l`olio di oliva - Agriturismo Azienda Agricola Cignale

Curiosità sull’olio di oliva
A) Un po’ di storia
1.L’olivo e la sua coltura
2. L’olivo e il suo prodotto
B) Olio d’olivo
1. Composizione
2. Proprietà benefiche
3. Utilizzo
C) Come si ottiene l’olio extra vergine d’olivo
1. La tecnica colturale e le varietà
2. La difesa fitosanitaria
3. La raccolta
4. La conservazione delle olive
5. La molitura
6. La conservazione dell’olio extra vergine
D) Come si individua la qualità dell’olio extra vergine
1. Sensazioni tipiche di buona qualità
2. Difetti organolettici
A)Un po’ di storia
1.L’olivo e la sua coltura
L’olivo pianta sempreverde mediterranea appartiene al genere Olea, specie Olea europea che
comprende le due sottospecie: Olea europeae sativa, nella quale rientrano le varietà coltivate
(cultivar) e la sottospecie europeae oleaster che comprende gli olivi spontanei (oleastri ed
olivastri).
L’ipotesi più accreditata circa l’origine dell’olivo, (Olea europeae) è che esso sia nato nell’ampia
zona geografica dell’Asia Minore compresa fra l’Armenia, il Turkestan ed il Pamir da dove, per
successivi spostamenti, si sarebbe diffusa prima in Medio Oriente e poi definitivamente insediata
nell’area mediterranea.
A Creta si trovano testimonianze certe di antichissima coltivazione dell’olivo nel bacino del
Mediterraneo risalenti all’età minoica (3000-1500 a.C.); i reperti archeologici del palazzo di
Knossos indicano chiaramente che l’olivo aveva già assunto nell’isola un interesse agricolo in
epoca già remota.
Nel 2000 a.C. è già presente in Egitto ove viene razionalmente coltivato. Mille anni dopo compare
in Palestina.
Tra il IX e l’VIII secolo a.C. viene introdotto dai Fenici in tutta la Grecia, a Cartagine e in
Cirenaica; successivamente gli stessi Fenici prima ed i Greci dopo lo diffusero in Sicilia, ove
cinquecento anni prima della venuta di Cristo veniva coltivato estensivamente.
Un secolo dopo raggiunge il Lazio e, dove le condizioni ambientali lo permettono,
progressivamente si espande nel centro ed in alcune aree dell’Italia settentrionale.
I Romani estendono sistematicamente la coltura dell’olivo in tutta la penisola italiana,
amplificandone ulteriormente le valenze che il mondo greco vi aveva associato. La produzione
dell’olio raggiunge una “….sì grande importanza, che la Repubblica volle conservarne all’Italia il
monopolio, ordinando che al di là delle Alpi non si piantassero olivi”, e l’olivo diventa quindi il
massimo “…tributo d’onore alla maestà romana”,(1) oggetto di leggi speciali che ne garantiscano
la coltura e la conservazione..
Con il progressivo decadere del sistema economico romano, e come primo effetto della grave crisi
agricola, già nel II secolo l’Italia non è più in grado di effettuare l’esportazione dell’olio, che deve
invece essere importato dalle varie province dell’Impero, anche per assicurare le distribuzioni
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popolari che vengono effettuate sempre più frequentemente dagli imperatori come simbolo di
prosperità e di potenza. Per questa necessità sorgono delle particolari categorie professionali legate
al commercio del prodotto dagli “olearii”, commercianti importatori, ai “frugis oleique bauli”,
facchini che assicurano il trasporto della merce dai luoghi di sbarco ai magazzini dell’annona, dove
una apposita “arca olearia” contabilizza tutto il movimento commerciale.
Il definitivo tracollo dell’impero romano, con il conseguente inarrestabile e generale fenomeno di
spopolamento delle campagne porta all’abbandono quasi completo della coltura dell’olivo in tutta la
penisola, fenomeno aggravato anche dalle invasioni barbariche e dalla conseguente introduzione di
nuove abitudini legate all’uso dei grassi animali.
“Compagno nella decadenza delle virtù e dei beni sociali, l’olivo ne fu del pari nel loro
risorgimento; e ricomparve, onorato e protetto, dovunque tornarono a stabilire le loro sedi di
incivilimento l’agricoltura, il commercio e le arti”(2) in questa frase è riassunta la vicenda storica
dell’olivo che, dopo la caduta dell’impero romano, inizia gradatamente ad essere reintrodotto in
Italia a partire dalla fine del XII secolo, con il movimento che sfocia nel periodo comunale e nel
Rinascimento. In questo periodo di rinnovato interesse per l’attività agricola si inizia ad iscrivere “
Nei contratti di enfiteusi, di affitto e di colonia parziaria di quasi tutta Italia…l’obbligo di piantare
annualmente un determinato numero di viti, di olivi e di alberi da frutto”.(2)
La diffusione e l’affermazione della cultura nel bacino del Mediterraneo sta ad indicare che in
questo ambiente l’olivo ha trovato e trova le condizioni ambientali più favorevoli, dimostrato
dal fatto che ancora oggi oltre il 90% della coltura si trova concentrata nei paesi che si affacciano
sul Mediterraneo.
L’olivo si diffonde e sopravvive al succedersi delle diverse civiltà nel corso di millenni e finisce
con il costituire elemento emblematico della civiltà mediterranea, unitamente ad altre due
piante, il frumento e la vite, ed è per questo che per i popoli antichi come per quelli attuali del
Mediterraneo l’olivo viene a rappresentare un elemento di riferimento anche culturale.
2. L’olivo e il suo prodotto
L’olio, riveste nella storia la stessa importanza del vino e del pane.
L’ Olea europea sativa ha da sempre manifestato la sua utilità benefica nella stabilità dei suoli,
nella definizione del paesaggio mediterraneo ma anche nella costruzione degli attrezzi utili per
l’agricoltura, nella produzione di calore oltre che, ovviamente, negli aspetti alimentari, dietetici
e cosmetici.
Da almeno sei millenni i frutti di questa pianta sono utilizzati per ricavarne quello che oggi è
definito “il principe dei condimenti”.
Una caratteristica fondamentale lo distingue da tutti gli altri oli di origine vegetale: l’olio di oliva
extra vergine è l’unico ad essere ottenuto dalla semplice spremitura del frutto e non dal seme.
L’olio quindi prende corpo dalla polpa del frutto (che si chiama “drupa”) e solo in piccolissima
parte (circa 1%) dal seme. E’ proprio il frutto che conferisce all’olio, oltre al normale apporto
di materia grassa, una serie di aromi e sapori e di altre sostanze particolarmente benefiche
per la salute.
Fin dall’antichità l’olio di oliva fu utilizzato non solo come pregiato alimento, ma anche come
medicamento e tali e tante furono riconosciute le sue virtù che furono studiati i metodi migliori per
utilizzarlo.
Galeno lo riteneva utile per combattere i mali del ventre e lo consigliava agli atleti per ungersi il
corpo perché, oltre a facilitare la lotta nell’evitare la presa dell’avversario, favoriva il tono
muscolare.
Dioscoride riferisce di come l’olio di oliva fosse considerato particolarmente adatto per la
composizione degli unguenti, nonché indicato per lo stomaco di cui era ritenuto un correttivo:
“l’olio comunemente scalda, mellifica il ventre, preserva il corpo dal freddo e spegne la mordacità
delle medicine ulcerative”. Inoltre lo considerava adatto per combattere i dolori dei fianchi ed i
parassiti intestinali.
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Interessante è una pubblicità farmaceutica del 1780, nella quale sono elencate le “Virtù dell’Olio
Dell’Illustrissima Casa Mandosi ora Castelli di Terni”, vi si legge che l’olio risulta essere utile per
“tutte sorte di doglie frigide..per debolezza, dolore, e indigestione di stomaco” nonché” per morsure
di Ragni, e d’Animali velenosi”(3).
In una pubblicazione del 1855 si legge dell’uso medicinale dell’olio di oliva nella cura del colera:
appena si è certi della sopraggiunta infezione colerica bisogna somministrare al malato “…l’olio
d’ulivo del più dolce e buono che potrà aversi”, essendo l’olio “ un antitodo speciale del Colera”.
Le prescrizioni ne prevedono la somministrazione a “…cucchiajate, e ciò di mezz’ora in mezz’ora,
quando però il morbo tenesse un andamento mite. Che se questo fosse rapido e grave, si dovrebbe
l’olio somministrare in maggiore dose…talora sino a consumarne 3, 4 e più libbre. Come per
l’appunto io stesso praticai con grandissimo giovamento anzi con salute di tutti quelli che mi
furono dati ad assistere nell’altra influenza colerica del 1837”.(4)
Sottoposto a particolari procedimenti l’olio di oliva trovava anche indicazioni nelle cure di bellezza
femminili, proteggendo la pelle dall’avvizzimento. E si adoperava anche nel dolore del capo, contro
la forfora, la scabbia, la caduta dei capelli: “ diventano tardi canuti quelli che quotidianamente si
ungono il capo con l’olio di oliva” affermava il Mattioli ed inoltre: “ bevuto caldo, mescolato con
malvasia, mitiga non poco i dolori colici, di fianco, di reni”.
Nei secoli più vicini (1700) il Pellettier scriveva che l’olio di oliva è il migliore ed il più ricercato
degli oli per l’uso della tavola, “ma pur adesso si adopera specialmente per le prescrizioni
medicamentose, come linimenti, embrocazioni e simili”.
Anche il medico torinese Marno, nello stesso periodo,suggerisce l’uso dell’olio di oliva contro le
artriti, la gotta ed il reumatismo in generale e, nel secolo scorso, i francesi Chauffard e Duprè
scrivevano che l’olio è un medicamento empirico la cui attività favorendo lo svuotamento della
cistifellea è incontestabile.
Nel tempo l’olio di oliva ha sempre più affermato il suo valore di alimento-medicamento
presentandosi scientificamente come il grasso più equilibrato e meglio tollerato
dall’organismo.
L’intuizione popolare che nel passato aveva riconosciuto all’olio pregi salutari, è stata confermata
dalla scienza moderna che ne ha dimostrato i reali valori biologici e terapeutici. Essi si
riferiscono alla ottima digeribilità, ad una efficace azione di stimolo sulle funzioni epato-biliari,
ad una riduzione dei livelli del colesterolo nel sangue ed a una perfetta compatibilità con una
vita sana e longeva.
B) Olio d’olivo
1. Composizione
L’olio d’oliva è composto da due gruppi di sostanze:
- lipidiche, cioè la parte grassa, che è la più consistente;
- non lipidiche, dette insaponificabili che comprendono una serie di componenti minori la cui
importanza è fondamentale per definire le caratteristiche di qualità dell’olio.
Ogni grasso è composto da sostanze denominate trigliceridi che si formano dall’unione della
glicerina con gli acidi grassi.
I trigliceridi assumono caratteristiche diverse in funzione del tipo di acido grasso con il quale si
legano. Questi sono composti da catene di atomi di carbonio che si legano tra loro e
contemporaneamente con gli atomi di idrogeno.
La lunghezza di queste catene e la diversa distribuzione dei doppi legami individuano il tipo di
acido grasso determinandone anche alcune caratteristiche, come ad esempio lo stato fisico.
Infatti, gli acidi grassi composti da 10 atomi di carbonio, uniti tra loro esclusivamente da legami
semplici, a temperatura ambiente sono solidi e sono tipici dei grassi animali (acidi grassi saturi),
fatta eccezione per gli oli di pesce.
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Al contrario la presenza di legami doppi e tripli tra gli atomi di carbonio dell’acido grasso
conferisce al grasso consistenza liquida, caratteristica che accomuna tutti i grassi di origine
vegetale.
Nell’olio extravergine d’oliva l’acido grasso presente in quantità maggiore è l’oleico; tre molecole
di questo legandosi con una molecola di glicerina formano la trioleina che è, appunto, il trigliceride
caratteristico di questo olio.
In misura minore sono presenti l’acido linoleico, l’acido palmitico e l’acido stearico, altri in misura
trascurabile.
La frazione grassa, nel complesso, costituisce il 98% in peso dell’olio.
Il restante 2% è costituito da una serie di sostanze presenti in piccole quantità, ma non per questo
meno importanti, le quali caratterizzano in modo esclusivo questo olio.
Nel complesso se ne possono elencare circa 220, ma le più importanti sono le sostanze
polifenoliche ed alcune vitamine fra le quali la vitamina E ed i precursori della vitamina A
(tocoferoli).
I polifenoli hanno una funzione importantissima nella definizione delle caratteristiche
organolettiche dell’olio e della conservazione delle stesse nel tempo. E’ dimostrato che
all’aumentare della loro concentrazione migliorano il gusto e la componente aromatica dell’olio.
Nell’olio extravergine di oliva, per legge, devono essere contenuti almeno nella quantità di
120mg/kg.
2. Proprietà benefiche
L’analisi delle proprietà dell’olio extravergine di oliva, in relazione al metabolismo umano, ci
permette di capire il motivo che rende questo alimento non solo gradevole ma anche salutare.
L’olio di oliva si differenzia dalle altre sostanze grasse, siano esse di origine vegetale che animale,
soprattutto per la sua composizione in acidi grassi, che risulta essere costituita per il 70 – 80% da
un acido monoinsaturo: l’acido oleico.
E’ un composto di elevato valore biologico per la sua grande stabilità all’ossidazione, per l’estrema
facilità con cui viene assorbito dall’organismo oltre che per la funzione protettiva che svolge nei
riguardi delle malattie cardiovascolari.
La sperimentazione ha dimostrato che a far innalzare il tasso di colesterolo nel sangue è l’uso di
grassi saturi e che i grassi polinsaturi bloccano questo effetto.
E’ provato anche che gli acidi grassi monoinsaturi non solo riescono ad abbassare il livello di
colesterolo totale nel sangue, come gli acidi polinsaturi, ma, al contrario di questi, lasciano
inalterato la frazione lipoproteica HDL (“colesterolo buono”) che svolge una funzione
importantissima in quanto rimuove il colesterolo presente lungo le arterie.
L’acido linoleico , acido grasso polinsaturo, presente, nell’olio di oliva, in ragione del 4 – 15%, è
un composto di elevato valore biologico in quanto è componente fondamentale delle membrane
cellulari e precursore nella sintesi di alcuni ormoni.
L’organismo umano non è in grado di sintetizzarlo, come alcuni altri acidi grassi polinsaturi, per cui
è fondamentale assumerlo con gli alimenti.
La composizione della frazione grassa dell’olio d’oliva è molto simile a quella del grasso umano;
questo fatto è molto importante perché lo rende facilmente digeribile in quanto necessita di una
quantità minore di trasformazioni ed è stato dimostrato che tanto più il grasso che si assume è
simile, come composizione, a quello umano tanto più basso è il numero di radicali liberi prodotti
nell’organismo e, quindi, più lento il processo d’invecchiamento cellulare.
Sembra, inoltre, che esso favorisca il buon funzionamento dell’apparato digerente perché
stimola la produzione e l’immissione del succo biliare nell’intestino; ciò determina una migliore
emulsione dei grassi presenti negli alimenti rendendoli più digeribili.
I composti fenolici sono sostanze presenti in piccolissima quantità ma che svolgono un ruolo
determinante: conferiscono stabilità all’olio nei confronti dell’autossidazione (irrancidimento) e dei
trattamenti termici (cottura).
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La loro presenza, quindi, migliora la qualità del prodotto:
- dal punto di visto chimico in quanto agiscono da antiossidanti naturali;
- dal punto di vista biologico/fisiologico perché rallentano l’invecchiamento delle cellule;
- dal punto di vista organolettico perché costituiscono, insieme ad altre sostanze, la
componente aromatica dell’olio ed in particolare conferiscono il gusto di amaro e di
piccante.
Questi composti, con la loro proprietà antiossidante, proteggono gli organi del corpo dai danni
provocati dalla produzione dei radicali liberi e, per questo fatto, sembra che il consumo di olio
extravergine di oliva sia associato ad una riduzione della frequenza dei tumori.
La vitamina E agisce anch’essa da antiossidante naturale dei lipidi e quindi, intervenendo anch’essa
come inibitrice dei radicali liberi, è fondamentale per il metabolismo ottimale degli acidi grassi
essenziali.
In sintesi gli eccezionali pregi dell’olio di oliva possono così riassumersi:
- è un elemento energetico;
- ha funzioni plastiche, favorisce lo sviluppo delle ossa lunghe e la mielinizzazione delle
fibre nervose dei neonati;
- inibisce la secrezione acida nello stomaco, quindi svolge un ruolo importante nella cura
dell’ulcera;
- stimola la funzionalità del pancreas;
- riduce il rischio trombotico, in quanto allunga i tempi di coagulazione del sangue e agisce
da antiaggregante;
- stimola le contrazioni biliari e l’emulsione dei grassi nell’intestino;
- favorisce nell’intestino, l’assorbimento del calcio;
- regola la sintesi delle prostaglandine;
- è importante per la prevenzione dell’arteriosclerosi e per l’invecchiamento cellulare.
3. Utilizzo
Per riuscire a mantenere inalterate tutte le caratteristiche nutrizionali dell’olio di oliva è necessario
seguire alcuni piccoli accorgimenti in modo da preservare il delicato equilibrio che unisce tutti i
componenti di questa sostanza.
Gli aspetti che riguardano più direttamente il consumatore sono relativi all’uso che si fa dell’olio in
cucina ed al modo di conservarlo.
L’olio conserva inalterate tutte le proprie caratteristiche nutrizionali se viene usato “a crudo”.
Tuttavia le abitudini alimentari ne impongono l’uso anche per la cottura dei cibi.
Il riscaldamento è uno degli elementi che tende in misura maggiore ad alterare la struttura delle
sostanze grasse con la conseguente formazione di prodotti dannosi all’organismo (acroleina) e la
relativa perdita delle proprietà salutistiche.
Ogni olio, in funzione della propria composizione in acidi grassi, ha una differente resistenza al
calore: gli acidi grassi monoinsaturi sono più stabili rispetto ai polinsaturi.
La temperatura in corrispondenza della quale avvengono i processi di alterazione viene chiamata
“punto di fumo” ed è quella temperatura alla quale si ha la produzione e l’evaporazione di vapore
acqueo ed anidride carbonica.
Questo momento coincide con trasformazioni chimiche prodotte dal calore ed indica quindi la
soglia di pericolosità connessa all’intensa formazione di perossidi: una soglia che si deve evitare di
raggiungere e, che in ogni caso, non si deve superare. La temperatura alla quale si verifica “il punto
di fumo” ,varia in funzione del tipo di olio (di oliva, di soia, di arachidi, ecc..) e nell’ambito dello
stesso olio varia da campione a campione.
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In linea di massima, “il punto di fumo” di un olio extravergine di oliva è di circa 290° C, molto più
alto rispetto agli oli di semi, per cui questo, a differenza di quanto si crede, è più adatto degli altri ad
essere utilizzato per la frittura.
Se “il punto di fumo” indica il momento in cui l’olio perde le sue caratteristiche, vi sono metodi
empirici per individuare le temperature raggiunte in cottura dell’olio extravergine di oliva:
- a 160 – 180°C immergendo uno stuzzicadenti nell’olio, attorno ad esso si formano tante
bollicine: temperatura adatta per la frittura di cibi grassi, acquosi e per frutta e verdura;
- a 190 – 220°C immergendo gocce d’acqua queste crepitano senza schizzare: temperatura
adatta per la cottura di carni, pesce infarinato e verdure lessate;
- a 280°C si comincia a notare una leggera fumosità, adatta per piccoli pesci e crocchette: da
usare raramente.
L’olio usato per la frittura non deve essere riutilizzato perché ad ogni cottura diviene sempre più
viscoso, “ il punto di fumo” si abbassa e i processi di ossidazione avvengono a temperature sempre
più basse.
Nel caso in cui vengano usate delle friggitrici elettriche, che cuociono a temperatura costante, l’olio
extravergine di oliva può essere riutilizzato con minori rischi rispetto agli oli di semi.
La struttura chimica dell’olio è sensibile all’azione dell’aria, della luce e del calore.
Per preservare nel tempo le caratteristiche dell’olio, durante il periodo di conservazione è necessario
proteggerlo il più possibile da questi tre agenti.
Naturalmente la conservabilità di un olio extravergine di oliva sarà tanto maggiore quanto più alto è
il suo contenuto di antiossidanti naturali (polifenoli e vitamine).
Si suggeriscono i seguenti accorgimenti:
1 Utilizzare contenitori di vetro scuro o acciaio inox, mai in plastica, e sempre ben chiusi, per
evitare l’ingresso della luce e depositi di sostanze estranee nell’olio.
2 Se l’olio si trova in bottiglia, tenere le stesse al riparo della luce perché questa, agendo sulla
clorofilla, presente in piccole quantità nell’olio, ne determina l’ossidazione;
3 Tenere i contenitori in ambienti freschi (ottimo 8-10°C) evitando la vicinanza con fonti di
calore e la conservazione in ambienti che si surriscaldano in estate;
4 Consumare entro 18 mesi dalla data di produzione; oltre questo periodo l’olio perde i
profumi, tende a diventare piatto e gli antiossidanti presenti perdono la loro efficacia.
C) Come si ottiene l’olio extra vergine d’olivo
1. La tecnica colturale e le varietà
L’olio è contenuto nella polpa dell’oliva (mesocarpo) e non nel seme come molti credono anche se
una piccola percentuale, intorno all’1%, è contenuta anche in esso.
La quota presente nel seme non è, comunque, estraibile per via meccanica ma solo per via chimica
quando si produce olio di sansa.
La particolarità dell’olio di oliva è proprio nel metodo di estrazione esclusivamente meccanico ed è
anche ciò che lo differenzia da tutti gli altri oli, seppure di origine vegetale.
L’olio di oliva in pratica non è altro che una spremuta di olive, quindi, quanto più sano è il frutto
che spremiamo tanto migliore sarà la qualità dell’olio ottenuto.
Nell’olio di oliva la qualità si identifica con la definizione merceologica di extravergine.
Adottando tecniche colturali razionali, l’olio contenuto nelle drupe è normalmente di ottima qualità.
Solo interventi non corretti, a cominciare dall’epoca di raccolta fino alla conservazione possono
compromettere le caratteristiche dell’olio estratto.
La zona di produzione, l’epoca di raccolta, la varietà, il grado di maturazione del frutto, il suo stato
sanitario, le tecniche di raccolta e conservazione delle drupe prima della molitura possono
influenzare la componente saponificabile ed insaponificabile dell’olio.
E’ importante specificare che non c’è relazione tra la quantità di olive prodotte e la qualità dell’olio,
in altre parole le pratiche agronomiche che vengono applicate per aumentare la produzione non
provocano un decadimento della qualità.
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Le concimazioni, le potature e la disponibilità idrica sono i fattori che possono influenzare la
quantità e la qualità: la combinazione di essi deve tendere ad ottenere uno sviluppo armonico delle
piante equilibrando l’attività vegetativa e quella produttiva degli olivi.
Le eccessive concimazioni azotate alterano in modo rilevante l’equilibrio delle piante provocando
una esplosione dell’attività vegetativa e predisponendo le stesse ad attacchi parassitari: gli apporti
azotati in piante in produzione non dovrebbero mai superare i 2-3 kg di elemento fertilizzante per
quintale di olive prodotte.
Con la potatura bisogna favorire la distribuzione dei rametti fruttiferi nella zona più esterna della
chioma in maniera tale da ottenere un calibro maggiore delle drupe, un maggior contenuto in olio ed
una maturazione più omogenea.
Quindi una pianta che presenta un buon equilibrio tra la produzione di drupe e di legno e le cui
olive procedono omogeneamente verso la maturazione offre buoni presupposti per ottenere un
prodotto di qualità.
Le varietà più o meno influenzate da fattori podologici e climatici, determinano in maniera
preponderante le caratteristiche chimiche ed organolettiche degli oli che da esse si producono.
Infatti ciascuna varietà produce un olio con caratteristiche chimiche e gustative diverse:
composizione acidica, contenuto e rapporto fra acido oleico e linoleico, percentuale d’insaturazione,
contenuto in polifenoli, sostanze volatili e vitamine.
I livelli di polifenoli, di antociani (precursori della vitamina A) e di sostanze volatili influenzano le
caratteristiche organolettiche degli oli e sono importantissimi in quanto concorrono nel determinare
la loro qualità e soprattutto la tipicità. Occorre pertanto prestare attenzione alla scelta varietale
prediligendo le varietà autoctone, soprattutto se si vuole ottenere un prodotto dotato di
caratteristiche di tipicità, anche se queste, a volte, comportano rese produttive meno soddisfacenti
sia in termini di produzioni di olive per pianta che di resa in olio.
2. La difesa fitosanitaria
Un’altra fase della tecnica di coltivazione che influenza in maniera diretta la qualità dell’olio
riguarda la difesa dai parassiti.
Tra questi l’unico che può realmente pregiudicare le caratteristiche di qualità delle olive e
conseguentemente dell’olio è la “mosca” Dacus oleae” “Bactrocera oleae”.
La femmina, di questo insetto, depone, mediante l’ovopositore, un uovo all’interno della polpa,
dopo alcuni giorni l’uovo schiude e fuoriesce la larva che comincia subito a nutrirsi scavando delle
gallerie nella polpa stessa; ciascuna larva, nel corso del suo sviluppo, consuma dal 3 al 20% della
polpa.
All’interno di queste gallerie circola l’aria e l’ossigeno, in essa presente, provoca la modificazione
delle sostanze grasse (ossidazione) e la formazione di prodotti estranei che normalmente non sono
presenti nella drupa sana.
Questi processi di degradazione aumentano col passare del tempo provocando un innalzamento
dell’acidità che compromette la qualità dell’olio oltre che dal punto di vista chimico anche
organolettico. Il decadimento qualitativo è tanto maggiore quanto più tardivamente vengono
raccolte le olive e, ancora di più, quanto più si protrae il periodo compreso tra la raccolta e la
molitura.
L’unico mezzo di difesa contro questo parassita è il ricorso ad insetticidi che, se distribuiti al
momento ottimale (“lotta guidata”), con il corretto principio attivo, rispettando il giusto intervallo di
sicurezza, salvaguardano la qualità dell’olio senza il rischio della presenza di residui. Tali insetticidi
possono essere sia di origine chimica che naturale.
La linea strategica in caso di attacchi di mosca “non curati” è comunque quella di anticipare la
raccolta al fine di limitare i danni. Infatti in questo modo l’olio viene estratto prima di aver subito
completamente le alterazioni di cui abbiamo parlato.
3. La raccolta
E’ una fase importantissima per le influenze che la scelta del momento di raccolta apporta alla
qualità del futuro olio.
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L’olio comincia a formarsi all’interno del frutto già tra la fine di luglio e l’inizio di agosto e il
processo “ inolizione” avanza molto lentamente. Man mano che aumenta la percentuale di olio nella
drupa diminuisce quella di acqua.
Alla fase di “invaiatura”, quando cioè le olive iniziano a cambiare colore passando dal verde al
rosso, il contenuto di olio nel frutto è massimo e contemporaneamente si verifica l’equilibrio ideale
tra le sostanze grasse.
"L’invaiatura”, però, non deve essere “profonda”, ovvero arrivare fino al nocciolo perché con
l’avanzare di questa fase iniziano i processi di degradazione delle strutture cellulari all’interno della
drupa.
Gli enzimi che si formano attaccano le membrane cellulari dei vacuoli all’interno dei quali è
racchiuso la maggior parte dell’olio. Le membrane, rompendosi, mettono in contatto l’olio con gli
enzimi presenti nella polpa i quali formano delle emulsioni che provocano perdite di prodotto e la
comparsa di odori sgradevoli nell’olio.
Con l’avanzare della maturazione si verifica, inoltre, un aumento dell’acidità, una diminuzione della
componente aromatica dell’olio e delle sostanze che assicurano la stabilità dell’olio stesso.
Bisogna evitare la raccolta delle olive “cascolate” perché sono generalmente lesionate e i grassi in
esse contenute presentano un elevato grado di ossidazione.
Durante la fase di raccolta, a prescindere dai metodi utilizzati, è importantissimo salvaguardare
l’integrità delle drupe.
4. La conservazione delle olive
Innanzitutto occorrerebbe evitare l’utilizzo di sacchi per lo stoccaggio delle olive in azienda, in
attesa del trasporto al frantoio.
I tempi piuttosto lunghi necessari per la raccolta, per la maggior parte manuale, fanno si che le olive
spesso trascorrano molto tempo chiuse nei sacchi in attesa di accumulare quantità sufficienti da
avviare alla molitura.
Quando si ammassano le olive in grossi cumuli, in sacchi di iuta o peggio di plastica esse si
schiacciano, le cellule si rompono liberando una grande quantità di enzimi che attaccano le sostanze
naturali trasformandole in altre di gusto sgradevole.
Gli zuccheri iniziano a fermentare sviluppando acido lattico, la temperatura all’interno della massa
delle olive raggiunge anche i 40°C: l’olio acquisisce il difetto chiamato “riscaldo”.
Inoltre, se nei locali di stoccaggio si ha un’umidità elevata, sulle olive schiacciate si sviluppano
alcuni funghi che trasmettono all’olio un odore caratteristico di “muffa”.
Tutte le condizioni di cattiva e prolungata conservazione delle olive favoriscono l’azione delle
lipasi, enzimi che fanno aumentare rapidamente l’acidità libera dell’olio.
Per ovviare a questi rischi basta usare alcuni semplici accorgimenti. Il mezzo più idoneo per
conservare le olive appena raccolte è costituito dalle cassette in materiale plastico o ligneo,
traforate, con capienza non superiore ai kg 25, per impedire una eccessiva stratificazione e facilitare
la circolazione dell’aria.
Le cassette rappresentano il mezzo ottimale soprattutto per lo stoccaggio delle olive prima di essere
avviate alla molitura e durante la fase di attesa al frantoio perché, oltre ad essere facilmente
accatastabili l’una sull’altra, il peso delle olive delle cassette superiori non grava su quelle
sottostanti preservando le drupe dai dannosi schiacciamenti della polpa.
Attualmente si sta diffondendo, soprattutto nelle aziende più grandi, l’uso dei “bins”, grossi cassoni
in plastica fessurata della capienza di circa 200 – 300 kg, movimentabili meccanicamente e
facilmente accatastabili; l’unica accortezza e di non riempirle completamente per evitare la forte
compressione delle drupe.
Queste devono essere conservate in locali freschi e arieggiati e soprattutto non deve trascorrere
troppo tempo tra la raccolta e la molitura: l’ideale sarebbe molire le olive entro 24 ore dalla raccolta
e, in ogni caso, non oltrepassare i 3 giorni.
5. La molitura
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L’olio è contenuto all’interno della polpa delle olive in due forme: una in cui la goccia di olio è
molto grande (olio vacuolare) ed una in cui le gocce sono molte piccole (olio citoplasmatico).
Per estrarre questa sostanza esclusivamente con mezzi meccanici è necessario renderla libera dai
tessuti facendo in modo che le goccioline di olio si riuniscano fra loro fino a formare gocce più
grandi, le cosiddette “tasche”, in grado poi di separarsi dalla parte solida della pasta di olive.
Non tutto l’olio presente nella polpa, però, può essere reso libero, infatti una parte rimane racchiuso
nelle cellule, una parte resta disperso nella pasta di olive, una parte è legato con l’acqua di
vegetazione (in emulsione).
E’ molto difficile render libero questo “olio legato” soprattutto perché le goccioline di “olio
disperso” o “emulsionato” sono circondate da una sorta di barriera (membrane di natura
lipoproteica) che le rende stabili.
Queste goccioline quanto più sono piccole tanto maggiore è la difficoltà di riunirle in gocce più
grandi e quindi estrarle.
Per questo motivo non tutto l’olio presente nella polpa è estraibile con i mezzi meccanici, ma, al
massimo, se ne riesce ad estrarre l’85 – 87%.
Nel processo di estrazione dell’olio, le operazioni che si effettuano, hanno lo scopo di incrementare
la quantità di olio libero rompendo la maggior parte delle cellule e cercando di ridurre il grado di
emulsione dell’impasto, proprio allo scopo di ottenere una più alta resa di estrazione.
I sistemi di estrazione dell’olio comunemente diffusi sono due:
- sistema tradizionale o a pressione;
- sistema continuo.
Il sistema continuo rispetto al tradizionale presenta una riduzione dei tempi di stoccaggio delle
olive, per la maggiore capacità lavorativa oraria, l’eliminazione dei rischi di inquinamento degli oli,
causati dall’uso poco razionale dei diaframmi filtranti (fiscoli), e preserva un maggior contenuto di
polifenoli nell’olio, conseguente al minor utilizzo di acqua alla pasta di olive, che solubilizza queste
sostanze.
6. La conservazione dell’olio extra vergine
Per conservare il più a lungo possibile inalterate le caratteristiche qualitative dell’olio bisogna
innanzi tutto evitare il loro contatto con alcuni metalli e con gli altri elementi che accelerano i
processi ossidativi delle sostanze grasse e cioè l’ossigeno e le alte temperature.
Di conseguenza il contenitore deve essere di materiale inerte cioè che non ceda metalli all’olio, sia a
tenuta di gas per impedire il contatto con l’ossigeno atmosferico e non faccia filtrare la luce.
Anche i contenitori in vetro garantiscono una buona conservazione dell’olio purchè siano scuri, per
evitare il contatto con la luce, e quelli in banda stagnata (lattine) purchè non vengano riutilizzati in
quanto, col tempo, gli acidi presenti nell’olio tendono ad attaccare la zona stagnata entrando in
contatto con il metallo sottostante.
D) Come si individua la qualità dell’olio extra vergine
1. Sensazioni tipiche di buona qualità
Per definire se un olio possiede le caratteristiche della qualità lo si sottopone a due tipi di
valutazione: l’analisi chimica e l’esame organolettico.
L’analisi chimica dell’olio consiste nell’individuazione dei valori di alcuni parametri, i più
importanti dei quali sono:
Acidità libera: è un parametro, che pur non compromettendo le caratteristiche nutrizionali dell’olio,
indica lo stato di conservazione delle olive molite. L’innalzamento di questo valore è legato
all’attività di un enzima (lipasi) che si attiva nella drupa in concomitanza di una cattiva
conservazione dopo la raccolta. Questo enzima rompe il legame esistente tra la glicerina e gli acidi
grassi liberando questi ultimi e determinando l’aumento dell’acidità dell’olio. Viene espressa in
percentuale di acido oleico e deve risultare minore di 1%.
Numero di perossidi: questo parametro definisce il livello di ossidazione degli acidi grassi presenti
nell’olio e quindi un elevato valore di questo parametro indica lo stato di cattiva conservazione
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dello stesso. Viene espresso in milliequivalenti di ossigeno per chilogrammo di olio (meq/kg) e
deve essere inferiore a 20.
K232 e K270 sono analisi spettrofotometriche che misurano l’assorbimento dell’ultravioletto a
diverse lunghezze d’onda alle quali viene sottoposto l’olio. Servono per valutare l’eventuale
aggiunta di oli rettificati, di semi,di oliva, di sansa nonché per individuare eventuali problemi di
conservazione delle olive prima della molitura.
Il K232 deve essere inferiore a 2,50 ed il K270 deve essere minore di 0,20.
L’esame organolettico dell’olio Il Regolamento Comunitario 2568/91 prevede che l’olio di oliva
per essere classificato extravergine, oltre ad avere tutti i parametri chimici richiesti nella norma,
deve superare anche una valutazione sensoriale (panel test).
Questa valutazione è effettuata da un gruppo di assaggiatori in grado di distinguere i vari attributi
organolettici.
Gli elementi sostanziali di giudizio concernenti l’olio di oliva riguardano il colore, l’odore e il
sapore cioè quegli elementi che, al di là dei contenuti nutrizionali dell’olio, lo rendono gradevole al
palato ed all’olfatto.
I composti che intervengono nella composizione del profilo aromatico di questa sostanza sono
molto complessi e la loro maggiore o minore presenza è influenzata dall’ambiente di coltivazione
della pianta, dall’epoca di raccolta e dal grado di maturazione del frutto, dal suo stato sanitario,
dalla conservazione delle olive e dalla loro molitura.
Lo scopo del panel test è quello di individuare l’eventuale presenza di difetti e di valutare
l’intensità e la persistenza degli aromi e, inoltre, di definire la percezione di “amaro” e di
“piccante”, caratteristiche strettamente correlate ad un elevato contenuto di polifenoli.
La valutazione complessiva delle sensazioni tattili (fluidità, untuosità, ecc.), gustative ed olfattive
viene riferita ad una scala di valori compresa tra 1 e 9.
Il requisito minimo per classificare un olio di oliva extravergine è l’acquisizione di un punteggio
di 6,5; la presenza di un solo difetto abbassa tale punteggio precludendo la classificazione di
extravergine.
a)Sensazioni gradevoli.
°fruttato armonioso: aroma che ricorda l’odore ed il gusto del frutto fresco giustamente maturo che
rimane intatto nel corso dello stoccaggio delle olive e dell’estrazione dell’olio.
° fruttato intenso: aroma dello stesso tipo ma con caratteristiche più pronunciate.
° fruttato verde: aroma dell’olio ottenuto da frutti ancora verdi.
° fruttato maturo: aroma dell’olio ottenuto da frutti maturi, generalmente di odore smorzato e sapore
dolce.
° fruttato stanco o spento: aroma dell’olio dalle caratteristiche molto tenui a causa della perdita dei
componenti aromatici.
b)Sensazioni più o meno gradevoli in funzione dell’intensità con cui sono percepite, da non
considerare come difetti, ma aventi un’influenza sull’armonia del fruttato.
° mela: flavor dell’olio che ricorda questo frutto.
° dolce: sapore gradevole dell’olio nel quale, senza essere esattamente zuccherino, non primeggiano
gli attributi amaro, astringente e piccante.
° erba: flavor caratteristico di alcuni oli che ricorda l’erba appena tagliata.
° foglia: flavor dell’olio ottenuto da olive eccessivamente verdi o che siano state macinate con
foglie e rametti.
° amaro: sapore caratteristico dell’olio ottenuto da olive verdi o appena invaiate. Può essere più o
meno gradevole secondo l’intensità.
° aspro: sensazione caratteristica di alcuni oli che all’assaggio producono una reazione orale-tattile
di astringenza
° piccante: sensazione di gusto pungente, caratteristica degli oli ottenuti all’inizio della campagna,
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essenzialmente da olive ancora verdi. E’ dovuta all’azione delle sostanze fenoliche sulle
terminazioni del nervo trigemino che si estendono a tutta la cavità orale.
2. Difetti organolettici
a)Difetti per cattiva conservazione, cattiva raccolta, cattiva conservazione delle olive.
° terra: aroma caratteristico di oli ottenuti da olive raccolte a terra o infangate e non lavate.
° secco: aroma caratteristico di oli ottenuti da olive molto secche o da olive gelate.
° muffa: aroma caratteristico di oli provenienti da olive nelle quali si sono sviluppati funghi e lieviti
per essere rimasti ammassate molti giorni, particolarmente in ambienti umidi e male aerati.
° avvinato-inacetito: aroma caratteristico di oli provenienti da olive non fresche che hanno subito la
fermentazione alcolica ed acetica, con conseguente formazione di etanolo, acido acetico ed acetato
di etile.
° riscaldo: aroma caratteristico di oli ottenuti da olive conservate a lungo in strati di elevato
spessore, o in sacchi, che hanno subito diverse fermentazioni e, principalmente, la fermentazione
lattica.
b)Difetti per cattiva tecnologia di estrazione:
° metallico: aroma caratteristico di oli ottenuti con impianti nuovi o utilizzati per la prima volta
all’inizio della campagna.
° fiscolo: aroma caratteristico di oli ottenuti per pressione con setti filtranti sporchi di residuo
fermentato.
° cotto: aroma caratteristico dell’olio dovuto a eccessivo e/o prolungato riscaldamento durante la
frantumazione e la gramolazione della pasta di olive.
° acqua di vegetazione: aroma caratteristico acquisito dall’olio a causa di cattiva decantazione e
prolungato contatto con le acque di vegetazione.
c)Difetti per cattiva conservazione dell’olio:
° rancido: aroma caratteristico di oli ossidati; il fenomeno è favorito da prolungato contatto con
l’aria, esposizione alla luce ed a temperature relativamente calde.
° morchia: aroma caratteristico di oli rimasti per lungo tempo a contatto con i propri fondami.
° putrido: aroma caratteristico di oli rimasti a contato con i propri fondami che hanno subito
fermentazioni anaerobiche.
(1) S.B. Calzolari: l’olio di oliva, Roma 1986
(2) G. Acerbo. L’olivicoltura in Italia, Bologna 1933
(3) G. Lise: La farmacia storia e arte, Milano 1986
(4) Regolamenti preservativi e curativi del Colera Morbus Asiatico di Pietro Antonacci
D.C.D.G. Seconda edizione con aggiunte interessantissime, Roma 1855
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