William Shakespeare William Shakespeare nel ritratto eseguito da Martin Droeshout Firma di Shakespeare William Shakespeare (Stratford-upon-Avon, 23 aprile 15641 – Stratfordupon-Avon, 23 aprile 16162) è stato un drammaturgo e poeta inglese, considerato come il più importante scrittore in lingua inglese e generalmente ritenuto il più eminente drammaturgo della cultura occidentale. 1La data di battesimo è il 26 aprile 1564, mentre l'esatto giorno di nascita è un argomento ancora dibattuto tra gli esperti. Si dice che sia nato il 23 aprile per convenzione in quanto in quel giorno si celebra la festa di S.Giorgio patrono della nazione. 2La data di morte riportata segue il calendario giuliano, allora in uso in Inghilterra. Secondo il calendario gregoriano, introdotto nei paesi cattolici dal 1582, Shakespeare morì il 3 maggio. Nella stessa data del 23 aprile 1616, ma del calendario gregoriano, morirono anche Miguel de Cervantes Saavedra e il meticcio inca Garcilaso de la Vega. Per questo motivo l'UNESCO ha designato il 23 aprile per la Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore. Spesso considerato il poeta più rappresentativo del popolo inglese e soprannominato il "Bardo dell'Avon" (o semplicemente "Il Bardo") oppure il "Cigno dell'Avon", delle sue opere ci sono pervenuti, incluse alcune collaborazioni, 37 testi teatrali, 154 sonetti e una serie di altri poemi. Le sue opere teatrali sono state tradotte in tutte le maggiori lingue del mondo e sono state inscenate più spesso di qualsiasi altra opera; inoltre è lo scrittore maggiormente citato nella storia della letteratura inglese e molte delle sue espressioni linguistiche sono entrate nell'inglese quotidiano. Nonostante la cronologia esatta delle sue opere sia ancora al centro di numerosi dibattiti, così come la paternità di alcune di esse, è possibile collocare con sufficiente certezza l'epoca di composizione della maggior parte dei suoi lavori nei circa venticinque anni compresi tra il 1588 e il 1613. Capace di eccellere sia nella tragedia sia nella commedia, fu in grado di coniugare il gusto popolare della sua epoca con una complessa caratterizzazione dei personaggi, una poetica raffinata e una notevole profondità filosofica. Benché fosse già popolare in vita, divenne immensamente famoso dopo la sua morte e i suoi lavori furono esaltati e celebrati da numerosi e importanti personaggi nei secoli seguenti. La scarsità di documenti sopravvissuti riguardanti la sua vita privata ha fatto sorgere numerose congetture riguardo al suo aspetto fisico, alla sua sessualità, al suo credo religioso e persino all'attribuzione delle sue opere. Biografia Le origini Shakespeare visse a cavallo fra il XVI e il XVII secolo, un periodo in cui si stava realizzando il passaggio dalla società medievale al mondo moderno. Nel 1558 sul trono del regno era salita Elisabetta I d'Inghilterra, inaugurando un periodo di fioritura artistica e culturale che da lei prese il nome. Il padre di William, John, si trasferi', alla metà del Cinquecento, da Snitterfield a Stratford-upon-Avon, dove divenne guantaio e conciatore. John compare per la prima volta nelle documentazioni storiche nel 1552. Un documento ci informa che John Shakespeare aveva in affitto un'ala di quella che sarebbe poi diventata famosa come la casa natale del poeta, situata a Henley Street. Nel 1556 John accrebbe le sue proprietà, acquistando una proprietà fondiaria e l'altra ala della casa natale, che a quel tempo era una struttura separata. John prese in moglie Mary Arden, figlia del ricco agricoltore Robert Arden. Mary era la figlia minore, tuttavia era probabilmente la prediletta del padre visto che quando questi morì, verso la fine del 1556, le lasciò la sua tenuta e il raccolto della sua terra. Il matrimonio avvenne tra il novembre del 1556, mese in cui fu redatto il testamento di Robert Arden, e il settembre del 1558, mese in cui nacque la prima figlia. A partire dall'autunno del 1558, iniziò la carriera politica di John Shakespeare: prestò giuramento come uno dei quattro connestabili. Dal 1565 fu aldermanno, cioè un componente della giunta municipale di Stratford; nel 1568 ricoprì per un anno la carica più importante della città, quella di baglivo. Raggiunto il massimo riconoscimento cittadino, decise di rivolgersi al Collegio degli araldisti per ricevere uno stemma, non riuscendo però a ottenerlo. Tra il 1570 e il 1590, John Shakespeare, oppresso dai debiti, ebbe alcuni problemi di natura finanziaria, che portarono alla fine della sua carriera pubblica e alla vendita di alcuni possedimenti. La giovinezza a Stratford La data di battesimo di William Shakespeare a Stratford-upon-Avon risulta essere il 26 aprile 1564; la trascrizione nel registro parrocchiale riporta: "Gulielmus, filius Johannes Shakspere". Non è documentata la data di nascita, che tradizionalmente si suppone sia avvenuta tre giorni prima, il 23 aprile, giorno in cui si festeggia San Giorgio, patrono dell'Inghilterra3. William fu il terzo di otto figli. Durante l'estate del 1564, la peste colpì Stratford, tuttavia sembra che abbia risparmiato la famiglia Shakespeare. Sebbene non siano giunti a noi i registri scolastici di questo periodo, molti biografi concordano che Shakespeare frequentò la King's New School, istituto gratuito per i maschi della cittadina, dedicato a Edoardo VI e fondato dalla Gilda della Santa Croce, distante circa quattrocento metri dalla sua casa; lì avrebbe avuto modo di apprendere la lingua latina e i classici della letteratura, rischiando inoltre di essere sottoposto a frequenti punizioni corporali. Le lezioni erano impartite sei giorni alla settimana, cominciavano alle sei o alle sette di mattina e continuavano fino alle undici; dopo la sosta per il pranzo riprendevano all'una per poi concludersi alle sei di sera. Non vi sono riferimenti a una sua eventuale formazione universitaria. È probabile che William abbia lavorato come apprendista nel negozio del padre; infatti, è stato messo in rilievo come Shakespeare nelle sue opere faccia riferimento a svariati tipi di pelle d'animale e ad altre conoscenze tipiche dei conciatori. Il 27 novembre 1582, all'età di diciotto anni, William sposò a Stratford Anne Hathaway, di otto anni più anziana. Il matrimonio, testimoniato da Fulk Sandalls e John Richardson, considerata la data di nascita della prima figlia, è probabile che sia stato affrettato dalla gravidanza della sposa. 3Carlo Maria Pensa prefazione a William Shakespeare, Amleto - Sogno di una notte di mezza estate 1999. Il 26 maggio 1583 la prima figlia di Shakespeare, Susannah, venne battezzata a Stratford. Due anni dopo, il 2 febbraio 1585, vennero battezzati due gemelli: un maschio, Hamnet, e una femmina, Judith. Gli Shakespeare chiamarono i figli come i loro vicini e inseparabili amici, Hamnet e Judith Sadler. Quando nel 1598 Judith e Hamnet Sadler ebbero un figlio, lo chiamarono William. Hamnet era una variante morfologica, consueta a quel tempo, di Hamlet, pertanto alcuni sospettano che il nome del bambino abbia ispirato quello del protagonista dell'opera omonima, benché il nome Hamnet o Hamlet fosse a quei tempi piuttosto comune. La figlia di Susannah e di John Hall, Elizabeth, sarà l'ultima discendente della famiglia. Gli anni perduti Tra il battesimo dei due gemelli e la sua comparsa sulla scena letteraria inglese, non vi sono documenti relativi alla vita di Shakespeare; per questo motivo, il periodo che va dal 1585 al 1592 è definito dagli studiosi come lost years ("anni perduti"). Il tentativo di spiegare questo periodo ha dato vita a numerose supposizioni e fantasie; spesso nessuna prova suffraga queste storie se non le dicerie raccolte dopo la morte del drammaturgo. Nicholas Rowe, il primo biografo di Shakespeare, riporta una leggenda di Stratford secondo la quale Shakespeare abbandonò la città, rifugiandosi a Londra, per sfuggire a un processo causato dalla caccia di frodo di un cervo di Thomas Lucy, un signorotto locale. Un altro racconto del XVIII secolo riporta che Shakespeare cominciò la sua carriera teatrale badando ai cavalli dei clienti dei teatri di Londra. John Aubrey riportò che Shakespeare divenne un insegnante di campagna. Alcuni studiosi hanno suggerito la possibilità che Shakespeare sia stato assunto come tutore da Alexander Hoghton di Lancashire, un proprietario terriero cattolico che cita un certo "William Shakeshafte" nel suo testamento del 1581. Tuttavia non si hanno prove che qualche membro della famiglia del poeta usò mai la variante "Shakeshafte". È stato ipotizzato che Shakespeare abbia cominciato la sua carriera teatrale unendosi a una delle tante compagnie che visitavano Stratford annualmente. Nella stagione 1583-84 tre compagnie visitarono Stratford, nella stagione 1586-87 ben cinque, tra cui quella della regina, quella di Essex e quella di Leicester. La comparsa a Londra e i primi successi Diversi documenti del 1592 ci informano del successo di Shakespeare in ambito teatrale: sappiamo che sue opere sono già state rappresentate dalle compagnie dei conti di Derby, di Pembroke e del Sussex; si ha notizia, inoltre, della rappresentazione il 3 marzo 1592 della prima parte dell'Enrico VI. La fama di Shakespeare era in ascesa vertiginosa, tanto da attirarsi le gelosie dei colleghi più anziani: proprio in quest'anno Robert Greene gli dedicò la celebre invettiva: (EN) (IT) « an upstart Crow, beautified with our « Un corvo parvenu, abbellito dalle feathers, that with his Tygers hart nostre piume, che con la sua "Arte di wrapt in a Players hyde, supposes he is tigre nascosta da un corpo d'attore"4 as well able to bombast out a blanke ritiene d'essere capace quanto il verse as the best of you: and beeing an migliore di voi di tuonare in absolute Johannes factotum, is in his pentametri giambici; ed essendo un owne conceit the onely Shake-scene in faccendiere affaccendatissimo, è secondo il suo giudizio l'unico 'Scuotia countrey. » scene'5 del paese. » (Greene, nel Groatsworth of Wit, un opuscolo pubblicato il 3 settembre 1592) Greene era uno scrittore dalla personalità focosa che nel Groatsworth criticò anche Marlowe e Nashe. Henry Chettle, il tipografo che aveva preparato per le stampe il manoscritto del Groatsworth, sentì il bisogno, pochi mesi dopo, di prendere le distanze da Greene nella prefazione alla sua opera Kind-Heart's Dream (Sogno di cuor gentile); il passo in questione, sul quale gli studiosi hanno spesso speculato dal momento che tramanda il carattere di Shakespeare, Chettle si dispiace di non averlo risparmiato, apprezzando la "rettitudine della sua condotta, che attesta della sua onestà, e della sua grazia arguta nello scrivere, che depone bene sulla sua arte". Negli anni 1593-94, a causa di un'epidemia di peste, i teatri inglesi rimasero chiusi; Shakespeare, in questo periodo, pubblicò due poemetti, Venere e Adone e Il ratto di Lucrezia. Il primo, stampato nel 1593, è dedicato a Henry Wriothesley, III conte di Southampton, all'epoca diciannovenne. Sono state fatte molte speculazioni intorno alla relazione tra Shakespeare e Southampton - alcuni critici lo identificano come il misterioso "W.H." destinatario dei sonetti -, tuttavia secondo Samuel Schoenbaum "non traspare una grande intimità tra poeta e mecenate". Il volume ebbe molto successo ed ebbe numerose ristampe. Il successo dell'opera è testimoniato anche da un'opera teatrale, stampata nel 1606 ma di qualche anno precedente, The Return from Parnassus, rappresentata all'inizio del XVII secolo dagli studenti del St John's College di Cambridge. The Return from Parnassus è la seconda di un ciclo di tre opere teatrali; al suo interno, un personaggio dice: (EN) « Let this duncified world esteem of Spenser and Chaucer, I'll worship sweet Mr Shakespeare, and to honour him will lay his Venus and Adonis under my pillow. » (IT) « Che il mondo ignorante stimi pure Spencer e Chaucer. Io venererò il dolce signor Shakespeare, e in suo onore metterò Venere e Adone sotto il mio cuscino » (The Return from Parnassus, 1606) 4La frase in corsivo è una parodia della frase di Shakespeare "Oh, cuore di tigre nascosto da un corpo di donna!" (Enrico VI, parte III). 5Evidente l'assonanza Shake-scene / Shake-speare. Tuttavia questa citazione manifesta solo la popolarità che il Venere e Adone aveva raggiunto in quegli anni; infatti, sebbene alcuni critici abbiano interpretato questa frase come un apprezzamento dell'ambiente universitario nei confronti di Shakespeare, altri hanno sottolineato che il personaggio che fa questo elogio è uno stupido. A supporto dell'ipotesi che Shakespeare non era visto di buon occhio dall'ambiente universitario, è possibile citare la terza e ultima parte del ciclo "Parnassus" degli studenti dello St John's College, The Second Part of the Return from Parnassus; in questa, un personaggio che impersona William Kempe, parlando con un personaggio che impersona un altro membro della compagnia di Shakespeare, critica in maniera grossolana i drammaturghi con educazione universitaria e afferma che "il nostro compagno Shakespeare li ha tutti umiliati". Nel 1594, Shakespeare dà alle stampe il suo secondo poemetto Il ratto di Lucrezia, anch'esso dedicato al conte di Southampton. Leggendo la dedica, la maggioranza degli studiosi sono d'accordo sull'accresciuta familiarità tra il poeta e il conte; tuttavia, la relazione tra i due resta di difficile interpretazione, dato che, escluse queste due dediche, Southampton non compare in nessun altro documento riguardante Shakespeare. I servi del Lord Ciambellano Nell'autunno 1594, da alcuni mesi la peste aveva abbandonato Londra, ciò permise la riapertura dei teatri; in questi mesi Shakespeare si unisce, o contribuisce a formare, una compagnia teatrale chiamata The Lord Chamberlain's Men ("servi del Lord Ciambellano"), della quale facevano parte anche Richard Burbage e William Kempe. La prima notizia dell'esistenza della compagnia si ha nel giugno 1594, attraverso un documento del libro dei conti del tesoriere privato della regina, che riporta la notizia di una rappresentazione della compagnia presso il palazzo reale di Greenwich, il giorno di S. Stefano (26 dicembre) e il giorno degli Innocenti (28 dicembre), di fronte a Elisabetta I. Nel 1596 muore il suo unico figlio maschio, Hamnet, che fu sepolto a Stratford l'11 agosto. Nello stesso anno, John Shakespeare, grazie al successo avuto dal figlio, riuscì a ottenere il diritto di fregiarsi di uno stemma e del titolo di gentleman per sé e per i suoi discendenti, nonostante il suo prestigio e la sua fortuna fossero notevolmente ridotti rispetto ad alcuni anni prima, il motto scelto è Non sanz droict, "Non senza diritto". Nel 1597 Shakespeare comprò da William Underhill per sessanta sterline una residenza a Stratford, New Place, composta da "due granai, due giardini, due frutteti, con annessi". La casa, la più grande di Stratford a quei tempi, era stata infatti costruita da un eminente cittadino della generazione precedente, Sir Hugh Clopton. Quest'acquisto testimonia il notevole guadagno che Shakespeare aveva ottenuto con la sua attività teatrale. Per il 1598 Shakespeare si era trasferito nella diocesi di St. Helen's Bishopsgate. In questo stesso anno, Francis Meres pubblica il Palladis Tamia, dove parla di "un Ovidio risorto nel mellifluo Shakespeare", e aggiunge che tra i drammaturghi inglesi è il migliore sia nella tragedia sia nella commedia, citando i titoli di molte sue opere. Sempre nel 1598, il Bardo partecipò come attore alla rappresentazione di Every Man in his Humour di Ben Jonson, nella parte di Kno'well, un vecchio gentiluomo; nell'in-folio delle opere di Jonson del 1616, Shakespeare compare infatti in cima alla lista degli attori. Shakespeare divenne poi azionista dei The Lord Chamberlain's Men, acquisendo circa il 10% della compagnia; quest'ultima, grazie soprattutto all'opera del poeta, era talmente popolare da far sì che, dopo la morte di Elisabetta I e l'incoronazione di Giacomo I (1603), il nuovo monarca adottasse la compagnia, che si fregiò così del titolo di The King's Men ("Gli uomini del re"); in questa compagnia Shakespeare ricoprì anche il ruolo di amministratore, oltre a quelli di drammaturgo e attore. Vari documenti che registrano affari legali e transazioni economiche mostrano che la ricchezza di Shakespeare si accrebbe di molto nei suoi anni londinesi. Il 5 giugno 1607 sua figlia Susanna si sposò con il medico John Hall nella chiesa della Holy Trinity di Stratford. Il ritorno a Stratford Intorno al 1611 si ritirò nella sua città natale, Stratford. L'11 settembre "Mr. Shackspere" figura sulla lista dei contribuenti che dovranno pagare l'imposta per la manutenzione delle strade reali 6. In quello stesso anno, appose la sua firma in una petizione portata avanti dai cittadini di Stratford che chiedeva alla Camera dei comuni di adoperarsi per la riparazione delle strade maestre 7. Il 3 febbraio 1612 fu sepolto Gilbert, un fratello di Shakespeare. Nel mese di maggio Shakespeare venne convocato a Londra per testimoniare nella causa "Mountjoy-Bellott", che opponeva due fabbricanti di parrucche londinesi, Christopher Mountjoy e il genero Stephen Bellott. Gli atti del processo sono giunti fino ai nostri giorni, al termine di quelli che contengono la deposizione di Shakespeare è presente la sua firma. Agli inizi del 1613 morì l'ultimo fratello di Shakespeare ancora in vita, Richard, mentre degli otto figli di John Shakespeare rimanevano solo William e la sorella Joan. Nel mese di marzo Shakespeare acquistò una casa a Londra per 140 sterline (di cui 80 in contanti); si tratta dell'ex portineria dell'abbazia dei Frati Neri (Blackfriars), non lontano dall'omonimo teatro. A partire dal 1613, sembra che Shakespeare non produsse più drammi. Nel novembre 1614 trascorse a Londra diverse settimane insieme al suo genero John Hall. Il 10 febbraio 1616 sua figlia Judith sposò Thomas Quiney. Quiney poco prima di sposarsi aveva messo incinta una ragazza di Stratford. 6 7All'epoca le strade venivano costruite e riparate per lo più dai filantropi. Il 25 marzo 1616 Shakespeare fa testamento: la maggior parte dei suoi beni andò alla figlia Susanna e al marito, all'altra figlia, Judith, lasciò alcune somme in denaro con clausole cautelative, mentre alla moglie venne lasciato "l'usufrutto della seconda camera da letto" nella casa a New Place; lasciò poi vari oggetti e piccole somme per l'acquisto di anelli ad alcuni conoscenti di Stratford e agli attori Richard Burbage, John Heminge e Henry Condell. William Shakespeare morì il 23 aprile 1616 (nello stesso giorno di Miguel Cervantes), restando così sposato ad Anne fino alla morte. John Ward, un vicario di Stratford, mezzo secolo dopo raccontò che Shakespeare, dopo aver passato una serata in campagna con Michael Drayton e Ben Jonson, in cui bevve molto alcol, morì di una febbre contratta in quell'occasione. È possibile comunque che questa sia una delle numerose leggende relative alla vita del Bardo. Venne sepolto nel coro della Holy Trinity Church, la chiesa parrocchiale di Stratford; questo privilegio non fu dovuto alla sua fama come scrittore ma al pagamento di una quota della decima della chiesa, pari a 440 sterline. Su un muro nei pressi della sua tomba si trova un monumento, commissionato probabilmente dalla sua famiglia,; questo è costituito da un busto che mostra Shakespeare nell'atto di scrivere. L'epitaffio sulla sua tomba recita: (EN) « Good friend, for Jesus' sake forbear, To dig the dust enclosed here. Blest be the man that spares these stones, And cursed be he that moves my bones. » (IT) « Caro amico, per l'amor di Gesù astieniti, dallo smuovere la polvere qui contenuta. Benedetto colui che custodisce queste pietre, E maledetto colui che disturba le mie ossa » (Epitaffio sulla tomba di W.Shakespeare) Albero genealogico Richard Shakespe are Abigail Webb (1490– 1561) John Shakespe are (circa 1531– 1601) Robert Arden (.1550..1556) Mary Arden (1537– 1608) William Shakesp eare (1564-1616) John Hall (1575-1635) Susanna Shakespe are (1583-1649) John Barnard Elizabeth Hall (1608-1670) Anne Hathawa y (1555/561623) Hamnet Shakespe are (1585-1596) Thomas Nash Joan Shakespe are William Hart (1569– 1646) Judith Shakespe are Thomas Quiney (1585-1662) Thomas Quiney (1620-1639) Shakespe are Quiney Richard Quiney (1618-1639) (1616-1617) Opere Per approfondire, vedi Cronologia delle opere di Shakespeare. L'opera poetica e drammaturgica di Shakespeare costituisce una parte fondamentale della letteratura occidentale ed è continuamente studiata e rappresentata in ogni parte del globo. La cronologia delle sue opere è incerta e rappresenta un argomento ancora dibattuto dagli studiosi. Nel First Folio del 1623, redatto da John Heminges e Henry Condell, sono comprese le 36 opere teatrali di Shakespeare, elencate in base alla loro classificazione come tragedie, commedie e drammi storici. Nessun'opera poetica di Shakespeare è stata inclusa nel First Folio. Alla fine del XIX secolo, Edward Dowden ha definito quattro delle ultime commedie shakespeariane, Pericle, principe di Tiro, La tempesta, I due nobili congiunti e Il racconto d'inverno, come romances e, anche se molti studiosi preferiscono chiamarle "tragicommedie", questo termine è spesso usato. Nel 1896, Frederick S. Boas coniò il termine problem play, "drammi dialettici", per descrivere quattro scritti di Shakespeare, Tutto è bene quel che finisce bene, Misura per misura, Troilo e Cressida e Amleto; il termine, nonostante sia dibattuto, rimane in uso, anche se Amleto viene definitivamente classificato come una tragedia. Altre opere, attribuite talvolta al drammaturgo di Stratford, sono elencate come apocrife. Due sono le opere andate perdute, Cardenio e Pene d'amore vinte. Opere teatrali Inizialmente, come era tradizione in età elisabettiana, Shakespeare collaborò con altri drammaturghi alla stesura delle sue prime opere; tra queste vi sono Tito Andronico, della quale un drammaturgo di fine Seicento disse "egli si è limitato soltanto a perfezionare con il suo magistrale tocco uno o due dei personaggi principali"8. I due nobili congiunti, scritta in collaborazione con John Fletcher, e Cardenio, andata perduta, hanno una documentazione sull'attribuzione a Shakespeare precisa. Le prime opere di Shakespeare furono incentrate su Enrico VI; Enrico VI, parte I, composto tra il 1588 e il 1592, potrebbe essere la prima opera di Shakespeare, sicuramente messa in scena, se non commissionata, da Philip Henslowe. Al successo della prima parte fanno seguito Enrico VI, parte II, Enrico VI, parte III e Riccardo III, costituendo a posteriori una tetralogia sulla guerra delle due rose e sui fatti immediatamente successivi; queste furono in diversa misura composte a più mani attingendo copiosamente dalle Cronache di Raphael Holinshed, ma sempre più segnate dallo stile caratteristico del drammaturgo, descrivono i contrasti tra le dinastie York e Lancaster, conclusi con l'avvento della dinastia Tudor di cui discendeva l'allora regnante Elisabetta I. Nel suo insieme, prima ancora che celebrazione della monarchia e dei meriti del suo casato, la tetralogia appare come un appello alla concordia civile. Molte opere risalenti al primo periodo della carriera di Shakespeare sono state influenzate dalle opere di altri drammaturghi elisabettiani, in particolare Thomas Kyd e Christopher Marlowe, dalle tradizioni del dramma medievale e dalle opere di Seneca. Di datazione controversa, ma collocabili prima delle opere della maturità, sono un piccolo gruppo di commedie, in cui è forte l'influenza dell'eufuismo e dei testi dei letterati rinascimentali e alle ambientazioni italiane. Di questo periodo fanno parte I due gentiluomini di Verona, La commedia degli errori, in cui vi sono elementi riconducibili ai modelli classici, e La bisbetica domata, derivante probabilmente da un racconto popolare. 8Edward Ravenscroft (1654?–1707) in . Dal 1594, la peste e l'inasprirsi della censura hanno prodotto la scomparsa di molte compagnie, mentre nacquero nuove realtà teatrali, come The Lord Chamberlain's Men, di cui fece parte come autore e attore. L'abilità del drammaturgo di identificare i temi più richiesti e il suo talento nella riscrittura dei copioni perché non incappino nei tagli del Master of the Revels gli assicurarono in questo periodo una rapida ascesa al successo. Le prime commedie shakespeariane, influenzate dallo stile classico e italiano, con strette trame matrimoniali e precise sequenze comiche, dal 1594 cedono il passo all'atmosfera romantica, con toni a volte più scuri e propri di una tragicommedia. In tutte le opere di questa fase è presente il wit, gioco letterario basato sulle sottigliezze lessicali. Shakespeare riesce a rendere strumenti espressivi i giochi di parole, gli ossimori, le figure retoriche, che non sono mai fini a sé stessi, ma inseriti a creare voluti contrasti tra l'eleganza della convenzione letteraria e i sentimenti autentici dei personaggi. Questo periodo caratterizzato quindi da commedie romantiche ha inizio tuttavia con una tragedia, Romeo e Giulietta, una delle opere più note di Shakespeare, proseguendo poi con Sogno di una notte di mezza estate, che contiene diversi elementi inediti nelle opere del bardo come la magia e le fate, e Il mercante di Venezia. Completano le opere di questa fase degli scritti shakespeariani l'ingegno e i giochi di parole di Molto rumore per nulla la suggestiva cornice rurale di Come vi piace, la vivace allegria de La dodicesima notte e Le allegre comari di Windsor. Negli stessi anni nacque la seconda serie di drammi storici inglesi; dopo la lirica Riccardo II, scritta quasi interamente in versi, Shakespeare presentò, alla fine del XVI secolo, alcune commedie in prosa, come Enrico IV, parte I e II ed Enrico V. L'ultimo scritto di questo periodo fu Giulio Cesare, basato sulla traduzione di Thomas North delle Vite parallele di Plutarco. La produzione di opere storiche riguardanti le origini della dinastia regnante andò di pari passo con il successo suscitato da tale genere. Edoardo III, attribuibile a Shakespeare solo in parte, offre un esempio positivo di monarchia, contrapposto a quello del Riccardo III. Re Giovanni, abile riscrittura shakespeariana di un copione pubblicato nel 1591, narra di un monarca instabile e tormentato e dei discutibili personaggi che lo circondano. In queste opere i suoi personaggi divennero più complessi e teneri, mentre si passa abilmente tra scene comiche e serie, tra prosa e poesia, raggiungendo una notevole varietà narrativa. Fu determinante per il successo dei drammi l'introduzione di personaggi fittizi a cui il pubblico si affezionò, come Falstaff. Nei primi anni del XVII secolo, Shakespeare scrisse quelle che verranno definite da Frederick S. Boas problem play, i "drammi dialettici" che segnano un nuovo modo di intendere la rappresentazione, in cui i personaggi esprimono compiutamente le contraddizioni umane, dando voce alle problematiche di un'epoca che si è ormai distaccata completamente dagli schemi medioevali; di queste fanno parte Tutto è bene quel che finisce bene, Misura per misura, Troilo e Cressida e alcune tra le sue tragedie più note, come Amleto; l'eroe di quest'ultima è probabilmente il personaggio shakespeariano più conosciuto, discusso e studiato, soprattutto per il suo famoso monologo "To be, or not to be". Shakespeare inoltre ha probabilmente scritto parte della scena VI di Sir Tommaso Moro, frutto della mano di almeno cinque diversi autori, mai rappresentato e stampato soltanto nel 1814. Il 1603 segna una svolta storica per il teatro inglese; salito al trono, Giacomo I promuove un nuovo impulso delle arti sceniche, avocando a sé la migliore compagnia dell'epoca, i Chamberlain's Men, che da quel momento si chiameranno The King's Men. A Giacomo I, Shakespeare dedicò alcune delle sue opere maggiori, scritte per l'ascesa al trono del sovrano scozzese, come Otello, Re Lear e Macbeth, la più breve e più compressa di tragedie di Shakespeare. A differenza dell'introverso Amleto, il cui errore fatale è l'esitazione, gli eroi di queste tragedie come Otello e Re Lear furono sconfitti da affrettati errori di giudizio; le trame di queste opere fanno spesso perno su questi errori fatali, che sovvertono l'ordine e distruggono l'eroe e i suoi cari. Le tre ultime tragedie, che risentono della lezione di Amleto, sono drammi che restano aperti, senza ristabilire un ordine ma generando piuttosto ulteriori interrogativi. Ciò che conta non è l'esito finale, ma l'esperienza. Ciò a cui si dà maggiore importanza è l'esperienza catartica dell'azione scenica, piuttosto che la sua conclusione. Le sue ultime grandi tragedie contengono alcune delle più note poesie di Shakespeare e sono state considerate le migliori da Thomas Stearns Eliot. I drammi di argomento classico sono l'occasione per affrontare il tema politico, calato nella dimensione della storia antica ricca di corrispondenze con la realtà britannica. In Antonio e Cleopatra l'utilizzo di una scrittura poetica sottolinea la grandiosità del tema, le vicissitudini storiche e politiche dell'impero romano. Coriolano è invece occasione per affrontare il tema del crollo dei potenti, l'indagine sui vizi e sulle virtù, dando voce a una intera comunità come in una sorta di coro. Timone d'Atene, probabilmente scritto in collaborazione con Thomas Middleton, contiene allo stesso tempo la coscienza dei rischi di un individualismo moderno e la denuncia della corruzione e del potere dell'oro. Negli ultimi anni della produzione shakespeariana, il mondo del teatro londinese subisce un cambiamento sensibile; il pubblico aristocratico e della nuova borghesia agiata non frequenta più i grandi anfiteatri, ma teatri più raccolti come il Blackfriars. Le richieste di tale pubblico andavano più nella direzione dell'intrattenimento che non del coinvolgimento nella rappresentazione; alcuni commentatori hanno visto questo cambiamento di umore come prova di una più serena visione della vita da parte di Shakespeare. Il Bardo, sempre attento ai cambiamenti del gusto e della sensibilità dei suoi spettatori, produce dei nuovi drammi, i cosiddetti romances, "drammi romanzeschi", tornando in parte agli scritti romantici e alle tragicommedie; nascono dunque Pericle, principe di Tiro, Cimbelino, Il racconto d'inverno, La tempesta e I due nobili cugini. A differenza delle tragedie degli anni precedenti, queste spesso terminano con la riconciliazione e il perdono di errori potenzialmente tragici. In Enrico VIII, l'ultimo grande rifacimento di un dramma storico già in cartellone per le compagnie rivali, Shakespeare, aiutato probabilmente da Fletcher, arricchiva e perfezionava la vicenda, riprendendo i temi della produzione precedente, dalla cronaca storica e nazionale al dramma morale, riprendendo lo stile dell'età elisabettiana nel momento in cui quell'epoca era giunta al termine. Shakespeare abolisce le tre unità aristoteliche dalle proprie opere teatrali. Elenco delle opere teatrali di Shakespeare Tragedie Commedie Drammi storici •Tito Andronico Opere perdute •I due gentiluomini •Enrico VI, parte I •Pene d'amore (1588-1590) di Verona (1590vinte 1595) •Romeo e Giulietta •Enrico VI, parte II •Cardenio (1594-1596) (1588-1592) •La commedia degli errori (1592) •Enrico VI, parte •Giulio Cesare (1599) III (1588-1592) •La bisbetica •Amleto (1600-1602) domata (1593) •Riccardo III (15911592) •Troilo e Cressida •Pene d'amore (1601) perdute (1593-1596) •Riccardo II (1595) •Otello (1604) •Il mercante di •Enrico V (1598•Re Lear (1605-1606) Venezia (1594-1597) 1599) (1589-1593) •Timone di Atene (1605-1608) •Macbeth (1605- 1608) •Antonio e Cleopatra (1607) •Coriolano 1608) (1607- •Sogno di una notte di mezza estate (1595) •Enrico IV, parte I (1597) •Enrico IV, parte II (1598) •Molto rumore per •Enrico VIII nulla (1598-1599) •Come vi piace (1599-1600) •La dodicesima notte (1599-1601) •Le allegre comari di Windsor (15991601) •Tutto è bene quel che finisce bene (1602-1603) •Misura per misura (1603) •Pericle principe di Tiro (1607-1608) •Cimbelino (1609) •La tempesta (1611) •Il racconto d'inverno (16101611) (1612- 1613) •Re Giovanni 1597) (1590- Rappresentazioni teatrali Non è chiaro per quali compagnie teatrali Shakespeare scrisse le sue prime opere; il frontespizio dell'edizione del 1594 del Tito Andronico rileva che la tragedia è stata messa in scena da tre gruppi di attori diversi. Dopo la peste del 1592-1593, le opere di Shakespeare vennero affidate alla propria compagnia, The Lord Chamberlain's Men, che si esibiva presso il The Theatre e il The Curtain di Shoreditch. Quando la compagnia si trovò in conflitto con il proprietario del The Theatre, con conseguente riduzione del pubblico del teatro, Richard Burbage, capo dei The Lord Chamberlain's Men, per salvare l'investimento fatto, decise di abbattere la struttura e utilizzare il legno rimanente per costruire il Globe Theatre. Il "Globe" venne aperto nell'autunno del 1599; una dei primi copioni rappresentati nel nuovo teatro fu Giulio Cesare, mentre negli anni successivi vennero messe in scena alcune delle maggiori opere shakespeariane, tra cui Amleto, Otello e Re Lear. Nel 1603, i The Lord Chamberlain's Men entrarono nei favori di Re Giacomo I e cambiarono nome in King's Men; anche se le loro rappresentazioni non furono regolari e continue nel tempo, riuscirono a esibirsi sette volte a corte tra il 10 novembre 1604 e il 31 ottobre 1605. Dal 1608 si spostarono al Blackfriars Theatre in inverno (era infatti un teatro coperto) e al Globe, che venne distrutto da un incendio accidentale il 29 giugno 1613 mentre era in corso la rappresentazione dell'Enrico VIII, in estate. Le scenografie interne, combinate con le elaborate maschere della moda giacobina, permisero a Shakespeare di introdurre dispositivi scenici più complessi. Tra gli attori della compagnia di Shakespeare vi erano Richard Burbage, William Kempe, Henry Condell e John Heminges. Burbage svolgeva il ruolo di primo attore nelle prime rappresentazioni delle opere di Shakespeare, tra cui Riccardo III, Amleto, Otello e Re Lear. Il popolare attore comico William Kempe ricoprì il ruolo del servo Pietro in Romeo e Giulietta e di Dogberry in Molto rumore per nulla, oltre ad altri personaggi. Alla fine del XVI secolo venne sostituito da Robert Armin, che fu Pietraccia in Come vi piace e dello stolto in Re Lear. Opere poetiche Negli anni dal 1592 al 1594 a Londra infuriò la peste, provocando la chiusura dei teatri. Shakespeare, nell'attesa di riprendere la sua attività sul palcoscenico, scrisse due poemi di diverso stile ma entrambi dedicati a Henry Wriothesley, III conte di Southampton; Venere e Adone, pubblicato nel 1593, fu ristampato numerose volte ed ebbe un notevole seguito; il ratto di Lucrezia, registrato l'anno seguente, ebbe un successo molto inferiore Influenzate da Le metamorfosi di Ovidio, le opere, caratterizzate da forti tematiche erotiche, mostrano il senso di colpa e la confusione morale che derivano dalla lussuria incontrollata. Negli anni seguenti Shakespeare continuò occasionalmente a scrivere poemi e sonetti, perlopiù diffusi nella cerchia delle sue amicizie. Nel 1609 l'editore Thomas Thorpe stampò senza il consenso dell'autore Sonnets, una raccolta di 154 sonetti del Bardo. Scritti prevalentemente tra il 1593 e il 1595, i sonetti rappresentano l'unica opera autobiografica di Shakespeare, da considerarsi anche come libro filosofico colmo di implicazioni meditative. La critica ha suddiviso sommariamente la raccolta in due parti: la prima è dedicata a un non meglio specificato fair friend ("bell'amico", sonetti 1-126), la seconda a una dark lady ("donna misteriosa", sonetti 127-154); tra questi possiamo poi individuare la sequenza del "poeta rivale" (sonetti 76-86). Un terzo poema narrativo, A Lover's Complaint, attribuito a Shakespeare dalla maggior parte degli studiosi, venne stampato e inserito nella prima edizione dei Sonetti nel 1609. Nel 1599, due prime stesure dei sonetti 138 e 144 vennero incluse ne Il pellegrino appassionato, pubblicato sotto il nome di Shakespeare ma senza il suo permesso La fenice e la tortora, pubblicato in appendice a Love's Martyr, un poema di Robert Chester, è conosciuto come uno dei suoi lavori più oscuri e ha portato a molti conflitti interpretativi.. •Sonetti (1591-1604) •Venere e Adone (1592–1593) •Lo stupro di Lucrezia •A Lover's Complaint (1594) (1595-1596) •Il pellegrino appassionato •La fenice e la tortora (1599) (1600-1601) Opere apocrife Nel corso degli anni, un gruppo di opere teatrali e poetiche è stato talvolta attribuito a Shakespeare, anche se il dibattito sulla paternità di queste opere al Bardo è ancora aperto. Questa incertezza è dovuta alla mancanza di alcune opere all'interno del First Folio e del Palladis Tamia di Francis Meres. Tra questi vi sono Arden of Feversham, dramma del 1592 attribuito in parte a Shakespeare, che lo mise in scena almeno una volta insieme ai The Lord Chamberlain's Men, Edoardo III, opera edita anonimamente nel 1596, scritta almeno in parte, secondo gli studiosi, da Shakespeare, Locrine, pubblicata nel 1595 con la scritta "Appena redatta, supervisionata e corretta da WS", Sir John Oldcastle, edita nel 1600, per la quale Shakespeare fu indicato subito come l'autore (il diario di Philip Henslowe riporta invece che questa fu opera di altri quattro scrittori), Thomas Lord Cromwell, che venne data alle stampe nel 1602 e alla quale, secondo moderni studi, il Bardo non contribuì alla stesura e To the Queen, poesia ritenuta l'epilogo di Come vi piace. The London Prodigal venne stampata nel 1605 sotto il nome di Shakespeare, anche se, secondo alcuni studiosi, manca di alcuni elementi tipici delle opere shakespeariane, mentre The Puritan, A Yorkshire Tragedy e The Second Maiden's Tragedy, pubblicate rispettivamente nel 1607, nel 1608 e nel 1611 e attribuite a "W.S.", vennero in seguito ritenute tutte di Thomas Middleton. Degli scritti apocrifi del Bardo vi sono anche The Birth of Merlin, pubblicata nel 1662 come opera del Bardo e di William Rowley ma scritta probabilmente nel 1622, sei anni dopo la morte di Shakespeare, e Sir Tommaso Moro, dramma incappato subito nella censura che ne impose numerosi tagli; tre delle pagine di quest'opera possono essere state scritte da Shakespeare e rappresentare quindi, l'unico documento autografo del Bardo (fatta eccezione per le firme poste su alcuni documenti) arrivato in età contemporanea. Alcune sono le opere attribuite a Shakespeare andate perdute; Cardenio (The History of Cardenio) è una commedia messa in scena dai King's Men nel 1613. Il libraio Humphrey Moseley inserì l'opera nel 1653 nello Stationers' Register, attribuendola a Shakespeare e a John Fletcher. Il contenuto della commedia, la cui esistenza è attesta da diversi documenti, non è conosciuto, ma era probabilmente basato sulle disavventure che coinvolgevano il personaggio Cardenio del Don Chisciotte. Nel Palladis Tamia, Meres inserì nella lista di opere di Shakespeare Pene d'amore vinte (Love's Labour's Won); alcuni lo ritengono un lavoro a noi non giunto, altri considerano la citazione di Meres un titolo alternativo di una commedia del Bardo a noi giunta. Alcuni studiosi ipotizzano inoltre la pubblicazione di Ur-Hamlet, una prima versione di Amleto. Edizioni e pubblicazioni A differenza del suo contemporaneo Ben Jonson, Shakespeare non ha partecipato alla redazione e pubblicazione delle sue opere. Infatti, fatta eccezione per due poemetti giovanili (Venere e Adone e Lo stupro di Lucrezia), il Bardo non si è mai curato di dare alle stampe le proprie opere; d’altra parte a quel tempo non vi era interesse a farlo, poiché le opere teatrali erano di proprietà della compagnia e pubblicarle avrebbe significato mettere nelle mani di compagnie rivali i propri copioni. I testi esistenti sono solitamente trascrizioni effettuate dopo le prime rappresentazioni oppure provengono direttamente dal manoscritto autografato dello scrittore o dagli stessi copioni. Le prime stampe furono destinate a un pubblico popolare e le copie erano fatte senza notevoli accorgimenti estetici. Il formato utilizzato è chiamato in quarto, le cui specifiche pagine sono ottenute piegando i fogli stampati in quattro parti; talvolta la pagine non erano ordinate correttamente. La seconda edizione venne destinata a un pubblico più agiato, comportando quindi una maggiore importanza alla presentazione; per questa stampa vennero utilizzati fogli singoli (folio). Nel 1598 Francis Meres pubblicò Palladis Tamia, primo resoconto critico delle opere di Shakespeare di natura enciclopedica, importante per la ricostruzione della cronologia dei drammi shakespeariani. Mr. William Shakespeare’s Comedies, Histories & Tragedies, conosciuta comunemente come First Folio, fu la prima raccolta delle opere di Shakespeare e venne pubblicata nel 1623 a cura di John Heminges e Henry Condell; questa contiene 36 testi, di cui 18 stampati per la prima volta, elencati come tragedie, commedie e drammi storici. Il First Folio, che non comprende né poesie né poemi, rappresenta la sola fonte attendibile per circa venti opere e comunque una fonte molto importante anche per molte di quelle già in precedenza pubblicate. Due opere non sono incluse nel First Folio, I due nobili congiunti e Pericle, principe di Tiro, tuttavia sono comunque accettate come parte del canone shakespeariano, dal momento che numerosi studiosi hanno concordato sul notevole contributo di Shakespeare sulla loro composizione. La ricerca dei testi originali di Shakespeare è diventata una delle principali preoccupazioni degli editori moderni. Refusi, errori di battitura, interpretazioni sbagliate del copista, dimenticanze di versi sono presenti nell'in quarto e il primo folio. Inoltre il drammaturgo spesso scriveva utilizzando ortografie diverse anche per la stessa parola, aggiungendo alla confusione della trascrizione; gli studiosi devono dunque ricostruire i testi originali ed eliminandone gli errori. Critici moderni credono che lo stesso Shakespeare abbia rivisto le sue composizioni nel corso degli anni, facendo così coesistere due versioni differenti di una determinata opera. Per arrivare a un testo accettabile, gli editori devono scegliere tra la prima e la versione rivista, che è generalmente più "teatrale"; in passato, gli editori risolvevano la questione con la fusione dei testi, ma i critici ora ammettono che questo processo è contrario alle intenzioni di Shakespeare. Stile Le prime opere di Shakespeare vennero scritte seguendo lo stile convenzionale dell'epoca, utilizzando un linguaggio stilizzato che non sempre è funzionale ai personaggi e alle opere. La poesia si basa su estese ed elaborate metafore e il linguaggio è spesso retorico, scritto appositamente per declamare piuttosto che per parlare. Ben presto, però, Shakespeare cominciò ad adeguare lo stile tradizionale ai propri fini, riuscendo a coniugare le convenzioni e la scrittura del passato alle esigenze del pubblico; nel periodo della pubblicazione di Romeo e Giulietta, probabilmente il migliore esempio di mescolanza dei due stili, di Riccardo II e di Sogno di una notte di mezza estate, Shakespeare aveva iniziato a scrivere una poesia più naturale e scorrevole, in cui comico e tragico coesistono nello stesso testo, relazionando le metafore e le figure retoriche alle esigenze dell'opera. L'originalità di Shakespeare non era negli intrecci, ma nell'ampiezza di respiro con cui faceva propri gli apporti più diversi. La forma poetica standard utilizzata da Shakespeare sono i blank verse, mutuato nella letteratura inglese dalla tradizione classica tra XIII e XIV secolo e adottato anche da Christopher Marlowe; questo è composto da un sistema giambico a cinque accenti (pentametro giambico). Questo significava che i suoi versi, costituiti solitamente da dieci sillabe, lasciando l'accento su ogni seconda sillaba, non erano in rima; tuttavia le frasi tendono a coincidere con le righe, aumentando il rischio di una lettura monotona. Il blank verse delle sue prime opere è piuttosto diverso da quello dei suoi lavori più maturi, riuscendo a modificare il ritmo delle sue opere, dando così maggiore forza e flessibilità importanza ai propri versi. Dopo Amleto, Shakespeare modificò ulteriormente il suo stile poetico, in particolare nei passaggi più emotivi delle tragedie, sottolineando inoltre l'illusione del teatro. Il critico letterario A.C. Bradley ha descritto questo stile come "più concentrato, veloce, vario e meno regolare nella costruzione, non di rado contorta o ellittica". Nell'ultima fase della sua carriera, Shakespeare adottò molte tecniche letterarie per raggiungere questi effetti; tra queste vi sono enjambement, pause irregolari e notevoli variazioni nella struttura della frase e nella lunghezza dei versi, riuscendo a coinvolgere maggiormente il pubblico. Le opere della maturità, con le variazioni della sequenza cronologica degli eventi e i colpi di scena nella trama, sono invece caratterizzate da frasi lunghe e brevi in sequenza, dall'inversione tra oggetto e soggetto e dall'omissione di parole, creando così maggiore spontaneità. Shakespeare fu in grado di combinare il suo genio poetico con un senso pratico del teatro, strutturando le trame delle sue opere per creare vari centri di interesse e per mostrare diversi possibili punti di vista, senza schemi preordinati. Fonti letterarie La grande maggioranza dei lavori di Shakespeare sono rielaborazioni di opere precedenti; inoltre, non raro è il caso in cui Shakespeare attinga a gruppi separati di narrazioni per intrecciarle tra loro 9. Il primo punto di riferimento sono evidentemente le opere dei contemporanei, in particolare le opere del teatro elisabettiano. Alcuni esempi di opere utilizzate come fonte d'ispirazione sono i romances Rosalynde di Thomas Lodge per Come vi piace, Pandosto o il trionfo del tempo di Robert Greene per Il racconto d'inverno, Arcadia di Philip Sidney per Re Lear, I due gentiluomini di Verona e Come vi piace, oltre alle opere di autori stranieri riproposte da autori inglesi, come The tragical History of Romeus and Juliet di Arthur Brooke, riproposizione di una novella di Matteo Bandello rifacentesi a quella omonima di Luigi da Porto, per Romeo e Giulietta o il romanzo pastorale Diana Enamorada di Jorge de Montemayor, tradotto in inglese da Bartolomew Yong, per I due gentiluomini di Verona e per Sogno di una notte di mezza estate. Anche Geoffrey Chaucer venne utilizzato da Shakespeare per Troilo e Cressida e Due nobili cugini. 9Questa particolarità è tipica delle commedie shakespeariane; tuttavia non mancano gli esempi notevoli anche nelle tragedie, si veda ad esempio il Re Lear, con le due leggende fonte d'ispirazione: quella di Lear e quella del Conte di Gloucester. Per i drammi storici la fonte principale sono le imponenti compilazioni cronologiche degli storici Tudor. La prima opera utilizzata da Shakespeare per i suoi drammi storici fu The Union of the Two Noble and Illustre Families of Lancastre and Yorke di Edward Hall, tuttavia "ben presto Shakespeare avrebbe abbandonato l'opera di Hall a favore delle più ricche e pittoresche Chronicles of England, Scotland and Ireland di Raphael Holinshed". Oltre che ai drammi storici, queste cronache fornirono spunti importanti anche per Macbeth, Cimbelino e Re Lear. Sia Hall sia Holinshead hanno spesso attinto dalla Anglicae Historiae Libri XXVI dei Polidoro Virgili. Altre opere storiche certamente utilizzate da Shakespeare furono la Historia Regum Britanniae redatta in latino da Goffredo di Monmouth nel 1130 e poi ripresa da altri autori compreso Holinshed, utilizzata per Re Lear e Cimbelino, e le Gesta Danorum di Saxo Grammaticus, fonte principale dell'Amleto. Numerose sono le riproposizioni di storie e tematiche presenti nella novellistica italiana; tuttavia è probabile che Shakespeare sia arrivato a conoscenza di tali storie solo attraverso la mediazione di traduzioni e adattamenti francesi e inglesi. Le novelle di Matteo Bandello furono utilizzate per Romeo e Giulietta, Molto rumore per nulla e La dodicesima notte, mentre alcuni spunti del Decameron di Giovanni Boccaccio sono rintracciabili in Tutto è bene quel che finisce bene e nel Cimbelino. La traduzione inglese delle 100 novelle degli Hecatommithi di Giambattista Giraldi Cinzio servì a Shakespeare per alcuni elementi di Misura per misura e una novella in particolare fu la fonte principale dell'Otello Il Pecorone di Giovanni Fiorentino servì per Le allegre comari di Windsor e per Il mercante di Venezia. La novella Le piacevoli notti di Gianfrancesco Straparola servì anch'essa per Le allegre comari di Windsor. La traduzione inglese di George Gascoigne de I suppositi di Ludovico Ariosto servì per La bisbetica domata. Gl'ingannati, una commedia italiana allestita a Siena dall'Accademia degli Intronati nel 1531 e stampata a Venezia nel 1537, fornì la guida principale per la vicenda amorosa de La dodicesima notte. La traduzione inglese di Thomas Hoby de Il Cortegiano di Baldassare Castiglione fu certamente letta da Shakespeare, attingendoci per Molto rumore per nulla. Shakespeare probabilmente non conosceva il greco, tuttavia aveva studiato il latino e letto i classici come Seneca alla King's New School di Stratford, non c'è da stupirsi pertanto che molti spunti delle sue opere provengono da autori antichi. Le Vite parallele di Plutarco fornirono la fonte principale del Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra, Coriolano e del Timone d'Atene; non conoscendo il greco è probabile che Shakespeare abbia utilizzato la traduzione di Thomas North Plutarch's Lives of the noble Grecians and Romans stampata nel 1579 e nel 1595. I Menaechmi di Plauto servirono invece come spunto per La commedia degli errori e La dodicesima notte; la Mostellaria servì invece per La bisbetica domata. Le tragedie di Seneca fornirono alcuni elementi del Tito Andronico. Ovidio era il modello dichiarato dei due poemetti giovanili di Shakespeare, Venere e Adone e Lo stupro di Lucrezia. Le Metamorfosi riecheggiano anche in Tito Andronico, La commedia degli errori, Le allegre comari di Windsor, Sogno di una notte di mezza estate (con la vicenda di Piramo e Tisbe), Troilo e Cressida e La tempesta. Temi del teatro di Shakespeare Sono temi ricorrenti nel teatro di Shakespeare: l'amore (passione disperata in Otello, passione sensuale in Romeo e Giulietta), la lotta per il potere, la morte, il carattere illusorio e la fugacità della vita, la precarietà dell'esistenza con i frequenti motivi dell'oscura presenza della morte e del dubbio che sembrano dominare il cammino terreno dell'uomo (si pensi al celeberrimo monologo di Amleto "Essere o non essere, questo è il problema", scritto nella prima scena del terzo atto). Il tema della lotta per il potere è frequente (Amleto, Macbeth, Re Lear) anche per il fatto che l'autore vive in un'epoca in cui predomina la monarchia assoluta che, se da una parte può assicurare l'ordine e la prosperità, dall'altra crea grande brama di potere e di potenza, nonché rivalità, invidie, gelosie. Altri temi fondamentali sono la presentazione dei sentimenti e degli stati d'animo umani nella loro varietà e complessità, senza escludere i problemi morali e psicologici nonché gli stati anomali della mente quali le contraddizioni nel comportamento, l'inquietudine, la follia (quest'ultima presente, ad esempio, in Amleto). Dalla tradizione popolare e medievale Shakespeare accoglie poi la dimensione fantastica e irrazionale (gli spettri in Amleto e Macbeth, le streghe in Macbeth, i folletti in La Tempesta, ecc.). Tali figure soprannaturali rappresentano le angosce e le colpe insite nell'animo umano. L'"eroe" si presenta come una figura complessa che resta tale e spesso esce moralmente nobilitata anche dopo drammatici conflitti di coscienza ed una sconfitta subita ad opera degli eventi. Il fato nella tragedia classica era una forza soprannaturale, superiore anche agli dei, capace di determinare la sorte degli uomini. Nel teatro di Shakesperare esso non è più presente in quanto cede il posto al carattere, alle libere scelte e ai conflitti interiori dell'individuo. Quanto alle figure femminili, esse assumono una notevole importanza: sono dotate di autonomia e di forte individualità. I loro caratteri e i loro comportamenti sono diversi: ad esempio la tenera Giulietta (Romeo e Giulietta), l'innocente Desdemona (Otello), l'intelligente Porzia (Il mercante di Venezia). Altre invece sono coinvolte nella lotta per il potere come la sinistra Lady Macbeth (Macbeth) o le due perfide figlie di Re Lear. Il drammaturgo inglese da una parte è figlio del Rinascimento in quanto nelle sue opere interpreta l'uomo che afferma se stesso, la propria creatività e razionalità (antropocentrismo) contro i limiti posti dalla realtà e dal destino; d'altra parte egli è anche esponente della nuova sensibilità del barocco in quanto evidenzia le lacerazioni di coscienza dell'individuo, l'incertezza degli ideali, la mutevolezza della sorte, il mistero insondabile della vita accompagnato da un senso di smarrimento esistenziale. In Shakespeare troviamo poi un dubbio radicale, cioè se la vita, oltre ad essere breve, fragile e minacciata dalla continua presenza della morte, sia anche un sogno, un'illusione. Ne sono testimonianza due celebri affermazioni, una nel Macbeth (V, 5) ed una ne La Tempesta (IV, 1). Macbeth sostiene che "la vita è solo un'ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora sulla scena e poi cade nell'oblio: la storia raccontata da un idiota, piena di rumore e di foga, che non significa nulla". Nella seconda opera citata, il principe Prospero dice: "noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra breve vita è cinta di sonno". I personaggi del drammaturgo inglese tuttavia lasciano aperta la questione in quanto non forniscono una risposta definitiva a questa domanda contente un'idea ricorrente nell'età barocca: si pensi al Don Chisciotte di Cervantes e al capolavoro La vita è sogno del grande drammaturgo spagnolo Pedro Calderón de la Barca.1011 Fortuna Durante la sua vita, benché non fosse venerato e apprezzato come dopo la morte, Shakespeare ricevette comunque numerose lodi per i suoi lavori. Nel 1598, Francis Meres lo ha inserito in un gruppo di scrittori inglesi, definiti come "i più eccellenti". Gli autori del Parnassus del St John's College di Cambridge lo paragonarono a Geoffrey Chaucer, a John Gower e a Edmund Spenser. Anche Ben Jonson, nel First Folio, dimostrò apprezzamento per le sue opere. Tra la restaurazione inglese e la fine del XVII secolo, l'apprezzamento per le idee e i modelli classici fece sì che i critici del tempo apprezzavano John Fletcher e Ben Jonson piuttosto che Shakespeare. Thomas Rymer, ad esempio, criticò il drammaturgo per la sua combinazione di comico e tragico; tuttavia, il poeta e critico John Dryden aveva grande considerazione di Shakespeare, dicendo di Jonson, "Lo ammiro, ma amo Shakespeare". Per alcuni decenni, il giudizio di Rymer non fu largamente diffuso, ma nel corso del XVIII secolo, i critici cominciarono a considerare l'importanza e il genio del Bardo. Una serie di critiche letterarie sulle sue opere, in particolare quella di Samuel Johnson del 1765 e di Edmond Malone del 1790, ha contribuito alla sua crescente reputazione. Nel 1800, Shakespeare divenne poeta nazionale. Tra il XVIII e il XIX secolo, la sua fama si diffuse anche all'estero; tra coloro che hanno apprezzato le sue opere vi sono Voltaire, Goethe, Stendhal e Victor Hugo. 10Mario Pazzaglia, Letteratura italiana, vol.2, ed. Zanichelli. 11Marta Sambugar, Gabriella Salà; Gaot. Generi autori opere temi, La Nuova Italia, vol. 2. Durante l'età romantica, venne ulteriormente riconosciuta l'importanza dei lavori di Shakespeare; venne elogiato dal poeta e filosofo Samuel Taylor Coleridge, mentre il critico Wilhelm August von Schlegel tradusse le sue opere nello spirito del romanticismo tedesco. Nel XIX secolo, l'ammirazione critica per il genio di Shakespeare spesso scivolava in eccessi e nell'adulazione; i vittoriani misero in scena le sue opere in modo sontuoso e su larga scala. George Bernard Shaw definì il culto di Shakespeare come bardolatry ("bardolatria"), ritenendo che il nuovo naturalismo di Ibsen avesse fatto diventare le opere shakespeariane obsolete. La rivoluzione modernista nelle arti del XX secolo utilizzò con entusiasmo i suoi testi al servizio del Avanguardia. Gli espressionisti in Germania e i futuristi a Mosca organizzarono alcune rappresentazioni delle sue commedie; anche Bertolt Brecht mise in scena il suo teatro epico, influenzato dalle opere di Shakespeare. Il poeta e critico TS Eliot, insieme a G. Wilson Knight e al New Criticism, sostenne la necessità di una lettura più attenta di opere di Shakespeare. Negli anni cinquanta, nuovi approcci critici hanno aperto la strada a studi post-moderni sul bardo. Negli anni ottanta, le sue opere cominciarono a essere utilizzate per nuovi movimenti come lo strutturalismo, il femminismo, il New Historicism, gli studi afro-americani e queer. i preraffaelliti. Ai giorni di Shakespeare, la grammatica, l'ortografia e la pronuncia inglese erano meno standardizzati rispetto a oggi, e il suo utilizzo del linguaggio aiutò la formazione dell'inglese moderno. Samuel Johnson citò Shakespeare più spesso di qualsiasi altro autore nel suo dizionario di lingua inglese, il primo lavoro autorevole di questo tipo. Espressioni come "with bated breath" ("con il fiato sospeso", da Il mercante di Venezia) e "a foregone conclusion" ("una conclusione inevitabile", dall'Otello) sono ormai presenti nell'inglese di tutti i giorni.Attribuzione e identità I più recenti studi shakespeariani affermano ormai senza alcun dubbio che lo Shakespeare nato a Stratford on Avon è l'autore materiale delle opere che gli furono attribuite. Tuttavia, in passato, a causa della scarsità di notizie sulla sua vita e la sua istruzione, sono stati avanzati diversi dubbi sull'identità del drammaturgo. A partire dal XVIII secolo questi temi sono stati ampiamente e accanitamente dibattuti dagli studiosi e non. In particolare come autori delle opere sono state avanzate le candidature di Francis Bacon, celebre filosofo e scrittore, che avrebbe scritto le opere teatrali sotto uno pseudonimo, Christopher Marlowe, autore teatrale che non sarebbe morto nel 1593 come si ritiene, ma avrebbe svolto attività di spionaggio per la corona e avrebbe continuato la propria attività letteraria con un falso nome, Edward de Vere, 17º conte di Oxford, colto nobiluomo della corte elisabettiana che avrebbe potuto continuare la propria giovanile attività poetica sotto uno pseudonimo per motivi di decoro, e William Stanley, sesto Conte di Derby, genero di Edward de Vere. Sono stati fatti, tra gli altri, anche i nomi di Ben Jonson, Thomas Middleton, sir Walter Raleigh, forse in collaborazione con Francis Bacon, Mary Sidney contessa di Pembroke, e persino la regina Elisabetta I. Altre ipotesi hanno messo in discussione l'identità stessa di William Shakespeare, per cui il bardo inglese sarebbe da identificarsi ora con un linguista siciliano, Michel Agnolo (o Michelangelo) Florio Crollalanza, ora con il predicatore e teologo toscano Michelangelo Florio, ora con il figlio di quest'ultimo, l'umanista naturalizzato inglese John Florio. Tuttavia tali ipotesi non hanno mai goduto di un vero riconoscimento in campo accademico. Credo religioso Alcuni studiosi affermano che i membri della famiglia Shakespeare erano cattolici; sua madre, Mary Arden, proveniva infatti da una famiglia cattolica. Nel 1757, nella casa del padre di Shakespeare, fu trovato un testamento cattolico firmato da John Shakespeare; sebbene ne sia stato tramandato il contenuto, il testamento è stato perduto, pertanto gli studiosi discutono ancora della sua autenticità. Nel 1591 le autorità più volte riportarono che John Shakespeare non andava alla funzione domenicale "per paura di essere processato per debiti", una comune scusa utilizzata dai cattolici per evitare di seguire le cerimone protestanti; tuttavia, molti documenti sembrano indicare che effettivamente all'epoca John Shakespeare avesse problemi economici. Nel 1606 il nome della figlia di Shakespeare, Susanna, apparve in una lista di persone che non presero la comunione durante la Pasqua di quell'anno. Gli studiosi hanno trovato prove sia a favore sia a sfavore del cattolicesimo di Shakespeare nelle sue opere, ma la verità sembra impossibile da trovare nell'uno e nell'altro caso. Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione Anglicana, che è anche uno studioso di letteratura, ha comunicato durante l'Hay Festival in Galles del 2011: "Non penso che questo ci debba interessare molto, se posizionarlo tra i cattolici o i protestanti. Ma per quel che vale, penso che egli avesse probabilmente un retroterra cattolico e molti amici cattolici". Il volto di Shakespeare Numerosi sono i dipinti o le sculture che raffigurano William Shakespeare, tuttavia nella maggior parte dei casi si tratta di opere posteriori alla sua morte, realizzate da artisti che mai videro il vero volto di Shakespeare. Le uniche due raffigurazioni di cui è accettato il valore documentario sono la statua del monumento funebre a Stratford e l'incisione presente sul First Folio del 1623. Tra i ritratti la cui attendibilità è discussa possiamo ricordare il Ritratto Chandos, il ritratto dell'Ely Palace, il ritratto Flowers, la maschera mortuaria Kesselstadt, il ritratto di Cornelius Janssen, la miniatura di Nicholas Hilliard e il recente Ritratto Cobbe.Tragedie shakespearianeShakespeare scrisse le tragedie fin dall'inizio della sua carriera. Una delle sue prime opere fu la tragedia romana Tito Andronico, che fu seguito qualche anno dopo da Romeo e Giulietta. Comunque, le sue tragedie più famose furono scritte nei sette anni compresi tra il 1601 e il 1608, durante il quale scrisse anche le sue quattro tragedie maggiori Amleto, Otello, Re Lear e il Macbeth, accompagnate dall'Antonio e Cleopatra e le meno conosciute Timone di Atene e Troilo e Cressida. Tragedie Molti hanno collegato queste opere ai precetti aristotelici sulla tragedia: i protagonisti hanno un carattere ammirevole ma imperfetto; il pubblico è capace di capire e simpatizzare con i protagonisti. Sicuramente, tutti i protagonisti delle opere tragiche shakespeariane sono capaci di fare sia del bene che del male. Il drammaturgo insiste molto sull'operazione della dottrina del libero arbitrio; l'(anti)eroe sa sempre fare un passo indietro, per redimersi. Ma, secondo dettami dell'autore, essi si muovono inesorabilmente verso il loro tragico destino. Tragedie d'amore Romeo e Giulietta, Antonio & Cleopatra, e l'Otello possono essere considerate tragedie d'amore. Queste tragedie si differenziano dalle altre in quanto gli amanti non sono destinati all'errore da loro stessi, ma a causa di qualche ostacolo nel mondo che li circonda. In queste opere, la morte è quasi una sorta di compimento del loro amore, come se l'amore non potesse avere successo in un mondo tragico. Lista delle tragedie shakespeariane •Romeo e Giulietta •Macbeth •Re Lear •Amleto •Otello •Tito Andronico •Giulio Cesare •Antonio e Cleopatra •Coriolano •Troilo e Cressida •Timone di Atene Amleto Amleto Opera teatrale Amleto con il teschio di Yorick Henry Courtney Selous (1803-1890) Autore William Shakespeare Titolo originale The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark Lingua originale Inglese Genere Tragedia Personaggi •Amleto, Principe di Danimarca, figlio del re Amleto. •Claudio, Re di Danimarca, zio di Amleto e fratello del re Amleto. •Spettro del vecchio Amleto, il re morto. •Gertrude, la regina, madre di Amleto, ha sposato Claudio. •Polonio, consigliere di stato. •Laerte, figlio di Polonio. •Ofelia, figlia di Polonio, fidanzata di Amleto. •Orazio, amico fidato di Amleto. •Rosencrantz e Guildenstern, cortigiani, già compagni di università di Amleto. •Fortebraccio, Principe di Norvegia. •Voltimando, Cornelio: consiglieri danesi, ambasciatori in Norvegia. •Marcello, Bernardo, Francesco: Guardie del Re. •Osrico, cortigiano lezioso. •Rinaldo, servo di Polonio. •Attori. •Un gentiluomo di corte. •Un prete. •Due becchini. •Il compagno del becchino. •Un capitano, messaggero di Fortebraccio. •Ambasciatori d'Inghilterra. •Dame, gentiluomini, ufficiali, soldati, marinai, messaggeri e servitori Amleto (The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark) è una delle tragedie shakespeariane più conosciute e citate. Fu scritta probabilmente tra il 1600 e l'estate del 1602. È tra le opere più frequentemente rappresentate in quasi ogni paese occidentale, ed è considerata un testo cruciale per attori maturi. Il soliloquio di Amleto "essere o non essere" (Atto III, scena I), il passaggio più famoso del dramma, vanta un'immensa gamma di interpretazioni sui palcoscenici di tutto il mondo, anche se spesso questo soliloquio viene erroneamente citato accanto all'immagine di Amleto che tiene in mano un teschio: in realtà la scena del teschio è nella parte finale del dramma (Atto V, Scena I) e non ha niente a che vedere con "Essere o non essere", che si trova nella parte centrale (Atto III, Scena I). Amleto è una delle opere drammaturgiche più conosciute al mondo, tradotta in quasi tutte le lingue esistenti. Nel Novecento il principe danese è stato rappresentato sulle scene dal talento di attori come Laurence Olivier e John Barrymore, anche se resta indimenticabile e ineguagliabile la prova del grande istrione britannico John Gielgud. Trama Sulle torri che cingono Elsinore, capitale della Danimarca, due soldati s'interrogano sul fantasma che nelle ultime sere sta facendo la sua comparsa, aspettando il cambio di mezzanotte. Al cambio, insieme alla sentinella arriva anche Orazio, amico del principe, chiamato dalla guardia a vigilare sullo strano fenomeno. Lo spettro compare per la prima volta poco dopo la mezzanotte e si fa subito notare da Orazio per la somiglianza con il defunto sovrano; rimane però muto, e poco dopo scompare. I due restano in attesa di altre apparizioni. Orazio spiega così a Marcello che il figlio di Fortebraccio sta riunendo un'armata ai confini della Norvegia, per riprendersi i territori che il padre ha perso in un duello con il defunto re. Prima dell'alba riappare il fantasma, ma quando è sul punto di parlare in seguito alle continue richieste di Orazio, canta il gallo e con questo suono scompare. È un dramma centrato sulla vendetta: Amleto, principe di Danimarca, è spinto dal fantasma del padre a vendicare la morte del genitore, ucciso dal fratello, che poi ne ha usurpato il trono e sposato la vedova. La scena si sposta ora nel consiglio reale da poco apertosi. Sono presenti il re Claudio, la regina Gertrude, Amleto, il ciambellano Polonio, suo figlio Laerte, i due ambasciatori Cornelio e Voltimando, e altri. Nella riunione viene per prima discussa la questione di Fortebraccio figlio, e viene deciso di mandare i due ambasciatori dal re di Norvegia per convincerlo a indurre il figlio a più miti azioni. Poi Laerte chiede al re di poter partire alla volta della Francia e questi glielo permette. Orazio, nel frattempo, raggiunge Amleto per metterlo al corrente delle apparizioni di uno spirito con le sembianze del padre e del proprio presentimento che questi voglia parlare solamente con lui. Decidono quindi d'incontrarsi sulle mura verso le undici. Giunti sulle mura lo spirito fa la sua apparizione e chiede subito di parlare con il solo Amleto. Questi, intuendo che si tratta dello spirito del padre, accetta senza esitazioni. Quando rimangono soli, lo spettro svela ad Amleto questa tremenda verità: la moglie e il fratello di suo padre si amavano fin da prima della sua morte, e quest'ultimo, desideroso del suo trono, un pomeriggio, vedendolo addormentato in giardino, gli versò nell'orecchio un veleno mortale a base di giusquiamo. Alla fine della tragica storia lo spettro chiede al giovane di vendicarlo, ed egli accoglie la richiesta senza indugiare. Tornato tra i suoi amici (Orazio e la guardia Marcello), nonostante le richieste di questi di svelare loro il contenuto del colloquio, Amleto resta muto e li fa anche giurare, aiutato in questo compito dalla voce dello spettro, di non parlare con nessuno delle apparizioni. Dopo l'incontro Amleto diventa ancora più tetro, e i sovrani preoccupati mandano a chiamare Rosencrantz e Guildenstern (due amici dell'università) affinché indaghino sulla malinconia del principe. I due parlano a lungo con Amleto, mossi dal sentimento di amicizia, gli svelano anche il motivo della loro venuta; tentano comunque di rallegrare il principe sfruttando l'occasione dell'arrivo di una compagnia teatrale. L'idea rende Amleto euforico, non per lo svago che gli si prospetta, bensì perché la rappresentazione teatrale gli offre la possibilità di mettere in pratica un piano ideato per verificare se le informazioni dello spettro del padre siano vere o se egli sia piuttosto una visione demoniaca che lo spinge all'assassinio dello zio. I due compagni vengono intanto richiamati dal re per sapere se hanno scoperto qualcosa sulla crisi di Amleto e su come si possa riportarlo ai vecchi svaghi. Presente anche Polonio, quando vede che i due non riescono a spiegare la causa dei problemi del principe, propone al re di verificare se la tristezza di Amleto derivi dal non vedere più Ofelia. Quindi, congedati Rosencrantz e Guildenstern e notando l'arrivo d'Amleto, Polonio, il re e la regina si nascondono lasciando sola Ofelia affinché si possa incontrare in modo “casuale” con Amleto. Amleto però giunge in quel momento in preda ai furori causatigli dalla rivelazione dello spettro, cosicché rifiuta ogni idea di vita coniugale e alla povera Ofelia, che gli ricorda le vecchie promesse d'amore, consiglia di farsi suora terminando il loro dialogo con la tetra frase "Non avverranno più matrimoni e degli sposati uno morirà". Lo zio sentendo questa frase sospetta che Amleto possa aver intuito qualcosa dei suoi crimini, e comincia quindi a prospettare l'idea di esiliarlo in Inghilterra con la scusa di qualche incarico amministrativo. Amleto dopo ciò va dagli attori per raccomandare loro una buona interpretazione nello spettacolo della sera. Il suo piano infatti consiste nel verificare se le accuse dello spettro sono vere inscenando un dramma, "L'assassinio di Gonzago", simile a quello accaduto e osservando le reazioni del re: se il re si fosse mostrato turbato, ciò avrebbe significato che le accuse del fantasma erano fondate. L'idea riesce al meglio: quando infatti c'è la scena dell'avvelenamento, il re esce incollerito dal teatro. Dopo ciò la madre, per placare la collera del re, chiama Amleto in camera sua per indurlo a spiegarsi con lo zio sui motivi della rappresentazione di quel dramma. La regina stabilisce insieme a Polonio che, mentre lei parlerà con il figlio Amleto, questo (Polonio) si nasconda nella sua camera, cosicché possa riferire al re le parole di Amleto. Amleto, mentre sfoga la sua collera con la madre, scambia Polonio per il re e lo uccide al grido di "un topo, un topo", e alla fine porta senza alcun rimorso il corpo con sé per seppellirlo velocemente. Saputo di quest'atto, il re conviene che si deve affrettare la sua partenza per la Gran Bretagna e manda Rosencrantz e Guildenstern a sollecitarlo per partire subito con la scusa del vento favorevole. Ofelia intanto giunge al palazzo in uno stato di completa pazzia perché, essendo venuta a sapere da alcune voci che il padre Polonio è stato ucciso, è stata sopraffatta dal nuovo dolore, aggiuntosi alla delusione amorosa inflittale da Amleto. Amleto intanto, in cammino verso il porto per imbarcarsi per l'Inghilterra, incontra le armate di Fortebraccio che passano sul territorio danese per attaccare la Polonia. Informatosi presso i soldati dell'importanza del territorio, viene a sapere che è un terreno brullo e strategicamente inutile, ma che loro lo conquisteranno anche se ben difeso dai polacchi solamente per l'onore che deriva da una conquista. Ciò induce Amleto a riflettere sulla propria meschinità che gli fa lasciare invendicato l'assassinio del padre nonostante la richiesta di questo di una vendetta. Laerte intanto, cui sono giunte delle false voci secondo le quali suo padre è stato ucciso dal re, messosi alla guida di un'accozzaglia di criminali e avventurieri giunge in Danimarca, sbaraglia l'esercito danese e si presenta davanti al re chiedendogli conto sia della morte di Polonio sia dei mancati onori funebri. Il re dopo un lungo colloquio, durante il quale compare anche Ofelia, riesce a illustrare al furente Laerte tutta la verità, omettendo naturalmente il motivo della furia del principe. Intanto arriva a Orazio una lettera di Amleto in cui gli dice che di tutto l'equipaggio della nave lui solo è stato catturato dai pirati, e gli ordina di portare la lettera allegata a quella che sta leggendo al sovrano. Orazio manda subito un corriere al re che giunge verso la fine della sua discussione con Laerte. La missiva annuncia al sovrano l'imminente ritorno di Amleto in Danimarca. Il re propone allora a Laerte, come mezzo di vendetta, di sfidare Amleto a duello, ma di smussare la spada dell'avversario, di intingere in un mortale veleno la propria e di riempire la coppa del vincitore di un altrettanto letale veleno nel caso vinca Amleto. Laerte acconsente. Nel frattempo Ofelia, ormai pazza, si è uccisa gettandosi in un lago e due becchini le stanno scavando la fossa. Amleto passeggiando con Orazio passa di lì e s'interroga su quale nobildonna (perché solo una nobildonna potrebbe avere una sepoltura cristiana anche uccidendosi) debba esser seppellita lì. Quando vede il corteo funebre capisce tutto e non può fare a meno di accorrere sulla bara di Ofelia. Laerte, pieno di collera contro di lui, lo riempie d'insulti e lo sfida a duello. Il giorno seguente Amleto viene chiamato nella sala del re per la sfida che sarà all'ultimo sangue. Amleto però prima del duello si riconcilia con Laerte per mezzo di sincere scuse e dimostrazioni di stima. Comincia il duello e, mentre questo si svolge, la regina chiede da bere, bevendo dalla coppa di vino avvelenata. I duellanti intanto si scambiano più volte i fioretti cosicché ognuno si ferisce con quello avvelenato. La prima a soccombere è la regina. Allora Laerte, pentito di aver escogitato un così ignobile piano, rivela tutto ad Amleto e poi muore per il veleno sulla punta del fioretto. La furia del principe si abbatte allora sul re che è trafitto da Amleto con la spada avvelenata e muore. Amleto è in fin di vita quando Orazio gli annuncia che Fortebraccio è appena tornato vittorioso dalla Polonia. Amleto allora lo propone come nuovo re e muore. Fortebraccio, giunto quindi al castello, sale sul trono in quanto quello con maggiori diritti a reclamarlo, e dispone grandi funerali per il defunto principe Fonti La storia di Amleto si basa soprattutto sulla leggenda di Amleth, raccontata da Saxo Grammaticus nella Vita Amlethi, parte delle Gesta Danorum. La versione di Saxo, narrata nei libri 3 e 4, è molto simile all'Amleto di Shakespeare. In essa, a due fratelli, Orvendil e Fengi, è affidato il governo dello Jutland dal re dei Danesi Rørik Slyngebond. Poco dopo, Orvendil sposa la figlia di re Rørik, Geruth (Gertrude nell'Amleto); Amleto è il loro primo e unico figlio. Fengi è risentito del matrimonio di suo fratello e inoltre vuole il comando assoluto dello Jutland, perciò uccide Orvendil. Dopo un brevissimo periodo di lutto, Fengi sposa Geruth e si dichiara unico leader dello Jutland. Tuttavia Amleto vendica l'omicidio del padre pianificando l'uccisione dello zio e diventa il nuovo e giusto sovrano dello Jutland. Mentre nella versione di Shakespeare Amleto muore appena dopo lo zio, nella versione di Saxo sopravvive e comincia a governare il suo regno. In parte il testo potrebbe essere basato sulle Histoires tragiques di François de Belleforest, una traduzione francese da Saxo, nella quale l'autore introduce la malinconia del protagonista. Si ritiene che comunque Shakespeare si sia basato anzitutto su un testo precedente, attualmente conosciuto come UrHamlet, scritto dieci anni prima dallo stesso Shakespeare o da Thomas Kyd, autore de La tragedia spagnola. Commento Non c'è nella storia della drammaturgia mondiale un personaggio così centrale, così ricco di sfumature, così complesso e sfuggente. Alla corte di Danimarca il dubbio e l'ambiguità prevalgono. C'è incertezza tra essere e apparire, pensiero e azione. Il giovane principe sembra determinato a compiere la sua vendetta ma continuamente procrastina l'azione; l'esitazione sembra essere la sua malattia. Il DUBBIO è il suo antagonista (ostacolo), che lo perseguita fino alla fine. Anche se è basato su una struttura convenzionale, Amleto apre la via a un moderno concetto di teatro. Muove il fulcro dell'attenzione da una vendetta privata verso un'indagine sulle basi dell'umana esistenza e sulla validità delle azioni umane. Mette sotto scrutinio un gran numero di argomenti (la legittimazione del potere, l'incesto), idee (morte, suicidio, esistenza di un mondo soprannaturale), valori (castità, onore, lealtà, amicizia), mancanza di valori (incostanza, ipocrisia, tradimento), relazioni (vincoli familiari), emozioni (amore, gelosia, odio), forme sociali (potere sovrano, gerarchia). La tragedia è costruita su confusione e contraddizione che resistono a spiegazioni logiche che riflettono il punto di vista di Shakespeare nello scrivere. Per Goethe Amleto è l'eroe romantico, sensibile, dubitoso, wertheriano, schiacciato da un'impresa più grande di lui. Lo Schlegel vede in Amleto quasi un ipocrita verso sé stesso, i cui scrupoli non sono che pretesti per mascherare la sua mancanza di risolutezza; mentre secondo Coleridge, la causa diretta dell'incapacità ad agire del malinconico principe è l'eccesso di pensiero, di riflessione. Amleto (uomo o personaggio) scrive Eliot “è dominato da un'emozione che è inesprimibile perché “in eccesso” rispetto ai fatti quali appaiono nel testo. La supposta identità di Amleto con il suo autore è vera, nella misura in cui lo scacco di Amleto (scarsa attendibilità oggettiva) corrisponde allo scacco artistico dell'autore”. Perciò dal punto di vista letterario è un'opera mancata, ma che può essere colmata solo dall'interpretazione scenica che ne fa un capolavoro. Per Raffaello Piccoli ciò che inceppa la volontà di Amleto è la consapevolezza di un'infinita esigenza che egli sa di non poter mai assolvere in un atto particolare; per cui la sua vendetta non sarà un'azione giustificata se non in quanto avrà un valore universale. Non è il re immaturo per ricevere il castigo, ma Amleto per infliggerlo. Egli è ancora e sempre lo schiavo della passione, e l'azione compiuta in queste condizioni sarebbe essa stessa viziata e corrotta, un nuovo anello nella infinita catena del male. La debolezza di Amleto non è dunque una generica incapacità di agire: è il sentimento dell'inadeguatezza della sua coscienza all'azione moralmente giustificata.