01.02.70. p. Richard Sorley americano. L'autorità non parla contro il potere. Resoconto di Enzo M.
del viaggio in Sicilia. BA050 (al giro 602 seconda parte della bobina).
(Interventi di: p. Richard Sorley di Washington, Franca Vannozzi, Enzo Mazzi, Maurizio Sisani,
altre voci non identificate).
Voce maschile: come molti fra i presenti mi conosceranno, preciso che faccio parte di questa
Comunità da sempre e mi sono particolarmente impegnato da quando esiste questa penosa
situazione. In questi giorni mi è nato un bambino ed è desiderio mio e di mia moglie di battezzarlo
in mezzo alla nostra Comunità. Avrei piacere che, oltre al padrino e alla madrina qui presenti, tutti
voi faceste parte insieme a loro. Prima però ho la necessità di fare delle precisazioni per me
importanti. Una di queste precisazioni è che desidero battezzare il mio bambino qua perché come
quel che..[Saltano due o tre parole per difetto di registrazione]…dalla Chiesa ufficiale ma perché faccio parte della
Comunità in cui credo, nella ricerca della verità, nella lotta contro tutte le forme di ingiustizia ma
soprattutto contro la violenza che sempre più si spande in tutto il mondo. Credo nei principi che il
Cristo ci insegna e cerco di attuarli per poterli un giorno insegnare anche al mio figlio di essere un
buon cristiano. Grazie. [Applausi].
p. Richard S.: Nel none del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. La grazia del Signore nostro Gesù
Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi.[Continua la celebrazione
della messa secondo il rituale ma la registrazione è sospesa fino a dopo la lettura del Vangelo].
p. Richard. S.: Sono un sacerdote gesuita degli Stati Uniti, insegno teologia all'Università di George
Stem in Washington, sono amico di famiglia di Robert Kennedy, spesso so9no stato a casa sua.
Sono convinto che egli è molto contento che io oggi mi trovi tra voi. Anche io sono molto contento
di trovarmi qui. Oggi avete ascoltato il Vangelo nel quale si dice la storia di quando Gesù parlò con
autorità ad un uomo posseduto da uno spirito cattivo. E questo spirito lo ubbidì. Il popolo presente
rimase sorpreso di aver visto Gesù parlare con una tale autorità. Così oggi anche noi possiamo
domandarci dove è questo spirito cattivo che riguarda la Chiesa di oggi. Questo spirito si manifesta
nell'orrore della guerra. Quando un uomo uccide un altro uomo come la guerra del Vietnam, quando
si è d'accordo con questa guerra e con la bomba atomica su questo ci domandiamo se la Chiesa di
oggi usa il suo comando per controllare questo spirito maligno. Oggi abbiamo negli Stati Uniti più
di duecento Vescovi e nessuno di loro ha contestato questa guerra pubblicamente. Nessuno di loro
ha contestato il motivo del servizio militare che forza molti giovani a partecipare a questa guerra.
Nessuno dei Vescovi ha parlato contro le armi nucleari nel caso che un qualsiasi Paese li voglia
usare. Allora è proprio che vediamo dove la Chiesa ha mancato per non aver usato la stessa autorità.
Le autorità hanno paura di parlare di questo perché non si dimostrano libere come Cristo che era un
povero. Loro sono amici dei ricchi, della forza militare. Attualmente non si possono identificare con
i poveri come fece proprio questo (Gesù). Questo parlò con autorità perché la sua vita era lo stesso
messaggio della sua parola. Cristo non disse Beati i poveri e poi se ne andava con i ricchi. No. La
sua vita era povera. Egli non disse Beati
coloro che fanno la pace e poi benediva le armi di quelli che facevano la guerra. [Applausi]. La sua vita
fu un esempio. Voi seguite i suoi esempi. Voi avete aiutati il mondo a far vedere che la Chiesa è
proprio quella di Cristo perché l'avete identificata con i poveri, non con i ricchi. Voi non avete un
edificio per la vostra messa perché l'edificio della vostra messa è la stessa vostra vita. cristo non
nacque in un palazzo né ebbe una chiesa per la sua ultima cena oppure una casa in cui potesse
morire. Oggi Cristo è ancora vivo mentre i ricchi e i potenti sono stati scordati. In tal modo voi
sarete ricordati come Cristo. Voi siete poveri, Cristo fu povero. Voi siete stati perseguitati, Cristo fu
perseguitato. V i non siete amici dei ricchi, così non era neanche Cristo. Non vi siete alleati allo
Stato e nemmeno ciò fece Cristo. Voi non avete paura dell'autorità che è male usata, così neanche
Cristo ebbe paura. I ricchi, la forza, l'autorità dei sacerdoti ebrei non furono capaci di fermare Cristo
di vivere e di insegnare la verità. Così oggi nessuno vi può fermare in quello che state facendo.
Grazie. [Applausi].
Voce maschile: All'assemblea di mercoledì parlammo del fatto nuovo che tutti sapete però non
sapevamo mai su questo fatto perciò non potemmo approfondire molto la discussione. Nei giorni
dopo, giovedì, venerdì, ci siamo trovati un gruppetto e abbiamo cercato di mettere insieme questo
documento che vi è già stato distribuito e che ora vi leggerò.
"Oggi, primo febbraio 1970, all'Isolotto, la Curia fiorentina ha deciso di compiere un atto
burocratico, cioè l'investitura o presa di possesso dell'ufficio di parroco e dei beni parrocchiali da
parte di un sacerdote di Vicenza. Tale atto burocratico normalmente si svolge in forma privata
perché ormai da tutti riconosciuto una formalità priva di ogni significato. All'Isolotto si è voluto
invece pubblicizzarlo dandone notizia a tutta la stampa. Questa è la risposta all'appello che noi
abbiamo rivolto in occasione del Natale a tutta la Chiesa e specialmente ai fratelli cristiani che ci
hanno rifiutato. Occorre che ci poniamo tutti in stato di conversione, che ci mettiamo tutti insieme
nelle condizioni di deserto in cui si trova la grande maggioranza degli uomini, che ci rendiamo tutti
insieme solidali con i diseredati, gli oppressi, i rifiutati ai quali è annunziata oggi nel deserto la
Nascita di Cristo. Seguendo loro, uniti ad essi, ritroveremo meglio la strada che conduce a Cristo,
cioè la strada dell'unità e della pace. Questa è la risposta della Curia agli operai in lotta per il
contratto di lavoro e contro la repressione, ai baraccati romani, ai terremotati siciliani, ai pastori
sardi, ai preti spagnoli, agli studenti greci, agli invalidi, ai negri e a tutti coloro che insomma
parteciparono alla vigilia di Natale in piazza dell'Isolotto in comunione con noi. Questa è la risposta
al preciso invito fatto dalla nostra Comunità al sacerdote nominato oggi ufficialmente parroco:
facciamo insieme il catechismo, celebriamo insieme la messa per servire l'unità del quartiere.
Questa è la risposta alla lettera dei centootto preti fiorentini e alla dimissione dei laici del Consiglio
pastorale. Questa è la risposta agli appelli, come quello di Camaldoli, pervenuti da ogni parte del
mondo. Oggi, mentre il popolo dell'Isolotto per la sua partecipazione alla sorte degli ultimi, si trova
a dover vivere la propria vita di Comunità in condizioni di rifiuto da parte della Curia fiorentina,
vediamo che un'altra parte della gerarchia perfino italiana sta mostrando minore incomprensione,
insensibilità e maggior rispetto nei confronti del Popolo di Dio. Il cardinale dell'Acqua, vicario del
papa per la diocesi di Roma, dopo aver preso atto della volontà dei baraccati di Pratorotondo e di
don Gerardo Lutte, ha consentito che il sacerdote rimanesse con il suo popolo ritirando un
provvedimento già definitivo. A Chieti, monsignor Capovilla, già segretario di papa Giovanni, nel
proporre un sacerdote come parroco, ha chiesto il consenso del popolo della parrocchia. Invece la
Curia fiorentina esaspera ancora una volta la repressione compiendo e strumentalizzando un atto
burocratico per stroncare sul nascere l'iniziativa di alcuni sacerdoti della diocesi tesa a ricercare per
l'Isolotto una soluzione diversa da quella imposta, soluzione che desse un minimo di respiro al
popolo dell'Isolotto. Si manifesta in tutto questa intenzione della Curia di archiviare una volta per
tutte il doloroso caso Isolotto e la volontà di rendere impossibile a qualunque altro la riapertura
della pratica. Noi però ci sentiamo sempre più sostenuti e stimolati dall'unità che si va
progressivamente realizzando fra tutti gli oppressi e i rifiutati sia nella società civile che nella
Chiesa, unità in cui noi riconosciamo la presenza dello Spirito di Cristo, unità alla quale dovranno
convertirsi tutti gli uomini di buona volontà che non vogliono essere gli strumenti di questa
divisione in classi la quale porta il mondo verso la propria distruzione. Tale unità ci viene offerta e
significata in particolare da tutti quei sacerdoti che ogni domenica celebrano la messa in piazza,
riconoscendoci pubblicamente come Chiesa, da tutte quelle Comunità parrocchiali e gruppi che da
ogni parte d'Italia e del mondo continuano a manifestare il loro consenso e la loro partecipazione
alla nostra lotta. Con questa forza noi riaffermiamo la nostra ferma volontà di continuare a credere,
sperare e lottare per una Chiesa che si libera dall'autoritarismo, dal potere, dalla ricchezza,
dall'alleanza con gli oppressori e che cerca il suo fondamento sempre nuovo nel Cristo presente
negli oppressi".[Si applaude].
Franca V.: Vorrei fare un piccolo resoconto a tutta la Comunità dato che l'impegno di tutti è stato
molto vicino a noi. Si tratta di questo. La Comunità lo sa ma si tratta di farlo conoscere un po' a
tutti. Il problema degli spastici in questo periodo di tempo è stato piuttosto intenso. Siamo stati
attendati in piazza della Signoria, abbiamo fatto conoscere all'opinione pubblica la nostra
situazione, le nostre condizioni e abbiamo messo in evidenza anche alle autorità che non volevamo
più stare zitti, volevamo iniziare un cammino nuovo perché la gente si rendesse conto che ci siamo
anche noi. Di qui, dato che la tenda è stata tenuta una settimana, e visto e considerato che anche
dopo la manifestazione - voi avete partecipato numerosi - non siamo riusciti a risolvere niente,
siamo stati a Roma tre giorni, tre giorni attendati. Però dirò che a Firenze la solidarietà umana delle
persone ci ha permesso di avere una gran forza, a Roma, purtroppo, siamo stati trattati molto male
perché per ben due volte abbiamo cercato di mettere la tenda e per ben due volte ce l'hanno tolta. La
polizia, appena siamo arrivati, ci ha circondato. Insomma si sembrava dei delinquenti. Noi eravamo
andati a Roma unicamente per fare una manifestazione pacifica, per mettere in evidenza i nostri
problemi, di esporre alla gente come ancora, nel 1970, gli invalidi siano trattati insomma, e che non
si voleva più l'elemosina. Le grandi manifestazioni degli invalidi tenevano ad avere qualcosa di più:
dei requisiti, dei diritti dallo Stato e non l'elemosina che la gente continua a dare. Questo era il
nostro scopo. Invece è stato frainteso e la polizia ci ha trattato come delinquenti. Ora siccome il
problema è molto grosso e non si può dire in due parole, vorrei che mercoledì prossimo, alle
Baracche, si potesse discutere ampiamente e continuare come sempre, perché il quartiere
dell'Isolotto ha dimostrato veramente solidarietà non solo a parola ma a fatti, perché noi abbiamo
bisogno di persone come ci sono qui. Mercoledì se ne può parlare insieme perché gli spastici
vogliono continuare la loro lotta. Molto probabilmente la tenda messa a Roma e tolta due volte dalla
polizia e poi noi ostinatamente ce l'abbiamo tenuta perché abbiamo legato i pali alle carrozzine e si
è detto che se sequestravano la tenda avrebbero sequestrato anche noi, (dimostra) questa nostra
volontà forte in cui si ha bisogno della gente che come voi capisce i nostri problemi. Quindi
mercoledì sarà bene parlarne, semplicemente come ne sto parlando ora per vedere di aiutare ancora
di più il gruppo spastici perché la manifestazione di Roma, la manifestazione di Firenze sarà
continuata, sarà tenuta a Roma, sarà tenuta nuovamente a Roma, sarà tenuta a Livorno, in tutte le
città, perché purtroppo gli invalidi nelle altre città sono meno emancipati di noi. Noi si ha una
fortuna di conoscere elementi validi, molto validi come il quartiere dell'Isolotto, un don Borghi, un
don Mazzi che ci hanno aperto gli occhi, che ci hanno detto che noi siamo uguali agli altri, che non
si ha bisogno di elemosinare da nessuno, ma abbiamo bisogno solo dei nostri diritti. Solo così si può
inserirci nella società di oggi. La società di oggi ha bisogno di noi nonostante che per ora ci tengano
molto ai margini. Mercoledì vi pregherei di venire e se ne discuterà ampiamente e si vede come si
può seguire gli spastici nella loro lotta. Grazie. [Applausi].
Voce maschile: Vengo da Roma. Faccio parte del gruppo di Pratorotondo con don Gerardo. Porto
una lettera dei ragazzi che adesso vi leggo:
"Siamo un gruppo di ragazze dai dodici ai quindici anni e desideriamo metterci in comunicazione
con altre i ragazzi e ragazze della nostra età. Noi desideriamo sapere quali siano i vostri problemi,
perché pensiamo che siano simili ai nostri. Infatti i nostri padri non possono mantenerci negli studi
e quindi noi non possiamo studiare come possono studiare i ragazzi che abitano i palazzi. E noi
insieme alle nostre famiglie siamo costretti a vivere nelle baracche, perché i nostri padri non hanno
studiato, non vengono pagati bene e quindi non possiamo permetterci di pagare l'affitto di una casa
decente. E se qualcuno di noi è riuscito a ottenere una casa popolare, è molto difficile trovare un
lavoro subito, una scuola e tante altre cose necessarie per vivere da uomini. Mettiamo il caso che
noi andassimo a occupare delle case. Inevitabilmente ci manderebbero via come hanno mandato via
altre famiglie che hanno provato ad occuparle. E così chissà per quanto tempo saremo costretti a
vivere nelle case piene di umidità. Se voi veniste in un giorno di pioggia vedreste le strade della
borgata piene di fango ed alcune mamme costrette a mettere degli stracci sul pavimento per via
della pioggia che penetra ovunque e questo spiega perché i bambini si ammalano spesso di
broncopolmonite e molti adulti hanno l'artrite. Vi è anche un altro problema a Pratorotondo ed è
quello della mancanza dell'acqua e le nostre mamme devono andare a lavare alle fontanelle e noi
ogni giorno andiamo a prendere l'acqua per bere e per ogni uso domestico. A Pratorotondo mancano
i riscaldamenti. Infatti si usano delle stufe a legna e questo è forse anche una delle cause delle
malattie e poi usando le stufe a legna c'è il pericolo di un incendio, infatti la maggior parte delle
baracche sono state costruite in legna. Un altro nostro diritto sarebbe di avere almeno le fognature,
invece al Comune pensano solo a mangiare. Sperando che ci rispondiate presto alle domande che vi
abbiamo posto raccontandoci della vostra vita vi salutano le ragazze di Pratorotondo Patrizia, Maria
Cristina, Giuliana, Maria, Massimo e Antonio".[Applausi].
Enzo M.: Oggi è una messa veramente importante perché abbiamo avuto delle testimonianze
notevoli. Anch'io dovrei dire qualche cosa. Sono tornato dalla Sicilia. Non lo se se si fa tardi.
Siccome il tempo è bello, ci si può forse trattenere cinque minuti di più. Sergio, allora è bene che
non incominci nemmeno perché cinque minuti mi ci vogliono. Ti vanno bene cinque minuti? Tieni
l'orologio pronto. Allo scadere dei cinque minuti smetto. Dunque non è una frase fatta quella
contenuta nel documento che è stato letto. Noi ci sentiamo sempre più sostenuti e stimolati, dice il
documento che avete fatto, dalla unità che si va progressivamente sviluppando fra tutti gli oppressi
e gli sfruttati. Dico non è una frase fatta perché ne è una verifica e una testimonianza la realtà che
ho vissuto in questi quindici giorni che ho trascorso in mezzo ai terremotati e gli incontri avuti con
quelle popolazioni. Ho incontrato la gente di Santa Margherita Belice due volte, di Partanna, di
Gibellina due volte, di Roccamena. Di Santa Ninfa, di Castelvetrano, di Agrigento e di Palermo.
Non sono stato a dormire in questi quindici giorni. Ho mangiato poco e ho dormito molto male
nelle baracche, però, come vedete, sono tornato ringalluzzito perché quella gente veramente mi ha
dato molto coraggio e molta forza. Si tratta di gente che soffre in schifose baracche, veramente
schifose, baracche che cadono a pezzi, alcune centinaia hanno dovuto perfino chiuderle perché
crollavano, perché erano troppo malsane insomma. Sono paesi interi, paesi di quindici, ventimila
abitanti, tutti in baracche. Sono famiglie quasi tutte rotte dall'emigrazione, sono popoli veramente
rapinati da una classe dirigente economica e politica che pensa soltanto al proprio più grande
profitto. E' gente che lotta e spera contro ogni speranza, perché veramente stando là, partecipando
alle discussioni, approfondendo il problema ci si rende conto che la ricostruzione sarà molto
difficile. Sarà molto difficile che l'ottengano in breve tempo: ci vorranno anni perché non c'è la
volontà di farla e, una volta che avranno le case, dovranno tenerle chiuse undici mesi e mezzo
all'anno e aprirle soltanto mezzo mese, cioè il mese delle ferie, perché dovranno tutti quanti
sloggiare per andare a lavorare dove c'è lavoro e i padroni danno lavoro nel Nord o nel Centro
dell'Italia. Questa è la loro scelta. Dovunque erano migliaia le persone che si assiepavano nelle sale
o nelle piazze per partecipare a tali incontri. Dovunque i dibattiti sono stati vivi e la gente ha
espresso l'ansia e il bisogno di unità, unità all'interno dei paesi terremotati contro tutte le forze che
tentano di dividere quella gente in primo luogo gli ecclesiastici, la Chiesa. Quella gente vuole essere
unita e ci sono tante forze invece che vogliono tenerla divisa, che vogliono mettere un paese contro
l'altro, che vogliono introdurre il campanilismo, il diritto di priorità nell'assegnazione, nella
ricostruzione, insomma questa gente sente invece il bisogno dell'unità perché soltanto con l'unità il
popolo può raggiungere, come noi sappiamo bene, certi suoi diritti. Unità non soltanto fra le zone
terremotate ma fra tutte le popolazioni del Meridione perché tutto il Meridione è terremotato, non
soltanto quelle zone lì. Unità fra il Meridione e i lavoratori delle zone industrializzate, perché, come
diceva un volantino fatto a Firenze dal Comitato di solidarietà con i terremotati, tutti siamo
terremotati, non soltanto la Valle del Belice, non soltanto il Meridione ma anche noi in fondo se si
pensa che a Roma, come si sa bene, ci sono sessantamila baraccati, a Torino ce ne sono decine di
migliaia, a Milano lo stesso, tanto per dire qualche cosa, tanto per parlare di baraccati. La gente che
ho incontrato hanno voluto conoscere a fondo il lavoro fatto a Firenze con il Comitato di solidarietà
coi i terremotati che si è riunito varie volte e ha messo in movimento un piano per sensibilizzare
l'opinione pubblica. Hanno voluto conoscere a fondo la nostra esperienza di unità. L'esperienza di
unità cioè dell'Isolotto e' stata per loro l'occasione di una profonda e attesa liberazione, è stata come
la scoperta di un mondo nuovo a cui aspiravano in fondo da tanto tempo. C'è stato anche il
contrasto. Il clero, i mafiosi, gli autoritari si sono trovati uniti per cercare di ostacolare questo
incontro col popolo, per criticare la nostra Comunità e la nostra persona. A Castelvetrano un gruppo
di giovani cattolici aveva organizzato un incontro e aveva ottenuto da un parroco vecchio che forse
non conosceva l'Isolotto, aveva ottenuto di farlo nella sala parrocchiale. Il permesso era definitivo,
la parola era data. Un'ora avanti l'incontro il responsabile di questo gruppo viene chiamato e il
parroco gli dice che ha ricevuto un ordine preciso dal Vescovo di non dare questa sala per
l'incontro. Cosicché abbiamo dovuto fare l'incontro in una sala di fortuna e dopo lo abbiamo dovuto
ripetere un'altra volta perché moltissima gente era rimasta fuori e non aveva potuto partecipare.
Così anche da altre parti è accaduto che il clero in tutti i modi si è opposto e quando hanno
partecipato hanno partecipato attraverso una polemica arida, inutile e così meschina anche. Non ho
avuto del resto molto bisogno di difendermi perché il popolo stesso ha fatto sì che essi cadessero
nella fossa che volevano preparare per noi, perché il popolo voi sapete che è molto schietto, molto
sincero e ha gli occhi ben aperti ormai. C'è stato un limite in questi incontri: il fatto che mi
presentassi senza di voi, un limite che io ho avvertito ogni volta, ho avvertito moltissimo, perché da
solo, senza di voi, sento che sono nulla. Comunque sono stato incaricato di portare al popolo
dell'Isolotto la stima e la piena solidarietà dei popoli delle zone terremotate e le migliaia e migliaia
di persone che ho incontrato, perché ogni incontro veramente erano migliaia. Si vedeva quelle
coppole, quei berretti che si chiamano coppole, distese enormi di gente. Veramente è stata una cosa
molto importante e molto bella. Dunque la stima e la piena solidarietà sono stato incaricato di
portarvi di queste popolazioni delle zone terremotate e cioè delle popolazioni che ho incontrato,
ripeto: Santa Margherita Belice, Partanna, Gibellina, Roccamena, Santa Ninfa. Castelvetrano,
Palermo e mi hanno detto che ci torni non da solo. Anche loro in fondo verranno per cercare di
realizzare questa unità di lotta, questa unità di popolazioni, per creare un mondo diverso, un mondo
fondato sulla dignità dell'uomo e non sul massimo profitto. La mia relazione è durata, penso, meno
di cinque minuti. Comunque mercoledì prossimo o un altro mercoledì, se non ci sarà tempo
mercoledì prossimo, se avete già un programma, vi riferirò più ampiamente e più dettagliatamente.
Comunque sono molto contento di essere tornato in mezzo a voi. Non crediate che mi sia fatto
troppo innamorare dalla Sicilia. Avevo mandato una lettera espresso sperando che potesse arrivare
per mercoledì, poi è arrivata giovedì mattina, scrivevo che sarei rimasto se avessi potuto portare
tutti con me là, ma siccome questo non è possibile sono tornato. [Applausi].
Maurizio S.: Volevo ringraziare da parte di Giuliano Olita, (per) quella mamma che è rimasta
ustionata circa dodici giorni fa. Vi ringrazio da parte sua e sta migliorando molto lentamente ma
migliora. E pertanto io chiederei se ci sono ancora delle donne che possono dedicare un pomeriggio
o una notte da fare perché ancora ne ha bisogno. Io aspetterò dopo la messa qui. Se c'è qualcuno si
rivolge a me.
[Termina al giro 902 della seconda parte della bobina la registrazione della assemblea eucaristica in piazza Isolotto del primo di febbraio 1970. Il
resto della bobina è vuoto].