OSSIDORIDUZIONI Numero di ossidazione Nelle reazioni acido-base si può dire che viene scambiato, fra due specie reagenti, un H+. Si dicono reazioni di ossidoriduzione le reazioni in cui si ha scambio di elettroni fra le specie reagenti. Per capire meglio, è utile introdurre il concetto di NUMERO DI OSSIDAZIONE, che serve a stabilire quanti sono gli elettroni disponibili per un atomo in un composto. Il N.O. si ottiene sottraendo, dal numero di elettroni esterni di quell’atomo, ricavabile dalla tavola periodica, il numero di elettroni che quell’atomo ha ancora disponibili dopo aver formato i legami, cioè tutti gli elettroni che fanno parte o di doppietti non impegnati o di legami con atomi meno elettronegativi. Quindi, il numero di ossidazione è negativo se l’atomo ha più elettroni di quelli iniziali, positivo se ne ha meno. Esempi: N N: V gruppo, 5 elettroni esterni NH3: N dispone di tutti gli elettroni indicati in blu, compreso il doppietto, che sono 5-8 = -3 (si ricordi che gli elettroni hanno carica negativa). N H HO O H ammoniaca acido nitroso N=+3 N=-3 H O HNO2: N perde gli elettroni dei legami segnati in rosso e mantiene solo il doppietto: 5-2 = + 3 HNO3: tutti i 5 elettroni vengono persi: 5-0 = + 5 N HO O acido nitrico N=+5 Si noti che il massimo numero di ossidazione possibile corrisponde alla perdita di tutti gli elettroni, e quindi in genere corrisponde al numero del gruppo, come per HNO3 (se N dovesse perdere ulteriori elettroni, dovrebbe andarli a prendere al livello inferiore, il che non si verifica normalmente). Il numero più basso (più negativo) possibile corrisponde invece all’acquisto di tanti elettroni quanti ne servono per completare l’ottetto, nel caso di N (-3). Per calcolare il numero di ossidazione di un atomo in un composto ci si può aiutare con alcune semplici regole: Prima regola: il numero di ossidazione degli elementi puri, in qualunque stato fisico, è sempre zero. Infatti, un atomo isolato, o legato con altri atomi identici, non varia la propria disponibilità elettronica. Seconda regola: O, che nei composti forma sempre due legami covalenti, è l’elemento più elettronegativo dopo F; quindi il suo numero di ossidazione è sempre -2, tranne che nei legami con F o con se stesso. H, invece, tranne che nei legami con i metalli o con se stesso, ha generalmente numero di ossidazione +1, che corrisponde alla perdita del suo unico elettrone nel legame con atomi più elettronegativi di lui, come quasi tutti i non metalli. Terza regola: gli elementi dei primi due gruppi, nei composti con altri elementi, hanno SEMPRE numero di ossidazione +1 e + 2 rispettivamente (formano sempre composti prevalentemente ionici). Quarta regola: il massimo numero di ossidazione di un elemento corrisponde alla perdita di tutti i suoi elettroni esterni, e quindi corrisponde al numero del gruppo di appartenenza, con il segno +; il minimo numero di ossidazione possibile, invece, corrisponde all’acquisto di tanti elettroni quanti ne mancano per completare l’ottetto, quindi (8 – n), con n numero del gruppo, con il segno -. In molti casi queste regole permettono di calcolare il numero di ossidazione di altri elementi per differenza, come nel caso di HNO3. La somma dei numeri di ossidazione di tutti gli atomi, in una molecola neutra (= priva di carica elettrica), è 0: in questo caso abbiamo 3 ossigeni: (-2 x 3 = -6) e un idrogeno (+1). -6 +1 + x = 0 e quindi il numero di ossidazione dell’azoto è +5. Per l’acido nitroso, HNO2, si ha invece (-2 x 2) + 1 + x = 0 da cui x = +3. Si può anche arrivare allo stesso risultato disegnando la struttura della molecola. Così facendo si osserva che tutti gli elettroni di N impegnati in legami covalenti con O, che è più elettronegativo, si considerano persi. La perdita di 5 elettroni, negativi, corrisponde ad un numero di ossidazione di +5, che è il massimo numero di ossidazione possibile per N (corrisponde allo stato più ossidato). Nell’acido nitrico tutti i 5 elettroni di N sono impegnati in legami con O. L’acido nitroso, HNO2, contiene invece azoto con numero di ossidazione +3: infatti, solo 3 dei 5 elettroni esterni di N sono condivisi con O (e quindi persi), mentre gli altri costituiscono un doppietto non impegnato. 5 (elettroni iniziali) - 2 (elettroni posseduti da N alla fine) = 3 elettroni persi (segno +), numero di ossidazione +3. Bilanciamento di reazioni redox Data una reazione redox, i passi da fare per il bilanciamento sono i seguenti, qui esemplificati per la reazione Al + H3O+ = Al3+ + H2 + H2O 1) Determinare i numeri di ossidazione e individuare la specie che si ossida e quella che si riduce [Al0 Al3+ si ossida perdendo 3 e-; H+ H0 si riduce acquistando 1 e-] 2) Bilanciare gli elettroni [Al ne perde 3; 2 H3O+ ne acquistano in tutto 2 per dare H2] 3) Bilanciare le cariche [2 Al + 6 H3O+ = 2 Al3+ + 3 H2 col passaggio di 6 e- totali, minimo comune multiplo tra 2 e 3; le cariche sono 6+ sia a destra che a sinistra] 4) Bilanciare gli H usando H2O [2 Al + 6 H3O+ = 2 Al3+ + 3 H2 + 6 H2O] 5) Verificare che gli O siano bilanciati [6 a destra e 6 a sinistra: bilanciamento giusto] Reazioni redox. In una reazione di ossidoriduzione (o, in breve, REDOX) vi sono almeno due atomi che variano il proprio numero di ossidazione. Uno degli atomi lo diminuisce (RIDUZIONE, corrisponde all’ACQUISTO DI ELETTRONI) e l’altro lo aumenta (OSSIDAZIONE, corrisponde alla PERDITA DI ELETTRONI). Non ci può essere ossidazione senza riduzione: gli elettroni non vanno in giro da soli! Tanti elettroni perde la specie che si ossida, tanti ne deve guadagnare quella che si riduce. Attenzione: le COMBUSTIONI sono tutte reazioni redox. Infatti in O2 O ha numero di ossidazione zero, perché è un elemento puro, mentre in CO2 e H2O, i prodotti delle combustioni, ha sempre N.O. (-2), perché forma sempre 2 legami con atomi meno elettronegativi. Quindi nelle combustioni O si riduce, mentre il combustibile, qualunque sia, si ossida: gli atomi del combustibile, come C, finiscono tutti per legarsi a O, perdendo i propri elettroni. Le reazioni redox possono essere più o meno spontanee; quelle spontanee procedono con liberazione di energia, che può essere dissipata sotto forma di calore oppure utilizzata per compiere lavoro elettrico: quest’ultimo risultato si può ottenere costringendo il flusso di elettroni a passare attraverso un circuito, in maniera da ottenere corrente elettrica. Un dispositivo di questo tipo per ottenere energia da una reazione redox spontanea prende il nome di PILA. Si può anche fare l’inverso, cioè spendere energia elettrica per forzare il flusso elettronico nel verso non spontaneo in modo da ottenere prodotti difficili da ricavare in altro modo, come ad esempio alluminio metallico (ELETTROLISI). Pile Un flusso di elettroni da una sostanza ad un’altra costituisce un passaggio di corrente elettrica; converrà perciò ricordare che le unità di misura in gioco sono: Intensità di corrente A Potenziale V Carica elettrica Energia Potenza C=As J=CV W=VA I conduttori elettrici si distinguono in conduttori di prima specie, o elettronici, in cui la conduzione è data da un flusso di elettroni (si tratta soprattutto dei metalli), e in conduttori di seconda specie, o ionici, in cui la conduzione è data da un flusso di ioni e quindi avviene con trasporto di materia (composti ionici fusi o disciolti). A questo punto, per chiarire quello che succede, consideriamo come esempio il comportamento di una sbarretta di metallo, diciamo zinco, immersa in acqua. Il metallo è costituito da un denso reticolo di ioni positivi tenuti assieme da elettroni relativamente liberi all’interno del cristallo. L’acqua, essendo un dipolo, agirà sugli ioni positivi del metallo formando interazioni ione-dipolo e portando alcuni degli ioni più superficiali in soluzione: nella figura sono indicate in rosso le cariche positive e in blu le cariche negative. La quantità di ioni che passa in soluzione dipenderà da numerosi fattori, come l’energia reticolare del metallo, la densità di carica degli ioni, l’entità delle interazioni ione-dipolo ecc. Quindi, ogni metallo avrà una diversa tendenza a rilasciare ioni in soluzione acquosa. Quando il metallo cede ioni positivi all’acqua la sua superficie si carica negativamente, perché contiene ora un eccesso di elettroni; dopo un certo tempo, fra metallo e soluzione si instaura un equilibrio. Costruendo due di questi sistemi, con due metalli diversi, come Zn e Cu, gli ioni Cu++ in soluzione avranno una concentrazione inferiore a Zn++, e quindi la sbarretta di Cu avrà una carica negativa minore. Zn++ Zn++ Zn+ + Cu++ Zn++ Cu+ Zn+ + Se ora colleghiamo le due sbarrette fra loro con un filo metallico, gli elettroni in eccesso tenderanno a passare da Zn a Cu. Questo fenomeno, però, si arresta subito: una volta che nella soluzione di Zn2+ si sia accumulato un eccesso di carica + e sulla sbarretta di rame un eccesso di carica -, il flusso di cariche si interrompe. Per farlo continuare, si può mettere un ponte salino, ovvero un dispositivo di scambio di ioni inerti, in grado di neutralizzare le cariche in eccesso. Zn++ Zn++ ANODO Zn++ Zn++ e Cu++ Cu++ CATODO Zn++ Si tratta di un tubo di vetro, riempito con un gel contenente ioni, come Na+ e NO3-, che non prendono parte alle reazioni del sistema. Gli ioni vengono man mano rilasciati mantenendo la neutralità elettrica nei due scomparti. Il dispositivo finale che abbiamo costruito, e in cui si ha un flusso di corrente, è una PILA. Ciascuno dei due scomparti è un semielemento, in cui avviene una delle due semireazioni; il semielemento negativo, che libera elettroni e in cui avviene l’ossidazione Zn Zn++ + 2 e- è detto ANODO, mentre il semielemento positivo, che richiama elettroni e in cui avviene la riduzione Cu++ + 2 e- Cu è detto CATODO. La reazione complessiva è Zn + Cu++ Zn++ + Cu, un’ossidoriduzione. In una pila avviene una reazione redox spontanea, e l’energia da essa liberata viene utilizzata per compiere lavoro elettrico. Il valore di G per queste reazioni può essere correlato al valore della differenza di potenziale fra due semielementi. Infatti, la variazione di energia libera, espressa in J, equivale alla carica trasferita nel corso del passaggio di elettroni, espressa in coulomb (C), moltiplicata per la differenza di potenziale, espressa in volt (V), tra le specie reagenti: G = - nFE (1) in questa importante formula F, detta costante di Faraday, rappresenta la carica elettrica trasportata dal movimento di una mole di elettroni e si ottiene moltiplicando la carica elettrica di un elettrone per il numero di Avogadro: 1,6 × 10-19 C/elettrone x 6,023 x 1023 elettroni/mol = 96416 C/mol 96500 C mol-1 n rappresenta il numero di moli di elettroni in gioco e quindi nF rappresenta la quantità di carica totale trasferita. Il segno negativo indica che, per una differenza di potenziale positiva, si ha una reazione spontanea, con G < 0. Il valore assoluto del potenziale elettrochimico di un semielemento non è facilmente determinabile: è molto più semplice misurare E, cioè la differenza di potenziale fra due semielementi. La scala dei POTENZIALI STANDARD DI RIDUZIONE è una scala relativa di valori di potenziale, espressi in volt (V), riferita SOLO A SEMIREAZIONI DI RIDUZIONE in condizioni standard (Pi = 1 atm, [ioni in soluzione] = 1 M), costruita fissando uno zero arbitrario, che in questo caso corrisponde alla riduzione H+ + e- ½ H2 il cui potenziale è quindi PER DEFINIZIONE pari a 0 V. In base all’equazione (1) si può notare che più una riduzione è spontanea e più il suo valore di E° (la differenza di potenziale standard rispetto al semielemento di riferimento) è positivo; in altre parole, una riduzione che abbia un potenziale positivo è più spontanea di quella di riferimento. Questo ci permette di usare la scala dei potenziali standard per prevedere il verso in cui sarà spontanea una reazione redox a partire da condizioni standard. Ad esempio, i valori di E° per la riduzione di Cu2+ e di Zn2+ sono rispettivamente + 0,34 V e - 0,76 V. Questo significa che, se costruiamo una pila formata da due semielementi standard, uno dei quali del metallo e l’altro di idrogeno, avremo: elettroni H2 Pt ANODO Zn++ CATODO Zn++ Zn+ + Zn++ H+ Zn+ Caso 1: Zn + 2 H+ = Zn2+ + H2 (g) [Attenzione: nel semielemento di idrogeno non compare nessuna specie solida metallica, e quindi il semielemento è formato da una soluzione con [H+] = 1 M, cioè pH 0, sopra la quale vi è una fase gas con p (H2)= 1 atm), e un elettrodo (la sbarretta metallica) di un metallo inerte come Pt, che serve solo per la conduzione degli elettroni ma non reagisce] In questo caso il metallo ha un potenziale di riduzione negativo, cioè minore rispetto all’elettrodo a idrogeno: quindi il polo +, dove avviene la riduzione, sarà l’idrogeno, mentre il semielemento di zinco sarà l’anodo: Zn si ossida. E° per questa reazione si ottiene sommando fra loro il potenziale della semireazione di riduzione (in questo caso 0 V) e quello della semireazione di ossidazione: quest’ultimo è uguale al potenziale della riduzione cambiato di segno (se la riduzione Zn2+ Zn ha E° = - 0,76 V, l’ossidazione Zn Zn2+ ha E° = + 0,76 V); quindi per la pila così costruita E° = 0 -+0,76 V = + 0,76 V > 0. La pila funziona spontaneamente nel verso indicato. Se il semielemento metallico, invece che di zinco, fosse di rame, si avrebbe: elettroni H2 Pt CATODO Cu++ H+ H+ Cu++ Cu++ H+ H+ H+ Caso 2: H2 (g) + Cu2+ = 2 H+ + Cu ANODO In questo caso il rame ha potenziale di riduzione positivo, e quindi ha maggior tendenza a ridursi rispetto all’idrogeno: la polarità della pila è inversa rispetto a quella precedente, e la reazione spontanea è quella in cui il metallo si riduce e l’idrogeno si ossida. Per questa reazione il potenziale è infatti + 0,34 V, > 0. Quindi, in generale, fra due semireazioni avviene nel verso della riduzione quella che ha potenziale di riduzione più alto, mentre avviene nel verso dell’ossidazione quella che ha il potenziale di riduzione più basso (più negativo). Perché la reazione redox complessiva sia spontanea, il suo potenziale (ox + red) dev’essere positivo. Tutto questo trova applicazione non solo nelle pile, ma anche nella previsione di spontaneità di reazioni redox come quelle di corrosione dei metalli. Dei due metalli visti ora come esempio, lo zinco si scioglie in acidi e il rame no: infatti, una lastra di zinco esposta all’azione di acqua acida, quindi di H+, può essere ossidata spontaneamente secondo la stessa reazione indicata nel caso 1; gli ioni Zn2+ che si formano vanno in soluzione e la lastra metallica si corrode; ovviamente, in questo caso non si ottiene lavoro elettrico, perché gli elettroni non vengono costretti a passare in un opportuno circuito, ma l’energia liberata si dissipa nel sistema sotto forma di calore. Tutti i metalli con potenziale di riduzione standard negativo vengono intaccati dagli acidi a pH 0. Si può notare che questi metalli in generale non si trovano mai in natura allo stato elementare metallico, ma sempre sotto forma di composti, come ad esempio ossidi, perché, se vi fosse in natura un giacimento di ferro o di alluminio allo stato metallico, questo potrebbe facilmente essere ossidato, nel tempo, dalle acque leggermente acide che si trovano nel terreno. I metalli a potenziale positivo, invece, non vengono ossidati dagli acidi; quanto più positivo è il loro potenziale di riduzione, tanto più i metalli sono nobili e resistono all’ossidazione. Molti metalli che non si sciolgono in acidi si possono però ossidare all’aria in presenza di umidità in base alla reazione 2 M + O2 (g) + 2 H2O = 2 M2+ + 4 OH-, perché la semireazione di riduzione dell’ossigeno O2 (g) + 2 H2O = 4 OHha E° = + 0,40 V; quindi solo i metalli che hanno potenziale di riduzione > 0,40 V resistono alla corrosione da parte dell’ossigeno dell’aria a pH 14 (standard). Questo significa che in condizioni standard l’argento (+ 0,80 V) resiste, mentre il rame (+ 0,34 V) si ossida. Il metallo più difficile da ossidare, e che infatti è noto e usato come metallo fin dall’antichità e si trova in natura solo allo stato metallico, è l’oro (E° = + 1,5 V). La legge di Nernst Finora si è parlato di reazioni redox in condizioni standard, ovvero in cui le concentrazioni degli ioni in soluzione sono 1 M e le pressioni parziali dei componenti gassosi sono di 1 atm; in queste condizioni G° = - nFE°, ma è anche (vedi Equilibri) G° = -RTln K, e quindi, combinando le due eguaglianze, nFE° = RTlnK, da cui lnK = (nF / RT) E°. Dato che in genere si considera T = 25°C (298 K), che R = 8,31 J mol-1 K-1, che F = 96500 C V mol-1 e che 2,303 è il fattore di conversione fra logaritmo naturale (ln) e logaritmo decimale (log), la relazione diventa: E° = (0,059 / n) log K con n = moli di elettroni. In questo modo, i potenziali standard possono essere usati per calcolare la K di equilibrio della reazione redox a 25°C. Vediamo ora come le relazioni viste fin qui vanno modificate per tener conto di sistemi diversi da quelli standard. In quel caso, l’energia libera del sistema non è più G° ma G e dato che G = G° + RTlnQ (vedi Equilibri), sostituendo G e G° in quest’ultima espressione si ottiene: -nFE = -nFE° + RTlnQ, che divisa per (-nF) dà E = E° - (RT/nF) lnQ Sostituendo, come prima, gli opportuni valori a F, R e T e inserendo il fattore di conversione fra logaritmi naturali e decimali, si ottiene: E = E° - (0,059/n) logQ LEGGE DI NERNST ove Q rappresenta il quoziente di reazione (vedi Equilibri). E’ anche possibile esprimere questa legge nel modo, del tutto equivalente, E = E° + (0,059/n) logQ-1 particolarmente conveniente in un caso come il seguente. Esempio: stabilire in quale verso funzionerà spontaneamente la pila così schematizzabile: Co (s) / Co2+(aq, 0,68M) // Ni2+(aq, 0,015 M) / Ni(s) determinare la polarità degli elettrodi e calcolare E. In un caso di questo genere, E° è molto piccola perché i due potenziali standard sono vicini. E’ difficile stabilire a priori il verso della reazione, e conviene quindi calcolare E per ciascuno dei due elettrodi usando la legge di Nernst per poi confrontarli. Lo schema convenzionale indicato utilizza il segno / per indicare una separazione di fase, tra l’elettrodo solido metallico e la soluzione acquosa, la cui concentrazione è indicata, mentre il segno // indica la separazione fisica fra i due elettrodi. Applicando la legge di Nernst separatamente alle singole reazioni di riduzione M2+ + 2 e- = M nella forma E = E° + 0,059/2 log [M2+] si trova: per Co E = - 0,28 + 0,059/2 log 0,68 = - 0,285 V per Ni E = - 0,257 + 0,059/2 log 0,015 = - 0,311 V A questo punto si può dire che, consideando le effettive concentrazioni presenti, Ni ha il potenziale più basso e quindi si ossiderà (anodo, polo -) riducendo il cobalto (catodo, polo +), la reazione spontanea sarà Co2+ + Ni = Co + Ni2+, per la quale si avrà E = 0,311 – 0,285 = + 0,026 V. In condizioni standard si ossiderebbe invece il cobalto e, per la reazione opposta, sarebbe E° = 0,28 – 0,257 = + 0,023 V. E’ anche possibile calcolare il valore di [Ni2+] / [Co2+] al quale questa reazione diventa spontanea nel senso indicato: E = 0 quando E° = 0,059/2 log [Ni2+] / [Co2+], da cui si ricava log [Ni2+] / [Co2+] = - 0,88, cioè [Co2+] / [Ni2+] = 0,13. Se [Co2+] = 1 M, la reazione diventa spontanea per [Ni2+] < 0,13 M, come per esempio nel caso qui discusso. Vi sono pile il cui valore di E dipende dal pH: questo succede ogni volta che fra i reagenti o i prodotti compaiono le specie H+ oppure OH-. Esempio: 2 H+ + 2 e- = H2 è la reazione di riferimento della scala dei potenziali, e ha E° = 0 V. Questo valore di potenziale si riferisce a pH = 0, cioè [H+] = 1 M (condizioni standard). Volendo calcolare il potenziale della stessa reazione a pH 7, occorre applicare la legge di Nernst: E = 0 - 0,059/2 log p(H2) / [H+]2, e se p(H2) = 1 atm e pH = 7, E = - 0,059/2 log 1/(10-7)2 = - 0,059/2 log (1014) = -0,413 V, < 0 in quanto la concentrazione del reagente H+ è minore che in condizioni standard, e quindi la riduzione è meno favorita. Potete calcolare il potenziale a pH 7 per la reazione 2 H2O + 2 e- = H2 + 2 OH-, che è la stessa reazione di prima (la riduzione dell’idrogeno da N.O. +1 a zero) ma in ambiente basico (per quest’ultima reazione, in cui compare OH-, le condizioni standard corrispondono a pH 14, cioè [OH-] = 1 M). Per questa reazione E° = 0,83V; il valore di E a pH 7 deve risultare uguale a quello ottenuto dal calcolo precedente, dato che si tratta della stessa reazione. IMPORTANTE: I POTENZIALI REDOX SONO GRANDEZZE INTENSIVE, QUINDI NON DIPENDONO DALLA MASSA. Se il potenziale della reazione Cu2+ + 2 e- = Cu è + 0,34 V, il potenziale della reazione 2 Cu2+ + 4 e- = 2 Cu E’ SEMPRE + 0,34 V. La reazione fra Au3+ e Ca, bilanciata per pareggiare il numero di elettroni scambiati, è: 2 Au3+ + 3 Ca = 3 Ca2+ + 2 Au ma il potenziale standard è sempre E° = E°red + E°ox = + 1,51 + 2,87 V = 4,37 V. I potenziali non vanno moltiplicati per i coefficienti stechiometrici. Pile di concentrazione Nelle pile chimiche viste finora, la forza motrice del processo è l’avvenire di una reazione chimica spontanea, con G < 0. In base alla legge di Nernst, è anche possibile costruire una pila la cui forza motrice sia fornita esclusivamente dalla tendenza al mescolamento spontaneo di due soluzioni a diversa concentrazione. Se costruiamo una pila simile a quelle viste finora, ma in cui i due semielementi siano basati sulla stessa semireazione, però con concentrazioni diverse, avremo una pila in cui E° = 0 (E°ox = - E°red) e E è data solo dal termine -0,059/2 log Q. La riduzione avverrà là dove [Zn++] è maggiore, e quindi tende a diminuire, mentre l'ossidazione avverrà là dove [Zn++] è minore, e deve quindi aumentare. La reazione si ferma (= arriva all’equilibrio) quando la concentrazione è uguale nei due semielementi. elettroni ANODO [Zn++] = 10-4 M Zn++ Zn++ Zn+ Zn+ + CATODO Zn++ Zn++ [Zn++] = 1 M E = (- 0,76 + 0,76) + 0,059/2 log (1 / 10-4) = 0,059/2 4 = 0,118 V All’argomento del logaritmo c’è al numeratore la concentrazione maggiore, e al denominatore la minore: solo così l’argomento del log può essere > 1, e il log quindi > 0, dando luogo ad un valore positivo di E. Come si vede, generalmente pile di questo tipo hanno un E piccolo rispetto alla maggior parte delle pile chimiche: le pile di concentrazione si usano infatti soprattutto a scopo di misura di concentrazioni, e non per erogare corrente. Le pile di concentrazione basate sulla concentrazione degli ioni H+ sono dette pHmetri, perché sono appunto utilizzabili per misurare il pH. ELETTROLISI Finora si è discusso di reazioni spontanee, la cui energia libera può essere sfruttata per compiere lavoro elettrico. E’ anche possibile il contrario: si può spendere lavoro elettrico per forzare gli elettroni a compiere una reazione redox non spontanea. In questo caso, la tabella dei potenziali di riduzione si può usare per determinare la minima differenza di potenziale necessaria per ottenere la reazione voluta. Come già visto, una reazione redox che ha un dato potenziale in un verso ha lo stesso potenziale, cambiato di segno, se la si considera nel verso opposto: in altre parole, quanto più un processo è spontaneo in un dato verso (ad esempio, la riduzione), tanto più difficile da ottenere sarà il processo opposto (in questo caso l’ossidazione). Se si fornisce energia elettrica ad un sistema nel quale vi sono diverse sostanze in grado di ossidarsi o di ridursi, non avverranno tutti i processi possibili, ma avverranno anzitutto quelli più facili, cioè quelli che richiedono meno energia per avvenire (= con potenziale meno negativo), e solo una volta esauriti questi reagenti potranno entrare in gioco le specie meno reattive. e + - ANODO OSSIDAZIONI CATODO RIDUZIONI Na+ In una cella elettrolitica non c’è bisogno di separazione fra i due scomparti: una volta applicata la differenza di potenziale, un elettrodo (il CATODO) si carica negativamente, perché verso di esso vengono spinti gli elettroni, mentre l’altro, dal quale vengono portati via elettroni, si carica positivamente, ed è l’ANODO. Per l’attrazione elettrostatica fra cariche opposte, i cationi, positivi, migrano verso il catodo, negativo, dove possono acquistare elettroni riducendosi, mentre gli anioni, negativi, migrano verso l’anodo, positivo, al quale possono cedere elettroni ossidandosi. Cariche uguali si respingono, quindi un catione non migrerà mai verso l’anodo. Appunto, come detto prima, se più specie migrano verso un elettrodo reagirà per primo quella più facile da ossidare, o da ridurre. Ad esempio, consideriamo che una cella elettrolitica sia riempita con una soluzione contenente sia ioni Cu++ che ioni Ag+. Se si fa passare corrente, entrambi questi cationi migrano al catodo e possono ridursi; tuttavia, i potenziali standard di riduzione sono rispettivamente + 0,34 V per Cu++ + 2 e Cu e +0,80 V per Ag+ + e Ag, il che significa che la riduzione dell’argento è più facile. Dunque si formerà argento metallico al catodo, e solo una volta esaurito Ag+ potrà scaricarsi il rame. Va tenuto presente che di solito l’ambiente di reazione è acquoso, e quindi fra le varie specie in grado di scaricarsi c’è l’acqua. Attenzione, importante: quando l’acqua viene OSSIDATA forma OSSIGENO secondo la reazione 6 H2 O = O2 + 4 H3 O+ + 4 e il cui potenziale (dell’ossidazione) è - 1,23 V a pH 0, cioè con [H3O+] = 1 M. quando l’acqua viene RIDOTTA forma IDROGENO secondo la reazione 2 H2O + 2 e = H2 + 2 OHil cui potenziale (della riduzione) è - 0,83 V a pH 14, cioè con [OH-] = 1 M. Questo significa che in presenza di acqua e in condizioni standard (cioè a pH 0 o 14, a seconda che nella reazione compaiano H+ oppure OH-) si potranno scaricare agli elettrodi solo specie la cui formazione richiede una differenza di potenziale minore di quella dell'acqua. I processi elettrolitici sono sempre non spontanei, quindi il E risultante sarà sempre < 0, ma avverrà sempre il meno negativo fra quelli possibili. CORROSIONE DEI METALLI Viene detto CORROSIONE il processo di deterioramento dei materiali metallici in seguito a ossidazione della superficie del materiale a contatto con l’ambiente. Benché di questo tipo di processi possano essere responsabili diverse specie ossidanti, tipiche dello specifico ambiente (inquinanti, sale, acidi, ecc.) fisseremo l’attenzione soprattutto sulla corrosione atmosferica, operata dall’ossigeno dell’aria quando l’umidità atmosferica si condensa sulla superficie metallica. Le reazioni interessate sono: M Mn+ + n e- ossidazione O2 + 2 H2O + 4 e- 4 OH- riduzione dove M è un generico metallo, che si ossida perdendo n elettroni. Quando E > 0 per il processo globale redox, la corrosione può avvenire. Ogni specie ossidante è in grado di corrodere tutti i metalli il cui potenziale di riduzione è meno positivo del proprio. In particolare, a pH 0 (= in condizioni standard) si possono ossidare, anche in assenza di ossigeno, tutti i metalli con potenziale di riduzione negativo. La corrosione può essere uniforme o localizzata; quest’ultimo caso è in genere molto più dannoso, perché può provocare il danneggiamento di una struttura metallica in un tempo relativamente breve e soprattutto senza che il fenomeno sia facilmente individuabile. corrosione uniforme corrosione localizzata Si ha corrosione galvanica quando due metalli diversi sono a contatto fra loro. Dato che i due metalli hanno potenziali redox diversi, si crea fra loro una differenza di potenziale: elettroni migrano dal metallo a potenziale minore verso quello a potenziale maggiore. Se la coppia metallica si trova in presenza dell’ossidante (In figura, un velo di umidità atmosferica contenente ossigeno disciolto), questo verrà ridotto sempre a spese degli elettroni del metallo a potenziale minore, anche sulla superficie del metallo a potenziale maggiore. H2 O Cu + O2 O2 Fe2+ Fe2+ Fe2+ Fe2+ Nel caso qui raffigurato, una lastra di acciaio è fissata da chiodi di rame. E° (Fe2+/Fe) = 0,44 V, mentre E° (Cu2+/Cu) = + 0,34 V; dunque, Cu è più propenso a ridursi di Fe e gli elettroni migrano da Fe verso Cu. Tutto l’ossigeno che viene ridotto in prossimità della giunzione fra i due metalli viene ridotto a spese degli elettroni di Fe, mentre Cu funge da catodo inerte. Il suo effetto è quello di attrarre elettroni da Fe, accelerandone l’ossidazione; allo stesso tempo, l’ossidazione risulta localizzata nei pressi della zona di contatto fra i due metalli. Le frecce nere indicano il passaggio i soluzione degli ioni Fe2+, mentre le frecce viola indicano il movimento degli elettroni provenienti da Fe. Il rame non si ossida. Attenzione! Cu non prende parte attiva ad ALCUN processo: non si ossida e NON SI RIDUCE! essendo già presente in forma ridotta. Il rame NON E’ L’OSSIDANTE: l’ossidante è l’ossigeno. Protezione dei metalli dalla corrosione Vi sono metalli che, pur avendo potenziale di riduzione fortemente negativo, resistono alla corrosione atmosferica. Questo comportamento si deve alla formazione di uno strato di prodotti di corrosione non solubili sulla superficie del metallo (si tratta in genere di ossidi); questo strato si forma se l’ossidazione del metallo è abbastanza rapida da avere concentrazioni di ioni Mn+ e OH- tali da superare il prodotto di solubilità di M(OH)n. Lo strato di ossido che si forma dev’essere uniforme e aderente alla superficie: in tal caso l’ulteriore ossidazione viene ostacolata e il processo di corrosione avviene a velocità praticamente nulla. Perché un metallo si possa passivare occorre che gli ioni prodotti nell’ossidazione, combinandosi con ioni presenti nel sistema, diano un idrossido (o un ossido, o un carbonato, o qualunque altro composto) a prodotto di solubilità piccolo, che possa quindi precipitare. Inoltre, lo strato passivante dev’essere ben aderente alla superficie metallica, non poroso e uniforme. Metalli che presentano il fenomeno della passivazione sono, ad esempio, Al (che si ricopre di Al2O3, come già visto un ossido estremamente stabile e poco solubile), Zn, Cr, ecc. NON IL FERRO, a causa delle caratteristiche del suo ossido (ruggine). In questo modo, Al può essere usato per la costruzione di oggetti come infissi, parti di veicoli, aerei, barche ecc. nonostante il suo potenziale sia di - 1,66 V. Molte parti in acciaio si possono proteggere dalla corrosione atmosferica ricoprendole con un metallo in grado di passivarsi (es. zincatura). C’è però da tener presente un’accortezza: il metallo usato per il ricoprimento deve avere un valore di E° di riduzione MINORE di quello del metallo che viene protetto. Questo è molto importante non tanto finché la ricopertura è integra, quanto nel momento in cui si ha una discontinuità (difetto di ricopertura, graffio..); a questo punto, una piccola porzione della superficie del metallo sottostante viene a contatto con l’ambiente aggressivo. Dato che si ha accoppiamento di due metalli, entrambi a contatto con l’ossidante, si ossida quello a potenziale minore per il fenomeno della corrosione galvanica. Se quello a potenziale minore è il metallo di cui è fatta la ricopertura, un piccolo graffio si richiude da solo, con la formazione di altro ossido coprente, mentre se è quello sottostante se ne verifica la corrosione veloce e localizzata nel punto scoperto, e può formarsi un buco. Per questo motivo, le carrozzerie delle automobili più resistenti alla corrosione sono fatte in lamiera d’acciaio zincata (E° Fe2+/Fe = - 0,44V; E° Zn2+/Zn -0,76V), mentre la latta (banda stagnata, E° Sn2+/Sn - 0,15V) si usa per fare contenitori per alimenti. a) il metallo della ricopertura è meno nobile di quello sottostante b) il metallo della ricopertura è più nobile di quello sottostante