796
DI!]
39. Oncogèni: espressione genica e tumori
Tabella 39.5 Le oncoproteine si differenziano per dimensioni e localizzazione. Proteina v-onc
Proteina c-onc
Gene
src
ab!
erbB
neu
fps
fm s
loca[izzazione
componenti
localizzazione
membrane
nucleo
membran a plasmatica
membrana plasmatica
solubile
membrana plasmatica
src
gag-abl
P68-erbB
gag-fps
fms
membrane plasmatica e nucleare
citoplasma
membrana plasmatica e Golgi
so lubile e membrane
membrana plasmatica
?
env-mos
ras
citoplasma
membrane
myc
gag-myc
myb
gag-fos
nucleo
nucleo
nucleo
nucleo
mos
ras
membrane
myc
nucleo
nucleo'
myb
fos
?
nucleo
-
[a prima volta con l'RSV. Mutazioni tempe ratura-sensibili
in l'-s rc pe rmettono di revertire il fenotipo trasformato
aumHl1tando la temperatul'iI e di attenerlo nuovamente
diminu endola. Ciò mostra chiaram ent e che il gene v-sre
è necessario sia per iniziare, sia p er mantenere lo stato
trasform ato .
Src è un caso eccezionale, in cui la proteina virale è
sintetizzata in modo indipedente e, pertanto, assomiglia
a quella cellulare. Per l'oncogenicità sono n ecessa rie spe­
cifiche modifica zioni della sequenza. Così v-src è oncoge­
no a ba ssi livelli di proteina, mentre c-sr e non lo è nean­
che ad alti livelli (più di lO volte ri spetto al normale).
Alcuni oncogèni possono essere sca r sa mente oncoge­
nici quando il e-one è espresso il livelli maggiori, ma mo­
dificazioni di sequenza, come quelle trovate ne i v-one o
quelle che avvengono spontaneamente n ei e-one, possono
attivare il gene in modo molto più efficiente; è questo il
caso dei geni ra s e, fo rs e, I11OS.
In altri casi, soprattutto e-l71ye, le modificazioni della
struttura della proteina non sembrano esser e essenziali
per l'oncoge nicità , ma l'iper-espressione o l'alte razione
della regolazione possono essere responsabili dell'oncoge­
nicità.
I proto-oncogèni ras possono essere
attivati per mutazione
6D
Gli oncogèni sono responsabili di eventi di trasfor­
mazione che non comportano l'infezione virale? È possi­
bile determinarlo direttamente trasfettando cellule rice-
Cellule
tu morali
Isolamento
del DNA
~
~VA"\OWÌ\VAYìW\VAVAVA""I[i'::,
I
Trasferi mento
del DN A
in cellule
normali
I
I
I
'--------.
+I trasfor"
Isolar:-?"
del c ;c~
~
Isolamento del D
ottenuto dal .;Ion
trasformati
Figura 39.6 Gli esperimenti di trasfezione permettono di isolare alct.,­
oncogèni va lutando la capacità del DNA delle cellue tumorali di tra5'
mare le cellule normali e di renderle tumori geniche.
liDI 39. On cogèni:
e<pre5S/OlIe l'-~
Tabella 39.6 Parecchi on~ogèni possono essere individuati grazie alla loro capacità di trasiormare .
fibroblasti 3T3 in un esperimento di trasfezione.
c-onc
v-onc
Modificazione nel c-onc
H-ra s
K-ras
N-ras
neu
mos
met
KS
H-ras
K-ras
nessuna
nessuna
mos
nessuna
nessuna
mutazione punti forme
mutazione puntiforme
mutazione puntiforme
mutazione puntiforme
riarrangi amento
riarrangiamento
riarrangiamento
Tipo di tumore contenente l'oncogène
] "cl tomocl cm"l, "di "
"be'"
397
neuroblastonla del ratto
plasmocitoma murino
osteosarcoma umano
sarcoma di Kaposi
venti «normali » con DNA ottenuto da tumori animali (la
linea solitamente usata come ricevente è la linea di fibro­
blasti murini NIH 3T3). La procedura è illustrata schema­
ticamente nella figura 39.6. Se uno specifico gene con­
tribuisce allo stato trasformato, la sua introduzione in
una nuova cellula può determinarne la trasformazione.
Quando una cellula 3T3 (o un'altra cellula normale) è
trasformata, la sua discendenza crescerà sotto forma di
focus. La comparsa di foci è usata come misura del po­
tenziale trasformante di una preparazione di DNA. Se si
parte da una preparazione di DNA isolato da cellule tu­
morali, l'efficienza di formazione di foci è bassa . Comun­
que, una volta che il gene trasformante è stato isolato e
clonato, è possibile ottenere un'efficienza decisamente
maggiore. Infatti , la «forza» trasformante di un gene può
essere caratterizzata dall'efficienza di formazione di foci
della sequenza clonata. Un gene con alto potere trasfor­
mante può avere un'efficienza superiore ai 100 foci/ng di
DI\'A/10 6 cellule, mentre l'efficienza di un gene debol­
mente trasformante può essere inferiore ai 10 foci.
Il DNA con attività trasformante pllÒ essere isolato solo
da cellule tumoralii non è presellte nel D,VA normale. '\ella
tabella 39.6 sono riassunte le proprietil trasforman ti di
alcuni geni che sono stati isolati in questo modo.
l geni trasformanti presentano due importanti pro­
prietà:
do di diventare oncogèni virali. Parecchi esempi della
tabella presentano una controparte dire tta nei geni
l'-onc.
Gli oncogèni derivati dalla famiglia del c-ras sono sta ti
spesso identificati in saggi di trasfezione . La famiglia è
formata da tre geni attivi sia nell'uomo, sia nel topo, di­
spersi nel genoma (sono stati identificati anche alcuni
pseudogenil. Le strutture dei singoli geni sono stretta­
mente correlate, come è illustrato nella figura 39.7. l
geni N e H presentano strutture simili; il gene K prese nta
un esone addizionale che crea il potenziale per generare
proteine sovrapposte, per sp'licing alternativo. I prodotti
proteici sono tutti strellamente correla ti , d el peso di
21000 dalton, e sono definiti p21 l'a'. Le proteine Ra:. "o­
no per lo più conservale, ma vi sono alcune re!:l:ioni \a ·
riabili.
Anche se si tralla di membri della "le""n famidia i
geni c-ras H. K e :\ hanno iI\ ltlO une\ oluzione imtipen·
K-ras
I
N·ras e H-ras
• Presentano sequenze strettamente correlate nel DNA del­
le cellule normali. Ciò fa ipotizzare che la trasformazio­
LJ
Ikb ne sia causata da mutazione di un gene cellulare nor­
O
male (un proto-oncogène) che dà origine ad un oncogè­
ne. La modificazione può realizzarsi sotto forma di mu­
1-120
I
tazione puntiforme o di più estesa riorganizzazio ne del
93%
DNA attorno al c-onc, come riassunto nella tabella .
Iil
I
IVa
III
IVb
Il I I
III IV il
189 Aminoacid i I
Conservazione
1 1129-166 1
30% 93% < 10% della seque nza
Figura 39.7 La famiglia dei geni ras umani com prende tre membri con
• Possono presentare una controparte negli oncogèni tra ­
struttura
molto simile. N-ra s e H-ra, presenta no 5 esani. Il primo eso ne
sdotti da virus trasformanti. Ciò suggerisce che lo spet­
non è codificante; gli esani l-IV cod ificano la proteina. K-ras è molto più
tro dei proto-oncogèni è limitato e che, probabilmente,
gra nde e prese nta un esone in più (lVbl, alternativo. anch'esso codifi­
gli stessi geni sono bersaglio di mutazioni in grado di
cante. Le tre proteine Ras divergono solo in regi oni re lati vamen te
generare oncogèni nel genoma cellulare o sono in gra­
piccole.
/Cd
-
~ E'ni ra5
Ptolo-oncogène
c-ras (I-i,K,N)
H-ras
K-ras
N-ras
e IUmori
comprende oncogèni attivati in tumori umani e trasdotti in retrovirus
Derivazione del lumore
Aminoacidi In
Gly
Ala
+
+
+
+
+
+
+
+
Val
Cys
Arg
Val
+
+
sequenza normale
carcinoma del polmone Hs242
carcinoma della vescica T24
carcinoma del polmone Calu-1
carcinoma del polmone LC-10
carcinoma del colon SW480
neu roblastoma SK-N-SH
carcinoma del polmone SW 1271
Gin
Leu
+
+
+
+
Lys
Arg
virus del sarcoma murino
H-ras
K-ras
Arg
Ser
Thr
Thr
ceppo di Harvey
ceppo di Ki rsten
+
+
Un + indica che l'aminoacido presente è lo stesso del
c-ras
non attivato.
dente. I geni H e K presentano una controparte virale,
essendo stati trasdotti rispettivamente dai ceppi di Har­
vey e della Kirstein del virus del sarcoma murino (vedi
tabella 39.2). Ogni gene v-ras è molto simile al corrispon­
dente gene c-ras, con sole 3 o 7 sostituzioni aminoacidi­
che, rispettivamente (vedi tabella 39.3). I ceppi virali di
Harvey e della Kirstein devono avere avuto origine in
modo indipendente) nel corso di eventi durante i quali
un virus progenitore ha acquisito sequenze c-raso
Varianti oncogeniche dei geni c-ras sono state ottenu­
te da preparazioni di DNA derivate da diverse linee cellu­
lari tumorali. Ciascuno dei proto-oncogèni c-ras può dare
origine a oncogèni trasformanti in seguito ad una singola
mutazione puntiforme. In parecchi tumori umani indipen­
denti, la mutazione causa la sostituzione di un singolo ami­
noacido, in posizione 12 o 61, in una delle proteine raso Le
mutazioni sono riassunte nella tabella 39.7.
La tabella confronta anche gli aminoacidi presenti alle
posizioni corrispondenti dei geni v-H-ras e v-K-ras del
.\!JuSV, un retro virus trasformante murino. In molti tumo­
ri di ratto contenenti c-ras mutati, le mutazioni sono state
rinvenute nelle stesse posizioni alterate nei retrovirus. Ciò
suggerisce che la normale proteina c-ras presenti, sia nel
r atto, che nell'uomo (e forse anche in altri mammiferi)
u n alto rischio potenziale di essere convertita in una for­
ma tumorigenica da una mutazione puntiforme in uno di
pochi codoni particolari.
Quale è la relazione tra le modificazioni di sequenza
g.li oncogèni c-ras identificati mediante trasfezione e gli
coJ!"èni )"-ras trasdotti dai retrovirus trasformanti? Le
posizioni che sono modificate nei geni v-ras del
oomp r endono due siti comuni (12 e 59). La posizio­
ne 12 è mutata anche nei tumori umani. Questo
plausibile l'ipotesi che questa posizione svolga un
critico nel potenziale trasformante dei geni v-raso
La forma «tumorigenica» di c-ras è definita come
per la sua capacità di trasformare le cellule in cui \
trasfettata. Il fatto che molte linee cellulari diverse,
vate da tumori umani o di roditori, presentino geni e­
mutati) fornisce un'importante correlazione tra la
senza di un oncogène attivo e l'esistenza di un tum­
Ma ciò non prova che l'oncogène mutato sia l'agentE'
sale; la sua funzione può essere una delle molte che ~
vono essere attivate per la formazione o la progre ssi
tumorale.
Una migliore relazione di causa-effetto è stata fOl"l"L
da un caso in cui il DNA di un carcinoma polmonare p
sentava un gene c-ras mutato) mentre il tessuto norl1ld
dello stesso paziente presentava il c-ras normale. La Il
tazione del c-raSi pertanto) deve avere avuto luogo n
tessuto tumorale del paziente ed è quasi sicuramenle t.;
relazione con la comparsa del tumore.
Il principio generale stabilito da questi lavori è cl
una sostituzione aminoacidica può trasformare un prolo­
oncogène· cellulare in un oncogène. Un tale oncogène p
essere associato con la comparsa di un tumore spontan eo
nell'organismo. È anche possibile che venga trasdotto da
un retrovirus; in tal caso il tumore può essere indotto
dall'infezione virale.
Il ruolo dei geni ras nell'oncogenesi è stato finemenle
studiato. Quasi ogni mutazione in posizione 12 o 61 pu ò
trasformare un proto-oncogène ras in un oncogène attivo.
Tutti e tre i geni c-ras presentano una glicina in posizione
12. Se questa viene sostituita in vitro da uno qualsia si
---- ~ .
-
DD mi
degli altri 19 aminoacidi, eccetto la prolina, il gene c-ras
mutato può trasformare le cellule in coltura. La partico­
lare sostituzione influenza la forza della capacità tra­
sformante.
Nei geni c-ras normali, la posizione 61 è occupata dal­
Ia glutammina. La sua sostituzione con un altro aminoaci­
do crea solitamente un gene con capacità trasformante.
Alcune sostituzioni sono meno efficaci di altre; la prolina
e l'acido glutammico sono i soli sostituenti privi di
effetto.
Quando si verifica un'aumentata espressione di un c­
ras normale, o perché questo è sotto il controllo di un
promotore più attivo o perché si introducono copie mul­
tiple del gene nelle cellule trasfettate, le cellule riceventi
possono andare incontro a trasformazione. Alcuni c-ras
che presentano mutazioni all'interno della proteina, pre­
sel1tano anche mutazioni in un introne che aumentano il
livello di espressione (aumentando di circa lO volte l'effi­
cienza di maturazione dell'mRNA). Inoltre, alcune linee
tumorali presentano geni ras amplificati (vedi tabella
39.8). Un aumento di 20 volte del livello della proteina
ras non trasformante può essere sufficiente, in alcune
cellule, per determinare la trasformazione. L'effetto non
è stato accuratamente quantificato, ma suggerisce che
l'oncogenesi dipenda da un'iperattività della proteina ras,
imputabile ad un aumento della quantità di proteina o
(forse in modo più efficiente) ad una serie di mutazioni
che aumentano l'attività della proteina.
La trasfezione del DNA può essere usata solo per tra­
sformare certi tipi cellulari. Anche se oncogèni trasfor­
manti sono stati isolati sia da cellule di roditori, che da
cellule umane, la maggior parte dei bersagli della trasfor­
mazione in seguito a trasfezione è rappresentata da col­
ture di fibroblasti di roditori. Infatti, la differenza di spe­
cie tra la fonte dell'oncogène (umano) e la cellula riceven­
te (roditore) è un importante fattore per distinguere in
modo inequivocabile il gene trasfettato dal DNA dell'ospi­
te. Le limitazioni di questa tecnica possono rendere ra­
gione del numero relativamente piccolo di oncogèni iden­
tificabili per trasfezione. Questo sistema è stato molto ef­
ficace nel caso dei geni ras) in cui si osserva un buona
correlazione tra mutazioni che attivano i geni c-ras in
trasfezione e l'insorgenza di tumori.
39. Oncogeni. espressione
="
trasformazione di linfociti B ad opera del \ ir-u,.
cosi aviaria. Eventi simili si realizzano nell 'in duzio
linfomi delle cellule T da parte del virus della leucemi,
murina. In entrambi i casi, il potenziale trasformante del
retrovirus sembra risiedere nelle LTR piuttosto che nelle
sequenze codificanti.
In molti tumori indipendenti) il virus si è integrato nel
genoma cellulare all'interno o vicino al gene c-myc. Il ge­
ne è formato da tre esoni; il primo rappresenta una lun­
ga sequenza non tradotta, mentre gli altri due codificano
la proteina c-myc. La figura 39.8 riassume i tipi di in­
serzione in questo locus .
Le inserzioni più semplici da spiegare sono quelle che
si realizzano all'interno del primo introne. L'L TR fornisce
un promotore ed i due esoni codificanti del gene sono
espressi come parte di un RNA iniziato dall'LTR virale.
La trascrizione di c-myc sotto questo controllo differisce
per due motivi: il livello di espressione è aumentato (poi·
ché l'L TR fornisce un promotore efficiente): il tra scritto
perde la sua sequenza non tradOLta .
L'alt.Ì\azione di c-m.l' c in segu ito ad altri due tipi di in ­
serzioni n on può essere "piegata mediante la lettura tra ­
mite il promoto re \ ir ale. I.l genoma re trO\irale può esse·
re inserito all 'interno o a monte del pri mo in tr one, ma
con orientamento opposto, in modo tale che il p rom otore
sia diretto nella direzione sbagliata Probabilmen te n:rR
rappresenta un «enhancer» che agisce su sequenze a
monte che, per caso, assomigliano ad un promotore . Il
genoma retrovirale può anche essere inserito a valle del
c-myc El
-
El
E2
E3 E2
LTR
LTR
nm
mlX
Trascritto retrovirale
fimi
•
•
E3
Trascritto
di fusione
KIill
?
TraSCritto retrovirale
Inserzioni, traslocazioni o amplificazioni
possono attivare i proto-oncogèni
: Promotore
I
..
"' _/
Enhancer?
lill:Dl
[ID]
6D
Alcuni proto-oncogèni sono attivati da eventi che
modificano la loro espressione ma che lasciano inalterate
le sequenze codificanti. Quello meglio caratterizzato è c­
myc, la cui espressione può essere aumentata a causa di
parecchi meccanismi.
La capacità di un retrovirus di trasformare anche in
mancanza di una sequenza v-onc fu osservata per la pri­
ma volta durante l'analisi di linfomi bursali causati dalla
~..
..I
t
:I
Trascri tto retrovirale
•
I
'--------------/
Enhancer? Figura 39.8 Le inserzioni dell'ALV nel locus c-myc attivano il gene e
danno origine a cellule tumorali.
_ ~.i/Cd e tumori
---.
~
onc e Ig sono V'CIn'
ag li estremi della
Iraslocaz.one
-.l
Figura 39.9 Una traslocazione cromosomica è un evento reciproco che
com porta lo scambio di parti ira due cromosomi. Quando un gene onc
\ie ne traslocato da un cromosoma al locus delle Ig può diventare attivo.
gene c-myc; in questo caso la trascrizione può iniziare al
normale promotore di c·myc, ma può essere aumentata
dall'enhancer retrovirale Ll'l{.
Altri oncogèni che sono attivati in tumori dall'inser·
zione di un genoma retrovirale sono c-erbE, c·myb, c·
musi c-H·ras e c·raf. Altri 10 geni cellulari (non preceden·
temente identificati come oncogèni per la loro presenza
in retrovirus) sono considerati potenziali oncogèni, se­
condo questo criterio. l geni meglio caratterizzati di que·
sta ultima classe sono int 1 e int2.
Un altro meccanismo responsabile dell'attivazione di
oncogèni è la traslocazione ad un nuovo ambiente. Certe
traslocazioni cromosomiche sono costantemente associa·
te con l'attivazione di oncogèni situati in prossimità dei
punti di rottura coinvolti nell'evento di ricombinazione.
Questa situazione fu originariamente scoperta grazie alla
connessione tra i loci delle immunoglobuline e la campar·
sa di alcuni tumori. l'raslocazioni cromosomiche specifi­
che sono spesso associate con i plasmocitomi murini e
con il [infama di Burkitt umano. Questi tumori originano
ela linfa citi B aberranti. La caratteristica comune in en­
trambe le specie è che un oncogène su un cromosoma
\"iene portato in prossimità di un locus delle Ig su un al­
tro cromosoma (i cromosomi che contengono i loci delle
Ig sono riassunti nella tabella 3G.1). La natura dell'evento
eli traslocazione è illustrata nella figura 39.9.
Nel topo, la maggior parte delle traslocazioni cromo­
somiche comportano la fusione di parte del cromosoma
15 con regioni del cromosoma 12 contenenti il locus IgH;
alcune coinvolgono la stessa parte del cromosoma 15 e
~a.rt e del cromosoma 6, che contiene il !ocus IgK.
'\ell'uomo, le traslocazioni coinvolgono solitamente il
mosoma 8 ed il cromosoma 14, che contiene il locus
I!!H nel 10% dei casi sono coinvolti il cromosoma 8 e il
m050 ma 2 (locus K) o il cromosoma 22 (locus Ì\).
nell'uomo, sia ilei topo, è interessato lo stesso on­
-my c. posto sul cromosoma 15 nel topo e sull'8
Quando c-mvc viene traslocato al locus Ig, vie­
ne attivalo. La sua attivazione è UIlO degli eventi a.'; ­
con la conversione della cellula in uno stato t
genico.
La causa di base dell'evento di traslocazione p u '
dere in un cattivo funzionamento del meccanisrn
sponsabile della ricombinazione dei geni del sist err
munitario. La specificità della traslocazione dipen
tipo cellulare, come indicato nella fig u l'a 3 9.10
La generazione di geni attivi delle 19 o del Tc R
porta probabilmente il riconoscimento di sequen ze
senso simili, ad opera della stessa recombinasi; n el!
lule B l'enzima agisce sui loci delle Ig mentre nelle
T agisce sui loci del l'cR (vedi capitolo 36). Così.
nelle cellule B c-myc può andare incontro ad una li
binazione aberrante con uno dei loci Ig, nelle celh..
gli eventi aberranti traslocano c-myc in prossimit à
locus l'cR. Tali riarrangiamenti sono rinvenibih in
mi e leucemie a cellule T. Questi errori del sistem rt
volto nella riorganizzazione genica causano, perciò
mi a cellule B in seguito alla traslocazione c-myc-Ig e
cemie e !infami a cellule T in seguito alla traslo caL
c-myc-TcR. L'attivazione di c-myc è l'evento comune
qualche motivo, attualmente ignoto, gli enzimi di ri
binazione possono agire su siti in prossimità del ger
myc, posto su un diverso cromosoma, e su siti circo::.
i loci Ig o TcR.
Le traslocazioni al locus IgH sono le più comuni n
cellule B. Esse sono di due tipi. Un tipo è simile a qu
osservato in altri loci Ig e TcR e coinvolge le sequen ze
consenso usate per la ricombinazione somatica V-D-]
geni Ig. Nell'altro tipo, la traslocazione si realizza in
sito di «switching»; questi casi possono essere asso
con la funzione del sistema che sposta l'espressio ne
un gene CH all'allro. Le caratteristiche di tali traslocaz
ni sono riassunte nella figura 39 .11. Nel locus IgH la
combinazione avviene molto spesso all'interno della
gione di switch per il gene Ca) nel topo, e per il gen e C
nell'uomo. L'evento di ricombinazione interessa solil
mente la regione che circonda il primo esone, non coclii ­
cante, del gene c-myc.
m.J Perché la traslocazione attiva il gene c-myc? L' c\-e
to di traslocazione non coinvolge siti definiti, ma int e re~
sa punti diversi all'interno di una regione generale su ciu
scun cromosoma che va incontro alla ricombinazione
L'evento ha due conseguenze: c-myc viene trasportato i[1
una nuova regione in cui i geni Ig o TcR sono attivamen ­
te espressi; la struttura dello stesso c-myc può andare in ­
contro a cambiamenti. Sembra probabile che meccanism i
diversi possano attivare il gene c-myc in questa nuO\ a
sede.
Una caratteristica comune di tutte le traslocazioni è
un aumento del livello di espressione di c-myc. L'aumento
varia considerevolmente tra i singoli tumori ed è general­
mente nell'ordine di 2-10 volte. La causa della maggiore
espressione non è nota.
La correlazione tra il fenotipo tumorigenico e l'attiva­
DD
zione eli c-myc per inserzione o traslocazione suggerisce
che l'espressione eli grandi quantità di proteina c-myc
possa essere oncogenica. Il potenziale oncogenico di c­
myc è stato dimostrato direttamente dalla creazione di
topi transgenici contenenti un c-myc normale sotto il con­
trollo di un enhancer. Questi esperimenti dimostrano ul­
teriormente che il potenziale oncogenico non è ristretto
alle cellule linfoieli) in cui c-myc è più spesso attivato.
Topi transgenici contenenti un gene c-myc associato
ad un enhancer specifico dei linfociti B (l'enhancer IgH)
sviluppano linfomi. I tumori rappresentano linfociti B
maturi e immaturi; ciò suggerisce che nperespressione
di c-myc è tumorigenica a tutti i livelli della linea B. I topi
transgenici che presentano un gene c-myc sotto il con­
trollo delFLTR del virus del tumore mammario murino)
invece, sviluppano vari tipi di tumore tra cui carcinomi
Cromosoma 12 (topo)
Direzione della trascr izione El I
I
Traslocazlone
lI ____________
_----­ ____ - /
~
Trascritto
Cromosoma 14
Cromosoma 14
~
===­
mRI\lA giuntalo
Figura 39.11 Alcune traslocazioni che attivano il gene c-myc avven go­
no tra le regioni Sa del locus Ig ed il primo esone di c-myc. Gli esoni sono indicati con fondini colorati, gli introni come zone vuote. ,
,
Cellule T
Cellule B
8
8
c- myc
c-myc
IgH
TcR ex
14
14
Figura 39.10 Le traslocazioni che attivano il proto-oncogène umano
c-myc possono interessare il locus delle Ig nelle cellule B e quello del
TcR nelle cellule T.
mammari. Ciò suggerisce che l'aumentata espressione di
c-myc possa trasformare nel tumore corrispondente il ti­
po cellulare in cui si realizza. La specificità del tipo tumo­
rale può perciò elipendere dal meccanismo usato per atti­
vare c-myc; non è una proprietà intrinseca del gene.
Un altro caso in cui una traslocazione attiva un onco·
gène è fornito dal cromosoma Philade!phia (PH 1 ) presen­
te nella leucemiamieloide cronica (LMC). Questa traslo­
cazione reciproca è troppo piccola per essere visibìle con
il cariotipo, ma congiunge una regione di 5000 kb all'e­
stremità del cromosoma 9) contenente il gene c-ab!, con
la regione bcr del cromosoma 22. Il bcr (breakpoint clu·
ster regionl è definito come una regione ristretta di ;) .8
kb all'interno della quale si realizzano rotture sul cro mo ­
soma 22.
Le conseguenze di questa traslocazione sono riassun­
te nella figura 39.12. Anche se la frattura su entramb;
i cromosomi 9 e 22 varia nei singoli casi) il risultato co·
mlme è la produzione di un trascritto codificant e un
proteina di fusione bcr-ab!, in cui le sequenze l\ -ternuNli
derivate dal ber sono unite alle sequenze e-ab!.
Il punto di rottura sul cromosoma 9 è solita men1t>
di 15 kb a monte del locus c-ab! che viene lJE'rcìò
to intatto daUa traslocazione. L'unità Il·<L--c.. ~ tlb2a."
estende dal bcr attraverso il punto di 1'01
c-ab! traslocato. Le differenze dei p UI~L
singoli campioni comportano imp ortar'
802
39. Oncogèni: espressione genica e tumori
Figura 39.12 La leucem ia m icloide
cron ica è associata a traslocazioni tra
il crom osoma 22 ed il cromo soma 9
che generano il cromosoma Filadel­
fia, dando origi ne ad un trascritto di
fusione ba-abl
Cromosoma 9
Cromosoma 22
•
ocr
c=========-_
_ _ _ _ _ _ J,
Trascrizione
C ______,/
mRNA {
prodotti
-+ 4,5kb
----+-
6kb }
--1IiI. 7kb
• 6,7kb
I
I
I
. _________ _ )I
Traslocazlone
\-------------~----Iom"om'
F",de'li'
~
Trascrizione
----- --~-v-v-v
~
Splicing
mRNA 8kb_ _Elii2iO=
~ Traduzione
N-'1rn1l1l' utJOOOOOOO ~(' ocr
:-a: 70 000 1·10.~'(11 · dalton mensioni del trascritto primario. L'RNA risultante unisce
la parte 5' del trascritto ber al gene ab!. Lo splicing del
trascritto di fusione unisce un esone della regione ber al
secondo esone del gene e·ab!; il primo esone del c-ab! vie­
ne eliminato. La proteina risultante contiene sequenze
ber unit e alla maggior parte della sequenza codificante
del c-ab!.
La proteina di fusione di 210 000 dalton contiene cir­
ca 140 000 dalton della normale proteina di e-ab! (che è
di 145 000 dalLonl e circa 70 000 dalton dell 'ignota protei­
na codificata dal ber. Perché questo prodollo è oncogeni­
co? Forse la fusione (o la pe rdita delle sequenze N­
terminali) muta la conformazione delle restanti sequenze
di c-ab! ed attiva un potenziale oncogeno latente. L'onco·
ge nicità del v-ab! trasdotto dal virus della leucemia di
Abelson dipende, in modo analogo, dalla sostituzione del­
l'estremo N-terminale.
Un altro meccanismo responsabile dell'a umentata
espressione di un oncogè ne è l'amplificazione genica.
ìvlolte Iin e (-l cellulari tumorali presentano regioni visibili
di amplificazione cromosomica, quali le «regioni con colo­
razione omogenea» (vedi figura 35.4) o i cromosomi «dou­
bip minutp» (vedi figura 35.5). In qualche caso, la regione
amplificata conti ene oncogèni noti o sequenze corrE'
In altri casi, l'uso di batterie di sonde che rico nos
oncogèni mostra che un certo oncogè ne è ampli fic
anche se l'amplificazione non è necessariamente \ isil
La tabella 39.8 riassume alcuni esempi.
Si noti che nella maggior parte dei casi si tratta d.
nee cellulari derivate da tumori e non tumori primari.
livello di amplificazione è abbastanza variabile. In nc s,
no di questi casi è noto se il gene amplificato sia norrni4
o se abbia acquisito delle modificazioni oltre l'amp lifi­
cazione.
Le linee stabilizzate tendono ad amplificare i geni r
una delle tante modificazioni cariotipiche a cui vanno in·
contro). Ciò nonostante, la presenza di oncogèni noti n el·
le regioni amplificate e la frequen te amplificazione di
particolari oncogèni in molti tumori indipe ndenti dello
stesso tipo rinforzano la correlazione tra l'aumentata
espressione e la crescita tumorale. È naturalmente possi­
bile che l'amplificazione genica fornisca un vantaggio di
crescita al tumore stabilizzato e che non sia necessa ria­
mente un evento iniziatore.
Grazie alla loro presenza nel DNA am plificato sono
stati identificati due nuovi oncogèni della famiglia di
BOE
39. On cogéni: espre c ;
Tabella 39.8
Gli oncogèni sono amplificati in alcuni tumori.
Oncogène
Amplificazione
c-myc
c-myc
N-myc
L-myc
-20x
5-' Ox
5-' 000 x
, 0-20 x
c-abl
-5x
Derivazione del tumore
leucemia e carcinoma polmonare umani
linfoma bursale aviario
neuroblastoma e retinoblastoma umani
microcitoma polmonare umano
linea di leucemia mieloide cronica umana
I
c-myb
5-' Ox
linea di leucemia mieloide acuta e di carcinoma del
colon umano
c-erbB
-30x
linea di carcinoma epidermoide umano
c-K-ras
c-Kras
4-20x
30-60 x
linea di carcinoma del colon umano
linea di carcinoma surrenale del topo
c-myc. I geni cellulari N-myc e L-myc presentano sequen­
ze codificanti correlate a parte del secondo esone di
c-myc. L'omologia è ristretta a regioni piuttosto brevi, co­
sÌ i tre geni possono codificare proteine con qualche fun­
zione comune (per esempio, la capacità di legare un par­
ticolare legante); non sembra necessario che i geni pre­
sentino estese omologie.
c-myc può essere attivato in tre modi: inserzione re­
trovirale, traslocazione cromosomica e amplificazione ge­
nica. Il comune denominatore è l'aumentata espressione
dell'oncogène piuttosto che una modificazione qualitati­
va, anche se in alcuni casi il trascritto perde la sua se­
quenz a leader, non tradotta ma con probabile funzione
regolatoria. c-myc rappresenta il paradigma degli oncogè­
ni che possono essere efficacemente attivati per aumen­
tata (o alterata) espressione.
Gli anti-oncogèni possono sopprimere la
lormazione di tumori
6D
11 ruolo comune degli oncogèni nella tumorigenesi
è dovuto al fatto che l'a umentata o alterata attività del
prodotto genico è oncog enica. Sia nel caso che l'oncogène
venga introdotto da un virus , sia che origini da una mu­
tazione genomica, è comunque dominantp rispetto al suo
allele (proto-oncogène). Una mutazione che attivi un sin­
golo allele è tumorigenica. L'oncogenesi, in questo caso,
risulta dall 'acquisizione di una funzione.
Certi tumori sono causati da un meccanismo diver­
so: la tumorigenesi deriva dalla perdita di entrambi gli
all'eli in un locus. La propensione a formare tali tumori
può essere ereditala per ,·ia germinale; può anche veri­
ficarsi come risultato di una mutazione somatica. In
questo caso, la tumorigenesi deriva dalla perdita di una
funzione.
Il retinoblastoma è un tumore infantile che si svilup­
pa a carico della retina. Si realizza sia in forma ereditabi­
le, sia sporadicamente (per mutazione somatical. È spesso
associato con delezioni della banda q14 del cromosoma
13 umano. Il gene RE è stato localizzato in questa regione
mediante tecniche di clonaggio molecola re.
La figura 39 .13 illustra la situazione. 11 retinoblasto­
ma origina quando vengono inattivate entrambe le copie
del gene RB. Nella forma ereditaria della ll1alatLia , uno
dei cromosomi parentali presenta un 'alterazione in que­
sta regione, solitamente una delezione. Un evento somati­
co nelle cellule retiniche, che causa la perdita dell'altra
copia del gene RB, origina il tumore. NeJJa forma sporadi­
ca della malattia i cromosomi parentali sono normali ed
entrambi gli alleli sono persi in seguito a mutazione so­
matica.
Quasi la met~l dei casi di reLinohlastoma mostrano de­
lezioni al locus RB . In altri casi, i trascritti del locus sono
assenti o ·alterati in lunghezza. Il prodotto proteico è as­
sente nelle cellule di l'etinoblastoma. La causa del tumore
è perciò la perdita deLIa funzione proteica, solitamente
dovuta a mutazioni che impediscono l'espressione genica
(a differenza delle mutazioni puntiformi che alterano la
funzione del prodotto proteico). La perdita di RB può es­
sere coinvolta anche in altre form e di tumore, tra cui 1'0­
steosarcoma e il microcitoma polmonare.
Il gene RB è particolarmente suscettibile di essere
perso dalla linea somatica? Illocus supera le 150kb e per­
804
39. Oncogèn i: espressione genica e tumori
Irnnlortaliz zazione e trasforma .
6B
RB+
RB+
RB
RB+
RB
RB
L'individuo normale
ha due alleli RB +
La perdita di un allele
nelle cellule somatiche
non ha effetto; la perdita
di un allele nella linea
germinale crea un portatore
con fenotipo normale
La perdita del secondo
allele nelle cellule somatiche
induce la formazione
di tumori
Figura 39.13 Il retinoblastoma è determinato dalla perdita di entram­
be le copie del gene RB (banda cromosomi ca 13q14). Nella forma ere­
ditaria, un cromosoma presenta una delezione in questa regione, men­
tre la seconda copia viene persa per mutazione somatica. Nella forma
sporadica entrambe le copie vengon perse in seguito ad eventi so­
mati ci.
ciò rappresenta un ampio bersaglio. Nel retinoblastoma
si possono realizzare diversi tipi di delezioni; queste pos­
sono estendersi ad entrambi i lati del gene o possono es­
sere interne.
L'mRNA è lungo 4,7 kb e codifica una fosfoprot eina
n ucleare di 110000 dalton. Qual è la sua funzion e? Si ri­
tiene che potr ebbe essere quella di r egolare altri geni . Se
e:,,,o fosse un repressore di protooncogèni, la perdita del­
"un.zione di RB potrebbe portare all'iper espressione di
uesti !!:eni ed alla tumorigenesi.
rmo ad ora non sono ancora stati identificati bersagli
ceùulari della proteina RB, ma una connessione con altre
\'i e oncogeniche è fo r nita dalla sua capacità di legare l'on­
coprolema El -\ dcOade no\'Ìl'Us e l'antigene T dell'SV40.
Non è ancora noto - 8 /'inibizione della funzione RB è
coin volta nell'azion e dj quesLe oncoprotein e.
La maggior parte dei tumori è il r._
multipli. Spesso si distingue tra l'inizia zio
cellula tumorigenica e la sua promozionI;"
una n eoplasia in via di accrescimento si pc
re modificazioni che ne aumentano la l wn
dentificazione di oncogèni con potenziai
così come è misurato dai saggi attualme
può non essere sufficiente per spiegar e
tumori, ma è necessario guardare agli once _
gare a lmeno alcuni di questi eventi.
La necessità di funzioni multiple è in a
che si osserva nel caso di alcuni virus ttw
in cui sono necessarie almeno due fu nzior.
mare la cellula bersaglio.
L'ade novirus contiene la regione E1 A
alle cellule primarie di crescere indefinitam
ra, e la r egione E1B , che determina mod ific,
logiche tipi ch e dello stato trasformato.
Il polioma produce tre antigeni T: "'arge '
la crescita indefinita, «middle T» è responsa h.
sformazione morfologica e «small T» ha un a t
cora ignota. Il «middle T» del polioma fo rse
diante c-Src, alla quale si lega durante l'irue
La separazione delle funzioni, però, non è
«large T» di SV40 sembra riunire le funzioni
ni "'arge T» e «middle T» di polioma e può t
da solo.
La suddivisione delle funzioni è riassunta n
la 39.9, che assegna le oncoproteine all'immo
ne o alla trasformazione (o ad e ntrambe). In
questa classificazione delle funzioni oncogenic
dell'adenovirus assieme a «middle T» del polio m~ ~-­
trasformare le cellule primarie. Ciò suggeri sce
cessaria una funzione di ciascun tipo .
L'attività della maggior parte delle proteine c
dai retrovirus trasducenti (o dai c-onc correlati) 110t'
cora car atterizzata. Comunque, dal comporta mer
mutanti temperatura-sensibili, è noto che v-src è ne
rio e sufficiente per iniziare e mantenere una cell ula
sformata. Il suo prodotto proteico e il «large T» dell 'S\
sono le uniche oncoproteine per le quali una tal E' p
prietà è stata definita in modo inequivoco, anche se in
cuni casi la distinzione tra proteine immortalizzanti
trasformanti può essere artificiosa . Per esempio, El
presenta aJcune delle funzioni solitamente attribuite alle
proteine trasformanti.
Parecchi oncogèni sono stati identificati per la loro effi­
cienza di trasfezione in cellule NlH 3T3. Questo saggio è li­
mitato dal fatto che le cellule 3T3 non sono fibroblasti nor­
mali, ma sono stati adattati n el corso di molti anni a cresce­
re in coltura . Infatti, esse sono già passate attraverso alcu­
ne delle modificazioni caratteristiche dell e cellule tumora­
li; in particolare, hanno già conseguito l'immortalità.
L'attività oncogenica in saggi di trasfezione richiede
DD 39. Oncogèni: espressione genica e tumori
Tabellà 39.9
Alcune oncoproteine possono essere caratterizzate in quanto
pos~iedono attività immortalizzante o trasformante
(o entrambe).
Sistema
SV40
polioma
adenovirus
retrovirale/cell ulare
retrovi rale/cellu lare
retrovi rale/cellu lare
Funzione
immorlalinante
large T
large T
E1A
v-src
Funzione
trasformante
large T
middle T
El B
v-src
ras
myc
che un oncogène sia in grado di indurre modificazioni
morfologiche e fenotipiche in una linea stabilizzata. Solo
il 10-20% dei tumori umani spontanei presenta DNA con
attività trasformante rilevabile con questi saggi. Questo
tipo di analisi presenta dei limiti poiché consente di iden­
tificare un particolare tipo di oncogène, in grado di com­
pletare la trasformazione dell e cellul e immortalizzate.
I prodotti più frequentemente identificati in saggi di
trasfezione in cellule NIH 3T3 sono geni c-ras mutati . Essi
non sono in grado di trasformare in vitro cellule primarie
(derivate direttamente dall'animale); ciò rinforza l'idea
che la loro funzione sia coinvolta con la trasformazione
di cellule già immortalizzate.
Che cosa è necessario p er preparare una cellula in
modo tale che sia sensibile alla trasformazione da parte
di un oncogène ras? Il protocollo usato per stabilizzare i
fibroblasti in coltura richiede essenzialmente che le cellu­
le si adattino ad una crescita indefinita. Non sono note le
modificazioni necessarie affinché questo si realizzi, ma è
ipotizzabile che siano coinvolte funzioni connesse con
l'immortalizzazione.
Le funzioni n ecessarie per l'immortalizzazione, quali
che siano, possono essere fornite o sostituite da altri on­
cogèni. Anche se gli oncogèni ras non sono in grado di
trasformare da soli i fibroblasti primari, la cotrasfezione
di ras con un altro oncogène ha questa capacità. Parec­
chie proteine possono fornire la funzione immortalizzan­
te; tra esse sono Myc, EIA clell'adenovirus, <darge T» del
polioma. Ciò suggerisce che questo gruppo di oncoprotei­
ne conferisca lo stesso fenotipo immortalizzato. Un altro
gruppo, che comprende Ras, E1B dell'adenovirus e «mid­
cile T » del polioma, induce le moclificazioni caratteristi­
che del fenotipo trasformato .
Tra Ras ed E1B, tra Myc ed EIA non è ri lcvabile alcu­
na connessione. Non è noto se queste oncoprote i.n e ab­
biano la stessa funzione , attivino la stessa d a in modo di ­
verso o attivino vie alternative che determinano lo stesso
risultato finale. Non è nea nche noto come le altre on co­
proteine si adattino a questo schema, se possano essere
805
classifica te in uno cii qu esti gruppi o se presentino attivi­
tà completa me nte dh·erse.
In neSSlill caso P possibile paragonare le proprietà
molecolari delle ol1coproteiJle coil la loro capacità di im­
mortalizzare o d i. trasformar'e_ Le oncoproteine dei virus
a DNA SV40 e adenO\irus presentano effetti regola tori
sulla replicazione o sulla tra.scrizione e, natul'almente, è
probabile che tali azioni siano rt' ~ pon5 a b ili clelia loro on­
cogenicità. In ogni caso , però qUi:'- ­
re separati dalla loro capaci1à di
cellulare.
L'antigene <darge T » clell 'S\ -1-0 Ì? essenziale per il ciclo
vitale del virus poiché è in grado di le;a.rA aUori; me del
DNA virale e di deteminarne l'inizio de1L1 repli
Mutazioni che impediscono il suo legame (,.;, il D
impediscono all'antigene T di immor'Lalizza-e
mare le cellule. Allo stesso modo, mut azioni T
del polioma tali da impedire il suo legame cor
aboliscono la sua attività immortalizzante . [ pr,
del\'adenovirus attivano promotori virali e cellulari. '\n ·
che in questo caso, però, quando questa atti\'ità f> mutata
non viene persa la capacità di immortalizzarp le rellule .
Queste proteine, pertanto, possono avere domi ni cm ffsi
responsabili delle loro caratteristiche molecolari not L e
dei loro effetti immortalizzantiltrasformanti che rim ango­
no essenzialmente ignoti in termini di attività proteiche_
L'AEV è l'unico retrovirus oncogenico che contiene
più di un oncogène. Uno di questi oncogèni, v-erbE, sem­
bra essere equivalente all'oncogène singolo trasdotto da
altri retrovirus tumorali: è in grado di trasformare e ri­
troblasti e fibroblasti. L'altro gene, v-erbA, non trasforma
da solo le cellule bersaglio, ma aumenta l'efficaci a di
erbE, impedendo la differenziazione degli eritrohla sti in
eritrociti e perm ettendone la crescita in condizioni meno
restrittive. In fa tti, v-erbA è in grado cii potenziare la tJ'a­
sformazione di altri oncogèni come v-src, \fps e l- raso
Un modo di studiare il potenziale oncogenico dei sin­
goli oncogèni, al cii fuori dei limiti che sono solitamente
coinvolti nella loro espressione, è quello di creare animali
transgenici in cui l'oncogène è posto sotto il controllo di
un promotore inducibile. Un'osservazione generale è che
spesso si osse rva un'aumentata proliferazione nei tessuti
in cui l'oncogène è espresso. Gli oncogèni la cui espres­
sione ha questo effetto in parecchi tessuti sono l'antige ne
T di SV40, v-ras e c-myc. Il quadro non è uni\ersale ; in
certi tessuti l'espressione clell'oncogène può esser" inef­
ficace.
.
L'aumentata proliferazjone liperplasial è spesso da n ­
nosa e talora fatale per lanimale Ispesso pe r ché un tipo
cellularI' proillera a spese di un altro). In pochi casi, pe­
rò l'espressione di un singolo oncogène può causare la
trasformazione neoplastica che porta alla morte dell'ani­
male . L' n a ]Jiccola parte di tali casi è probabilment e dovu­
t.a alla comparsa di un secondo evento.
La necessità di due tipi di eventi è indicata dalla difJe­
renza tra topi transgenici che contengono o il gene v-ras
C:a
e
mi
lu mori
-~n~
atm alo o entrambi. I topi che contengono
Clgène s\ iluppano tumori con una frequenza
I l"a"o di c-myc e del 40% nel caso di v-raSi i
tengono entrambi i geni sviluppano tumori
ei c;Jsi durante lo stesso periodo. Questi risul·
i topi transgenici sono ancora più convincenti dei
;o wtatj sim ili ottenuti con la cooperazione tra oncogèni
m colture cellulari.
Gli oncogèni azionano interruttori di
regolazione?
o:m In seguito a modificazioni quantitative o qualitati­
\ e, si ritiene che gli oncogèni possano influenzare (diret­
tamente o indirettamente) funzioni connesse con la cre­
scita cellulare. Le cellule trasformate perdono le inibizio­
ni a cui soggiaciono le cellule normali, quali la dipenden­
za da siero o l'inibizione da contatto intercellulare. Esse
possono acquisire nuove proprietà, quale ad esempio la
capacità metastatica. Quando si confronta una cellula
normale con la controparte trasformata, si nota la modi­
ficazione di molte proprietà fenotipiche; è perciò vera­
mente interessante che queste trasformazioni siano asso­
ciate a singoli geni .
Si ipotizza che gli oncogèni, singolarmente o in modo
cooperativo, attivino una serie di modificazioni fenotipi­
che che interessano i prodotti di molti geni. Questa de­
scrizione presenta somiglianze con i geni che regolano il
differenziamento: non è necessario che essi stessi codifi­
chino i prodotti che caratterizzano le cellule differenzia­
te, ma possono indurre una cellula e la sua progenie ad
affrontare una particolare via differenziativa. Si può por­
re la stessa domanda nel caso degli oncogèni e dei geni
regola tori dello sviluppo: sono capaci di determinare mo­
dificazioni in grado di causare la transizione tra un de­
terminato stato fenotipico ed un altro?
Continuando su questo argomento, ci possiamo chie­
dere quale attività svolgano i prodotti dei protooncogeni
nella cellula normale e come siano modificati nelle cellule
neoplastiche. È possibile che alcuni protooncogeni regoli­
no il normale sviluppo e che il loro cattivo funzionamen­
to determini aberrazioni della crescita evidenti sotto for­
ma di tumori? Sono noti alcuni esempi di tali relazioni,
ma non c'è ancora stata nessuna sistematizzazione della
situazione.
Una omologia interessante è stata osservata tra il ge­
ne murino inll e il gene wingless della Drosophila. Il gene
intl è ritenuto un oncogène perché è frequentemente at­
tivato in seguito ad inserzione del virus MMTV in tumori
mammari murini. Nel corso dello sviluppo del topo, int1
è espresso nel sistema nervoso dell'embrione e nel testi­
colo adulto. L'omologo di intl nella Drosophila è stato clo­
.a lO ed è risultato essere wingless, un gene implicato nel­
"iluppo le cui mutazioni impediscono lo sviluppo delle
, ., il prodotto genico presenta delle similitudini nella
Drosophila e nel topo, è possibile supporre che inll l
senti un ruolo nella neurogenesi. Perché int1 è associ...
con i tumori della mammella? Può essere una conse
za della specificità del MMTV piuttosto che del gene "- ,
so. Se inll codifica un fattore di crescita, la sua espres.
ne in una cellula inappropriata può stimolarne la cres
in modo in controllato. Un altro esempio di un tale fl
meno è fornito dai topi transgenici che presentano
nuovo tipo di regolazione del gene Thy-1. Thy-l è u
glicoproteina di superficie espressa sulle cellule emopc
tiche staminali, sui linfociti T e sui neuroni. La sua f
zione non è nota ma si ritiene che sia associata all'atti
zione delle cellule T.
I topi transgenici che hanno un gene Thy-l ib" ..
uomo-topo lo esprimono in modo anormale nel !'eT'"
Questa espressione è associata con un disordine prot':
rativo tessuto-specifico. È possibile che normal mei
Thy-l promuova la divisione delle cellule T in un COl'
sto in cui il suo effetto è controllato; è possibile che
sua espressione. in altri tipi cellulari porti alla divisi
incontrollata, per l'assenza di altri prodotti genici sp
ci delle cellule T? Potrebbe essere importante che i t:
coinvolti nella proliferazione tessuto-specifica sia·
espressi solo in quel tessuto in cui gli altri geni con t­
essi interagiscono sono espressi.
Nella figura 39.14 le oncoproteine sono raggru pp ..
te secondo la loro distribuzione. Molto spesso le onco p
teine e le protooncoproteine presentano la stessa di stri­
buzione, ma talora si osservano differenze che poss on
essere sigruficative.
T ransmemb rana
Associate alla membrana
Citoplasmatiche
mos
abl
fps Nucleari
myc myb fos jun
rei
erbA
Figura 39.14 Le oncoproteine possono essere proteine transmembrana,
nucleari , citoplasmatiche o associate alla membrana.
DD 39. Oncogeni:
C'5pre;~lon~ l?t'.
Tabella 39.10
I proto-oncogèni codificano tipi diversi di proteine.
Gene
Tipo di funzione
Prodotto cellulare
c-abl
c-fps
tirosin chinasi citoplasmatica
tirosin chinasi citoplasmatica
c-src
c-fms
c-kit
tirosin
tirosin
tirosin
tirosin
tirosin
c-mas
proteina di membrana plasmatica
recettore per l'angiotensina
c-sis
KS/hst
int2
proteina secreta
ignota
ignota
catena B del PDG F
simile all' FGF
simile all'FGF
H-ras
K-ras
proteina che lega il GTP
proteina che lega il GTP
ignoto
ignoto
c-jun
c-fos
c-myc
c-myb
c-erbA
proteina
proteina
proteina
proteina
proteina
fattore trascrizionale AP-l
si lega al fattore AP-l
ignoto
ignoto
recettore per l'ormone tiroideo
c-erbB
c-neu
chinasi
chinasi
chinasi
chinasi
chinasi
di
di
di
di
di
membrana
membrana
membrana
membrana
membrana
ignoto
ignoto
plasmatica
plasmatica
plasmatica
plasmati ca
plasmati ca
che lega il DNA
nucleare
nucleare
che lega il DNA (in modo non specifico)
ci toplasmatica
ignoto
recettore per l'EGF
simile al recettore per l'EGF
recettore per iI es F-l
mutazione W nel topo
-
Tutti i protooncogeni, teoricamente, sono trascritti
durante il normale sviluppo, a livelli relativamente bassi.
Oltre a suggerire che i geni assolvano funzioni cellulari
normali, il pattern di espressione (solitamente misurato a
livello di trascrizione) deve ancora fornire informazioni
sulla natura della funzione. Le funzioni delle oncoprotei­
ne possono essere classificate in più gruppi. In alcuni casi
l'omologia di sequenza suggerisce l'identit à o la relazione
con un gene noto. La tabella 39.10 classifica gli oncogè­
ni in quattro gruppi principali (anche se è bene notare
che le funzioni di molti oncogèni non sono note ed in fu­
turo saranno sicuramente identificati nuovi gruppi):
• Tirosin chinasi (suddivise in proteine citoplasmatiche e
recettori per fattori di crescita ancorati alla mem­
brana).
• Fattori di crescita.
• Proteine che legano il GTP.
• Proteine nucleari (inclusi
regola tori genici) .
La carattenstlca comune è che ogm tipo di proteina
è in una posizione tale da determinare modificazioni ge­
nerali del fenotipo cellulare, determinando o risponden­
do a modificazioni associate con la crescita cellulare o
modificando direttamente l'espressione genica. Conside­
riamo ora quale è il potenziale di ogni gruppo nell'inizia­
re modificazioni oncogeniche.
Le tirosin chinasi, i recettori per fattori di
crescita e i fattori di crescita
DD
Il prototipo di una tirosin chinasi in cerca di un
ruolo è dato dalle proteine Src. La sequenza trasforman­
te v-src è strettamente correlata con quella non trasfo­
mante c-src. Entrambi codificano proteine di membrana
di 60000' dalton .
In realtà esistono parecchie sequenze v-src. Dall'epoca
del suo isolamento ad opera di Rous (1911), l'RSV è stato
propagato in diversi modi e ci sono oggi parecchi «ceppi»
che contengono varianti di v-src. La caratteristica comu­
ne è che la sequenza C-terminale di c-src è stata sostituita
da una sequenza diversa in ogni ceppo. I diversi ceppi
contengono differ enti mutazioni punti formi all'interno
della sequenza src.
Le proteine Src presentano alcune caratteristiche in­
~
dEr'ca e tumori
"" Ti- - - - - - - - - - , - -- - - - - - - - - , - - - -­
5ora~
Q)
15
E
E
m <ll
MOCtula!Oflu
§,!
D
117 ~ Q)
~
Calaillico
8
g "§
l
?l50
Le mutazioni alterano la morfologia
delle ce llule trasformate, ma non
modificano l'attività trasformante
m=
UlU;
SOL>
4t 6
Omologia di sequenza
con domini catalitici di
altre chinasi: la tirosina
416 è autofosforilata
5M6
S'r
La fosfon'a~;: -~
della tirosi.- iO =~ ­
c-src inibis{".;;
l'attività cr-~
~ :~
al E
Z~
solite. La figura 39.15 riassume le loro attività in termi­
ni di domini proteici.
Sia v-Src, sia c-Src presentano insolite modificazioni
all'N-terminale. L'aminoacido N-terminale viene eliminato
e un acido miristico (un acido grasso raro a 14 residui di
carbonio) viene aggiunto con legame covalente all'N­
terminale. La miristilazione permette a Src di attaccarsi al­
la membrana plasmatica anche in assenza di una sequenza
di aminoacidi idrofobici. La maggior parte della proteina
è associata con la faccia citoplasmatica della membrana
plasmatica ed è maggiormente concentrata nelle regioni di
contatto intercellulare e nelle placche di adesione.
Gli aminoacidi 2-14 sono necessari p er la miristilazio­
ne. La modificazione è essenziale per l'attività oncogena
di v-src, poiché i mutanti N-terminali che non possono es­
sere miristilati hanno una ridotta tumorigenicità.
Le proteine Src furono le prime proteine di tipo chi­
nasico ad essere caratterizzate. Src fu anche il primo
esempio di chinasi in grado di fosforilare residui di tirosi­
na: formalme nte viene definita una tiro sin chinasi.
:\\elle cellule trasformate da RSV il livello di fosfotirosina
aumenta di circa 10 vol,t e. Src è in grado di fosforilare
sia i substrati cellulari, sia se stessa . L'attività catalitica ri­
siede nella metà C-terminale della proteina.
La maggior differenza tra v-Src e c-Src risiede nella
loro attività chinasica. L'attività di v-Src è circa 20 volte
maggiore di quella di c-Src. L'attività trasformante dei
mutanti src è correlata con i liv elli di attività chinasica e
si ritiene che l'oncogenicità derivi dalla fosforilazione di
p ro teine bersaglio. Non è noto se l'aumentata attività è
e"sn stessa responsabil e del]'oncogenicità o se c'è anche
.ma modificazione della specificità del riconoscimento
elle proteine bersaglio.
I tentalivi di attribuire un ruolo alla fosforilazione
•ella trasformazione cellulare si sono concentrati sull'i­
ntjficazione dei substrati cellulari di v-Src (soprattutto
...-elli no n riconosciuti da c-Src). Sono stati identificati
parecchi substrati, ma nessuno di essi viene consiti
responsabile della trasformazione. La reazione di a
sforilazione può essere importante per l'attività tr
mante di Src. Le differenze tra c-Src e v-Src san
sunte nella figura 39.16.
La proteina c-Src è fosforilata in vivo sul resid uo
rosina in posizione 527. Questo amino acido è situat:::"
la regione C-terminale e fa parte della sequenz a
aminoacidi persi in vSrc (dove è stata sostituita da
sequenza di 12 aminoacidi non correlati).
La proteina v-Src è fosforilata in vivo sulla r
416. All'equilibrio, il 10-30% delle molecole di v-Src e
sforilato in questa posizione; il fosfato viene rapid am
riconvertito, ma non è trasferito ad altre proteine Q
sto residuo aminoacidico è presente in c-Src ma non è
sforilato in vivo, anche se può essere fosforilato in n',
L'importanza di queste autofosforilazioni può ess
studiata mutando i residui di tirosina nelle posizioni
e 527 al fine di prevenire l'aggiunta di gruppi fosfato .
mutazioni hanno effetti opposti:
• Le mutazioni della tirosin a 527 nell'aminoacido correla­
to fenilalanina attivano il potenziale trasformante di c­
Src. La proteina c-Src Phe-527 viene fosforilata sulla ti­
l'asina 416, presenta una attività chinasica 10 volte
maggiore ed è in grado di trasformare le cellule bersa·
glia anche se non così efficacemente come v-Src. La fo·
sforilazione della tirosina 527 perciò reprime l'oncogenici­
tà di c-src. La rimozione di questo residuo quando la re­
gione C-terminale è persa durante la genesi di v-src, con­
tribuisce in modo significativo all'oncogenicità della pro­
teina trasformante. La proteina Src, pertanto, può esse­
re un esempio in cui la perdita di una funzione contri­
buisce all'oncogenicità .
• La mutazione della tirosina 416 di c-Src elimina la sua
r es idua attività trasformante. Questa attività riduce si­
mJmJ
Figura 39.16 Nelle proteine Src so­
no stati identificati due residui tirosi·
nici bersaglio del I'autofosforilazione.
La fosforilazione della Tyr 527 di
C-SI'C sopprime la fosforilazione della
Tyr 416, associata con l'attività tra­
sformante. In v-src è presente solo la
Tyr 416. Il potenziale trasformante di
c-src può essere attivato, rimuoven­
do la Tyr 527, o soppresso, rimuo­
vendo la Tyr 416 .
39. Oncogèni: espressione genica e tumori
Posizione
416
c-src
Tyr
v-src
®
Tyr
v-src I L -
- ~--
------....
Posizione
':27
V
®
Tyr
_Phe
Phe
c-src I 1- - -
Phe
®
Tyr -
c-src
Phe
Phe
~
gnificativamente anche l'attività del mutante c-Src
Phe·527. Riduce anche il potenziale trasformante di v·
Src, ma in modo meno efficace. La fosforilazione della
tirosina 416, perciò, attiva il potenziale oncogenico del­
la proteina c-Src.
Mutazioni punti formi in altri residui di c-Src che au­
mentano l'oncogenicità mostrano la stessa correlazione:
la fosforilazione in 527 è diminuita, quella in 416 è au­
mentata. Lo stato di queste tirosine può essere perciò un
indice generale del potenziale oncogenico di c-Src. La ri­
dotta fosforilazione alla tirosina 527 può essere responsa­
bile dell'aumentata fosforilazione della tirosina 416 e
questo può essere l'evento cruciale. La proteina v-Src, in­
vece, è meno dipendente dallo stato della tirosina 416 ed
i mutanti mantengono l'attività trasformante; presumibil­
mente v-src ha accumulato altre mutazioni che ne au­
mentano il potenziale trasformante.
La capacità degli eventi di fosforilazione di reprimere
o di attivare il potenziale oncogenico mette a fuoco l'im­
portante osservazione che la distribuzione dei gruppi fo­
sfato può essere più importante del livello globale di fosfo­
rilazione. Questa conclusione si potrebbe applicare ai
:;,:- : -;e r-.,,: ~ r asfo r m ante
r~ i:G:~:~:::'-' e
®
Tyr"
c-src I
809
']
I
Ancora
I
Trasforma nte
I
Non trasformante
~·a:;' :l-.2-::
Debolmente trasformante
substrati di v-Src che sono coinvolti nella trasformazione
e alla stessa proteina trasformante. BIlJ Qual è la funzione di c-Src? Qual è la sua relazione con l'oncogenicità di v-Src? Le proteine c-Src e v-Src sono
molto simili; condividono modificazioni all'N-terminale,
localizzazione cellulare ed attività tirosin chinasica . c- Sr c
è espresso ad alti livelli nelle cellule completamente diffe ­
renziate e ciò suggerisce che non possa essere coim-oIta
nella regolazione della proliferazione cellulare. Fino ad
ora è stato impossibile determinare la normale funzi,
di c-Src. Deve ancora essere dimostrato che lauIP.
attività o specificità dell'attività tirosin china , ­
sponsabile dell'oncogenicità.
Alcune proteine v-onc (come
attività treonin e serin chinasic3 i ane
non è chiaro. La presenza dell a Lr
permette la fosforilazione di \ -r.E
tabella 39.7). Natmalm eme
treonina è molto più comilllt:
Anche il gene c-abl codiii.:a ~
si delle delezioni diffi{'.,U-~
per il pote re tra510
delezi one o la O"" , '
~niCil
e tumori
Icn e la capacità trasformante. È
p;ob3bile
C:~f.' l~ -l erminale
contenga un dominio
~tf' ~ego la l'attività chinasica.
inasi possono essere classificate in due
.q ualche sovrapposizione).
• Il ........l~po
citoplasmatico comprende gli oncogèni virali ."es, f gr, fpslfes, abl e ros (in realtà Src è associato
Or! la faccia citoplasmatica della membrana plasmati­
al. 11 pezzo corrispondente ai residui 250-516 di src è
com une alle sequenze eli tutti questi geni. Queste se­
qu enze contengono il dominio catalitico responsabile
dell'attività chinasica (vedi figura 39.15). È probabile
che le regioni all'esterno di questo dominio controllino
le attività specifiche dei singoli membri della famiglia.
In nessun caso conosciamo la funzione cellulare dei c­
onc membri di questo gruppo.
L
• l recettori per alcuni fattori di crescita presentano atti­
vità tirosin chinasica. Questi recettori sono per lo più
proteine integrali di membrana, formate da più domi­
ni. Uno dei domini presenta omologie di sequenza con
i domini catalitici di altre chinasi. Il recettore per l'EGF
è quello meglio caratterizzato e presenta un'estremità
C-terminale intracellulare ed una N-terminale extracel­
lulare.
Alcuni protooncogeni codificano recettori o fattori
coinvolti nello sviluppo di particolari tipi cellulari (vedi ta­
bella 39.10). Ciò spiega perché certi oncogèni funzionino
in particolari tipi cellulari. Un recettore o un fattore che
solitamente funziona in un particolare tipo cellulare può
essere mutato in modo tale da promuovere la crescita in­
controllata di quel tipo cellulare. l geni v-one sono spesso
troncati ed è possibile che l'attività deregolata della pro­
teina troncata possa essere responsabile della sua oncoge­
nicità . Ciò teoricamente può avvenire perché l'oncogène
ha perso un dominio che solitamente regola la funzione
del recettore.
La maggior parte dei recettori codificati dai protoon­
cogeni cellulari presenta un'organizzazione simile. Attra­
versano la membrana cellulare grazie ad un singolo do­
minio intramembrana. La regione N-terminale è extracel­
lulare e lega il legante in grado di attivare il recettore. La
regione C-terminale è intracellulare e include un dominio
responsabile dell'attività tirosin-chinasica.
Un modello operativo per la funzione recettoriale è
ch e il legame del legante al dominio extracellulare attivi
l"aUi\'ità tirosin chinasica del dominio intracellulare. An­
e se è possibile che la funzione del recettore possa coin­
19ere la fosforilazione di substrati intracellulari, non so­
no ancora stati identificati substrati con significato fisiolo­
.~iLn , Gli stessi recettori sono fosforilati in tirosina, treoni­
I- =.el'iml e perciò sono possibili molti eventi regolatori.
recellori di questo tipo meglio caratterizzati sono
~ I EGf fepidermal growth factor) e quello per
l'insulina. L'oncogène v-erbB è una versione I I'
e-erbB, il gene che codifica il recettore per l'
gène mantiene il dominio cinasico e quello trans
na, ma perde la metà N-terminale della prolI:"
che lega l'EGF) ed è troncato al C-terminale. L
ad entramhe le estremità possono essere nece-·
l'oncogenicità. È possibile che l'assenza del dor
lega il legante permetta alla proteina di essere
assenza di EGF e che la delezione C-terminale po -­
re necessaria per rimuovere un dominio che inì
tività trasformante,
Un altro oncogène derivato da un recettore
tà tirosin chinasica è vfms. efms codifica il r ece
il CSF-1 o una proteina strettamente correlata. I
re per il CSF-l è una proteina transmembrana ch
l'azione del «colony stimulating facto l' 1», un f..
crescita macrofagico che stimola la maturazione ­
lule staminali. cfms può essere reso oncogeni cu
mutazione nel dominio extracellulare; forse ciò ~
proteina costitutivamente attiva in assenza di C51- -'
cogenicità viene aumentata da mutazioni al
C-terminale che inattiverebbero un dominio intr
re inibitorio.
L'oncogène neu è derivato da un altro recetto
è stata identificata una controparte v-onc, ma jl _
identificato in un saggio di trasfezione in 31'3 h ed.
la 39.6). La sequenza di neu è correlata a erbB In
gene murino ed il suo omologo umano è erbB2) f'
bilmente codifica il recettore per un altro (al mo-'
non ancora identificato) fattore di crescita. L'onro_
neu differisce dal protooncogene per una mutazione
tiforme nel dominio transmembrana; per quanto OP •
piamo, la mutazione non altera né la localizzazio
l'attività tirosin chinasica. È possibile che modifichi l
terazioni tra Neu e qualche altra proteina, anch'essa )
lizzata in membrana.
Un interessante oncogèn e potenziale è il prodott o
gene BNLF-l del virus di Epstein-Barr. È una protein a
calizzata nella membrana plasmatica, con sei domini in­
tramembrana. Sia la regione N-terminale, sia quell a C­
terminale sono localizzate nel citoplasma. La protem
mantiene la sua attività trasformante quando vengono ri­
mossi i domini N- e C-terminali; ciò implica che l'oncog(' ·
nicità risiede o nelle regioni transmembrana o nelle re­
gioni che le connettono. Una particolarità peculiare di
questa proteina è che un alto livello di espressione è tos­
sico e uccide le cellule.
Alcuni oncogèni presentano relazioni con geni che co­
dificano fattori di crescita. Il primo identificato fu v-sis ,
la cui sequenza è analoga a quella del PDGF-B. Il "platelet
derived growth factar (PDGF)" è formato da due catene
molto simili, codificate da due geni separati. Il PDGF è at­
tivo sia in forma omodimerica (Az e Bz) sia eterodimeri­
ca. Appartiene ad una famiglia di fattori di crescita, cia­
scuno specifico per un tipo cellulare. Un altro gruppo di
oncogèni (KS!hst, in(2) presenta omologie con il "fibra­
mrum
blast growth factor»; il loro ruolo nella stimolazione della
crescita cellulare non è chiaro.
Le interazioni tra gli oncogèni e i protooncogeni pos­
sono essere importanti. Per esempio, il PDGF stimola l'e­
spressione di parecchi geni, tra cui i protooncogeni c-myc
e c-fos.
Le oncoproteine possono regolare
l'espressione genica
Hm
Ad un altro gruppo di protooncogeni appartengo­
no membri in grado di attivare l'espressione genica. Si ri­
tiene che l'oncogène c-erbA dell'AEV svolga un tale ruolo
perché la sequenza presenta somiglianze con quella del
recettore per gli steroidi (vedi il capitolo 29), ma non si
hanno ancora informazioni dirette sulla sua funzione nel­
la regolazione genica. L'esempio del gene jun, comunque,
mostra chiaramente che modificazioni del fenotipo cellu­
lare possono essere ottenute attraverso il controllo tra­
scrizionale.
Il virus del sarcoma aviario ASV-17 contiene l'oncogè­
ne v-jun. Il corrispondente gene nel genoma umano, c­
jun, codifica una proteina che fa parte del fattore trascri­
zionale AP1; questo agisce sulle sequenze ch e presentano
un sito di riconoscimento per AP1 stimolando l'attività
del promotore e dell'enhancer associati . La sequenza di
riconoscimento per AP1 è respol}sabile della risposta al
TPA (l'estere del forbolo promotore tumorale).
AP1 può essere un membro di una famiglia di fattori
in grado di legare il DNA, le cui correlazion..i sono oggetto
di studio. La specificità di bersaglio di AP1 nel DNA è la
stessa della proteina regolatoria del lievito GCN4. Infatti,
il dominio in grado di legare il DNA di GCN4 può essere
sostituito con quello di AP1 senza modificare la funziona­
lità della proteina nel lievito. I domini responsabili dell'at­
tivazione trascrizionale, invece, non sono correlati (vedi
il capitolo 29)
Le proteine c-Jun dell'uomo e v-Jun aviaria presenta­
no la stessa capacità di legare il DNA ed è perciò ipotizza­
bile che le proprietà oncogeniche di v-Jun siano dovute
ad altre modificazioni in relazione alla sua capacità di at­
tivare la trascrizione. Fino ad ora non si conoscono retro­
virus mammari derivati dal protooncogene c-jun.
Tra i geni fos e jun è stata stabilita un'interessante re­
lazione. Il gene c-fos codifica una fosfoproteina nucleare
che si lega ad altre proteine. Gli anticorpi anti-Fos mo­
strano che la proteina si associa con sequenze regolatorie
che contengono la sequenza bersaglio di AP1. È infatti
stato dimostrato che le proteine Fos e Jun formano un
complesso che lega il DNA alle sequenze TGACTCA (vedi
il capitolo 29). Pertanto l'azione di c-fos coinvolge c-jun.
È possibil e che questi geni possano funzionare come
componenti di una cascata regolatoria?
Gli antigeni T del virus Papova sono proteine nucleari
che si legano ai genomi virali e sono indispensabili per
stimolare la replicazione vir ale e la ud;-I
Gli antigeni T sono proteine multifunzi
che altre funzioni non identificate inizino
zio ne. Questo ci dimostra quanto sia pericol o
re che l'azione diretta sul genoma cellulare sia
riamente la modalità d'azione di una oncoproteina c
ga il DNA.
L'oncogène E1A dell'adenovirus rappresenta un esem­
pio di proteina che regola indirettamente l'espressionE'
genica, cioè senza un legame diretto con il DNA. La re­
gione E1A è espressa sotto forma di tre trascritti derivati
da splicing alternativo, come illustrato nella figura
39.17. Gli mRNA 13S e 12S codificano proteine simili e
sono prodotti precocemente nel corso dell'infezione . Essi
possiedono la capacità di immortalizzare le cellule e pos­
sono cooperare con altre oncoproteine (soprattutto ras
per trasformare le cellule primarie (vedi tabella 39.9).
Per questa attività non è necessaria nessun'altra funzione
virale.
Le proteine E1A esercitano diversi effetti sull'espres­
sione genica. Esse sono in grado di attivare la trascrizione
di alcuni geni e di inibire quella di altri. l loci che sono
attivati comprendono geni trascritti dalla RNA polimerasi
1Il e Il. Alcuni di questi effetti dipendono da donùni parti­
colari della proteina. La mutazione delle proteine E1A
suggerisce che l'attivazione trascrizionale richieda solo la
breve regione del dominio 3, rinvenibile unicamente nella
proteina di 289 aminoacidi codificata dal\'mRNA 13S. Que­
sta conclusione è stata confermata dimostrando che un
peptide isolato di 49 basi, corrispondente al dominio 3,
può attivare la trascrizione dei geni bersaglio.
2
E1A
13S---
12S
4
3
Esani
~
289 aminoacidi
~ 243ami noaCld
9S~
Allontanato nello splicing
1':
Figura 39.17 La regione E1A adenovirale
gine a tre tras critti che codificano pro l ri~
presente in tutte le proteine, il dominio .!
residui, mentre il dominio 3 è uni co de
minio C-terminale della protein 2 d
fase di lettura diversa dal do m i~·
proteine.
55 al1' r: ;;, =.c
Dive-'O-s
',,= - l':
~ ca
E' tumo ri
-.:c!nr.e della trascrizione) l)induzione della
e la trasformazione morfologica richiedo­
~ e :! C'Om uni alle proteine di 289 e 243 ami­
-u;;geris ce che la repressione dei geni bersa­
b5Cre il meccanismo responsabile della trasfor-
J prod otti EIA sono fosfoproteine nucleari che non
in grado di legare il DNA. Poiché non sono necessa­
rie altre proteine virali per ottenere l'azione sui geni cel­
lula ri, è possibile che le proteine EIA agiscano legando
altre proteine che a loro volta reprimono o attivano la
trascrizione degli appropriati geni bersaglio. Nei geni at­
tivati o repressi da EIA non sono state identificate carat­
teristiche comuni; sembra perciò probabile che EIA inte­
l'agisca con proteine cellulari diverse. La maggior parte
di queste proteine bersaglio non sono ancora state identi­
ficate.
~ono
Oncoproteine coinvolte nella trasduzione
del segnale
m!J
Quando un legante extracellulare si lega ad un re­
cettore situato sulla superficie della cellula) inizia una ca­
scata di eventi che permette di trasmettere il segnale al­
l'interno della cellula. Il processo di trasferimento del se­
gnale attraverso la membrana plasmatica è definito tra·
sduzione de] segnale. Uno dei sistemi più comuni per
la trasduzione del segnale è rappresentato dalle protei·
ne G) così chiamate per la loro capacità di legare i nu­
cleotidi guaninici. Le proteine G sono localizzate sulla
membrana plasmatica) dove sono disponibili come sub­
strati. Una proteina G può essere attivata in risposta ad
un segnale extracellulare; può quindi trasmettere il se­
gnale sul versante citoplasmatico della membrana.
Una proteina G è un eterotrimero) con la modalità d'a­
zione illustrata nella figura 39.18. Le subunità (3 e "(
possono essere condivise da parecchie proteine G che dif­
feriscono per le subunità ex. Esiste) però) un'eterogeneità
anche nelle subunità (3 e "(. Le proteine G sono attive
quando il GTP si lega alla subunità ex (sostituendosi al
GDPl. Questa reazione determina la dissociazione della
subunità ex dal dimero (3"(. Questa azione del GTP è comu­
ne ad una varietà di proteine leganti il GTP) tra cui il fat­
tore della sintesi proteica EF-Tu· Tf (vedi figura 7.18).
Quando le subunità ex e il dimero (3"( si separano) chi
trasmette il segnale al punto successivo della via di tra­
sduzione? I dati sono contraddittori, ma i risultati della
risposta alla divisione dei lieviti riassunta nella figura
3 ;- .Z suggeriscono che in questo caso sia il dimero (3"( l'u­
'lilà a ttiva. In altri casi) vari dati suggeriscono che la ri­
~ nosta sia mediata dalla subunità ex. L'attivazione di una
-~'eina G può attivare o inibire la proteina bersaglio.
proteine G sono rappresentate tra gli oncogèni dal­
trine Ras che legano il GTP ed assomigliano alla su­
. Le proteine Ras sono dotate di attività GTPasica
6XJJ~8 0
~ y
\ex ~
ex
GTP
GDP
,
Attiva o inibisce
la proteina ber s.;.-g
Figura 39.18 Una proteina G tipica è un trimero di subu nità
Quando la subunità O' lega il GTP, si stacca dal dimero {3--y. La >k
O' legata al GTP o il dimero (3--y sono in grado di agire su lle
bersaglio.
che può essere importante per la loro funzione. Il
lo per la funzione di Ras illustrato nella figura 3 9.
basato su un'analogia con le proteine G. Si supp on
la proteina Ras legata al GDP sia inattiva. Un recett
altre proteine di membrana) attivano Ras stimoland
scambiare il GTP con il suo GDP. Ras legato al GTP (­
vo ed agisce sulle molecole bersaglio. In seguito a q
interazione) l'attività GTPasica idrolizza il GTP a Gr:;
riporta Ras ad una condizione di inattività.
L'attivazione costitutiva di Ras potrebbe essere ca ..
ta da mutazioni che permettono a Ras legato al GDP
essere attivo) alterano le affinità relative per il GTP
GDP o prevengono l'idrolisi del GTP. Quali sono gli e
delle mutazioni che creano geni ras oncogenici? Tu tte
mutazioni che conferiscono attività trasformante in'
scono l'attività GTPasica. L'incapacità di idrolizzar
GTP potrebbe mantenere Ras in una forma di attivaz io
costitutiva; la sua azione continuata sulle proteine b er'­
glio potrebbe essere responsabile dell'attività oncoge ui
La struttura generale delle proteine Ras dei mamm­
feri è illustrata nella figura 39.20. Tre gruppi di regior:.
sono responsabili delle attività caratteristiche di Ras:
• Le regioni comprese tra i residui 5-22 e 109-120 sono
implicate nel legame con i nucleotidi guaninici) a cau
della loro omologia con altre proteine G. Alcune mut a ~
zioni che attivano il potenziale oncogenico di Ras (per
lo più in 'posizione 12) si trovano in queste regioni.
• Ras è attaccato alla faccia citoplasmatica della membra­
na in seguito ad una modificazione dell'estremo C­
terminale. Le mutazioni che impediscono queste modi­
ficazioni aboliscono l'oncogenicità; la localizzazione di
membrana è pertanto importante per la funzione di
Ras.
• Il dominio effettore è la regione che reagisce con la
molecola bersaglio quando Ras è attivato. L'attività del­
~---::-
mJ
~
....
...
GDP
I
Il recettore stimola Ras
a scambiare il GDP con il GTP
u
u
_,
l........ • ...
la regione tra i residui 30-40 è richiesta per l'on
cità delle proteine Ras attivate da mutazioni in po ­
ne 12. La regione effettrice può inter agir e con w
proteina cmamata GAP. L'interazione con GAP aumen ·
ta l'attività GTPasica della proteina protoRas ma è ine' .
fica ce con Ras attivata da mutazioni oncogeniche . Qup­
sta differenza è potenzialmente correlata alla diversa
capacità di protoRas e di Ras di trasformare le ce UuJe.
•
GTP
Figura 39,1 9 L'attivazione di R GTP. La proteina atti va riconosre il i' idrol izzato e la proteina diventa inattiva. tra una forma inattiva (l egata al G DP1 ed una forme trasformanti di Ras non id rol izzano il G1P nella forma attiva, legata al GTP. Ras attivato agisce
sulla proteina bersaglio
@illI~~~l~i~rnw L'attività GTPasica
trasforma Ras
in una forma inattiva
La struttura cristallina della prote~na Ras è illustrata
schematicamente nella figura 39.21. Le regioni vicine
alla zona di legame con i nucleotidi includono i domini
conservati in altre proteine che legano il GTP. La poten·
ziale ansa effettrice è posta vicino ai fosfati; è formata d a
residui idrofilici ed è potenzialmente esposta nel cito­
plasma.
Il lievito S. cerevisiae contiene due geni Ras, simili ad
Hras ma più grandi. I loro prodotti stimolano l'enzima
adenilato ciclasi, che catalizza la formazione di AMP cicli·
co, una piccola molecola regolatoria ben caratterizzata.
Non è noto se le funzioni delle proteine Ras del lievito
siano in relazione con l'oncogenicità di Ras negli eucario­
ti superiori, ma le loro proprietà rinforzano l'analogia
con le proteine G. Due proteine G dei mammiferi sono le
proteine G attivatorie e inibitorie, che differiscono per i
loro effetti sull'adenilato ciclasi. La proteina G con u na
subunità Gs-Q' stimola l'adenilato ciclasi, mentre la pro Lei·
na con la subunità Gj-Q' la inibisce. Queste proteine G so­
no i bersagli per i recettori stimolatori e inibitori, rispet ·
Ras
normale ricicla
/'
Il legame GTP/GDP
coin volge due reg ion i
conservate nelle proteine G
GTP
La variante
oncogenica rimane
costitutivamente
legata al GTP
@illr~~I~rnw Figura 39.20 Domini di screti dell e proteine Ras 50 n/.) n5ponsa bi l i de l
legame dei IlLlcleotiai . della iU ·llione e '-'.é'i; ~ ce e de ì" ' e~azione con la
""'_0-",2.
~"l€\lEnlC']
e
w rnon
s-~
O
40
0~,Ò0
0°'<
0°'<
Figura 39.21 La struttura cristallina della proteina Ras presenta 6 fila­
menti (3, 4 a-eliche e 9 tratti di connessione. Il GTP viene legato da una
tasca formata dalle anse L9, L7, L2 e L1; gli aminoacidi di queste anse
sono molto simili ma non uguali a quelli delle regioni leganti i nucleoti­
di guaninici precedentemente identificate. La regione effettrice compre­
sa tra 30 e 40 è relativamente ben esposta, ma non più di altre regioni.
mi
tivamente, e trasmettono il segnale dal recettore al
nilato ciclasi. Avendo l'adenilato ciclasi come bersa
proteine Ras di lievito e le proteine G dei mammife .
dividono la localizzazione e la funzione biochimica
Le proteine Ras dei mammiferi e del lievito san"
meno entro certi limiti, funzionalmente intercambi
Le funzioni dei geni ras del lievito possono essere \i
te da v-ras o c-raso La proteina Ras del lievito m ut
oncogenica in esperimenti di trasfezione. La possibiL
sottoporre il lievito a un gran numero di mutazioni
facilitare il riconoscimento delle funzioni di ras in ~ .
visiae. Le funzioni di ras sono in relazione con la cr-­
cellulare? I difetti nei mutanti di lievito suggeriscono
logie per le cellule di mammifero?
La conservazione dei protooncogeni in diversi or _
smi può permettere di identificare le loro funzion i
mali. Attualmente, comunque, non possiamo mettI'
relazione le nostre conoscenze sugli oncogèni con le
vità dei loro derivati trasformanti. Si ritiene che l
mortalizzazione» si possa verificare per modificaz io
tipo diverso. Esistono alcuni marcatori fenotipici di
sformazione» ma non ne sono note le basi geneti che
epigenetiche). Non è neanche noto come in vivo ven
quisita la capacità metastatica.
In qualche caso esistono forti correlazioni tra l'atL _
zione degli oncogèni e la crescita tumorale, ma r ink.r
aperto il problema dell'evento iniziale. Sembra chi
che l'attività dell'oncogène assiste la crescita tumor ...
ma l'attivazione potrebbe verificarsi dopo l'evento ini?
le e durante le prime fasi della crescita tumorale. È .
spicabile che le funzioni degli oncogèni possano fo rm
spiegazioni sul controllo della crescita nelle cellule
mali e in quelle trasformate; sarà perciò possibile defu:
re gli eventi necessari per iniziare e mantenere la cr
ta tumorale.
Riassunto
Una cellula tumorale si differenzia da una normale per la
sua immortalità, trasformazione e, talora, capacità di meta­
statizzare.
I virus tumorali a DNA contengono oncogèni che non
presentano una controparte cellulare. I virus tumorali a
R,\ 'A contengono geni v-onc derivati da mRNA trascritti da
geni cellulari (c-onc). Alcuni v-onc rappresentano il comple­
fa prolOoncogene c-onc, ma altri sono troncati ad una o ad
entrambe le estremità. Tutti i geni v-onc contengono muta­
z :ani p unt(formi rispetto alle sequenze che codificano i
[:-onc. La maggior parte sono espressi sotto forma di protei­
neJi f usione con un prodotto retro vira le. Src è un'eccezio­
ne poiché il retrovirus (RSV) è competente per la replica­
e la p roteina è espressa come una entità indipendente.
.:--erti \'-onc differiscono qualitativamente dalla loro
controparte c-onc, poiché il gene v-onc è oncogenico a bas ­
livelli di espressione, mentre il gene c-onc non è artim
neanche ad' alti livelli. La perdita di regioni da parte del c­
onc e la presenza di mutazioni puntiformi possono essere
importanti nell'attivazione di questi v-onc.
I protooncogeni c-onc possono essere attivati in situ
da mutazioni puntiformi, traslocazioni, inserzione retro vi­
rale o amplificazione. Alcuni protooncogeni sono attivati in
modo efficace solo da modificazioni della sequenza codifi­
cante. Altri possono essere attivali da grandi aumenti
(> 10 volte) dei livelli di espressione; c-myc è un esempio
di gene che può essere attivato quantitativamente in diversi
modi, tra cui traslocazioni con i loci delle Ig o del TcR (per
cattivo funzionamento del loro sistema di ricombinazione)
o inserzione di retrovirus.