183, 183n42. Marshall George, 134, 156. Massigli René, 65 n 60, 71, 71 n 77, 71 n 78, 71 n 79, 72, 75 n 89, 76 n 93, 77 n 94, 77 n 95, 77 n 96, 80 n 106, 82 n 111, 87 n 123, 88 n 124, 88 n 125, 91 n 129, 103 n 11, 158 n 39. Mastromattei Giuseppe, 27. 190 Mayer René, 71 n 76. Mazzini Giuseppe, 16, 43. Mitolo Andrea, 181 n 38. Molotov Viaceslav, 34, 39, 88, 96. Monicault Louis de, 33 n l, 61, 61 n 53, 61 n 54, 70 n 72, 70 n 73, 74 n 85, 78, 78 n 98, 86 n 116, 86 n 117, 86 n 118, 86 n 119, 88 n 126, 95 n 134, 100 n l, 100 n 3, 110 n 25, 123 n 48, 123 n 49, 125 n 55, 125 n 56, 125 n 57, 126 n 58, 126 n 59, 127 n 60, 131 n 65, 134 n 76, 134 n 78, 136 n 81, 142 n 90, 144 n 95, 150 n 10, 150 n 11, 151 n 14. Moro Aldo, 166. Mussolini Benito, 15 n 7, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 44, 48, 54, 57, 155. Accordo Hitler- Mussolini 104, 105, 106, 109. Nadau, 157 n 31, 157 n 35, 159 n 45. Napoleone Bonaparte, 16, 17. Nitti Saverio, 51, 69 n 70. Orlando Vittorio Emanuele, 21, 44, 56. Ottone I il grande, 15. Padovani, 117. Paris Camille, 82 n 112, 87 n 123. Parodi Alexandre, 69 n 70, 74 n 86, 75 n 89, 79 n 101. Pani Ferruccio, 38. Payart Jean, 159 n 48. Pella Giuseppe, 157, 158. Pellegrini, 66, 67. Perassi Tomaso, 136. Piccolomini, Enea Silvio papa Pio Il, 14 n 4. Pinay Antoine, 160 n 53. Pilato Ponzio, 91. Poussard Raymond, 100 n 2. Raab Julius, 160, 161, 162. Raffeiner Josef, 51. Raffle, 95. Ravagnani Franco, 174, 176. Renner Karl, 20, 36, 42,53 n 30, 54, 69, 70, 71, 71 n 76, 131. Ribbentrop Joachim von, 26. Roberti Vero, 59. Roosevelt Franklin Delano, 46. 191 Rose François de, 48 n 21. Saragat Giuseppe, 166. Scelba Mario, 165. Schuman Robert, 150 n 9, 150 n 10, 150 n 11, 151 n 14, 157 n 30, 157 n 31, 157 n 32, 157 n 34. Schuschnigg Kurt Edler, 24, 25. Sebilleau Pierre, 153 n 20. Segni Antonio, 165. Seydoux de Clausonne François, 156 n 29, 161 n 55. Seyss Inquart Arthur, 25. Sforza Carlo conte, 21. Sinowatz Fred, 180, 181 n 37. Sonnino Giorgio Sidney, 18. Spadolini Giovanni, 179. Stalin, Josif Visarionivic Dzugasvili detto, 34, 35. Stannard Baker Ray, 43 n 13, 51. Starace Achille, 21. Stresemann Gustav, 23. Studnitz von, 157. Tiberio, Tiberio Claudio Nerone, 14. Tienzl, 60. Tito, Josif Broz detto, 41. Togni Giuseppe, 162. Tolomei Ettore, 12, 17, 17 n 14, 20, 22,22 n 22, 29, 43, 57, 80, 81. Toscano Mario, 27, 30 n 32, 35. Truman Harry, 54. Tirolo, conti del, 15. Vassalii Sebastiano Vemon Bartlett, 135. Vishinski Andrei, 104. Visconti Venosta Emilio marchese, 17. Vizzini Carlo, 179, 180. Vlassov Andrei, 30 n 32, 30 n 32*. Vogelweide Walther Von Der, 16, 23. Voizard, 54, 54 n 31, 61, 61 n 52. Volgger Friedrich, 66, 103 n 14. Wagniére Georges, 56. 192 Waldhcim Kurt, 166. Wallnofcr, 178. Warbey, 135. Wilson Woodrow, 19, 20, 43,43 n 13, 46, 51, 183. Winckler Jcan Claude, 150 n 9, 159 n 46. Winckler Pierre, 76 n 92. Zclgcr Anton, 174 n 13, 176. 193 1574. Storia diplomatica, collana diretta da Enrico Serra Enrico Serra, La diplomazia in Italia Roberto Gaja, Introduzione alla politica_ estera dell'era nucleare Enrico Serra (a cura di), Gli ambasciatori italiani e la diplomazia oggi Giancarlo Giordano, Carlo Sforza: la diplomazia '1896-1921 Fabrizio Ghilardi, L'Europa degli equilibri 1815-1890 Enrico Decleva, L'incerto alleato. 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Storia e memoria dei lager nazisti nei racconti di duecento sopravissuti Giuseppe Del Torre, Venezia e la terraferma dopo la guerra di Cambrai. Fiscalità e amministrazione 1515-1530 Assunta Trova, Alle origini dello scoutismo cattolico in Italia. Promessa scout ed educazione religiosa (1905-1928) Francesco Gaudioso, Calabria ribelle. Brigantaggio e sistemi repressivi (1860-1870) Luigi Donvito, Società meridionale e istituzioni ecclesiastiche nel cinque e seicento Luciana Caminiti, I Centri di azione agraria. Un aspetto del disagio delle campagne (1955-1965) Aldo Berselli, Franco Della Peruta, Angelo Varni (a cura di), La municipa/izzazione nell'area padana. Storia e esperienze a confronto Pietro Macchione, L'oro e il ferro. Storia della Franco Tosi Franco Della Peruta, Milano: lavoro e fabbrica (1815-1914) Giovanna Angelini, Il socialismo del lavoro. Osvaldo Gnocchi-Viani tra mazzinianesimo e istanze libertarie Umberto Levra, Nicola Tranfaglia (a cura di), Torino fra /iberalismo e fascismo Umberto Chiaramonte, Economia e società in provincia di Novara durante il fascismo (1919-1943) Aldo Agosti, I muscoli della storia. Militanti e organizzazioni operaie a Torino (1945-1955) Tommaso Detti, Fabrizio Majfi. Vita di un medico socialista Angelo Turchini, Morso, morbo, mor- te. La tarantola fra cultura medica pane. Comunità rurali e Repubblica e terapia popolare romana nel Lazio (1848-1849) 95. Stefano Musso, La gestione della for- 110. Paolo Malanima, I piedi di legno. Una za lavoro sotto il fascismo. Ra.zionamacchina alle origini dell'industria meliuazione e contrattazione collettiva dievale nell'industria metallurgica torinese 111. Augusta Molinari, Le navi di Lazza(1910-1946) ro. Aspetti sanitari dell'emigrazione 96. Franco Invernici, L'alternativa di transoceanica: il viaggio per mare «Giustizia e Libertà». Economia e po- 112. Claudio Natoli, Leonardo Rapone (a litica nei progetti del gruppo di Carlo cura di), A cinquant'anni dalla guerRosse/li ra di Spagna 97. Franca Modesti, Emigranti bellunesi 113. Paolo Corsini, fl feudo di Augusto Turati. Fascismo e lotta politica a Breda/1'800 al Vajont. Sfruttamento, buscia 1922-1926 rocrazie, culture popolari 114. Roberto Chiarini, L'armonia e /'ardi98. Domenico Preti, La moderniuazione mento. L'ascesa del fascismo nella corporativa (1922-1940). Economia, Brescia di Augusto Turati salute pubblica, istituzioni e profes115. Renato Coriasso, Lavoro e energia. sioni sanitarie Lavoratori elettrici e sindacato 99. Anna Capelli, La buona compagnia. 1884-1945 Utopia e realtà carceraria nell'Italia 116. Simonetta Soldani (a cura di), Edudel Risorgimento care al femminile 100. Pina Travagliante, La pianificazione difficile:.sviluppo urbano e crescita 117. Alessandro Orlandini, Il fantasma di Bettino. Genesi di uno spettro: la legedilizia a Catania fra le due guerre genda del barone Bettino Ricasoli 101. Adriano Ballone, Uomini, fabbrica e 118. M. Luisa Cicalese, Democrazia in potere. Storia deii'Assocìazione naziocammino. Il pensiero di John Stuart nale perseguitati e licenziati per rapMi/l nell'incontro con A. de Tocquepresaglia politica e sindacale vi/le 102. Claudia Minciotti Tsoukas, I «torbidi del Trasimeno» del 1798. Analisi 119. Fabio Bettanin, Pro e contro Sta/in. La destalinizzazione in Urss di una rivolta l 03. Pasquale Fornaro, Crisi postbellica e rivoluzione. L'Ungheria dei Consigli e l'Europa danubiana nel primo dopoguerra 104. Roberto Maiocchi, La belle époque dell'atomo. Ricerche sulla vittoria dell'atomismo nella fisica del primo Novecento 105. Vittorio Frajese, Il popolo fanciullo. Silvio Antoniano e il sistema disciplinare della controriforma 106. Luigi Ponziani, Notabili, combattenti e nazionalisti. L'Abruzzo verso il fascismo 107. Franco Della Peruta, Biblioteche e archivi. Guida alla consultazione l 08. Aned, Consiglio regionale del Piemonte, Storia vissuta 109. Franco Rizzi, La coccarda e le cam- Stampa Tipomonza Viale Monza, 126 - Milano FrancoAngeli storia diplomatica Alto Adige o Siidtirol? Alto Adige, Sud Tirolo... sono nomi ricorrenti nei titoli della nostra attualità, ma sia per la lontananza (il nome mitteleuropeo Tirolo ·è quasi esotico anche per un abitante della pianura padana) che per la complessità di una realtà molto particolare, è difficile per il lettore di un quotidiano capire che cosa stia accadendo in quella provincia. Per capire la realtà attuale bisogna ricorrere, come sempre, alla storia; ma i vari libri scritti in italiano sulla questione sono sempre stati di parte. Questo libro non vuoi sostenere una causa: vorrebbe, bensì, essere un appello alla convivenza tra le due principali etnie della provincia. A questa prima originalità se ne sovrappone una seconda: le fonti sono in gran parte provenienti dagli archivi del Ministero francese degli Affari Esteri. Il terzo punto importante è che l'Autore volendo scrivere una storia della questione altoatesina dal 1945 al 1948 l'ha completata con un'ampia introduzione storica, fornendo anche una panoramica generale dei problemi altoatesini o sudtirolesi attuali. Ne risulta un quadro che è lungi dall'essere completo ma che si potrebbe definire «nuovo» su una questione più che mai «europea» (l'entrata dell'Austria nella Cee, per esempio, è attualmente bloccata dal nodo altoatesino). Giuseppe Caprotti è nato a Milano nel 1960. Ha compiuto i suoi studi in Svizzera e poi a Parigi. Nel 1986 si è laureato in storia contemporanea alla Sorbona con una tesi da cui ha preso le mosse questo libro. Attualmente sta preparando uno studio sull'indipendentismo siciliano. ! ·AGli IO •••••• t ul•• pstulte, eMll n IfA. 111. &f'll. llt. 2 d . esente da llolla 111 ICIM Ili a •• D.P.R. 627/78 art. 4/1. .. IIÙ .latriO.aeiol ql i O! J 0111dL da !VA, ll.P.L b Ua di acco• c.rt. 4/6. NOI t:Uiimerci . • può IIMiidi•BBIIII l 9 788820 4274 74