Il paradosso del profondo presente Per non andare a sbattere ci occupiamo di letteratura Intervista a Bruno Monsaingeon cult Il mensile culturale RSI Aprile 2017 Il paradosso del profondo presente Sandra Sain Produttrice Rete Due Cosa vuol dire vivere a fondo il proprio tempo? Partendo dal presupposto che non se ne può vivere un altro (almeno fino a quando i tanto sognati viaggi nel tempo non saranno realtà) questa formula retorica fa riferimento ad una sorta di engagement, sia esso civile, politico o spirituale, e quindi decisamente più personale. Un impegno a non lasciar scorrere i giorni indifferenziati, privi di progettualità e di consapevolezza. Lo scorso sabato 11 marzo al MASI di Lugano è stata presentata al pubblico la mostra di fotografie di Craigie Horsfield intitolata Of the deep present (Del presente profondo) e visitabile fino al prossimo 2 luglio. L’artista britannico sviluppa, sin dagli anni ’80, una attenta riflessione sullo statuto della fotografia che lo porta a lavorare sul limitare tra le arti, creando opere che sono il frutto dell’incontro tra tecniche e tradizioni diverse, foto che richiamano alla mente le tele di Hieronymus Bosch, olii fiamminghi e secenteschi, e che si traducono in affreschi e arazzi. Il bellissimo catalogo che accompagna l’esposizione pone per questo spesso e giustamente a confronto le opere in mostra con opere del passato: ecco che una natura morta (Five Peonias. Via Chiatamone, Naples, May 2010), realizzata con una stampa su una tavola preparata con gesso e cera, viene accostata a una natura morta di Henri Fantin-Latour, portando alla luce la continuità con il lavoro del pittore francese del tardo Ottocento e al contempo la distanza, compositiva, tecnica ed emotiva, tra le due opere. Per preparare questa esposizione luganese, Horsfield ha soggiornato diverso tempo in città e ha incontrato delle persone che qui vivono e lavorano, componendo una serie di ritratti scattati con luce naturale, stampati su carta spessa e granulosa da acquerello e ottenendo un risultato intenso e commovente in cui le figure emergono dal fondo come nei ritratti del Rinascimento fiammingo. Nel presentare questa serie, che non mancherà di attirare l’attenzione e la curiosità del pubblico, il fotografo ha parlato di “dare tempo e profonda attenzione al mondo e agli altri, e a un presente profondo”. Ecco quindi che il presente si svela nella sua paradossale ambiguità fatta di immersione totale nella vita che ci circonda, nel fuggevole hic et nunc, conservando la memoria di quanto ci ha preceduti con però lo sguardo proteso in avanti. Essere profondamente nel presente è essere mobili nel tempo, tenere un piede nel passato e prepararsi al balzo. 18 SGUARDI Le grandi saghe a Laser, con Piero Boitani e Giuliano Boccali 4 Per non andare a sbattere ci occupiamo di letteratura 20 Una Finestra aperta sui Grigioni, da Coira ONAIR 8 Superalbum si rinnova nella forma e nella conduzione DUETTO 22 Intervista a Bruno Monsaingeon 10 Il dolore di una Madre per una morte necessaria RENDEZ-VOUS 28 L’agenda di aprile 12 Una settimana in compagnia di Arthur Honegger 14 NOTA BENE 30 Recensioni Concerto per Coluche storia di un radiodramma musicale 31 Proposte Club In copertina: Five Peonias, Via Chiatamone, Naples, May 2010 di Craigie Horsfield in mostra al MASI di Lugano fino al 2 luglio. Courtesy l’artista e Large Glass, Londra ACCENTO Per non andare a sbattere ci occupiamo di letteratura Sandra Sain Nel 1977 Charles M. Schulz disegnò una vignetta che aveva per protagonista Sally Brown, la sorella minore del più famoso Charlie Brown. In piedi davanti ai compagni di classe deve dare conto del suo tema sull’importanza della lettura. Lo svolgimento è il seguente: “È importante saper leggere? Lo è senz’altro. Aiuta a non andare a sbattere contro le cose”. SGUARDI Quattro quadretti disegnati in bianco e nero bastano a Schulz per ricordarci a suo modo l’importanza di leggere. A noi che facciamo radio i libri piacciono da sempre. Da subito, da quando le trasmissioni radiofoniche ebbero inizio quasi un centinaio di anni fa (erano gli anni ’20 del ’900) le collaborazioni con drammaturghi, poeti, saggisti e romanzieri furono un importante strumento per riempire di contenuto i propri palinsesti. È stato così anche per la nostra Radio Svizzera di lingua italiana perché, come ben ricorda Nelly Valsangiacomo nel suo Dietro il microfono. Intellettuali italiani alla Radio svizzera, “sull’onda del modello della British Braodcasting Corporation (BBC), la vocazione culturale ha per lungo tempo contraddistinto la radio di servizio pubblico”. Non si contano gli intellettuali che hanno scritto per la radio e che si sono cimentati al microfono, prendendo la parola direttamente, tenendo conferenze e lezioni radiofoniche, inventando formati e programmi, dando vita alla prosa radiofonica. Nato nel 1912 a Kansas City, Walter J. Ong è stato un religioso gesuita, filosofo sociale, storico e teorico dell’evoluzione culturale che si formò alla scuola di Marshall Mc Luhan. Ong ha elaborato una peculiare teoria con la quale spiega la storia e l’evoluzione dell’umanità come una “interiorizzazione progressiva della coscienza”. La storia ha ‹ Gli scrittori furono da subito alleati e protagonisti della radio. › inizio, sostiene, con una primigenia cultura orale, in cui gli esseri umani esprimono attraverso il discorso (la parola e il suo suono) i propri valori e i propri voleri, proiettandoli appunto fuori di sé, attraverso un suono che rende la condivisione simultanea. Le società primitive, quelle che ci hanno abituato ad immaginare radunate attorno al fuoco a raccontare e creare, accompagnate dal suono dei tamburi, una propria epica e una propria mitologia, non avevano documenti che potessero sostenere la memoria e alla narrazione corale, al passaggio di bocca in bocca dei messaggi, affidavano quindi la conservazione della memoria. 5 4 Jennifer Egan Walter J. Ong Ma poi, ci dice Ong, si scopre la scrittura. E qui si verifica un fenomeno rivoluzionario: la parola che fin lì era stata solo un suono emesso in un dato tempo, conquista lo spazio, quello necessario alla ‹ Il modo in cui l’essere umano comunica definisce lo stadio evolutivo della specie. › propria traduzione in caratteri, su una tavoletta di pietra come su una pagina. E nasce la lettura, ovviamente, che vuol dire che la condivisone di un messaggio, rispetto all’era precedente, diventa silenziosa e si interiorizza, non ha più bisogno che si condividano tempo e luogo. Con l’avvento della cultura elettronica e dei mass media, radio e televisione in particolare, siamo di fronte ad una nuova rivoluzione che produce, afferma Ong, una “oralità di ritorno”. Walter J. Ong è scomparso nel 2003 e non sappiamo come avrebbe interpretato questa nuova era del digitale ma un suo pensiero del 1993 può forse farci intuire qualcosa: “Oggi si sente dire che i libri sono finiti, che radio e televiSGUARDI sione li hanno rimpiazzati. Ebbene, chiunque pensi ciò è ben lontano dalla realtà. (…) No, il nuovo mezzo di comunicazione rafforza il vecchio, però lo cambia”. Come dire che il libro, come la radio o la televisione, difficilmente soccomberanno ai social media e al web ma molto facilmente ne saranno profondamente cambiati. Da qualche anno siamo confrontati con un fenomeno che in italiano è stato definito con il neologismo “twitteratura”, letteratura a puntate di 140 caratteri, una moderna forma di romanzo d’appendice. La prima vera e propria “tweet fiction” è del 2012 e ha trovato spazio sull’account della celebre rivista The New Yorker. Creatrice dei brevissimi post è Jennifer Egan, Premio Pulitzer nel 2011 per “Il tempo è un bastardo”, che ha dato vita a una spy story tradotta anche in italiano da Minimum Fax nel 2013 con il titolo “Scatola nera”. Un tipo di narrativa che a molti fa storcere il naso (se siete tra questi non abbiate timore, siete in buona compagnia: tra gli altri, seduto al vostro tavolo, c’è Jonathan Franzen, uno dei massimi autori americani contemporanei). Gli anni passano, la società e la cultura evolvono, il nostro bisogno di raccontare permane. Con l’avvento del digitale si sta però sviluppando un altro fenomeno e, questo sì, decisamente preoccupante. Recenti studi e ricerche indicano infatti come sia in drammatico aumento la percentuale della popolazione affetta da “analfabetismo funzionale”, ovvero persone capaci di leggere e scrivere ma con gravi lacune nella comprensione di un testo di media difficoltà, un tema sul quale ha scritto molto Tullio De Mauro, l’autorevole linguista italiano scomparso lo scorso gennaio. ‹ Leggere non perde di importanza, che si tratti di twitteratura o di letteratura. › Si è insomma sempre di meno a leggere ma quei pochi cercano sempre di più di fare della lettura un fenomeno sociale, un’occasione di incontro (che per l’appunto richiama alla mente l’oralità di ritorno teorizzata da Ong) per cui fioriscono i festival più disparati che hanno certo una funzione ancillare nei confronti del mondo dell’editoria ma che al contempo rispondono al bisogno tutto contemporaneo di nutrire un culto delle personalità (anche se oggetto di questo culto a volte risultano essere figure di una inconsistenza disarmante) e di ricostruire un senso di appartenenza a una comunità elettiva. Alla radio noi continuiamo a parlare di libri, consapevoli di queste e di altre implicazioni culturali e sociali. Continuiamo a raccontare e recensire volumi, a incontrare gli autori, a partecipare e seguire festival, fiere e saloni letterari. Un po’ perché siamo convinti, come sosteneva Mallarmé, che “in fondo, il mondo è fatto per finire in un bel libro”, un po’ perché riteniamo sia un nostro preciso dovere, e un dovere cui è bello piegarsi, come rappresentanti di un servizio pubblico che ha un ruolo cruciale in seno alla società. “Non è necessario bruciare i libri per distruggere una cultura: basta impedire alla gente di leggerli”. Lo diceva il Mahatma Gandhi. 7 6 LA 2 / Superalbum sabato alle ore 20.40 rsi.ch/superalbum Superalbum si rinnova nella forma e nella conduzione Bruno Bergomi In pochi anni questa trasmissione è diventata un punto di riferimento per le molte persone che vogliono conoscere la nostra realtà passata. Condotto da Valeria Bruni, nuova produttrice, Superalbum, dal primo di aprile, cambierà formula per essere più accattivante e legato al paese e alle sue origini, affinché l’enorme patrimonio dei documentari realizzati negli anni dalla RSI venga quanto più possibile valorizzato. Per noi è fondamentale che resti la presentazione in esterno, sul territorio, in luoghi significativi rispetto ai temi delle varie puntate. Abbiamo pensato di introdurre un ospite in ogni puntata, che possa contestualizzare i documentari proposti e al contempo offrire una lettura attuale di tematiche e argomenti che la nostra azienda ha proposto negli scorsi decenni. Superalbum continuerà a proporre documentari legati al nostro territorio, anche se talvolta amplierà la visione su personaggi che hanno fatto la nostra storia, arricchendola delle esperienze maturate all’estero. L’idea è di attingere anche ai documentari più recenti proposti da Storie, Falò e altre rubriche. Offrirà tematiche non necessariamente complementari tra loro, ma diverse o addirittura opposte, sia nei contenuti che nella drammaturgia del racconto. ONAIR Per esempio in una delle prime puntate andrà in onda un documentario sugli ultimi giorni di servizio degli autocarri della Migros nelle valli. Come ospite abbiamo invitato Vasco Gamboni, professore onsernonese ora in pensione, da sempre legato ai problemi delle regioni più discoste, confrontate con problemi come quello dello spopolamento. Lo abbineremo alla storia della famiglia Lombardi, proprietaria di una segheria a Biasca. In un’altra puntata proporremo un doc sulla figura dell’architetto Aurelio Galfetti, abbinato alla storia di San Pietroburgo con Domenico Trezzini: come ospite ci sarà Michele Arnaboldi, non solo erede spirituale di Galfetti, ma docente all’Accademia di Architettura di Mendrisio e con uno sguardo critico sull’architettura della Svizzera italiana. Perché anche la storia rimanga viva nella nostra memoria, proporremo saltuariamente documentari su personaggi e avvenimenti del passato. Un esempio: il documentario su Guglielmo Canevascini, di Werner Weick, che rileggeremo con la professoressa Nelly Valsangiacomo, Prof.ssa ordinaria di storia all’Uni di Losanna, autrice in tempi più recenti di un libro dedicato alla figura di Guglielmo Canevascini. Una storia durata quasi 70 anni 9 8 Rete Due / Concerto del Venerdì Santo, collegiata Bellinzona venerdì 14 alle ore 20.30 in diretta su Rete Due rsi.ch/retedue Informazioni e prevendita, Bellinzona Turismo Il dolore di una Madre per una morte necessaria Lo Stabat Mater di Rossini al centro del Concerto del Venerdi Santo che fa riecheggiare il testo medievale che evoca il dramma della Passione di Cristo. Giovanni Conti Saranno il Coro della Radiotelevisione svizzera e l’Orchestra della Svizzera italiana a segnare, ancora una volta, l’atteso appuntamento del Concerto del Venerdì Santo. Sotto la direzione di Antonello Manacorda, il concerto vivrà la sua ormai tradizionale serata nella Collegiata di Bellinzona il 14 aprile, per poi trasferirsi la sera seguente nella cornice del LAC e regalare anche al pubblico luganese l’esecuzione di una delle pagine più straordinarie tra quelle che Gioachino Rossini produsse in ambito religioso, lo Stabat Mater. Il testo medievale di matrice francescana, fu per Rossini il pretesto per concentrarsi sul suo lavoro di compositore puro, ritirandosi dalla vita attiva di operista, nonostante il trionfale successo ottenuto nel 1829 con Guglielmo Tell. Stabat Mater fu la premessa essenziale, nella visione rossiniana, al suo ultimo grande capolavoro, la Petite messe solennelle. Nel 1831 Rossini era in Spagna dove accettò l’invito di Don Manuel Fernandez Varela di comporre uno Stabat Mater per la sua cappella musicale. Dopo averne scritti sei numeri però, Rossini interruppe il lavoro e incaricò Giovanni Tadolini di completarlo. Questa prima versione venne eseguita a Madrid il giorno di Venerdì Santo del 1833. Dieci anni dopo, Rossini eliminò le parti composte da Tadolini e scrisse di suo pugno ciò che gli consentì di dar vita alla versione definitiva, che venne eseguita al Théatre Italien di Parigi il 7 gennaio del 1842. Lo Stabat Mater mantiene inalterata la sua forma originaria sequenziale e si apre con un’introduzione ONAIR orchestrale in cui viene presentato il materiale tematico della prima sezione a cui segue l’ingresso del coro e quindi dei solisti che, in questa occasione, saranno il soprano Carmela Remigio, il mezzosoprano Veronica Simeoni, il tenore René Barbera e il basso Nicola Uliveri. Solisti sulle cui spalle è, di fatto, vocalmente poggiata tutta la partitura, che fa di loro i principali protagonisti. A partire dal Cujus animam gementem, aria affidata al tenore seguita dal Qui est homo, un duetto tra le due voci femminili di carattere tipicamente operistico. Pro peccatis, a sottolineare il sacrificio di Cristo in croce , affidata al basso. Il coro è protagonista, “a cappella”, nel Eja, mater, fons amoris, mentre il quartetto dei solisti dialoga con gli strumenti dell’orchestra nel Sancta Mater. Fac ut portem è una cavatina del mezzosoprano e ottoni e timpani annunciano il giorno del giudizio universale nell’aria con coro Inflammatus et accensus. Quando corpus morietur è il secondo momento “a cappella” della composizione, prima che il capolavoro rossiniano si chiuda con una maestosa doppia fuga tra coro, solisti ed orchestra. 11 10 Rete Due / Prima fila da lunedì 17 a sabato 22 alle ore 20.15 rsi.ch/retedue Una settimana in compagnia di Arthur Honegger Giuseppe Clericetti ONAIR Arthur Honegger (1892 –1955) è tra i compositori svizzeri più celebri della storia della musica: il suo volto, volenti o nolenti, ci è molto familiare, effigiato sulle attuali banconote da 20 franchi. Nato in Francia, a Le Havre, la sua presenza su suolo elvetico fu invero sporadica; con Milhaud, Poulenc, Auric, Durey e Tailleferre, egli fece parte del cosiddetto “Gruppo dei Sei”, anche se ben presto la sua estetica si distanziò profondamente da quella dei compagni: l’umorismo, l’ironia, la parodia non facevano parte del suo bagaglio estetico. Honegger fu attivo in diversi generi musicali, dall’oratorio alla musica cinematografica, con più di 40 colonne sonore, fino alla produzione legata al mezzo radiofonico, con numerosi lavori, “jeux radiophoniques”, composti per la Radio Suisse Romande e Radio France. Honegger fu un appassionato di sport, adorava le auto Bugatti, e scrisse composizioni con chiari riferimenti all’attività sportiva: il movimento sinfonico Rugby, il balletto per pattini a rotelle Skating Rink, la musica per il film La boxe en France, la chanson Hymne au Sport. L’amore per le macchine e la velocità, analogo a quello dimostrato dal movimento futurista, lo porta a comporre una delle sue pagine più celebri, Pacific 2.3.1, traduzione musicale del percorso di una grande locomotiva. Rete Due, nelle serate di Prima fila, rende omaggio a Honegger con la diffusione di suoi brani significativi: l’opera radiofonica Christophe Colomb, prodotta dai colleghi della Radio Télévision Suisse Romande, la Sinfonia Liturgica e Deliciae Basiliensis, i Trois Mouvements Symphoniques, Jour de Fête Suisse, l’operetta Les aventures du roi Pausole, nonché le registrazioni del Coro RSI e dell’OSI: La danse des morts, il Concertino, il Concerto per violoncello, Skating Rink, L’Idée, Pastorale d'été. Non mancherà Radio-Panoramique, il primo zapping radiofonico della storia. L’ascolto delle composizioni sarà accompagnato da una serie di incontri con il maggiore biografo di Honegger, il musicologo ginevrino Jacques Tchamkerten. 13 12 Rete Due / Colpo di scena da mercoledì 19 a venerdì 28 alle ore 13.30 rsi.ch/rete-due/radiodrammi Concerto per Coluche storia di un radiodramma musicale Giangilberto Monti autore e cantautore gne di una vita, lo chansonnier Georges Moustaki e il giornalista François Cavanna - si ritrovassero una sera al Bobino di Parigi, poco prima del concerto di Renaud, per celebrare non solo un amico ma anche lo storico Cafè de la Gare, il teatrocabaret che aprì una stagione importante nella storia francese, quando la satira arrivò a scardinare perfino gli equilibri politici del paese. Raccontare la storia di Coluche significa interrogarsi su un paradosso: la comicità è una branca della politica e la satira è un ingrediente necessario alla democrazia? Oppure è vero il contrario, e oggi la politica è solo una delle tante industrie dello spettacolo? Sia quel che sia, anche grazie alla vita del buffone più amato di Francia, ho voluto affrontare l’ultimo dei maudits d’oltralpe, perchè sotto il pavé credo si trovi ancora la spiaggia dell’utopia. E non smetterò mai di crederci... Michele Colucci, in arte Coluche, è stato il più geniale “comico politico” di Francia. Irriverente. Cattivo. Anarchico. Volgare. Eccessivo. Individualista. Provocatore. Depresso. Ribelle. Alcolizzato. Drogato. Politicamente scorretto. Il suo talento esplode negli anni Settanta, supportato da riviste come “Harakiri” e “Charlie Hebdo”. E quando, ormai famoso, si candida a sorpresa alle Presidenziali del 1981, il suo manifesto elettorale diventa un violento “j’accuse” contro la corruzione e l’insipienza dei politici francesi, nessuno escluso: “Prima di me la Francia era divisa in due, con me sarà piegata in quattro dal ridere”. Aveva il 16% nei sondaggi quando - in circostanze oscure - decise di ritirarsi. Dopo una lunga depressione Coluche risale la corrente, si cimenta in ruoli di successo al cinema, lancia una campagna nazionale contro la povertà, mette d’accordo l’intero paese e programma il suo ritorno sulle scene, ma non ci riesce. Muore nel 1986 a soli 41 anni d’età, in un banale incidente stradale a tutt’oggi mai chiarito, poi rievocato dal suo grande amico Renaud, stella del “rock” d’autore francese, in un’amara e appassionata ballata. È la prima volta che Renaud autorizza adattamenti in italiano delle sue canzoni. E in questo radiodramma ne propongo alcune tra le sue più belle... Ho immaginato che i protagonisti della carriera di Coluche - il suo impresario storico, le compaONAIR 15 14 Henti Fantin-Latour nacque nel 1836 a Grenoble. Dopo gli studi alla Scuola di Belle Arti di Parigi, lavorò alcuni anni per Gustave Courbet. Sebbene ammirasse l’opera di Édouard Manet, non aderì mai all’Impressionismo e definì un proprio e distintivo lirismo intimista. Famosi i suoi ritratti dei componenti della bohème intellettuale dell’epoca (Verlaine e Rimbaud tra gli altri) e le sue nature morte, diventate familiari e note ai più da quando la band inglese dei New Order, nel 1983, utilizzò il suo A basket of roses per la copertina di Power, Corruption and Lies. 16 17 Rete Due / Laser da lunedì 3 a venerdì 14 alle ore 9.00 rsi.ch/laser Le grandi saghe a Laser, con Piero Boitani e Giuliano Boccali Roberto Antonini Le Saghe (dall’islandese sögur, detti) raccontavano, spesso dall’origine del mondo, storie e leggende di un intero popolo, mescolando vicende realmente accadute, o almeno verosimili, con creazioni mitiche. Sovente, esse costituiscono le vere e proprie fondamenta sulle quali è stata costruita l’identità di una gente. Una delle più rilevanti è quella del popolo d’Israele narrata nella Bibbia. Tutto il Pentateuco rappresenta infatti una grande e affascinante saga, dapprima sulle origini e le sorti dell’intera umanità, poi del popolo ebraico. Creazione, Caduta, Cacciata dall’Eden, Diluvio, Torre di Babele, poi i Patriarchi: da Abramo, padre di Ebrei, Cristiani e Musulmani, a Isacco, Giacobbe e Giuseppe, quindi Mosè: i Libri della Genesi e dell’Esodo raccontano con vigore drammatico unico la saga del monoteismo e l’incontro tra uomo e Dio. Anche la Storia di Roma narrata da Tito Livio, nonostante le intenzioni dell’autore, verrà vissuta come una saga. Roma è stata un’avventura unica nel mondo antico, e più tardi in quello medievale e moderno. Attorno alle sue origini i popoli che l’hanno costruita, subita, accettata e disprezzata hanno creato una complessa, affascinante leggenda: la lupa, i gemelli, il Ratto delle Sabine, le guerre che, incessanti per mille anni, hanno condotto un piccolo villaggio del Lazio a conquistare l’intera Europa occidentale e tutte le terre bagnate dal Mediterraneo. ONAIR Nelle grandi civiltà dell’Oriente - Cina, India e Persia - esistono saghe ancora più complesse. L’Epopea della tenebra, in Cina, narra una vicenda che comincia con la creazione di una goccia d’acqua, e prosegue poi con le lotte tra gli dei. Ben tre diversi modelli cosmogonici si sono sviluppati in Cina, ma anche incantevoli leggende come quelle del bovaro Niu Liang e della fanciulla Zhi Nü, e la cosiddetta Creazione, o Investitura degli dei, è un immenso romanzo composto addirittura nel XVI secolo, sotto la dinastia Ming. In India, dominano i due grandi poemi sanscriti, il Mahabharata e il Ramayana. Sterminato, il primo: il poema nazionale indiano che narra dei discendenti di Bharata (l’India si chiama Bharat), e che è stato composto tra la metà del II secolo a.C. e l’anno zero, dall’ossatura epica la lotta per il trono di Hastinapura - sulla quale si incastrano altre vicende mitiche, genealogie, trattati teologici, filosofici, etici, geografici e scientifici: ne fa parte la celebre Bhagavad-Gita. Più contenuto, e splendido, il Ramayana, la storia di Rama e del rapimento di sua moglie Sita da parte del demone Ravana, con la guerra che ne consegue, le imprese di Hanuman, la vittoria, e poi il giudizio di Sita. In Persia, Fir dusi compone attorno all’anno Mille lo Shahnameh, il poema, anch’esso di dimensioni ciclopiche, che ancora oggi è considerato la pietra di fondazione dell’identità e della cultura persiane. Miti cosmogonici, leggende e storia si mescolano in questo Libro dei Re che porta sulla scena Alessandro Magno e Zarathustra. Ritorniamo in Europa con le saghe del Nord: quella dei Nibelunghi in Germania, l’Edda in versi e in prosa dei paesi scandinavi, le saghe islandesi che portano i Vichinghi in America, le storie di Cuchulain in Irlanda. Sono i testi che ispireranno Tolkien, ma anche W.B. Yeats, come la Gita ha nutrito T.S. Eliot. Infine, un volo in America, per leggere le saghe dei Maya e dei Navajo, il Popol Vuh e il Diné Bahane, cosmogonie strane, con uomini fatti di mais e Coyote che turba la Creazione del cielo del Primo Uomo, il lento paziente lavoro di costruzione delle costellazioni, con il suo impaziente disordine. Tutto questo lo potrete ascoltare in un’affascinante serie di Laser dal 3 al 14 aprile. Piero Boitani Giuliano Boccali 19 18 Rete Due / Finestra aperta giovedì 27 dalle 17.00 alle 18.00 in diretta da Coira rsi.ch/retedue Una Finestra aperta sui Grigioni, da Coira Massimo Zenari © Chur Tourismus Pluralità linguistica, pluralità culturale, identità: sono i cardini attorno ai quali, storicamente, ruota il dibattito politico e civile sulla cultura nei Grigioni, un cantone che della Svizzera è periferia - con le sue valli laterali periferia della periferia al pari del Ticino. Un dibattito che è anche istituzionale, in un panorama ricco di tre lingue ufficiali e di numerose varianti dialettali, parlate e scritte, alcune delle quali, è bene ricordarlo, richiedono solide misure di protezione e di salvaguardia. È anche in questo contesto che nella sessione parlamentare di febbraio si è innestata la discussione sulla riforma totale della legge sulla promozione della cultura nel cantone, una discussione che il Gran Consiglio retico ha votato a larghissima maggioranza senza tuttavia suscitare l’auspicata soddisfazione generale. Se è stata data una risposta concreta alla questione ampiamente dibattuta dell’obbligo per i comuni di dotarsi di scuole di musica e di canto (ma è stato anche affidato al Governo l’incarico di stilare una strategia culturale quadriennale), in realtà si è trascurata la domanda fondamentale: cosa significhino cultura e la sua promozione, e a questo interrogativo cruciale spetterà verosimilmente proprio al Governo e alla sua strategia provare a rispondere. ONAIR Al dibattito culturale non poteva sottrarsi neppure la RSI, a cominciare dalle testate informative Grigioni sera e Voci del Grigioni italiano, che già avevano seguito puntualmente la sessione parlamentare, e che torneranno ad occuparsene con una serie di approfondimenti in una settimana speciale dal 24 al 28 aprile. E giovedì 27 anche Rete Due si trasferirà a Coira. La nostra Finestra aperta pomeridiana trasmetterà infatti dalla capitale grigionese, ospitando in diretta alcuni fra gli attori della vita culturale cittadina, in un dialogo che si vorrà vicino al pubblico e attento alle esigenze delle radioascoltatrici e dei radioascoltatori. Senza dimenticare che, dallo scorso novembre, grazie al sistema di diffusione DAB+, Rete Due si può ascoltare su tutto il territorio dei Grigioni. 21 20 Intervista a cura di Claudio Farinone Bruno Monsaingeon La musica che si vede Bruno Monsaingeon è nato a Parigi il 5 dicembre del 1943. È ritenuto il più grande regista di film musicali di musica classica. Non solo filmmaker, ma musicista, pregevole violinista e scrittore, ha realizzato alcuni dei documentari più importanti attorno a musicisti celeberrimi. Tra questi: Yehudi Menhuin, Glenn Gould, Nadia Boulanger, Svjatoslav Richter, Michael Tilson Thomas, Dietrich Fischer-Dieskau e tanti altri. Le sue interviste a Nadia Boulanger e a Svjatoslav Richter sono state pubblicate come libri. L’ultimo suo lavoro, in uscita prossimamente e co-prodotto per la RSI da Giovanni Conti, riguarda il Quaderno svizzero degli Années de Pèlerinage di Franz Liszt, nell’interpretazione del pianista locarnese Francesco Piemontesi. DUETTO Bruno Monsaingeon è il regista dei musicisti. Rigore, dedizione al lavoro, conoscenze musicali sofisticate ereditate da un trascorso di violinista, fine capacità d’indagine psicologica sui personaggi che ritrae. L’artista francese è transitato dai nostri studi per realizzare un nuovo documentario dedicato all’album svizzero degli Années de Pèlerinage di Franz Liszt, nella magistrale interpretazione di Francesco Piemontesi. Un’occasione ghiotta per incontrarlo, chiedergli cos’ha in mente a proposito e cercare di conoscere di più sulla sua arte di cesello e dedizione assoluta che lo ha portato a realizzare film fondamentali con alcuni tra i più grandi interpreti della musica nel mondo. Bruno Monsaingeon, vorrei chiederle tante cose ed è difficile trovare un punto di partenza. Sono molto incuriosito dal lavoro di preparazione e dalla relazione con i musicisti che incontra. Come avvengono le sue scelte? E soprattutto: quanto è importante per lei la conoscenza profonda del musicista che andrà a ritrarre in un documentario, oppure in un libro? La relazione è un ingrediente essenziale del mio lavoro; in particolare per i film o per i documentari. Naturalmente è un po’ diverso quando sto girando solamente delle esecuzioni musicali, nel cui caso la relazione non deve essere necessariamente così stretta. Nel caso di un documentario o di un film, invece, è 23 22 necessario che io sia innamorato del personaggio che riprenderò, è la condizione essenziale. Come lei sa, ho girato molti film e ciascuno di essi è come una parte di un monumento. Ad esempio, con Yehudi Menhuin, ho fatto circa 15 diversi lavori; nel suo caso, come per altri, mi relazionavo con uno straordinario talento, un vero genio, non solo come musicista ma anche come uomo. Yehudi aveva un’umanità e una generosità di straordinaria profondità. Era l’unione ideale dell’uomo con l’artista. Naturalmente Glenn Gould: era un genio non intermittente ma permanente. Stare davanti a lui equivaleva convivere con un uomo che aveva una volontà è un desiderio di comunicare forse senza precedenti e senza equivalenti. Svjatoslav Richter, al contrario, era un uomo totalmente chiuso… Lo immagino all’opposto rispetto a Gould… È vero, ma questa è solo l’apparenza. In realtà Svjatoslav aveva un desiderio di comunicare più sotterraneo, che si è sviluppato progressivamente nei molti anni della nostra relazione, durante le lavorazioni del film e per me totalmente inaspettato. Anche Fischer-Dieskau era un uomo molto riservato ma il calore del suo canto, l’intelligenza della sua arte, erano straordinari. Anche Giulia Varady, sua moglie, a mio parere la più grande cantante del secolo, fu una sintesi dell’arte della Callas e della Schwarzkopf… l’arte drammatica della prima e la raffinatezza della seconda. È necessario che si crei una condizione che mi permetta la massima libertà. Glenn Gould, ad esempio, mi ha lasciato totalmente libero; lo stesso è accaduto con DUETTO Yehudi Menhuin. Avere con loro una relazione di totale fiducia è forse il segreto di questo lavoro. E come reagivano questi musicisti davanti alla sua cinepresa, si sentivano a loro agio? Devo dire innanzitutto che i lavori di cui parliamo non sono stati pensati per la televisione. Avevamo un’aspirazione a realizzare qualcosa di più esteso rispetto alle esigenze dei prodotti televisivi. Ciò ha comportato lotte molto serie poiché la televisione rivestiva anche una funzione di finanziamento e c’era dunque quest’ambivalenza. Sono assolutamente contrario a questi formati televisivi. Quando lavorai al film su Richter, che dura quasi tre ore, fu impossibile per la televisione approvare un formato di questo tipo. Ma, nonostante ciò, il lavoro venne accettato ugualmente. Fu una condizione assai difficile per i miei produttori, che comunque hanno voluto rischiare. All’inizio il progetto non era affatto definito, non sapevamo nemmeno se sarebbe stato un libro oppure un film, e nel secondo caso se fosse durato dieci minuti oppure dieci ore… una totale indeterminazione, difficile da accettare per un produttore. Al montaggio poi ci lavorai giorno e notte per tredici mesi… era diventata per me un’ossessione; non c’era null’altro che questo film nella mia vita in quel periodo. Nell’ottobre 1997 - Richter era morto nell’Agosto di quell’anno - entrò il mio produttore in studio e mi disse: “Bruno, ora devi fare una produzione televisiva da 52 minuti”. La BBC (che doveva co-produrre il lavoro) ha rifiutato il tuo montaggio. Non volli. Avevo la convinzione di fare “il film su Richter” e non un film qualsiasi, un piccolo lavoro televisivo. Ma lui mi fece comprendere che se non avessi accettato, non solo il film non si sarebbe realizzato ma sarebbe stato un disastro anche per la casa produttrice, che sarebbe fallita. Ebbi dunque l’idea di inviare il lavoro alla Yamaha, azienda che forniva i pianoforti a Richter. Avevano addirittura aperto un ufficio per lui a Parigi, con tanto di due pianoforti a disposizione e un autista per tutta Europa. Così fu. Dopo cinque giorni la Yamaha rispose dicendoci che ci avrebbero elargito ben 200.000 dollari, cifra che ci mancava per terminare il progetto. Pretendevano in cambio solamente un ringraziamento scritto nei credits. Potemmo così terminare il film, che all’inizio rischiò di non uscire del tutto. Sono avventure incredibili… Lei ritrae musicisti attraverso documentari su di loro, oppure performance concertistiche. Due approcci decisamente diversi: nel documentario si raccontano aspetti che vanno al di là della musica. Invece, nel ritrarre una pura esecuzione, che cosa aggiun- ge e cosa toglie l’immagine? Non si rischia di sottrarre una parte di fantasia, d’immaginazione? Dipende dall’approccio della regia. Io non faccio delle trasmissioni, questo non mi interessa. Penso che la cinepresa abbia un’importanza maggiore quando dietro c’è l’idea di fare una messa in scena per la cinepresa, e che quest’ultima non sia un mezzo neutrale. Il tutto non deve apparire come una cosa artificiale. Dopo un montaggio, in genere molto complesso, il tutto deve sembrare come totalmente naturale; questa dev’essere l’impressione recepita dall’ascoltatore. Mi ricordo di aver realizzato un film su La morte e la Fanciulla di Franz Schubert con il Quartetto Alban Berg. Durante una conferenza dove illustravo il mio mondo creativo, chiesi agli ascoltatori quante fossero state, a loro avviso, le cineprese utilizzate. Chi rispose 10… chi 14… In realtà avevo utilizzato solamente una camera! Ciò significa che ogni piano è perfettamente controllato e concepito in modo indipendente. In questo modo, si può definire una relazione tra i musicisti, che è la cosa più importante della musica da camera. Questo scambio 25 24 dei volti, delle espressioni, questo senso di un musicista che suona e poi passa il suono all’altro… Il tutto è molto complesso. Il quartetto e la relativa sala da concerto devono essere a mia disposizione per due o tre settimane. L’approccio televisivo, che si vede dappertutto è comprensibile, giustificato, ma non è ciò che m’interessa. È giustificato perché è un modo di trasmettere contenuti musicali ad un gran numero di persone che, per varie ragioni, non possono frequentare le sale da concerto. Questo però non dovrebbe cancellare l’ambizione e lo sforzo di realizzare qualcosa di più espressivo, interessante e duraturo. Ci vuole raccontare ora qualcosa sul lavoro che sta intraprendendo qui a Lugano con Francesco Piemontesi? Come mai ha scelto questo artista e che genere di opera ha in mente? Non lo scelsi io ma fu lui a chiedermi di collaborare. Devo dire, prima di tutto, che Francesco è molto simpatico. Ci siamo conosciuti a Bolzano, durante il concorso Busoni dove entrambi eravamo membri DUETTO della giuria. Mi ha così sottoposto l’idea di svolgere un progetto attorno all’album svizzero, degli Années de Pèlerinage di Franz Liszt. L’idea non mi attirò poiché non nutro una simpatia naturale per questa musica. Pensavo che lui mi stesse sottoponendo quest’idea in modo un po’ astratto. Poi mi incontrai con Giovanni Conti della RSI e mi resi immediatamente conto che il progetto poteva essere un fatto concreto. Allora pensai ad un’idea che andava al di là della pura esecuzione delle pagine pianistiche. A Giovanni piacque e accettò. Iniziammo a lavorarci sopra e la mia prima impressione su questa musica gradualmente cambiò. È un’opera che ha bisogno di un grande interprete per essere difesa e sostenuta. Ci sono delle pagine che possiedono una bellezza assoluta e che non richiedono uno strumento o un interprete particolare, come la musica di Bach, ad esempio, che per me è la più bella musica che sia mai esistita. Addirittura lo ritengo uno dei maggiori fenomeni dell’umanità. La sua musica è bella anche alla sola visione della partitura. Certamente, se l’interprete è della levatura di Glenn Gould, allora avviene una cosa meravigliosa. Ma anche se l’interprete non è convincente, la musica conserva ugualmente la sua bellezza. Con Liszt invece fare questo discorso è quasi impossibile. Mi sono accorto che Francesco Piemontesi suona queste note non solo con una formidabile convinzione; c’è qualcosa di più. La sua immaginazione, il suo controllo, sono di un virtuosismo fenomenale. E con virtuosismo non intendo solo la velocità o l’aspetto puramente tecnico. Ha la capacità di avere una riserva di suono, ad esempio sui “fortissimo”, che lascia immaginare che abbia ancora qualcosa di più da dare, che non sia ancora arrivato al massimo. E quando ieri ha suonato Orage, il n. 5 della partitura, non era soltanto un fulmine ma era come un terremoto. Ma senza esibizionismo… aveva talmente assimilato questa musica che poteva eseguirla per tante volte di seguito senza problemi. Era come un vulcano ma con una dedizione totale verso il suo lavoro. Sono davvero lieto di lavorare a questo progetto. La Televisione svizzera mi ha dato la possibilità di fare un po’ di più di una semplice trasmissione. Posso operare con un’equipe formidabile in modo molto piacevole. Dopo questa incisione inizieremo un altro lavoro di mise-en-scène per la cinepresa. Spero dunque di fare qualcosa di superiore e questo aspetto è per me importante. Voglio farle un esempio: possiedo un violino di Stradivari e ho un altro violino bellissimo: un Vuillaume. Ho prestato lo Stradivari a quello che io ritengo il più grande violinista della nostra epoca, Valeriy Sokolov. Recentemente mi ha riportato per qualche giorno lo strumento a casa mia a Parigi. La tentazione di riprendermelo era insostenibile. “Se vuoi tenere lo Stradivari - gli dissi - non devi mai più lasciarmelo, nemmeno per un attimo”. La differenza tra i miei due violini è piccolissima…! È come la differenza di tempo nella prestazione di due campioni di sci, pochi centesimi di secondo… ma quegli istanti fanno una grande differenza. Forse ciò che aggiungo in più nei miei film rispetto allo standard è poca cosa, ma per me è molto importante. Immagini tratte da Youtube 27 26 4. 2017 Ma 4 Ve 7 ore 20.30 Sala Sopracenerina, Locarno Concerti delle Camelie Quatuor Mosaїques Wiener Klassik Erich Höbarth, Andrea Bischof, Anita Mitterer, Christophe Coin Musiche di Monn, Mozart e Haydn ore 20.00 Studio 2 RSI, Lugano Il concerto sarà introdotto da Giada Marsadri Showcase di Rete Uno Marco Zappa 50 anni di carriera Organizzazione turistica Lago Maggiore e Valli In diretta su Rete Uno rsi.ch/reteuno Gio 6 ore 20.30 Sala Teatro LAC, Lugano Concerti RSI - OSI al LAC Orchestra della Svizzera italiana Direttore Markus Poschner Solista Vadim Gluzman, violino Musiche di Prokof’ev e Mozart In diretta su Rete Due rsi.ch/concertirsi Ve 7 ore 21.00 Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano Tra jazz e nuove musiche Henri Texier Sky Dancers 6 Henri Texier, contrabbasso Sébastien Texier, sax alto, clarinetti François Corneloup, sax baritono Nguyen Le, chitarra Armel Dupas, piano e Fender Rhodes Louis Moutin, batteria In diretta su Rete Due rsi.ch/jazz Sa 8 ore 11.00 Teatro Sociale, Bellinzona Do 9 ore 11.00 Museo Vincenzo Vela, Ligornetto ore 17.00 Aula magna DFA - Supsi (ex Magistrale), Locarno Concerti Aperitivo con i musicisti dell’OSI e Atelier musicali per i bambini dai 4 ai 7 anni Serena Basandella, tromba Quartetto Energie Nove Hans Liviabella, violino Barbara Ciannamea, violino Ivan Vukčević, viola Felix Vogelsang, violoncello Musiche di Torelli e Mendelssohn Entrata libera e aperitivo offerto Prenotazione obbligatoria per gli atelier entro giovedì 6 aprile a [email protected] Con il contributo di CORSI Gio 13 ore 20.30 Teatro Sociale, Bellinzona Introduzione al Concerto Spirituale del Venerdì Santo con Giorgio Appolonia e Giuseppe Clericetti Entrata libera In diretta su Rete Due rsi.ch/retedue RENDEZ-VOUS Ve 14 Gio 20 Ve 28 ore 21.00 Studio 2 RSI, Lugano ore 18.00 Studio 2 RSI, Lugano Concerto Spirituale del Venerdì Santo Gioachino Rossini Stabat Mater per soli, coro e orchestra Orchestra della Svizzera italiana Coro della Radiotelevisione svizzera Direttore Antonello Manacorda Solisti: Carmela Remigio, soprano; Veronica Simeoni, mezzosoprano; René Barbera, tenore; Nicola Ulivieri, basso Showcase di Rete Tre Ermal Meta In diretta su Rete Tre rsi.ch/retetre Proiezione in anteprima del documentario 3 x 3, tre liutai per tre violini Regia di Roberta Pedrini e produzione di Giovanni Conti Ve 21 Ve 28 ore 20.30 Chiesa Collegiata, Bellinzona In diretta su Rete Due rsi.ch/retedue Informazioni e prevendita Bellinzona Turismo Sa 15 ore 17.00 Sala Teatro LAC, Lugano Concerto Spirituale del Sabato Santo Gioachino Rossini Stabat Mater per soli, coro e orchestra Orchestra della Svizzera italiana Coro della Radiotelevisione svizzera Direttore e solisti vedi venerdì 14 Informazioni e prevendita LAC Lugano ore 20.30 Sala Sopracenerina, Locarno Concerti delle Camelie Una serata con il Signor Wolfang Amadè Sergio Ciomei, fortepiano Musiche di Mozart, Haydn, Händel e Scarlatti Informazioni e prevendita Organizzazione turistica Lago Maggiore e Valli ore 20.30 Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano Orchestra della Svizzera italiana Direttore Nicholas Milton Solista Emmanuel Pahud, flauto Musiche di Mozart, Devienne, Čajkovskij In diretta su Rete Due e in videostreaming rsi.ch/concertirsi Gio 27 Ve 28 ore 18.00 Studio 2 RSI, Lugano Moby Dick Il Mondo dopo Trump Culture e ideologie a cento giorni dall’insediamento del presidente USA Registrazione della puntata aperta al pubblico Si consiglia la prenotazione scrivento una e-mail a [email protected] ore 21.00 Casa Cavalier Pellanda, Biasca Tra jazz e nuove musiche Shai Maestro Trio Shai Maestro, pianoforte Jorge Roeder, contrabbasso Ziv Ravitz, batteria Differita radiofonica su Rete Due domenica 30 rsi.ch/jazz Alla fine del dibattito sarà offerto un aperitivo 29 28 club Sig. Bovary & altri personaggi Alberto Manguel, traduzione di Elena Liverani e Daniele Crivellari, Pagine d’arte, 2016 Daniele Bernardi Manguel, argentino, cresciuto a Tel Aviv, naturalizzatosi poi canadese, conduce i lettori in una galleria che ospita figure del vasto continente della letteratura. Ma fra le pagine di Sig. Bovary e altri personaggi non si scorgono solo nomi celebri quali Faust e Don Giovanni. Infatti questa operazione squisitamente borgesiana vuole anche dare spazio a personalità secondarie, apparentemente meno affascinanti di altre eppure non per questo meno interessanti: ad esempio la regina Gertrude, madre di Amleto; oppure l’ordinario Monsieur Bovary. A monte del progetto c’è una convinzione: oggi, mentre “le nuove tecnologie ci propongono l’amicizia duratura di centinaia di migliaia di persone”, è sempre più forte la sensazione che non saranno questi rapporti virtuali ad accompagnare la nostra pura solitudine. Saint-Saëns, Mélodies avec orchestre Y. Beuron, tenore T. Christoyannis, baritono OSI, dir. Markus Poschner Alpha 273, durata 58’ Giuseppe Clericetti Compositore eclettico, spirito proteiforme, pianista, organista e grande intellettuale nel mondo francese tra Otto e Novecento, Saint-Saëns ci ha lasciato più di 140 mélodies per voce e pianoforte. La presente registrazione, organizzata dalla RSI in stretta collaborazione con il Palazzetto Bru Zane, Centre de musique romantique française, ed effettuata all’Auditorio Stelio Molo, ne presenta 19, ma con l'accompagnamento affidato all’orchestra: troneggiano le sei mélodies su testi dell'amatissimo Victor Hugo, con Le pas d'armes du roi Jean, composta a sedici anni da un Saint-Saëns già ben attrezzato (“sa tutto, ma manca d'inesperienza” è la battuta attribuita a Berlioz, invero pronunciata da Gounod). Il CD termina con la Danse macabre, che prelude al celebre poema sinfonico omonimo. Cahier africain di Heidi Specogna, documentario (Svizzera 2016) Marco Zucchi È il film che ha rappresentato il nostro paese nella selezione della Settimana della critica di Locarno 2016 (dove ha vinto lo Zonta Club Award). Anche i Premi del cinema svizzero di Ginevra hanno dato recentemente giusto rilievo all’importante lavoro della biennese Heidi Specogna. Un quadernetto scolastico - quello del titolo - con un contenuto drammatico e intenso: le testimonianze di trecento donne e ragazzine della Repubblica centrafricana. Riportano la memoria indietro di quindici anni, al 2002, per raccontare le angherie, i soprusi e le violenze subiti ad opera dei mercenari congolesi. C’era una guerra. Ora c’è un percorso da compiere, che prevede la necessità di andare avanti, senza però dimenticare di mettere i colpevoli di fronte ai loro misfatti. Nelle sale ticinesi dal 6 aprile. “Vivere lavorando giocando”. In visita alla mostra che il MASI dedica ad Alighiero Boetti e Salvo. Giovedì 13 aprile alle ore 18.30 il Club Rete Due invita i soci alla scoperta della nuova mostra che il MASI dedica ai due straordinari artisti italiani della seconda metà del Novecento. Alighiero Boetti (1940–1994) e Salvo (1947–2015) iniziarono la loro attività sul finire degli anni ’60 a Torino e la prima parte dell’esposizione si concentra sul dialogo tra i due artisti in una fase di intensissima frequentazione, al volgere degli anni ’70. Entrambi sensibili all’effervescenza di quegli anni, la affrontano e traducono in modo diverso: Boetti è orientato verso una precisa formulazione della sua stessa identità d’artista costruita in rapporto al tempo, dimensione che è per lui oggetto di sfida e confronto costante. Al contempo indaga l’“ordine e disordine” della realtà per dare forma a regole e criteri ordinatori che si traducono in parole e immagini. Per Salvo gli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70 corrispondono al momento dell’ironica auto-storicizzazione: l'affermazione della propria identità e l’assunzione del proprio Ego a soggetto di auto-celebrazione. Entrambi si interrogano dunque, pur con accezioni diverse, sulla rappresentazione di sé, come artisti e come individui. Sabato 2 settembre 2017 Al KKL per il Lucerne Festival Mariinsky Orchestra Direttore Valery Gergiev Behzod Abduraimov piano Sergey Redkin piano Daniil Trifonov piano Sergej Prokof’ev (1891–1953) I cinque Concerti per pianoforte e orchestra Programma alle ore 12.30 partenza dagli Studi Radio di Besso e alle ore 13.00 dalla stazione ferroviaria di ArbedoCastione. Lungo il tragitto un redattore musicale di Rete Due farà un’introduzione ai concerti. Arrivo a Lucerna, tempo a disposizione e cena libera. Alle 18.30 inizio del concerto al KKL. Al termine, rientro in Ticino. Prezzo la quota di partecipazione, che comprende la trasferta in pullman e il biglietto di I. categoria è di CHF 275.per i soci (295.- per i non soci), in III. categoria di CHF 165.- per i soci (185.- per i non soci) Iscrizioni Fosca Vezzoli T +41 91 803 56 60, [email protected] La seconda parte della mostra mette invece a fuoco gli sviluppi successivi della loro ricerca, condotta ormai in modo autonomo ma pur sempre su temi comuni quali l’identità, il doppio, il tempo, il viaggio. Entrambi forniscono un fondamentale contributo alla riflessione concettuale degli anni ’60 e ’70 del Novecento. Boetti e Salvo rimangono ancora oggi figure di riferimento per le nuove generazioni di artisti post concettuali del ventunesimo secolo. Durata 1h ca. (ritrovo 10 minuti prima all’entrata del LAC, Piazza Luini 6, Lugano). Prezzo ridotto CHF 10.00 Iscrizioni: T +41 91 803 56 60 o [email protected] NOTA BENE 31 30 retedue.rsi.ch SATELLITE Satellite Hotbird 3 Posizione 13° Est Frequenza 12.398 GHz DAB Club Rete Due casella postale 6903 Lugano T +41 (0)91 803 56 60 F +41 (0)91 803 90 85 Produttrice Rete Due Sandra Sain E-mail [email protected] Redazione Cult Fosca Vezzoli Internet rsi.ch/rete-due Art Director RSI Gianni Bardelli Progetto grafico Ackermann Dal Ben Fotolito Prestampa Taiana Stampa Duplicazione RSI © RSI tutti i diritti riservati Immagini: 5 iStockphoto 6 commons.wikimedia.org, osservatoriosocialtv.it 7 goodereader.com, blog.bookstellyouwhy.com 9 migros.ch 15 savin-it.com 16 Courtesy Craigie Horsfield e Large Glass, Londra 16-17 wikiart.org 19 iicchicago.esteri.it, aipy.it 21 grandtour.myswitzerland.com K12 Ccp 69-235-4 Frequenze di Rete Due Fm Bellinzonese 93.5 Biasca e Riviera 90.0 97.9 93.5 Blenio 90.0 Calanca 90.2 Leventina 90.0 93.6 96.0 Locarnese 97.8 93.5 92.9 Luganese 91.5 94.0 91.0 Bregaglia 97.9 99.6 96.1 Malcantone 97.6 91.5 Mendrisiotto 98.8 Mesolcina 90.9 91.8 92.6 Maggia-Onsernone 97.8 93.9 91.6 Val Poschiavo 94.5 100.9 Verzasca 92.3 92.7 Galleria Mappo-Morettina 93.5 Rivera-Taverne 97.3 92.8 INTERNET 17 n.3