Unità 12 La relatività 1. Il valore numerico della velocità della luce • • • La luce è un'onda elettromagnetica, che è trasversale e può propagarsi anche nel vuoto; proprio nel vuoto raggiunge la sua massima velocità di propagazione: Il valore di c risulta lo stesso in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla loro velocità relativa: questo è in palese contrasto con le leggi della meccanica. Il valore numerico della velocità della luce • Somma delle velocità in meccanica classica: il passeggero di un'auto che viaggia su un rettilineo, a 30 km/h, lancia una palla a 10 km/h. Il valore numerico della velocità della luce • • Per la luce non è così: la luce emessa in avanti e indietro da un'astronave ha sempre velocità c, qualsiasi sia la velocità dell'astronave. Nella teoria di Maxwell dell'elettromagnetismo la velocità della luce è un'invariante: non dipende dal sistema di riferimento. Il valore numerico della velocità della luce • • • Quindi due delle teorie fondamentali della fisica classica: la Meccanica e l'Elettromagnetismo, sono in contraddizione tra loro. Per risolvere il problema, è necessario modificare almeno una delle due teorie: bisogna capire quale delle due fa la giusta previsione circa le proprietà della velocità della luce nel vuoto. 2. L'esperimento di Michelson-Morley • • • A metà Ottocento gli studi su interferenza e diffrazione convinsero i fisici sulla natura ondulatoria della luce; si credeva però che la luce si propagasse attraverso un mezzo particolare, l'etere luminifero, che riempiva tutto l'Universo. Se l'etere esiste, nel riferimento privilegiato in cui l'etere è in quiete, le equazioni di Maxwell sono rigorosamente valide. L'esperimento di Michelson-Morley • • • Per verificare quest'ipotesi, Michelson e Morley realizzarono tra il 1881 e il 1887 un esperimento volto a rilevare il vento d'etere, cioè il moto della Terra rispetto all'etere. L'apparato sperimentale sfrutta il fenomeno dell'interferenza di due fasci luminosi, ottenuti da un singolo fascio monocromatico di una sorgente L che incide su uno specchio semiriflettente H: lo specchio riflette metà della luce incidente e trasmette l'altra metà. L'apparato sperimentale di Michelson e Morley • Sullo schermo S appare una figura d'interferenza, composta da frange chiare e scure alternate. L'apparato sperimentale di Michelson e Morley Si pone l'apparato con AH parallelo alla velocità v della Terra rispetto al sole: classicamente, la luce è più veloce in AH e più lenta in HA, mentre nei tratti HB e BH non c'è influenza del moto. L'interferenza tra i fasci dovrebbe cambiare girando l'apparato con HB parallelo a v: invece l'esperimento non rivelò alcuna variazione nella figura d'interferenza. 3. Gli assiomi della teoria della relatività ristretta • • • Michelson e Morley rivelarono falsa la teoria dell'etere; per risolvere la contraddizione meccanica-elettromagnetismo, Einstein propose di rifondare la fisica basandosi su due assiomi: Principio di relatività ristretta: le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali; Principio di invarianza di c: la velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali (indipendente dal moto della sorgente). Gli assiomi della teoria della relatività ristretta • • • Il principio di relatività ristretta estende a tutta la fisica il principio della relatività galileiana valido per la meccanica. L'invarianza di c, che è indipendente sia dal moto del sistema di riferimento che da quello della sorgente, spiega il risultato negativo dell'esperimento di Michelson-Morley: infatti le durate dei percorsi dell'apparato sperimentale sono le stesse indipendentemente dalla sua posizione rispetto a v della Terra. 4. La relatività della simultaneità • • L'ipotesi dell'invarianza di c portò Einstein a dedurre che il concetto di tempo assoluto, finora ovvio in fisica classica, non era scontato. Consideriamo la misura di un intervallo di tempo: Il concetto di simultaneità • • • Nel misurare l'intervallo si utilizza due volte il concetto di simultaneità: la partenza dell'atleta e la comparsa del valore del tempo sull'orologio devono essere contemporanei, così come all'arrivo. Nella vita quotidiana è facile capire cosa sia la simultaneità, ma vale la pena di analizzare se il concetto è così ovvio. La definizione operativa di simultaneità • • • • • • Stabiliamo in modo operativo se due fenomeni F1 e F2 sono simultanei o no: supponiamo che F1 e F2 siano l'emissione di luce da parte di due sorgenti poste nei punti P1 e P2: F1 e F2 sono simultanei se le luci emesse arrivano contemporaneamente in un punto M equidistante da P1 e P2. La simultaneità è relativa • • • • • • • Einstein fece un esempio: un treno si muove a grande velocità rispetto a un osservatore O1 fermo sui binari. Un secondo osservatore, O2, si trova sul treno, a metà strada tra i punti A e B. Quando anche O1 è equidistante da A e da B, due petardi esplodono sui binari in corrispondenza di A e B. La simultaneità è relativa • • O1 riceve le emissioni luminose nello stesso istante; misura le distanze dei due petardi e stabilisce che le due esplosioni sono simultanee. O2 dà un giudizio diverso: infatti mentre i raggi luminosi si propagano, il treno si sposta: O2 vede prima l'esplosione in A e poi quella in B. O1: simultanee O2: NON simultanee La simultaneità è relativa • • • Pertanto il giudizio di simultaneità è relativo: per un osservatore le esplosioni sono state simultanee, per l'altro no: due eventi che risultano simultanei in un sistema di riferimento inerziale, non lo sono in un altro in moto rispetto al primo. Questo è conseguenza del valore finito di c, cioè del fatto che la luce impiega un tempo di propagazione proporzionale alla distanza da coprire. La simultaneità è relativa • • Se c fosse infinita, la luce impiegherebbe un tempo nullo per arrivare ovunque, quindi esisterebbe un tempo assoluto. La relatività della simultaneità è apprezzabile per velocità prossime a quella della luce: nella vita quotidiana le velocità sono così piccole rispetto a c che il fenomeno non si evidenzia. 5. La dilatazione dei tempi • • • • • • Il valore finito di c rende necessaria la definizione di una procedura di sincronizzazione degli orologi, posti a distanza tra loro. Dati due orologi a distanza D tra loro, se un orologio emette un lampo di luce al tempo t = t0, il segnale luminoso impiega il tempo ∆t = D/c per arrivare all'altro orologio: gli orologi sono sincronizzati se il secondo di essi, nel momento in cui riceve il lampo di luce emesso dal primo, segna il tempo t = t0 + D/c. La misura di un intervallo di tempo • • Un osservatore O2, su una piattaforma mobile, ha un orologio che emette un lampo di luce verso uno specchio che dista d: il lampo parte, si riflette e torna all'osservatore in un tempo totale ∆t = 2d/c. La misura di un intervallo di tempo • • La piattaforma di O2, si muove a velocità v rispetto all'osservatore O1, che è fisso rispetto alla rotaia ed ha orologi sincronizzati con O2. O1 vede un percorso della luce diverso da quello di O2: con due orologi (in A e C) egli misura un tempo ∆t' diverso da ∆t. La misura di un intervallo di tempo • Per il teorema di Pitagora: • Poiché • − AB è metà del percorso della luce nel tempo ∆t'; − HB è metà del percorso della luce nel tempo ∆t, − AH è metà del percorso della piattaforma nel tempo ∆t': Sostituendo e moltiplicando per 4: La misura di un intervallo di tempo • • • Dalla formula precedente si ottiene la relazione fondamentale che lega ∆t' a ∆t: ∆t' e ∆t sono diversi: poiché il radicale a denominatore è minore di 1, è sempre ∆t' > ∆t. Ad esempio, la durata del suono di una sveglia è minima nel sistema in cui la sveglia è ferma. La dilatazione dei tempi e l'intervallo di tempo proprio • • Questo effetto è detto dilatazione dei tempi: la durata di qualunque fenomeno è minima se misurata nel sistema di riferimento S solidale con i corpi, nel quale inizia il fenomeno: tale durata si chiama tempo proprio, ∆τ. I simboli β e γ • Introduciamo due simboli: • β: v: velocità di un oggetto o di un riferimento c: velocità della luce nel vuoto γ: coefficiente di dilatazione I simboli β e γ • • • • β e γ sono numeri puri; è γ ≅ 1 per piccoli valori di v, mentre per v→c, γ→∞ . Con l'introduzione di β e γ, la formula della dilatazione dei tempi diventa: • ∆t' = γ ∆t 6. La contrazione delle lunghezze • • • Altra conseguenza del valore finito di c è che le lunghezze poste nella direzione del moto relativo si contraggono. Nell'esempio del treno: l'osservatore O1 pianta in x1 e x2 due paletti sui binari, distanti tra loro ∆x. Se nel riferimento di O1 il tempo impiegato da un punto del treno per andare da x1 a x2 è ∆t, si ha • ∆x = v ∆t. La contrazione delle lunghezze • • • Definiamo lunghezza di un segmento in moto con velocità v, come la misura del tempo necessario affinché passino per uno stesso punto i suoi estremi, moltiplicata per v. Quindi la distanza ∆x' misurata da O2 quando i due paletti passano a fianco al punto P è: ∆x' = v ∆t'. La contrazione delle lunghezze • P è un punto fisso per O2: possiamo quindi usare la dilatazione dei tempi, ma scambiando ∆t' e ∆t: − ∆t' è la durata del fenomeno vista da O2,solidale; − ∆t • = γ ∆t' è la durata del fenomeno in O1,più lunga. Quindi: • poiché • ∆t = ∆x / v, si ha: La lunghezza propria • • • • La lunghezza di un segmento è massima se misurata nel sistema di riferimento S solidale con il segmento stesso: essa si chiama lunghezza propria. La formula precedente esprime la contrazione delle lunghezze: la lunghezza di un segmento misurata in un sistema di riferimento in cui esso è in moto è sempre minore della lunghezza propria del segmento stesso. Anche il concetto di spazio assoluto non esiste. 7. L'equivalenza tra massa ed energia • • • • In tutti i fenomeni fisici e chimici la massa totale si conserva; la conservazione dell'energia è una legge fondamentale della fisica classica; invece, relativisticamente, la grandezza fisica “massa” non si conserva, ma se un corpo assorbe (cede) una quantità di energia E, la sua massa aumenta (diminuisce) della quantità La quantità di moto della luce, un esperimento ideale • Le onde elettromagnetiche trasportano sia energia che quantità di moto. Se un corpo assorbe un pacchetto di onde di energia E, acquista una quantità di moto Dimostriamo la formula ∆m = E/c2: un corpo di massa m, fermo nel riferimento S, assorbe due pacchetti di onde elettromagnetiche, ciascuno di energia E/2. Un esperimento ideale • • • • • • Ciascun pacchetto cede al corpo una quantità di moto poiché i due vettori quantità di moto sono uguali e opposti, la loro somma è nulla e il corpo resta fermo in S. Lo stesso fenomeno si osserva da S', che si muove rispetto a S con velocità v perpendicolare ai vettori p. Un esperimento ideale • • • • In S' la somma vettoriale delle due quantità di moto cedute al corpo non è nulla: è uguale al doppio delle componenti p'x, in quanto le componenti p'y si annullano. Poiché v è piccola, in pratica p'1= p. Dalla similitudine dei triangoli ABC, ADE si ha: velocità del pacchetto quantità di moto Un esperimento ideale • La quantità di moto aumenta di • Dunque in S': • − prima dell'assorbimento dei pacchetti il corpo aveva una quantità di moto − dopo l'assorbimento il modulo di p aumenta e vale Però la velocità del corpo non può cambiare, visto che in S resta fermo: allora per cambiare p (p = mv) deve essere variata la sua massa. La massa è energia • Sarà • La variazione di massa ∆m è: • • . La massa è quindi una forma di energia, secondo la relazione di Einstein In particolare, un corpo fermo e non soggetto a forze possiede un'energia per il solo fatto di avere una massa m0: l'energia di quiete o di riposo 8. Energia totale, massa e quantità di moto in dinamica relativistica • • • • Oltre all'energia di riposo, E0 = m0c2, un corpo in moto possiede un'energia cinetica K= ½ m0v2; quindi, secondo l'energia totale è la fisica classica (v<<c), A basse v, il termine tra parentesi è circa uguale a γ: si dimostra che la formula generale per l'energia relativistica è: Energia totale, massa e quantità di moto in dinamica relativistica • • • • • • • Il grafico di E in funzione di v è rappresentato in figura: E ha un asintoto verticale quando v = c. Ciò significa che se la velocità raggiunge quella della luce, l'energia totale del corpo tende a diventare infinita: un corpo massivo non può raggiungere la velocità della luce, né tanto meno superarla. L'energia cinetica relativistica • • • • Dall'espressione di E si può definire l'energia cinetica relativistica di un corpo, Kr, come quella parte di E che dipende da v, cioè Kr = E – E0. Quindi Per v<<c, Kr assume l'espressione dell'energia cinetica classica: La massa relativistica • • • La formula dell'energia relativistica: E = γm0c2, si può scrivere come la formula dell'energia di riposo se si definisce la massa relativistica di ogni corpo come: m dipende da v e assume il valore minimo per v = 0: la massa a riposo m0. L'energia E diventa: La quantità di moto relativistica • • • Dalla formula della massa relativistica si può definire la quantità di moto relativistica di un corpo: anche in questo caso, al limite per v<<c, pr riprende il valore della quantità di moto classica: 9. Il problema della gravitazione • • • La relatività ristretta può essere sviluppata coerentemente in modo da contenere la teoria elettromagnetica; invece Einstein fin dall'inizio capì che per conciliare le teorie della gravitazione e della relatività occorreva una riformulazione di quest'ultima. Per questo sviluppò la teoria della relatività generale, che supera e completa la relatività ristretta, utilizzando l'entità unica spazio-tempo (non esistendo spazio e tempo assoluti). La proporzionalità diretta tra massa inerziale e massa gravitazionale • • • Nella meccanica classica si evince che la massa inerziale mi e la massa gravitazionale mg sono direttamente proporzionali: si sceglie l'unità di misura in modo che abbiano lo stesso valore; già Galileo scoprì che tutti i corpi nella stessa regione di spazio sono sottoposti alla stessa accelerazione di gravità. Consideriamo un esperimento ideale, in cui un ascensore si rompe e scende in caduta libera. Equivalenza tra caduta libera e assenza di peso • Tutti i corpi nell'ascensore cadono con la stessa accelerazione di modulo g. Equivalenza tra caduta libera e assenza di peso • • La stessa cosa avviene in una navicella spaziale in orbita attorno alla Terra, dove gli astronauti, che si muovono con la stessa velocità dell'astronave, sperimentano l'assenza di peso. Nessun esperimento che si compia in un ambiente chiuso permette di capire, a chi sta al suo interno, se si svolge in un ascensore in caduta libera o in una navicella soggetta ad una forza totale nulla. Equivalenza tra accelerazione e forza-peso • C'è un fenomeno complementare al precedente: se una navicella nello spazio inizia ad accelerare, tutti i corpi al suo interno sentono una spinta verso il fondo dell'astronave. Equivalenza tra accelerazione e forza-peso • • Lo stesso effetto si ha in una stazione spaziale che ruota attorno a un asse: gli astronauti risentono di una forza peso fittizia, dovuta alla forza centrifuga apparente. Nessun esperimento che si compia in un ambiente chiuso permette di capire, a chi sta al suo interno, se si trova in presenza di un campo gravitazionale o all'interno di un mezzo di trasporto in moto con accelerazione costante. 10. I princìpi della relatività generale • • • Principio di equivalenza: in una zona limitata dello spazio-tempo si può sempre scegliere un sistema di riferimento in modo da simulare l'esistenza di un campo gravitazionale costante, o, viceversa, da annullare la presenza di una forza di gravità costante. Principio di Relatività Generale: le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento. Questo principio non privilegia i sistemi inerziali. Curvatura dello spazio e moto lungo le geodetiche • • • • La teoria della relatività generale richiese ad Einstein diversi anni per essere elaborata in modo coerente e completo. Oltre ai due principi fondamentali, essa si basa su due idee rivoluzionarie: la presenza di masse incurva lo spazio-tempo; i corpi soggetti alla gravità sono come particelle libere, che si muovono lungo le geodetiche (curve di minima lunghezza) dello spazio-tempo. • • • • 11. Le geometrie non euclidee Il concetto di curvatura è più chiaro alla luce delle geometrie non euclidee. Per secoli la geometria di Euclide, basata su cinque postulati, fu l'unica descrizione dello spazio. Il quinto postulato di Euclide dice che esiste ed è unica la retta parallela ad una data, passante per un punto esterno; da esso si ha che la somma degli angoli interni di un triangolo è un angolo piatto e che la minima distanza tra due punti è un segmento di retta. Le geometrie non euclidee • • • Nei primi decenni dell'Ottocento vari matematici costruirono nuove geometrie modificando il quinto postulato. Immaginiamo una superficie sferica pensarla parte dello spazio euclideo: senza sulla superficie esistono infinite curve che uniscono due punti (le linee rosse nella figura); le linee fuori della sfera “non esistono” (blu e verde). Le geometrie non euclidee • In un simile spazio una retta, di cui fa parte il segmento di minima lunghezza tra A e B, è una circonferenza massima della sfera. Le geometrie non euclidee • • • • • • Una geometria non euclidea come la precedente fu ideata da Riemann ed è detta ellittica. Nelle geometrie ellittiche: non esistono rette parallele a una data, condotte per un punto esterno; la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di un angolo piatto. Inoltre Lobacewski e Bolyai idearono le geometrie iperboliche, a cui si ispirò l'artista M.C.Escher. Le geometrie non euclidee • • • • • • Nelle geometrie iperboliche: esistono infinite rette parallele a una data, condotte da un punto esterno ad essa; la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di un angolo piatto. Lo spazio euclideo è piatto (non ha curvatura); gli spazi non euclidei sono curvi: − lo spazio ellittico ha curvatura positiva, − lo spazio iperbolico ha curvatura negativa. 12. Gravità e curvatura dello spazio-tempo • • • Nella relatività generale, una volta nota la posizione delle masse, l'equazione del campo di Einstein definisce la curvatura dello spaziotempo (maggiore vicino alle masse). La curvatura dello spazio-tempo determina le geodetiche, le curve di minima lunghezza che uniscono due punti. I corpi massivi soggetti a gravità, nel loro moto, seguono le geodetiche: due corpi si avvicinano non per la forza di gravità, ma per la curvatura dello spazio-tempo. Le curve geodetiche • • Un osservatore esterno nota l'avvicinamento e ne attribuisce la causa alla forza di gravità, che secondo la relatività generale non esiste. Le curve geodetiche • • • • • • • • La stessa idea la dà un modello semplificato: se lo spazio-tempo fosse un telo elastico piano, una sfera pesante posta su di esso lo deformerebbe, incurvandolo; una sfera più piccola, posta sul telo, viene attratta verso la più grande non da una forza: la sfera grande è la causa che determina la curvatura del telo, sulle cui geodetiche avviene il moto della sfera piccola. I buchi neri • • • • • I buchi neri sono punti in cui la curvatura dello spazio-tempo raggiunge valori estremi: provengono dal collasso di stelle di massa abbastanza grande (almeno 3 masse solari). sono stati definiti pozzi gravitazionali, in cui la gravità è talmente forte che nemmeno la luce può sfuggire. Per questo non si vedono: la loro presenza è denunciata dagli effetti su corpi vicini. 13. Le onde gravitazionali • • • Se la geometria dello spazio-tempo viene modificata dalla presenza di masse, quando varia la distribuzione delle masse, varia anche la geometria. Questa variazione non è istantanea: si propaga a velocità della luce c a partire dal punto in cui si è generata. La propagazione della variazione della geometria dello spazio-tempo prende il nome di onda gravitazionale. Le onde gravitazionali • • • Le onde gravitazionali hanno bassissima intensità e sono assai improbabili: potrebbero essere rilevate in caso di eventi come esplosioni di supernovae. Come strumento di rilevazione, dal 1971 Edoardo Amaldi propose un'antenna gravitazionale risonante, un cilindro di grande massa che può oscillare al passaggio dell'onda. Il segnale da raccogliere è così debole che l'antenna deve essere schermata da tutti i disturbi esterni e dall'agitazione termica. Le onde gravitazionali • • • • • • L'antenna Nautilus di alluminio, ai Laboratori Nazionali di Frascati, ha massa di 2300 kg ed è posta a T = 0,1 K. Oltre alle antenne gravitazionali, si usano oggi metodi interferometrici simili a quello di Michelson -Morley, come l'interferometro Virgo, a Càscina (PI). Nessuno di questi apparati è riuscito finora a rilevare onde gravitazionali. Le onde gravitazionali • L'interferometro LISA, di futura costruzione, orbiterà nello spazio e potrebbe dare risultati positivi: