Associazione Culturale e Turistica “ Ursa Major ” / Luglio 2015 Special Edition in occasione della Festa Svizzera a Maisano di Valbrona organizzata in collaborazione con: Fa - Wa Entertainment e Gruppo Fratellanza - Amici delle missioni Indiane Perché si dice: Dùlz „mè „na màna (letteralmente - dolce come una manna) ricerca di Fausto Forni. La Manna, a volte o arcaicamente scritto mana, è una sostanza commestibile che, secondo la dottrina abramitica, Dio somministrò agli Israeliti durante le loro peregrinazioni nel deserto, dopo l'uscita e la liberazione dalla schiavitù in Egitto “Quando Dio si apprestava a far scendere la manna dal cielo essa illuminava l'atmosfera spirituale delle tappe affrontate dal popolo d'Israele nel deserto: l'origine celeste della manna favoriva questa manifestazione. Non potendo raccoglierla durante il Sabato (giorno che secondo la tradizione ebraica è destinato al riposo), Dio donava una doppia razione di manna ogni Venerdì affinché bastasse anche per il Sabato; in ricordo di ciò gli appartenenti alla religione ebraica devono preparare i pasti del Sabato con almeno due pagnotte chiamate Challot: esse vengono custodite all'interno di due panni di stoffa, uno al di sopra ed uno sotto, per ricordare anche lo strato di rugiada che ricopriva sotto e sopra questo cibo celeste. I Chakhamim insegnano che ogni Ebreo che assaggiava la manna poteva percepire e gustare un sapore diverso da quello degli altri Ebrei: si parla di gusti di altri cibi da loro desiderati ed assaporati mangiando la sola manna. Il residuo della manna che si scioglieva si diffondeva poi nell'acqua in modo che il gusto della carne degli animali selvatici che si abbeveravano di quell'acqua rendesse noto agli altri popoli che la assaggiavano del cibo fornito da Dio agli Ebrei” Nella Bibbia ebraica (Tanakh) la manna è descritta due volte: una volta in Esodo 16:1-36 con una narrazione completa, un'altra volta in Numeri 11:1-9 quale parte di una narrazione separata. Nella descrizione del Libro dell'Esodo, la manna viene presentata come "cosa sottile, a forma di fiocco" come brina al suolo. È descritta nel Libro dei Numeri come posatasi insieme alla rugiada durante la notte; Esodo aggiunge che la manna era paragonabile alla brina come dimensioni, similmente doveva essere raccolta prima che si sciogliesse a causa del calore del sole, ed era di colore bianco come il seme del coriandolo. Numeri la descrive di apparenza paragonabile al bdellio, aggiungendo che gli Israeliti la macinavano e impastavano facendone focacce, che poi venivano cotte e avevano il sapore di pasta all'olio. Esodo afferma che la manna cruda sapeva di pane fatto col miele. Gli Israeliti furono istruiti di consumare solo la manna che avevano raccolto ciascun giorno. La rimanenza di manna messa in serbo per il giorno successivo "fece i vermi e si imputridì": ci fu un'eccezione il giorno prima dello Shabbat (Giorno della Preparazione), quando venne raccolto il doppio della manna, che non si imputridì durante la notte, poiché Esodo 16:23-24 afferma "Questo è quello che ha detto il Signore: «Domani è un giorno solenne di riposo: uno shabbat sacro al Signore; fate cuocere oggi quello che avete da cuocere, e fate bollire quello che avete da bollire; tutto quel che vi avanza, riponetelo e conservatelo fino a domani». Essi dunque lo misero da parte fino all’indomani, come Mosè aveva ordinato, e quello non imputridì e non fu infestato dai vermi." Nel resoconto biblico, il nome "manna" si dice derivi dalla domanda man hu, che apparentemente significa "Cos'è ?"; questa è forse un'etimologia aramaica, non una ebraica. Man è forse una parola imparentata col termine arabo man, che significa pidocchio delle piante e man hu quindi significherebbe "questo è un pidocchio della pianta", che si adatta ad una diffusa identificazione moderna della manna, la secrezione cristallizzata di alcune cocciniglie. Nell'ambiente di un deserto, tale melata si asciuga rapidamente a causa dell'evaporazione del suo contenuto acquoso, diventando un solido appiccicoso che poi assume un colore biancastro, giallastro o marrone; la melata di tale forma è considerata una leccornia nel Medio Oriente ed è un'ottima fonte di carboidrati. In particolare, esiste la "cocciniglia della manna tamerice" (Trabutina mannipara), che è tra le prime candidate della manna biblica. Esodo afferma che ogni giorno un omer di manna veniva raccolto per ciascun membro di famiglia (circa 3,64 litri) e potrbbe implicare che ciò avvenisse indipendentemente da quanto sforzo era stato messo nella sua raccolta; un midrash attribuito a Rabbi Tanhuma narra che, sebbene molti fossero abbastanza diligenti da andare nei campi a raccogliere la manna, altri si sdraiavano pigramente per terra e prendevano la manna allungando le mani. Il Talmud asserisce che questo fattore venisse usato per risolvere le dispute sulla proprietà degli schiavi, poiché la quantità di omer di manna che ciascuna famiglia poteva raccogliere indicava quante persone facevano legittimamente parte di data famiglia; gli omer di manna per schiavi rubati potevano essere raccolti solo dai legittimi proprietari e quindi i legittimi proprietari si ritrovavano con quantità d'avanzo. Secondo il Talmud, la manna veniva trovata nei pressi delle case di coloro con una forte fede in Dio e lontano dalle case di coloro con dubbi; in verità, un midrash classico narra che la manna era intangibile ai gentili, che inevitabilmente se la vedevano svanire tra le mani. Il Midrash Tanhuma sostiene che la manna si sciogliesse, formasse rigagnoli liquidi, venisse bevuta da animali, speziasse la carne delle bestie e fosse quindi mangiata indirettamente dai gentili, questo essendo quindi l'unico modo in cui i gentili potevano assaporare la manna. Nonostante questi accenni a distribuzioni irregolari, la letteratura rabbinica classica esprime l'opinione che la manna cadesse in grandi quantità ogni giorno. Si ritiene che la manna venisse distribuita su un'area di oltre 2000 cubiti quadrati, per un totale tra i 50 e i 60 cubiti in altezza, abbastanza per nutrire gli Israeliti per 2000 anni e che si potesse vedere dai palazzi di ogni re dell'Est e dell'Ovest, probabilmente un'affermazione metaforica. Esodo narra che gli Israeliti consumarono manna per 40 anni, iniziando dal quindicesimo giorno del secondo mese (15 di Iyar), ma che poi cessò di cadere quando ebbero raggiunto una terra abitata e si avvicinarono ai confini di Canaan (abitata dai cananei). Nonostante l'eventuale cessazione dell'erogazione di manna, Esodo afferma che ne rimase una piccola quantità in un vaso o urna, che venne tenuta nel Tabernacolo "davanti alla Testimonianza" (forse adiacente all'Arca dell'Alleanza), il testo indica che il Signore incaricò Mosè di farlo e che ne venne delegato Aronne. La Lettera agli Ebrei afferma che l'urna fu riposta all'interno dell'Arca. Le fonti rabbiniche classiche ritengono che l'urna fosse d'oro; alcuni dicono che rimase lì soltanto fino alla generazione dopo Mosè, e altri che sopravvisse almeno fino al tempo di Geremia. Tuttavia, il Primo Libro dei Re afferma che non c'era già più prima di Geremia, durante il regno di Salomone nel X secolo p.e.v. Fin qui c’è la spiegazione divina o spirituale, ma parliamo di un contesto di alcuni secoli fa ed è impossibile che qualcuno abbia assaggiato questo alimento, assai improbabile pure che queste conoscenze siano state tramandate di generazione in generazione. Allora come si può sostenere che la manna è dolce ? In un contesto botanico moderno, la "manna" è spesso usata per indicare le secrezioni di varie piante, in particolare di alcuni arbusti e alberi, nonché gli zuccheri ottenuti facendo evaporare la linfa del Fraxinus ornus (Frassino da manna), estratta facendo piccoli tagli nella corteccia. Questa pianta, originaria dell'Europa meridionale e Asia sudoccidentale, produce una linfa verde-blu, che ha caratteristiche medicinali quale blando lassativo, demulcente ed espettorante. I nomi sia dello zucchero mannosio e del suo alcol idrogenato, il mannitolo, sono derivati della manna. In Italia è un prodotto tipico siciliano, come tale è riconosciuto e rientra nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) stilato dal ministero delle politiche agricole e forestali. La coltivazione del frassino da manna risale presumibilmente alla dominazione islamica (IX-XI secolo d.C.); il più antico documento che menziona la manna risale al 1080 in un diploma del vescovo di Messina. La Sicilia divenne la maggiore produttrice nella seconda metà dell'Ottocento. Oggigiorno la coltivazione è limitata a poche zone dell’isola, precisamente solo al territorio di Pollina e Castelbuono, con una superficie coltivata stimata nel 2002 a circa 3200 ha. Qui l'ultima generazione di frassinicoltori mantiene in vita il prezioso patrimonio colturale e culturale legato al mondo dell'antico mestiere dello "Ntaccaluòru". In alcuni centri fino agli anni '50 la manna costituiva la base dell'economia locale per i frassinicoltori locali. Il fenomeno che ha spinto le nuove generazioni a preferire il lavoro in città, anziché l'agricoltura, ha contribuito fortemente all'abbandono della coltura della manna. Oggi i frassineti aspettano di rigenerarsi per dare ricchezza. La produzione offre tuttavia un buon reddito rispetto al passato (ogni chilo ha un costo superiore a 20 euro, e il prezzo è sempre in crescita). Le aree in cui il frassino da manna viene (o veniva) coltivato fanno parte dell'assai più ampio areale naturale della specie (descritto nella voce Fraxinus ornus). Si tratta di zone comprese nella fascia altimetrica fra 200 e 800 metri, a clima mediterraneo-arido (non a caso il frassino è pianta xerofita - si adatta bene alla siccità), su suoli calcarei o argillosi. Le produzioni migliori sono indicate per terreni calcari-arenacei esposti a sud-est. Sono circa 70 le specie di frassini riconosciute in tutto il mondo, ma soltanto 3 sono quelle presenti nella flora italiana: Fraxinus excelsior L. - Fraxinus ornus L. - Fraxinus angustifolia Vahl., tutte potenzialmente produttrici di manna. Il Fraxinus excelsior detto comunemente frassino maggiore è un albero alto fino a 40 metri con chioma dapprima ovale e in seguito arrotondata, e con fusto diritto e slanciato. La corteccia nelle piante giovani è verde-olivastra e liscia, mentre nelle piante adulte, diviene finemente e densamente fessurata. Le foglie opposte, caduche sono composte da 7-15 foglioline aventi la lamina di forma lanceolate ed il margine seghettato. I fiori riuniti in infiorescenze a forma di "pannocchia" compaiono prima delle foglie e fioriscono da marzo ad aprile. Il frutto secco e alato (samara) contiene un solo seme. Questa specie nell'Italia meridionale vive a quote elevate ed in Sicilia è presente solo sulle Caronie. Il clima non sufficientemente caldo e arido non permette di far rapprendere la manna. Fraxinus ornusIl Fraxinus ornus detto comunemente orniello o amolleo è un albero spesso ridotto a cespuglio che può raggiungere al massimo i 10 m. d'altezza. Il sistema radicale è fittonante ed arriva fino a notevole profondità, il tronco più o meno eretto ha una forma cilindrica con una corteccia grigio-verdastra e liscia anche nelle piante adulte. Le gemme sono di colore grigio cenere e si distinguono in terminali e laterali: le prime di forma ovale, allungate ed appuntite mentre le seconde più piccole ed ovato- acute. Le foglie sono opposte e imparipennate composte da 7-9 foglioline lanceolate o ellittiche, i fiori di colore biancastro profumati e riuniti in pannocchie si sviluppano contemporaneamente alle foglie dei rami dell'anno precedente e sono ermafroditi; la fioritura avviene in aprilemaggio, il frutto è una samara bislunga lanceolata con una lunghezza di 2–3 cm. Questa è la specie tipicamente utilizzata per la produzione della manna. Il Fraxinus angustifolia, chiamato volgarmente ossifillo, è un albero alto che può superare i 20 m. con foglie opposte, imparipennate costituite da 5-13 foglioline strette, lanceolate e dentellate. I fiori che si sviluppano prima delle foglie sono riuniti in pannocchie ascellari e fioriscono a fine inverno; il frutto è una samara di 2– 4 cm. In Sicilia, oltre alla specie tipica, è presente la sottospecie oxycarpa che si differenzia per la pubescenza nella parte prossimale della pagina inferiore delle foglioline. La varietà più diffusa sui territori di Castelbuono e Pollina è il "verdello", per le sue ottime caratteristiche di produttività, precocità e qualità del prodotto. La manna è riconosciuta come Presidio Slow Food ed è per questo motivo che assieme ai frassinicoltori è stato redatto un disciplinare di produzione che ne garantisce la qualità e la provenienza. La manna è la linfa estratta dalla corteccia opportunamente incisa. Si riduce sempre di più il numero dei coltivatori; ormai quasi solo gli anziani sanno come coltivare e praticare le incisioni sulla corteccia del tronco del frassino con un particolare coltello chiamato mannaruolo. Dalle piccole incisioni trasversali create con gesti precisi, sgorga lentamente un succo inizialmente di colore ceruleo e di sapore amaro (lagrima), che a contatto con l'aria rapidamente si schiarisce e assume un sapore dolce. Condensandosi, forma cannoli e stalattiti di colore bianco e profumati. L'operazione di raccolta si pratica ogni settimana con l'archetto, la paletta e la scatola (particolari arnesi per la raccolta della manna). In base alla modalità di raccolta è classificata: Manna cannolo: è la più pregiata, simile ad una stalattite; si forma dal gocciolamento della linfa lungo la corteccia dell'albero e si raccoglie con l'archetto. Manna rottame: è costituita dalla linfa che scorre lungo la corteccia; si stacca con la rasula e si raccoglie nella scatola. Manna in sorte: è formata dalla linfa che si accumula nei cladodi di ficodindia appositamente predisposti alla base del tronco. Poiché la categoria più pregiata è la manna cannolo, è stato messo a punto un nuovo sistema di raccolta, al fine di aumentarne la quantità. Questo sistema prevede l'uso di fili di nylon legati ad una piccola lamina d'acciaio posta subito sotto l'incisione; la linfa scorre lungo i fili e solidifica formando cannoli di lunghezza considerevole, che si possono raccogliere ogni due giorni, contrariamente al metodo tradizionale che prevedeva la raccolta settimanale. La produzione viene messa ad asciugare (stinnitura) per le prime 24-36 ore all'ombra, per togliere e ripulire i cannoli e le stalattiti dalle impurità; successivamente in pieno sole sugli stenditoi o stinnituri per circa una settimana, fino a quando il prodotto raggiunge il giusto tenore d'umidità (circa il 9%). Infine, selezionata con cura, viene riposta in appositi contenitori in legno e conservata in ambiente asciutto. Di solito la prima incisione ricade nella seconda-terza decade di luglio. In questo periodo si pratica la scalzatura (o squasatura) che consiste nell'asportare la terra attorno al tronco fino a mettere a nudo la parte superiore delle radici più grosse; così facendo si agevola la pianta ad entrare in una condizione di stress idrico indispensabile ai fini della produzione. Per individuare il momento idoneo per la prima incisione, il frassinicoltore fa un esame per verificare la maturità della pianta controllando che il terreno sia completamente asciutto e si stacchi dalle radici, che le foglie virino dal verde intenso ad un verde tendente al giallo; inoltre per verificare l'effettivo stato di stress dell'albero si saggia con mano il grado d'appassimento del fogliame. Quando la pianta è pronta, si pratica la prima incisione con il mannaruolu; l'incisione avviene trasversalmente alla base del tronco a partire da 5–10 cm dal suolo. Le incisioni (ntacche) vengono effettuate ogni mattina a distanza di circa 2-3 centimetri dal solco precedente. La prima incisione incomincia nella seconda metà di luglio e si termina alla fine di settembre, se le condizioni meteorologiche lo permettono. La composizione chimica della manna è molto complessa e dipende da diversi fattori tra cui: qualità, zona di provenienza, l'età del frassino e la sua esposizione, l'andamento stagionale e molti altri fattori. La manna in media contiene il 40-60% di mannitolo o mannite (C6H14O6), 8-10% d'umidità, 3-5% glucosio e fruttosio, 12-16% manninotriosio, 6-12% manninotetrosio, 1-3% elementi minerali, 0,5%-0,1% resina e altre sostanze in quantità minori (vitamine, enzimi, mucillagini, pectine, tannini). La manna è in primo luogo un lassativo leggero esente da controindicazioni, particolarmente adatto alla primissima infanzia, alle persone molto anziane debilitate e convalescenti (viene somministrata generalmente nel latte, o come decotto di manna, che è un blando purgante); è un regolatore e rinfrescante intestinale, in quanto purifica l'apparato digerente da tossine e appesantimenti dovuti a cattiva alimentazione. È anche un cosmetico naturale, e ha una benefica azione sull'apparato respiratorio, infatti si comporta da fluidificante, emolliente e sedativo della tosse; è inoltre un dolcificante naturale a basso contenuto di glucosio e fruttosio, utilizzabile come dolcificante per diabetici. La manna possiede numerose virtù terapeutiche ed è innocua e priva di azioni secondarie rilevanti, cosa che tra l'altro la rende particolarmente raccomandabile in pediatria: è indicata nei casi d'indigestione e ipertensione, ha proprietà bechiche e anticatarrali, è sedativo della tosse e calmante nelle bronchiti; pezzetti di manna sciolti in bocca lentamente hanno proprietà espettoranti. Infine, può essere usata come collirio nelle congestioni oculari. Oltre alla manna di frassino, anche altre secrezioni vegetali contenenti zuccheri sono dette manne. La manna del Sinai o della Bibbia o degli Ebrei è data dall’escrezione dei giovani rami, provocata dalle punture di un insetto su piante diverse (Anabasis articulata, Haloxylon schweinfurthii e alcune specie di Tamarix e di Artemisia); è usata come alimento dai beduini dell’Arabia e dei paesi vicini. Anabasis articulata Alhagi maurorum Haloxylon schweinfurthii Larice La manna di Alhagi o di Persia è costituita da lacrime che si ottengono recidendo i rametti di Alhagi maurorum, dai quali sgorga un liquido contenente saccarosio e un principio purgativo; è usata nella medicina persiana. La manna di Briançon o di larice è un’escrezione spontanea dei rametti e delle foglie del larice, che contiene melecitosio; si raccoglie, in piccole quantità, nelle Alpi francesi e italiane; specialmente in passato si usava come lassativo. La manna del deserto è costituita dai talli di licheni (Lecanora esculenta e specie affini) che crescono sul terreno nelle steppe e nelle regioni subdesertiche dell’Africa settentrionale e Asia occidentale. Sono masserelle rotondeggianti, giallicce, mangerecce; sollevate dal vento possono essere trasportate a grande distanza, dando luogo al fenomeno detto pioggia di m. (alcuni ritengono che questa sia la m. ricordata nella Bibbia). Secondo alcuni autori la manna degli Ebrei, potrebbe corrispondere ai talli di Lecanora esculenta, un tipico lichene di ambiente desertico ancora oggi utilizzato dai persiani per farne un pane denominato "shirsad".