GLI EVENTI STORICI E SOCIO-CULTURALI DELL'ETA' VITTORIANA Il 20 giugno 1837 Guglielmo IV morì senza figli legittimi e sua nipote, la principessa Vittoria, gli succedette. La nuova regina era quasi completamente sconosciuta ai suoi sudditi, anche ai circoli più ristretti degli uomini di stato e dei funzionari. Poche erano state le apparizioni pubbliche e la sua vita privata era stata simile a quella di una novizia in un convento. Suo padre Edoardo, duca di Kent, quarto figlio di Giorgio III e quindi fratello del precedente sovrano, era considerato il "meno peggiore" dei duchi reali, egli era morto da tempo e Vittoria era stata allevata severamente dalla madre, nata Sassonia-Coburgo. La nuova regina aveva 18 anni, la sua fisionomia non bella, ma attraente: capelli biondi, occhi azzurri un po' troppo sporgenti che, tuttavia, non imbruttivano del tutto un viso grazioso, di colorito pallido, che lasciava trasparire innocenza e giovinezza e, al tempo stesso, gravità e compostezza. Il suo contegno al primo consiglio della Corona riempì di meraviglia e di ammirazione tutta l'asssemblea e tutti furono completamente affascinati, la sua voce era forte e chiara, senza ombra di tremore e di incertezza. Una grande ondata di entusiasmo pervase i sudditi, il sentimento e le romanticherie erano di moda e lo spettacolo della piccola regina, innocente e modesta, che passava in carrozza per le strade della capitale, riempiva i cuori dei londinesi di entusiasmo e affettuosa fedeltà. Vittoria era cresciuta nel palazzo di Kensington ma, divenuta regina, scelse come sua dimora il palazzo di Buckingham, che era succeduto a quello di S. Giacomo come residenza londinese dei sovrani britannici. Intorno alla giovane regina la corte divenne se non brillante almeno elegante. A quel tempo, il primo ministro era lord Melbourne, già in carica da tre anni, il cui gabietto era sostenuto dal 1833 da una maggioranza del partito whig (più tardi chiamato liberale) e così sarebbe stato fino al 1841, quando venne sconfitto dal partitoTory (conservatore), capeggiato da Robert Peel. Lord Melbourne ebbe un ruolo fondamentale nella fase iniziale del regno di Vittoria. Il loro sodalizio lasciò tutti stupefatti. Lui un cinquattottenne scettico e beffardo, aristocratico fino alla punta dei capelli, liberale più nella forma che nella sostanza. Lei con la petulanza della giovane età, ingenua, entusiasta e straripante di desiderio di fare del bene. Il ministro e la regina divennero inseparabili ed egli continuò ad essere un valido riferimento per Vittoria, anche dopo la caduta del governo whig. Peraltro, nel corso del suo lungo regno, Vittoria ebbe la fortuna di godere dell'assistenza di validi ministri: Robert Peel, Lord Russel, Lord Palmerston, Benjamin Disraeli, William Gladstone and Lord Salisbury. Nella realizzazione delle riforme sociali ed economiche il loro ruolo fu senza alcun dubbio determinante. Tuttavia, il regno di Vittoria iniziò in una atmosfera di miseria sociale e fermenti politici. Le leggi a favore delle classi più umili, approvate negli anni precedenti, non erano state sufficienti a migliorare sensibilmente le condizioni dei lavoratori e molti dei cittadini inglesi vivevano ancora in condizioni di povertà. La prima espressione del malcontento della classe lavoratrice fu il movimento cartista. Nel 1836 l'Associazione dei lavoratori londinesi aveva redatto un documento (People's Charter), nel quale si chiedeva di estendere il diritto di voto a tutti i cittadini di sesso maschile, il pagamento dei membri del Parlamento e il voto segreto. Le richieste non furono soddisfatte e il movimento fallì, ma ormai le richieste "cartiste" erano diventate parte della democrazia britannica. Il primo periodo del regno di Vittoria, che gli inglesi sogliono chiamare Early Victorian Period, va dal 1837 al 1851 e getta le basi dell' Età Vittoriana (Victorian Age). L'evento che chiude questo primo periodo di regno è la Grande Esposizone Universale di Londra. Il 1° maggio del 1851, nella gigantesca serra detta "palazzo di cristallo", eretta in mezzo ad Hyde Park, si svolse l'inaugurazione da parte della regina Vittoria e di suo marito il principe Alberto della prima esposizione universale che la storia ricordi. Erano presenti 30.000 persone, mentre altre 700.000 si ammassarono nei dintorni. Sotto le ghirlande e i lampadari, fra fiori e piante verdi, innumerevoli stands esponevano esemplari di tutte le produzioni britanniche e anche della maggior parte dei paesi stranieri. Fu il trionfo della macchina e dell'industria e ovviamente dell'Inghilterra che confermò il suo incontestabile primato nella rivoluzione industriale che stava sconvolgendo il volto dell' Europa. Senza alcuna rivoluzione politica, semplicemente per effetto di una industrializzazione accelerata, in questi anni l'Inghilterra cambiò faccia e, potremmo dire, anche anima. Tre anni dopo la sua salita al trono, nella vita di Vittoria vi fu un cambiamento radicale. Il 10 febbraio 1840, nella cappella del palazzo di St. James, fu celebrato il matrimonio tra la regina Vittoria e il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha. Fu un matrimonio di famiglia, Vittoria e Alberto erano cugini con solo tre mesi di differenza. La levatrice che aveva assistito ai loro parti era la stessa, essi condividevano anche la nonna materna la quale, già dalla loro nascita, aveva desiderato la loro unione. Vittoria si innamorò perdutamente di Alberto ed il suo amore si accompagnava ad una riconoscenza appassionata per tutto ciò che egli faceva per la famiglia e per la sua patria d'adozione. Il principe consorte, allevato in una piccola corte tedesca, era terribilmente serio e morale e Vittoria, che lo adorava, lo prese a modelllo. La coppia nei primi dieci anni di unione ebbe sette figli. Vi fu inoltre un grande cambiamento: la Corte divenne molto rigorista e assai meno brillante che in passato, al punto che il mondo elegante non la frequentò più molto ma, in compenso, si attirò la venerazione delle classi medie. Alberto purtroppo morì prematuramente, a soli 42 anni (1861). La morte del Principe Consorte segnò la svolta centrale nell'esistenza della regina Vittoria, sulla quale sembrò discendere quasi una sorta di velo. Questa morte improvvisa non fu soltanto causa di terribile turbamento personale per Vittoria, ma anche un avvenimento di importanza nazionale ed europea. Se Alberto non se ne fosse andato così presto, è verosimile pensare che tutto lo sviluppo della politica inglese avrebbe subito un cambiamento. Già al momento della morte egli occupava nella vita pubblica dell'Inghilterra una posizione unica e nei circoli più ristretti dei politici egli era accettato e riconosciuto come una parte utile e necessaria al meccanismo dello Stato. L'amore di Vittoria per il marito durò inalterato anche dopo la sua morte e molte furono le iniziative e le testimonianze da lei volute per ricordarlo e onorarlo. La morte del principe Alberto chiude un'epoca, essa rappresenta una sorta di spartiacque non solo nella la vita della regina, ma anche in quella di tutto il regno. E' interessante nonchè significativo il fatto che dal 1840 al 1861 il potere della Corona in Inghilterra andò progressivamente crescendo e dal 1861 al 1901 andò invece progressivamente declinando. Il primo processo era dovuto all'opera del Principe Consorte, il secondo a quello di una serie di grandi ministri. Non vi è dubbio che alla fine del suo regno la Corona fosse meno potente di quanto fosse stata in passato e tuttavia, paradossalmente, Vittoria ricevette la più alta lode per aver contibuito ad una evoluzione senza precedenti che portò l'Inghilterra ad essere padrona del mondo. Durante la seconda parte dell'era Vittoriana, l'imperialismo fu la fede dominante del paese, ed anche la fede di Vittoria. Per quanto la Corona fosse meno potente, lo spirito imperialistico della nazione dava alla figura della Sovrana un nuovo significato, quasi mistico. Fu così che tutto il "misticismo" della costituzione inglese si concentrò sulla Corona, con la sua venerabile antichità, le sue sacre rimembranze, le sue cerimonie imponenti e spettacolari. L'imperialismo fu non soltanto una questione di affari, ma anche una questione di fede e, con il suo crescere, crebbe anche il lato mistico della vita pubblica inglese e, simultaneamente, una nuova importanza cominciò ad essere attribuita alla Corona. Il bisogno di un simbolo della potenza e del valore inglese, dello straordinario e misterioso destino dell'Inghilterra cominciò ad essere sentito più forte che mai. Quel simbolo era rappresentato dalla Corona, e la corona posava sul capo di Vittoria. Così avvenne che, mentre il potere della sovrana andava sensibilmente diminuendo, per contro il suo prestigio cresceva enormemente. Questo prestigio, tuttavia, non era soltanto il risultato di avvenimenti politici, ma dipendeva anche in modo profondo dalla personalità della sovrana stessa. Ella era considerata a un tempo la madre del suo popolo e il simbolo incarnato della grandezza imperiale britannica. Vittoria era certamente la regina d'Inghilterra, l'imperatrice delle Indie (dal 1876), nonchè il perno essenziale su cui ruotava tutta quella magnifica e poderosa macchina. E' indubbio che quest'epoca rivesta particolare interesse e importanza nella storia del costume. Non vi è campo in cui non vi furono significative trasformazioni. Trasformazione demografica Agli inizi del XIX secolo la Gran Bretagna contava 9 milioni di abitanti, nel corso del secolo arriverà a 22 milioni. Il fortissimo aumento è dovuto sia alla forte fecondità, sia alla diminuzione della mortalità infantile, sia alla ingente immigrazione di origine irlandese. Questo preoccupò economisti e uomini di stato che si chiedevano come potessero essere nutrite tante nuove bocche. Fu fortemente incoraggiata l'emigrazione verso i possedimenti britannici con spazi e clima più favorevoli. Senza alcun piano preventivo, si delineò quindi il quadro dei futuri Dominions (Domini). Trasformazione fisica Il carattere esenzialmente rurale della vecchia, felice Inghilterra (Old Merry England) tende a sparire. Certamente i pascoli, le terre coltivate, le lande, le recinzioni per il bestiame, i frutteti e i luppoleti continuano a coprire la maggior parte del suolo. I modesti villaggi, raccolti intorno alle loro chiese e i nobili castelli, ben visibili in mezzo ai loro parchi, con le siepi e i canali di irrigazione, costituiscono l'elemento essenziale del paesaggio Inglese. Ma le città diventano ogni giorno più grandi e si estendono sempre più verso le campagne circostanti. Londra ha più di 2 milioni di abitanti e Manchester, Liverpool e Glasgow ne hanno 250.000. A partire dal 1851 la popolazione dei distretti urbani prevale su quella dei distretti rurali. E' interessante sapere che in Francia tale fenomeno si verificherà solo a partire dal 1930. I pozzi delle miniere sconvolgono il suolo, il fischio delle locomotive turba la pace campestre, l'atmosfera è meno tersa per la mescolanza di nebbia marina e il fumo delle fabbriche, compare quindi il famoso "smog" londinese. Il verde, un tempo nota dominante, cede il posto al grigio, almeno nelle città. Trasformazione economica La rivoluzione industriale, iniziata alla fine del secolo precedente, produce ormai tutti i suoi effetti: la Gran Bretagna, per anni produttrice soprattutto di merci agricole, è ora in testa - e di molte lunghezze - alla produzione mondiale di prodotti tessili, minerari (nel 1850, 35 milioni di tonnellate estratte contro 5 milioni in Francia) e di macchinari. In riferimento alle innovazioni tecnologiche, la prima fase della rivoluzione industriale in Inghilterra è contrassegnata dalla introduzione della macchina a vapore e dalla meccanizzazione dell'industria tessile; nella seconda fase si sviluppa l'industria siderurgica e meccanica, per l'impulso fondamentale della costruzione della rete ferroviaria e per la decisiva innovazione introdotta dal convertitore dell'inglese Bessemer (1861) che permette di produrre grandi quantità di acciaio. Il settore trainante dell'industrializzazione è, nel primo periodo, l'industria leggera (produzione di beni di consumo), nel secondo diventa l'industria pesante (fabbricazione di mezzi di produzione). L'Inghilterra si trasforma completamente entro la prima metà del secolo. In altri paesi, come la Francia, il decollo industriale inizia dagli anni Trenta, per altri ancora nella seconda metà del secolo, per l'Italia negli ultimi decenni. La marina mercantile britannica, i suoi cantieri navali sono al di sopra di qualsiasi concorrenza. Il commercio estero è in costante aumento. Nei primi anni del regno di Vittoria esso è ancora un po' frenato da alcune tasse sull'importazione di materie prime e sull'esportazione di prodotti fabbricati, ma tali tasse vengono abolite tra il 1842 e il 1845. Sopravvivono i pesanti dazi sul grano, ma, alla fine di una dura e lunga battaglia che impegna la nuova Inghilterra manifatturiera contro la vecchia Inghilterra rurale, tali dazi vengono aboliti nel 1846. Il regno, che si era aperto nel marasma economico, sicuramente provocato da una legislazione retrograda, si concluderà nella massima prosperità. Trasformazione sociale La maggiore beneficiaria dell'aumento del reddito nazionale è certamente la classe dei grossi commercianti e degli industriali. Forte della sua potenza finanziaria, essa divide sempre più il potere politico con la classe aristocratica, che per secoli era stata la sola classe dirigente. Il cambiamento era stato preparato dalla riforma del 1832 che aveva sostituito un sistema elettorale, immutato dal Medioevo e divenuto ora assurdo, con un sistema censitario. Possiamo dire che, da oligarchico che era, il regime politico della Gran Bretagna divenne plutocratico. Le masse polpolari si trovavano ancora sotto la classe aristocratica e ora anche sotto le classi degli industriali e dei ricchi commercianti. Quando Vittoria salì al trono, le condizioni degli operai, per quanto già un po' migliorate dall'inizio del secolo, erano ancora molto disagiate: salari molto bassi, case malsane, giornata di lavoro che arrivava anche a 15-16 ore, impiego improprio di donne e bambini. La dottrrina del "laisser-faire", diventata un dogma per gli economisti della scuola di Manchester, impediva allo stato di intervenire a favore del proletariato che versava ancora in condizioni pessime. L'unico rimedio alla povertà erano le workhouses (case di lavoro), luoghi sorti per dare ricovero ai più poveri, ma che sembravano vere e proprie carceri, dove regnava il massimo degrado. Cominciano però ad affermarsi le idee di riforma, già anticipate nel periodo pre-vittoriano. A partire dal 1843 una serie di leggi pone fine agli abusi più clamorosi nel mondo del lavoro e, dopo il 1848, la giornata di 10 ore diventa la regola nella maggior parte delle industrie. La Gran Bretagna è ormai in testa alle nazioni del continente anche in fatto di legislazione sociale. L'iniziativa di queste misure fu presa in Parlamento da un gruppo di liberali aristocratici, ma non sarebbero forse state votate se gli operai non avessero iniziato a protestare per gli abusi subiti. Dal 1824 i Trade Unions (sindacati) erano diventati legali e molti lavoratori, i più intraprendenti, si raccolsero in sindacati in difesa dei loro diritti, con questi ormai avrebbero dovuto fare i conti i datori di lavoro. Contemporaneamente e nello stesso ambiente, si sviluppò il movimento cartista, il cui obiettivo era però più politico che sociale. Le violenze alle quali si abbandonaro i suoi sostenitori nocquero al movimento che andò via via ma aiutò a convincere le pubbliche autorità della necessità di riforme profonde. estinguendosi, In questo periodo la stampa era molto influente, la gran parte degli scrittori riteneva di avere una missione sociale da compiere e quindi denunciò con determinazione e minuziose descrizioni le condizioni di vita delle classi più povere. Ciò contribuì sicuramente a sensibilizzare l'opinione pubblica e, di conseguenza, ad accelerare l'evoluzione. Alla fine del 1851 tale evoluzione era quasi completa. Essa si svolse senza che la struttura sociale ne venisse sconvolta. La pubblicazione del " Manifesto del partito comunista" di Karl Marx, avvenuta a Londra nel 1848, non ebbe alcuna eco. Il quadro spaventoso che Engels, amico di Marx, aveva tracciato nel 1844 nel suo Le condizioni della classe operaia in Inghilterra non era già più rispondente alla realtà. La classe lavoratrice incominciava a beneficiare, almeno in parte, dell'aumento della ricchezza nazionale, la disoccupazione andava diminuendo, gli arbitrii padronali limitati, non si parlava più, come negli anni precedenti, di "padroni" e di "servi" ma di datori di lavoro e di lavoratori. Ma tutte le piaghe non erano comunque del tutto sanate. Nelle città viveva ancora una massa di sventurati ed emarginati e, nel 1850. si calcola che un decimo della popolazione urbana del regno fosse considerata indigente. I riformatori ufficiali e persino il mondo del lavoro non si occupavano volentieri di questo triste universo e, nella prima metà del secolo, era ancora abbandonato alla carità privata. Tuttavia, nella seconda metà del regno, la realizzazione di riforme sociali ed economiche migliorò le condizioni di questa schiera di disperati. Le più importanti riforme e i più significativi cambiamenti furono: la piena libertà d'azione dei Trade Unions (sindacati) a beneficio della classe lavoratrice; la fondazione del Partito Laburista Indipendente (Independent Labour Party - 1900); il miglioramento del sistema parlamentare mediante estensione del diritto di voto, segretezza del voto, pagamento dei ministri; istruzione gratuita e universale dai cinque ai tredici anni; libertà di importazione ed esportazione; abolizione della prigione per debiti. Inoltre, vi fu un considerevole miglioramento e ampliamento delle comunicazioni in tutta la nazione e un immenso sviluppo fu dato al progresso scientifico: luce elettrica, telegrafo, telefono. Furono istituite biblioteche gratuite, inaugurate gallerie d'arte pubbliche, come la Tate Gallery e la National Portrait Gallery, furono inoltre fondati nuovi giornali di stampo "popolare" come il Daily Mail e l'Evening Star. Trasformazione morale L'importanza politica, economica e sociale acquisita dalle classi medie fa sì che il loro ideale etico, insieme religioso e utilitario, tendesse a diventare l'ideale di tutta la nazione. Gli atristocratici, un tempo onnipotenti, avevano una grande libertà di costumi e di modi. Ormai, per assicurarsi il rispetto dei nuovi elettori, dovevano bere meno, giocare meno, frequentare più assiduamente la chiesa ed ostentare con meno disinvoltura le loro avventure amorose. Come in campo sociale, il vento riformatore soffiava anche in campo religioso. Fino allora, la classe dei governanti apparteneva solo alla chiesa anglicana ufficiale, una chiesa nata da una transazione fra protestantesimo e cattolicesimo e che ormai si era addormentata in una comoda sonnolenza. Ma la borghesia in ascesa era composta in buona parte da aderenti a varie sette non conformiste, più o meno inclini al puritanesimo. Questi "dissidenti" prendevano la religione molto sul serio e non ammettevano che ci si allontanasse dalle prescrizioni della Bibbia. La piccola minoranza cattolica che nel 1929, con la Catholic Emancipation Bill (legge per l'emancipazione cattolica), aveva acquistato la capacità politica, prima negata, dava l'esempio del massimo fervore. Minacciata nella sua preponderanza, la Chiesa ufficiale si sforzò di adattarsi al nuovo spirito. La più efficace fu la corrente "evangelica" che contribuì a garantire, nonostante le diverse denominazioni, l'unità religiosa del popolo inglese. Il pensiero dominante era, tranne rare eccezioni, esente da ogni misticismo e si conciliava perfettamente con una fede intensa nel progresso, nella scienza e nella virtù dei lumi. Già a metà del secolo XIX è possibile affermare che le classi medie avevano trionfato. L'ateismo era aborrito, una religione insieme "terra terra" e attiva imponeva la sua legge, dilagava un'ondata di pudore, la preoccupazione della rispettabilità era diventata generale (non senza ipocrisia), l'applicazione nel lavoro era diventata la virtù cardinale e il successo materiale era considerato una testimonianza della benevolenza divina. La società inglese continuava tuttavia ad essere molto gerarchica. In una società di questo tipo ogni classe ha i suoi costumi e il suo genere di esistenza. In alto c'era ovviamente la famiglia reale. La Corte, tuttavia, divenuta anch'essa rigorista, era tutt'altro che brillante e il mondo elegante la frequentava il meno possibile, ma di questo Vittoria non si curava molto, in compenso le classi medie l'adoravano. Il vero vertice era l'aristocrazia, un'aristocrazia poco numerosa che, tranne qualche eccezione, non era di origini molto antiche, ma col gusto e l'abitudine al potere. Era composta da grandi proprietari terrieri che amavano vivere all'aria aperta e che risiedevano più nei loro castelli in campagna che nelle loro case londinesi. Un'aristocrazia in genere colta, amica dei lumi, attenta a tutti i progressi della tecnica agricola, che praticava largamente la beneficenza e che spesso si dichiarava liberale. L'aristocrazia dell'aristocrazia era costituita dal "cerchio incantato" delle famiglie whig che per tutto il secolo precedente avevano governato l'Inghilterra, spesso contro il trono. Soprattutto nella prima metà del XIX secolo, queste famiglie vivevano sulle loro terre una vita quasi da re. Avevano aperto nella capitale dei salotti che davano tono alla vita pubblica e fornivano una parte importante degli appartenenti ai livelli più elevati della politica. Al di sotto dell'aristocrazia vi era la gentry, cioè le famiglie di nobili rurali che da tempo vivevano stanziali in provincia. Molto meno ricchi dei grandi nobili, gli squires, i capi di queste famiglie, vivevano quasi solo del prodotto del suolo. La maggior parte di loro era tory, cioè conservatori e ostili alle innovazioni. Anche se colpiti dalla rivoluzione industriale, gli squires conservavano una forte influenza locale e talvolta venivano eletti deputati alla Camera dei Comuni. Nel loro distretto essi esercitavano, quasi sempre a titolo gratuito, funzioni amministrative e giudiziarie e spesso sceglievano il pastore anglicano dei villaggi sui quali regnavano. Un po' più sotto venivano coloro che, pur senza far parte della gentry propriamente detta, erano gentlemen, termine di significato complesso che presuppone tradizioni famigliari, una certa agiatezza, un certo genere di educazione e la stretta osservanza di un codice di comportamento. La distanza che separava il gentleman da chi non lo era era profonda. In linea di principio, un commerciante, un industriale, un pastore non conformisata non erano ritenuti gentlemen. Tuttavia i figli della ricca borghesia, se erano passati da una "buona" scuola ed avevano imparato le maniere del bel mondo e se erano dotatidi di una certa intelligenza, verso il 1840, cominciarono a ricevere il loro "brevetto" di gentlemen. D'altro canto, dal 1832, commercianti, industriali, armatori e banchieri importanti erano elettori ed eleggibili. La loro azione sugli affari pubblici tendeva a diventare determinante, ancora una generazione e le loro famiglie si sarebbero trovate dalla parte "buona" della società. Ma chi forse costituiva la più solida armatura del regno, pur mancando di ogni grazia e raffinatezza, era il borghese piccolo padrone, duro verso i dipendenti e duro anche con se stesso. Lunghe ore di lavoro, poche distrazioni. il solo vero riposo era quello della domenica, che era rigorosamente osservata e non prevedeva alcun divertimento. Gli appartenenti a questo ambiente spesso facevano parte di una setta "non conformista", aborrivano la chiesa cattolica e giudicavano quella anglicana corrotta dalla mondanità. Erano gli eredi delle "teste rotonde" di Cromwell, ne avevano la serietà, l'applicazione al lavoro, l'austerità morale, la limitatezza di visione e l'intolleranza. Quasi allo stesso livello si ponevano gli affittuari rurali, gli artigiani e gli impiegati. Al di sotto di questi vi erano le "classi inferiori" (lower orders), numericamente le più consistenti. Il progresso e lo spirito di riforma non impedivano che esse venissero considerate con una sorta di condiscendenza. Nel 1840, la Compagnia ferroviaria in via di formazione Great Western si chiedeva se dovesse ammettere sui suoi treni la "gente di bassa condizione". Tuttavia, verso gli anni sessanta, gli operai qualificati e organizzati cominciavano a diventare "rispettabili". Meglio alloggiati di un tempo, meglio nutriti, meno ossessionati dalla paura del domani, essi rappresentavano in seno alla nazione una forza non trascurabile. Più in basso c'erano i manovali, i lavoratori giornalieri e la gente che viveva di lavori occasionali. Essi a stento costituivano una classe sociale, erano una folla indistinta, troppo inebetita dalla miseria per pensare di rivendicare i propri diritti. Anche la situazione dei salariati dell'agricoltura non era molto più soddisfacente. Poco rispettato, alla mercè degli squires o dei fittabili, il contadino inglese non contava nel paese come il contadino francese della stessa epoca. L'esodo verso le città e oltremare era quindi ingente. Più fortunati certamente, nonostante la durezza del loro mestiere, erano i marinai e i pescatori. Molti figli e figlie di operai diventavano domestici, a metà del secolo e oltre c'erano ancora più camerieri e cameriere nelle case che operai nelle fabbriche. Anche l'esercito, reclutato col volontariato, pullulava di poveri diavoli che non avevano trovato altro mezzo per sottrarsi alla fame. Gli ufficiali, tutti gentlemen, non si curavano di loro, i sottufficiali li sottoponevano ad una disciplina terribile, la popolazione civile li considerava dei pigri ubriaconi. Ci vorrà la guerra di Crimea nel 1854 perchè l'opinione pubblica si interessi un po' alla condizione dei militari. Per capire come queste classi sovrapposte potessere coesistere senza creare reazioni pericolose e rivoluzionarie bisogna, prima di tutto, tener conto dello spirito tradizionalista e religioso degli inglesi. E' pur vero che nel XVII secolo avevano tagliato la testa al loro re Carlo I, ma in seguito si erano convinti che l'ordine sociale stabilito era voluto da Dio e, nell'Era Vittoriana, ne erano più che mai sicuri. Le riforme concesse nell'arco degli anni erano bastate a dissipare qualsiasi minaccia reazionaria. E' un fatto che, parlando delle "classi superiori" (upper orders), i genitori delle "classi inferiori" (lower orders) dicessero ancora ai loro figli "your betters", cioè coloro che sono meglio di voi. E' giusto rilevare che la stratificazione non era a compartimenti stagni e che i diversi livelli non erano invalicabili. L'ascesa sociale non era facile, ma era comunque possibile, perchè non esisteva alcuna barriera legale che lo impedisse. L'Impero Britannico Il nome della Regina Vittoria e il suo lungo regno sono indissolubilmente legati all'Impero Britannico che nell'arco dell'800 raggiunse la sua massima estensione. Il primo insediamento britannico risale al 1583, ad opera di un gruppo di perseguitati politici puritani, i quali sbarcarono sulle coste dell'America del Nord e chiamarono quel territorio Virginia, probabilmente in onore della regina Elisabetta I, conosciuta anche con il nome di Regina Vergine, almeno questa sembra essere la versione più accreditata. Quando Sir Walter Raleigh, nel 1607, tornò nel Nordamerica, la Virginia divenne colonia Inglese. Nel 1620 un altro gruppo di puritani, i Padri Pellegrini (The Pilgrim Fathers), salpò da Plymouth, attraversò l'Atlantico sulla Mayflower e fondò la colonia di New Plymouth, nello stato del Massachusetts. Nel 1664 il territorio lungo il fiume Hudson, chiamato Nuova Amsterdam, sotto il dominio olandese, venne conquistato dagli inglesi i quali gli dettero il nome di New York. Negli anni successivi vi furono innumerevoli insediameni. Nel 1732 i possedimenti Britannici si estendevano dalla Nuova Scozia alla Georgia, includendo gli attuali stati di Maine, New Hampshire, Vermont, Massachusets, Rhode Island and Connecticut. La lotta per la conquista dei territori lungo il fiume S. Lorenzo, che impegnò per lungo tempo francesi ed inglesi, si concluse con la vittoria di questi ultimi. Louisbourgh, Quebec e successivamnete Montreal, nel 1758 divennero inglesi. Con la Pace di Parigi tutto il territorio ad est del Missisipi fu ceduto alla Gran Bretagna. Questo mise termine al predominio francese in Canada. Sotto Giorgio III vi fu la rivolta dei coloni americani, causata dall'aumento delle tasse a loro imposte dal governo inglese. Questo portò alla guerra (1775-1781) con la sorprendente vittoria delle tredici colonie le quali, il 4 luglio del 1776, avevano sottoscritto la Dichiarazione di Indipendenza (The Declaration of Independence,) nella quale si dichiaravano indipendenti dalla Corona Inglese. Il documento era stato redatto da Thomas Jefferson. Con la Pace di Parigi del 1783, l'Inghilerra riconobbe la totale indipendenza delle tredici colonie. Questi tredici stati (Connecticut, Delaware, Georgia, Maryland, Massachusetts, New Hampshire, New Jersey, New York, North Carolina, Pennsylvania, Rhode Island, South Carolina, Virginia) divennero gli Stati Uniti d'America, il cui primo presidente fu George Washington. Il 4 luglio (Independence Day) è la più importante e sentita festa civile americana. Le colonie a nord del fiume S. Lorenzo rimasero leali alla Corona inglese, negli anni a venire si estesero ulteriormente e, nel 1867, furono unite in una confederazione, il Dominio del Canada (Dominion of Canada). Questo territorio comprendeva la parte settentrionale del Nord America, meno Alaska e Labrador, si estendeva dall' Oceano Pacifico all'Oceano Atlantico e a sud confinava con gli Stati Uniti, la regione dei Grandi Laghi e il fiume S. Lorenzo. In Australia i primi coloni erano prigionieri deportati. Successivamente molti emigrarono spontaneamente e si formarono molte colonie autonome, soprattutto nelle zone costiere. Quando, nel 1901, queste furono collegate dalla ferrovia, si formò l'Unione Federale, un Dominio con Sidney capitale. I primi sudditi britannici si insediarono in Nuova Zelanda appena in tempo per evitare che questa venisse annessa alla Francia. Fu subito concesso un governo autonomo, con eguali diritti alla popolazione Maori. La situazione fu molto diversa in India, Asia e Africa. Là gli inglesi andarono soprattutto per commerciare non per colonizzare. L'India era ancora sotto il controllo della Compagnia Britannica delle Indie Orientali, il cui governatore, tuttavia, dal 1813 doveva rispondere direttamente al Primo Ministro. Successivamente la Compagnia delle Indie fu soppressa e il Governo Britannico prese direttamente in carico il territorio indiano e, nel 1877, la regina Vittoria divenne Imperatrice delle Indie. Nel frattempo, la bandiera inglese sventolava su Ceylon, Malesia, Fiji ed altre isole del Pacifico. Singapore e Hong Kong stavano diventando i più grandi porti di tutta l'Asia. Gibilterra, Malta, Cipro proteggevano il passaggio delle navi dalla Gran Bretagna al Canale di Suez. Innumerevoli porti e isole - le Bermuda tra queste- assicuravano il commercio dell'Impero in tutto il mondo. L'espansione dell'Impero Britannico alla fine del secolo si deve anche alla necessità di trovare nuovi mercati per l'industria britannica, sotto la spinta della concorrenza internazionale, in effetti, l'Inghilterra aveva cessato di essere "l'officina del mondo", poichè gli Stati Uniti e le nazioni continentali europee erano diventati anch'essi molto industrializzati ed avevano imposto tasse sulle merci britanniche. Inoltre, nei territori inesplorati e poco sviluppati vi era la possibilità di trovare nuove materie prime. Il miglioramento dei trasporti diede ai pionieri nuove possibilità. Tale espansione potè avvenire solo in Africa, poichè gran parte del suo territorio era ancora indipendente e poco sviluppato. Nel 1875, con Disraeli primo ministro consevatore, il Governo Inglese aveva incominciato ad acquistare azioni per il controllo del Canale di Suez, costruito dai francesi per permettere il passaggio veloce all'ovest. Alcuni anni più tardi, nel 1882, gli inglesi occuparono l'Egitto. Tuttavia, il vero coinvolgimento britannico in Africa ebbe inizio nel 1895 con la nomina di Joseph Chamberlain a Segretario delle Colonie nel Governo Conservatore. Vi furono grossi problemi di integrazione tra i primi colonizzatori olandesi (chiamati Boeri) ed i nuovi arrivati inglesi. Lo scontro di interessi tra i due gruppi portò alla guerra nel 1899. I Boeri furono sconfitti ma trattati con generosità dagli inglesi nel trattato di pace del 1902. Nell'arco di alcuni anni il Sud Africa diventerà un Dominio dove inglese e olandese saranno le lingue ufficiali. Nel frattempo, nella madre patria, l'aspetto generale della nazione stava rapidamente cambiando, accelerato dalle nuove invenzioni e dalla nuova organizzazione industriale della società. Le famiglie numerose erano comuni solo nella classe lavoratrice, le classi alte e medie praticavano ormai il controllo delle nascite, ciò permise alla media borghesia di diminuire le spese, ad esempio, la diminuzione del numero dei figli rese meno costoso il loro mantenimento, le case poi potevano essere meno grandi e quindi più economiche. La diminuzione delle spese permise alla classe intermedia di incominciare a fruire di qualche "lusso" come una breve vacanza al mare, l'acquisto di una bicicletta e, per i più abbienti, persino di un'automobile, anche se all'inizio queste erano costosissime. Fu sempre più la classe media dei sobborghi (la spina dorsale della nazione) a modificare i canoni della vita britannica. La vecchia aristocrazia ancora esisteva, sempre collocata ai livelli più alti della società, ma l'espansione industriale e il declino dell'agricoltura, nonchè l'aumento salariale, la rendevano sempre meno influente. Al contrario, la classe lavoratrice incominciò a sfruttare meglio il potere acquisito attraverso la quasi totale "sindacalizzazione" e grazie alla crescita di una nuova consapevolezza sociale anche nelle classi più abbienti. Tuttavia, malgrado l'enorme potenza imperiale, il paese era vittima della recessione: l'agricoltura rendeva assai meno, l'industria attraversava un momento di crisi e questo portò alla creazione di autentiche sacche di povertà nelle città operaie, un sottobosco oscuro di miseria e degrado in aperto conflitto con la facciata esaltante offerta dalle glorie imperiali vittoriane. La regina Vittoria morì il 22 gennaio 1901. Nel 1897 si era celebrato il giubileo per festeggiare i suoi sessant'anni di regno e questa fu la sua ultima apparizione in pubblico e anche la più gloriosa. Il popolo la sentiva molto vicina al suo cuore e, metre lo splendido corteo che scortava Vittoria passava attraverso le vie di Londra, affollate e plaudenti, per recarsi nella cattedrale di S. Paolo, la grandezza del suo regno e l'adorazione dei suoi sudditi apparvero in tutto il loro splendore. Quella sera il suo messaggio attraversò tutto l'impero: "Dal profondo del cuore ringrazio il mio amato popolo. Che Dio lo benedica". Quando quattro anni dopo la regina morì, un dolore attonito si sparse per tutto il paese. Pareva che stesse per aver luogo una mostruosa inversione del corso della natura: la grande maggioranza dei sudditi non aveva memoria di un tempo in cui la regina non avesse regnato sopra di loro. Ella era divenuta un elemento indissolubile di tutto il loro ordine di vita e la sua perdita appariva inconcepibile.