La radice di 2 - Un Museo per la Matematica Avellino

mathematica…
[mentis]
rubrica di cultura matematica
a cura del CIRPU
resp. scient. Prof. Italo Di Feo
La radice
di
2
Qualche cenno storico e una finestra sulle medie.
1,41421356 23730950 48801688 72420969 80785696 718753 76…
L
a radice di 2 ossia l’origine degli irrazionali. Usando una qualsiasi calcolatrice tascabile
abbiamo:
√2=1,414213562…
Varie generazioni si sono per anni trovate ad operare con questa radice, sia pure
inconsapevolmente, sin dalle scuole elementari. Ricordo il famoso numero fisso (ai miei tempi veniva
applicato 1,414) che dovevamo usare per calcolare la misura della diagonale di un quadrato nota la
misura del lato o l’ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele nota la misura del cateto. Le leggende
che riguardano questa famosa radice sono legate sicuramente alle dottrine dei Pitagorici. In realtà il
calcolo di questa radice si trova per la prima volta in una tavoletta di argilla dell’Antico Impero sumerico
(collezione Yale n° 7289; 2400-2200 a.C.). In essa si trova il numero (scritto con linguaggio moderno)
1+24/60+51/60x60 + 10/60x60x60 che corrisponde a 1,41421297; tale numero viene successivamente
moltiplicato per 30 per dare la misura della diagonale di un quadrato (logicamente di lato 30) e questo fa
intuire che i Sumeri applicassero il teorema di Pitagora. Si pensa che il procedimento che abbiano usato
per trovare tale radice sia il seguente: si parte da un valore per difetto 1 e si esegue 2:1=2. Si fa la
media aritmetica tra i due numeri (1+2)/2=1,5 che è una prima approssimazione di √2; si ripete
l’operazione, effettuando 2:1,5=1,3333 e quindi la media (1,5+1,3333)/2=1,4166 (II approssimazione).
Ripetiamo per la terza volta l’operazione ossia dividiamo 2:1,4166=1,4118 da cui la media
(1,4166+1,4118)/2=1,4142. Come si nota ci avviciniamo sempre di più al valore reale.
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La matematica moderna ha trasformato il metodo sumerico-babilonese per il calcolo della radice
quadrata di 2 (raccomanderei il suo uso anche nelle scuole medie per il calcolo di radici) nella funzione
ricorsiva:
Fn+1=(Fn+2/Fn)/2 con F0 assegnato.
Basta provare per evidenziare che, tramite questa funzione, abbiamo lo stesso procedimento di
sopra. Infatti se F0=1 F1=(1+2/1)/2=1,5 F2= (1,5+2/1,5)/2=1,4166… e così via
Ho provato a far eseguire qualche radice con il metodo sumerico a giovani di seconda media, in
particolare le radici di 6 e 5, e ho constatato che trovavano il metodo abbastanza semplice√6 (con la calcolatrice)= 2,449489… con il metodo sumerico:
I approssimazione 2 e 6/2=3 (2+3)2= 2,5
II approssimazione 6/2,5=2,4; (2,4+2,5)/2=2,45 risultato già accettabile
III approssimazione 6/2,45=2,4490; (2,45+2,4490)/2=2,4495
√5=2,2360679.. sumerico:
I approssimazione 2 e 5/2=2,5 (2+2,5)/2=2,25
II approssimazione 5/2,25=2,2222… (2,25+2,2222)/2=2,2361
Questo metodo sarà attribuito al matematico greco Erone (200 d.C.)
A proposito di radice
L’estrazione di radice quadrata, usata benissimo come operazione oltre che dai Babilonesi anche
dai Cinesi, fu chiamata dagli Indiani “mula” che significava “radice di pianta”. Giovanni da Siviglia nel
XVII secolo, traducendo la parola araba “jadhir” (per essi era l’incognita di un’equazione) usò la parola
radix. Il segno √ non è quello della lettera dell’alfabeto v ma una r con svolazzo, usata come simbolo da
Descartes (Cartesio), il quale per le radici cubiche usava √c.
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Le radici quadrate dei numeri negativi furono dette “immaginarie” sempre da Descartes; Eulero
usò per √-1 il simbolo i.
Gli irrazionali
Per i Pitagorici la parola numero significava soltanto numero intero.
Attualmente noi riteniamo il rapporto di due numeri interi un altro tipo di numero (insieme dei
numeri razionali assoluti che ammette come sottoinsieme i numeri naturali); parliamo infatti di frazione o
numero razionale.
Frazione deriva dal latino “frangere” (rompere, spezzare)
Denominatore deriva dall’antico “dinominare” (dare, assegnare il nome) e significa nel nostro
caso <<che denomina>> le parti uguali nelle quali è stato diviso l’intero.
Numeratore significa “che numera” le parti uguali
Per i Pitagorici invece il rapporto tra due numeri interi non era una frazione; usavano in verità
frazioni solo come parti di un’unita monetaria o di misura ossia le usavano nel commercio e, come per
tutti gli usi commerciali dell’aritmetica, per essi non facevano parte della “vera” matematica. Ricordo che i
Greci ritenevano che la matematica ha a che fare con astrazioni e che i Pitagorici (però non all’inizio)
pensavano che i numeri avessero un’esistenza distinta dagli oggetti sensibili; erano astrazioni,idee
ospitate dalla mente e nettamente distinte dagli oggetti: E non sai che sebbene essi (i matematici greci)
facciano anche uso delle cose visibili e vi ragionino intorno, non è a esse che pensano ma alle idee a
cui assomigliano. (Platone Ibid, libro VI)
I Pitagorici furono particolarmente disorientati dalla scoperta di alcuni rapporti non esprimibili da
numeri interi, quali il rapporto tra l’ipotenusa e un cateto di un triangolo rettangolo isoscele o il rapporto
tra la diagonale e il lato di un quadrato. Una delle ipotesi avanzate dagli storici è che probabilmente
abbiano scoperto questi tipi di rapporti occupandosi delle terne di numeri interi che possono essere i lati
di un triangolo rettangolo (terne pitagoriche m, (m2-1)/2, (m2+1)/2 per m=3 abbiamo la celebre terna 3,4
e 5 e per m=5 si ha 5-12-13 ). I rapporti espressi da numeri interi venivano chiamati commensurabili (le
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due quantità confrontate hanno un’unità comune). I rapporti che non potevano essere espressi in tal
modo venivano chiamati incommensurabili. La scoperta dei rapporti “incommensurabili” è attribuita a
Ippaso di Metaponto (V secolo a.C.). La leggenda narra che i Pitagorici, mentre stavano solcando il mare
su di una nave, abbiano gettato Ippaso fuori bordo per punizione; secondo loro era colpevole di aver
scoperto e aver divulgato un elemento che andava contro la dottrina pitagorica, secondo la quale tutti i
fenomeni dell’universo possono essere ridotti a numeri interi o a loro rapporti (Kline).
Ippaso fu uno dei primi Pitagorici, il capo degli “acusmatici”, quelli che erano incaricati
dell’iniziazione, mentre Pitagora dirigeva “i matematici”, che erano già iniziati. Ad Ippaso viene attribuita
la scoperta di un terzo tipo di media (le medie in generale designano alcuni tipi di rapporto esistenti fra
tre numeri a, b, c). Prima di Ippaso si conoscevano e si usavano due tipi di medie:
La media aritmetica tra due numeri a e b è nota anche con il nome di media tout court ed è uguale
alla metà della loro somma:
c (media aritmetica)=(a+b)/2 o a-c=c-b con a>b
La media geometrica tra due numeri a e b è definita da: a:c=c:b ossia c=√ab
La media attribuita ad Ippaso viene chiamata media armonica.
La media armonica tra due numeri a e b è data dal reciproco della media aritmetica di 1/a e 1/b
ossia:
1/2 (1/a+1/b) (media reciproci)=1/2 (b+a)/ab=(a+b)/2ab
Reciproco 2ab/(a+b) media armonica
A proposito di media armonica, Denis Guedj nel libro Il teorema del pappagallo scrive: tre numeri
a, c, b sono in media armonica se la differenza tra il primo (a) e il secondo (c) è uguale a una frazione del
primo e la differenza tra il secondo (c) e il terzo (b) è uguale alla stessa frazione del terzo.
Esempio 6, 4 e 3 6-4=2=1/3 di 6
4-3=1=1/3 di 3
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Come detto precedentemente, il calcolo per trovare la media armonica tra 6 e 3 si esegue in
questo modo: media reciproci 1/2 (1/6+1/3)=1/4 il cui reciproco è 4 (media armonica) o con la formula
direttamente 2x6x3/(6+3)=36/9=4 (indichiamo tale media con la lettera F)
Eseguiamo la media aritmetica: (6+3)/2=4,5 (A)
La media geometrica: √6x3=4,24264….(G)
Notiamo che A>G>F e precisamente avremo che:
A:G=G:F 4,5:4,24..=4,24..:4 o 4x4,5=6x3
questa proporzione viene detta perfetta
La proporzione a: (a+b)/2=2ab/(a+b):b è detta proporzione musicale.
Ritorniamo a √2.
Aristotele riferisce che la dimostrazione secondo la quale √2 è incommensurabile con l’unità fu
data dagli stessi Pitagorici con il metodo reductio ad absurdum (metodo di dimostrazione indiretta).
Consideravano un quadrato il cui lato misura 1 e quindi con la diagonale (ipotenusa se si considera il
triangolo rettangolo isoscele) √2. La dimostrazione consisteva nel provare che, se l’ipotenusa è
commensurabile con uno dei cateti, allora uno stesso numero sarebbe contemporaneamente pari e
dispari.
Infatti supposto che √2=a/b (il contrario di quello che si vuole dimostrare ossia che la radice di 2
non può essere espressa come rapporto di numeri interi e quindi è irrazionale). Nel caso che a e b
avessero un fattore comune (per esempio 18 e 15 hanno in comune 3), semplificheremo la frazione a/b
dividendo numeratore e denominatore per quel fattore fino a far in modo che a e b non hanno fattori
comuni. Prima considerazione: a e b quindi non possono essere entrambi pari (avrebbero 2 in comune).
Elevando al quadrato si ottiene a2 =2b2. Il membro a destra, contenendo il fattore 2, è pari e quindi anche il
membro a sinistra è pari. Ma se il quadrato di un numero è pari, anche il numero è pari; dunque a è pari.
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b, che non contiene fattori in comune con a, è dispari. Se a è pari può essere scritto a=2r e a2=4r2 e
quindi 4r2=2b2 2r2=b2 da cui ricaviamo che b è pari. Qualche rigo prima avevamo dimostrato che b è
dispari e quindi abbiamo l’assurdo che b è contemporaneamente pari e dispari.
Questo dimostra che la nostra ipotesi iniziale (esistevano due numeri interi a e b il cui rapporto era
uguale a √2) è falsa.
√2 diventa il progenitore di un nuovo genere di numeri detti ”irrazionali”. In modo analogo si può
dimostrare che le radici di numeri come 3, 6, 7 ,che non sono quadrati perfetti, sono irrazionali. La
scoperta dei numeri irrazionali fu per i Greci un fatto di enorme importanza perché fu archiviata la
convinzione che, per trovare un’unità di misura comune a due lunghezze (segmenti), bastava trovarne
una abbastanza piccola.
√2 è conosciuta in matematica come costante di Pitagora.
Per i giovani è strano pensare a calcoli o storie così complesse che riguardano la diagonale di un
quadrato; in effetti, se noi pieghiamo in due un foglio quadrato collegando due vertici opposti otteniamo
facilmente la diagonale (ipotenusa dei due triangoli rettangoli isosceli).
Nel dialogo Menone il filosofo Platone (428-328 a.C) ci presenta Socrate nel ruolo di insegnante, e
lo schiavo Menone come allievo. Si suppone che quest’ultimo non abbia alcuna conoscenza, ma sia
dotato comunque di buon senso. Socrate insegna a Menone che la diagonale di un quadrato di
lunghezza 1 ha una lunghezza incommensurabile. Poiché tale diagonale è uguale a √2, in effetti Socrate
tenta di fargli comprendere che la radice è irrazionale attraverso una dimostrazione per assurdo. Tale
dimostrazione avviene, però, guidando lo schiavo attraverso domande intelligenti. Questo dialogo servì a
Platone per dimostrare la sua tesi: il sapere è innato in ogni uomo e l’insegnamento ha il solo scopo di
portare alla luce questo sapere, di renderlo cosciente o meglio, di far ricordare all’allievo quello che già
sa. Platone parla di “maieutica” cioè “arte della levatrice”. L’insegnamento non produce sapere
nell’allievo, bensì lo tira fuori, così come una levatrice non fa il figlio ma lo aiuta a nascere
(Beutelspacher).
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India
Da tempo si sostiene che le necessità religiose hanno determinato sia il carattere delle istituzioni
sociali e politiche indiane sia l’evoluzione delle conoscenze scientifiche. Questa tesi è evidenziata dalla
registrazione in forma scritta dei Sulbasutra. La costruzione di altari (vedi) e la collocazione dei fuochi
sacri (agni) dovevano adeguarsi a istruzioni chiare riguardanti la loro forma e area, poiché dovevano
essere strumenti efficaci del sacrificio. I Sulbasutra davano istruzioni per due tipi di rituale, uno familiare e
uno per la comunità (Gheverghese). Esistono tre Sulbasutra importanti per la matematica scritti da
Baudhayama, Apastamba Katyayana, forse sacerdoti artigiani (le date sono vaghe; per il primo si pensa
tra l’800 e il 600 a.C.). In essi troviamo un procedimento di costruzione di √2. La conoscenza del teorema
di Pitagora è evidente da due proposizioni che si trovano in essi:
I. la fune che viene tesa attraverso la diagonale di un quadrato produce un’area di
dimensione doppia rispetto al quadrato originale.
II. la fune (tesa per lunghezza) della diagonale di un rettangolo forma un’(area) pari alla
somma di quella formata dal lato verticale e da quello orizzontale.
Il procedimento per calcolare la diagonale di un quadrato e quindi la radice di 2 si trova nei tre
Sulbasutra. E’ un procedimento geometrico che si traduce in “Aumentate la misura del lato (nel nostro
caso 1) di un suo terzo e questo aumentatelo di un suo quarto( 1/4 di 1/3=1/12) sottraendo la
trentaquattresima parte di quel quarto. Questo è il valore con una quantità speciale in eccesso.
√2=1+1/3+1/12-1/(12x34)=577/408=1,414215686.
Un commentatore dei Sulbasutra, Rama, nel XV secolo d.C. completò la formula aggiungendo i due
termini = -1/(12x34x33)+1/(12x34x34).
Nel Manoscritto di Bakhshali (testo di regole e di esempi che le illustrano) risalente ai primi anni
dell’era cristiana sotto forma di sutra (un modo di scrivere estremamente sintetico) viene presentato un
altro modo di estrarre radici quadrate. Si legge “nel caso di un numero non quadrato, sottraete il numero
quadrato più vicino; dividete il resto per 2 (manca il quadrato più vicino); metà di questo quadrato sia
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diviso per la somma della radice approssimativa e della frazione. Questa frazione sia sottratta e darà la
radice esatta”. Il linguaggio un po’ nebuloso si traduce nella: √n=√a2+r= (circa) a+r/2a-(r/2a)2/2(a+r/2a)
a la base del quadrato più vicino e r=n-a2
√2=1+1/2-(1/4)/3=1,4166. meno preciso rispetto ai valori sumerici perché non permette
successive approssimazioni.
La metà di √2= 0,7071067811..(all’incirca) è un numero che si ritrova in geometria e in
trigonometria perché connesso all’angolo di 45°
sen45°=cos45° =√2/2 (misure di cateti di un
triangolo isoscele la cui ipotenusa misura 1).
In Europa i fogli che usiamo per fotocopie e altro sono stampati secondo la convenzione ISO216.
Nel linguaggio giornaliero si parla di fogli A4 o A3; essi fanno parte dei fogli della famiglia A. Le
dimensioni del foglio A4 ci lasciano sconcertati; sono infatti di 29,7 cm e 21 cm. In effetti le dimensioni
vengono fuori da un preciso rapporto matematico che caratterizza la famiglia. Il capostipite della famiglia
è il foglio A0 con dimensioni 118,9 cm e 84,1 cm; è un foglio di area 1m2 e il rapporto tra il lato lungo e
quello corto si conserva quando il foglio viene diviso a metà.
La matematica risolverebbe il problema con il sistema xy=1 e x:y=y:x/2
Con x misura del lato lungo e y misura del lato corto. La relazione precedente porta a x/y=√2 e
√2y2=1 da cui y=84,09.. e x=118,92..cm.
Dimezzando tale foglio abbiamo il foglio A1 con lati 84,09 e 59,46 sempre con rapporto uguale alla
radice di 2 (1,4142..)
Poi A2 con dimensioni 59,46 e 42,045
A3
42,0 45 e 29,73
A4
29,73 e 21,022
A5
21,022 e 14,865
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A6
14,865 e 10,511
A7
10,511 e 7,432 tutti con rapporto 1,4142..
Quindi c’è una proprietà di autoriproduzione che si presenta sia dimezzandoli sia raddoppiandoli
con un rapporto tra i lati uguale a √2.
Saggezza: non far niente a volte è un modo per far qualcosa.
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