CANTO II
E' un canto didascalico.
· In questo canto Dante pone due domande a Beatrice:
· Dante è veramente in cielo con il corpo?
· Che cosa sono le macchie lunari?
· Prima di salire nel primo cielo, Dante si rivolge al lettore e lo invita a
considerare le proprie forze e a riflettere se può seguirlo nell'ardua materia del
suo canto.
· Infatti d'ora in poi la materia che egli tratterà sarà difficile e nuova e solo coloro
che hanno fatto studi filosofici e teologici, potranno seguirlo e comprenderlo:
udiranno allora inaudite meraviglie.
· Inizia così la salita verso il primo cielo, quello della Luna.
· Beatrice guarda in alto, e Dante, in lei, sono sospinti velocemente verso il
cielo, in minor tempo di quanto una freccia si stacca dal'arco e giunge al
bersaglio.
· Giunti al cielo, Beatrice invita Dante a ringraziare Dio di questo.
·
Dante si stupisce come egli, corpo, possa essere penetrato in un altro corpo,
e paragona il fatto al raggio di luce che penetra nella massa dell'acqua senza
disunirla.
· Dopo aver ringraziato Dio, Dante chiede a Beatrice la spiegazione delle
macchie lunari.
· Beatrice, prima, vuole sapere l'opinione di Dante in proposito.
· Dante espone la questione come aveva già fatto nel Convivio:
· “L’ombra non è altro che rarità del suo corpo, alla quale non possono
terminare i raggi del sole e ripercuotersi sì come altre parti”.
Cioè la diversità dello splendore delle diverse parti del disco lunare deriverebbe
da maggiore o minore densità di sostanza.
Dove la luna è più densa i raggi del sole sarebbero riflessi con maggiore
luminosità, mentre dove è più rara penetrando in profondità non sarebbero
riflessi, perciò in quelle parti la Luna apparirebbe meno luminosa, presentando le
"macchie".
· Inoltre già si tramandavano delle leggende, come quella di Caino e Abele,
secondo cui le zone scure rappresentavano Caino ricoperto da cespugli
spinosi.
· Dante, però, rifiuta questa spiegazione e la fa confutare da Beatrice che
secondo il metodo scolastico pone due argomenti: uno di ragione e uno di
esperienza.
· prima ascolta il parere di Dante
· riprende le argomantazioni e le confuta( pars destruens) anche con esempi:
· se la diversità fosse determinata solamente dalla rarità e densità della loro
sostanza, tutte le virtù delle stelle ( la grandezza, la maggiore o minore
·
luminosità,il colore di questa luminosità che è la loro qualità), che influiscono
sulla Terra si ridurrebbero a una sola (che risiede in esse variamente
distribuita).
· Continua la confutazione, prima con la ragione poi con l'esperienza:
·
Le stelle hanno virtù diverse che derivano da principi formali diversi, i quali
spiegano appunto l’infinito intrecciarsi di influenze che esercitano sul mondo
terreno e in particolare sugli uomini. Questo è l’argomento di ragione.
· Per quanto riguarda l’argomento di esperienza:
· se le macchie lunari fossero originate dalla minore densità ci sarebbero due
casi possibili:
2) o questa rarità attraverserebbe tutto il corpo lunare da una parte all’altra,
3) oppure si alternerebbero strati rari e strati densi, come gli strati di magro e di
grasso nel corpo di un animale.
Nel primo caso durante le eclissi di sole, la luce solare trapasserebbe gli strati
rarefatti attraverso i fori. Questo però non accade.
Nel secondo caso la luce del sole dopo avere attraversato lo strato rarefatto
incontrerebbe lo strato denso. Qui i raggi del sole sarebbero arrestati e riflessi
come da uno specchio. Tuttavia, come dimostra l’esperienza, non è vero che le
parti che riflettono la luce del sole da un luogo più lontano risultano più scure. La
luce è infatti ugualmente riflessa in tre specchi posti a disuguale distanza di
fronte a un lume acceso. Anche l’immagine che risulta più piccola perché riflette
la luce da maggiore distanza non avrà alcuna parvenza di macchia o di ombra.
· ricomincia il ragionamento da un altro punto di vista
· dimostra filosoficamente la verità con esempi ( pars costruens):
· Le macchie lunari sono prodotte dal diverso mescolarsi nel Cielo della Luna
delle diverse influenze provenienti dai cieli superiori, ad opera delle
intelligenze angeliche.
· Dentro al “ciel della divina pace”, cioè l’Empireo, si muove il Primo Mobile, che
riceve il movimento uniforme dal “Motore Immobile”, uniforme come è la sua
natura in tutte le sue parti. Questo, distribuisce la virtù universale ricevuta a
tutto l'universo.
· Dante ricorre a un paragone: proprio come l’anima umana esplica tutte le sue
capacità attraverso i differenti organi del corpo, così l’Intelligenza celeste
esplica e moltiplica per mezzo delle stelle la sua bontà che è “unita al corpo
celeste e nello stesso tempo indipendente da esso per la sua natura di
principio pensante”. Il movimento e l’influenza dei cieli derivano dalle
intelligenze angeliche come l’opera del martello deriva dal fabbro. Così il cielo
stellato prende la sua virtù dall’intelligenza angelica (che muove il cielo stellato
e i cieli sottostanti). La virtù dell’intelligenza motrice determina le diverse virtù
moltiplicandosi. Questa virtù indifferenziata forma diverse leghe ed è proprio
da questa virtù mista a leghe che deriva la diversità di luce nel disco lunare
come nelle stelle.
· Non si tratta dunque di maggiore o minore densità, non si tratta di differenza
·
·
·
·
·
·
·
·
·
·
quantitativa, ma di diversità qualitativa. “La virtù è il principio formale che
produce, secondo la qualità della sua influenza, l’oscuro e il chiaro”
Così le differenze che si riscontrano tra gli uomini nel carattere e nelle
inclinazioni positive o negative sono dovute a diverse influenze astrali differenti
tra loro non solo per quantità, ma anche e soprattutto per qualità.
Con la spiegazione delle macchie lunari, Dante introduce tutte le tematiche del
canto III:
la volontà di Dio
i diversi gradi di santità dei beati
la felicità e la contentezza che pervadono tutto il Paradiso.
Dante conclude il canto dicendo che la luce delle stelle non è altro che
l'espressione della letizia di Dio, “ per la natura lieta onde deriva, la virtù per lo
corpo luce come letizia per pupilla viva”. E' Dio che riempie l'universo della sua
letizia: goderlo significa rendergli intimo omaggio.
Espressioni celebri del canto II:
“O voi che siete in piccioletta barca” ( si riferisce alla filosofia di
TommasoD'Aquino)
“L'acqua ch'io prendo già mai si corse” (tratta argomentazioni difficili, che
nessuno ha mai trattato)
“Il pan de li angeli” ( cose divine di cui parla)