3. L`equazione dell`equilibrio termico

3. L’equazione dell’equilibrio termico
Con quale criterio possiamo attribuire un segno all’energia Q trasferita per calore ?
Diremo che l’energia trasferita per calore è positiva, cioè Q  0 , se il corpo
ha ricevuto energia a causa degli urti a livello molecolare con un altro. Se
viceversa il corpo cede energia per il tramite degli urti fra le sue molecole e
quelle di un oggetto più freddo, si dice che l’energia trasferita per calore è
negativa, cioè Q  0 :
IL CORPO RICEVE ENERGIA PER CALORE:
Q >0
IL CORPO CEDE ENERGIA PER CALORE :
Q <0
Come legare il calore scambiato da una sostanza con la sua variazione di temperatura?
Per rispondere partiremo da alcune evidenze sperimentali che riguardano
una sostanza comune e facile da manipolare termicamente come l’acqua, che
utilizzeremo come sostanza di riferimento. Supponiamo di avere un
recipiente che non consenta trasferimenti di energia per calore con l’esterno,
cioè termicamente isolato, al quale diamo il nome di calorimetro. Si osserva
che due quantitativi di acqua uguali, uno caldo ed uno freddo, inizialmente
alle temperature TC e TF , se mescolati in un calorimetro, raggiungono una
temperatura TE , che diremo di equilibrio, che si trova a metà strada fra le
due. Possiamo esprimere questo risultato attraverso la formula:
 LA CONTROFISICA
Come sappiamo, il trasferimento
energetico tramite calore coinvolge
una moltitudine di urti fra le particelle
dei due sistemi, ed ha come risultato
un cambiamento nella loro energia
cinetica a livello microscopico. Si
tratta però di un effetto di superficie,
che deve propagarsi all’interno per
dare luogo ad una configurazione
omogenea. di temperatura. Occorre
quindi del tempo perché venga
raggiunta la temperatura di equilibrio.
TC  TE  TE  TF
la quale dice che la “distanza” TC  TE della temperatura calda da quella di
equilibrio è uguale alla “distanza” TE  TF della temperatura fredda
dall’equilibrio.
Cosa succede invece se le masse d’acqua non sono uguali?
Se ripetiamo l’esperimento con due masse di acqua differenti, mC ed mF , il
salto di temperatura non è più lo stesso, ma il quantitativo d’acqua con
massa maggiore subisce la minore variazione. L’esperienza mostra che,
mescolando due quantitativi d’acqua, esiste una relazione di proporzionalità
inversa fra la massa ed il cambiamento di temperatura, che si può esprimere
tramite la formula:
TC - TE mF
=
TE - TF mC
TC
TC  TE
m
 F
TE  TF
mC
In essa appare chiaro che il rapporto fra la “distanza” TC  TE , dell’acqua
calda dalla temperatura di equilibrio, e la “distanza” dall’equilibrio
dell’acqua fredda, TE  TF , è tanto maggiore quanto minore è il rapporto fra
12
TF
le loro masse (cioè quanto più grande è il suo reciproco
mF
). In altri
mC
termini, la temperatura finale di equilibrio sarà tanto più vicina ad una delle
due quanto più grande è la massa della quantità d’acqua corrispondente. Se
con T indichiamo il salto di temperatura per ciascuna quantità,
TF  TE  TF e TC  TE  TC possiamo scrivere allora:
mF TF  mC TC
Leggiamo questo risultato
interpretando la quantità mC TC come
qualche proprietà “uscita fuori” dall’acqua calda e la quantità mF TF come
qualche proprietà “entrata” nell’acqua fredda. In questo modo appare del
tutto naturale che la loro somma faccia zero, ed anzi traspare un processo
governato dalla conservazione dell’energia. Per questi motivi il prodotto
m T costituisce un buon candidato per misurare l’energia scambiata
dall’acqua tramite le collisioni fra le molecole, e quindi possiamo utilizzarlo
come espressione numerica dell’energia trasferita per calore.
Possiamo stabilire un’ unità per la grandezza m T ?
Il quantitativo di “energia trasferita per calore” da utilizzare come unità di
misura si ha per quei valori di m e T tali che m T  1 : a questo
quantitativo si dà il nome di chilocaloria. Diremo allora “una chilocaloria”
( 1 Kcal ) il passaggio di energia per calore capace di variare di 1.0°C la
temperatura di 1.0 Kg di acqua:
Q  m T  1 Kg  1C  1 Kcal
ed analogamente si dice “una caloria” ( 1 cal ), il calore scambiato da 1.0 g
di acqua quando la sua temperatura varia di 1.0°C . La chilocaloria è anche
l’unità di misura utilizzata per esprimere il contenuto energetico dei cibi ed
in questo contesto viene impropriamente detta caloria.
Cosa cambia se si pongono nel calorimetro sostanze differenti dall’acqua?
L’esperienza mostra che, a parità di massa, uno stesso quantitativo di calore
determina variazioni di temperatura anche molto differenti, a seconda delle
sostanze coinvolte. Ad esempio, un chilogrammo di acqua che riceve
10 Kcal si riscalda di 10°C , ma lo stesso calore comporta un incremento pari
47°C nella temperatura di un chilogrammo di alluminio, che diventa
invece 93°C per una uguale massa di ferro e sale fino a 300°C se si tratta
di un chilogrammo di mercurio. La varietà dei risultati ottenibili è molto
ampia, e va osservato che fra tutte le sostanze note il minor incremento di
temperatura a parità di calore scambiato compete all’acqua. Risulta allora
utile associare ad ogni sostanza una grandezza fisica, il calore specifico, che
indichi quanto calore bisogna fornire ad ogni chilogrammo per innalzare di
un grado la sua temperatura. Limitandoci per il momento alle fasi liquida e
solida, si osserva che se forniamo Q calorie ad una massa m di sostanza, e
13
Q
si
m T
mantiene costante in un intervallo di temperature non troppo distante da
quella ambiente. E’ a tale costante che si dà il nome di calore specifico:
misuriamo un incremento T nella temperatura, il rapporto
c
IL
CALORE
SPECIFICO
INDICA
Q
m T
QUANTA
ENERGIA
OCCORRE
FORNIRE
AD
UN
CHILOGRAMMO DI SOSTANZA PER INNALZARE DI UN GRADO LA SUA TEMPERATURA
Il calore specifico si misura in
 LA CONTROFISICA
Il calore specifico non è in realtà una
costante,
ma
dipende
dalla
temperatura alla quale si trova la
sostanza. Vi sono casi in cui, anche
all’interno di un salto di temperatura
pari ad un grado, esso varia
sensibilmente. La definizione che qui
diamo è in realtà quella del calore
specifico medio entro l’intervallo ∆T.
Essa ha senso soltanto in quei casi in
cui il calore specifico varia così poco
da poterlo rappresentare attraverso il
suo valore medio in quell’ intervallo di
temperatura.
cal/(Kg K) (oppure cal/(Kg °C) ), e da
quanto detto prima il calore specifico dell’acqua vale 1000 cal/(Kg K) . Se
dalla definizione di calore specifico ricaviamo Q si ottiene:
Q  cm T
che confrontata con l’espressione provvisoria per il calore che avevamo
introdotto in precedenza, mostra come c svolga il ruolo di una costante di
proporzionalità davanti al prodotto m T . Possiamo interpretare questa
relazione come se il numero corrispondente al calore specifico trasformasse
la massa reale m della sostanza in una massa cm di “acqua equivalente”
che quando riceve Q calorie manifesta lo stesso incremento di temperatura
del quantitativo vero m di sostanza. In questo senso si può leggere la tabella
dei calori specifici come se, dal punto di vista dell’incremento di
temperatura, un chilogrammo di alluminio fosse equivalente a 0.215 Kg di
C
cal/KgK
C
J/KgK
ACQUA
1000
4186
GHIACCIO
499
2090
ALLUMINIO
215
900
VETRO
200
837
FERRO
107
448
RAME
92.3
386
acqua, un chilogrammo di ferro a 0.107 Kg di acqua, ed uno di mercurio a
OTTONE
92
385
0.0332 Kg .
BRONZO
87
364
ALCOHOL
58
243
LEGNO
42
176
MERCURIO
33.2
139
ORO
31.2
131
PIOMBO
30.5
128
E se invece di una sostanza si ha a che fare con un singolo oggetto ?
E’ più pratico in questo caso moltiplicare la sua massa per il suo calore
specifico ed esprimerne le proprietà termiche tramite un’altra grandezza, la
capacità termica:
C 
Q
T
misurabile in cal/K (o anche cal/°C ). La capacità termica esprime il numero
di calorie che occorre fornire ad un oggetto per innalzarne la temperatura di
una unità.
Per due oggetti a contatto come scriviamo Q uscente dal primo e Q entrante nel secondo ?
Per la definizione di calore specifico, se un oggetto riceve Q calorie si ha:
Q  cm Tfinale  Tiniziale 
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SOSTANZA
Consideriamo due oggetti, di massa e calore specifico mA , cA ed mB , cB ,
temperature TA e TB ,
con TA  TB . Quando, in seguito al contatto,
avranno raggiunto la temperatura di equilibrio TE ,
l’energia uscita dal
corpo caldo sotto forma di calore si potrà scrivere:
QA  cAmA(TE  TA )
Questa espressione fornisce il segno negativo che ci attendiamo per Q
quando esce dell’energia, in quanto TE  TA . Per l’energia entrante nel
corpo freddo, positiva perché TE  TB , avremo analogamente:
QB  cB mB (TE  TB )
QA
QB
C’è relazione fra il calore uscente dal primo corpo e quello entrante nel secondo ?
Per appoggiare le idee figuriamoci il contatto di due solidi a temperatura
differente, e assumiamo che siano assenti dissipazioni di calore verso
l’esterno, cioè che non assorbano calore né il piano d’appoggio né l’aria.
Supponiamo anche che l’energia scambiata se ne vada tutta in variazioni di
temperatura, trascurando quindi sia il lavoro compiuto all’interno dei due
soldi sia quello da loro compiuto sull’ambiente (ad opera della piccola
variazione di volume che il riscaldamento comporta). Se infine fra le
molecole avvengono solo scambi tramite urti che mantengono uguale
l’energia complessivamente posseduta da ogni coppia prima e dopo l’urto
(urti elastici), il calore QA uscito dal corpo caldo, pagato dal corpo stesso
unicamente con la sua diminuzione di temperatura, dovrà eguagliare il
calore QB entrato nel corpo freddo, che a sua volta ne beneficia unicamente
in termini di aumento di temperatura:
QA  QB .
Come possiamo calcolare la temperatura di equilibrio?
Da quanto detto segue che la somma algebrica delle due quantità QA e QB ,
di segno opposto ma stesso valore assoluto, è nulla, QA  QB  0 , che si
scrive anche:
cAmA (TE  TA )  cB mB (TE  TB )  0
Tale risultato viene detto equazione dell’equilibrio termico e consente di
ricavare TE :
TE 
cAmATA  cB mBTB
cAmA  cB mB
Il risultato è generalizzabile al caso di un numero qualunque di corpi a
c m T  c2m2T2  
contatto TE  1 1 1
e riscrivibile anche come:
c1m1  c2m2  
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c1m1T1  c2m2T2    c1m1  c2m2  TE
Una lettura suggestiva di questa formula è di immaginare che ognuno degli
oggetti venga prima riportato alla temperatura zero della scala utilizzata. Il
rilascio di calore complessivo sarà allora proprio il membro di sinistra nella
relazione: c1m1T1  c2m2T2   . Successivamente ci chiediamo se questo
calore ci basta per riscaldare ogni corpo fino alla temperatura di equilibrio.
Per fare questo occorre la quantità a destra c1m1TE  c2m2TE   , e
l’operazione è possibile quando i due calori sono uguali, che è proprio
quanto dice la formula.
Come non dobbiamo immaginare il processo di raggiungimento dell’equilibrio termico?
E’ utile pensare a qualcosa che transita fra i due corpi, in analogia con quello
che accade quando si riempie il serbatoio dell’auto. Anche in quel caso
infatti vale il semplice bilancio per cui la benzina entrata nel serbatoio è
uguale a quella uscita dalla pompa. E’ tuttavia errato raffigurarsi qualche
sostanza impalpabile che passa dalla zona ove sono le molecole del primo
oggetto alla regione del secondo. Le due masse non subiscono variazioni; il
trasferimento avviene al livello energetico: quel che passa dall’uno all’altro è
lo stato di agitazione termica.
Se il calore è energia in trasferimento, la sua unità di misura non dovrebbe essere il Joule?
Essendo il calore una forma di energia la sua unità di misura dovrà essere il
Joule, come per il lavoro meccanico. Tuttavia, sia per motivi storici, sia
perché risulta comodo, si usa anche una differente unità, la caloria, la cui
definizione è più strettamente termica. Ma come si è detto, il riscaldamento
di una sostanza può essere ottenuto, oltre che accostando ad essa un corpo a
temperatura maggiore, anche per via meccanica: strofinandolo se solido,
agitando delle pale al suo interno se liquido. Con il meccanismo concepito
da J.P. Joule (1818-1889) qui a lato schematizzato, è possibile misurare il
cosiddetto equivalente meccanico della caloria. Al lavoro della gravità
corrisponde, tramite la rotazione della pale, una cessione di energia
all’acqua. Lo strato di ghiaccio nell’intercapedine circostante utilizza questa
medesima energia per fondere: misurandone la quantità si risale alle calorie
rilasciate dall’acqua. Poiché la stessa energia è uguale al lavoro svolto delle
pale, esprimibile in Joule tramite la relazione mgh , uguagliando i due
numeri si ottiene l’equivalente in Joule della caloria: 1 cal  4.186 J . Pertanto
 LA CONTROFISICA
Come vedremo più avanti, l’energia
interna si distribuisce equamente fra
tutti i modi indipendenti in cui può
essere incamerata nelle molecole
(traslazione, rotazione, vibrazione o
sotto forma di energia potenziale). E’
comodo utilizzare la caloria perché,
per ognuno di questi modi
indipendenti, una mole di sostanza
incamera più o meno
una caloria
ogni Kelvin di salto di temperatura.
il calore specifico nel sistema internazionale si potrà esprimere anche in
J/(Kg K) (oppure J/(Kg °C) ). Nei paesi anglosassoni si fa uso anche di
un’altra unità di misura per il calore, il British thermal unit o Btu. Essa
corrisponde all’energia necessaria per variare di un grado Fahrenheit la
temperatura di una libbra ( 0.454 Kg ) di acqua. Risulta 1 Btu  1.055 J .
Cosa dimostra l’esperimento di Joule ?
Mostra che la stessa variazione di energia interna in un sistema può essere
ottenuta sia compiendo su di esso del lavoro sia cedendogli del calore.
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EQUIVALENTE MECCANICO
DELLA CALORIA :
1 cal = 4.186 J
Esempio
Si calcoli quale temperatura di equilibrio si ottiene versando 400 g di acqua a ta  30 °C in un bicchiere di vetro di
200 g che si trova alla temperatura di tb  10 °C . Quanto calore ha scambiato l’acqua cedendolo al vetro? Si assuma
cvetro  837 J/Kg  K .
Scriviamo l’equazione dell’equilibrio termico usando chilogrammi e gradi Celsius:
4186  0.400  (TE  30)  837  0.200(TE  10)  0
TE 
4186  0.400  30  837  0.200 10
 28 °C
4186  0.400  837  0.200
Calore scambiato dall’acqua:
4186  0.400  (28  30)  3349J  800 cal  0.8 Kcal
4. Scottarsi con la pizza
L’ALLUNGAMENTO FA LAVORARE
LE FORZE DI COESIONE
Perché scotta il pomodoro della pizza od il riso dentro ai supplì
Sarà capitato certamente di scottarsi in modo del tutto inaspettato con la
pizza non troppo calda. La crosta è appena tiepida al tatto e non brucia le
labbra quando ve la si posa sopra. Ma non appena si giunge al pomodoro,
sembra di avere in bocca qualcosa di molto più caldo e spesso ne ricaviamo
un’ustione alla lingua! Com’è possibile? Dopotutto abbiamo scaldato sia il
pomodoro che la farina nello stesso forno per il medesimo tempo, ed inoltre
le due sostanze sono in contatto fra loro: il principio dell’equilibrio termico
ci dovrebbe assicurare che si trovano alla stessa temperatura.
In effetti sono alla stessa temperatura, ma per poterla raggiungere la salsa di
pomodoro ha dovuto incamerare molta più energia rispetto alla farina, e
questo a causa del grande quantitativo di acqua che contiene. Abbiamo visto
che il calore specifico dell’acqua supera quello di tutte altre le sostanze, alle
quali in genere occorrono molte meno delle 1000 calorie necessarie
all’acqua per innalzare di un grado la temperatura di ogni suo chilogrammo.
L’acqua è in grado di incamerare molta energia a fronte di modesti
incrementi di temperatura. Quando accostiamo la pizza alla bocca, sia la
crosta che il pomodoro raggiungono l’equilibrio termico con la nostra pelle,
ma la temperatura finale è diversa perché ad ogni salto di un grado l’acqua
del pomodoro rilascia molta più energia e per questo scotta.
In che modo tutto ciò viene espresso dall’equazione per l’equilibrio termico?
Riguardiamo la formula per la temperatura di equilibrio:
 LA CONTROFISICA
ALTO
TE 
BASSO
cA mATA  cB mBTB
cAmA  cB mB
Se, come accade in questo caso, le due masse mA ed mB sono più o meno
confrontabili ma cA (dell’acqua) è molto maggiore di cB (della nostra
bocca), all’interno della somma il termine cAmATA pesa molto di più somma
del termine cB mBTB , e così la TE finale sarà molto più vicina a TA che non
a TB . Ogni caloria rilasciata da un grammo di acqua le fa decrescere la
temperatura di un grado ma fa aumentare di tre-cinque gradi quella della
pelle e così ci scottiamo perché ci avviciniamo molto più alla sua
temperatura.
E perché la crosta invece non scotta?
Quando posiamo la lingua sulla crosta della pizza invece, siamo noi in
vantaggio. Anche se le labbra e la pizza per effetto del contatto condividono
la loro energia termica,
essendo noi fatti di acqua (però meno di un
pomodoro!) ci vuole molta più energia per alzare di un grado la temperatura
della pelle di quanta non ne rilasci la crosta per ogni grado di temperatura
perduto. E così l’equilibrio è raggiunto molto più vicino alla temperatura
nostra che non alla sua, e non ci bruciamo.
Cosa determina il diverso incremento di temperatura che segue allo spostamento di calore?
Come si è visto, maggiore è la quantità di sostanza che vogliamo riscaldare,
maggiore sarà l’energia che deve essere fornita
per innalzarne la
temperatura. Ma anche a parità di massa, sostanze con differente
composizione chimica o differente stato di aggregazione che ricevono lo
stesso calore aumentano la loro temperatura di quantità diverse. Questo
perché, a seconda del materiale, una parte del calore ricevuto, (che
ricordiamo è un trasferimento dell’energia cinetica dovuta all’agitazione
termica), produce effetti diversi da quello di innalzare la temperatura. Nel caso di
un solido (ma anche di un liquido) si allungano le distanze fra le molecole
nel reticolo e così lavorano le forze di coesione: il calore ricevuto viene
assorbito come energia potenziale nei legami fra le molecole. Un altro fattore
sono le condizioni in cui la trasformazione in esame avviene. In particolare,
se si tratta di un gas, l’incremento di temperatura dovuto allo spostamento
della stessa quantità di calore può essere anche molto diversa, in relazione
al fatto che si sia fissato il suo volume oppure che possa variare. In questo
secondo caso infatti la pressione esercitata dal gas compie lavoro
sull’ambiente e questo a spese anche del calore ricevuto. In generale quindi
solo una parte dell’energia scambiata per effetto degli urti fra le molecole va
ad incrementare la temperatura, il resto viene utilizzato per il lavoro interno
delle forze di coesione o per il lavoro esterno, come si vede nello schema.
18
La formula per la temperatura di
equilibrio ha la medesima struttura di
quella per il calcolo del centro di
massa di un sistema di corpi. Come in
quel caso il centro di massa è più
vicino all’oggetto più massivo, qui, a
parità di massa, la temperatura di
equilibrio più vicina all’oggetto col
maggior calore specifico.
T
Q
TIPO DI SOSTANZA
QUANTITÀ
LAVORO INTERNO
(delle forze di coesione)
LAVORO ESTERNO
Tale frazione può essere più o meno consistente, ed anche nulla ad esempio
nel caso delle transizioni di fase o dell’espansione di un gas che produce
lavoro a spese di tutto il calore ricevuto. Il calore specifico riassume in un
numero
i complessi processi fisici che, a seconda della sostanza,
determinano quanta parte del calore fornito contribuisce all’innalzamento
della temperatura e quanta se ne va nel lavoro interno delle forze di
coesione. Questa semplificazione è ammessa solo per le fasi solide e liquide;
per gli aeriformi, come vedremo, andrà specificato invece se durante il
processo di riscaldamento viene loro consentito di compiere lavoro
lasciandoli espandere, oppure se il volume viene fissato.
5. Esercizi
Esercizio 1
Una teglia di metallo di massa mA  450 g viene usata per cuocere una torta ponendola in un forno alla temperatura
di 200 °C . Successivamente viene lavata in una bacinella che contiene 2.0 Kg di acqua a temperatura ambiente: :
ta  291 K . Teglia ed acqua si portano ad una temperatura di equilibrio tE  25 °C . Calcolare (1) quanto calore ha
acquistato l’acqua; (2) quanto calore ha ceduto la teglia; (3) qual è il calore specifico del metallo della teglia.
Trasformiamo dati in unità del sistema internazionale:
TE  273  25  298 K ; Tt  273  200  473 K ; mA  0.450 Kg
Il calore acquistato dall’acqua è:
QA  mA  cH 2O  (TE TA )  2.0Kg  4186
J
 (298  291)K  5.86  104 J  14.0 Kcal
Kg  K
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Per applicare la stessa formula nel caso della teglia dovremmo conoscere il calore specifico del metallo della
teglia, che è invece una delle richieste del testo. Tuttavia in assenza di altre dissipazioni il calore che entra
nell’acqua non può che essere quello che esce dalla teglia cambiato di segno, a significare che si tratta ora di
calore uscente, e cioè:
QA  QT  0  QT  QA  5.86  104 J
Che si può scrivere in funzione del calore specifico c del metallo:
QT  cmT (TE  TT )  c  0.45  (298  473)  78.75 c
Confrontando col valore trovato in precedenza si ha subito il calore specifico del metallo:
c
5.86  104
J
 7.44  102
78.75
Kg  K
Esercizio 2
Una rigida mattina d’inverno la temperatura è 12 °C e si ha del caffè a temperatura di 90 °C . La tazza sul tavolino è
alla temperatura dell’ambiente e dentro vi versate 5 cl di caffè e poi 10 cl di latte preso dal frigorifero alla temperatura di
4 °C . Mescolate il tutto ed alla fine ottenete un bel cappuccino alla temperatura di 15 °C . Sapete dire qual è la capacità
termica della tazza?Assumete che il calore specifico del latte e quello del caffè, che sono in grandissima parte fatti di
acqua, siano circa uguali a quello dell’acqua, e che anche la loro densità si possa approssimare con la densità
dell’acqua: latte  caffè  H 2O  103 Kg/m 3 .
Trasformiamo tutto in unità del S.I. Ricaviamo i volumi:
Vlatte  10 cl  0.1 l  0.1 dm 3  104 m 3
Vcaffè  5 cl  0.05 l  0.05 dm 3  5  105 m 3
e quindi calcoliamo la massa del latte e quella del caffè:
mlatte  lattaVlatte  103  104  0.1 Kg
mcaffè  caffèVcaffè  103  5  105  0.05 Kg
L’equazione risolvente il problema è quella che ci dice che in assenza di dispersioni il calore non è
scomparso, ma uscendo dal caffè è entrato nel latte e nella tazza:
Qcaffè  Qlatte  Qtazza  0
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Calcoliamo:
Qcaffè  ccaffèm caffè (Tequilibrio  90)  103  0.05  (15  90)  3.75 Kcal [negativo: uscente]
Qlatte  clattem latte (Tequilibrio  4)  103  0.05  (15  4)  0.55 Kcal [positivo: entrante]
Le temperature sono rimaste in gradi centigradi e non sono state portate in Kelvin perché in tutti i problemi
in cui si ha a che fare solo con differenze di temperatura, come in questo caso, la trasformazione in Kelvin è
inutile in quanto le differenze non cambiano.
Per il calore specifico dell’acqua si è usato il valore in calorie ( 103 cal/Kg  K ) e quindi le energia trasferite
sono in calorie, ma si sarebbe potuto ugualmente usare il valore in Joule ( 4186 J/Kg  K ) ottenendo le
energie trasferite in Joule.
Qtazza  C tazza (Tequilirio  12)  C tazza (15  12)  3C tazza
dove C tazza è la capacità termica della tazza che devo calcolare. Notare che per un oggetto generico
conviene usare C anziché il calore specifico c , preferibile invece in quei casi in cui è noto il tipo di materiale.
Eguagliando a zero la somma dei tre calori si ha:
3.75  0.55  3C tazza  0
C tazza 
3.75  0.55
 1.07 Kcal/K = 1070 cal/K
3
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