I lunedì della musica - Provincia di Mantova

I LUNEDI
DELLA
MUSICA
2013
Quindicesima Stagione Concertistica
Quindicesima Stagione Concertistica
17
5
34
92
I LUNEDÌ DELLA MUSICA
concerti
luoghi
interpreti
composizioni
Gentile pubblico,
ci prepariamo a festeggiare i quindici anni di attività presentandovi la nuova Stagione Concertistica di Società della
Musica:
I Lunedì della Musica 2013.
GENNAIO
Dopo quindici anni di proposte concertistiche è ancora la musica da camera ad ispirare il nostro repertorio: è infatti a questo linguaggio, così puro ed essenziale, che riconosciamo forse
più di ogni altro la capacità prodigiosa di far vibrare le corde
più intime dell’anima, di nutrirne le suggestioni.
E seppur in un momento così difficile per la nostra collettività
(ma forse, proprio per questo) resta saldo più che mai il nostro
desiderio di tener vivi i contatti con la comunità mantovana
offrendo, ci auspichiamo, momenti di appagamento e gratificazione.
Anche “I Lunedì della Musica 2013” conservano la loro impostazione “itinerante”: il Teatro Bibiena, l’Auditorium Monteverdi, Madonna della Vittoria, il Chiostro di San Barnaba e
la Sala Ovale dell’Accademia Virgiliana rappresentano le linee
e gli snodi del nostro tracciato musicale.
Un’attenzione particolare viene rivolta ai “Giovani” con un
progetto che da una parte ne valorizza le prime affermazioni
professionali, dedicando due concerti ai vincitori di prestigiosi
concorsi e dall’altra desidera incoraggiarne la curiosità, riservando tre lezioni/concerto agli studenti mantovani.
È questa, eccezionalmente, un’edizione tutta “italiana” la cui
inaugurazione è affidata ad un pioniere della grande canzone
d’autore: Gino Paoli, in duo con il pianista jazz Danilo Rea,
darà avvio il 28 gennaio ad un cammino di diciassette concerti che si completerà con le celebrazioni del bicentenario
della nascita di Giuseppe Verdi al quale renderemo doveroso
omaggio con due appuntamenti riservati alla sua produzione
cameristica, il 20 maggio, presso il Teatro Bibiena.
Desideriamo infine ringraziare tutti gli Enti, gli Sponsor, i
Club di Service e gli "amici" di Società della Musica che hanno
scelto di accompagnarci in questo nuovo percorso musicale e
ci auguriamo di poter ricambiare pienamente la loro fiducia
nonché l’affetto e la fedeltà del nostro pubblico.
Società della Musica
2 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
28 gennaio
Teatro Bibiena, ore 20.45
Gino Paoli, voce
Danilo Rea, pianoforte
“Due come noi che…”
FEBBRAIO
4 febbraio
Madonna della Vittoria, ore 20.45
Ribalta Giovani
Vanessa Innocenti, flauto
Daniele Rocchi, clavicembalo
musiche di Bach e Gervasoni
11 febbraio
Incontri con le scuole
Auditorium Monteverdi, ore 11.00
Trio Diaghilev
(pianoforte a 4 mani e percussioni)
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
Trio Diaghilev
(pianoforte a 4 mani e percussioni)
musiche di Bernstein e Stravinskij
18 febbraio
Madonna della Vittoria, ore 20.45
Ribalta Giovani
Luca Oberti, clavicembalo
musiche di Bach e Coppens
MARZO
22 aprile
Teatro Bibiena, ore 20.45
Milena Vukotic, voce
Mario Ancillotti, flauto
Simone Soldati, pianoforte
musiche di Mozart, Debussy,
Reinecke
4 marzo
Incontri con le scuole
Auditorium Monteverdi, ore 11.00
Dorina Frati, mandolino
Piera Dadomo, chitarra
Chiostro di San Barnaba, ore 20.45
Altri Suoni
Dorina Frati, mandolino
Piera Dadomo, chitarra
musiche di Boni, Vivaldi, Riggeri,
Bach, Ponce, Calace, Paganini
11 marzo
Sala ovale dell’Accademia Virgiliana,
ore 20.45
Massimo Mercelli, flauto
Edoardo Catemario, chitarra
musiche di Mozart, Schubert,
Piazzolla
18 marzo
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
Quartetto di sassofoni Accademia
musiche di Singelée, Glazunov, Françaix,
Romero, Escaich
APRILE
8 aprile
Incontri con le scuole
Auditorium Monteverdi, ore 11.00
Gianfranco Grisi, cristallarmonio
Altri Suoni
Chiostro di San Barnaba, ore 20.45
Gianfranco Grisi, cristallarmonio
Trio d’archi di Bergamo
musiche di Bach, Mozart, Morricone
15 aprile
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
Duo OttoeQuindici
(sassofono e pianoforte)
musiche di Schulhoff, Schumann, Fitkin,
Musorgskij, Debussy, Milhaud, Swerts
MAGGIO
6 maggio
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
Alberto Maria Ruta, violino
Antonello Cannavale, pianoforte
musiche di Schubert, Françaix,
Dvorák
13 maggio
Chiostro di San Barnaba, ore 20.45
Altri Suoni
Fabio Furia, bandoneon
musiche di Gardel, Villoldo,
Cobian, Piazzolla, Troilo, Bach,
Arolas, Rodriguez
20 maggio
Teatro Bibiena
Viva Verdi
• ore 19.00
Quartetto di Venezia
• ore 20.00 Buffet
• ore 21.00
Marcello Nardis, tenore
Bruno Canino, pianoforte
Musiche di Verdi
3
TEATRO BIBIENA
i luoghi storici
A
Mantova dopo il crollo
del regime gonzaghesco avvenuto nel 1707, cui
successe il governo della
casa d’Austria, l’eredità
spirituale fu raccolta dai Timidi, il cui sodalizio sopravvisse, oscillando per qualche tempo fra tendenze
di gusto arcadico e sempre
più vigorose suggestioni
razionalistiche…
…Nel 1766 il rettore dell’Accademia dei Timidi, conte Carlo Ottavio
di Colloredo, inviò a Milano al plenipotenziario per la Lombardia austriaca, Carlo di Firmian, un ambizioso piano di trasformazione del
vetusto ente letterario in un istituto di altro tipo, dotato di un’articolazione appoggiata a una molteplicità di competenze e largamente
aperto a istanze di ordine scientifico, in piena aderenza, ormai, agli
entusiasmi intellettuali del momento.
Il Firmian, esaminato il progetto, lo trasmise con parere favorevole a
Vienna per l’approvazione da parte dell’imperatrice Maria Teresa...
…In attesa della deliberazione imperiale i Timidi decisero di demolire, nell’interno del palazzo, il teatrino cinquecentesco, nonché un
assieme di vani contigui, e di creare nello spazio così ottenuto una
sala solenne e capace da impiegare per sessioni pubbliche, cioè aperte alla cittadinanza.
Animava nel contempo gli accademici mantovani la speranza di essere presto in grado di ricostruire l’intero palazzo per adeguare la sede
alle esigenze nuove e pressanti che erano venute maturando.
Nel marzo del 1767, mentre si provvedeva a demolire il vecchio teatrino, i Timidi stabilirono che anche la nuova sala dovesse presentarsi
a guisa di teatro: un teatro non più a gradinata come quelli rinascimentali, ma a palchetti cingenti la platea in due ordini sovrapposti,
secondo il genere di struttura inventato nel Seicento e che ormai
imperava.
D’altronde, una sala così formata avrebbe consentito l’ammortamento della spesa di costruzione attraverso i proventi che sarebbero derivati dalla concessione dell’uso dei palchetti.
E, certo allo scopo di stimolare le richieste in tale senso, fu prospettato dagli accademici un programma d’impiego della sala non limitato
ad adunanze scientifiche, ma aperto anche a recite e a concerti.
Così fissati gli intendimenti, è logico che per i disegni dell’ambiente
desiderato e per la realizzazione di esso i Timidi si rivolgessero a un
esperto di creazioni teatrali.
Presero accordi, infatti, con un architetto che in quel campo godeva
della massima rinomanza: un Galli Bibiena, Antonio, membro tra i
più geniali della famosa casata emiliana che, nell’arco dell’età barocca, aveva generato un folto gruppo di artisti consacratisi ad ogni
settore dell’architettura, ma soprattutto specializzati nell’ideare con
stupefacente e inesauribile fantasia interni di teatri, scene per spettacoli, apparati per fastose pompe.
Con vivacità prodigiosa, pari alle risorse dell’estro, i Galli Bibiena,
detti anche i Bibiena senz’altro, avevano percorso quasi tutta l’Europa, dall’Italia all’Austria e alla Francia, dalla Spagna alla Boemia, dalla Germania all’Olanda e all’Inghilterra, dal Portogallo alla Russia e
alla Svezia, servendo preminentemente le Corti e destando ovunque,
4 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
con le proprie opere, la più entusiastica ammirazione.
Nell’anno anzidetto 1767 erano ancora viventi e operosi, oltre ad
Antonio, altri due dei Bibiena architetti: il fratello Giovan Maria e il
nipote Carlo Ignazio, dimoranti entrambi oltr’Alpe.
Unico Antonio, dunque, rappresentava in Italia la gloriosa stirpe.
Quando gli accademici mantovani gli affidarono l’incombenza di
progettare e di eseguire la loro sala, egli era già settantenne, essendo nato a Parma nel 1697, ma l’età avanzata non aveva diminuito la
vigorosa capacità inventiva, cui era unita un’energia fisica sorprendente.
Circa la detta sala è da dire che essa, ancor prima di venire concretata, ricevette la qualificazione di teatro “scientifico”, in rapporto con
la finalità precipua che i Timidi si proponevano di assegnarle...
…La sala voluta dagli accademici doveva essere sì un teatro, però
sui generis, destinato quale era a manifestazioni da godere più con
l’udito e con l’intelletto, che non attraverso la visione di allestimenti
spettacolari.
Si trattava addirittura di rinunciare al palcoscenico, inteso secondo la
spaziosa accezione divenuta consueta nell’età barocca, e di collocare invece in fondo all’ambiente una tribuna. Antonio recepì il senso
della committenza mantovana e concepì il concludersi dello spazio
con un ritorno alla scena fissa: però una scena fissa configurata, con
insolita formula, come una sorta di loggiato praticabile, teso frontalmente a due piani, cioè come due corridoi costruiti uno sull’altro,
il che venne a donare all’ambiente una singolare nota di circolarità,
appena accennata nella mossa e sapiente sintassi della composizione
architettonica generale.
Il Bibiena adempì in soli due anni all’obbligo che nel 1767 aveva contratto coi Timidi: vi adempì anzitutto ideando lo speciale teatro che
da lui si desiderava, poi dirigendone i lavori di fabbrica e infine, con
abilità di pittore oltre che di architetto, affrescando personalmente
gli interni de i numerosi palchetti con figurazioni monocrome, che
sono pure esse documento prezioso dell’attività artistica dell’insigne
maestro. Il 3 dicembre 1769 lo “scientifico”, finito di tutto punto,
poteva essere inaugurato.
La brillante soluzione data da Antonio al problema creativo postogli
dagli accademici mantovani aveva generato non soltanto un gioiello squisito per gli equilibri fra movimento ed eleganza, ma anche
un’opera da valutare come notevolissima nell’ampio quadro delle
suddette sperimentazioni bibienesche e come una delle formulazioni
architettoniche più significative del tardo Settecento europeo.
Poco più di un mese dopo l’inaugurazione, il 16 gennaio 1770 il giovinetto Wolfgang Amadeus Mozart, appena quattordicenne, giunto
a Mantova nel giro della sua prima tournée italiana, consacrava, per
così dire, l’incipiente vita del leggiadro teatro “scientifico” dandovi
insieme col padre, Leopold, un memorabile concerto.
Il 26 gennaio Leopold Motart in una lettera inviata alla moglie parlava di quella serata e nel contempo descriveva lo “scientifico” con
acuta percezione della realtà di esso: “Nella mia vita non ho mai visto
nulla, nel suo genere, di più bello...
Non si tratta propriamente di un teatro, bensì di una sala a palchetti,
costruita sul tipo dei teatri d’opera.
Ove dovrebbe trovarsi il palcoscenico sta una tribuna per chi suona;
dietro di essa corre una galleria che somiglia a una serie di Palchetti
ed è fruibile da parte degli spettatori”.
Non poteva essere formulata una definizione più precisa.
In Mantova il teatro accademico fu tra gli ultimi trionfi della fantasia barocca, prima del vittorioso sopraggiungere degli orientamenti
neoclassici.
Testo tratto da:
Ercolano Marani, Il palazzo accademico di Mantova e teatro “scientifico” di
Antonio Bibiena, in: Il teatro di Antonio Bibiena in Mantova e il Palazzo accademico, Mantova, E.M.M., 1979
28 gennaio
Teatro Bibiena, ore 20.45
GINO PAOLI
voce
DANILO REA
pianoforte
“DUE COME NOI CHE…”
il concerto è realizzato grazie a:
5
GINO PAOLI
DANILO REA
G
D
ino Paoli, uno dei cantautori che ha scritto alcune tra le
più belle pagine della musica italiana è l’autore di “Senza
fine”, “Sapore di sale”, “La gatta”. Originario di Monfalcone,
è a Genova, dove si è trasferito da bambino, che Gino Paoli dopo aver fatto il facchino, il grafico pubblicitario e il pittore
- debutta come cantante da balera, per poi formare una band
musicale con gli amici Luigi Tenco e Bruno Lauzi.
Quando la gloriosa casa discografica Ricordi, che aveva tenuto
a battesimo Bellini e Donizetti, Verdi e Puccini, decise di estendere la propria attività alla musica leggera, scritturò questo
cantante dalla strana voce miagolante, oggi riconosciuto
come uno dei più grandi rappresentanti della musica leggera
italiana degli anni sessanta e settanta.
Ha scritto e interpretato brani quali “Il cielo in una stanza”,
“La gatta”, “Senza fine”, “Sapore di sale”, “Una lunga storia
d’amore”, “Quattro amici”; ha partecipato a numerose edizioni del Festival di Sanremo; ha collaborato con numerosi
colleghi alla realizzazione di album e di singoli di successo; ha
composto musiche per colonne sonore di film.
6 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
anilo Rea, riesce ad attirare l’attenzione degli ascoltatori soprattutto grazie alla grande versatilità e all’apertura
musicale.
Dopo gli studi di pianoforte classico al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e l’esperienza come musicista nel mondo
del progressive rock, Danilo debutta nel mondo del jazz con il
“Trio di Roma” nel 1975, raggiungendo la notorietà internazionale. Inoltre la sua musica è ricca di sorprendenti momenti
di improvvisazione di grande lirismo che gli sono valsi l’accostamento al grande Keith Jarrett.
Tuttavia, a differenza della star americana, Rea trae la propria
ispirazione dalla tradizione musicale della sua terra di origine,
dai classici e dal pop italiano, piuttosto che dal “Great American Songbook”.
E quindi non sorprende che in Italia venga considerato come
il grande poeta tra i musicisti di jazz e che sia diventato famoso suonando con molti cantautori e cantanti come Claudio
Baglioni, Domenico Modugno, Gianni Morandi, Pino Daniele
e Mina.
note all’ascolto
G
ià compagni di avventura nel progetto “Un incontro in
Jazz” di cui la Parco della Musica Records ha pubblicato
l’album “Auditorium Recording Studio” (2011), Gino Paoli e
Danilo Rea tornano con “Due come noi che…”, il nuovo
disco pubblicato dalla Parco della Musica Records.
“Due come noi che…” è un prezioso esempio di come due
artisti assoluti possano interpretare in modo innovativo alcuni
classici della storia della musica italiana.
Solo piano e voce, solo Danilo e Gino, solo la loro capacità di
inseguirsi, di smarcarsi e ritrovarsi su una strada che è quella
delle canzoni più belle del nostro patrimonio. Le canzoni più
amate di Gino, da “Averti addosso” a “Il cielo in una stanza”,
da “Vivere ancora” a “Perduti” passando per “La gatta” e
“Come si fa”, insieme a chicche dei cantautori genovesi, che
per Gino sono gli amici di una vita: “Canzone dell’amore perduto” e “Bocca di rosa” (strumentale) di De André, “Il nostro
concerto” di Umberto Bindi, “Vedrai Vedrai” di Tenco e “Se
tu sapessi” di Bruno Lauzi. Nella track list anche “Non andare
via” traduzione italiana della meravigliosa “Ne me quitte pas”
che proprio Jacques Brel chiese di tradurre a Paoli e “Albergo
a ore”, il commovente brano di Herbert Pagani.
Con Due come noi che… Paoli e Rea stanno già collezionando un sold out dopo l’altro nei concerti dal vivo sui palcoscenici più prestigiosi in Italia e all’estero, incantando ed emozionando il pubblico ogni volta. Un successo che di certo non
stupisce dato il duo d’eccezione: la voce e il carisma di Paoli,
uno dei più grandi autori e interpreti della canzone italiana,
affiancata da uno dei più lirici e creativi pianisti riconosciuti a
livello internazionale come Danilo Rea.
7
MADONNA
DELLA VITTORIA
i luoghi storici
L
a chiesa fu edificata nel 1495 per volontà del marchese Francesco
Gonzaga, che volle legare la costruzione dell’edificio alla vittoria
da lui ottenuta sui francesi di Carlo VIII, al comando della Lega Veneziana, nella battaglia di Fornovo. Fu consacrata l’anno successivo.
La responsabilità del progetto è da assegnare a Bernardino Ghisolfo, in quel periodo responsabile delle fabbriche gonzaghesche.
La semplice facciata della chiesa, in stile tardo gotico, si affaccia
sulla piazzetta di san Simone; presenta un fregio in terracotta che
corre sotto il cornicione, sui lati visibili dell’edificio.
L’apparato decorativo interno è rinascimentale, di ambito sicuramente mantegnesco: infatti una stretta relazione con le idee di
Andrea Mantegna, con il suo gusto per l’antichità classica e per i
marmi romani, è riscontrabile nell’effetto illusionistico della pittura
che caratterizza l’intera navata della chiesa. La parete di fronte alla
porta d’ingresso presenta ancora parti di una raffinata tappezzeria
a finto cuoio cordovano ed è contro di essa che s’innalzava la pala
mantegnesca della Madonna della Vittoria. La pala, commissionata
da Francesco II ad Andrea Mantegna, fu iniziata nel 1495 e terminata nel 1496, proprio come la chiesa che l’avrebbe poi ospitata e
con la stessa motivazione.
La trionfale composizione è inserita in un pergolato lussureggiante
di fiori, frutta, uccelli, pietre preziose, dal brillante effetto cromatico. La Madonna in trono col Bambino è raffigurata mentre benedice Francesco II, guerriero inginocchiato a chiedere protezione.
Attorno personaggi sacri: San Michele, San Giorgio, Sant’Andrea,
San Longino e, ai piedi della Vergine, Santa Elisabetta e San Giovannino. Sulla base marmorea del trono si legge l’intera sequenza
raffigurante la creazione dell’uomo, il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre.
Questa splendida pala, tempera su tela, di grandi dimensioni (cm.
280x166), requisita dai francesi nel 1797, è oggi conservata al museo del Louvre.
Recentemente, su una felice intuizione del direttore del Museo Civico di Palazzo Te, Ugo Bazzotti, sono stati scoperti, intatti, nelle
dodici vele delle volte della chiesa, affreschi raffiguranti immagini
di santi e beati.
La stupefacente scoperta delle volte non è visibile dalla navata della
chiesa: un soffitto ottocentesco divide infatti l’aula inferiore dalla
parte alta. In proposito resta acceso il dibattito tra sovrintendenti e
studiosi sull’opportunità di rimuovere tale soffitto che, attualmente
fa da pavimento agli spazi occupati dal soprastante asilo Strozzi
Valenti Gonzaga. L’asilo trovò collocazione al piano superiore della
chiesa dal 1899.
Il piano inferiore, dopo varie utilizzazioni, fu sede, dal 1942 al 1986,
prima di un’officina meccanica, poi del laboratorio di cromatura e
nichelatura con bagni galvanici della ditta Staboli.
Dal 2001 la Chiesa è stata affidata in concessione dal Comune di
Mantova all’Associazione Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, che si è assunta l’onere del risanamento e del recupero dell’edificio e che, grazie anche ai contributi di numerosi sponsor e del
Ministero dei Beni culturali (attraverso la Direzione Regionale per i
Beni Ambientali e il Paesaggio della Lombardia e la Soprintendenza
per i Beni Ambientali e il Paesaggistici di Brescia, Cremona, Mantova), hanno restituito alla città, dopo anni di lavori, lo straordinario
monumento, inaugurato il 5 settembre 2006.
8 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Da questa data la chiesa, diventata museo di se stessa, è aperta al
pubblico e, utilizzata per conferenze, convegni, concerti e mostre
temporanee, svolge una funzione di riferimento artistico e di aggregazione per la città e il territorio.
4 febbraio
Madonna della Vittoria, ore 20.45
VANESSA INNOCENTI
flauto
DANIELE ROCCHI
clavicembalo
RIBALTA GIOVANI
“Bach e Oltre…”
J. S. Bach
Sonata in mi minore BWV 1034
Adagio ma non tanto
Allegro
Andante
Allegro
J. S. Bach
Sonata in sol minore BWV 1020
Allegro
Adagio
Allegro
J. S. Bach
Sonata in mi bemolle maggiore BWV 1031
Allegro moderato
Siciliana
Allegro
S. Gervasoni
Phanes I e Phanes II
J. S. Bach
Sonata in si minore BWV 1030
Andante
Largo e dolce
Presto
J. S. Bach
Sonata in do maggiore BWV 1033
Andante
Allegro
Adagio
Menuet I
Menuet II
•••
9
VANESSA INNOCENTI
N
ata nel 1989, a soli 17 anni si diploma in Flauto Traverso
con il massimo dei voti sotto la guida della prof.ssa Vanda
Moraschini presso l’Istituto musicale “G. Donizetti” in Bergamo. Vincitrice di diverse borse di studio promosse dalla provincia di Bergamo, si è classificata al primo posto, primo assoluto e
secondo posto in numerosi concorsi nazionali ed internazionali
quali il “concorso strumentistico città di Giussano”, “Concours
international Nerini” di Parigi, “Concorso Riviera della Versilia
Daniele Ridolfi”, “Concorso di esecuzione musicale della Riviera Etrusca”, “European Competition for flute” presso Salonicco
(Grecia) e Concorso “Crescendo” di Firenze, nel quale ha ottenuto il Premio speciale “Onerati” come migliore flautista del
concorso, Concorso internazionale “Giovani musicisti” Treviso.
Nel 2010 si è classificata al secondo e terzo posto nei concorsi
nazionali per soli flautisti “Francesco Cilea”, e “Emanuele Krakamp”, considerati i più importanti concorsi nel mondo flautistico italiano; nel 2012 ha ottenuto il primo posto a Concorso
internazionale per giovani interpreti “Città di Chieri”.
Sin da giovanissima ha partecipato a diversi corsi di perfezionamento internazionali tenuti dal M° Raffaele Trevisani, R. Wilson
dalla professoressa Daniela Pisano, dal M° Marco Zoni, dal M°
Alfredo Persichilli, M° Mario Caroli, nonché dal M° Mario Ancillotti.
Partecipa a numerosi concerti sia da solista che in musica da
camera, è membro fisso del “Trio Beatrice”, formazione con
cui si esibisce sul territorio nazionale e internazionale e che ha
ottenuto il primo Assoluto e il Primo posto presso concorsi per
musica da camera, tra cui “Concorso primavera Cameristica” a
Lugano, “Concorso nuovi Orizzonti” a Firenze e Concorso “Rovere d’oro”.
Si è esibita con l’ensamble Europavoce di Parigi e ha fatto parte
dell’ “Orchestra italiana di flauti” diretta dal M° Alzek Misheff,
suonando alla biennale di Venezia. In qualità di solista ha suonato per il Festival itinerante dei giovani talenti promossa
dall’ associazione “Musica Rara”.
Ha collaborato con l’orchestra stabile di Bergamo. È stata scelta
come esecutrice della Sonata per flauto e pianoforte composta
dal M° Giancarlo Aquilanti (docente di composizione presso l’università di Stanford, in California).
10 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Appassionata di musica contemporanea, ha registrato per la tv
e la radio Svizzera un’opera del M° Quadranti, diretta dal M°
Mario Ancillotti. Il M° Stefano Gervasoni le ha dedicato due
brani per flauto solo intitolati “Phanes I” e “Phanes II”.
Nel 2010 ha conseguito con la lode il “Master of arts in music Performance” e nel 2012 ha conseguito, sempre con lode il
“Masrer of Arts in Specializrd music Performance”.
Presso il Conservatorio della Svizzera Italiana ha suonato in
importanti manifestazioni musicali diretta da maestri quali G.
Bernasconi, V. Ashkenazy, Tamayo, Lombard e Vedernikov.
Nel novembre di quest’anno si è laureata in lettere col massimo
dei voti e la lode, discutendo una tesi su Edgar Varèse.
DANIELE ROCCHI
note all’ascolto
H
Bach: Sonate per flauto e cembalo
a studiato organo e composizione organistica presso l’I.M.P.
“Gaetano Donizetti” di Bergamo sotto la guida di Matteo
Messori e si è diplomato in clavicembalo presso il Conservatorio
“Evaristo Felice Dall’Abaco” di Verona con Marco Vincenzi, con
cui ha concluso il biennio di specializzazione.
Nel 2010 ha vinto una borsa di studio Erasmus con cui
ha studiato presso la Hochschüle für Musik “Franz
Liszt” di Weimar nella classe di clavicembalo di Bernhard Klapprott. Collabora
con Matteo Messori come
assistente, continuista e nella realizzazione di incisioni discografiche. Ha seguito corsi di
perfezionamento con Ana Mafalda Castro, Francesco Baroni e
Stefano De Micheli, Liuwe Tamminga, Rinaldo Alessandrini e
Ottavio Dantone.
Si è esibito come solista all’organo partecipando nel 2008 alla
rassegna “Echi d’organo” di Gandino (BG) e nel 2009 alla Rassegna organistica della provincia di Bergamo; nel 2010 ha inaugurato la rassegna “Vespri d’organo” presso la basilica di san
Martino a Bologna.
Ha partecipato a progetti in qualità di continuista: tra gli altri con il gruppo “Cappella Augustana” (Castello Svevo di
Bari-2007), “Musica Ritrovata” (Sala teologica del Santo a Padova-2008); è risultato finalista al concorso “Premio delle Arti-edizione 2010”, vincitore di una borsa di studio per la partecipazione al progetto “Laboratorio di orchestra barocca - Villa
Contarini” edizione 2011 (sotto la direzione di Alfredo Bernardini). Dal 2009 collabora con il gruppo “Il Gene Barocco” con
cui si è esibito in numerose manifestazioni in Italia (fra gli altri
Festival “Monteverdi-Vivaldi” edizione 2012 a Venezia) e all’estero (Festival “Via Julia Augusta” Kötschach -Austria e festival
“Oude Muziek” edizione 2011 Utrecht - Olanda).
S
correndo la produzione strumentale di Sebastian Bach ed
osservando il suo confrontarsi con generi e forme sempre
differenti, v’è da credere che egli pensasse innanzitutto a misurarsi con se stesso. Particolarmente congeniale all’approfondimento delle espressioni profane fu la corte di Köthen (o meglio
Cöthen, qual’era il nome di questa piccola capitale del Principato omonimo, al tempo del servizio bachiano) tra il 1717 ed il
1723. In quella manciata d’anni nacquero infatti alcuni dei suoi
più celebri lavori: molte opere per tastiera, i Concerti Brandeburghesi, le Sonate e Partite per violino, le Suites per violoncello e poi le Sonate per violino e clavicembalo, quelle per viola
da gamba e tastiera e per lo meno le tre Sonate per flauto e
cembalo BWV 1030-1031-1032 («che cacciano nel museo tutte
le precedenti opere per flauto e basso numerato», ha osservato
Piero Buscaroli), laddove la tastiera non è più solo un supporto
armonico allo strumento a fiato o ad arco, ma un autentico e
dialogante partner alla pari.
Cöthen nel secondo decennio del Settecento era una corte che
amministrava la vita di poche migliaia di abitanti, ed era retta dal giovanissimo, poco più che ventenne, principe Leopold,
la cui passione per la musica poteva dirsi pari al suo talento.
Talento indubbiamente non comune, tanto da permettergli di
suonare con simile perizia il violino, la viola da gamba e il cembalo.
Al suo servizio stava un organico orchestrale di nemmeno due
decine di strumentisti, a governare il quale si poneva, in quel
1717, il trentaduenne Bach, reduce da un doppio incarico come
organista di corte, prima, e Concertmeister, poi, alla corte del
duca di Weimar, dove la musica per la chiesa aveva rappresentato l’interesse prevalente.
La bravura dei musicisti di Cöthen, unita alla libertà d’azione
che il compositore tedesco poté esercitare, si mostrarono elementi decisivi per l’apparizione delle opere più sopra rammentate: prodigi di una sperimentazione possibile, aderente alle
opportunità presenti in quel luogo specifico.
La produzione ed il favore di Bach per il flauto si manifestarono in sette Sonate che possono dividersi in due gruppi: uno
formato da quattro numeri (BWV 1020, 1030, 1031, 1032) in
cui la tastiera sviluppa, su un piano formale di tre movimenti,
una scrittura concertante, evoluta e tematicamente intrecciata
11
con lo strumento a fiato; ed un secondo gruppo di tre numeri
(BWV 1033, 1034, 1035) nei quali i movimenti divengono quattro e dove la scrittura più semplice per lo strumento a tastiera è
affidata all’inventiva dell’esecutore, sulla traccia di un basso cifrato. Sebbene vi siano dubbi sull’autenticità di tutte le Sonate
(almeno due sono state attribuite a Bach dal figlio Carl Philipp
Emanuel) la fattura di ognuna di esse appare sciolta, misurata
e comunicativa, con qualità di chiarezza e luminosa espressività
di cui l’ascolto si giova. In ogni caso le Sonate testimoniano le
potenzialità di uno strumento che godrà poi di grandi favori
come il flauto traverso, probabilmente scoperto da Bach alla
corte di Dresda poco prima dell’approdo a Cöthen. Anche in
questo caso, come in altri riscontrabili nella storia bachiana,
si crede che la conoscenza di esecutori d’eccezionali qualità,
come Johann Heinrich Freytag, dipendente del principe Leopold, o di Pierre Gabriel Buffardin, primo flauto dell’orchestra
di Dresda, abbia avuto influenza determinante sull’invenzione
di questi lavori, in cui spunti caratteristici ed idee memorabili
si sposano con la coerenza intelligente, sigla inconfondibile del
genio di Eisenach.
alla fragilità tenace del rumore impalpabile del loro battere
d’ali questa composizione fa appello», ha scritto l’autore).
Insomma, un incrocio di suggestioni prende vita in questo dittico, che presenta una prima sezione dalla scrittura rapida, dinamicamente sbalzata, terminante, acquietandosi, in “pianissimo”; ed una seconda dall’andamento inizialmente più regolare
ma poi sfociante in un frastagliato disegno dal virtuosismo crescente, ma infine di nuovo sovrastato da suoni sussurrati e dal
silenzio.
Di questo lavoro Stefano Gervasoni ha voluto sottolineare l’impegno sul tema del “lirismo inespressivo”, «ricerca che è cuore
delle mie preoccupazioni estetiche di questi ultimi anni».
L’assunto di partenza è la convinzione che la forza espressiva
di una composizione artistica risulta magnificata dalla volontà profonda del suo creatore quando questi consapevolmente
si oppone al desiderio di manifestarla in maniera diretta. (…)
Dare voce musicale alle proprie idee significa svestirle della musica superficiale (…) e svelare il fascino del mistero inspiegabile
che le cose che l’uomo ha da dire contengono».
Andrea Zaniboni
Gervasoni: Phanes
T
erritorio inesplorato, inquietante e persino inospitale
- come è stato scritto recentemente dal pianista Aldo Orvieto - la musica di Stefano Gervasoni, compositore bergamasco classe 1962, s’è guadagnato uno spazio considerevole nel
mondo dell’avanguardia artistica, tra commissioni prestigiose,
un Premio Abbiati della critica ed una carriera realmente internazionale, riconoscibile anche nella docenza ottenuta al Conservatorio di Parigi.
Phanes, per flauto solo, nacque inizialmente con la sezione che
oggi si intende come I, e solo successivamente fu prolungato
con la II. L’edizione a stampa (Suvini-Zerboni) riporta la data di
conclusione dell’opera, 25 agosto 2010, così come la dedica a
Vanessa Innocenti che ne è stata prima interprete (al Domaine
de Kerguéhennec, centro bretone d’arte contemporanea) ma
anche ispiratrice del titolo, nel quale si congiungono foneticamente frammenti dei nomi Stefano (Gervasoni) e Vanessa (Innocenti). Ma il titolo non è solo questo, perché Phanes evoca
la divinità mistica della procreazione, la luce della nuova vita,
quanto la grande farfalla multicolore Vanessa atalanta, capace
di grandi viaggi migratori («Al mistero della vita delle farfalle,
12 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
11 febbraio
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
TRIO DIAGHILEV
MARIO TOTARO e DANIELA FERRATI
pianoforte
IVAN GAMBINI percussioni
il concerto è realizzato grazie a:
L. Bernstein: West Side Story
Suite
The rumble
Prologue
Meeting Scene
Tonight
Mambo
Cha-cha
One hand, one heart
Cool
Scherzo
Somewhere
Finale
Fondazione
Comunità Mantovana onlus
con la partecipazione di:
•••
I. Stravinskij: La Sagra della Primavera
Quadri della Russia Pagana
I Parte: L’adorazione della terra
II Parte: Il sacrificio
Rotaract Mantova
13
TRIO DIAGHILEV
MARIO TOTARO, pianoforte
DANIELA FERRATI, pianoforte
IVAN GAMBINI, percussioni
I
Così si può leggere nelle critiche del Suddeutsche Zeitung di
Monaco. La bravura strumentale dei tre musicisti, il virtuosismo
dei pianisti, l’imponente presenza delle percussioni, il gusto
raffinato, la rispettosa spregiudicatezza unita al piacere dell’invenzione e della creatività e la grande tensione emotiva offerta
dall’insieme, trasformano i concerti del Trio Diaghilev in serate
travolgenti e innovative.
“…Con un audace spirito di ricerca, un’effervescente musicalità
e sempre vigile intelligenza interpretativa, il Trio propone serate spettacolari e culturalmente rigenerative…”. Il repertorio
del Trio Diaghilev, è costituito da alcuni fra i maggiori capolavori musicali del ‘900 storico (Bartók, Stravinskij, Milhaud, Satie,
Holst, Ravel, Bernstein, Gershwin, Weill) e da opere originali
composte espressamente per questa formazione.
l Trio Diaghilev “… offre continui colpi di scena, fino a trasformare un semplice concerto in un vero e proprio spettacolo, proponendo effetti infinitamente più audaci rispetto alle
versioni orchestrali…”; “…impressionante il modo in cui il Trio
riusciva a creare suoni sinfonici e impressionante la dinamicità
dei due pianoforti e delle percussioni …”.
Il gruppo, inizialmente selezionato “per meriti eccezionali”
da Piero Rattalino e Roberto Hazon per la Gioventù Musicale
Italiana, ha sempre riscosso durante una ormai lunga e densa attività concertistica, ampi ed entusiasti consensi di pubblico e di critica, partecipando ad importanti manifestazioni
(Musica 2000-Cidim-Roma, Rossini Opera Festival-Pesaro, Autunno Musicale-Como, Sagra Musicale Malatestiana-Rimini,
I Concerti dell’Ateneo-Roma, Associazione Scarlatti-Napoli,
Gioventù Musicale Italiana-Milano, Ente Concerti-Pesaro, Internazionale Meister Konzerte-Iffeldorf-Monaco, Amici della
Musica-Ancona, Teatro Moore-Seattle, Benaroya Hall-Seattle,
Rialto Theater-Tacoma, Futuroma nella serata inaugurale delle
celebrazioni del centenario del movimento futurista-Palazzo
Wedekind-Roma, XLuna per i festeggiamenti del quarantesimo
anniversario dello sbarco sulla luna-Planetarium-Roma), collaborando con la Compagnia Italiana Balletto diretta da Carla
Fracci e Beppe Menegatti, il Balletto Teatro di Torino diretto da
Matteo Levaggi e la Spectrum Dance Theatre di Seattle (USA)
diretta da Donald Byrd.
In più occasioni, hanno partecipato in diretta alle trasmissioni radiofoniche negli Studi di “Radiotre Suite” di Roma e dal
“Salone del Lingotto” di Torino per Radio RAI. Hanno inciso Le
sacre du printemps, Petrushka di I.Stravinsky, e Der Wunderbare Mandarin di B.Bartòk per l’etichetta discografica Taukay Edizioni Musicali di Udine distribuita in tutto il mondo dall’Eroica
Classical Recordings.
14 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
note all’ascolto
Leonard Bernstein (Arr. Totaro) - West Side Story Suite
di più dissonanti e lontani dagli stereotipi di Broadway che si
possano immaginare.
D
Scrisse, inoltre, parti vocali assai difficili ed accrebbe considerevolmente l’orchestra. Con tali premesse, era difficile immaginare che l’opera avrebbe potuto essere realizzata e, per
parecchi mesi, la lavorazione dello spettacolo fu funestata da
innumerevoli controversie fra gli autori e i produttori del musical.
A dispetto di tutto ciò, West Side Story fu un grande trionfo
e, caso raro all’interno di un genere che teme il tempo, è tuttora uno degli spettacoli più amati ed apprezzati dai pubblici
di tutto il mondo. “Ci cercò persino la Columbia Records, che
in principio non aveva voluto investire neanche un dollaro in
uno spettacolo che, secondo loro, sarebbe morto nel giro di
una settimana! In realtà, questo spettacolo ha poi salvato dal
fallimento proprio la Columbia Records!”.
Qual è il segreto? Senza dubbio la genialità dell’autore, che
qui riesce ad unire sperimentazione, grande potenza espressiva e gusto pressoché infallibile.
evo subito dire che non sono d’accordo con coloro che
considerano Leonard Bernstein un mediocre compositore: quest’artista straordinario, dalla personalità complessa, era
infatti capace di scrivere opere geniali costruite in modo assai
rigoroso.
Forse una delle ragioni di un certo “snobismo”, da parte della
critica “ufficiale”, nei confronti del Bernstein compositore, è
quella che si ricollega al suo personale ideale estetico che gli
rendeva impossibile staccarsi del tutto dal linguaggio tonale.
Si trattava di una presa di posizione molto precisa che a molti
sembra tuttora semplicistica e superficiale: “...Per me la tonalità della musica è la sua stessa natura. Si può e si deve riammodernare il linguaggio della musica, ma non si può per questo negare la musica stessa. Negare la tonalità sarebbe come
negare l’essenza dell’uomo, i suoi principi ed i suoi sentimenti
essenziali.”
Tralasciando le polemiche, occorre dire che questa presa di
posizione del musicista americano, se da un lato non gli ha
impedito di svolgere comunque, come interprete, una grande
opera di divulgazione del repertorio musicale del Novecento (e non solo di quello legato alla tonalità), dall’altro gli ha
permesso di dedicarsi unicamente ai generi che gli erano più
congeniali (tra i quali spicca il musical), regalandoci pagine di
indiscutibile maestria e memorabili per la loro freschezza inventiva e la forte intensità espressiva e comunicativa.
West Side Story, forse la sua opera migliore (certamente la più
popolare), composta verso la metà degli anni ‘50, è appunto
un musical, che presenta non poche singolarità.
Occorre tenere presente che, a quell’epoca, scrivere per Broadway una commedia musicale (ambientata nel West Side
di New York) su un soggetto tragico, liberamente tratto da
Shakespeare (Romeo e Giulietta), che affrontasse da vicino il
problema razziale e che prevedesse due omicidi in scena rappresentava una vera e propria scommessa.
Come non bastasse, Bernstein lavorò utilizzando tecniche di
elaborazione motivica derivate direttamente dallo studio dei
“classici” e decise di usare, come cellula generatrice dell’opera,
un gruppo di tre note che, insieme, formano uno degli accor-
La Suite che ho ricavato dall’opera, del tutto differente da
quella preparata dello stesso Bernstein, segue il più possibile
l’andamento del dramma: dal Prologo, dove si affrontano le
due bande rivali (corrispondenti ai Capuleti e Montecchi del
dramma shakespeariano, qui newyorkesi e portoricani), all’incontro dei due protagonisti (Tony e Maria), a tutte le loro vicissitudini ed allo sviluppo del dramma. Danze vivaci e colorite si
alternano a momenti d’intimismo.
La piacevolezza dell’insieme potrebbe, però, farci dimenticare
che si tratta di un vero dramma. Ecco, dunque, il Finale tragico:
esso dipinge un corteo funebre che si allontana mestamente e
la Suite si chiude, in pianissimo, con un ultimo agghiacciante
colpo di timpano.
Mario Totaro
15
The rite of spring
U
na volta Robert Craft chiese a Stravinskij cosa egli avesse amato di più in Russia ed egli rispose: “La violenta
primavera russa, che sembra iniziare in un’ora ed è come se
la terra intera si spezzasse. Quello è stato l’avvenimento più
straordinario di ogni anno della mia infanzia”.
Chi non ha vissuto abbastanza a lungo in Russia riesce difficilmente a comprendere questa concezione della primavera
come fenomeno magico, come ritorno alla vita. È il mito del
rinnovamento della natura dopo il sonno invernale, della vittoria del sole dispensatore di vita sulla rigidità della morte.
Alla base della creazione del “Sacre du printemps” sta proprio questa potente immagine, unitamente a una visione che
Stravinskij afferma di aver avuto, inaspettatamente, durante
la primavera del 1910: “Vidi con la mia immaginazione un solenne rito pagano: vecchi saggi, seduti in circolo, osservavano
una giovane danzare fino alla morte. La sacrificavano per propiziarsi il dio della primavera”.
Stravinskij era convinto di aver rivelato, in questo caso, una
realtà virtuale che esisteva al di fuori di lui e che gli si era offerta naturalmente, come in un sogno. Altri sogni, altre visioni
sono alla base delle concezioni di numerosi suoi lavori. Riferendosi in particolare al “Sacre”, egli disse: “I am the vessel
through which Le Sacre passed”, letteralmente “sono il vaso,
recipiente (ma anche nave, vascello) attraverso il quale passò il Sacre”.
Questa concezione del genio che non inventa ma svela verità
superiori ricevute come doni è un concetto romantico che non
ci aspetteremmo da Stravinskij. Eppure sono sue queste parole: “Al tempo del Sacre non sapevo niente della tradizione
accademica ma sapevo come dovevo scrivere il Sacre”.
E c’è di più: “Non fui guidato da alcun sistema mentre componevo il Sacre. Quando penso alla musica degli altri compositori di quel tempo (…Berg … e Webern, ad esempio), questa
mi sembra assai più teoretica del Sacre. Questi compositori
appartenevano ad una grande tradizione ed erano sorretti da
essa. Dietro al Sacre non esiste, invece, né tradizione né teoria. Avevo solo il mio orecchio ad aiutarmi. Ascoltai e
scrissi ciò che avevo ascoltato”.
Altrove leggiamo: “Debbo dire che nella mia arte io seguo una
logica istintiva e ne formulo la teoria ex post facto”.
16 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
In effetti, la sua nota abitudine di lavorare sempre al pianoforte, in una totale aderenza alla realtà del suono, avvalora
l’ipotesi di uno Stravinskij compositore empirico e rivelatore
di una scienza infusa.
Ho molto insistito su questo aspetto perché più di un critico
presente alla prima esecuzione del “Sacre” parlò di “forze
primordiali incontrollate”. Secondo Guido Salvetti, “la musica cessa qui di essere confessione dell’animo dell’autore per
divenire scatenamento di forze che in fondo non gli appartengono”.
Che si creda o no all’interpretazione romantica del genio, è
innegabile che Stravinskij inauguri, col “Sacre”, mondi sonori
totalmente nuovi ed insospettabili.
Nel 1913 Schoenberg aveva da un pezzo abbandonato la tonalità (il “Pierrot Lunaire” è contemporaneo di “Petrushka” e
del “Sacre”), mentre Stravinskij si sarebbe accinto, di lì a poco,
a “restaurarla” con i suoi lavori neoclassici.
Eppure la concezione adorniana di uno Schoenberg rivoluzionario e di uno Stravinskij conservatore è stata da tempo confutata (Boulez scriverà, nel 1951: “Schoenberg è morto; Stravinskij rimane”). Se i metodi di lavoro di Schoenberg, infatti,
derivano direttamente da quella tradizione della quale egli
si riteneva uno degli ultimi anelli, Stravinskij utilizza, nel “Sacre”, modi realmente inediti di organizzazione del materiale
sonoro, tali da non aver esaurito forse nemmeno oggi il loro
potenziale di novità.
Questa opera-chiave senza precedenti, da qualunque punto
di vista la si esamini (armonico, ritmico, timbrico-strumentale,
formale…), occupa una posizione isolata nella sua unicità.
È vero che alcuni aspetti di essa sono ancora basati sulla vecchia organizzazione; ma sappiamo che la cosiddetta musica
nuova nascerà solo grazie alla convergenza di due esperienze: quella della Scuola di Vienna da una parte e dello Stravinskij del “Sacre” dall’altra.
A differenza di “Petrishka”, nel “Sacre” non abbiamo né soggetto drammatico, né azione continuativa, né personaggi. Così,
mentre la musica di “Petrushka” fu scritta su un programma,
qui fu il programma (imposto oltre tutto dal coreografo) ad esser determinato dalla musica. Disse a tal proposito Stravinskij:
“Ho scritto un brano architettonico, non aneddotico”.
Si tratta, dunque, di una musica più pura della maggior parte delle opere ballettistiche, e difatti il lavoro ha da sempre
riscosso più consensi nelle sale da concerto che sui palcoscenici. Del resto, qualunque “messa in scena” è sembrata sempre
inevitabilmente soccombere alla complessità ed alla ricchezza
della partitura.
Se a livello compositivo si può parlare di sviluppo, approfondimento e radicalizzazione di alcuni aspetti già embrionalmente
presenti in “Petrushka” (soprattutto dal punto di vista metrico-ritmico), a livello espressivo fra i due lavori si apre un solco
incolmabile: ironia e festosità, infatti, sono qui totalmente assenti, mentre si può parlare di immaginazione delirante, di colore “tropicale”, di fuoco inestinguibile, di torbida sensualità.
Un critico presente alla “prima” disse: “Non si era mai ascoltata musica così brutale, selvaggia, aggressiva ed apparentemente caotica; essa investiva il pubblico come un uragano…”
“Nel Sacre non c’è più spazio né per l’ordine, né per il piacevole, né per il sentimentale”, scrive Salvetti, e Boulez rincara la
dose: “Con il Sacre può dirsi definitivamente morto e sepolto
il concetto di bello dell’epoca classico-romantica”.
Sembra, in effetti, che Stravinskij abbia deliberatamente ricercato qui le dissonanze più crude e le più asimmetriche combinazioni ritmiche. In realtà, sta proprio qui la vera grandezza
del “Sacre”: per risalire oltre la civiltà dell’uomo, Stravinskij
sentì il bisogno di distruggere l’ordine delle forme tradizionali.
Fu proprio grazie a questa radicalità che “la pietra angolare
della musica moderna” (Boulez) segnò l’inizio di una nuova
era, agendo in profondità sulla coscienza critico-estetica novecentesca.
Si pensi al nuovissimo impiego della pulsione ritmica, messo magnificamente in luce proprio da Boulez: vi sono episodi
(come la “Danza degli Adolescenti”), dove le funzioni armoniche e il melos sono sospesi e tutto ciò che resta è la reiterazione ossessiva di un accordo, secondo uno schema ritmico del
tutto imprevedibile.
Ancor più notevoli sono, a mio avviso, le zone dove i blocchi
sonori si susseguono senza alcuna potenzialità discorsiva. In
questi casi le ripetizioni di motivi dal fraseggio corto, irregolare, sembrano sospendere la vettorialità temporale e le più
spregiudicate dissonanze sorgono proprio dallo scontro di linee orizzontali fra loro non comunicanti.
Paradossalmente, la discorsività del “Sacre” risiede nella sua
non-discorsività: gran parte del suo fascino deriva proprio
dalla mancanza di variazioni e di sviluppi del materiale e dalla
conseguente ossessività ritmica e motivica.
Inutile dire che non vi è nulla di meccanico in questi ritmi insistenti ed ostinati: il tumulto espressivo che nasce da essi si lega
saldamente ad un melos straordinariamente coinvolgente, di
origine popolare.
Le analisi strutturali hanno messo in evidenza i calcoli che si celano dietro ai rapporti fra durate ed accenti; tuttavia, il gioco è
condotto con un tale senso dell’asimmetria da entusiasmare per la sua apparente spontaneità.
Furono queste qualità a far dire a Boulez: “Non vi fu mai…
coalescenza più grande fra le risorse del linguaggio e la forza
poetica, fra i mezzi di espressione e la volontà di espressione”
Mario Totaro
17
Sofia Gelsomini, ospite di Società della Musica nella stagione 2012
18 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012
18 febbraio
Madonna della Vittoria, ore 20.45
LUCA OBERTI
clavicembalo
RIBALTA GIOVANI
“Bach e Oltre…”
J. S. Bach
Fantasia e fuga in la minore BWV 904
Toccata in do minore BWV 911
Concerto nach Italiänischen Gusto BWV 971
Allegro
Andante
Presto
J. S. Bach
Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992
Arioso. Le moine degli amici per impedire il viaggio.
Rappresentazione dei diversi incidenti che potrebbero
capitargli in terra straniera.
Adagiosissimo. Lamento generale degli amici.
Qui gli amici, vedendo che non è possibile dissuaderlo,
si congedano.
Aria di Postiglione.
Fuga all’imitazione della posta.
•••
C. Coppens
Remembering Maeterlinck
Partita in do minore BWV 826
Sinfonia
Allemande
Courante
Sarabande
Rondeau
Capriccio
19
LUCA OBERTI
“U
n clavicembalista eccezionale: “uno dei musicisti più
interessanti dell’ultima generazione di barocchisti”
(Radio Classica, “Ultimo grido”). “Uno dei migliori talenti del
cembalo in Europa” (Musica, Luca Ciammarughi).
Vincitore nel 2012 della venticinquesima edizione della “Yamanashi Harpsichord Competition” (Giappone), l’attività concertistica di Luca Oberti comprende le principali sale europee
(La Monnaie di Bruxelles, Théatre des Champs-Elysées di Parigi,
Theater an der Wien, Abbaye Royale de Fontevraud, Konzerthaus di Berlino, Sala Verdi e Teatro dal Verme di Milano) e collaborazioni con i più importanti solisti ed ensembles specializzati nel repertorio barocco: Les Talens Lyriques, La Venexiana,
Academia Montis Regalis, Christophe Rousset, Enrico Onofri,
Amandine Beyer, Stefano Montanari, Roberto Gini, Veronique
Gens, Anne Sophie von Otter, Lawrence Zazzo, Topi Lehtipuu,
Jeremy Ovenden, Hilary Summers, ecc.
Il suo repertorio spazia dai capisaldi del repertorio clavicembalistico (Frescobaldi, Bach, Couperin, Rameau, Scarlatti) al repertorio del Novecento, sia solistico che con orchestra, fino a opere
contemporanee scritte negli ultimi anni.
Appassionato studioso dei meccanismi di apprendimento, si dedica allo sviluppo di innovativi e più efficaci metodi di studio
applicando, fra i primi, le tecniche di programmazione neurolinguistica alla musica.
Nella convinzione che l’insegnamento sia parte fondamentale
della crescita artistica di un musicista, Luca Oberti si dedica ad
esso con passione, sia presso la Scuola Musicale di Milano e l’Accademia Santa Cecilia di Bergamo, dove insegna regolarmente,
sia in occasione di masterclass e laboratori presso istituzioni europee ed extraeuropee, come l’Assumption University di Bangkok, dove tiene corsi di clavicembalo e laboratori di musica
d’insieme.
20 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
La passione per la storia e per gli strumenti antichi
sviluppa in Luca Oberti una curiosità che diventa poi
scelta di vita grazie all’incontro con Emilia Fadini,
con la quale scopre la ricchezza del mondo musicale
antico, e con Christophe Rousset, che lo guida nella
ricerca di un’estetica sonora personale.
Fra i riconoscimenti si segnalano le vittorie al concorso organistico “M. Galanti” di Mondaino, ai concorsi di
clavicembalo “G. Gambi” di Pesaro e “P. Berardi” di Bologna, il diploma di merito dell’Accademia Chigiana di Siena,
e il Premio Nazionale delle Arti, assegnatogli dal Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca Italiano.
note all’ascolto
N
el corso della sua vita Johann Sebastian Bach studia, approfondisce e rielabora tutte le forme musicali del suo tempo
e del passato. Questo programma presenta i diversi stadi dell’evoluzione della scrittura bachiana, per arrivare alla piena rielaborazione dei modelli e degli stili nazionali in un linguaggio
inconfondibilmente personale.
La Fantasia e fuga in la minore BWV 904, opera della maturità, ci pone di fronte a una situazione abbastanza ricorrente nella produzione bachiana: l’accostamento in dittico di due
brani scritti in anni e in stili differenti. La severa ma malinconica Fantasia si presenta come un ampio affresco di ispirazione
contrappuntistica, simile ai modelli frescobaldiani “di durezze
e legature”, mentre la complessa fuga in stile più strumentale
ci sorprende per l’introduzione, oltre la metà, di un nuovo soggetto cromatico, che porta la composizione a chiudersi in vere e
proprie spirali armoniche.
Con la giovanile Toccata in do minore BWV 911 ci addentriamo invece nello Stylus Phantasticus, la cui matrice frescobaldiana
viene filtrata dalle innovazioni degli organisti del Nord Europa,
Buxtehude e Böhm in primis. Ad un vigoroso exordium toccatistico segue un adagio dalla solida struttura imitativa per giungere, dopo un’altra sezione in stile toccatistico-improvvisativo,
alla monumentale fuga. E proprio nella lunga fuga si insinuano,
dapprima in modo discreto e poi sempre più evidente, delle sezioni in stile di nuovo toccatistico-virtuosistico, fino a disgregare
la fuga stessa in un finale inaspettato.
Con il Concerto nel gusto italiano BWV 971 ascoltiamo, in
tutta la sua maturità, l’opera di assimilazione bachiana degli stili
nazionali. Dopo aver trascritto anni addietro numerosi concerti
di Vivaldi, Marcello e altri, Bach è perfettamente in grado di scrivere un concerto in stile italiano, superandone il modello stesso
per arricchirlo della propria impronta stilistica. Si giunge quindi ad un Concerto notevolmente più complesso di quello che
avrebbe scritto un compositore italiano dell’epoca, ma nel quale
sono mantenuti i capisaldi formali e stilistici. Un brillante primo
tempo con le chiare alternanze di solo e tutti (indicate da Bach
stesso con “piano” e “forte”) lascia presto spazio a un ampio
adagio in cui la melodia, riccamente ornata come nella migliore
tradizione violinistica italiana, si dipana su un vivaldiano basso
staccato dall’andamento ipnotico. A concludere un virtuosistico
Presto di nuovo caratterizzato dal dialogo solo-tutti.
22 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Il compositore e pianista belga Claude Coppens (1936) scrive
Remembering Maeterlinck nel 2012, su commissione del Festival di Musica Antica di Bruges. Il brano è dedicato al premio
Nobel per la letteratura Maurice Materlinck (1862-1949) nell’occasione del 250° anniversario di nascita. Autore, fra i tanti, di Pélleas et Mélisande, è proprio a questa opera che Coppens trae più
di altre ispirazione, costellando il testo musicale di precisi riferimenti letterari pur negando ogni programmaticità in favore di
un sottile e ricercato simbolismo. Il brano, di grande complessità
metrica, è una sorta di struttura isocrona, dove nonostante gli
innumerevoli e complessi incastri ritmici, una pulsazione quasi
fisiologica fa da collante delle varie sezioni. Nel panorama della musica contemporanea per clavicembalo il brano di Coppens
mostra una profonda conoscenza dello strumento, che, grazie
anche alla minuziosa accuratezza della notazione, permette di
esplorare nuove combinazioni sonore, perfetta espressione di
una scrittura assolutamente simbolista.
Il Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo
BWV 992 è una delle più interessanti opere giovanili di Bach.
Scritta all’età di circa 19 anni, quando il fratello Johann Jacob si
trasferì alla corte di Carlo II di Svezia, è una vera composizione
programmatica, dove l’intento espressivo delle singole sezioni è
annotato da precise descrizioni. Il linguaggio retorico dell’epoca
è qui presentato con un ampio vocabolario: il basso cromatico
ostinato del lamento, le dure modulazioni degli “incidenti in terra straniera”, i frivoli ornamenti delle “moine degli amici”, piuttosto che l’imitazione onomatopeica del corno di postiglione,
sono solo i più evidenti degli innumerevoli mezzi dispiegati dal
giovane Bach per massimizzare l’attinenza testo-musica.
Con la Partita in do minore BWV 826 torniamo alle grandi
opere della maturità bachiana: le sei Partite in particolare, raggiungono il vertice della scrittura tastieristica bachiana. Le matrici degli stili nazionali italiano, francese e tedesco, pur restando
riconoscibili, sono ormai perfettamente fuse e rielaborate nell’originale e unico stile del compositore.
Il contenuto emotivo di questa partita in do minore, già dal primo
movimento, apre l’orizzonte a una nuova sensibilità. Si fa strada
un sentimento che emerge in alcune delle ultime opere di Bach:
l’inquietudine. Quella stessa inquietudine che anticipa la drammaticità romantica e che va a tendere un braccio a Beethoven.
Luca Oberti
4 marzo
Chiostro di San Barnaba, ore 20.45
DORINA FRATI
mandolino
PIERA DADOMO
chitarra
ALTRI SUONI
G. G. Boni
Sonata IX
Allegro
Adagio
Allegro
A. Vivaldi
Concerto in re maggiore, RV 93
Allegro
Adagio
Allegro
A. Riggieri
Tema con variazioni “La Fustenberg”
per mandolino solo
il concerto è realizzato grazie a:
M. M. Ponce
Sonatina Meridional
per chitarra sola
abacogroup.eu
R. Calace
Notturno op. 186
per mandolino solo
N. Paganini
Sonata concertata
Allegro spiritoso
Adagio
Rondò
J. S. Bach
Concerto Italiano BWV 971
Allegro
Andante
Presto
•••
23
PIERA DADOMO
DORINA FRATI
S
C
Ha pubblicato un cd per la MAP di Milano, dedicato integralmente alle opere del compositore messicano Manuel M. Ponce
(“Disco del mese” per la rivista “Seicorde”); per Dynamic ha
realizzato un cd di musica da camera con Dorina Frati, dedicato a J. S. Bach, con trascrizioni per
mandolino e chitarra curate dal duo.
Con quest’ultima ha inciso “Das lied von der erde” di Gustav
Mahler diretta dal M° Lorin Maazel.
Il lungo sodalizio con i Solisti Veneti diretti da C. Scimone le
ha consentito di esibirsi nelle sale più importanti del mondo,
partecipando a numerose tournée e festivals.
È primo mandolino dell’Orchestra del Teatro alla Scala e della Filarmonica della Scala, con cui collabora dal 1987. È stata
diretta da Carlos Kleiber, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti,
Daniel Barenboim, Antonio Pappano, Lorin Maazel, Giuseppe
Sinopoli, Zubin Mehta, D. Gatti, Riccardo Chailly. Ha inciso per
Sony, Emi, Decca ed Erato; con Dynamic si è dedicata negli ultimi anni alla riscoperta di un interessante ed inedito repertorio
per mandolino.
i è formata alla scuola chitarristica di Angelo Gilardino, dapprima con due suoi ex-allievi bresciani, Roberto Ferraresi e
Marco de Santi, poi con Gilardino stesso. A vent’anni ha vinto
il Concorso Internazionale di Lagonegro, dedicato al repertorio
del Novecento; l’anno successivo, si è diplomata con il massimo
dei voti presso il Conservatorio di Cuneo; nel 1995 ha concluso
con valutazione di eccellenza il triennio di perfezionamento tenuto dal M° Gilardino presso l’ Accademia “L. Perosi” di Biella.
Diverse le figure di musicisti che hanno ulteriormente contribuito alla sua crescita artistica: tra i chitarristi, Tilman Hoppstock,
in particolare per quanto concerne il repertorio barocco, e Dusan Bogdanovic.
Come solista o in formazione da camera - in duo con la mandolinista Dorina Frati o con il chitarrista Vincenzo Torricella - ha
tenuto concerti presso Festival Chitarristici Internazionali e prestigiose Associazioni musicali in Europa e Giappone.
Nel 2008 la rivista “Seicorde” ha pubblicato come cd allegato una sua registrazione dedicata al repertorio romantico.
Svolge un’intensa attività didattica,
quest’anno anche presso il Liceo Musicale di Mantova,
e collabora regolarmente alla Masterclass estiva organizzata all’interno
del Festival Chitarristico
di Castell’Arquato (PC).
onsiderata fra i più grandi virtuosi del panorama mandolinistico internazionale, ha compiuto gli studi musicali con
il M° Giuseppe Anedda diplomandosi, prima in Italia, presso il
Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova. L’intensa attività concertistica, la vede impegnata sia in formazioni cameristiche sia
con le più prestigiose orchestre sinfoniche italiane: Filarmonica
della Scala e Accademia di Santa Cecilia. Invitata dal M° Riccardo Muti, è stata ospite dei Wiener Philarmoniker e della Bayerischer Rundfunk Simphonieorchester di Monaco.
Nel 1981 ha fondato l’Orchestra a plettro del Centro Musicale
del Villaggio Sereno di Brescia, che tuttora dirige e con la quale
ha ottenuto importanti riconoscimenti in Europa e Giappone.
È stata interprete di diverse prime esecuzioni assolute, tra cui
ricordiamo il Concerto per mandolino, chitarra e Orchestra da
Camera “Fiori di Novembre” di Angelo Gilardino ed il brano
per tre Attori recitanti e Orchestra a Plettro “L’Isola dell’Amore” del compositore svizzero Francesco Hoch, quest’ultimo a lei
dedicato.
È docente di Mandolino presso il Conservatorio “Cesare Pollini”
di Padova e tiene masterclass e seminari di interpretazione per
enti e associazioni musicali.
note all’ascolto
L
a prima parte del programma, interamente dedicata al periodo barocco, offre diversi esempi di composizioni tutte
dedicate agli strumenti a pizzico in voga all’epoca: mandolino,
liuto e clavicembalo.
La Sonata IX del compositore bolognese Giuseppe Gaetano
Boni, con cui si apre il programma, fa parte di una raccolta di
12 sonate, intitolata “Divertimenti per camera a violino, violone, cimbalo, flauto e mandola, op. II”, pubblicata a Roma presumibilmente nel 1720: si tratta di una composizione articolata
in tre brevi movimenti, nella cui fresca inventiva melodica si
può ravvisare l’influenza di Arcangelo Corelli.
Tra i numerosi concerti che Antonio Vivaldi scrisse per strumenti solisti e orchestra, quello per liuto in Re maggiore RV93 è
senz’altro tra i più celebri: suddiviso nei canonici tre movimenti Allegro-Largo-Allegro, è stato da noi trascritto in modo che
parte orchestrale e parte solistica vengano affidate in modo
alternato ai nostri due strumenti, privilegiando l’aspetto della
ricchezza timbrica, tanto cara a Vivaldi.
Le dieci variazioni su tema detta “La Fustemberg” del compositore Antonio Riggieri, appartengono a una serie di pubblicazioni fatte a Parigi tra il 1781 e il 1783; le variazioni rappresentano quanto di più completo e virtuosistico il repertorio
barocco per mandolino solo offre; le peculiarità timbriche e
tecniche dello strumento sono messe in risalto dalla maestria
del compositore, sicuramente esperto conoscitore degli strumenti a pizzico.
La musica barocca italiana era talmente ammirata a livello
europeo che quando Johann Sebastian Bach prestò servizio
presso la corte di Weimar negli anni 1708-1716, fu invitato dal
colto Principe Johann Ernst di Sassonia, abile clavicembalista,
a trascrivere per il proprio strumento diversi concerti di autori italiani (in primis Vivaldi e Marcello) originali per orchestra
d’archi: naturalmente il genio di Eisenach non si limitò a fare
un lavoro di mera trascrizione, ma aggiunse elementi suggeriti
talvolta dalla tecnica cembalistica (variazioni in arpeggio, fioriture melodiche) o da esigenze di arricchimento contrappuntistico, che rendono queste opere ancora più interessanti degli
originali. Per questa ragione, immaginando il duo mandolino-
chitarra come una sorta di ideale “cembalo colorato”, abbiamo deciso di attingere alla versione bachiana per la trascrizione del celeberrimo Concerto di Alessandro Marcello, originale
per oboe e orchestra.
La seconda parte del concerto è dedicata al repertorio del Novecento storico e dell’Ottocento.
La Sonatina Meridional è una delle opere più felicemente riuscite del messicano Manuel Maria Ponce, intimo amico del
chitarrista Andrés Segovia, personalità carismatica che negli
anni Venti e Trenta ebbe il merito di portare la chitarra in tutto il mondo e di stimolare diversi compositori di vari Paesi ad
arricchire il repertorio per chitarra.
Nei tre movimenti della Sonatina, elementi ritmici e melodici
propri della musica folklorica messicana si fondono in una forma elegante e compiuta, d’ispirazione europea: Ponce visse e
studiò infatti per lunghi anni a Parigi, e questo gli permise di
elaborare uno stile compositivo estremamente raffinato, che
ispira composizioni quali la Sonata III, le Variazioni e Fuga sulla
Follia di Spagna, il Concierto del Sur e tanti altri capolavori per
chitarra.
Di Raffaele Calace, autore napoletano tra i più conosciuti del
panorama mandolinistico internazionale, il Notturno ….cielo
stellato è una successione di suoni rarefatti eseguiti con la tecnica del “tremolo”, effetto tipicamente “partenopeo”che ha
riconosciuto per più di un secolo il mandolino come rappresentante più significativo della musica popolare napoletana.
Il programma si conclude con un’opera classica, la Sonata Concertata di Niccolò Paganini, anch’essa articolata in tre movimenti. Lo straordinario violinista genovese si dilettava anche
con la chitarra, per la quale scrisse pagine molto ricche; si dedicò anche al mandolino, con alcune brevi composizioni.
Pertanto ci permettiamo di eseguire questa Sonata con il mandolino, anziché con il violino, come è stata pensata originariamente. Il carattere “concertato”, che vede alternare l’esposizione dei temi ai due strumenti, anima la composizione, in un
gioco di botte e risposte vivaci e giocose.
Dorina Frati e Piera Dadomo
25
ACCADEMIA NAZIONALE
VIRGILIANA
i luoghi storici
L
a ricostituzione dell’Accademia Nazionale Virgiliana risale a un
editto di Maria Teresa Imperatrice d’Austria del 1768.
Mantova traversava un periodo storico difficile.
Con l’ascesa al trono di Maria Teresa d’Asburgo anche Mantova è
investita da quella corrente di rinnovamento e di riforma che caratterizzò tutto il regno dell’Imperatrice.
L’Istituzione, denominata allora “Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere” divenne in realtà una vera e propria scuola superiore e
universitaria articolata in tutte le discipline e divisa in varie classi.
Tale altezza di compiti le assicurò rapidamente una meritata celebrità in Italia e all’estero. Fino da allora le fu destinata la sede ove si
trova tuttora: il Palazzo Accademico restaurato dall’architetto neoclassico Paolo Pozzo, e abbellito dallo splendido teatro di Antonio
Galli da Bibiena inaugurato nel 1769 (Mozart tredicenne vi suonò
il 16 gennaio 1770).
La “Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere” nata allora risorgeva sulle radici di una tradizione di sodalizi di cultura che risaliva al
Rinascimento e al dominio gonzaghesco.
Assunse il nome di Virgiliana per volontà di Napoleone Bonaparte;
e la qualifica di Nazionale nel 1983.
In origine l’Accademia costituiva una struttura culturale e didattica
fondamentale per la città di Mantova; e le era stata assegnata la
proprietà di tutti i beni artistici e librari pubblici mantovani.
Dopo alterne e difficili vicende che l’hanno gravemente impoverita,
essa ha riavviato negli ultimi decenni una vivace operosità di produzione culturale nelle tre Classi che la compongono: Lettere e Arti,
Scienze matematiche fisiche e naturali, Scienze morali.
Il Corpo accademico è costituito da 170 tra accademici ordinari,
onorari e soci corrispondenti.
Nella sua sede l’Accademia conserva e mette a disposizione di studiosi e ricercatori quanto rimane del tesoro artistico e librario originario; pubblica dal 1863 la rassegna annuale degli «Atti e Memorie»; svolge un’intensa attività editoriale in diverse collane proprie,
per i tipi della casa editrice Leo S. Olschki di Firenze, divulgando in
tutto il mondo i risultati degli studi e delle ricerche compiuti nella
su a sede.
Celebra periodicamente convegni frequentati da studiosi eminenti, e cicli di conferenze di vario indirizzo e di alta specializzazione
culturale.
26 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
11 marzo
Sala ovale dell’Accademia Virgiliana,
ore 20.45
MASSIMO MERCELLI
flauto
EDOARDO CATEMARIO
chitarra
il concerto è realizzato grazie a:
W. A. Mozart
Sonata K. 331 per flauto e chitarra (arr. Graf/Ragossnig)
Andante Grazioso
Minuetto
Rondò alla turca
si ringrazia:
F. Schubert
Sonata in la minore D. 821 “Arpeggione”
per flauto e chitarra (arr. A. Grande)
Allegro moderato
Adagio
Allegretto
•••
A. Piazzolla
Da “Cinco Piezas para guitarra sola”
Campero
Acentuado
Compadre
Da “Studi per flauto solo”
Studio n. 1, n. 3, n. 2
Histoire du Tango per flauto e chitarra
Bordel 1900
Café 1930
Night club 1960
Concert d’aujourd’hui
27
MASSIMO MERCELLI
A
llievo dei celebri flautisti Maxence Larrieu
ed André Jaunet, Massimo
Mercelli a diciannove anni
diviene primo flauto al Teatro La Fenice di Venezia,
vince il “Premio Francesco
Cilea”, il “Concorso Internazionale Giornate Musicali” e il “Concorso Internazionale di Stresa”.
Suona regolarmente nelle maggiori sedi concertistiche del mondo: Carnegie Hall di New York, Herculessaal e
Gasteig di Monaco, Mozarteum di Salisburgo, Teatro Colon di
Buenos Aires, Concertgebouw di Amsterdam, Auditorium RAI
di Torino, Victoria Hall di Ginevra, San Martin in the Fields e
Wigmore Hall di Londra, Parco della Musica di Roma, Filarmonica di San Pietroburgo, Filarmonica di Varsavia, e nei Festival
di Ljubljana, Berlino, Santander, Vilnius, San Pietroburgo, Bonn,
Festival Cervantino, Reihngau, Jerusalem, Warsaw, collaborando con artisti quali Yuri Bashmet, Jean-Pierre Rampal, Krzsystoff
Penderecki, Jiri Belohlavec, Albrecht Mayer, Gabor Boldowsky,
Philip Glass, Michael Nyman, Massimo Quarta, Ennio Morricone,
Luis Bacalov, Peter-Lukas Graf, Maxence Larrieu, Aurele Nicolet,
Anna Caterina Antonacci, Ramin Bahrami, Federico Mondelci,
Jan Latham Koenig, Catherine Spaak, Susanna Mildonian, e con
orchestre come la Prague Philarmonia, i Moscow Soloists, i Wiener Symphoniker, i Solisti della Scala, i Virtuosi Italiani, i Salzburg
Chamber Soloists, la Moscow Chamber Orchestra, i Musici.
Direttore artistico e fondatore dell’Emilia Romagna Festival, dal
2011 è stato eletto vice presidente della prestigiosa European
Festival Association. Appassionato della musica del nostro tempo, ha eseguito in prima esecuzione “Facades” di Philip Glass
col compositore al pianoforte,oltre a prime esecuzioni di Nyman,
Glass, Morricone,Penderecki, Bacalov che sovente gli hanno dedicato i brani. L’11 settembre 2006 ha suonato presso l’auditorium dell’ONU, a New York.
Nella stagione 2008 si è esibito alla Filarmonica di Berlino nella
stagione ufficiale e alla Filarmonica di Mosca in un Galà con Yuri
Bashmet e Gidon Kremer. Nell’agosto 2008 si è esibito come solista nella prima assoluta della cantata di Ennio Morricone “Vuoto
28 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
d’anima piena” diretto dal compositore stesso e ha partecipato, alla Filarmonica di Varsavia, al festival dedicato ai 75 anni di
Krszystoff Penderecki.
Nella stagione 2009-10 ha suonato al MITO Festival di Milano,
al Teatro Nazionale di Praga con Denice Graves, in Cina con Luis
Bacalov al Expo di Shangahi e ha effettuato la prima esecuzione
mondiale del concerto per flauto ed orchestra di Michael Nyman
a lui dedicato. Recentemente ha suonato alla Cajkovskijj Hall di
Mosca sotto la direzione di Yuri Bashmet e al MusikVerein di
Vienna.
Nel 2012 ha suonato in Russia,Cina, Europa e Sud America in importanti sedi come le Filarmoniche di Berlino, Vilnius, Praga. Nel
mese di settembre 2012 è uscito il cd con l’integrale della musica
per flauto di Philip Glass edito da “Orange Mountain Record”.
EDOARDO CATEMARIO
E
doardo Catemario, è
nato a Napoli ed ha intrapreso lo studio della chitarra all’età di cinque anni.
Ha studiato con Jose Tomàs
e Maria Luisa Anido. Pianoforte e analisi con Titina De
Fazio ed interpretazione
con Leo Brouwer.
Chitarrista
estremamente versatile, passa con disinvoltura dal repertorio
romantico (suonato su
strumenti originali) a quello barocco, al novecento storico alla
musica contemporanea e d’avanguardia. Il suo repertorio include una enorme quantità di pezzi solistici, da camera e 44 concerti per chitarra ed orchestra.
Artista DECCA dal 2008. Vanta al suo attivo numerosi primi premi di concorsi nazionali ed internazionali.
Ha vinto, tra l’altro, il primo premio dei prestigiosissimi concorsi
“Andres Segovia” di Almuñecar (Granada) nel 1991 e di Ales-
sandria nel 1992. Ha suonato in prima assoluta composizioni a
lui dedicate tra cui: “Carpe Diem” di Gerard Drozd, “El Kalasha
de Avalokitesvara” di Eduardo Morales Caso, “I racconti di
Mamma Orca” di Roberto De Simone per chitarra e quartetto
d’archi, “Cuadernos de Danzas” di Marcelo Sotelo per violino,
chitarra e ensemble ed il “Concerto Serenata” di Oliviero Lacagnina per chitarra e orchestra d’archi. È stato ospite in qualità di solista di grandi orchestre: Melbourne Synphony, Wiener
Akademie, Orquesta Nacional de Andorra, Pomeriggi Musicali, Orchestra di Padova e del Veneto, Accademia Bizantina,
Orchestra della Toscana, Orchestra di Stato del Messico, Solisti
di Fiesole con direttori quali: Martin Haselboek, Oleg Caetani,
Marzio Conti, Michael Helmrat, Inma Shara, Ottavio Dantone,
Enrique Batiz e Nicola Paszkowski. Catemario affianca alla sua
carriera da solista una intensa attività cameristica che lo ha portato a collaborare con musicisti quali: Alain Meunier, Massimo
Quarta, Alexandre Da Costa, Mario Carbotta, Roberto Fabbriciani, Antonello Farulli, Mario Ancillotti, Sylvie Gazeau, Silesian
string quartet, Vega string quartet. Edoardo ha partecipato ad
emissioni radiofoniche e televisive per le maggiori reti nazionali BBC (UK), ABC (Australia), CBC (Canada), TVE2 (Spagna), RTF3
e ARTE (Francia), RAI1 e RAI3 (Italia), TV2000 (Vaticano).
Ha tenuto concerti da solista nelle sale più prestigiose del mondo: Grosser Saal of the Wiener Musikverein (Vienna), Auditorio Nacional e Teatro Real (Madrid), Wigmore Hall e St John’s
Smith Square (Londra), Weill Hall at Carnegie Hall (New York),
Bolshoi Saal della Philarmonia (San Pietroburgo), Suntori Hall e
Tokyo Opera Hall (Tokyo), Sidney Meyr Bowl e Town Hall (Melbourne), Citè de la musique (Parigi), Gewandhaus (Lipsia), Teatro Coliseo (Buenos Aires), MusikHalle (Hamburg), Auditorium
Cariplo (Milano), Villa Rufolo (Ravello) etc.
La sua produzione discografica include lavori per: DECCA Records, ARTS Music e Koch Schwann. Le sue registrazioni hanno
vinto numerosi premi della critica quali: Cinque stelle di “Musica” (Italia), Scelta del mese di CD classica (Italia), Scelta dell’editore di Guitart (Italia), Joker di Crescendo (Belgio) fra le altre…
Nel Gennaio 2004 la sua incisione del Concerto n1 di Giuliani
è stata allegata al BBC Music Magazine. Catemario è anche un
apprezzato didatta, ha dato Master Classes in Francia, Spagna,
Italia, Regno Unito ed Austria. Collabora con la Royal Academy
di Londra dove è regolarmente invitato dal 2006, ha tenuto
corsi durante la “Sommer Akademie” del Mozarteum di Salisburgo, alla Musikhochschule di Lipsia, all’Indiana University,
Brooklyn University ed altre istituzioni. È stato titolare della
cattedra di perfezionamento ed interpretazione presso il “Conservatoire International de Paris” (Parigi, Francia) dal 1995 fino
al Giugno del 2001. Edoardo Catemario suona con corde Royal
Classics “Sonata light”.
note all’ascolto
Mozart: Sonata in la maggiore K. 331
N
ella primavera del 1778, Mozart e sua madre giunsero a
Parigi, ambìta meta di un ennesimo viaggio avviato nel settembre dell’anno precedente, e concepito a scopo di carriera.
Fu in questa città, viva di salotti, teatri, dispute intellettuali
e figure influenti che il ventiduenne compositore compì una
serie di cinque sonate per pianoforte che oggi appaiono come
un punto fermo nella sua evoluzione: riflesso dell’ambiente
nel quale si trovò a vivere, ed immagine rielaborata di influenze musicali altre, tra cui - riconosciute dagli esegeti - quelle di
Johann Schobert e Johann Christian Bach.
La Sonata in la maggiore K. 331 è divenuta celeberrima in particolare in ragione dell’Allegretto “Alla turca” che ne è a conclusione, ma si distingue anche per altre caratteristiche tra cui
un primo ampio movimento in forma di variazioni (originato
da un tema puro e malinconico). Si tratta di una Sonata che
esibisce, anche per la presenza di un Minuetto centrale, un evidente carattere “francese”, interpretato nel senso di quell’esotismo di radice turca che percorreva l’Europa in una brillantezza non aggressivamente espansionistica, ma con l’ironia di una
lontananza un pò selvatica, ma pacificata e innocua, anche se
la storia ci racconta che la pressione ottomana sull’Est europeo
non fu certo placata in quella fine secolo.
Schubert: Sonata in la minore per arpeggione (violoncello) e pianoforte D. 821
L
a Sonata per arpeggione e pianoforte risale alla fine del
1824, anno in cui Schubert, già colpito dalla sifilide, si definiva “la creatura più infelice e sciagurata del mondo” (così si
legge in una lettera indirizzata all’amico Leopold Kupelweiser). Si tratta di una pagina non cruciale dell’inventiva schubertiana, ma tuttavia in grado di rappresentare compiutamente un fascinoso profilo estetico al quale concorrono in egual
misura una ispirazione melodica raffinatissima, la pulizia della
forma ed una fresca espressività salottiera, eco del mondo borghese ed amico della musica del quale il maestro viennese fu
spesso partecipe.
Lo strumento ad arco per il quale la Sonata fu progettata,
venne presto accantonato dalla pratica concertistica trovando però un degno sostituto nel violoncello a partire dal 1871
quando apparve in una trascrizione dedicata; con quest’ultimo
strumento l’arpeggione condivideva all’incirca la dimensione
29
ma non il numero delle corde (erano 6 anziché quattro), mentre accordatura e forma rimandavano alla chitarra. Questo il
motivo dei nomi alternativi, quali chitarra-violoncello, chitarra
d’amore o chitarra ad arco dello strumento ideato nel 1823
dal liutaio viennese Johann Georg Staufer, artigiano geniale
ma sfortunato.
La Sonata schubertiana, che come tutti i lavori di successo conobbe molti altri adattamenti, e della quale forse il chitarrista
e violoncellista italiano Mauro Giuliani fu primo interprete,
consta di tre movimenti che lasciano allo strumento ad arco
piena libertà d’esprimere momenti di felicissima cantabilità:
l’”Allegro moderato” si appropria di stilemi propri di un virtuosismo vocale con gusto squisito, l’”Adagio” si esprime in un
lirismo accolto e vibrante, ed un’agile delicatezza contrassegna il conclusivo “Allegretto”.
A. Z.
Le musiche di Astor Piazzolla
A
stor Piazzolla: ci troviamo di fronte ad un compositore
che ha una collocazione storica quanto mai ambigua:
troppo classico per essere folklorico e viceversa! D’altronde lui
stesso cercando di ricomporre la distanza che lo separa dalla
tradizione confessava: «…io faccio musica di Buenos Aires…».
Dunque non semplicemente tango!
Come fortunatamente spesso avviene, l’ostilità serbata al nostro compositore da ambienti più o meno tradizionalisti è stata
palesemente smentita dal grande successo di pubblico. Ci sono
autori la cui musica tocca corde profonde dell’anima, le nostre
passioni più intime, i dolori inconfessati. C’è musica che fa affiorare dal profondo tutto ciò che fa male ma che fa sentire
vivi. Astor Piazzolla lo sapeva… “Un pensamento triste para
bailar…”. Non ricordo più dove ho letto questa definizione del
tango, certo è che l’ho sentita ripetere tante volte riferita a
tutto il tango cosiddetto classico. Ebbene se lo volessimo estendere ad Astor Piazzolla bisognerebbe vestirla di una dimensione assolutamente nuova. “Tristezza che immersa in un mare di
solitudine diventa passione”. Una solitudine figlia del nostro
tempo e delle grandi metropoli. Una solitudine che va al di là
del semplice gioco intellettuale, che è reale nella sua fisicità.
Allievo di Alberto Ginastera e di Nadia Boulanger, Piazzolla
è il ponte ideale tra Buenos Aires e Parigi. Respira da sempre
cultura metropolitana e se ne fa interprete. Ha profondamente assimilato gli umori, le incoerenze, i modi di espressione, i
sentimenti di Buenos Aires. Questo patrimonio lo usa non per
un lavoro di semplice traslazione ma per la formulazione di
un pensiero musicale proprio, personalissimo e perfettamente
30 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
bilanciato tra il nuovo mondo e la vecchia Europa. Erede ma
non portavoce della tradizione, Piazzolla rielabora la voce di
Buenos Aires filtrandola attraverso la sensibilità jazz e l’applicazione di impeccabili stilemi della musica classica europea.
Una Buenos Aires idealizzata cui sollevare la gonna in cera forse di intimi segreti da svelare attraverso una sorta di viaggio
nei suoi luoghi, nella sua storia, o nei suoi personaggi tipici.
Le Cinco Piezas sono cinque ritratti che colgono l’essenza più
intima dei “Porteños”, intimamente lacerati da un eterno dissidio di passioni incurabili: Campero giocato tra un improbabile tango in 7/4 ed il ritmo di milonga pampeana, Romantico
che alterna tenerezza e passionalità in un alternante gioco
chiaroscurale, Acentuado dove le percussioni risuonano come
colpi mortali inferti ad un’anima già sofferente, Triston quasi
un gioco intellettuale d’abbandono alla morte, Compadre col
suo linguaggio frammentato mette un improbabile parola fine
a questa serie.
Le passioni, come nelle Tango-Études per flauto solo scritte nel
1987, sono alla base anche dell’Histoire du Tango. In origine il
tango fu musica di bordello (Bordel 1900), portavoce ella provocatoria ilarità un po’ spaccona di immigrati italiani francesi
e spagnoli. Musica da strada, sottofondo di duelli a colpi di
coltello e di sfide lanciate alla polizia. Nel periodo successivo
(Café 1930) il tango sale di rango, entra nella società bene,
perde parte della sua freschezza e “cattiveria” per assumere
connotazioni più lente e melanconiche. Si arricchisce dal punto
di vista armonico e passa ad essere anche un genere di musica
da ascolto. Night Club 1960 ci porta un tango “innovativo”,
forse influenzato dalla musica brasiliana. Le tradizioni cominciano a vacillare sotto l’urto di una contestazione generazionale che prebde, almeno da un punto di vista musicale, toni
quasi rivoluzionari. Il dissidio passionale diventa lucida follia in
Concert d’aujourd’hui. È un Piazzolla che fa da ideale collegamento tra ‘900 storico (Bartók e Stravinskij in testa) e ciò che
potrebbe essere il tango del futuro.
Edoardo Catemario
18 marzo
Auditorium Monteverdi, ore 20,45
QUARTETTO DI SASSOFONI
ACCADEMIA
GAETANO DI BACCO, sassofono soprano
ENZO FILIPPETTI, sassofono contralto
GIUSEPPE BERARDINI, sassofono tenore
FABRIZIO PAOLETTI, sassofono baritono
il concerto è realizzato grazie a:
J. B. Singelée
Premier Quatuor op. 53
Andante- Allegro
Adagio sostenuto
Scherzo
Finale
A. Glazunov
Quartetto op. 109
Allegro
Canzona variée
Variazione I
Variazione II
À la Chopin
Scherzo
Finale
J. Françaix
Petit quatuor
Gaguenardise
Cantiléne
Sérénade comique
A. Romero
Cuarteto Latinoamericano
Fandango
Serenata
Chôro y tango
T. Escaich
Tango Virtuoso
•••
31
QUARTETTO DI SASSOFONI
ACCADEMIA
GAETANO DI BACCO, sassofono soprano
ENZO FILIPPETTI, sassofono contralto
GIUSEPPE BERARDINI, sassofono tenore
FABRIZIO PAOLETTI, sassofono baritono
I
Ha collaborato con solisti e compositori di rilevanza internazionale come Claude Delangle, Luisa Castellani, Bruno Canino,
Massimiliano Damerini, Jan Van der Roost, Zagreb Saxophone
Quartet, Fundacion Sax Ensemble di Madrid, Ennio Morricone,
Vittorio Fellegara, Ada Gentile, Franco Mannino, Marco Di Bari
e Aldemaro Romero.
Attivo sia nell’ambito della musica contemporanea, con più di 70
opere scritte e dedicate, che nella ricerca di musica rara per sassofono, come le musiche dei compositori francesi dell’ottocento
incisi in prima mondiale nel Cd “Hommage a sax”, ed i concerti
per quartetto e orchestra dei compositori italiani Lovreglio e Ricci-Signorini, più volte eseguite nel mondo. Tiene corsi, masterclass e conferenze a San Francisco, Parigi (Conservatoire National Superieur de Musique), Slovenia, Spagna, Albania, Turchia,
Venezuela e Italia. I suoi componenti sono docenti di sassofono
nei Conservatori di Musica di Roma, Udine, Pescara, e L’Aquila.
L’attività discografica del Quartetto Accademia consta di una
dozzina di compact disc per Nuova Era, Dynamic, Edipan, Iktius,
BMG-Ariola, Paganmusic e Riverberi Sonori.
Per la carriera svolta è stato insignito del prestigioso “PREMIO
SCANNO”, XXXIX edizione.
l Quartetto di Sassofoni Accademia si è costituito nel 1984 ed
è considerato a livello internazionale tra i gruppi italiani più
attivi nel suo genere, sempre mantenendo la stessa formazione.
Ha tenuto più di 1500 concerti in Italia e all’estero svolgendo 70
tournée in 26 Paesi (Europa, America del Nord e Sud, Medio ed
Estremo Oriente, Africa).
Si è esibito per importanti istituzioni musicali e festival in sedi
prestigiose quali La Biennale di Venezia, Mozarteum di Salisburgo, Conservatoire National Superieur de Musique de Paris, cappella Paolina al Quirinale a Roma, Teatro “Teresa Carreño” di
Caracas, Palau de La Musica di Valencia, Konzerthaus di Berna,
Museo di Arte Contemporanea di Barcellona, Teatro “Lisinski”
di Zagabria, University Concert Hall di Klapeida, Centro “Bellas
Artes” di Madrid, Sala dei concerti del Conservatorio “G, Verdi”
di Torino, Teatro “Rossini” di Pesaro, Teatro “G. Verdi” di Trieste,
Teatro “Alfieri” di Torino, “Ted Mann“ Teather di Minneapolis,
Philarmonie di Lussemburgo, Accademia Filarmonica di Bologna,
Filarmonica “Laudamo” di Messina, ASAM di Siracusa, Istituzione
Universitaria dei Concerti di Roma, Società dei Concerti “Barattelli” dell’Aquila, Società dei Concerti della Spezia, festival “Romaeuropa” a Roma, du Maurier Toronto Downtown Jazz Festival,
1st European Jazz Festival in Athens, Festival Pontino, festival di
“Musica Verticale”, festival “Nuova Consonanza”, Roma, festival
“Nuovi Spazi Musicali” Europalia” a Bruxelles, aecc.
note all’ascolto
Jean Baptiste Singelée, Premier Quatuor op. 53
V
iolinista e compositore nato a Bruxelles, fece parte di diverse orchestre (tra cui quella dell’Opéra Comique di Parigi), prima di diventare violino solo al Théâtre Royale di Bruxelles.
Prolifico compositore, scrisse due Concerti e numerose Fantasie per violino, oltre che diversi altri pezzi strumentali e musica
per balletto (per il Teatro de La Monnaie).
Singelée, intimo amico di Adolphe Sax, inventore, verso la
metà dell’Ottocento, dello strumento che porta il suo nome,
fu tra coloro che sollecitarono lo sviluppo dei quattro sassofoni
32 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012
principali insieme a Demerssemann (il brevetto della famiglia
completa avvenne nel 1846). Il Premier Quatuor op. 53 pubblicato nel 1857, è probabilmente, tra le prime opere scritte per
questa formazione strumentale, di cui Singelée fu l’iniziatore
e promotore.
Questo lavoro, differente dal resto della sua produzione, fu
scritto in uno stile che potrebbe essere chiamato “post-classico”, stile in voga agli inizi del XIX secolo. I quattro movimenti,
preceduti da un’introduzione “Andante”, seguono la forma
tradizionale: l’”Allegro”, in forma sonata; l’”Adagio” (in cui si
nota l’introduzione del secondo tema di una delicatezza tutta
mozartiana) poi “Scherzo” e “Finale”.
Jean René Françaix, Petit Quatuor
C
Alexander Glazunov, Quartetto op. 109.
resciuto fra musicisti professionisti (sua madre era insegnante di canto e suo padre compositore e direttore del Conservatorio) Jean Français divenne un prodigio musicale, potendo
vantare di avere avuto la sua prima pubblicazione all’età di
dieci anni. A diciotto anni divenne allievo di Nadia Boulanger.
Françaix è conosciuto come compositore amabile ed elegante la
cui musica è pervasa di spirito e ironia.
Il Petit Quatuor pour saxophones scritto nel 1939, quando la sua
carriera internazionale si era già solidamente avviata, è un modello di gusto ed eleganza tutta francese. La immediatezza della
partitura, come in altre opere di questo maestro, non scaturisce
da facilità o superficialità, ed è sempre sostanziata da sinceri impulsi musicali, impreziositi spesso da una piacevole ironia.
A
Aldemaro Romero, Cuarteto Latinoamericano.
lexander Glazunov è conosciuto principalmente per la
qualità della sua musica strumentale. In giovane età studiò con Elenovsky e Rimskij-Korsakov, componendo la sua prima Sinfonia all’età di sedici anni.
Glazunov diresse una serie di concerti di musica russa a San Pietroburgo e a Parigi durante l’Esposizione Universale del 1889.
Nel 1900 diventò professore del Conservatorio di San Pietroburgo e nel 1906 fu eletto direttore e riorganizzò il Conservatorio di Leningrado dopo la guerra del 1914-1918.
Lasciò la Russia nel 1928 e, dopo aver soggiornato in Spagna
e negli Stati Uniti, si stabilì a Parigi. Queste esperienze ebbero
un’influenza cosmopolita su Glazunov, sconosciuta agli altri
compositori della Scuola russa.
Il Quartetto op. 109 del 1932, è una delle ultime composizioni
di Glazunov e fu scritta per il Quatuor de Saxophones de la
Garde Republicaine. Benché in stile russo, questo pezzo mostra
una chiara influenza francese. Il primo movimento è un “Allegro” brillante e pittoresco con un eccitante episodio “Più mosso” finale. Il secondo movimento, un “tema con variazioni”,
è uno dei più interessanti della letteratura per quartetto di
sassofoni. Il tema della “Canzona” ha un carattere in stile russo
che continua attraverso le variazioni e, comunque, mostra anche l’influenza della musica europea che spesso è attribuita ai
lavori di Glazunov. Il “Finale” presenta con una introduzione
confezionata con il materiale musicale che lo precede, sulla
quale s’innesta il tema del “rondò”.
Qui Glazunov coltiva particolarmente la breve cellula ritmica
dell’Introduzione che, con l’accentuazione dei controtempi,
acquisisce un’aura di danza russa. Il tutto termina con una
“coda” molto sviluppata, concludendo in un progressivo accelerando con una formula cadenzale sul presto di grande virtuosismo.
C
ome Brahms, Friedrich Gulda e Leonard Bernstein, Aldemaro Romero si destreggia bene nella musica accademica come
in quella popolare. Oggi suona con il suo trio jazz, ma dirige
anche le orchestre sinfoniche nei più grandi teatri del Venezuela, interpretando la più ampia gamma di generi musicali, che va
da Mozart agli autori contemporanei. Ha curato arrangiamenti
musicali per Stan Kenton, Dean Martin, Tito Puente e molti altri;
ed ha diretto orchestre come la London Symphony Orchestra e
la Royal Philarmonic Orchestra, svolgendo tournée negli USA, in
tutto il Sudamerica, in Europa e in Giappone. Romero, con il suo
Cuarteto Latinoamericano para saxofones ha inteso ricercare più
che il recupero vero e proprio del materiale folclorico, la reinvenzione di uno stile popolare. Infatti le melodie, costruite su effetti
timbrici e ritmici, sono creazioni originali in cui sono presenti dirette suggestioni folcloriche, naturalmente trasfigurate e filtrate
dalla sensibilità di un musicista cosmopolita e originale.
Thierry Escaich, Tango Virtuoso
T
ango Virtuoso, infine, è un’opera originale per quartetto
di saxofoni scritta dal francese Thierry Escaich (1965), compositore, organista e improvvisatore di fama internazionale
che ha dedicato anche altre composizioni allo strumento di
Adolphe Sax (per tutte Le Chant des Ténèbres). Tango virtuoso
può esser definito come un divertissement costruito su un tempo di tango che il compositore esalta con una scansione ritmica
molto marcata, la cui complessità è pari a quella dei “vocalizzi”
affidati al sax soprano.
33
SAN BARNABA
i luoghi storici
L
a facciata si propone quale prototipo delle varie chiese rinnovate
a Mantova e nel corso del XVIII secolo. Guarda su una piazzetta
che si apre sui due lati, rispettivamente verso via Chiassi e via Poma
e può ben essere considerata una delle più ampie chiese di Mantova. La facciata, progetto di Antonio Bibiena, conclude nel 1737
un globale rifacimento affidato all`architetto Moscatelli Battaglia
e alla direzione del ticinese Giovanni Maria Borsotto (1716-1736).
Committente è l`ordine dei Servi di Maria, qui presente con convento e chiostro del XIV sec. al 1797; demolito il convento, sotto
il porticato che corre lungo i due lati superstiti del chiostro, adiacente alla chiesa, certamente ampliato nel corso del Quattrocento
per lievi assonanze coi modi di Luca Fancelli, le lunette affrescate
nel tardo `500 o nel primo `600 raccontano episodi e propongono
figure dell`ordine dei Serviti.
La lunga navata settecentesca della chiesa, verso la quale si aprono gli altari di accurato impianto architettonico, è solennemente
cadenzata sino alla profonda abside davanti alla quale lo spazio si
dilata in corrispondenza della sovrastante cupola. Lungo le pareti
eleganti incorniciature a stucco di gusto rococò racchiudono tele
coi santi ed i beati dei Serviti; si tramanda memoria dell`ordine dei
Servi di Maria con l`effige di San Filippo Benizzi nella tela di Giuseppe Orioli (1730), pala del terzo altare a sinistra dell`ingresso. Nella
parete di fondo dell`abside, al di sotto di un pregevole gruppo scultoreo in stucco con l`Eterno Padre, la pala raffigura La Madonna
con Bambino e i Santi Barnaba e Marco, dipinto di ignoto autore
del Cinquecento, certamente rimaneggiato nella presentazione dei
due santi in periodo più tardo. Sulla parete sinistra del presbiterio,
nella cornice a stucco è la tela di Teodoro Ghisi, con aggiunta settecentesca nella parte superiore, raffigurante con imponente solennità il Salvator Mundi; le sta di fornte il quadro di Bernardino
Malpizzi che propone Madonna con Bambino e San Filippo Benizzi
(fine `500).
Ai lati della bussola d`entrata si notano acquasantiere cinquecentesche di pregevole fattura, mentre sulla parete sovrastante è
collocata la grande tela di Lorenzo Costa il Giovane che svolge, in
orizzontale e con modi pacati, il tema della Moltriplicazione dei
Pani e dei Pesci (1582-1583); le opere provengono dalla chies di San
Sebastiano. All`altare della terza cappella, ovali in cui sono raffigurati I Sette Fondatori dell`Ordine Servitico (copie) inquadrano un
gruppo ligneo del tardo Cinquecento che propone una Pietà di accento fortemente greve.
Nell`altare della seconda cappella sul alto sinistro è inserito un affresco strappato, della fine del Quattrocento, con l`immagine della
mantovana Beata Elisabetta Picenardi, del Terz`Ordine dei Servi di
Maria (1428-1468). Sulla cantoria del alto sinistro del transetto un
grande quadro di Alessandro Maganza (ultimi decenni del XVI sec.),
forse destinato al refettorio dei Serviti, con Le Nozze di Cana, mostra un accento quasi veronesiano.
Gli ambienti in cui è la cappella invernale, in fondo al primo porticato del chiostro, corrispondono alla sala capitolare ed alla sagrestia
dell`antico convento dei Servi di Maria; recentemente sono stati
portati alla luce oranati a fresco del XVI sec. Nella cappella è pala
d`altare un dipinto del primo XVI sec., Madonna con Bambino, attribuito al Bonsignori.
34 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
8 aprile
Chiostro di San Barnaba, ore 20.45
GIANFRANCO GRISI
cristallarmonio
TRIO D’ARCHI DI BERGAMO
PIERANTONIO CAZZULANI, violino
CHRISTIAN SERAZZI, viola
MASSIMO REPELLINI, violoncello
ALTRI SUONI
“Da Bach a Morricone”
il concerto è realizzato grazie a:
Il Concerto “Da Bach a Morricone” spazierà
dai compositori classici fino ad arrivare ai giorni nostri
con l’esecuzione di alcune famose colonne sonore
di film come “Romeo e Giulietta”, “Amarcord”
di Nino Rota, “C’era una volta il West”,
“C’era una volta in America”, di Ennio Morricone
e con il brano originale di Gianfranco Grisi
“Medsommernat”.
Gianfranco Grisi ha perfezionato e brevettato
il Cristallarmonio, uno strumento unico al mondo,
costituito da bicchieri di cristallo suonati
con i polpastrelli tramite sfregamento.
La particolare disposizione dei calici permette
l’esecuzione di accordi fino a sei note simultaneamente,
ottenendo sonorità ed effetti musicali
assolutamente originali.
35
GIANFRANCO GRISI
I
l percorso musicale di Gianfranco Grisi parte dal Conservatorio: ha studiato Pianoforte, Composizione, Direzione d’Orchestra e Direzione di Coro. Ma Grisi è anche un musicista eclettico;
pianista e direttore d’orchestra unisce ad una rigorosa formazione accademica una rara capacità d’invenzione. Ha trascorso
buona parte della sua gioventù in giro per l’Europa, suonando
con formazioni di genere diverso. Nel suo ricco curriculum di
autore figurano musiche di scena, colonne sonore per documentari, opere di musica da camera, lavori per coro e orchestra,
partiture di teatro musicale. Sue opere per chitarra sono adottate dai programmi di studio di alcuni Conservatori in Spagna.
La Münchner Gitarrenorchester gli ha commissionato Tre Preludi su poesie di F. GarciaLorca incisi su CD per la Koch International. Per la Gioventù Musicale Italiana è autore dell’opera
Luna per soli, coro di voci bianche e orchestra da camera.
Gli sono stati riconosciuti prestigiosi premi nell’ambito del
Concorso Internazionale Federazione Cori del Trentino e del
Concorso Nazionale di Como. Per conto dell’Istituto di Cultura
Ladina ha orchestrato e diretto l’opera Laurin di L. Canori, con
incisione su CD e ripresa RAI.
Autore del Concerto d’Arcadia per chitarra e orchestra, ne ha
diretto la prima a Monaco di Baviera con l’orchestra I Virtuori di
Praga; nella direzione di Leo Brouwer il concerto è stato inciso
in CD per la Koch International.
Nel 1999 ha curato l’orchestrazione e la direzione del Gran
Concerto per il solstizio d’estate per conto dell’APT di Riva
del Garda. Composizione in collaborazione con Walter Abt, orchestra: I Virtuosi di Praga, incisione su CD per Calig.
È fondatore e direttore dell’orchestra da camera Dissuono,
dedita alla musica del Novecento.
Dal 1995 prosegue l’attività concertistica dal vivo con alcuni
strumenti assolutamente originali: Cristallarmonio e Concertina inglese. Con la concertina inglese e Walter Abt, famoso
chitarrista di Monaco, nel 2006, per la Zappel Music è uscito il
CD Argentine Tangos & Klezmer.
36 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Con l’orchestra del Teatro Donizetti di Bergamo ha eseguito
nell’opera “Lucia di Lammermoor” l’aria della Pazzia, concepita in origine da Donizetti proprio per Armonica a Bicchieri, sia
nella stagione di Bergamo 2006, sia in Giappone nel gennaio
2007 esibendosi anche al Metropolitan di Tokyo.
Dal 1989 è docente presso il Conservatorio F. A. Bonporti di
Trento, nella sezione di Riva del Garda come titolare di cattedra, in sede centrale per laboratori e stage. Per alcuni anni ha
tenuto laboratori nel corso di Etnomusicologia presso il conservatorio Pollini di Padova.
TRIO D’ARCHI DI BERGAMO
PIERANTONIO CAZZULANI, violino
CHRISTIAN SERAZZI, viola
MASSIMO REPELLINI, violoncello
I
l gruppo si é costituito nel 2007 a seguito di una esperienza
lavorativa comune eseguendo Lucia di Lammermoor di Donizetti in Giappone dove in orchestra era previsto l’utilizzo del
Cristallarmonio.
Da quel momento Il gruppo (Cristallarmonio accompagnato da
violino, viola e violoncello) ha effettuato numerosissimi concerti sia in Italia che all’estero riscuotendo enorme successo di
pubblico e di critica anche e soprattutto grazie all’eccezionalità
dello strumento, unico al mondo, costruito dopo anni di ricerche dal Maestro Gianfranco Grisi.
Tutti e tre i musicisti hanno suonato con numerose orchestre in
Italia e all’estero sotto la guida dei più importanti direttori del
panorama internazionale.
37
AUDITORIUM
MONTEVERDI
i luoghi storici
I
l convento di Santa
Maria della Misericordia era uno spazio,
alquanto malandato,
destinato a sede temporanea per vari istituti scolastici oppure
una sede momentanea quando situazioni
d’emergenza lo imponevano. Per i più, l’edificio era conosciuto
come la vecchia caserma Palestro e quasi
nessuno rammentava la precedente intitolazione a Ferdinando di
Savoia immediatamente assegnata dopo il 1866 con l’ingresso di
Mantova nel regno d’Italia. Gli austriaci, prima, la chiamavano semplicemente caserma di San Barnaba: caserme Sankt Barnaba. La nuova destinazione d’uso dell’antico convento era però stata decretata,
nel 1797, durante l’occupazione francese.
Oltre due secoli dopo, grazie all’intervento della Provincia, l’antico
spazio virginale delle Servite, è ritornato a fasti antichi per trasformarsi in «cittadella della Musica», per ospitare lo storico Conservatorio Campiani, la sua ricchissima biblioteca della musica, il museo
degli strumenti musicali e un moderno e funzionale «auditorium».
E il tutto è avvenuto con un intervento di recupero che ha restituito, con misura filologica, l’antico spazio cinquecentesco, uno spazio
che nonostante le multiformi utilizzazioni non aveva subito alterazioni drastiche.
Dei tempi della caserma sono ora riemerse durante recenti saggi,
nascoste da numerosi scialbi, le tracce di scritte che riferiscono del
più recente stanziamento dei militari italiani. Negli ambienti che si
affacciano sul chiostro si può così leggere: prigionia di rigore caporali e soldati, prigionia semplice caporali, spaccio, e una interessante mappa dell’Italia dipinta ad olio direttamente sull’intonaco.
Nello spazio del grande refettorio, ripartito oggi in più ambienti,
sopravvive sulle volte una dimessa decorazione floreale di primo
novecento. Sulle lunette che chiudono il salone ricavato nel refettorio due allegorie militari, di modesta fattura, rimandano ancora
alla stagione della vecchia destinazione militare. È proprio in questa sala, ancora da restaurare, che i saggi tecnici hanno portato in
luce lacerti della decorazione cinquecentesca realizzata da Gianfrancesco Tura. Le superfici esterne che si affacciano sul chiostro
principale sono state già oggetto di un paziente restauro che ha
fatto emergere testine di angeli, fasce decorative con girali vegetali, cornici rosse e gialle intorno alle finestre e alle ghiere degli archi,
tondi con santi aureolati, sfingi dal volto di donna e il corpo di leone, delfini e amorini, papere e uccelli e, su fondo blu, il busto di un
misterioso giovane dalla chioma bionda e fluente. Certamente poco
per immaginare una impegnativa campagna decorativa che, probabilmente, aveva visto anche il coinvolgimento di Lorenzo Leonbruno.
Ma ciò che più conta è che la realizzazione della Cittadella della
Musica ha creato una esperienza di rigenerazione urbana che ha
ridato dignità a un esempio tipico dell’architettura conventuale
cinquecentesca. Il complesso delle Servite esprime infatti, tuttora,
la dimensione aggiornata introdotta dagli ordini mendicanti nella
tradizione degli antichi monasteri. La disposizione generale segue
comunque una tradizione che prevede l’opportunità di porre la
Chiesa vicino al chiostro, quest’ultimo circondato dagli altri edifici
strategici del convento, con al piano terreno la sala del capitolo, la
38 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
cucina, il refettorio e, al piano superiore, le celle. La restituzione del
convento fa emergere pure antiche storie che rimandano alla sua
fondazione. Nessun documento, purtroppo, ci fornisce informazioni esatte sui tempi del cantiere di Santa Maria della Misericordia
o sull’architetto che ne diresse i lavori. Si può tuttavia presumere
che possa aver usufruito dell’iniziale consulenza del prefetto delle fabbriche allora in carica: Bernardino Ghisolfo. Ma non fu solo
l’iniziativa marchionale a promuoverne la costruzione quanto una
serie di vicende legate alla religiosità popolare in auge nella città
dei Gonzaga.
A Mantova - così si narra - Benvenuta, sorella del terzo ordine dei
Serviti, per intercessione della beata Elisabetta de Picenardi era
uscita da un’inguaribile malattia e aveva dedicato ogni cura perché molte donne si riunissero in un luogo comune, per condurre
una vita religiosa: era il giorno della festività della purificazione di
Maria Vergine, il 2 febbraio 1482. È questa la data che si può assumere simbolicamente come momento di aggregazione del primo
nucleo delle Servite. La data simbolica di fondazione della struttura
dell’attuale via Conciliazione va posta invece al 2 febbraio del 1497,
vale a dire al quindicesimo anno di costituzione della piccola comunità di religiose. Allora solo otto suore avevano vestito ufficialmente gli abiti impegnativi del secondo ordine dei servi di Maria, un
abito che prevedeva la clausura.
Gradualmente, il monastero si dotò di una struttura funzionale,
con un ampio refettorio, una camera del fuoco comune, un chiostro, opportuni parlatoi, camere di ricevimento, ghiacciaia, passetti, bugadera e altri servizi appropriati. Le maestranze dei cantieri
ducali offrirono i loro servizi per l’abbellimento delle sale di rappresentanza, a cominciare dal refettorio. Anzi, sotto la centenaria
coltre di colori, dovrebbe ancora sopravvivere parte di quei decori
che Gianfrancesco Tura (Tura mantovano) vi realizzò. L’artista, come
attestano i documenti, ricevette una mercede di “ducati vinti, a soldi 93 per ducato, per depinzere alle sore de Santo Barnaba, quali
sono stà sborsati per il spectabile messer Iulio suprascripto, de comissione del prefato signor nostro”. Dunque anche Giulio Romano
dovette dedicare al complesso religioso una non proprio fugace
attenzione. La buona organizzazione del cenobio e la qualità abitativa degli spazi furono premiate con la vestizione nel monastero
di molte donne di casa Gonzaga.
Un grande intervento di rinnovamento architettonico che investe
soprattutto la chiesa esterna avviene nel 1757: “incominciossi a rifabbricare la detta chiesa e si terminò come ella è al presente l’anno 1759”. Il corpo di fabbrica della chiesa, ortogonale alla strada,
coperto da un tetto a due spioventi, affiancato da un campanile
oggi scomparso, fu rinnovato anche nella facciata, grazie anche alla
consulenza di Giovanni Maria Borsotto.
Gli interventi modificarono radicalmente l’aspetto della chiesa
esterna, delineando una navata unica con paraste e capitelli corinzi
in stucco e ripartendo con fasce rilevate l’originaria volta a botte
in mattoni.La chiesa interna conservò, invece, l’assetto originario,
senza alcun adeguamento al gusto settecentesco.
L’intervento realizzato in questi ultimi anni ha ridato dignità proprio a tale ambiente, trasformato in un auditorium che rifunzionalizza lo spazio senza intaccare le linee del luogo sacro. L’architetto
Carmine Mastromarino ha anche lasciato in essere l’antica divisione
tra le due chiese. Gli spazi della chiesa esterna, ravvivati dagli stucchi di Stanislao Sommazzi, hanno così riconsegnato un ambiente
utilizzato, fino a pochi anni fa, come palestra scolastica. La chiesa
restituita, sebbene spoglia delle preziose tele che la ornavano, diventa quindi oggi un ideale foyer che guida all’auditorium vero e
proprio. I 40 metri di lunghezza delle due distinte navate emergono in tutta la loro autorevole dignità, frutto di una rivitalizzazione
architettonica fino a pochi anni fa impensabile. Quello che sembrò,
a metà settecento, il canto del cigno della “picciol compagnia” religiosa, quando si era alla vigilia di eventi che avrebbero cambiato
per sempre l’organizzazione della comunità mantovano, riemerge
ora limpido dalla polvere della storia.
Gianfranco Ferlisi
15 aprile
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
DUO OTTO E QUINDICI
ALFREDO CERRITO, sassofono
ANNA LISA GIORDANO, pianoforte
il concerto è realizzato grazie a:
E. Schulhoff
Hot Sonate
R. Schumann
Adagio e Allegro op. 70
G. Fitkin
Gate
•••
M. Musorgskij
Il vecchio castello (dai “Quadri di un’esposizione”)
C. Debussy
Rapsodia
D. Milhaud
Scaramouche
Vif
Modéré
Brasileira
P. Swerts
Klonos
39
DUO OTTO E QUINDICI
I
l Duo 8 e 15 nasce
nel gennaio 2009,
e deve il suo nome
all’incontro fortuito
che ha portato alla
sua formazione, incontro avvenuto fra
la pianista Anna Lisa
Giordano e il sassofonista Alfredo Cerrito
sul treno Roma - Napoli delle 8:15.
I due musicisti hanno
avuto modo di esibirsi in diversi Festival
e importanti sale da
concerto in Italia e
all’estero: in occasione del Festival di Musica di Formia, del Festival di Musica da Camera di Campagnano, della Stagione “Oro,
Incenso e Musica” di Villa Torlonia, del Festival “LeXGiornate”di
Brescia, presso Palazzo Monsignani a Imola, presso il Salone Bernareggi di Bergamo, l’Auditorium “San Barnaba” di Brescia, il
teatro Aurelio a Roma, il palazzo Ducale di Lucca, l’Auditorium
Gaber a Milano, l’Auditorium “Sant’Alessandro” di Bergamo, la
Società Umanitaria di Milano, il castello di Ptuj (Slovenia).
Il Duo ha frequentato il corso di Musica da Camera presso l’Accademia “Incontri col Maestro” di Imola e attualmente si perfeziona sotto la guida del M° Konstantin Bogino e dell’Ars Trio
di Roma.
Il Duo ha partecipato a numerosi Concorsi Internazionali di Musica da Camera, riscuotendo sempre ampio successo; nel 2011
i due musicisti sono risultati vincitori del I premio al concorso
internazionale di Bellagio e del I premio al prestigioso concorso
internazionale “Camillo Togni” di Brescia, nel 2012 del I° premio al concorso internazionale “Città di Rocchetta”, I° premio
al concorso internazionale “Alice bel Colle” (la cui giuria era
presieduta dal M° Marcello Abbado), I° premio al concorso internazionale “Premio Schubert”.
Nel mese di ottobre 2012 Alfredo Cerrito, in duo con Anna Lisa
Giordano, è risultato fra i vincitori della selezione per l’assegnazione di tre borse di studio indetto dalla Società Umanitaria a
Milano.
40 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
note all’ascolto
Erwin Schulhoff - Hot Sonate
E
rwin Schulhoff, compositore ceco nato nel 1894, compose la
sua Hot Sonate per sassofono e pianoforte nel 1930.
Era, quello, il periodo in cui l’”Hot Jazz”, il genere musicale
nato a New Orleans ai primi del ‘900, negli anni ‘30 appunto,
spopolava ormai anche in Europa. Questo stile deve il suo nome
alle “folli” improvvisazioni che avvenivano quasi contemporaneamente fra tutti gli strumenti che componevano una band,
in buona parte strumenti a fiato. Schulhoff strutturò la Hot Sonate in quattro movimenti.
Il primo movimento è un lento e quasi ammiccante dialogo
in cui il sassofono ha un ruolo da protagonista, mentre il pianoforte accompagna in maniera dinamica le “improvvisazioni
scritte” del sax. Nel secondo movimento il ritmo si fa più incalzante, e i due strumenti ingaggiano una lotta di ritmo e frammenti melodici in cui nessuno dei due sovrasta l’altro, mentre
Il terzo è un vero e proprio swing, che trasporta idealmente
l’ascoltatore in un locale di New Orleans di inizio secolo.
Il quarto e ultimo movimento è una sorta di sintesi dei tre precedenti, ed in un breve arco temporale vengono ripercorsi tutti
i temi e le atmosfere ascoltati in precedenza, per poi culminare
con un liberatorio e “folle” finale, in perfetto stile Hot Jazz.
Robert Schumann - Adagio e Allegro op. 70
Q
uesto bellissimo brano, considerato uno dei più belli composti da Schumann, venne in origine scritto per corno e
pianoforte, poi riadattato, per ragioni commerciali, in numerose altre versioni, per violoncello, viola, clarinetto, oboe.
Entrò ben presto a far parte anche del repertorio per sassofono
e pianoforte.
Nell’inverno 1849, lasciata Dresda - diventata troppo turbolenta a causa dei moti rivoluzionari che stanno infiammando mezza Europa - e trasferitosi nel piccolo villaggio campagnolo di
Kreischa, Schumann trascorre una stagione tra le più prolifiche
della sua vita, alternando momenti di depressione ad altri di
euforia creativa. L’Adagio e Allegro op. 70 vede la luce in soli
tre giorni, tra il 14 e il 17 febbraio.
A dispetto della sua relativa brevità e della marginalità cui solitamente viene relegato rispetto alle composizioni di maggior
respiro, l’Adagio e Allegro op. 70 è una pagina tutt’altro che
incidentale. Essa inaugura, anzi, una serie di brevi composizioni per organico ristretto (Fantasiestücke, Romanzen, Stücke im Volkston, Märchenbilder, Märchenerzählungen, in una
sequenza di combinazioni strumentali l’una diversa dall’altra)
che vedranno la luce nel giro di pochi anni, tutte in forma libera e talvolta, non a caso, ispirate a un immaginario figurativo
di carattere fantastico. Calato in una dimensione di metafisica
serenità, l’Adagio (“con molta espressione”) presenta un tema
legato, privo di forti contrasti dinamici eppure imprevedibile
nelle sue virate melodiche, caratterizzato da lunghe note tenute e frequenti passaggi cromatici.
Discretissimo, il pianoforte sostiene morbidamente il canto del
corno con semplici figure d’accompagnamento, che abbandona, di tanto in tanto, per rilanciare l’impulso tematico. Il clima
cambia bruscamente con il fulminante attacco dell’Allegro.
Le rapide figurazioni che il corno deve sostenere, spaziando in
una vasta area della sua estensione naturale, danno l’idea del
carattere virtuosistico di questo pezzo e della grande abilità
tecnica richiesta all’esecutore. Strutturato in forma di “rondò”,
l’Allegro alterna il tema principale con episodi più lirici, tra i
quali spicca l’ultimo, in una tonalità lontana, in cui riemergono
spunti melodici e ritmici riconducibili all’Adagio introduttivo.
come una passeggiata ad una mostra, ed ognuno dei brevi brani è la rappresentazione musicale di un dipinto. L’unico a fare
eccezione è Promenade, un breve “intervallo” che rappresenta
la passeggiata dello spettatore - ascoltatore all’interno della
mostra, in un itinerario di “osservazioni”.
Nel 1922 Maurice Ravel compose un arrangiamento per orchestra dell’opera che divenne, col tempo, più nota della versione
originale per pianoforte. Ravel utilizzava spesso il sassofono
nelle sue orchestrazioni, e lo fece anche in questo caso: ne “Il
Vecchio Castello”, il secondo quadro (ma quarto brano della
composizione, perché il primo e il terzo sono due promenades),
la voce che espone il tema principale è affidata al sassofono.
La versione per sassofono e pianoforte deriva quindi dall’arrangiamento orchestrale di Ravel.
Darius Milhaud - Scaramouche
Q
Graham Fitkin - Gate
uest’opera nasce come Suite per due pianoforti da Darius Milhaud su commissione di Ida Jankelevitch e Marcelle
Meyer, nel 1937, riprendendo una musica di scena realizzata,
nello stesso anno, per la farsa Il medico volante di Molière.
Nel 1939 egli ne compose una versione per sassofono e orchestra, che viene anche eseguita nella riscrittura per sassofono
e pianoforte. L’autore aveva vissuto, durante la prima guerra
mondiale, in Sud America, ed era rimasto molto colpito e ammirato dal folklore e dai ritmi locali. Questo risulta evidente
soprattutto dal terzo ed ultimo movimento della vivace e seducente Suite, una vera e propria samba intitolata “Brasileira”.
G
Piet Swerts - Klonos
Giovanni D’Alò
raham Fitkin, nato nel 1963 è considerato uno dei più
promettenti compositori britannici della sua generazione,
e le sue opere - che rientrano nel genere minimalista e postminimalista - sono state eseguite nelle più importanti sale da
concerto del mondo. Fitkin, vincitore per due volte del British
Composer Award, ha composto diverse opere per sassofono, e
Gate (scritto nel 2001 per sassofono soprano e pianoforte) è un
brano di dimensioni contenute che prende vita da due semplici
note che si alternano; la struttura va arricchendosi durante lo
sviluppo della pagina, e dà la sensazione di un lungo crescendo
che sfrutta l’agilità tipica del sax soprano.
Modest Musorgskij - “Il vecchio castello”
N
el 1874 Modest Musorgskij compose un’opera per pianoforte che sarebbe diventata celeberrima: quindici brani intitolati Quadri di un’esposizione. La composizione è strutturata
P
iet Swerts è un valente direttore, pianista e compositore belga nato nel 1960. Autore di un già vasto catalogo che oggi
assomma ad almeno 200 lavori eseguiti in ogni parte del mondo, Swierts si è dedicato più volte ad opere su commissione, in
special modo per competizioni strumentali.
Klonos è stato composto nel 1993 come brano obbligatorio per
uno dei più importanti concorsi internazionali di sassofono, il
Concorso internazionale di Dinant, città natale dell’inventore
del sassofono, Adolphe Sax. Si tratta di un brano altamente virtuosistico, composto in un classico schema ternario A - B - A,
in cui la parte centrale rappresenta un’interessantissima ricerca
timbrica basata su un gioco di armonici fra sassofono e pianoforte. La prima e la terza parte, al contrario, sono una folle corsa virtuosistica in cui sassofono e pianoforte gareggiano fino al
travolgente finale, in cui nessuno esce sconfitto.
41
Amanda Sandrelli e il Duo Bandini Chiacchiaretta, ospiti di Società della Musica nella stagione 2012
22 aprile
Teatro Bibiena, ore 20.45
MILENA VUKOTIC
voce
MARIO ANCILLOTTI
flauto
SIMONE SOLDATI
pianoforte
“Quando la musica
è riflesso della vita”
Un intreccio di letture e musica a svelar
l’origine dell’ispirazione musicale
W. A. Mozart
Lettera alla cugina
P. Louys
Lettura di estratti da “Les chansons de Bilitis”
Sonata in do maggiore per flauto e pianoforte, K. 14
Allegro
Allegro
Minuetto I e II en carillon
C. Debussy
Sei epigrafi antiche, per flauto e pianoforte
Pour invoquer Pan
Pour un tombeau sans nom
Pour que la nuit soit propice
Pour la danseuse aux crotales
Pour l’Egyptienne
Pour remercier la pluie au matin
Lettera ad un amico e al padre scritta durante il viaggio
a Parigi per la morte della madre
Sonata in mi minore per flauto e pianoforte, K. 304
Allegro
Tempo di Minuetto
•••
con la partecipazione di:
L. M. Fouqué
Lettura di estratti della favola “Undine”
C. Reinecke
Sonata in mi minore per flauto e pianoforte op. 167 “Undine”
Allegro
Intermezzo
Andante tranquillo
Finale
43
MILENA VUKOTIC
M
ilena Vukotic è nata a Roma da padre jugoslavo commediografo e da madre italiana, pianista e compositrice.
Ha seguito gli studi artistici a Londra, Vienna e, in seguito, a
Parigi, dove ha studiato pianoforte, danza e recitazione e ha
vinto il primo premio per la danza al Conservatoire National
de Musique.
Dopo una breve esperienza nel corpo di ballo dell’Opéra, ha
fatto parte per alcuni anni della compagnia internazionale
Grand Ballet du Marquis de Cuevas e della compagnia di Roland Petit, con le quali ha girato tutto il mondo.
A Parigi, allo stesso tempo, seguiva i corsi di recitazione alla
prestigiosa scuola di Tania Balachova e faceva le prime esperienze di attrice nei teatri di avanguardia.
Tornata a Roma negli anni Sessanta, ha iniziato la carriera teatrale nella compagnia Morelli-Stoppa, lavorando via via con
registi come Giorgio Strehler, Franco Zeffirelli, Franco Enriquez,
Maurizio Scaparro, Paolo Poli, Benno Besson, Piero Maccarinelli, Mario Missiroli, Lina Wertmüller, ecc.
Quanto all’attività cinematografica, particolarmente intensa
con oltre cento titoli all’attivo, ha recitato in film diretti, tra
gli altri, da Alessandro Blasetti, Federico Fellini, Alberto Lattuada, Lina Wertmüller, Mauro Bolognini, Ettore Scola, Mario
Monicelli, Carlo Lizzani, Dino Risi, Bernardo Bertolucci, Andrej
Tarkovskij, Jean- Jacques Beineix, Nagisa Oshima, in ruoli sia
drammatici che di genere leggero e comico. È stata interprete
degli ultimi tre film del grande Luis Buñuel ed è particolarmente popolare per la serie dei film di “Fantozzi” (sugli schermi tra
il 1980 e il 2000) in cui ha il ruolo della moglie Pina.
Nel 2003 ha preso parte a “Le seduttrici”, regia di Mike Baker
e nel 2007 a “Saturno contro”, di Ferzan Ozpetek. Nel 2007 ha
ricevuto il Ciak d’oro alla carriera.
È molto attiva anche in televisione, per la quale ha iniziato con
il “Giamburrasca” (1964) di Lina Wertmüller e ha partecipato
a sceneggiati diretti, tra gli altri, da Guido Stagnaro, Raffaele Maiello, Renato Castellani, Sandro Sequi, Vittorio Cottafavi,
Massimo Scaglione, fino alla recente e popolare serie “Un medico in famiglia” nella quale interpreta uno dei ruoli principali. Ha spesso recitato, sia per il cinema che per la televisione,
anche all’estero, negli Stati Uniti, ma soprattutto in Germania,
Austria e Francia.
44 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Nel 2002 le è stato assegnato il premio “Eleonora Duse” in riconoscimento della sua prestigiosa carriera teatrale, in particolare per le interpretazioni, in quello stesso anno, di “Le donne
di Picasso” di Brian McAvera, con la regia di Terry D’Alfonso, e
“Notte di grazia scendi” di Samuel Beckett, diretta da Mario
Morini. Nelle stagioni teatrali 2004-05 e 2005-06 ha interpretato il dramma “Lasciami andare, madre” di Helga Schneider, per
la regia di Lina Wertmüller, e i monologhi “Il piccolo portinaio”
di Marco Amato, regia di Walter Manfré, e “Alice x Alice = Alice” di Valeria Moretti, con la regia di Marco Mattolini.
È stata la voce recitante in numerosi lavori, tra cui “Pierino e il
lupo”, “Histoire du soldat” ed “Enoch Arden”, con importanti orchestre, con il violinista Salvatore Accardo, il violoncellista
Rocco Filippini e i pianisti Antonio Ballista, Bruno Canino, Angela Annese, Filippo Faes, Giuseppe Bruno.
MARIO ANCILLOTTI
M
ario Ancillotti è uno dei musicisti più rappresentativi
italiani, sia nell’ambito del suo strumento che nella sua
recente attività di organizzatore e direttore. La sua fama è universalmente riconosciuta ed ha avuto attività nei cinque continenti.
Si è formato al Conservatorio di Firenze dove ha incontrato
grandi musicisti: Luigi Dallapiccola, Roberto Lupi, Quartetto
Italiano, Piero Bellugi. Successivamente si trasferiva a Roma ricoprendo assieme a Severino Gazzelloni l’incarico di 1° Flauto
dell’Orchestra della Rai e successivamente di Santa Cecilia.
Più tardi si è dedicato interamente all’attività solistica, collaborando con grandi musicisti: Accardo, Muti, Berio, Petrassi,
Penderecki, Sciarrino, Henze, Canino, Spivakov, Giuranna, e
suonando sotto la guida di Maag, Bellugi, Cambreling, Bour,
Soudant, Gelmetti, Penderecki, Melles, Muhai Tang, etc.
Ha insegnato per venti anni ai Corsi Speciali della Scuola di
Musica di Fiesole che riunisce i più titolati musicisti da tutto il
mondo.
È inoltre docente da 20 anni alla Scuola Universitaria di Musica
di Lugano, Svizzera, e tiene corsi e seminari in Austria, Germania, Usa, Messico, Cile, Argentina, Cina, Repubblica Ceca, Italia .
La sua attività si è poi allargata con il complesso Nuovo Contrappunto di cui è direttore ed animatore. I progetti nati da
esso, sono stati divulgati in Italia, Austria, Svizzera, Svezia, e
sono stati incisi in due CD dedicati a Debussy, Ravel e de Falla
nella doppia veste di direttore e di solista. Organizza due stagioni musicali molto particolari a Firenze e all’Isola d’Elba.
La rassegna fiorentina, SUONI RIFLESSI, da lui ideata, lo ha
portato ad essere invitato come direttore in diverse orchestre
italiane.
È uscito nel marzo 2012 un suo CD interamente dedicato a musiche bachiane per la rivista Amadeus, e ora l’intera opera per
flauto per la Camerata Tokyo.
Dunque musicista con interessi e partecipazioni anche fuori
dell’ambito strettamente musicale che ne fanno un personaggio moderno e di ampio respiro culturale.
45
SIMONE SOLDATI
L’
attività discografica di Simone Soldati, in larga parte
dedicata alla divulgazione dei musicisti nati a Lucca - sua
città natale - (Boccherini, D.Puccini, Catalani, G.Puccini, Giani
Luporini) ha riscosso negli anni importanti consensi dalla critica
specializzata (“...Grande vitalità ed ottimo effetto…” Riccardo
Risaliti su CD Classics) e meritato l’attenzione di Riccardo Muti.
Primo premio in numerosi concorsi pianistici, Soldati rivolge,
in particolare, la sua attività alla musica d’insieme suonando
con Mario Ancillotti, Simone Bernardini (violinista dei Berliner
Philarmoniker), Alberto Bologni, Alain Meunier, Franco Maggio Ormezowsky, Gabriele Ragghianti, Cristiano Rossi, Susanna
Rigacci, Natasha Korsakova con la quale ha tenuto un concerto
a Roma, in Piazza del Campidoglio, alla presenza del Presidente
della Repubblica Italiana.
Interessato alla letteratura e alle arti visive ama realizzare
progetti in grado di favorire l’incontro della musica con altre
espressioni artistiche. Con l’Ensemble Nuovo Contrappunto ha
avuto modo di collaborare con Moni Ovadia, la vocalist Anne
Ducros, le cantaore Esperanza Fernandez e Charo Martin, gli
attori Pino Caruso, Ugo Pagliai, Elio Pandolfi. Ha lavorato inoltre con Lello Arena, Arnoldo Foà ed il giornalista e scrittore
Antonio Caprarica. Ha tenuto prime esecuzioni di musiche di
Gaetano Giani Luporini, Fabrizio Festa e Marcello Panni.
Simone Soldati è stato presente nelle stagioni di prestigiose istituzioni tra le quali Bologna Musica Insieme, Bologna Festival,
Amici della Musica di Foggia, Palermo, Perugia, Pistoia e Udine,
Festival Opera Barga, Festival di Camerino, Festival Pianistico di
Carrara, Società Barattelli a L’Aquila, Camerata Musicale Barese, Centro Busoni di Empoli, Teatro di Monfalcone, I Concerti
della Normale a Pisa, Festival Suoni Riflessi a Firenze, Società
della Musica di Mantova, Festival Lucca in Musica, Orchestra
Cantelli di Milano, Associazione Scarlatti di Napoli, Festival
di Portogruaro, Istituzione Universitaria dei Concerti a Roma,
Unione Musicale e Festival Settembre Musica a Torino, Associazione Filarmonica Umbra a Terni, Società dei Concerti di Trieste.
Ha suonato poi in Austria dove grazie a Gustav Kuhn ha partecipato al Tiroler Festspiele di Erl, in Germania al Berlin International Music Festival, in Inghilterra e Svizzera.
È stato ospite in trasmissioni della RAI e le sue esecuzioni sono
state trasmesse dalla Radio Vaticana, Rete Toscana Classica,
46 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Radio Swiss Classic. Simone Soldati ha studiato pianoforte
all’Istituto Musicale “Pietro Mascagni” di Livorno con Francesco Cipriano diplomandosi con il massimo dei voti e la lode.
Ha proseguito la sua formazione con Andrea Lucchesini, Maria
Tipo, Alessandro Specchi, Dario De Rosa e Konstantin Bogino.
Ha fatto parte del Consiglio Direttivo del Centro “Tempo Reale”, fondato a Firenze da Luciano Berio ed attualmente contribuisce attivamente alla programmazione dell’Associazione
Musicale Lucchese.
Per la sua attività artistica e per il suo impegno nel campo della
diffusione della cultura musicale è stato insignito del Premio
”Lions Club Le Mura”.
Insegna al Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova.
note all’ascolto
Musica e parola ormai è un classico.
Perché? Perché la musica è un riflesso della vita, nasce da tutte
quelle emozioni, situazioni, stimoli culturali che hanno movimentato l’esistenza degli autori.
E sempre dietro la scrittura di una opera musicale si celano motivazioni personali ed intellettuali. È perciò interessante indagare su come e su perché esse sono nate e ancor più mostrarlo
al pubblico, che spesso tende a credere che l’”ispirazione” nasca da una sorta di afflato divino.
Ecco allora il Mozart fanciullo della Sonata K. 14, che fa parte della unica serie di sonate dedicate al flauto, accanto alle
sbarazzine lettere alla cugina, e la bellissima Sonata K. 304 in
mi min. scritta in occasione della morte della mamma, durante
il suo viaggio a Parigi del 1778, intima, dolorosa e visionaria,
che rielabora un minuetto infantile come tenera rimembranza
dell’amore materno, accanto alle due lettere scritte in occasione del tragico avvenimento ad un amico per preparare il padre
alla tremenda notizia, e al padre stesso.
Poi le meravigliose Sei Epigrafi antiche di Debussy, scritte per
pianoforte a quattro mani, ma sul materiale preesistente delle
Chansons de Bilitis, un affascinante brano per 2 flauti, 2 arpe,
e celesta in cui la musica è intervallata dalle stupende liriche di
Pierre Louÿs, materiale, dunque, che legittima la bella trascrizione per flauto e pianoforte, nella quale si è voluto ripristinare
l’alternanza con le liriche per illustrarne in maniera stupenda la
comune poetica.
E infine, e in questo caso quasi di musica a programma si tratta, la bella Sonata “Undine” di Carl Reinecke che ripercorre la
storia della ninfa dei boschi e del principe Huldebrand, secondo
il binomio Eros-Thanatos, in un clima di romanticismo naturalistico e fantastico che nasce dalla favola di La Motte Fouqué,
di cui verranno letti degli estratti, ma anche dalle impressioni
dell’ascolto dell’opera Undine di E.T.A Hoffmann.
La presenza di una attrice come Milena Vukotic, che nasce da
famiglia di musicisti e che nella musica ha sempre avuto un
punto di riferimento per la sua arte, è la splendida valorizzazione per un programma particolarmente raffinato e bello.
Mario Ancillotti
47
Foto di Mirko Di Gangi - archivio Gazzetta di Mantova
Uto Ughi e Alessandro Specchi, ospiti di Società della Musica nella stagione 2012
48 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
6 maggio
Auditorium Monteverdi, ore 20.45
ALBERTO MARIA RUTA
violino
ANTONELLO CANNAVALE
pianoforte
“La Sonatina per violino
e pianoforte”
il concerto è realizzato grazie a:
F. Schubert
Sonatina op. 137 n. 2 in la minore
Allegro moderato
Andante
Menuetto: Allegro
Allegro
J. Francaix
Sonatine (1934)
Vivace
Andante
Thème varié
•••
A. Dvoràk
Sonatina op. 100 in sol maggiore
Allegro risoluto
Larghetto
Scherzo: molto vivace
Finale: allegro molto
49
ALBERTO MARIA RUTA
I
nizia lo studio del violino con Giovanni Leone, viola del celebre Quintetto Chigiano, sotto la guida del quale si diploma
con il massimo dei voti a 18 anni. Successivamente su consiglio
di N. Brainin (primo violino del Quartetto Amadeus) approfondisce i segreti della tecnica violinistica a Londra dove segue il
corso “Advanced Solo Studie” con Yfrah Neaman, discendente della scuola di C. Flesch, presso la Guildhall School, quindi
presso la Scuola di Musica di Fiesole con P.Vernikov, Z. Giles, Y.
Grubert.
Hanno fortemente contribuito alla sua formazione illustri musicisti quali: P. Farulli, A. Nannoni, N. Brainin, H. Beyerle, M.
Skampa, P. N. Masi, V. Berilinky. Si è esibito per le più prestigiose società di concerti italiane in formazioni cameristiche con artisti di calibro internazionale quali F. Petracchi, D. Rossi, V. Mendelsshon, A. Meunier, M. Campanella, G. Andaloro, M. Fossi, A.
Lucchesini, F. J. Thiollier, R. Cominati, C. Ivaldi, C. Giuffredi, B.
Canino, G. Corti, A. Farulli, S. Gazeau, M. Quarta.
È il primo violino e fondatore del Quartetto d’archi Savinio (con il quale ha
vinto il primo premio alla 17° edizione del Concorso Internazionale
di Musica da Camera di Caltanissetta, 3° Premio D. Shostakovich
Competition Moscow 2004,
Premio Rimbotti 2003) ed è impegnato in una intensa attività
concertistica (Amici della Musica di Firenze, Padova, Palermo,
Ass. Mozart Italia, Musica Insieme Bologna, Accademia Filarmonica Bologna, Concerti del Quirinale con diffusione dal vivo
su Radio 3, Wiltons Hall Londra, Sala CiaikovsKy Mosca, Unione
Musicale Torino, Concerti de La Sapienza Roma, Teatro Verdi
Salerno, Accademia Filarmonica Romana, Lingotto Musica Torino, Ravello Festival, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Bologna
Festival, Festival Santander, Mozart Box, Biennale Venezia).
La rivista Classic Voice ha pubblicato l’integrale dei 6 Quartetti
di L. Cherubini con un doppio cd, disco che ora è un Doppio CD
con etichetta Stradivarius pluripremiato (Premio del Disco Classic Voice, Premio Disco dell’Anno 2008 Musica e Dischi, Premio
5 Stelle MUSICA, AMADUES, SUONARE NEWS). Recentemente
ha eseguito in tournèe il Triplo Concerto Op. 56 di Beethoven
con il pianista A. Cannavale e il violoncellista A. Meunier.
A. M. Ruta è spesso invitato a tenere Master Classes di Violino
e Musica da Camera.
Recentemente ha eseguito il Concerto per violino K216 di W.
A. Mozart con la Orchestra Rossini di Pesaroe e la Sinfonia Concertante K364 con S. Braconi alla viola. A partire del 2012 sarà
impegnato nell’esecuzione dell’Opera Integrale Quartettistica
Beethoveniana. Sempre col Quartetto Savinio, ha ricevuto il
Premio Carloni 2011 (Miglior Interprete) e ha fatto il suo debutto con la prestigiosa eticchetta DECCA.
Nel 2013 da segnalare la 1° esecuzione di FETZEN di W.
Rihm al Teatro La Pergola per gli Amici della Musica
di Firenze, Ravello Festival, i Comcerti del QUIRINALE, Accademia Filarmonica Romana ecc..
Di lui hanno scritto: “…sicuramente, viste le sue
innate doti tecniche e la sua sensibilità interpretativa, giocherà un ruolo importante nella
vita musicale del suo paese.”(Yfrah Neaman),” provvisto di un’eccellente
tecnica violinistica, mette con
grande intelligenza e sensibilità al servizio del testo musicale
queste sue bellissime doti.”(Piero
Farulli). Suona un violino Marino
Capicchioni 1963 Rimini.
50 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012
ANTONELLO CANNAVALE
A
nimato da una profonda attrazione per la Musica da Camera ha collaborato con artisti del calibro di A. Meunier, B.
Boano, F. Petracchi, R. Mallozzi, L. Piovano, I. Grubert, C. Giuffredi, V. Ceccanti, J. Pernoo, S. Gazeau, M. Caroli.
Con Alberto Maria Ruta, primo violino del Quartetto Savinio,
ha eseguito le più belle pagine del repertorio cameristico come
l’opera integrale delle sonate di Beethoven, Brahms, Prokofiev.
Un recital del duo è stato recentemente trasmesso da Radio
Vaticana e da Rai Radio-tre.
Si è esibito per prestigiose società di concerti quali la Scarlatti di
Napoli, l’Unione Musicale di Torino, il Ravello Festival, la Società del Quartetto di Vercelli, il Rossini Opera Festival di Pesaro,
l’Ass. Filarmonica Umbra, il Festival MozArt Box, la Società dei
Concerti di Parma, l’Istituzione Sinfonica Abruzzese...
Insieme al pianista Francesco Caramiello è ideatore del Duo
Wunderkammer, impegnato nella ricerca e diffusione del repertorio per due pianoforti di rara esecuzione. Ha eseguito la
Nona Sinfonia di Beethoven nella trascrizione di F. Liszt per due
pianoforti con il coro del Teatro San Carlo di Napoli al Ravello
Festival e nella Stagione Autunnale del San Carlo.
Dopo gli studi pianistici con M. Bertucci e di composizione con
B. Mazzotta, presso il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, si è specializzato in Musica da Camera presso l’Accademia
Pianistica di Imola e la Scuola Superiore Internazionale del Trio
di Trieste.
È docente di musica da camera al Conservatorio di Cosenza e ai
corsi di perfezionamento del Gubbio Summer Festival.
51
note all’ascolto
Schubert: Sonatina n. 2 in la minore op.137
L’
altro Schubert, verrebbe da dire incontrando le cosiddette Sonatine per violino e pianoforte (tre in tutto) che egli
scrisse nel corso del 1816, immettendovi la grazia e la purezza
della sua ispirazione. Uno Schubert che qui non si pone alla
ricerca di messaggi eterni, ma di un’arte immediata, domestica,
ed illuminata dallo splendore della semplicità.
Il tono di queste tre partiture, che l’editore Diabelli decise di
non titolare secondo la disposizione dell’autore (il giovane ma
già esperto compositore - con già cinque sinfonie alle spalle - le
aveva classificate Sonate), è colloquiale e di una comunicativa
immediata, ma non mancano spunti di notevole interesse.
Anche nella seconda Sonatina della serie, in la minore, l’elegante scrittura possiede doti d’indagine espressiva che vanno ben
oltre il compito dell’intrattenimento, facendo balenare malinconie, spunti riflessivi e toccanti sottolineature drammatiche.
A questo Schubert che sgorga naturale fra le memorie e le tradizioni del suo mondo, si guarda con ammirazione e sorpresa:
nella piccola dimensione si ritrova il cuore pulsante del genio,
l’umanità amichevole di chi, con la musica, racconta frammenti
di vita.
Français: Sonatina
J
ean Français non aveva che ventidue anni quando, nel 1934,
ebbe a scrivere l’unica Sonatina per violino e pianoforte del
suo catalogo da camera, rimasto per la verità non ricchissimo,
sebbene ampliato fino alla fine degli anni Ottanta.
Formatosi alla scuola celebre di Nadia Boulanger, ed inserito,
senza farne parte formalmente, nella grande corrente moderna novecentesca frequentata anche da Poulenc e Milhaud, debitrice di un precedente rinnovamento stilistico e di pensiero,
Français (pianista di valore, fra l’altro) fu un maestro di gusto
eccellente e di penna abile e raffinatissima, senza assumere le
sembianze dell’avanguardista iconoclasta. Lo definirono, non a
torto, un «Offenbach formatosi alla scuola di Ravel», perché le
sue pagine, scritte con autentica bravura, sono spesso ricche di
briose leggerezze e deliziose malinconie che affascinano.
Così anche la Sonatina per violino e pianoforte, dedicata a
due interpreti celeberrimi come il violinista Jacques Thibaud
52 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
ed il pianista Alfred Cortot, suddivisa in tre sezioni piuttosto
articolate: un “Vivace” d’apertura dallo spirito pungente, un
“Andante” percorso da due spunti lirici diversi, e dall’impronta
quasi infantile, ed infine un “Tema variato” (cinque le variazioni) che si apre ad atmosfere contrastanti, ora salottiere, ora
vivacissime, ove la virtuosità strumentale si manifesta in sapide
scritture di un bell’effetto trascinante.
Dvorák: Sonatina in sol maggiore op.100
L
a Sonatina op.100 fu l’ultimo lavoro “americano” da camera composto da Dvorák. In genere, in tutta la produzione
risalente agli anni del suo soggiorno negli Stati Uniti, ove tra
l’altro egli ebbe a dirigere il Conservatorio di New York con
spirito umanitario (i poveri di talento poterono frequentare
gratuitamente le lezioni), gli influssi del folclore s’intrecciano
con le eredità di stile e di gusto europei, con esiti di indubbio
fascino. Così è anche per questa partitura di contenute dimensioni ma di densa scrittura, dove lontane rimembranze patrie
si sovrappongono ad echi di motivi carpiti alle minoranze del
“nuovo mondo”, alle molte e diverse voci degli immigrati, fra
tinte espressive che sembrano anche richiamare suggestioni paesaggistiche.
Questa Sonatina, vibrante e vitale, fu dedicata da Dvorák a due
dei suoi 6 figli, Otilka e Tonik (allora di rispettivamente quindici e dieci anni) e venne composta rapidamente, nel giro di
due settimane, sul finire del 1893 (il maestro boemo era giunto
negli Stati Uniti l’anno precedente) nello spirito di una gustosa
e subitanea comprensibilità. Un particolare successo arrise, fin
da subito, al secondo movimento “Larghetto”, in origine intitolato “Leggenda”, dominato da una liricità declinata in mille,
cangianti riflessi.
A. Z.
13 maggio
Chiostro di San Barnaba, ore 20.45
FABIO FURIA
bandoneon
ALTRI SUONI
“La Ultima Curda”
il concerto è realizzato grazie a:
C. Gardel
El dia que me quieras
J. S. Bach
Preludio e fuga in do minore
A. Villoldo
El Choclo
A. Piazzolla
Chiquilin de bachin
C. Cobian
La casita de mis viejos
E. Arolas
La cachila
A. Piazzolla
Los Suenos
A. Troilo
Garua
A. Piazzolla
Regreso al amor
A. Piazzolla
Adios Nonino
A. Troilo
La ultima curda
G. M. Rodriguez
La cumparsita
S.C.M. Tecnologie S.r.l.
Aeration & Mixing
Tecnologie per l’ambiente
A. Troilo
Che Bandoneon
•••
53
FABIO FURIA
F
abio Furia, compositore ed arrangiatore, è considerato dalla critica uno dei migliori bandoneonisti d’Europa.
La sua attività concertistica lo ha portato ad esibirsi in tutto
il mondo nelle più importanti sale da concerto fra cui la Dvorak Hall del Rudolfinum di Praga, il Teatro Bozar di Bruxelles, il
Teatro Lirico di Cagliari, l’Onassis Culture Center di Atene e la
Großer Saal di Klagenfürt.
Molto apprezzato a livello internazionale, il suo talento è noto
a numerose istituzioni e festival musicali, nazionali ed internazionali. Tra gli altri: il Festival di Lubjana, l’Emilia Romagna Festival, il Festival de Nancy, il Maggio dei Monumenti (Napoli),
Nei Suoni dei Luoghi, Festival Spaziomusica, Settimane musicali
bresciane, Gubbio Summer Festival, Les Floraison Musicales, Recontres musicales en Lorraine.
Ha collaborato con prestigiosi musicisti ed ensemble, quali:
Solisti della Scala, Anna Tifu, Antony Pay, Franco Maggio Ormezowski, Stefano Pagliani, Roberto Cappello, Turner String
Quartett, Kodàly String Quartett, Budapest String Orchestra,
Accademia Strumentale di Roma, Pierre Hommage, Michel Michalakakos, Jean Ferrandis, Hugues Leclere, Salzburg Chamber
Soloists, Orchestra Sinfonica di Kiev, Baden Baden Sinphony
Orchestra, I Filarmonici Italiani, Kso Kärtner Sinfonieorchester,
Gubbio Festival Ensemble, Quartetto Archimede, Romeo Scaccia, Trio Wanderer, Anne Gastinel, Duo Pepicelli.
Si è esibito come solista in Italia, Canada, Messico, Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Francia, Slovenia, Macedonia, Lituania, Austria, Spagna, Giappone, Korea, Grecia, Libano e Stati
Uniti.
È fondatore e solista dei “ContraMilonga” con il quale si esibisce il tutto il mondo...
Inizia lo studio di pianoforte e fisarmonica classica all’età di
sette anni sotto la guida della professoressa Eliana Zajec. Successivamente, all’età di sedici anni, studia clarinetto al Conservatorio di Cagliari diplomandosi, con il massimo dei voti, in soli
quattro anni, sotto la guida del M° Roberto Gander.
Si è perfezionato con alcuni tra i migliori clarinettisti del mondo
tra i quali Antony Pay, Alessandro Carbonare e Wenzel Fuchs.
È direttore artistico della Scuola Civica di Musica di Iglesias e
54 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
dell’associazione culturale “Anton Stadler”, nonché ideatore
di importanti rassegne musicali quali: Festival Internazionale di
Musica da Camera, Colori e Note, Festival ARTango, Liberevento etc.
Dal 2008 è direttore artistico di “Vinum in Musica”, poi “Carignano Music Experience”.
note all’ascolto
La Ultima Curda
U
n repertorio interamente dedicato al bandoneon, strumento principe e simbolo del tango.
Utilizzato alle origini esclusivamente in Germania per le chiese
che non potevano permettersi un armonium, il destino regala al bandoneon una storia un pò bizzarra conducendolo nei
bordelli di Buenos Aires ad interpretare il tango, musica tanto
sensuale ed affascinante, quanto considerata allora proibita e
scandalosa.
Così, in questo programma, si fondono le due anime del bandoneon: quella “sacra” del suo suono grave e legato alla liturgia della chiesa luterana, e quella “profana” della musica che
da sempre lo contraddistingue, spaziando da Bach al tango
tradizionale di Gardel, Villoldo e Arolas sino al tango nuevo
di Piazzolla.
Un repertorio che va oltre i più diffusi programmi di tango,
proponendo una selezione di capolavori e rarità musicali di
grande impatto emotivo.
Grandi pagine della storia musicale classica e contemporanea
si mescolano a brani meno noti ma di grandissimo pregio artistico, affiancando ad arrangiamenti di celebri interpreti quali Leopoldo Federico ed Astor Piazzolla, rivisitazioni originali
dello stesso Fabio Furia. Sessanta minuti di grande musica, tra
tradizione e avanguardia, in un’atmosfera di fascino e charme.
Fabio Furia
55
56 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
20 maggio
Teatro Bibiena
ore 19.00
QUARTETTO DI VENEZIA
ore 21.00
MARCELLO NARDIS tenore
BRUNO CANINO pianoforte
“Viva Verdi”
ore 19.00 - Quartetto di Venezia
ore 21.00 - Marcello Nardis, Bruno Canino
G. Verdi
Quartetto in mi minore per archi
Allegro
Andantino
Prestissimo
Scherzo, fuga
G. Verdi
Composizioni vocali da camera
L’esule (1839)
La seduzione (1839)
II poveretto (1847)
Stornello (1869)
6 Romanze (1838):
- Non t’accostare all’ urna
- More, Elisa, lo stanco poeta
- In solitaria stanza
- Nell’ orror di notte oscura
- Perduta ho la pace
- Deh, pietoso, oh Addolorata
6 Romanze (1845):
- II tramonto
- La zingara
- Ad una stella
- Lo spazzacamino
- II mistero
- Brindisi” (2a versione)
il concerto è realizzato grazie a:
57
QUARTETTO DI VENEZIA
ANDREA VIO, violino
ALBERTO BATTISTON, violino
GIANCARLO DI VACRI, viola
ANGELO ZANIN, violoncello
D
ella loro vocazione ai vertici più ardui del camerismo è testimone Bruno Giuranna:
“È un complesso che spicca con risalto nel pur vario e vasto panorama musicale europeo. La perfetta padronanza tecnica e la
forza delle interpretazioni, caratterizzate dalla spinta verso un
valore assoluto propria dei veri interpreti, pongono il “Quartetto di Venezia” ai vertici della categoria e fra i pochissimi degni
di coprire il ruolo dei grandi Quartetti del passato”.
Times (WQXR), ORF1, Schweizer DRS2, Suisse Romande, Radio
Clasica Espanola, MBC Sudcoreana.
Spinto dal piacere del suonare assieme, l’ensemble ha collaborato con artisti di fama mondiale tra i quali Bruno
Giuranna,”Quartetto Borodin”, “Quartetto Prazak”, Piero Farulli, Paul Szabo, Oscar Ghiglia, Danilo Rossi, Dieter Flury (1°
Flauto dei Wiener Philarmoniker), Pietro De Maria, Alberto
Nosè.
Sfogliando il volume delle testimonianze critiche, l’elogio più
bello sembra quello formulato sul “Los Angeles Times” da Daniel Cariaga: ”questo quartetto è più che affascinante, è sincero e concreto”.
Rigore analitico e passione sono i caratteri distintivi dell’ensemble veneziano, qualità ereditate da due scuole fondamentali
dell’interpretazione quartettistica: quella del “Quartetto Italiano” sotto la guida del M° Piero Farulli e la Scuola Mitteleuropea del “Quartetto Vegh”, tramite i numerosi incontri avuti
con Sandor Vegh e Paul Szabo.
In occasione del 25° anniversario, il “Quartetto di Venezia” ha
ricevuto l’alto riconoscimento del Presidente della Repubblica
Italiana Giorgio Napolitano.
Il “Quartetto di Venezia” ha suonato in alcuni tra i maggiori
Festivals Internazionali in Italia e nel mondo tra cui la National
Gallery a Washington, Palazzo delle Nazioni Unite a New York,
Sala Unesco a Parigi, IUC a Roma, Serate Musicali di Milano,
Kissinger Sommer, Ossiach/Villach, Klangbogen Vienna, Palau
de la Musica Barcellona, Tivoli Copenhagen, Societè Philarmonique a Bruxelles.
È stato recentemente invitato dal CIDIM per una lunga tournée
in Sud America: Argentina, Brasile e Uruguay.
Ha avuto l’onore di suonare per Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e per il Presidente della Repubblica Italiana.
Il repertorio del “Quartetto di Venezia” è estremamente ricco
ed include, oltre al repertorio più noto, opere raramente eseguite come i quartetti di G. F. Malipiero (“Premio della Critica
Italiana” quale migliore incisione cameristica).
La vasta produzione discografica include 19 CD per la Dynamic,
Fonit Cetra, Unicef, Aura, Koch.
Ultima produzione è l’uscita dell’integrale dei sei quartetti di
Luigi Cherubini, registrati per la DECCA in tre cd.
Numerose sono anche le registrazioni radiofoniche e televisive
per la RAI & RAI International, Bayerischer Rundfunk, New York
58 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
Dall’agosto 2010 Giancarlo di Vacri è la nuova viola del quartetto e sostituisce, dopo più di 25 anni di attività, Luca Morassutti.
Nel 2013 il QdV festeggerà i primi 30 anni di attività artistica.
note all’ascolto
I
l Quartetto di Giuseppe Verdi nasce con una storia da subito
controversa forse a causa dell’atteggiamento contraddittorio
del suo stesso creatore; questi lo definì “una pianta fuori clima”
destando il dubbio che lo ritenesse un figlio ‘minore’, in più
occasioni scrisse di averlo composto non credendoci molto ma
piuttosto per vincere l’ozio.
Suo malgrado però, nonostante alla prima esecuzione in forma privata a Napoli il 1° aprile 1873 fossero presenti non più
di otto persone, in breve tempo il Quartetto fu apprezzato e
conosciuto negli ambienti musicali italiani e dopo soli tre anni
fu pubblicato e eseguito in Francia, Inghilterra e persino nella
patria del genere, ovvero nel mondo austro-tedesco.
Nel 1876 Ricordi menziona il successo del Quartetto dichiarando che il lavoro fosse “degno della fama del suo autore”
e che in particolare il pubblico era stato impressionato favorevolmente dal tema del violoncello nel terzo tempo tanto da
richiederne un bis.
È pur vero che ci furono rivalità sotterranee, da quell’ambiente
quartettistico di gusto “classico” che predominava in Italia e
che fu la causa della tarda esecuzione del lavoro verdiano presso la Società del Quartetto di Milano, avvenuta solo nel 1901.
Proprio a questo pubblico si riferiva forse Verdi nella dizione
“fuori clima”, avvertendo di presentare un’opera non in linea
con l’atmosfera dominante, ma anzi con tratti nuovi e originali.
In altre pagine si risolve infatti il suo atteggiamento contraddittorio e si evince che il suo desiderio fosse in particolare teso
alla corretta esecuzione della sua musica: “… tutto deve sortire,
anche nei contrappunti più complicati, netto e chiaro; e questo si ottiene suonando leggerissimamente, e molto staccato in
modo che si distingua sempre il soggetto sia dritto che rovesciato”. Il compositore si riferisce in particolare all’ultimo tempo in
forma di fuga, ma lo stile composto e cristallino risulta di particolare efficacia anche negli altri tempi e sottolinea con convinzione il contrasto di omoritmia e scrittura contrappuntistica che
risulta essere uno dei caratteri salienti dell’opera.
La struttura del lavoro, che si basa sul ritorno quasi ciclico di
cellule ritmiche e motiviche scaturite dal primo tema, presentato in apertura dal secondo violino, conferma che il quartetto
sia tutt’altro che un diversivo ma anzi un’opera melodicamente
studiata nei minimi dettagli.
Dopo il primo tempo con carattere spesso vigoroso e dai toni
perentori, i tempi centrali si presentano più leggeri nel carattere e meno complessi nella forma, con una discendenza più acclarata dallo stile strumentale italiano, permeato di gesti operistici, a mò di teatro da camera per quattro strumenti. Ne è un
esempio il tema civettuolo del primo violino nel 2° tempo o il
già citato cantabile del violoncello nella sezione centrale del 3°.
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MARCELLO NARDIS
BRUNO CANINO
[…] grazie alla maestrìa vocale di Marcello Nardis che è il più
grande cantante di Lieder italiano dei nostri giorni, forse di
sempre […] IL ROMA 01.06.12
B
S
i è laureato con lode in Greco antico e archeologia cristiana,
conseguendo parallelamente I diploma di pianoforte, canto
e musica vocale da camera nei Conservatori di Musica di Roma,
Napoli e Firenze. Ha completato la formazione musicale perfezionandosi alla Liszt Hochschule di Weimar con Peter Schreier e
al Mozarteum di Salisburgo con Kurt Widmer.
Già pianista, ha debuttato come tenore nel 2003, per la Giornata Mondiale della Gioventù in Canada, alla presenza di Papa
Giovanni Paolo II. Da quel momento ha iniziato una intensa
attività artistica, ospite di Istituzioni come: il Teatro alla Scala,
l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia o il San Carlo di Napoli,
il Liceu di Barcellona o il New National Theatre di Tokyo, il Festival di Salisburgo, l’Opéra di Parigi a fianco di direttori quali
Muti, Rousset, Savall o Chung e pianisti come Ballista, Campanella, Canino.
Particolarmente dedito al repertorio liederistico, di cui è riconosciuto interprete italiano di riferimento, ha eseguito più di
70 volte il ciclo schubertiano della Winterreise talvolta nella
doppia veste, simultaneamente, di pianista e cantante.
Ha cantato per le massime Società di concerto italiane ed estere
- primo tenore italiano a Bayreuth- sarà presente alla Carnegie
Hall di New York nel gennaio del 2013, nell’ambito del progetto “The Song Continues”.
runo Canino, nato a Napoli, ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano, dove poi ha insegnato
per 24 anni; e per dieci anni ha tenuto il corso di pianoforte, e
musica da camera al Conservatorio di Berna.
Come solista e pianista da camera ha suonato nelle principali sale da concerto e Festivals europei, in America, Australia,
Unione Sovietica, Giappone, Cina.
Suona in duo pianistico con Antonio Ballista, e collabora con
illustri strumentisti come Accardo, Ughi, Amoyal, Itzahk Perlman, Blacher. È stato dal 1999 al 2002 direttore della Sezione
Musica della Biennale di Venezia.
Si è dedicato in modo particolare alla musica contemporanea,
lavorando, fra gli altri, con Pierre Boulez, Luciano Berio, KarlHeinz Stockhausen, Georgy Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono,
Sylvano Bussotti, di cui spesso ha eseguito opere in prima esecuzione.
Ha suonato sotto la direzione di Abbado, Muti, Chailly, Sawallisch, Berio, Boulez, con Orchestre come La Filarmonica della
Scala, Santa Cecilia, Berliner Philarmoniker, New York Philarmonia, Philadelphia Orchestra, Orchestre National de France.
Tiene regolarmente masteclass per pianoforte solista e musica
da camera, in Italia, Germania, Giappone, Spagna, e partecipa
al Marlboro Festival negli Stati Uniti. Attualmente insegna all’Istituto Música de Cámara a Madrid. È spesso invitato a far parte
di giurie di importanti concorsi pianistici internazionali. Il suo
libro “Vademecum del pianista da camera” è edito da Passigli.
note all’ascolto
G
iuseppe Verdi, come ben si sa, fu essenzialmente uomo
di teatro. Tanto la sua produzione operistica testimonia
un’insistenza appassionata e vitale, tradotta anche in un forte
sacrificio personale (i cosiddetti “anni di galera”, da lui stesso
evocati, compresi tra il il 1843 e il 1850, che videro nascere la
bellezza di dodici nuovi titoli), così il catalogo delle musiche cameristiche appare come un prodotto secondario, dettato dalle
circostanze.
Le non molte pagine di questo genere nascono, grosso modo,
verso la metà del secolo, nel pieno di un’età romantica che fuori d’Italia assistette all’apparire di una musica vocale diversa,
carica d’un sentimento ed un approfondimento di toni legatissimi all’eccellenza dei testi poetici. Di qui una storia fitta di
capolavori incancellabili, peraltro mai sentiti necessari (ed oggi
l’estraneità non è molto dissimile da quel passato) nella patria
del melodramma.
Dunque, con Verdi si assiste ad un camerismo, appunto, del
tutto italiano: nella chiarezza - spesso sintetica se non persino
semplificata - della scrittura, nella espressione robusta, nella
evidente assonanza ad uno stile asservito alle esigenze della
scena, o meglio del personaggio in scena.
La serie di 6 Romanze che compare nel 1838 inaugura un catalogo che rimarrà, negli anni, di piccole dimensioni, ed illustra, con molteplicità di sfumature, l’aspirazione ad intensità
dolorose, di un’umanità sofferente. Il tono patetico è prevalente, e lo stile è senza dubbio fortemente parente di quello che
giungerà in teatro, con sottolineature testuali che si riflettono
in modificazioni del dettato musicale, svolgendo gli ariosi in
episodi concatenati.
nome di Verdi non solo dal citato Oberto, ma anche da Nabucco, Giovanna d’Arco e Attila, che prolungarono la collaborazione fra i due fino al 1846.
Nel 1845 la casa editrice di Francesco Lucca pubblica la seconda serie di Romanze verdiane, raccolta di maggiori ambizioni
espressive e di accentuata vivacità, per la quale sono utilizzati
versi di tre autori: Manfredo Maggioni (per La zingara, Lo spazzacamino), Andrea Maffei (Il tramonto, Ad una stella, Brindisi)
e Felice Romani (Il mistero), gli ultimi due legati anche ad opere
del bussetano, rispettivamente I Masnadieri (1847) e Un giorno
di regno (1840), e con ciò si conferma lo stretto legame che in
Verdi si manifesta, fra scena lirica e salotto.
Segue, poco appresso, un’altra breve pagina isolata, Il poveretto, ancora su parole di Maggioni (1847), pietosa supplica di un
militare indigente, mentre Stornello (1869) è un’allegra, ironica
e disincantata visione dell’amore. La paginetta, gradevolissima,
comparve in un album firmato anche da altri autori in omaggio a Francesco Maria Piave, il librettista verso il quale Verdi fu
più debitore (suoi, fra l’altro, Macbeth, Rigoletto e Traviata); e
l’allegrezza che la pervade sembra proprio un inequivocabile,
affettuoso ringraziamento.
A. Z.
Ogni attenzione va alla parola, all’accento chiarificatore ed
eloquente (due dei 6 testi appartengono a Goethe, tradotto
in lingua italiana dal poeta bussetano Luigi Balestra) mentre la
scrittura pianistica si mantiene fedele ad una pulizia e semplicità di tratto ad essa integrata, ma con ruolo complementare.
Tutto ciò avviene l’anno precedente il primo titolo operistico
verdiano, Oberto, conte di San Bonifacio, titolo che invece è
contemporaneo di due altre pagine da camera isolate: La seduzione, una commossa pagina, ancora su testo di Balestra, e
L’esule, lavoro ben più articolato ed esteso, quasi una scena lirica, su parole di Temistocle Solera, un poeta-librettista legato al
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artisti ospiti
di Società della Musica
Accademia degli Invaghiti, Joaquin Achucarro, Romano Adami, Giuseppe Albanese, Alti & Bassi, Mario Ancillotti,
Alberto Arbizzi, Arena di Verona Brass Quintet, Art Ensemble of Soccavo, Artango, Auer Quartet, Austrian Brass
Quintett, Luis Bacalov, Andrea Bacchetti, Stefano Bagnoli, Ramin Bahrami, Giampaolo Bandini, Anna Lisa Bellini,
Maria Grazia Bellocchio, Paolo Beltramini, Maurizio Ben Omar, Umberto Benedetti Michelangeli, Manlio Benzi,
Boris Berezowski, Sonia Bergamasco, Luca Bertazzi, Umberto Bertetti, Camillo Bertetti, Riccardo Biancoli, Fabio
Bidini, Stefano Bollani, Paolo Bonomini, Angelo Borroni, Pietro Bosna, Laura Bortolotto, Tara Bouman, Enrico
Bronzi, Mario Brunello, Eduard Brunner, Stanislav Bunin, Cristiano Burato, Davide Burani, Pierluigi Camicia,
Bruno Canino, Sandro Cappelletto, Alessandro Carbonare, Mauro Carbone, Giuliano Carmignola, Edoardo
Catemario, Stefano Cerrato, Cesare Chiacchiaretta, Emanuele Cisi, Coro da Camera Ricercare Ensemble, Miriam
Dal Don, Michel Dalberto, Massimiliano Damerini, Elisa De Luigi, Vincenzo De Vivo, Dedalo Ensemble, Enrico
Degli Esposti Elisi, Daniele Di Bonaventura, Diego Dini Ciacci, Dire Gelt, Avi Downes, Shana Downes, Andrea
Dulbecco, Duo Alkan, Duo Franzoso Ongaro, Duo Gulli Cavallo, Duo Mantovani Miodini, Duo Meunier Turicchia,
Duo Pepicelli, Duo Petrouchka, Duo Poltera Kolly, Duo Smailovich De Simone, Duo Tumeo Rapetti, Ensemble
Contemporaneo del Conservatorio di Mantova, Ensemble Nuovo Contrappunto, Ensemble Variabile, Giuseppe
Ettorre, Fabrizio Falasca, Michael Flaksman, Flatus Chordis, Angelo Foletto, Paolo Fresu, Richard Galliano, Filippo
Gamba, Cecilia Gasdia, Roberto Gatti, Sofia Gelsomini, Ugo Gennarini, Teodora Gheorghiu, Paolo Ghidoni,
Stefano Giavazzi, Javier Girotto, Gramelot Trio, Corrado Greco, Gruppo Musica Insieme di Cremona, Roberto
Guglielmo, Simone Guiducci, Franco Gulli, Sofya Gulyak, Matthew Halls, Harp & Piano, Angela Hewitt, Ideko
Hudagawa, Monica Huggett, I Fiati Associati, Janacek Quartet, Zoltan Kocsis, Natasha Korsakova, Sergej Krylov,
62 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013
L’arte dell’Arco, La Moreria, John Olaf Laneri, Enrica Lisciani Petrini, Rolf Lislevand, Louis Lortie, Andrea
Lucchesini, Relja Lukic, Benedetto Lupo, Antonio Lysy, Alexander Madzar, Luca Magariello, Mandelring Quartet,
Tito Mangialaio, Meditation Quartet, Fabrizio Meloni, Franco Mezzena, Marian Mika, Francesco Moi, Federico
Mondelci, Marina Morelli, Neofonia, New Time in Tango, Nextime Junior Ensemble, Nuovo Quartetto Italiano,
Orchestra d’Archi del Conservatorio di Mantova, Orchestra da Camera di Mantova, Orchestra Sinfonica Arturo
Toscanini, Aldo Orvieto, Ottetto dei Virtuosi Italiani, Stefano Pagliani, Antonello Palombi, Vittorio Parisi, Murray
Perahia, Eva Perfetti, Giovanni Gabriele Picciati Pieranunzi, Roberto Plano, Rodney Prada, Antonio Pulleghini,
Paola Quagliata, Quartetto Anton Webern, Quartetto Bernini, Quartetto d’Archi della Scala, Quartetto d’Archi
Prometeo, Quartetto di Cremona, Quartetto Fonè, Quartetto Klimt, Quartetto Kuss, Quartetto Meridies, Quartetto
Prometeo, Quartetto Savinio, Quartetto Saxsofollia, Quartetto Tartini, Quintetto Bibiena, Piero Rattalino, Danilo
Rea, Stefania Redaelli, Massimo Repellini, Luca Reverberi, Susanna Rigacci, Maria Ronchini, Danilo Rossi, Nagy
Sandu, Amanda Sandrelli, Luca Schieppati, Marco Scolastra, Alexander Semchuk, Daniele Sepe, Alessandro
Simoncini, Luca Simoncini, Wen Sinn Yang, Simone Soldati, Alessandro Specchi, Loris Stefanuto, Markustockhausen,
Edoardo Maria Strabbioli, Jeffrey Swann, Swisschamberbrass, Tangoseis, Franco Testa, Marco Tezza, The Hilliard
Ensemble, The Terem Quartet, Joel Francois Thiollier, Anna Tifu, Triestango, Trio Abendlied, Trio Broz, Trio d’Archi
della Scala, Trio de gli Archi Italiani, Trio Debussy, Trio Des Alpes, Trio di Parma, Trio Italiano, Trio Johannes, Trio
Matisse, Trio Tchaikowsky, Trio Wanderer, Sonia Turchetta, Hideko Udagawa, Uto Ughi, Mariangela Vacatello,
Vienna Piano Trio, Sonia Visentini, Lorna Windsor, Simone Zanchini, Andrea Zaniboni, Mario Zara, Cristina
Zavalloni, Lilya Zilberstein, Alexander Zimbrovsky, Leonardo Zunica, Michelangelo Zurletti
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SOCIETÀ DELLA MUSICA
Italo Scaietta, Presidente
Studio Chiesa, Comunicazione
Stefano Giavazzi, Direttore artistico
Daniela Oliani, Segreteria
Andrea Zaniboni, Consulente musicale
Giulia Buzzi
c/o Orchestra da Camera di Mantova, Biglietteria
Davide Bardini, Consulente amministrativo
Ivan Fiaccadori, Consulente tecnico
seguici su:
Valerio Novara, Relazioni esterne
Giovanna Gamba, Addetto stampa
HANNO SOSTENUTO IL NOSTRO PROGETTO:
Fondazione
Comunità Mantovana onlus
abacogroup.eu
sponsor tecnici:
collaborazioni:
S.C.M. Tecnologie S.r.l.
Aeration & Mixing
Tecnologie per l’ambiente
Viale Risorgimento, 98 - 46100 Mantova
[email protected] - www.societadellamusica.com