Il pianeta di Zaphod - Mondadori Education

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Douglas Adams
Il pianeta di Zaphod
Il Cuore d’oro volava silenzioso nella notte spaziale, spinto ora dalla normale
propulsione fotonica1. Le quattro persone che vi si trovavano a bordo si sentivano
abbastanza inquiete, adesso che sapevano di essersi trovate insieme non di loro
propria volontà né per semplice coincidenza. Quando scese la notte artificiale
dell’astronave, tutti furono molto contenti di ritirarsi in cabine separate, a cercare di
organizzare razionalmente il turbinio dei pensieri.
Trillian non riuscì ad addormentarsi subito. Rimase seduta su un divano a fissare la
gabbietta che conteneva il suo ultimo e unico legame con la Terra: due topolini
bianchi che aveva assolutamente voluto portare con sé. Aveva sempre pensato che
non avrebbe più rivisto il suo pianeta, ma adesso era turbata dallo scoprire che non
gliene importava niente che fosse stato distrutto. Le sembrava così lontano e irreale il
ricordo della Terra che non sapeva proprio come commemorarla col pensiero.
Quando si riscosse dal suo torpore andò sul ponte di comando, a studiare sullo
schermo i dati luminosi che definivano la rotta della nave nello spazio. Le sarebbe
piaciuto conoscere quale pensiero inconscio le impediva di addormentarsi.
Anche Zaphod non riusciva a dormire, e anche lui aveva qualche pensiero inconscio
che lo teneva sveglio. A quanto si ricordava, da quando era sul Cuore d’oro aveva
avuto un’unica sensazione fastidiosa: la sensazione di non essere interamente
sull’astronave.
Nemmeno Ford riusciva a dormire. Era troppo eccitato dal fatto di sentirsi di nuovo
in viaggio. Proprio quando aveva cominciato ad abbandonare ogni speranza, i
quindici anni di prigionia erano finiti2. Girovagare per un po’ con Zaphod era una
prospettiva allettante, anche se c’era qualcosa di indefinibilmente strano nella storia
del suo semicugino. Per esempio, il fatto che fosse diventato presidente della Galassia
era francamente sorprendente, così com’era sorprendente il modo in cui aveva
abbandonato la carica. C’era forse una ragione dietro queste stranezze?
Arthur si era addormentato subito: era stanco morto.
Qualcuno toccò la porta della cabina di Zaphod, che si aprì subito. – Zaphod...?
– Sì?
Era Trillian. La sua figura si stagliava contro l’ovale di luce della porta.
– Credo che abbiamo appena trovato quello che cercavi.
Ford rinunciò all’idea di dormire. In un angolo della sua cabina c’erano lo schermo e
la tastiera di un piccolo computer. Si mise seduto lì davanti per un po’; poi si infilò
1. fotonica: si fa riferimento ad una spinta legata ai fotoni, ovvero a particelle delle radiazioni
elettromagnetiche.
2. finiti: il personaggio è rimasto bloccato sulla Terra per oltre quindici anni, mentre gli altri già
viaggiavano per la galassia.
una vestaglia e andò a fare una passeggiata sul ponte di comando. Appena arrivato fu
sorpreso di vedere Trillian e Zaphod chini sugli strumenti e visibilmente eccitati.
– Vedi? La nave sta per entrare in orbita – stava dicendo Trillian. – C’è un pianeta, là.
Si trova esattamente sulle coordinate che avevi detto tu.
Zaphod sentì un rumore e alzò gli occhi. – Ford! – esclamò. – Dai, vieni a guardare
anche tu!
Ford andò a dare un’occhiata. Sullo schermo tremolava una serie di cifre.
– Riconosci queste coordinate galattiche? – domandò Zaphod.
– No.
– Aspetta che ti do un indizio. Computer!
– Salve gente! – garrì il computer. – C’è un’aria di festa qua, vero?
– Chiudi il becco – disse Zaphod – e metti in evidenza gli schermi.
La luce si affievolì sul ponte di comando. Numerosi puntini luminosi giocarono sulla
consolle riflettendosi negli occhi dei quattro, che guardavano i monitor esterni. Sui
monitor non c’era proprio niente. Niente che potesse dare un indizio.
– La riconosci? – sussurrò Zaphod.
– Ehm, no – fece Ford.
– Cosa vedi?
– Niente. Ma di cosa parli?
– Siamo nella Nebulosa Testa di Cavallo3. Una grande nube nera.
– E avrei dovuta riconoscerla da uno schermo nero?
– Quando si è dentro una nebulosa nera, si è nell’unico posto della Galassia in cui lo
schermo ci appare nero. – Zaphod rise. Era visibilmente eccitato, e sembrava provare
una gioia infantile.
– Pensa, è davvero terribile!
– Cosa c’è di così terribile nell’essere in mezzo a una nuvola di polvere? – domandò
Ford.
– Cosa penseresti di trovare qui? – lo incalzò Zaphod.
– Niente.
– Niente stelle? Né pianeti?
– No.
– Computer! – chiamò Zaphod. – Ruota l’angolo visuale di centottanta gradi, e non
discutere!
Per un attimo sembrò non succedere niente, poi sull’orlo dell’enorme schermo
apparve un bagliore. In mezzo c’era una stella rossa grande come un piattino: vicino
ce n’era un’altra. Un sistema binario. Poi, nell’angolo apparve una grande mezzaluna
rossastra che a poco a poco sfumava nel nero, il nero dell’altro emisfero immerso
nella notte.
– L’ho trovato! – gridò Zaphod, battendo le mani sulla consolle. – L’ho trovato!
– Cosa?
3. Testa di Cavallo: la Nebulosa Testa di Cavallo è un turbine di gas e polveri, che ha la forma
della testa di un cavallo. Appartiene alla costellazione di Orione ed è fra le più note anche se è
difficile poterla osservare. La sua forma è nota solo attraverso le fotografie.
Noura 30/4/14 16:56
Commenta [1]:
– Quello – disse Zaphod – è il pianeta più improbabile che sia mai esistito.
Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti, Mondadori