TRIAL PEDIATRICI IN AUMENTO MA NON LE AUTORIZZAZIONI A sette anni dall'introduzione del Regolamento europeo che spiana la strada alle sperimentazioni infantili, i clinici italiani contestano la perdurante scarsa disponibilità di farmaci ad hoc. Paolo Tornasi (Ema) respinge le critiche e spiega quali sono le difficoltà da superare k. Cristina Tognaccini AboutPherrna and Medicai Devices [email protected] on sono d'accordo che i farmaci per bambini approvati dopo l'entrata in vigore del Regolamento pediatrico nel 2007 siano così pochi". Paolo Tornasi, responsabile dell'area farmaci pediatrici dell'Etna, restituisce al mittente la critica rivolta dall'ospedale Bambino Gesù di Roma secondo cui, a fronte di un crescente numero di sperimentazioni su scala europea, scarseggiano i medicinali che hanno ottenuto la specifica indicazione pediatrica. "Fare studi sui bambini - prosegue Tornasi - non è affatto facile. Prima di tutto c'è un problema di reclutamento, perché i bambini che si ammalano sono meno degli adulti; perché gli operatori sanitari, infermieri ma anche medici, ancora non considerano etico fare studi sui bambini; e infine per via dei problemi economici: i farmaci a uso pediatrico non rendono economicamente come quelli per gli adulti, che sviluppano malattie croniche decennali e portano a un ritorno degli investimenti fatti dalle società farmaceutiche. Questo è il motivo per cui L'Ema ha imposto di condurre obbligatoriamente studi pediatrici alle aziende che vogliono immettere sul mercato un nuovo farmaco (con le dovute MEDICINA & FARMACOLOGIA eccezioni, se per esempio i farmaci non hanno utilità clinica sui bambini, come i farmaci per la prostata, n.d.r). L'artrite reumatoide giovanile è un esempio di successo del Regolamento pediatrico perché prima non c'era neanche un prodotto autorizzato per i bambini, ora ce n'è più di uno e altri sono in arrivo". Circa il 60% dei farmaci attualmente in uso sui bambini non è stato testato sulla popolazione pediatrica ma solo sugli adulti. Percentuale che cresce fino all'80% se i destinatari dei medicinali sono neonati. Per questo l'Ema con il Regolamento pediatrico ha imposto alle aziende farmaceutiche di presentare un "piano di indagine pediatrico" (Pip) per richiedere l'autorizzazione a immettere sul mercato un nuovo medicinale. Nel giugno del 2013, a cinque anni dall'approvazione del documento, l'Ema ha tirato le somme mostrando i successi di questa strategia. I piani di indagine pediatrica pianificati con le aziende farmaceutiche e approvati dall'Ema e il suo comitato pediatrico sono stati più di 600. Mentre le sperimentazioni cliniche che includono bambini sono aumentate di circa il 10% in sei anni, attestandosi sui circa 350-400 studi clinici l'anno (dati EudraCt). Il tutto senza causare ritardi nell'approvazione dei farmaci per adulti né sottoponendo i bambini a studi inutili, ma lavorando sulla massimizzazione dell'uso dei dati esistenti, lo sviluppo di nuovi strumenti come estrapolazione dei dati, a partire da quelli sugli adulti, o la simulazione dell'effetto dei farmaci nei bambini. Un passo indietro. Come accennato all' inizio, in un comunicato dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma si legge a chiare lettere che "gli studi attualmente in corso sono 2400 ma a fronte di un numero così elevato di trials, i farmaci autorizzati con specifica indicazione pediatrica sono circa 30". Chiarisce meglio il concetto Paolo Rossi, direttore del Dipartimento UniversitarioOspedaliero del Bambino Gesù e rappresentante italiano della Commissione pediatrica dell'Ema: "Sono ancora pochissimi, oggi, i farmaci che ottengono l'indicazione per uso pediatrico. Questo è dovuto a una serie di fattori, tra cui la durata delle sperimentazioni, il costo elevato e il ridotto numero di chi beneficerà di quel medicinale. I bambini rappresentano infatti circa il 10% della popolazione globale. Il trend positivo dei trials pediatrici registrato negli ultimi anni, di fatto non ha modificato la tendenza generale a utilizzare anche nei piccoli pazienti i farmaci autorizzati per 1 gli adulti. Un problema che può essere affrontato rendendo più snello il Regolamento pediatrico europeo e facilitando le sperimentazioni, riducendo costi e tempi attraverso la creazione di network di centri di ricerca". Tornasi continua a spiegare che il ritardo dell'approvazione dei farmaci, di cui si lamenta Rossi, è dovuto fondamentalmente a due aspetti: il primo è che lo sviluppo dei farmaci per i bambini richiede anni e che la legislazione pediatrica è attiva solo da 6-7. Per vedere i primi veri risultati quindi dovremmo attendere, perché la maggioranza degli studi è ancora in corso o da iniziare. L'altro problema è che la legislazione è abbastanza potente per i farmaci nuovi ma non dà possibilità di intervento, da parte degli enti regolatori, per i farmaci vecchi, cioè quelli fuori brevetto. "In questi casi non c'è alcun obbligo di presentare un piano di investigazione pediatrico e fare studi aggiuntivi sui bambini da parte delle aziende che lo commercializzano, a differenza di quelli nuovi" precisa Tornasi. "Di recente ne abbiamo discusso anche a proposito delle forme farmaceutiche, perché molti clinici chiedevano come fare ad avere vecchi farmaci nelle forme farmaceutiche adatte ai bambini piccoli. Purtroppo il regolamento pediatrico MEDICINA & FARMACOLOGIA non può impotre obblighi alle ditte far- Mario Negri di Milano. "Sono numeri maceutiche su farmaci fuori brevetto". troppo piccoli perché possano attirare Per incoraggiare le ditte a presentare l'interesse dell'industria. E più facile usastudi sui bambini anche su farmaci fuori re un farmaco off label o fare piccoli studi brevetto, la legislazione ha previsto al- senza entrare nel circuito dell'Ema per cuni incentivi. È il caso del Paediatric- registrarlo per quell'indicazione. Sempre use marketing authorisation (Puma), più spesso quindi vengono condotti sinper cui una ditta che fa uno studio sui goli studi pet evidenziate l'apptopriatezbambini per un farmaco fuori brevetto za dei farmaci senza però avere come fine ottiene un'autorizzazione al commercio la registrazione. Ci sono aree scoperte con una protezione dei dati che dura in termini di indicazioni regisrrare ma dieci anni. Incentivo che si è dimostra- in realtà i farmaci esistono. Anche Alfe to poco attraente, perché protegge solo i finanzia, con soldi pubblici, studi per dati pediatrici, un mercato piccolo. E poi domande cliniche inevase, tra cui quelle non è una vera e propria estensione del pediatriche, ma questi non portano a una brevetto, è una proprietà intellettuale registrazione del farmaco, perché finalizpiù debole. "Finora abbiamo approvato zati allo scopo e l'industria non è diretdue Puma - prosegue Tornasi - di cui tamente coinvolta". Per Maurizio Bonati uno in Italia (per il Buccolam, farmaco "una soluzione potrebbe essere il rilancio anticonvulsivante sviluppato dalla Viro- della ricerca indipendente, come quella fiPharma) e un terzo è in corso". nanziata dal fondo Aifa ottenuto con doNonostante l'introduzione del Rego- nazioni del 5% delle spese promozionali lamento pediatrico e i passi avanti rea- delle aziende farmaceutiche, per coprire i lizzati finora, ci sono ancora però aree bisogni di aree scoperte e meno attraenti, che restano inevase. "Aree critiche come come quella pediatrica, con trial non per quella neonatale o dei disturbi neurop- forza finalizzati alla registrazione", k. sichiatrici per bambini e adolescenti" spiega ad AboutPharma Maurizio Bollati, pediatra responsabile del Laboratorio Parole chiave per la Salute Materno-Intantile e capo del Sperimentazioni cliniche, farmaci pediatrici Dipartimento di Salute pubblica presso Aziende/Istituzioni l'Istituto di Ricerche Farmacologiche Ema, Ospedale Bambino Gesù-Roma, Istituto Mario Negri