Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società Corso di laurea in Architettura Ambientale RIVITALIZZAZIONE DEI NUCLEI STORICI MINORI L’esempio dell’Albergo Diffuso Relatore: Darko Pandakovic Candidato: Lorenzo Klarmann A.A. 2013-2014 2 INDICE 1 - Introduzione e metodo di lavoro ..................................................................................... 4 2 - L’esperienza del corso di progettazione III ...................................................................... 6 2.1 L’albergo diffuso di Lottano (Sondrio) ......................................................... 7 3 - Recupero e valorizzazione ................................................................................................ 9 3.1 Il concetto di recupero e valorizzazione .................................................... 10 3.2 Le tipologie di intervento .......................................................................... 12 4 - L’Albergo Diffuso ........................................................................................................... 14 5 - Analisi dei casi di studio ................................................................................................. 16 5.1 L'albergo diffuso di Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila - Abruzzo)............. 16 5.1.1 Approccio .................................................................................... 18 5.1.2 Modalità di recupero e modello gestionale .................................. 19 5.1.3 Risultati ....................................................................................... 21 5.2 L’albergo diffuso di Lauco (Udine - Friuli Venezia Giulia) ............................ 25 5.2.1 Approccio .................................................................................... 27 5.2.2 Modalità di recupero e modello gestionale .................................. 28 5.2.3 Risultati ....................................................................................... 30 5.3 L’intervento sul nucleo di Curzùtt (Monte Carasso - Svizzera) .................... 32 5.3.1 Approccio .................................................................................... 34 5.3.2 Modalità di recupero e modello gestionale .................................. 36 5.3.3 Risultati ....................................................................................... 38 6 - Conclusioni ..................................................................................................................... 40 6.1 Considerazioni su Lottano .......................................................................... 41 Bibliografia .......................................................................................................................... 46 3 1 – Introduzione e metodo di lavoro Nell'ambito del Corso di Progettazione III (A.A. 2013-2014 – Prof. Darko Pandakovic), abbiamo affrontato il tema del recupero di un borgo (Lottano) in parte in fase di abbandonato in provincia di Sondrio, immaginando una sua rivitalizzazione attraverso la realizzazione di un Albergo diffuso. Da questa esperienza ho maturato l'interesse ad approfondire l’argomento, decidendo di allargare il punto di vista, di approfondire la tematica della rivitalizzazione dei centri storici minori e di farne il centro della mia tesi di laurea. Pertanto, con il presente studio ho voluto interrogarmi sulle possibili modalità di recupero del patrimonio edilizio e architettonico del nostro paese, che, soprattutto nei piccoli borghi rurali e di montagna, è stato messo in pericolo nell’ultimo secolo dai fenomeni di abbandono conseguenti all’inurbamento della popolazione e allo sviluppo di nuove modalità produttive, valutando come la scelta di intervenire con l'albergo diffuso possa rappresentare una valida risposta per contrastare questi fenomeni e traendo da alcuni casi studio i punti di forza di questa modalità di intervento. L’assunto di partenza è stato che il patrimonio edilizio racconta la storia di una comunità, pertanto il suo recupero e la sua valorizzazione sono fondamentali per conservare l’identità stessa dei luoghi e della popolazione e per impostare nuovi modelli di sviluppo, più rispettosi dell’ambiente e delle risorse naturali e umane. Ho voluto interrogarmi sui percorsi progettuali che possono garantire il “successo” e la sostenibilità nel tempo di interventi di rivitalizzazione dei borghi e centri storici minori; questo per evitare che, anche a seguito degli interventi di recupero, gli stessi borghi diventino una seconda volta oggetti da abbandonare, come in un ciclo che tende a ripetersi se non si contrastano le cause. Ho pertanto velocemente indagato su alcune tipologie di intervento sui borghi minori finora sperimentate, classificandole secondo quattro riconoscibili categorie: borghi con finalità turistica; borghi produttivi; borghi ad arte e creativi; borghi con finalità sociali. Partendo anche dall'esperienza progettuale sviluppata nell'ambito del Corso di progettazione III “L’albergo diffuso di Lottano“, ho voluto approfondire, con lo studio di tre casi di positiva realizzazione, il tema della rivitalizzazione a finalità turistica, anche con la realizzazione di Alberghi Diffusi (AD). Ho potuto verificare come l'Albergo Diffuso rappresentasse una modalità di intervento che più di altre mi permetteva di riflettere sul tema dell'integrazione, perché in grado di inserire lo sviluppo turistico al centro di una filiera che tiene insieme anche aspetti architettonici, culturali, sociali, produttivi e artistici e che più di altre sembra garantire la sostenibilità economica dell’intervento e la sua efficacia in termini di rivitalizzazione di un territorio più ampio. 4 I tre casi di studio, approfonditi nella loro applicazione pratica, sono: l'albergo diffuso di Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila, Abruzzo); l'albergo diffuso di Lauco (Udine, Friuli Venezia Giulia); l'intervento di rivitalizzazione del nucleo di Curzùtt (Monte Carasso, Svizzera). I tre casi sono rappresentativi di 3 diverse tipologie di approccio: Santo Stefano di Sessanio come recupero di un borgo unitario che ha mantenuto nel tempo le sue caratteristiche architettoniche che sono diventate il punto di forza della sua valorizzazione; Lauco come recupero di più frazioni, piccolissimi nuclei tra loro distanti pochi chilometri, costituiti da edifici con elementi architettonici ricorrenti e tipici dell’area; Curzùtt, scelto da una parte per lanciare uno sguardo fuori dall'Italia, dall'altra per indagare su una variante dell'idea di albergo diffuso, che a mio giudizio potrebbe rappresentare una seconda possibile modalità di intervento nel caso di Lottano. Curzùtt è rappresentativo del recupero di un nucleo isolato, senza accessibilità stradale, ma raggiungibile solo in teleferica, che ha fatto del suo isolamento il suo punto di forza per proporre evidentemente un turismo, anche congressuale, o rivolto a gruppi organizzati, ma alla ricerca di tranquillità, e di luoghi nei quali ritrovare le giuste caratteristiche che invitassero alla riflessione e al contatto con la natura. Nei tre casi le iniziative hanno raggiunto l’obiettivo iniziale: sviluppare un sistema competitivo e sostenibile che generasse ricadute positive sul territorio, rispettandolo nei suoi aspetti architettonici, ambientali, sociali e antropologici. Dalla riflessione sui casi di studio e sui motivi del loro successo, ho estrapolato degli “insegnamenti di metodo” e ho tratto i punti di forza che mi potessero dare le migliori indicazioni per analizzare l'esperienza di Lottano e valorizzarla al meglio. Cito di seguito un piccolo trafiletto tratto dall'articolo “Borghi preziosi”, apparso proprio in questi giorni sulla rivista del Touring Club Italiano: TOURING, numero luglio-agosto 2014; queste poche righe mi sembra riassumano in modo semplice e molto comunicativo il concetto stesso di Albergo diffuso, e rappresentano la sintesi delle mie riflessioni sul tema sviluppate in questo studio. “L'albergo diffuso offre lo stile di vita di un luogo, permette cioè di vivere come vivono i residenti, con una proposta destagionalizzata che lo vede aperto tutto l'anno. Ciò vuol dire anche che il successo di un Albergo diffuso è direttamente collegato alla qualità della vita di un luogo. Se il borgo è accogliente, anche l'albergo diffuso lo sarà. Viceversa se il borgo è triste e inaccessibile, aumentano i rischi. In ogni caso è un motore di sviluppo che contribuisce a rendere più interessante la vita di un luogo, costruisce reti tra proprietari di case e tra produttori, stimola l'apertura di piccole botteghe e in sostanza offre un contributo per frenare lo spopolamento dei territori.” 5 2 - L’esperienza del Corso di Progettazione III Nell'ambito del Corso di Progettazione III (A.A. 2013-2014 – Prof. Darko Pandakovic), abbiamo sperimentato un intervento di recupero di un piccolo nucleo parzialmente abbandonato della provincia di Sondrio con l'obiettivo di realizzare un Albergo Diffuso. Ogni studente aveva l'incarico di sviluppare nella prima fase del corso un progetto di recupero di uno degli edifici esistenti e in una seconda fase di progettare nuovi edifici necessari a garantire alcuni servizi funzionali alla nuova destinazione del nucleo: sala polivalente, cucina, magazzino per gli attrezzi, servizi igienici; nonché la sistemazione degli spazi aperti, anche produttivi: aree gioco, vigneti, ecc. 2.1 L’albergo diffuso di Lottano (Sondrio) La scelta di realizzazione un Albergo diffuso è stata decisiva per l'approccio da tenere all'atto del recupero degli edifici storici e per la scelta dei nuovi inserimenti. Nella prima fase del lavoro mi sono concentrato sul recupero di un piccolo edificio in grave stato di abbandono nel quale sia la copertura sia il solaio interno erano completamente distrutti e i muri perimetrali presentavano condizioni di forte degrado dovute all'azione nel tempo degli agenti atmosferici. Foto stato di fatto di un edificio rilevato a Lottano Escluso l'approccio prettamente conservativo per le pessime condizioni in cui versava l'edificio, ho mantenuto la cubatura modificando però le aperture e quindi i prospetti. Tra un livello e l’altro ho inserito un solaio ligneo con la stessa orditura di quello precedente ormai andato perso. Considerate le ridotte dimensioni delle superfici calpestabili non ho previsto una scala interna, bensì una struttura leggera di metallo e vetro che includesse la scala esterna, recuperata con i materiali originari, e permettesse il passaggio tra un livello e l’altro. In considerazione dell'edificio originario, addossato ad un terrapieno che arrivava al primo piano sul fianco, ho deciso di localizzare al piano inferiore la camera da letto e i servizi igienici, riservando tutto il piano superiore ad un unico locale cucina-sala da pranzo, direttamente collegato con uno 6 spazio esterno, al di sopra del terrapieno esistente. Per garantire la salubrità e il comfort termico del piano inferiore ho inserito nelle fondazioni un vespaio areato e dei pannelli isolanti sui muri, posti a circa 3 cm dal muro per evitare problemi di umidità. Prospetto sud recupero Data la posizione dell’edificio molto in ombra ho aumentato le dimensioni delle aperture, sia delle porte sia, soprattutto delle finestre, in modo da ricevere abbastanza luce naturale modificando in questo modo il prospetto principale e quello laterale. Il mio intervento ha modificato l’aspetto dell’edificio sotto molti aspetti, la scelta è stata comunque quella di rendere tutte le modifiche evidenti rispetto all'esistente, attraverso l’utilizzo di materiali moderni che rendessero maggiormente leggibili le aggiunte e facessero leggere ancora le caratteristiche originarie dell’edificio rimaste inalterate. Nella seconda fase mi sono concentrato sulla progettazione di un nuovo edificio destinato a sala polivalente, che, secondo il numero dei visitatori previsti per l’Albergo Diffuso, potesse contenere circa 60 persone. Ho riflettuto molto sulla scelta migliore per la localizzazione del nuovo edificio, perchè, considerate le sue dimensioni necessariamente più importanti rispetto agli edifici preesistenti, volevo che interferisse il meno possibile con l'impianto dell'insediamento preesistente, rimasto immutato a causa dell’abbandono. Volevo, inoltre, che lo stile architettonico della nuova costruzione si differenziasse decisamente da quello degli edifici del nucleo storico, per dichiararne apertamente la nuova funzione – non più un edificio rurale come i precedenti, ma un nuovo edificio per nuove funzioni mai avute in quel luogo. Nell'inserimento del nuovo edificio ho pertanto privilegiato una posizione adiacente al vecchio nucleo, in modo che fosse facilmente fruibile, ma, per non sconvolgere l’assetto originario del borgo e i rapporti tra le antiche volumetrie , ho previsto un edificio in posizione perimetrale e che fosse in parte coperto dalla quinta storica di un muro, residuo di un antico edificio crollato, come a sottolineare anche il simbolismo di qualcosa di nuovo che stava rinascendo dal vecchio inutilizzabile. 7 Planimetria Lottano con edificio di nuova costruzione Sempre per gli stessi motivi, ho scelto di sviluppare il nuovo volume in orizzontale su un unico livello, di utilizzare dei listelli di legno posti orizzontalmente come finitura delle pareti esterne e di trattare la copertura piana con una coperta verde utilizzando della vegetazione autoctona. L’edificio si articola in due volumi - uno comprendente la sala polivalente e i servizi igienici, l'altro comprendente la cucina -, collegati da un atrio realizzato in metallo e vetro, posto in una zona intermedia quasi un prolungamento dello spazio originario aperto tra due edifici storici e che permetteva l’affaccio sulla valle verde e alberata retrostante. Anche la sala polivalente è pensata per valorizzare la localizzazione in prossimità del verde e la visuale perso la valle, pertanto è chiusa sui due lati paralleli riservati ai servizi e all'atrio, ma si apre nella parte rivolta verso il bosco ed è caratterizzata da una serie di aperture intervallate da setti di legno, che accentuano la verticalità della vegetazione esterna e ne moltiplicano l’effetto visivo. Prospetto est dell’edificio di nuova costruzione Per avere la possibilità di godere della vista verso l'area verde e la valle, l'atrio si apre verso uno spazio esterno, una zona piana nella quale poter posizionare tavoli e sedie per eventuali iniziative all'aperto, oppure semplicemente dove sostare per godere del panorama. Proprio per valorizzare la vista ho pensato di sfoltire il bosco nelle dirette vicinanze inserendo una vegetazione di dimensioni più contenute, come visto in altre parti del borgo. 8 3 – Il concetto di recupero e valorizzazione 3.1. Il concetto di recupero e valorizzazione Da sempre il patrimonio edilizio e urbano esistente è stato ripensato dall’uomo in funzione delle mutate esigenze della società e della scarsità di risorse, in questo modo gli edifici sono stati riadattati per usi completamente diversi da quelli originari trasformando così completamente i loro volumi e cancellando difatti la loro storia. Il modo di operare è molto cambiato e le trasformazioni attuali tendono a tenere in considerazione la compatibilità delle nuove funzioni con la conservazione della testimonianza storica dell’edificio ed il suo recupero, non solo per quelli di maggior pregio architettonico ma anche per il patrimonio minore riconosciuto per il valore storico. Il recupero è tornare in possesso di ciò che è andato perduto, la riacquisizione di una condizione scomparsa, ed è un’azione solitamente complessa che deve saper coniugare il rispetto dell’esistente con le esigenze dei fruitori attuali. In architettura questo concetto si concretizza in interventi sull’esistente rispettosi, evitando l’aggiunta di nuovi volumi, utilizzando metodi costruttivi storici e materiali in armonia con quelli già presenti. In Italia, come in tutta Europa, una quantità sempre crescente di interventi edilizi riguarda il patrimonio esistente dovuti ad una maggiore consapevolezza del valore architettonico e storico degli edifici sul suolo nazionale. Oltre a questo si sta via via diffondendo una maggiore consapevolezza dell’importanza culturale dei centri storici minori, della rilevanza delle loro tradizioni, della bellezza dei loro paesaggi antropizzati e naturali. Questa evoluzione va di pari passo con l’estensione del campo di interesse dal singolo edificio al contesto nel quale è inserito, alle stratificazioni che hanno portato negli anni alla generazione del tessuto urbano, ai cambiamenti del paesaggio circostanti dovuti alle azioni dell’uomo. Questo nuovo pensiero include anche le costruzioni più modeste, gli spazi pubblici e l’ambiente circostante nell’insieme degli oggetti da studiare e recuperare anche solo come testimonianza dei processi formativi dell’architettura, della città, del territorio e della cultura. Tutto ciò ha fatto sì che nel corso degli anni il concetto di recupero si evolvesse dal semplice restauro architettonico ad una disciplina molto più ampia che andasse ad avvicinarsi a concetti come la valorizzazione, il riuso, la rivitalizzazione, la riqualificazione. Si può quindi affermare che il recupero abbia raggiunto un elevato livello storico-critico, in cui le opposizioni tra le recenti teorie della conservazione e del restauro critico si siano attenuate in favore di una posizione critico-conservativa. Si cerca in questo modo di evitare la mummificazione di un bene garantendone la vita attraverso l’uso. Date queste premesse diventa basilare un processo di conoscenza, i cui scopi sono in particolare di capire le cause che hanno portato all’abbandono e al degrado le strutture, reperire le informazioni sui metodi costruttivi locali e sulle particolarità degli elementi architettonici della zona, per poter 9 arrivare ad un progetto di recupero che rispetti veramente l’esistente. Il processo di analisi deve quindi essere sia sul contesto, evoluzione del tessuto urbano, accessibilità, sia sugli edifici stessi, elementi architettonici tipici della zona, individuazione di modifiche stratificate del costruito, analisi dei materiali e dei metodi costruttivi. Questa analisi ha come obiettivo l’individuazione dei metodi di intervento più adeguati e meno invasivi per riuscire a rendere fruibile e in linea con le attuali esigenze abitative l’edificio. Il concetto di recupero, come precedentemente accennato, è sempre più abbinato al concetto di valorizzazione, infatti il solo recupero architettonico non basta a eliminare la causa del degrado, cioè l’abbandono. La valorizzazione attribuisce il riconoscimento dell’importanza di un bene, sia esso un edificio, un paesaggio o una tradizione e con il recupero fa sì che il bene torni ad essere fruibile preservandolo dall’abbandono. Dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 Legge 6 luglio 2002, n. 137 “La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.” Obiettivo principale è rendere i beni culturali il più possibile fruibili garantendo la loro sopravvivenza attraverso il loro utilizzo, la conoscenza e l’informazione. Attraverso l’informazione il valore del bene deve essere reso attraente favorendo la visita e la conoscenza. Inoltre la valorizzazione è da intendere come opportunità di crescita e di investimento per il mercato culturale, puntando all’allargamento del pubblico e dell’offerta culturale presente sul territorio piuttosto che come trasformazione della cultura in prodotto commerciale. Gli interventi devono quindi essere in stretto contatto con il concetto di tutela che differisce da quello di valorizzazione in quanto ha come obiettivo quello di proteggere e conservare un bene ed è di competenza esclusiva dello Stato. Solo la sinergia tra le due garantisce la salvaguardia della memoria storica e del patrimonio che rende quel territorio unico, senza questa infatti si corre il rischio che la valorizzazione diventi una mera operazione economica oppure che la tutela del bene ne impedisca l’utilizzo e quindi la sopravvivenza. Affinché la valorizzazione di un bene sia efficace questo non deve essere semplicemente restaurato e gestito da attori esterni, ma bisogna piuttosto dare alla collettività l’opportunità di inserirsi nella vita attiva dell’offerta culturale. “La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.” 10 Questa integrazione con il territorio e le comunità locali fa sì che la storia del bene, del paesaggio o della tradizione non venga denaturata poiché gestita da attori estranei e non finisca così per essere persa. 3.2. Le tipologie di intervento Indagando sui diversi interventi di valorizzazione di borghi e centri minori sembra possibile ricondurre le esperienze a quattro principali tipologie: valorizzazione a fini turistici; valorizzazione a fini produttivi; valorizzazione a fini creativi-artistici; valorizzazione a fini sociali. 3.2.1. La valorizzazione a fini turistici Normalmente risponde ad una domanda crescente connessa a nuove tendenze e stili di vita e all'esclusività dell'esperienza di viaggio e/o residenzialità. L'elemento importante è la nuova accezione di offerta turistica, intesa come l'occasione di vivere un'esperienza, di calarsi in una rete di abitudini e stili di vita nuovi. Sono i casi di: Santo Stefano di Sessanio (descritto nel paragrafo 3.1). Castello di Postignano (PG) I borghi della Valnerina e Casteldilago (TR) il borgo di Vagli (AR) Castelnuovo dei Sabbioni (AR) 3.2.2 La valorizzazione a fini produttivi E' contraddistinta da iniziative animate dalla volontà di valorizzare borghi e contesti storici di particolare valenza per la localizzazione di attività manifatturiere, formative, di ricerca e innovazione, favorendo iniziative e progetti. Sono i casi di: Borgo di Solomeo (PG) Borgo il Pischiello (PG) 11 3.2.3. La valorizzazione a fini creativi-artistici E' contraddistinta da iniziative che intendono favorire lo sviluppo di attività legate alle arti, alla cultura e all’intrattenimento, promuovendo la localizzazione in borghi e piccoli comuni di attività di produzione artigianale, di formazione professionale e/o artistica in differenti ambiti, di riutilizzo del patrimonio abitativo per sperimentazioni artistiche, produzioni culturali, attività formative e stage su cantieri di recupero, etc. Sono i casi di: Provvidenti - Borgo della Musica (CB) Aliano (MT) Borgata Paralup (Rittana - CN) 3.2.4. La valorizzazione a fini sociali Il progetto di valorizzazione fa leva su un ancor più ampio coinvolgimento dei soggetti della comunità locale che si esplica nella possibilità di partecipare alle attività proposte in relazione alle esigenze specifiche e alla volontà di contribuire alla crescita della comunità. Sono i casi di: Riace città futura (RC) Mondavio: borgo solidale Valdivetrica (PU) I casi richiamati dimostrano l'importanza dei “tematismi”, di indirizzi strategici per l'impostazione dell'intervento di valorizzazione, come pure il fatto che i nuclei sui quali si incentrano gli interventi siano inseriti in circuiti turistici di qualità e non esposti a flussi turistici di massa. Tutti i casi citati dimostrano come la collaborazione tra pubblico e privato sia l'elemento che ha permesso di intervenire sull'intero tessuto dei borghi interessati, secondo modalità integrate in cui il recupero di abitazioni private, l'innesto di ricettività diffusa, la rifunzionalizzazione di edifici civili e/o religiosi di valore storico ha ridato vita al contesto generale. Anche Chiese e luoghi di carattere religioso hanno dato il proprio apporto trasformandosi in veri e propri centri di cultura, ospitando conferenze, concerti e contribuendo alla ripresa della vita nel borgo. Nella maggior parte dei casi il capitale investito proviene da investitori privati, tuttavia il successo delle iniziative di valorizzazione sembra essere garantito dall'integrazione tra risorse private e forme di finanziamento pubblico. Non è secondario riflettere sulle modalità gestionali che spesso assumono forme cooperativistiche, con il coinvolgimento diretto degli enti locali: vedi l'esempio dell'AD di Lauco (paragrafo 5.2) laddove il centro di prenotazione/gestione dell'albergo è presso il municipio del Comune. 12 In generale si rileva che la buona riuscita degli interventi si accompagna ad una accresciuta qualità della vita della popolazione residente perché nella maggioranza dei casi i dati statistici fanno registrare: un incremento importante delle presenze turistiche; l'incremento del valore degli immobili (ad esempio in Santo Stefano di Sessanio si è registrato un aumento di quasi il 90% del valore); il recupero di professionalità in fase di dismissione legate al recupero di tradizioni edilizie In generale si rileva che la buona riuscita degli interventi si accompagna ad una accresciuta qualità della vita della popolazione residente e manifatturiere; lo sviluppo dell'indotto e la creazione di nuovi posti di lavoro (coinvolgimento delle maestranze locali; gestione dei servizi e manutenzione delle opere realizzate); il recupero delle filiere alimentari e delle tradizionali tecniche di trasformazione. Gli esempi più riusciti integrano diverse tipologie. Una volta avviate, le diverse funzioni dei borghi si sostengono vicendevolmente (+ affluenza turistica + possibilità per artigiani e produzioni locali, + artigiani e eventi + affluenza turistica, ecc. ecc.) Foto di un telaio, dal sito web di Sextantio 13 4 – L’Albergo Diffuso L’idea e il nome di Albergo Diffuso prende origine dalla volontà di utilizzare gli immobili ristrutturati dopo il terremoto del 1976, rimasti inabitati in particolare nella zona montana della Carnia nella provincia di Udine. L’idea del progetto di Comeglians (UD), comune in cui venne per la prima volta utilizzato questo termine nel 1982, era di destinare questi immobili a fini turistici mettendo in campo un nuovo esempio di offerta ricettiva che stimolasse una rivitalizzazione dell’economia locale attraverso la valorizzazione delle case rimaste vuote e del loro contesto. Durante tutti gli anni ’80 l’idea di Albergo Diffuso si diffonde lentamente e si assiste a diversi tentativi di realizzazione e solo nel 1989 si assiste alla prima definizione compiuta del modello con un primo piano di fattibilità messo a punto con il progetto “Turismo” dell’amministrazione Comunale di San Leo nel Montefeltro (RN), che prevedeva l’utilizzo di case e appartamenti dislocati dei pressi della piazza principale del paese. Fino agli anni ’90 però questo modello non trova concreta attuazione e solo nel 1998 viene per la prima volta normato con Legge Regionale da parte della Regione Autonoma della Sardegna (legge regionale n.27 del 12 agosto 1998). Il progetto sviluppato a San Leo (RN, non realizzato) era stato precedentemente ripreso ed esteso nel comune di Bosa in provincia di Oristano, nell’ambito del Piano di sviluppo turistico della Comunità Montana Marghine Planargia (Nuoro, 1995), e per la prima realizzato con l’acquisizione ed il recupero di alcuni immobili dislocati nel paese e la gestione unitaria di tipo alberghiero. L’Albergo Diffuso infatti ha come caratteristiche principali quella di offrire un modello di distribuzione orizzontale piuttosto che verticale, nel quale le stanze sono dislocate all’interno del borgo e non in un unico stabile costruito appositamente a fini turistici, e quella di avere una gestione unitaria, ovvero che fa capo ad un unico soggetto per la fornitura dei principali servizi. Questo tipo di conformazione fa sì che non solo le stanze ma tutto il borgo con le sue botteghe, ristoranti e altre attività entri a far parte dell’offerta ricettiva. Per permettere una facile gestione e la possibilità di offrire servizi di tipo alberghiero gli immobili devono trovarsi a distanze ragionevoli. “Assumono la denominazione di “albergo diffuso” gli alberghi che forniscono alloggio e altri servizi in camere dislocate in più stabili separati, esistenti, ubicati in un centro storico integrati tra loro dalla centralizzazione in un unico stabile dell’ufficio ricevimento, nello stesso o in altro stabile delle sale di uso comune ed, eventualmente, degli altri servizi offerti. Le unità abitative, distanti non più di 200 metri effettivi dallo stabile nel quale è ubicato il servizio di ricevimento, sono caratterizzate da uno stile riconoscibile, uniforme e rispettoso dell’identità del luogo e sono dotate di arredi, attrezzature e servizi tra loro omogenei.” (Giancarlo D’Allara, Presidente Associazione Alberghi Diffusi) L’esempio di Bosa è da considerarsi come modello di riferimento anche per altre caratteristiche, oltre alle due sopracitate, che hanno fatto sì che l’offerta dell’Albergo Diffuso si distinguesse da una semplice rete di edifici caratterizzata solo dall’offerta di alcuni servizi centralizzati. Il modello messo a punto infatti cambia l’idea iniziale mettendo al primo posto l’obiettivo di riuscire a proporre la possibilità di vivere il territorio, la vita di un borgo e la cultura dei luoghi. 14 Il recupero degli edifici rende questo tipo di ospitalità particolarmente rispettoso in quanto non vengono edificati nuovi immobili e vengono mantenute le stesse volumetrie e interazioni tra il costruito e il suo intorno. In molti casi ne conseguono anche recuperi di piazze, vie e zone del borgo, e l'aspetto interessante e affascinante dei borghi antichi, cioè la ricchezza e la complessità degli spazi pubblici e collettivi, che si sono venuti a formare nei secoli dalle sovrapposizioni di innumerevoli interventi edilizi, vengono in questo modo preservati contribuendo a rendere l’esperienza autentica. L’autenticità dell’offerta ricettiva sta anche nello stretto contatto che l’AD si prefigge di avere sia con il borgo e la sua cultura, che con il territorio circostante in quanto anche esso facente parte della storia del luogo. Per centrare questo obiettivo l’AD valorizza le risorse del borgo e del suo intorno rendendo queste il vero punto di forza di questo modello di ospitalità, facendo sì che non vengano intaccate ma anzi preservate. L’integrazione dell’Albergo con il territorio e la sua cultura fa sì che l’ospite entri a far parte della vita stessa del borgo e abbia più la sensazione di essere un abitante temporaneo piuttosto che un turista. Per far sì che questo avvenga l’Albergo Diffuso deve essere inserito in un contesto con una comunità ospitante che sia testimone e detentore della storia e delle tradizioni del luogo. Le tradizioni e le attività del borgo entrano in questo modo a far parte dell’esperienza dell’ospite all’interno dell’Albergo Diffuso e rendono il borgo stesso più attrattivo nell’ottica di un turismo più consapevole e sostenibile sempre più diffuso negli ultimi decenni. I caratteri di autenticità dell’offerta ricettiva, di integrazione col territorio e la sua cultura, di presenza di una comunità ospitante sono quindi altrettanto importanti nell’ottica di questo modello di ospitalità. Riassumendo quello scritto finora le caratteristiche di un Albergo Diffuso sono: Recupero di edifici esistenti Distanza ragionevole fra le unità abitative e gli spazi comuni Gestione unitaria Presenza di locali adibiti a servizi comuni per gli ospiti Offerta di servizi alberghieri (accoglienza, colazione, pulizie, ecc.) Presenza di una comunità ospitante Integrazione nel territorio e nella sua cultura Ambiente autentico 15 5 - Analisi dei casi di studio 5.1. Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila, Abruzzo) Santo Stefano di Sessanio è un borgo fortificato medievale che si trova sulla sommità di un colle ai piedi del Gran Sasso a 1.251 metri s.l.m., il borgo è circondato da una corona di monti che rendono l’atmosfera suggestiva e legata all’aspetto naturalistico del luogo. Il borgo si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Foto aerea di Santo Stefano di Sessanio, dal sito web di Sextantio Le prime notizie, dopo la caduta dell’Impero Romano e il conseguente abbandono e decadimento del sistema insediativo, risalgono all' VIII secolo e sono legate alla storia del monastero di S. Vincenzo al Volturno che ricevette in dono la zona di Carapelle da parte di Desiderio, re longobardo. L’intervento monastico contribuì ad aumentare le terre coltivabili, determinando il ripopolamento delle campagne dopo l’invasione longobarda del VI secolo. Il ripopolamento si tradusse in una nuova esigenza insediativa, segnata dalla costruzione del “Castello” o meglio dell’agglomerato di case protette da mura che possiamo collocare nel XII secolo. La costruzione del borgo è stata realizzata interamente in pietra calcarea bianca che crea un’omogeneità visiva nonostante la stratificazione degli edifici e che nel tempo ha perso il suo originario candore, diventando opaca con toni sabbia. La configurazione urbana dell'insediamento si presenta nella forma topografica tipica dell’Italia Centrale e nel caso di Santo Stefano di Sessanio è rimasta inalterata, inoltre le zone limitrofe conservano ancora elementi di archeologia del territorio come stazzi e terrazzamenti. I Medici donarono grande splendore a Santo Stefano, individuando qui la base operativa della Signoria di Firenze per il commercio della lana “carfagna” inserendola nel mercato internazionale e incentivando notevolmente lo sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia. 16 A Santo Stefano la presenza medicea è ancora testimoniata dallo stemma nella Porta Orientale, dal restauro della torre che appunto porta il loro nome e dall’intervento del 1600 alla Chiesa di Santo Stefano Protomartire, inoltre vennero costruiti buona parte delle corti, dei patii e delle logge di cui appartengono ai Medici quelli centrali disposti ad arco con formelle fiorite, bifore e finestre finemente decorate. Con i Medici si conclude anche l’opera di costruzione del borgo, che ad oggi si presenta come il frutto di uno sviluppo urbano spontaneo, sfuggito alle leggi di pianificazione, evidente nelle sue stratificazioni storiche. Foto del borgo Santo Stefano di Sessanio A partire dal 1900 si assiste ad un graduale ma costante fase di abbandono del borgo dovuta alla crisi dell’agricoltura montana e alla crescente industrializzazione che sempre più attirava grandi masse ai centri urbani provvisti di maggiori possibilità di occupazione. Grafico comunità residente 1861-2011, dati ISTAT 17 5.1.1. Approccio L’intervento nasce dalla iniziativa di Daniele Kihlgren, fondatore della Sextanio S.p.A., che decide di recuperare e valorizzare il borgo di Santo Stefano di Sessanio attraverso un investimento privato. “…i borghi sono un patrimonio italiano importante, sistematicamente violato, ma che merita, come dovere morale, di essere consegnato integro alle nuove generazioni. Inoltre possono rappresentare un valore economico rilevante. Così è nata l’idea di recuperare un borgo antico e di dargli una destinazione turistica, pensando ad un turismo qualificato, attento alla storia, alla civiltà, alla cultura.” così Daniele Kihlgren (Presidente della Sextantio S.p.A.), sintetizza il suo modo di avvicinarsi a Santo Stefano e di immaginare una sua rivitalizzazione. La filosofia dell'intervento prende le mosse dal riconoscimento del valore del patrimonio sul quale si intende lavorare; un patrimonio dalle caratteristiche identitarie molto spiccate, che si intendono valorizzare nel più assoluto rispetto dei luoghi e di chi li ha abitati. L'approccio metodologico scelto è quindi quello di interferire il meno possibile ed è pertanto un approccio estremamente conservativo, recuperando gli elementi perduti con materiali storici tipici dell’area e inserendo eventuali nuovi elementi utilizzando tecniche storiche. Un utilizzo così rispettoso e rigoroso ha fatto assumere ai materiali e alle soluzioni scelte un valore identitario quasi simbolico, che rimanda alla realtà contadina dell'area abruzzese, che ha come presenza forte la montagna del Gran Sasso. Gli interni degli edifici ricettivi rimandano agli interni delle abitazioni storiche: povere, ma accoglienti e dignitose; tipiche di aree con un clima duro, in cui la case erano dei veri e propri rifugi dalle intemperie. Questo tendere alla ricerca dell'identità però ha cercato di non scadere in forme di musealizzazione o di esposizione di elementi di recupero come è tipico di alcune strutture ricettive ai nostri giorni e che fa pensare ad approcci di “maniera”. Non una ricostruzione slegata dalla realtà del luogo, ma la scelta di riproporre degli ambienti con le loro caratteristiche che permettessero di cogliere il senso più profondo che questi luoghi comunicano. Gli interventi sugli edifici abitativi hanno rimosso le tracce incoerenti degli interventi degli anni sessanta e settanta, per ricercare il valore originario, unitario e unico, dell'insieme territoriale; anche se sono stati realizzati comunque interventi per favorire il massimo comfort dell'offerta ricettiva. Non si è infatti tralasciata la comodità, attraverso l'inserimento di elementi di arredo contemporaneo, che però si distinguessero in modo forte dagli altri elementi tradizionali per colori e forme. All'intervento strettamente di recupero edilizio, si è affiancato anche importante impegno di studio e conoscenza delle tradizioni dell'area e del folclore, elemento di grande importanza per il recupero dell'identità culturale della zona; sono stati pertanto recuperati modi di produzione di 18 elementi artigianali quali tessuti, coperte, mobili tipici del luogo e che rimandassero alla quotidianità delle comunità locali. Queste iniziative hanno avuto tutte come obiettivo quello di creare un'offerta unica, inimitabile, che avvicinasse i turisti all'esperienza della vita quotidiana in quella zona e la collettività locale a riconoscersi nelle proprie radici culturali valorizzandole giorno dopo giorno. L'intervento di Santo Stefano di Sessanio sembra aver dimostrato che la forte componente “culturale” del modello di intervento ha rappresentato un esempio economicamente più proficuo di tutti i progetti che contemplavano la tradizionale maniera di tentare la ridestinazione turistica di questi borghi storici puntando lo sviluppo sul nuovo edificato e facendo venir meno il rapporto instauratosi col tempo tra costruito e territorio, il vero patrimonio di questa storia “minore”. Si può dire che l'intervento conservativo non ha però coinciso con una ricostruzione integrale di tutti gli elementi storici, ma con un loro recupero filologico, che rendesse evidenti le aggiunte e gli interventi attuali, guidando in modo quasi didascalico alla comprensione dell’unitarietà del borgo. 5.1.2. Modalità di recupero e modello gestionale Santo Stefano di Sessanio, come molti altri borghi storici dell'appennino, alcuni costituitisi nel periodo dell’incastellamento in pieno medioevo, altri più rurali e successivi di qualche secolo, ha visto sopravvivere incorrotto il proprio originario rapporto col territorio circostante, con scarse od assenti urbanizzazioni nel secolo appena trascorso nel fenomeno più generale di abbandono della montagna e impoverimento del meridione italiano. Nel borgo il progetto ha previsto un rapporto di tutela degli immobili con la conservazione dei volumi, con uso esclusivo di materiale di recupero architettonico e di arredo locale e la disciplina con gli enti territoriali dell’inedificabilità integrale non sussistendo, tra l’altro, alcun indice urbanistico a necessitare nuovo costruito. Foto interno camera, dal sitoweb di Sextantio 19 Le linee guida seguite allo scopo di recuperare i manufatti edilizi, e ricalcate poi anche da altri piccoli proprietari di Santo Stefano di Sessanio, hanno riguardato la conservazione della cubatura originaria, del numero e delle dimensioni delle aperture (porte e finestre), delle partizioni interne e, ove possibile, la conservazione della destinazione d’uso dei vani nell'originaria organizzazione domestica. Per l’esecuzione dei lavori, si è fatto ricorso prevalentemente a materiale di recupero o a materiale proveniente dalla stessa area geografica; i materiali sono stati riproposti secondo la loro corretta composizione storica dedotta da studi tipologici su parte del patrimonio architettonico rimasto integro; sono state conservate le tracce di chi aveva vissuto negli edifici, recuperando gli intonaci e le stratificazioni del costruito. Per quanto riguarda gli interni, l’arredo è diventata parte importantissima del progetto laddove si è ricercata un’unitarietà estetica dell’edificio e di tutto il borgo; per l’arredo è stato considerato prioritario il recupero di elementi originari: mobili costruiti per secoli secondo un unico stile e secondo le esigenze di una comunità agropastorale; sono stati restaurati i letti, le madie e le cassepanche; oggetti di maggiore deperibilità come coperte e lenzuola sono state confezionate secondo le tradizionali tecniche; l'introduzione di elementi non esistenti storicamente (i sanitari, ad esempio) ha privilegiato oggetti dal design minimalista che esaltasse il patrimonio originario, presentando una percezione neutra. Il recupero degli edifici è stato eseguito nel rispetto della loro integrità architettonica. La volontà è stata quella di restituire il borgo al suo aspetto più autentico, smontandone, restaurandone e ripristinandone i singoli elementi costruttivi, come solai in legno, pavimenti in cotto e travature lignee, consolidando e ricostituendo murature in pietra e intonaci, ma anche integrando e celando sofisticate dotazioni impiantistiche come impianti elettrici a bassa tensione, comandi remoti, teleriscaldamento radiante a pavimento, internet e intranet per renderlo rispondente alle necessità della vita contemporanea. Le tecniche edilizie adottate per il recupero si sono avvicinate il più possibile a quelle originali dell'epoca, non solo per una maggiore integrazione e compatibilità degli elementi o per un recupero stilisticamente adeguato, ma anche per la consapevolezza che solo in questo modo avviene la migliore e più duratura conservazione. Negli immobili acquistati nel borgo una parte delle case è stata destinata a ricettività alberghiera, altri edifici sono stati restaurati come case private che possono usufruire non solo dei comuni servizi della parte ricettiva come il ristorante, la cantina, l’organizzazione del tempo libero ma anche di specifici servizi, secondo consuetudini, non tutte riducibili alla formazione professionale ma, parte integrante dello spirito di un popolo, conservato anche per il destino di marginalità di questi luoghi. 20 All'intervento vero e proprio legato alla ricettività, si sono affiancate iniziative di vario genere: le botteghe artigiane: nell’artigianato domestico l’unica produzione dove si potevano esprimere valori estetici era la tessitura, unica attività parzialmente svincolata dai bisogni primari e ricca di una tradizione locale; la cucina: il ristorante, con l’azienda agricola connessa per la produzione diretta della materia prima, che prevede la riproposizione di colture autoctone, propone le ricette puntualmente riscoperte da un’estensiva ricerca con gli anziani della zona; la cantina: luogo di aggregazione, offre una selezione di formaggi e salumi della zona accompagnati da vini abruzzesi. la tisaneria e il liquorificio: con la ricca tradizione dei decotti locali, ancora in uso nella medicina popolare e con la vasta tradizione dei fermentati; l'Ensemble in Residence: un’orchestra che organizza una stagione di concerti, 5.1.3. Risultati Mappa degli edifici sui quali si è concentrato l'intervento Alcuni dati dell’intervento: 4.000 mq - superficie di intervento 4.500.000 € - investimento totale (90% privato, 10% pubblico) 42 camere 8 spazi conviviali sala ristorante sala convegni/concerti 21 6 botteghe centro relax Il progetto di valorizzazione del nucleo storico di Santo Stefano di Sessanio ha inoltre avuto un impatto molto forte sul territorio soprattutto dal punto di vista economico. Si possono individuare 4 principali ambiti: Sviluppo dell’economia locale Incremento del valore degli immobili Recupero di professionalità in fase di dismissione e sviluppo dell’indotto Impatto sull’agricoltura 5.1.3.1. Lo sviluppo dell'economia locale Secondo la Sextantio S.p.A. la ristrutturazione degli ambienti ha un costo di 1600 euro al metro quadro, ed è destinata quindi a riversare nei prossimi 5 anni circa 20 milioni di euro sul territorio. Già nel 2008, a seguito di tutta l’attività di ristrutturazione sostenuta da Sextantio, a Santo Stefano di Sessanio si registrano circa 7.300 presenze all’anno (in media l’87% dei turisti proviene dall’Italia) con una crescita anno su anno a livello esponenziale. Tabella 2 – Confronto dati ricettività anni 2001 e 2012 (Fonte SEXTANTIO S.p.A.) Dati riferimento 2001 2012 Abitazioni non utilizzate 75,50% n.d. Popolazione residente 118 111 Strutture alberghiere 3 Vedi dettaglio tabella 3 Posti letto 79 Vedi dettaglio tabella 3 Presenze annue 285 7300 Tasso occupazione - più 30,00% Tabella 3 – Strutture ricettive anno 2012 (Fonte SEXTANTIO S.p.A.) Strutture Quantità Posti letto / coperti Agriturismo 4 42 Affittacamere 15 329 Camping 1 n.d. Ristoranti 5 430 Botteghe 17 n.d. Bar 7 n.d. 22 Nel 2001 lo sviluppo turistico è pressappoco nullo e il 75,5% delle abitazioni non è utilizzato. Le strutture ricettive si sono moltiplicate (oltre a strutture alberghiere si contano numerosi appartamenti in affitto per i periodi di vacanza e locande). Di questi l’Albergo Diffuso Sextantio rappresenta circa il 30% delle camere e delle presenze. Risulta inoltre evidente che la maggior parte della comunità residente ha trovato nell’azione della valorizzazione un’opportunità di lavoro, subordinato o in proprio; il Comune di Santo Stefano di Sessanio ha infatti rilevato che il tasso di occupazione è aumentato di 30 volte. Non va dimenticato che gli interventi, oltre all’ideazione e all’investimento iniziale della Sextantio S.p.A., hanno registrato l'intervento di numerosi sponsor: le Costruzioni Iannini; la Banca di Credito Cooperativo; la Rosa edilizia s.r.l.; Comune di Bresso; l'Enel; la Fondazione Micron; le Costruzioni Soccodato; l'Istituto Caporale; la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia de L’Aquila; la Camera di Commercio de L’Aquila. Altri sponsor tecnici sono stati: l'Arteria – installazione di oggetti d’arte; il Gruppo Spee; la Sandritana Viaggi; il Teatro Stabile d’Abruzzo. Inoltre il progetto ha avuto il patrocinio del Comune di Firenze; del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; del Ministero del Turismo; nonché l’adesione del Presidente della Repubblica. 5.1.3.2. Incremento del valore degli immobili Dall’analisi dei dati riportati nella tabella 4 seguente si evidenzia un incremento del 90% circa del valore degli immobili in soli due anni, tra il 2006 e il 2008. Tabella 4 – Incremento valore immobili tra 2006 e 2008 (Fonte Agenzia delle Entrate) Tipologia Valore immobiliare medio (€/mq) Incremento (%) 2006 2007 2008 2006-2007 2007-2008 2006-2008 Abitazioni civili 455 598 860 31 % 44 % 89 % Abitazioni di tipo economico 370 488 700 32 % 44 % 89 % Box 360 478 685 33 % 43 % 90 % Posto auto coperto 310 408 585 31 % 44 % 89 % Posto auto scoperto 185 245 360 32 % 47 % 95 % Ville e villini 470 625 900 33 % 44 % 91 % 23 5.1.3.3. Recupero delle professionalità in fase di dismissione e sviluppo dell’indotto La valorizzazione del borgo per mezzo di nuove strutture ricettive ha significato anche il trasferimento del valore al territorio anche attraverso lo sviluppo di un indotto forte e articolato che l'investimento della Sextantio è riuscito a riattivare o a generare dal nuovo. Un primo importante risvolto è il recupero di professionalità antiche e soprattutto in via di abbandono, quali: fabbro, falegname, ebanista, restauratore, tessitrice, merlettaia. A questo va aggiunto il valore prodotto con le strutture ricettive che hanno significato, oltre ad un forte incentivo per i turisti all’acquisto di prodotti del territorio, anche interessanti ricadute dal punto di vista occupazionale, perché gli abitanti sono stati coinvolti e impiegati nelle attività di accoglienza. Foto da brochure di Santo Stefano di Sessanio 5.1.3.4. Impatto sull’agricoltura L’impatto sull’agricoltura si è evidenziato attraverso un programma di rimessa a coltura di sementi in disuso, la base della produzione di pane e pasta che vengono serviti nel ristorante dell’albergo, e di recupero di tutta la filiera produttiva della lana. Il flusso turistico è determinante per la produzione agricola e l’artigianato, assicurando un impiego costante degli abitanti. L’utilizzo di prodotti a chilometro zero e coltivazioni tradizionali hanno contribuito a far rinascere alcune figure tradizionali. Queste informazioni raccontano di una esperienza di successo in cui la collaborazione tra soggetti pubblici e privati ha rappresentato un ottimo esempio da seguire e da copiare in contesti simili. 24 5.2. L’albergo diffuso di Lauco (Udine, Friuli Venezia Giulia) Il comune di Lauco si trova in Carnia, zona montuosa a nord-ovest del Friuli Venezia Giulia, adagiato su un altopiano che sovrasta la Valle del Tagliamento, situato a un’altitudine di 700/800 metri s.l.m. Fanno parte del territorio comunale il capoluogo Lauco, le frazioni di Chiassis, Trava, Avaglio, Allegnidis, Vinaio, Buttea e numerose piccole borgate. Foto aerea di Lauco I primi cenni storici riguardanti questa località risalgono al 914 d.C., è citato infatti nei documenti medioevali relativi alla donazione di Berengario I al prete Pietro di alcuni beni in Carnia, tra i quali alcuni collocati a “Lauc” e nella frazione di Vinaio. Ma l’origine è certamente più antica, l’altopiano infatti è stato certamente abitato, non si sa bene se in forma stabile, sin dalla preistoria. A quest’epoca viene fatta risalire la posizione fortificata ubicata in località Muris, a sud-est del capoluogo, lungo il precipizio che dà sulla piana di Villa Santina. In seguito i rinvenimenti di una spada ritualmente piegata e il suo fodero, tre cuspidi di lancia ed un rasoio datati tra il 200 e il 150 a.C. testimoniano la presenza di due siti celtici. Anche nel Medioevo, Lauco fu un centro importante; ne sono testimonianza le numerose tombe scavate nella roccia e rinvenute in varie località del Comune collocate in epoca altomedioevale (VVI secolo d.C.) ed attribuite a popolazione autoctona. Troviamo il nome del paese anche in un documento del 1015, nel quale il Patriarca di Aquileia, Giovanni, dona la decania di “Lauc” al preposito Moronto ed al Capitolo di Cividale. Sempre in epoca medioevale viene datato il castello di Somcolle, in località Lauciania, abitato dal 1260 al 1337 da tale Simone che esercitava importanti diritti feudali sulla vallata di Forni. Passò in seguito nel 1420 alla Repubblica di Venezia e nel 1797 all’Impero Asburgico. Il Comune di Lauco, comprendente il territorio attuale, sorse ufficialmente dopo il trattato di Campoformido del 1797 e fu annesso all’Italia solamente nel 1866, dopo la terza guerra d’indipendenza e fu uno dei luoghi interessati dall’avanzata dell’esercito austro-ungarico, durante la prima guerra mondiale. 25 A partire dagli anni 20 a causa della prima guerra mondiale, del declino dell’agricoltura montana, dell’industrializzazione si inizia ad assistere ad un forte spopolamento del Comune di Lauco in favore di mete estere o città a fondo valle. La popolazione, che nel 1920 contava 3100 unità, inizia a decrescere costantemente e attualmente è composta da 760 abitanti. Grafico comunità residente 1861-2011, dati ISTAT Il terremoto che nel 1976 che colpì il Friuli provocando ingenti danni contribuì ad accentuare questo fenomeno di abbandono e fece sì che molte case, ricostruite dopo il sisma, rimanessero disabitate. Le abitazioni che riuscirono a resistere al terremoto sono testimoni di uno stile architettonico tipico dell’area, caratterizzato da muri in pietra tagliata, con archi di tufo e tetti e balconi in legno. Villa Santina nel 1976, foto della Protezione Civile 26 5.2.1. Approccio L’albergo diffuso Altopiano di Lauco nasce nel 2006 dalla collaborazione tra il Comune di Lauco e dieci proprietari di abitazioni, che, con fondi europei erogati dalla Regione Friuli Venezia Giulia tramite bando regionale, avevano recuperato alcuni edifici inutilizzati o in fase di degrado. Alla base di questa esperienza vi è la volontà di coinvolgere, oltre ai proprietari, anche associazioni, Pro Loco, attività commerciali e questa stretta collaborazione tra il Comune e la cittadinanza è caratteristica fondamentale e punto di forza di questo intervento. Questa impostazione, oltre a rendere partecipe la comunità, vede l’A.D. come opportunità per il rilancio economico della zona; infatti oltre ai servizi ricettivi, Lauco offre numerose altre attività legate alla natura, allo sport e al relax. “Le case completamente ristrutturate offrono alla clientela la possibilità di soggiornare negli antichi borghi, colmi di storia e di cultura, apprezzarne il territorio, vivere a contatto con i residenti, sentirsi parte del vicinato, condividerne costumi e tradizioni.” La valorizzazione delle attrattive del comune e dei suoi dintorni è una delle caratteristiche di questo intervento e in questo contesto Lauco offre attività di ogni genere per soddisfare ogni tipo di esigenza. Sull’altopiano di Lauco le giornate sono lunghe, poiché il sole tramonta più tardi rispetto a tutti gli altri paesi e il clima è fresco d’estate e asciutto d’inverno, favorendo la crescita delle almeno 2000 varietà botaniche, ampiamente apprezzate e utilizzate a scopo curativo dagli anziani del luogo. La varietà del paesaggio e la bellezza dei panorami sono sicuramente parte caratteristica e per valorizzarle l’A.D. offre la possibilità di effettuare numerose escursioni alla scoperta delle malghe locali con percorsi che si snodano lungo mulattiere e sentieri in un contesto ambientale suggestivo, inoltre è possibile noleggiare mountain bike e ciaspole per gite invernali. Oltre alle attività legate alla natura e alla conoscenza del territorio, anche le tradizioni popolari carniche contribuiscono nelle varie frazioni e in diversi momenti dell’anno a ravvivare il borgo e a rendere l’esperienza di Lauco autentica e affascinante. La diversificazione delle abitazioni e dei servizi a loro legate, la distribuzione nelle quattro frazioni e le molte attività proposte oltre alla vicinanza ad altri borghi di altrettanto pregio architettonico rendono Lauco fruibile da ogni tipo di avventore e adatto a ogni esigenza. 27 5.2.2. Modalità di recupero e modello gestionale Lauco, come molti altri borghi storici della Carnia, ha subito numerosi danni durante il terremoto del 1976 che hanno fatto sì che numerosi edifici storici andassero persi, spesso anche per i recuperi indisciplinati fatti durante quegli anni. Questo si traduce in una notevole disomogeneità architettonica degli edifici e di conseguenza anche le abitazioni che sono entrate a far parte dell’Albergo Diffuso di Lauco rispecchiano questa promiscuità. Fanno infatti parte dei recuperi sia edifici storici, con muri in pietra, archi, logge e coperture in legno, sia edifici, meno caratteristici, di inizio anni 80. Ogni proprietario ha poi provveduto alla ristrutturazione della propria proprietà, senza un’azione unitaria, rendendo in questo modo ogni recupero diverso dall’altro e contribuendo in questo modo alla diversificazione anche dell’aspetto interno degli edifici. Questa varietà di abitazioni offerte, alcuni con servizi aggiuntivi come l’orto sociale da poter coltivare, i giochi per bambini, la sauna, dà la possibilità ad ogni tipo di avventore di trovare la sistemazione più adatta. Tutti i recuperi sono comunque stati eseguiti nel rispetto dei materiali e della storia degli edifici, con particolare attenzione per gli edifici storici, mettendo in risalto i muri in pietra precedentemente intonacati, si è proceduto ad un recupero che ne valorizzasse le caratteristiche tipiche, consolidando i muri preesistenti, mantenendo le cubature e le ampiezze delle aperture invariate. Foto interno Cjase del Giulio, Lauco Internamente si è proceduto con la ricostruzione dei solai interpiano e successivamente con l’installazione di impianti di riscaldamento moderni, isolamenti termici, e comfort conformi alle esigenze attuali. I mobili storici sono stati restaurati e insieme alle porte, tolte dai cardini e recuperate dal falegname del luogo, inseriti nel nuovo contesto. 28 Complessivamente si può dire che a Lauco siano state conservate le parti esterne degli edifici che caratterizzano tutto il borgo e internamente si sia proceduto a recuperi volti ad offrire sistemazione confortevoli, con servizi e attrezzature perfettamente in linea con gli standard odierni. Solo in alcuni casi sono stati aggiunti alcuni elementi architettonici, ad esempio balconi. A sinistra foto storica prospetto est Cjase del Giulio, a destra foto nel 2014 La società di gestione costituita in forma cooperativa, organizza tutti i servizi legati al funzionamento della struttura e all'accoglienza e permanenza degli ospiti sul territorio. Ristoranti convenzionati Escursioni nordic-walking, ciaspole, canoa Noleggio attrezzature sportive Corsi di cucina Internet point Assistenza 24h/24 Organizzazione convegni Sauna Accessibilità per disabili La particolarità di questo Albergo Diffuso di essere suddiviso su quattro differenti frazioni fa sì che nonostante l’elevato numero di posti letto (15% della popolazione residente) gli ospiti non abbiano l’impressione di alloggiare in un Residence Diffuso ma invece sentano maggiormente l’inserimento nella comunità come veri e propri residenti temporanei piuttosto che come turisti contribuendo a percepire l’accoglienza degli abitanti e a rendere l’esperienza di questo borgo unica. 29 5.2.3. Risultati A fronte di un investimento totale di 1,2 milioni di euro, di cui 650 mila di contributo europeo, l’Albergo Diffuso Altopiano di Lauco è riuscito a raggiungere in pochi anni obbiettivi importanti, soprattutto se letti in relazione al numero di abitanti residenti nelle quattro frazioni. Mappa della distribuzione degli alloggi in quattro frazioni di Lauco, dal sito web I posti letto disponibili sono diventati 120 dislocati in 45 appartamenti o camere, suddivisi in 24 edifici complessivi, con un offerta molto diversificata in base alle esigenze e al numero degli ospiti. Dall’anno di apertura sono stati registrati ben 6000 arrivi, per un totale di quasi 27000 presenze, per la maggior parte distribuiti su mesi estivi e durante le vacanze natalizie e un consistente numero di ospiti (circa il 40%) ha nuovamente alloggiato nell’Albergo. 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 TOTALE Arrivi 178 893 872 1030 714 756 785 784 6017 Presenze 1886 3748 3106 4406 3477 3634 3752 2903 26912 L’Albergo Diffuso ha contribuito (e contribuisce) al rilancio economico dell’area, oltre che con i servizi direttamente legati alla ricettività, con tutte le altre attività proposte e sopra descritte. Sia il servizio di pulizie che il noleggio delle attrezzature sono servizi non direttamente gestiti dall’A.D. ma che proprio grazie al turismo indotto da questa iniziativa hanno trovato questa opportunità di occupazione. 30 Dopo l’apertura dell’A.D. sono state aperte altre attività ricettive e molti altri ristoranti sono entrati a far parte delle convenzioni offerte durante il soggiorno. Oltre all’aspetto meramente economico, il recupero degli immobili ha fatto sì che edifici in fase di abbandono tornassero ad essere utilizzati preservandoli da situazioni di degrado imminenti. Gli edifici storici sono stati valorizzati, contribuendo a stimolare altre ristrutturazioni da parte di soggetti privati in altre zone del borgo. In questo modo non solo per gli edifici dell’A.D. ma in gran parte del borgo si sta assistendo a recuperi architettonici di pregio. In questo modo questa esperienza si è dimostrata estremamente positiva non solo per il recupero degli edifici adibiti ad A.D., ma anche come incentivo al recupero di molti altri edifici nelle quattro frazioni interessate dall’intervento. Casa privata nella frazione di Trava, 2014 31 5.3. L’intervento sul nucleo di Curzùtt (Monte Carasso – Svizzera) Curzùtt, o Corte di sotto, è uno degli insediamenti che costituivano storicamente la comunità di Monte Carasso. Monte Carasso, come parecchi villaggi situati sul versante destro del piano di Magadino, era costituito da alcuni borghi sul fondovalle, altri ai piedi della montagna, altri ancora nella fascia collinare. I primi erano situati sulle vie di comunicazione principali, mentre gli altri rispondevano in particolare al bisogno di sfruttare al meglio il territorio: attorno ai nuclei si trovavano orti, campi coltivati a cereali, vigne, pascoli. Foto aerea del nucleo Curzùtt, dal sito web Il nucleo di Curzùtt in particolare è situato nei pressi della chiesa di San Barnàrd; - costruita nel XI^ secolo e successivamente ampliata fino al XVII^ secolo -, attorno alla quale si distribuivano proprio i nuclei nei quali risiedevano in forma stanziale i moncarassesi fino al 1700. Oggi la Chiesa fa parte della stretta cerchia di monumenti di importanza nazionale (categoria A) presenti nel territorio bellinzonese. Le condizioni morfologiche e climatiche di questa zona avevano favorito lo sviluppo di una comunità, che fino al 1700 contava oltre 700 abitanti, residenti nei vari agglomerati e che, nonostante la scarsità di acqua, fino al XVIII secolo hanno lavorato la terra traendo da essa sostentamento. Di questi antichi agglomerati, l'unico che è resistito nel tempo è costituito dall'agglomerato di Curzútt, che si trova ad una quota di 600 m di altitudine, e che oggi è comodamente accessibile con la funicolare che porta da Monte Carasso a Mornera, alla quale è stata aggiunta, nel corso dell'intervento qui descritto, una fermata a metà montagna. La storia del villaggio non è dissimile da quella di molti altri piccoli centri rurali montani ticinesi che, relativamente importanti quali insediamenti stanziali, hanno perso ogni attrattiva e sono stati 32 abbandonati non appena un certo benessere ha permesso di evitare una vita stentata in luoghi discosti dalle più frequentate vie di comunicazione. Anche in Canton Ticino le profonde trasformazioni della società negli ultimi decenni hanno inevitabilmente modificato il rapporto tra l'uomo e il suo territorio, concentrando l'interesse sulle aree urbane. Il risultato, come in Italia, è stato che vaste porzioni di territorio, cariche di storia e di valori, sono state abbandonate al loro destino perché è venuta meno la loro specifica funzione economica. Negli ultimi anni la scoperta di un rinnovato rapporto tra natura, paesaggio e storia ha spinto amministrazioni, imprese e cittadini a riconoscere valore a queste risorse e a realizzare progetti rispettosi delle presenze storiche, naturalistiche e paesaggistiche, ma anche a interrogarsi sulle modalità più opportune per far sì che gli interventi non si riducessero ad una mera operazione nostalgica verso un passato ormai superato e che non tornerà più nelle stesse forme. Alla maggior parte di questi nuclei è toccata una fine ingloriosa ma «coerente», travolti dal bosco e dall'incuria sono caduti a pezzi, alcuni altri hanno fatto una fine anche peggiore: recuperati negli anni '60 -'70, senza che ci fossero precise direttive in merito, sono stati completamente snaturati da interventi che, se pur dettati dalla buona volontà, hanno prodotto danni irreparabili al patrimonio architettonico rurale. Curzùtt ha avuto la fortuna di resistere invece sino ad oggi e, malgrado i crolli parziali di alcuni edifici, ha potuto offrire materiale adeguato alle trasformazioni. Il valore storico e architettonico di Curzùtt è stato decretato con decisione governativa; il Consiglio di Stato ha infatti classificato questo agglomerato come nucleo meritevole di particolare protezione. Il piano regolatore comunale prevede una serie di norme finalizzate alta sua preservazione. Foto del nucleo Curzùtt 33 5.3.1. Approccio Nel 1998 è nata la Fondazione Curzùtt-S.Barnàrd, costituita da soggetti pubblici e privati, per recuperare importanti testimonianze storiche, artistiche e paesaggistiche della collina alta di Monte Carasso. L'operazione è stata sponsorizzata da una serie molto nutrita di soggetti pubblici e privati ed è molto interessante verificare dalla tabella che segue il coinvolgimento finanziario nell'iniziativa dei soggetti in misura equivalente (38,27% soggetti pubblici; 31,78 % soggetti privati), la forte partecipazione del volontariato (5,45%); delle banche (11,48%). Non indifferente il ruolo da sponsor privati che sono intervenuti per il 20,95% dell'investimento, dimostrando che ormai il tema del recupero è riconosciuto da tutti come modalità da seguire per garantire un nuovo modello di sviluppo dei territori e delle comunità locali. Fondazione Curzùtt Piano di Investimento (in EUR) Investimenti Totali Finanziamento Fondi Pubblici Fondi Misti Fondi / Donazioni Privati Volontari Scoperto / Prestiti Bancari Lavori territoriali Storia, monumenti, architettura Muri e selciati 585.000 323.700 262.600 Rilievi e lavori zona archeologica 130.000 26.000 11.700 5.850 85.150 Misure paesaggistiche Alberi pro specie rara Vigneti Sentieri, parco didattiche giochi, 13.000 9.100 125.450 6.500 109.200 3.900 95.550 46.800 29.250 671.450 518.700 133.250 130.000 292.500 22.750 68.250 201.500 16.250 1.300 68.998 68.998 9.750 schede Bosco e bosco pascolato Selva pascolata Infrastrutture Energia, AP e trasporti Progetti e imprevisti Progetti e imprevisti 68.998 Totale lavori territoriali 1.981.948 953.550 615.550 419.998 85.248 85.150 601.250 162.500 117.000 123.500 19.500 195.000 260.000 117.000 45.500 97.500 32.500 728.000 149.500 432.250 65.000 146.250 45.500 39.000 6.500 Lavori edili Ostello I Ostello II (Maggiori + Monighetti) Ostello III e rustici vigneto Deposito e illuminazione interna chiesa Altri acquisti e restauri 97.500 97.500 Totale lavori edili 1.732.250 468.000 162.500 760.500 117.000 341.250 Totale generale 3.714.198 1.421.550 778.050 1.180.498 202.248 426.400 38,27% 20,95% 31,78% 5,45% 11,48% Dati pubblicati dalla Fondazione Curzùtt-San Barnard 34 L'intervento si è posto l'obiettivo di combinare la ristrutturazione degli edifici e la conservazione degli spazi naturalistici (con investimenti circa equivalenti) con interventi mirati di recupero dei boschi, dei pascoli e delle numerose tracce cariche di storia e di tradizioni che l'uomo ha lasciato nel tempo. La combinazione di queste componenti è stata tenuta in considerazione al fine di promuovere l'avvicinamento dell'uomo alla natura e contribuire alla crescita di una più diffusa cultura del territorio, nonché per preservare sia gli edifici che la natura antropizzata dal degrado. La Fondazione pertanto ha dato vita ad un progetto molto articolato, che non si è limitato al recupero dei singoli edifici, ma ha creato le condizioni per l'intervento generale di recupero dell'intero territorio di riferimento. Il progetto infatti è intervenuto su: ripristino di muri a secco e selciati storici sistemazione dei siti archeologi presenti nell'area messa a punto di misure paesaggistiche (interventi su alberi rari, bosco, selva pascolata, vigneti) realizzazione infrastrutture (rete elettrica e fermata intermedia funivia Monte CarassoMornera) realizzazione di un ostello sistemazione della chiesa di San Barnard (origine XI sec., ampliamenti fino al XVII secolo). La realizzazione della fermata intermedia della funivia Monte Carasso – Mornera, anche per evitare la costruzione di deturpanti accessi stradali, ha permesso di rendere raggiungibile Curzùtt in 4 minuti; è inoltre possibile raggiungere il nucleo in 10 minuti a piedi dal terminale della strada collinare, percorrendo una salita tra castagni e betulle ripristinata a seguito dei lavori. E' interessante sottolineare la realizzazione da parte della Fondazione di un ostello, iniziata con l'acquisto, avvenuto a partire dagli anni 2000, di alcuni edifici diroccati nel nucleo di Curzùtt. L'obiettivo era realizzare una struttura che potesse fungere da punto di partenza per la riscoperta della collina alta di Monte Carasso e di tutte le valenze che essa racchiude, da una parte per dare l'opportunità ai giovani che risiedono in zone urbane di tornare alla riscoperta della montagna e delle attività ad essa connesse, dall'altra di favorire la presenza attiva e creativa dei giovani nel nucleo per garantire vivacità e innovazione. Pur essendo discosto, l'ostello è comunque in vicinanza dell'area urbana bellinzonese che offre molte possibilità culturali, di svago e di ricreazione. Il luogo si presta anche a seminari e a giornate di studio di qualsiasi genere. La Fondazione ha in questo modo creato le condizioni perché soggetti privati ritenessero di proprio interesse acquisire i ruderi presenti nel nucleo per recuperarli e farne case di vacanze (in qualche caso attualmente diventate case di prima abitazione). Così è successo e molti dei ruderi sono stati recuperati e riadattati da privati e molte delle case sono disponibili per l'affitto anche per lunghi periodi. 35 5.3.2. Modalità di recupero e modello gestionale Il progetto per l'ostello è stato sviluppato in due fasi. Nella fase iniziale l'edificio era inteso, nella sua espressione architettonica, come un elemento dal linguaggio contemporaneo che potesse confrontarsi con gli elementi circostanti. L'esito, troppo «incisivo» secondo il parere delle autorità competenti è stato rifiutato ed il progetto rielaborato. I lavori relativi ai tre ostelli, avviati nel 2002 e conclusi nel 2011 con il completamento del terzo, hanno visto allora il recupero e la ristrutturazione di tre edifici: nel primo edificio: o al piano terreno una sala multifunzionale che può ospitare fino a 90 persone; una cucina; un chiosco nel quale vengono venduti prodotti locali; o al primo piano 36 posti letto, suddivisi in 6 camere da 4/6 posti ciascuna, con servizi annessi; inoltre una terrazza esterna di 40/50 posti per mangiare all'aperto; nel secondo edifico: 64 posti letto su due piani, suddivisi in 8 camere da 6/8 persone ciascuna, con entrate separate dall'esterno e servizi privati; un terzo edificio: dormitorio supplementare per 10/15 persone, aule didattiche per 20/30 persone e una piccola cucina. La sala multifunzionale, situata nel primo edificio, può essere strutturata come semplice sala da pranzo per banchetti e pranzi di lavoro, come pure come sala riunioni, seminari, conferenze, esposizioni, didattica, oppure per le stesse funzioni tra loro combinate. Per la maggior parte degli edifici è stato possibile mantenere gli antichi muri consolidandoli con uno strato interno di calcestruzzo armato in modo che questo e le pietre si sostenessero vicendevolmente. Anche per l'edificazione dell'ostello la scelta della pietra naturale come materiale primario è stata combinata in modo ottimale con l'utilizzo del calcestruzzo armato e dell'acciaio. Foto dell’ostello in fase di costruzione, Curzùtt 36 Le pareti in pietra naturale sono state eseguite con un retromuro di calcestruzzo armato che contribuisce a stabilizzare gli edifici. Anche le solette sono in cemento armato, mentre il tetto è sostenuto da una struttura portante principale costituita da 8 capriate in acciaio combinata con una struttura secondaria in legno. Lo strato di calcestruzzo è stato poi finito con pannelli di cartongesso intonacato, dietro i quali sono stati posizionati tutti gli impianti; questi sono alimentati con un sistema di riscaldamento che utilizza l'unico combustibile presente a Curzùtt: la legna di castagno. Nella sala multifunzionale è inserita infatti una stufa caratterizzata da una tecnologia particolare che sfrutta al massimo il potenziale calorico del legno. Il calore viene distribuito nella sala e nelle camere attraverso condotte d'aria calda che consentono di mantenere i locali ad una temperatura di 20 gradi con consumo medio di cinquanta chilogrammi di legna al giorno. La gestione dell'ostello è affidata alla società GastroTicino, ma avviene in collaborazione con la Fondazione Diamante e il Comune di Monte Carasso che partecipano al sistema di promozione e prenotazione. Curzùtt vanta una forte omogeneità architettonica e dei materiali e i recuperi delle abitazioni provate sono stati eseguiti con estrema accuratezza. Come precedentemente scritto, come murature esterne sono rimaste quelle originarie ma con l’introduzione di elementi moderni che garantiscano un comfort in linea con le esigenze attuali. Questi inserimenti sono però stati eseguiti con tale attenzione che serramenti doppivetri, grondaie, solette di cemento, aperture maggiorate, risultano essere in perfetta armonia con il risultato di sembrare parte integrante degli edifici storici. Il recupero di Curzùtt non si può descrivere come perfettamente conservativo, ma particolarmente rispettoso, coniugando storia e innovazione tecnologica. Foto casa privata, Curzùtt 2014 37 5.3.3. Risultati Anche in questo caso studio la collaborazione tra soggetti pubblici e privati, nonché il sostegno dato da associazioni di volontariato, si è rivelato fondamentale per la riuscita dell'iniziativa. L’investimento totale è stato di 3.700.000 euro per la costruzione dei tre edifici adibiti a ostello e la fermata della funivia, il recupero di sentieri, vegetazione circostante e chiesa di San Barnard. Curzùtt rappresenta il luogo ideale per gite scolastiche, meeting aziendali, escursioni in montagna, corsi di formazione e molte altre attività. L’ostello è infatti frequentato da utenti di ogni genere (gruppi di lavoro, gruppi scolastici, associazioni, escursionisti, ecc.) in tutte le stagioni con picchi durante il periodo estivo e natalizio, durante i quali non solo l’ostello ma anche le abitazioni affittate da privati sono costantemente utilizzate. Foto dell’ostello, Curzùtt Oltre ai dati relativi ai pernottamenti Curzùtt, grazie al servizio di ristorazione, ai giochi per bambini , alla facile accessibilità e al collegamento con sentieri escursionistici registra anche numerose visite giornaliere che contribuiscono a vivacizzare il nucleo. L’omogeneità architettonica è stata preservata e il recupero della vegetazione e delle vigne ha fatto sì che tutto il versante della montagna interessato dall’intervento venga utilizzato e mantenuto in buono stato. Il comune ha attualmente in corso la revisione del piano del paesaggio affinché le funzioni del territorio fuori dalla zona edificabile siano chiaramente definite in funzione di una loro razionale utilizzazione. Con la formazione di questa ampia area di selve pascolate e di vigne la fondazione vuole dare il suo contributo a un progetto di più ampia portata con l’obbiettivo di garantire un'adeguata presenza di attività agricole sulla montagna. In zona Curzútt, la fondazione è anche impegnata nella ricostituzione di un vigneto a produzione biologica in collaborazione con i vinificatori e le associazioni locali. 38 D'intesa con la Sezione cantonale forestale, la fondazione sta operando in questo comparto territoriale e concentra la sua opera per il ripristino di oltre centomila mq. di selva pascolata. In questo settore il bosco viene fortemente diradato per consentire alle piante più interessanti di svilupparsi e produrre il frutto. Gli alberi secolari vengono adeguatamente potati e il lavoro dei selvicoltori è tale che talune di essi assumono le sembianze di vere e proprie sculture. Foto vigna recuperata, Curzùtt 2014 L’intervento ha stimolato il recupero della maggior parte degli immobili del nucleo da parte di privati sia come seconde abitazioni che come abitazioni stagionali e in alcuni casi proprio come prime case. Tutti gli interventi sono stati pensati in modo da mantenere l’aspetto esterno originario e garantire un comfort interno adatto per le attuali esigenze. Foto dell’ostello, Curzùtt 2014 39 6 – Conclusioni Ho potuto verificare come l'Albergo Diffuso rappresenti una modalità di intervento che più di altre è in grado di inserire lo sviluppo turistico al centro di una filiera che tiene insieme anche aspetti architettonici, culturali, sociali, produttivi e artistici e che più di altre sembra garantire la sostenibilità economica dell’intervento e la sua efficacia in termini di rivitalizzazione di un territorio più ampio. Il modello di ospitalità offerto dall’Albergo Diffuso presenta numerosi punti di forza messi in luce nei capitoli precedenti: non richiede la costruzione di nuovi edifici, ma recupera edifici in disuso o in fase di degrado; garantisce il rispetto per l’ambiente e per la cultura di un luogo, recuperando il patrimonio storico, artistico e culturale dei centri minori; si tratta di un modello di ospitalità originale, in grado di offrire un contatto maggiore con il territorio e un’esperienza; ricrea un’atmosfera particolare difficile da trovare in contesti standardizzati anche perché intensifica le relazioni tra turista e comunità locale. Ciò permette al turista di sentirsi parte della comunità come residente temporaneo, non estraneo; funge da motore per lo sviluppo territoriale in ottica di sostenibilità, permettendo la rianimazione di borghi e centri storici soggetti a rischio di spopolamento, attirando turisti in località altrimenti non conosciute e fornendo nuove opportunità di sviluppo Foto dell’Albergo Diffuso di Sauris (UD), 2014 40 6.1. Considerazioni su Lottano Ho analizzato tre esempi tra loro differenti in modo da determinare le modalità di intervento più adatte e la fattibilità del progetto di Lottano. Santo Stefano di Sessanio come recupero unitario di un borgo che ha mantenuto nel tempo le sue caratteristiche architettoniche, che sono diventate il punto di forza della sua valorizzazione. Lauco come recupero di più frazioni, piccoli nuclei tra loro distanti pochi chilometri, costituiti da edifici con elementi architettonici ricorrenti e tipici dell’area. Inoltre ogni proprietario ha seguito la ristrutturazione della sua proprietà, diversificando gli interventi e in questo modo ampliando l’offerta ricettiva. Curzùtt come intervento pubblico e privato esteso, oltre che sugli immobili, anche al recupero di sentieri, boschi e vigne. Non è stato progettato un Albergo Diffuso ma sono emersi numerosi punti di contatto con questo modello. Curzutt (Monte Carasso) TI / Svizzera Lauco UD / Firuli Venezia Giulia Caratteristiche economiche dell’iniziativa Santo Stefano di Sessanio AQ / Abruzzo La tabella mette in luce i diversi approcci adottati per finanziare gli interventi. Finanziamento dell’iniziativa Finanziamento pubblico 10,00% 38,27% Finanziamento privato + sponsor 90,00% 31,78% Finanziamenti misti pubblico-privati 50,00% Volontariato 5,45% Prestiti bancari Contributi Unione Europea 20,95% 11,48% 50,00% Modello gestionale Società per azioni Società gestione in forma cooperativa Fondazione pubblico-privata 41 Lottano SO / Lombardia Ipotesi Corso Curzutt (Monte Carasso) TI / Svizzera Lauco UD / Firuli Venezia Giulia Caratteristiche tecniche dell’iniziativa Santo Stefano di Sessanio AQ / Abruzzo Nella seguente tabella vengono messe in luce le caratteristiche comuni e le differenze. Caratteristiche generali Intervento su unico nucleo storico Intervento su più nuclei storici Scelte architettoniche Introduzione nuovi edifici per spazi comuni Mantenimento cubature originarie Mantenimento muri originari esterni Aggiunta elementi architettonici esterni Mantenimento muri originari interni Creazione contromurature interne Conservazione partiture interne originarie Modifica partiture interne Conservazione intonaci storici interni Rifacimento intonaci interni Conservazione solai originali in legno Rifacimento solai tecniche tradizionali Recupero pavimenti in cotto storici Rifacimento pavimentazione Mantenimento ampiezze aperture Modifica aperture Mantenimento destinazione d'uso locali Cambio destinazione d'uso Utilizzo materiali di recupero Utilizzo materiali storici dell'area Utilizzo nuovi materiali Mantenimento riscaldamento a camino Nuovi impianti riscaldamento Utilizzo arredo d'antiquariato Utilizzo arredo moderno realizzato secondo canoni tipici dell'area Utilizzo coperte, lenzuola tessute secondo tecniche storiche dell'area 42 6.1.1. Lottano – Ipotesi sviluppata durante il corso Approfondendo il modello di Albergo Diffuso, le caratteristiche che devono essere soddisfatte affinché possa funzionare e i risultati che può generare posso affermare che l’intervento da noi progettato è perfettamente in linea con gli esempi da me analizzati e visitati. La scelta di questi tre esempi mi ha permesso anche di analizzare tre differenti modalità di recupero architettonico e, individuando le somiglianze con Lottano, di determinare quale fosse maggiormente adatta. Le modalità di recupero architettonico scelte durante il corso per Lottano sono risultate adatte; infatti molti edifici di Lottano versano in pessime condizioni e sarebbe impossibile pensare ad un recupero conservativo come quello visto a Santo Stefano di Sessanio, inoltre, date le condizioni climatiche della Valchiavenna, gli edifici da noi rilevati hanno obbligatoriamente bisogno di adeguate soluzioni tecnologiche per garantire il comfort termico interno (isolamenti, stufe, serramenti doppivetri, ecc.). Le soluzioni da noi scelte presentano caratteristiche identiche a quelle di Curzùtt e prevedono esternamente il consolidamento dei muri esterni in pietra mediante iniezioni oppure mediante getto di un contromuro in calcestruzzo, mentre internamente l’installazione di pannelli isolanti, intonaci e inserimento di mobili, elettrodomestici, servizi igienici in modo da soddisfare le esigenze attuali. Il progetto presenta però alcuni punti di debolezza che ne potrebbero ridimensionare la positiva riuscita. Il nucleo di Lottano infatti non presenta particolari attrattività e non abbiamo pensato alla reale accessibilità e fruibilità del nucleo. L’edificio di nuova costruzione risulta essere non ottimizzato a causa della scarsa probabilità di visite giornaliere al nucleo di Lottano. Nel prossimo paragrafo ipotizzo un intervento che possa contrastare i punti appena esposti e determinare una migliore riuscita del progetto. 43 6.1.2. Lottano – Ipotesi alternativa Dopo l’analisi dei 3 casi studio ho immaginato soluzioni alternative per l’intervento di Lottano. L’Albergo Diffuso visto a Lauco mi ha fatto pensare che anche a Lottano il nostro progetto può essere esteso in modo da avere un effetto positivo su un’area più vasta. Nei dintorni di Lottano esiste una serie di borghi storici con caratteristiche simili e che necessitano anch’essi di interventi di valorizzazione. Tra questi ho individuato due nuclei, Uschione e Pratella, che per distanza e per maggiore similitudine con Lottano possono essere recuperati con le stesse modalità ed entrare a far parte di un’unica offerta ricettiva di Albergo Diffuso. 44 I due borghi individuati, costituiti da edifici architettonicamente simili a quelli di Lottano, si differenziano rispetto a quest’ultimo per: Maggiore estensione del nucleo Posizione privilegiata (entrambi si trovano su altopiani) Presenza di una comunità residente Buone condizioni dell’edificato Collegamento sia stradale che attraverso percorsi escursionistici Tra i tre nuclei Lottano risulta essere il più emarginato, per caratteristiche orografiche e storiche; è pertanto utile pensare ad un rafforzamento dei reciproci collegamenti, anche attraverso la valorizzazione della rete dei percorsi escursionistici esistente. L’integrazione in un unico Albergo diffuso dell’offerta ricettiva sui tre nuclei, può avvenire attraverso: il recupero ad Albergo Diffuso di edifici storici presenti nei tre nuclei; la differenziazione dell’offerta dei servizi (es. in un nucleo la sala polivalente; in un altro le botteghe artigiane; in un terzo la vendita di prodotti tipici; servizi per escursionisti; noleggio attrezzature); la valorizzazione dei sentieri che li collegano e che li mettono in collegamento da una parte con Chiavenna e dall’altra con Prata Camportaccio. In particolare, la valorizzazione dei percorsi escursionistici porta ad allargare il bacino di utenza dell’area, anche per la possibilità di trovare lungo il percorso nuove attrezzature e possibilità di pernottamento. Inoltre i nuovi servizi (es. sala polivalente) sarebbero aperti all’utilizzo di residenti, utenti dell’AD, amministrazioni, escursionisti. In questo modo l’intervento avrebbe una doppia azione positiva con la valorizzazione dei borghi, della loro storia e architettura e con valorizzazione dei sentieri, dei percorsi storici, della natura circostante. Foto aerea di Uschione, dal sito paesidivaltellina.it 45 Bibliografia Briatore S., Valorizzazione dei centri storici minori, Edizioni Diabasis, Reggio Emilia 2011 D’Allara G., L’Albergo Diffuso, 2012 D’Allara G., Manuale dell’albergo diffuso, Franco Angeli Edizioni, Milano 2010 Droli M, Dall’Ara G., Ripartire dalla bellezza, CLEUP, 2012 Montella M, Valore e valorizzazione del patrimonio culturale storico, Mondadori, Milano 2009 Nogaro E, Carnia: Introduzione all’architettura minore, Gorlich, Milano 1973 Pandakovic D. e Dal Sasso A., Saper vedere il paesaggio, Città Studi Edizioni,2013 Quagliuolo F., L’Italia dei borghi, 2012 Tamburini G., Centri antichi minori d'Abruzzo : recupero e valorizzazione, Gamgemi, Roma 1996 Sitografia Associazione Alberghi Diffusi, http://www.alberghidiffusi.it/ Blog Giancarlo Dall’Ara, http://www.albergodiffuso.com/ Sito Giancarlo D’Allara, http://www.giancarlodallara.com/ Sito Borghi Srl, http://www.iborghisrl.it/new/ Sito Altopiano di Lauco, http://www.albergodiffusolauco.it/ Sito Curzùtt, http://www.curzutt.ch/ Sito Sextantio – Santo Stefano di Sessanio, http://www.sextantio.it/ 46