I LUNEDI DELLA MUSICA 2013 Quindicesima Stagione Concertistica Quindicesima Stagione Concertistica 17 5 34 92 I LUNEDÌ DELLA MUSICA concerti luoghi interpreti composizioni Gentile pubblico, ci prepariamo a festeggiare i quindici anni di attività presentandovi la nuova Stagione Concertistica di Società della Musica: I Lunedì della Musica 2013. GENNAIO Dopo quindici anni di proposte concertistiche è ancora la musica da camera ad ispirare il nostro repertorio: è infatti a questo linguaggio, così puro ed essenziale, che riconosciamo forse più di ogni altro la capacità prodigiosa di far vibrare le corde più intime dell’anima, di nutrirne le suggestioni. E seppur in un momento così difficile per la nostra collettività (ma forse, proprio per questo) resta saldo più che mai il nostro desiderio di tener vivi i contatti con la comunità mantovana offrendo, ci auspichiamo, momenti di appagamento e gratificazione. Anche “I Lunedì della Musica 2013” conservano la loro impostazione “itinerante”: il Teatro Bibiena, l’Auditorium Monteverdi, Madonna della Vittoria, il Chiostro di San Barnaba e la Sala Ovale dell’Accademia Virgiliana rappresentano le linee e gli snodi del nostro tracciato musicale. Un’attenzione particolare viene rivolta ai “Giovani” con un progetto che da una parte ne valorizza le prime affermazioni professionali, dedicando due concerti ai vincitori di prestigiosi concorsi e dall’altra desidera incoraggiarne la curiosità, riservando tre lezioni/concerto agli studenti mantovani. È questa, eccezionalmente, un’edizione tutta “italiana” la cui inaugurazione è affidata ad un pioniere della grande canzone d’autore: Gino Paoli, in duo con il pianista jazz Danilo Rea, darà avvio il 28 gennaio ad un cammino di diciassette concerti che si completerà con le celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi al quale renderemo doveroso omaggio con due appuntamenti riservati alla sua produzione cameristica, il 20 maggio, presso il Teatro Bibiena. Desideriamo infine ringraziare tutti gli Enti, gli Sponsor, i Club di Service e gli "amici" di Società della Musica che hanno scelto di accompagnarci in questo nuovo percorso musicale e ci auguriamo di poter ricambiare pienamente la loro fiducia nonché l’affetto e la fedeltà del nostro pubblico. Società della Musica 2 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 28 gennaio Teatro Bibiena, ore 20.45 Gino Paoli, voce Danilo Rea, pianoforte “Due come noi che…” FEBBRAIO 4 febbraio Madonna della Vittoria, ore 20.45 Ribalta Giovani Vanessa Innocenti, flauto Daniele Rocchi, clavicembalo musiche di Bach e Gervasoni 11 febbraio Incontri con le scuole Auditorium Monteverdi, ore 11.00 Trio Diaghilev (pianoforte a 4 mani e percussioni) Auditorium Monteverdi, ore 20.45 Trio Diaghilev (pianoforte a 4 mani e percussioni) musiche di Bernstein e Stravinskij 18 febbraio Madonna della Vittoria, ore 20.45 Ribalta Giovani Luca Oberti, clavicembalo musiche di Bach e Coppens MARZO 22 aprile Teatro Bibiena, ore 20.45 Milena Vukotic, voce Mario Ancillotti, flauto Simone Soldati, pianoforte musiche di Mozart, Debussy, Reinecke 4 marzo Incontri con le scuole Auditorium Monteverdi, ore 11.00 Dorina Frati, mandolino Piera Dadomo, chitarra Chiostro di San Barnaba, ore 20.45 Altri Suoni Dorina Frati, mandolino Piera Dadomo, chitarra musiche di Boni, Vivaldi, Riggeri, Bach, Ponce, Calace, Paganini 11 marzo Sala ovale dell’Accademia Virgiliana, ore 20.45 Massimo Mercelli, flauto Edoardo Catemario, chitarra musiche di Mozart, Schubert, Piazzolla 18 marzo Auditorium Monteverdi, ore 20.45 Quartetto di sassofoni Accademia musiche di Singelée, Glazunov, Françaix, Romero, Escaich APRILE 8 aprile Incontri con le scuole Auditorium Monteverdi, ore 11.00 Gianfranco Grisi, cristallarmonio Altri Suoni Chiostro di San Barnaba, ore 20.45 Gianfranco Grisi, cristallarmonio Trio d’archi di Bergamo musiche di Bach, Mozart, Morricone 15 aprile Auditorium Monteverdi, ore 20.45 Duo OttoeQuindici (sassofono e pianoforte) musiche di Schulhoff, Schumann, Fitkin, Musorgskij, Debussy, Milhaud, Swerts MAGGIO 6 maggio Auditorium Monteverdi, ore 20.45 Alberto Maria Ruta, violino Antonello Cannavale, pianoforte musiche di Schubert, Françaix, Dvorák 13 maggio Chiostro di San Barnaba, ore 20.45 Altri Suoni Fabio Furia, bandoneon musiche di Gardel, Villoldo, Cobian, Piazzolla, Troilo, Bach, Arolas, Rodriguez 20 maggio Teatro Bibiena Viva Verdi • ore 19.00 Quartetto di Venezia • ore 20.00 Buffet • ore 21.00 Marcello Nardis, tenore Bruno Canino, pianoforte Musiche di Verdi 3 TEATRO BIBIENA i luoghi storici A Mantova dopo il crollo del regime gonzaghesco avvenuto nel 1707, cui successe il governo della casa d’Austria, l’eredità spirituale fu raccolta dai Timidi, il cui sodalizio sopravvisse, oscillando per qualche tempo fra tendenze di gusto arcadico e sempre più vigorose suggestioni razionalistiche… …Nel 1766 il rettore dell’Accademia dei Timidi, conte Carlo Ottavio di Colloredo, inviò a Milano al plenipotenziario per la Lombardia austriaca, Carlo di Firmian, un ambizioso piano di trasformazione del vetusto ente letterario in un istituto di altro tipo, dotato di un’articolazione appoggiata a una molteplicità di competenze e largamente aperto a istanze di ordine scientifico, in piena aderenza, ormai, agli entusiasmi intellettuali del momento. Il Firmian, esaminato il progetto, lo trasmise con parere favorevole a Vienna per l’approvazione da parte dell’imperatrice Maria Teresa... …In attesa della deliberazione imperiale i Timidi decisero di demolire, nell’interno del palazzo, il teatrino cinquecentesco, nonché un assieme di vani contigui, e di creare nello spazio così ottenuto una sala solenne e capace da impiegare per sessioni pubbliche, cioè aperte alla cittadinanza. Animava nel contempo gli accademici mantovani la speranza di essere presto in grado di ricostruire l’intero palazzo per adeguare la sede alle esigenze nuove e pressanti che erano venute maturando. Nel marzo del 1767, mentre si provvedeva a demolire il vecchio teatrino, i Timidi stabilirono che anche la nuova sala dovesse presentarsi a guisa di teatro: un teatro non più a gradinata come quelli rinascimentali, ma a palchetti cingenti la platea in due ordini sovrapposti, secondo il genere di struttura inventato nel Seicento e che ormai imperava. D’altronde, una sala così formata avrebbe consentito l’ammortamento della spesa di costruzione attraverso i proventi che sarebbero derivati dalla concessione dell’uso dei palchetti. E, certo allo scopo di stimolare le richieste in tale senso, fu prospettato dagli accademici un programma d’impiego della sala non limitato ad adunanze scientifiche, ma aperto anche a recite e a concerti. Così fissati gli intendimenti, è logico che per i disegni dell’ambiente desiderato e per la realizzazione di esso i Timidi si rivolgessero a un esperto di creazioni teatrali. Presero accordi, infatti, con un architetto che in quel campo godeva della massima rinomanza: un Galli Bibiena, Antonio, membro tra i più geniali della famosa casata emiliana che, nell’arco dell’età barocca, aveva generato un folto gruppo di artisti consacratisi ad ogni settore dell’architettura, ma soprattutto specializzati nell’ideare con stupefacente e inesauribile fantasia interni di teatri, scene per spettacoli, apparati per fastose pompe. Con vivacità prodigiosa, pari alle risorse dell’estro, i Galli Bibiena, detti anche i Bibiena senz’altro, avevano percorso quasi tutta l’Europa, dall’Italia all’Austria e alla Francia, dalla Spagna alla Boemia, dalla Germania all’Olanda e all’Inghilterra, dal Portogallo alla Russia e alla Svezia, servendo preminentemente le Corti e destando ovunque, 4 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 con le proprie opere, la più entusiastica ammirazione. Nell’anno anzidetto 1767 erano ancora viventi e operosi, oltre ad Antonio, altri due dei Bibiena architetti: il fratello Giovan Maria e il nipote Carlo Ignazio, dimoranti entrambi oltr’Alpe. Unico Antonio, dunque, rappresentava in Italia la gloriosa stirpe. Quando gli accademici mantovani gli affidarono l’incombenza di progettare e di eseguire la loro sala, egli era già settantenne, essendo nato a Parma nel 1697, ma l’età avanzata non aveva diminuito la vigorosa capacità inventiva, cui era unita un’energia fisica sorprendente. Circa la detta sala è da dire che essa, ancor prima di venire concretata, ricevette la qualificazione di teatro “scientifico”, in rapporto con la finalità precipua che i Timidi si proponevano di assegnarle... …La sala voluta dagli accademici doveva essere sì un teatro, però sui generis, destinato quale era a manifestazioni da godere più con l’udito e con l’intelletto, che non attraverso la visione di allestimenti spettacolari. Si trattava addirittura di rinunciare al palcoscenico, inteso secondo la spaziosa accezione divenuta consueta nell’età barocca, e di collocare invece in fondo all’ambiente una tribuna. Antonio recepì il senso della committenza mantovana e concepì il concludersi dello spazio con un ritorno alla scena fissa: però una scena fissa configurata, con insolita formula, come una sorta di loggiato praticabile, teso frontalmente a due piani, cioè come due corridoi costruiti uno sull’altro, il che venne a donare all’ambiente una singolare nota di circolarità, appena accennata nella mossa e sapiente sintassi della composizione architettonica generale. Il Bibiena adempì in soli due anni all’obbligo che nel 1767 aveva contratto coi Timidi: vi adempì anzitutto ideando lo speciale teatro che da lui si desiderava, poi dirigendone i lavori di fabbrica e infine, con abilità di pittore oltre che di architetto, affrescando personalmente gli interni de i numerosi palchetti con figurazioni monocrome, che sono pure esse documento prezioso dell’attività artistica dell’insigne maestro. Il 3 dicembre 1769 lo “scientifico”, finito di tutto punto, poteva essere inaugurato. La brillante soluzione data da Antonio al problema creativo postogli dagli accademici mantovani aveva generato non soltanto un gioiello squisito per gli equilibri fra movimento ed eleganza, ma anche un’opera da valutare come notevolissima nell’ampio quadro delle suddette sperimentazioni bibienesche e come una delle formulazioni architettoniche più significative del tardo Settecento europeo. Poco più di un mese dopo l’inaugurazione, il 16 gennaio 1770 il giovinetto Wolfgang Amadeus Mozart, appena quattordicenne, giunto a Mantova nel giro della sua prima tournée italiana, consacrava, per così dire, l’incipiente vita del leggiadro teatro “scientifico” dandovi insieme col padre, Leopold, un memorabile concerto. Il 26 gennaio Leopold Motart in una lettera inviata alla moglie parlava di quella serata e nel contempo descriveva lo “scientifico” con acuta percezione della realtà di esso: “Nella mia vita non ho mai visto nulla, nel suo genere, di più bello... Non si tratta propriamente di un teatro, bensì di una sala a palchetti, costruita sul tipo dei teatri d’opera. Ove dovrebbe trovarsi il palcoscenico sta una tribuna per chi suona; dietro di essa corre una galleria che somiglia a una serie di Palchetti ed è fruibile da parte degli spettatori”. Non poteva essere formulata una definizione più precisa. In Mantova il teatro accademico fu tra gli ultimi trionfi della fantasia barocca, prima del vittorioso sopraggiungere degli orientamenti neoclassici. Testo tratto da: Ercolano Marani, Il palazzo accademico di Mantova e teatro “scientifico” di Antonio Bibiena, in: Il teatro di Antonio Bibiena in Mantova e il Palazzo accademico, Mantova, E.M.M., 1979 28 gennaio Teatro Bibiena, ore 20.45 GINO PAOLI voce DANILO REA pianoforte “DUE COME NOI CHE…” il concerto è realizzato grazie a: 5 GINO PAOLI DANILO REA G D ino Paoli, uno dei cantautori che ha scritto alcune tra le più belle pagine della musica italiana è l’autore di “Senza fine”, “Sapore di sale”, “La gatta”. Originario di Monfalcone, è a Genova, dove si è trasferito da bambino, che Gino Paoli dopo aver fatto il facchino, il grafico pubblicitario e il pittore - debutta come cantante da balera, per poi formare una band musicale con gli amici Luigi Tenco e Bruno Lauzi. Quando la gloriosa casa discografica Ricordi, che aveva tenuto a battesimo Bellini e Donizetti, Verdi e Puccini, decise di estendere la propria attività alla musica leggera, scritturò questo cantante dalla strana voce miagolante, oggi riconosciuto come uno dei più grandi rappresentanti della musica leggera italiana degli anni sessanta e settanta. Ha scritto e interpretato brani quali “Il cielo in una stanza”, “La gatta”, “Senza fine”, “Sapore di sale”, “Una lunga storia d’amore”, “Quattro amici”; ha partecipato a numerose edizioni del Festival di Sanremo; ha collaborato con numerosi colleghi alla realizzazione di album e di singoli di successo; ha composto musiche per colonne sonore di film. 6 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 anilo Rea, riesce ad attirare l’attenzione degli ascoltatori soprattutto grazie alla grande versatilità e all’apertura musicale. Dopo gli studi di pianoforte classico al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e l’esperienza come musicista nel mondo del progressive rock, Danilo debutta nel mondo del jazz con il “Trio di Roma” nel 1975, raggiungendo la notorietà internazionale. Inoltre la sua musica è ricca di sorprendenti momenti di improvvisazione di grande lirismo che gli sono valsi l’accostamento al grande Keith Jarrett. Tuttavia, a differenza della star americana, Rea trae la propria ispirazione dalla tradizione musicale della sua terra di origine, dai classici e dal pop italiano, piuttosto che dal “Great American Songbook”. E quindi non sorprende che in Italia venga considerato come il grande poeta tra i musicisti di jazz e che sia diventato famoso suonando con molti cantautori e cantanti come Claudio Baglioni, Domenico Modugno, Gianni Morandi, Pino Daniele e Mina. note all’ascolto G ià compagni di avventura nel progetto “Un incontro in Jazz” di cui la Parco della Musica Records ha pubblicato l’album “Auditorium Recording Studio” (2011), Gino Paoli e Danilo Rea tornano con “Due come noi che…”, il nuovo disco pubblicato dalla Parco della Musica Records. “Due come noi che…” è un prezioso esempio di come due artisti assoluti possano interpretare in modo innovativo alcuni classici della storia della musica italiana. Solo piano e voce, solo Danilo e Gino, solo la loro capacità di inseguirsi, di smarcarsi e ritrovarsi su una strada che è quella delle canzoni più belle del nostro patrimonio. Le canzoni più amate di Gino, da “Averti addosso” a “Il cielo in una stanza”, da “Vivere ancora” a “Perduti” passando per “La gatta” e “Come si fa”, insieme a chicche dei cantautori genovesi, che per Gino sono gli amici di una vita: “Canzone dell’amore perduto” e “Bocca di rosa” (strumentale) di De André, “Il nostro concerto” di Umberto Bindi, “Vedrai Vedrai” di Tenco e “Se tu sapessi” di Bruno Lauzi. Nella track list anche “Non andare via” traduzione italiana della meravigliosa “Ne me quitte pas” che proprio Jacques Brel chiese di tradurre a Paoli e “Albergo a ore”, il commovente brano di Herbert Pagani. Con Due come noi che… Paoli e Rea stanno già collezionando un sold out dopo l’altro nei concerti dal vivo sui palcoscenici più prestigiosi in Italia e all’estero, incantando ed emozionando il pubblico ogni volta. Un successo che di certo non stupisce dato il duo d’eccezione: la voce e il carisma di Paoli, uno dei più grandi autori e interpreti della canzone italiana, affiancata da uno dei più lirici e creativi pianisti riconosciuti a livello internazionale come Danilo Rea. 7 MADONNA DELLA VITTORIA i luoghi storici L a chiesa fu edificata nel 1495 per volontà del marchese Francesco Gonzaga, che volle legare la costruzione dell’edificio alla vittoria da lui ottenuta sui francesi di Carlo VIII, al comando della Lega Veneziana, nella battaglia di Fornovo. Fu consacrata l’anno successivo. La responsabilità del progetto è da assegnare a Bernardino Ghisolfo, in quel periodo responsabile delle fabbriche gonzaghesche. La semplice facciata della chiesa, in stile tardo gotico, si affaccia sulla piazzetta di san Simone; presenta un fregio in terracotta che corre sotto il cornicione, sui lati visibili dell’edificio. L’apparato decorativo interno è rinascimentale, di ambito sicuramente mantegnesco: infatti una stretta relazione con le idee di Andrea Mantegna, con il suo gusto per l’antichità classica e per i marmi romani, è riscontrabile nell’effetto illusionistico della pittura che caratterizza l’intera navata della chiesa. La parete di fronte alla porta d’ingresso presenta ancora parti di una raffinata tappezzeria a finto cuoio cordovano ed è contro di essa che s’innalzava la pala mantegnesca della Madonna della Vittoria. La pala, commissionata da Francesco II ad Andrea Mantegna, fu iniziata nel 1495 e terminata nel 1496, proprio come la chiesa che l’avrebbe poi ospitata e con la stessa motivazione. La trionfale composizione è inserita in un pergolato lussureggiante di fiori, frutta, uccelli, pietre preziose, dal brillante effetto cromatico. La Madonna in trono col Bambino è raffigurata mentre benedice Francesco II, guerriero inginocchiato a chiedere protezione. Attorno personaggi sacri: San Michele, San Giorgio, Sant’Andrea, San Longino e, ai piedi della Vergine, Santa Elisabetta e San Giovannino. Sulla base marmorea del trono si legge l’intera sequenza raffigurante la creazione dell’uomo, il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre. Questa splendida pala, tempera su tela, di grandi dimensioni (cm. 280x166), requisita dai francesi nel 1797, è oggi conservata al museo del Louvre. Recentemente, su una felice intuizione del direttore del Museo Civico di Palazzo Te, Ugo Bazzotti, sono stati scoperti, intatti, nelle dodici vele delle volte della chiesa, affreschi raffiguranti immagini di santi e beati. La stupefacente scoperta delle volte non è visibile dalla navata della chiesa: un soffitto ottocentesco divide infatti l’aula inferiore dalla parte alta. In proposito resta acceso il dibattito tra sovrintendenti e studiosi sull’opportunità di rimuovere tale soffitto che, attualmente fa da pavimento agli spazi occupati dal soprastante asilo Strozzi Valenti Gonzaga. L’asilo trovò collocazione al piano superiore della chiesa dal 1899. Il piano inferiore, dopo varie utilizzazioni, fu sede, dal 1942 al 1986, prima di un’officina meccanica, poi del laboratorio di cromatura e nichelatura con bagni galvanici della ditta Staboli. Dal 2001 la Chiesa è stata affidata in concessione dal Comune di Mantova all’Associazione Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, che si è assunta l’onere del risanamento e del recupero dell’edificio e che, grazie anche ai contributi di numerosi sponsor e del Ministero dei Beni culturali (attraverso la Direzione Regionale per i Beni Ambientali e il Paesaggio della Lombardia e la Soprintendenza per i Beni Ambientali e il Paesaggistici di Brescia, Cremona, Mantova), hanno restituito alla città, dopo anni di lavori, lo straordinario monumento, inaugurato il 5 settembre 2006. 8 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Da questa data la chiesa, diventata museo di se stessa, è aperta al pubblico e, utilizzata per conferenze, convegni, concerti e mostre temporanee, svolge una funzione di riferimento artistico e di aggregazione per la città e il territorio. 4 febbraio Madonna della Vittoria, ore 20.45 VANESSA INNOCENTI flauto DANIELE ROCCHI clavicembalo RIBALTA GIOVANI “Bach e Oltre…” J. S. Bach Sonata in mi minore BWV 1034 Adagio ma non tanto Allegro Andante Allegro J. S. Bach Sonata in sol minore BWV 1020 Allegro Adagio Allegro J. S. Bach Sonata in mi bemolle maggiore BWV 1031 Allegro moderato Siciliana Allegro S. Gervasoni Phanes I e Phanes II J. S. Bach Sonata in si minore BWV 1030 Andante Largo e dolce Presto J. S. Bach Sonata in do maggiore BWV 1033 Andante Allegro Adagio Menuet I Menuet II ••• 9 VANESSA INNOCENTI N ata nel 1989, a soli 17 anni si diploma in Flauto Traverso con il massimo dei voti sotto la guida della prof.ssa Vanda Moraschini presso l’Istituto musicale “G. Donizetti” in Bergamo. Vincitrice di diverse borse di studio promosse dalla provincia di Bergamo, si è classificata al primo posto, primo assoluto e secondo posto in numerosi concorsi nazionali ed internazionali quali il “concorso strumentistico città di Giussano”, “Concours international Nerini” di Parigi, “Concorso Riviera della Versilia Daniele Ridolfi”, “Concorso di esecuzione musicale della Riviera Etrusca”, “European Competition for flute” presso Salonicco (Grecia) e Concorso “Crescendo” di Firenze, nel quale ha ottenuto il Premio speciale “Onerati” come migliore flautista del concorso, Concorso internazionale “Giovani musicisti” Treviso. Nel 2010 si è classificata al secondo e terzo posto nei concorsi nazionali per soli flautisti “Francesco Cilea”, e “Emanuele Krakamp”, considerati i più importanti concorsi nel mondo flautistico italiano; nel 2012 ha ottenuto il primo posto a Concorso internazionale per giovani interpreti “Città di Chieri”. Sin da giovanissima ha partecipato a diversi corsi di perfezionamento internazionali tenuti dal M° Raffaele Trevisani, R. Wilson dalla professoressa Daniela Pisano, dal M° Marco Zoni, dal M° Alfredo Persichilli, M° Mario Caroli, nonché dal M° Mario Ancillotti. Partecipa a numerosi concerti sia da solista che in musica da camera, è membro fisso del “Trio Beatrice”, formazione con cui si esibisce sul territorio nazionale e internazionale e che ha ottenuto il primo Assoluto e il Primo posto presso concorsi per musica da camera, tra cui “Concorso primavera Cameristica” a Lugano, “Concorso nuovi Orizzonti” a Firenze e Concorso “Rovere d’oro”. Si è esibita con l’ensamble Europavoce di Parigi e ha fatto parte dell’ “Orchestra italiana di flauti” diretta dal M° Alzek Misheff, suonando alla biennale di Venezia. In qualità di solista ha suonato per il Festival itinerante dei giovani talenti promossa dall’ associazione “Musica Rara”. Ha collaborato con l’orchestra stabile di Bergamo. È stata scelta come esecutrice della Sonata per flauto e pianoforte composta dal M° Giancarlo Aquilanti (docente di composizione presso l’università di Stanford, in California). 10 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Appassionata di musica contemporanea, ha registrato per la tv e la radio Svizzera un’opera del M° Quadranti, diretta dal M° Mario Ancillotti. Il M° Stefano Gervasoni le ha dedicato due brani per flauto solo intitolati “Phanes I” e “Phanes II”. Nel 2010 ha conseguito con la lode il “Master of arts in music Performance” e nel 2012 ha conseguito, sempre con lode il “Masrer of Arts in Specializrd music Performance”. Presso il Conservatorio della Svizzera Italiana ha suonato in importanti manifestazioni musicali diretta da maestri quali G. Bernasconi, V. Ashkenazy, Tamayo, Lombard e Vedernikov. Nel novembre di quest’anno si è laureata in lettere col massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi su Edgar Varèse. DANIELE ROCCHI note all’ascolto H Bach: Sonate per flauto e cembalo a studiato organo e composizione organistica presso l’I.M.P. “Gaetano Donizetti” di Bergamo sotto la guida di Matteo Messori e si è diplomato in clavicembalo presso il Conservatorio “Evaristo Felice Dall’Abaco” di Verona con Marco Vincenzi, con cui ha concluso il biennio di specializzazione. Nel 2010 ha vinto una borsa di studio Erasmus con cui ha studiato presso la Hochschüle für Musik “Franz Liszt” di Weimar nella classe di clavicembalo di Bernhard Klapprott. Collabora con Matteo Messori come assistente, continuista e nella realizzazione di incisioni discografiche. Ha seguito corsi di perfezionamento con Ana Mafalda Castro, Francesco Baroni e Stefano De Micheli, Liuwe Tamminga, Rinaldo Alessandrini e Ottavio Dantone. Si è esibito come solista all’organo partecipando nel 2008 alla rassegna “Echi d’organo” di Gandino (BG) e nel 2009 alla Rassegna organistica della provincia di Bergamo; nel 2010 ha inaugurato la rassegna “Vespri d’organo” presso la basilica di san Martino a Bologna. Ha partecipato a progetti in qualità di continuista: tra gli altri con il gruppo “Cappella Augustana” (Castello Svevo di Bari-2007), “Musica Ritrovata” (Sala teologica del Santo a Padova-2008); è risultato finalista al concorso “Premio delle Arti-edizione 2010”, vincitore di una borsa di studio per la partecipazione al progetto “Laboratorio di orchestra barocca - Villa Contarini” edizione 2011 (sotto la direzione di Alfredo Bernardini). Dal 2009 collabora con il gruppo “Il Gene Barocco” con cui si è esibito in numerose manifestazioni in Italia (fra gli altri Festival “Monteverdi-Vivaldi” edizione 2012 a Venezia) e all’estero (Festival “Via Julia Augusta” Kötschach -Austria e festival “Oude Muziek” edizione 2011 Utrecht - Olanda). S correndo la produzione strumentale di Sebastian Bach ed osservando il suo confrontarsi con generi e forme sempre differenti, v’è da credere che egli pensasse innanzitutto a misurarsi con se stesso. Particolarmente congeniale all’approfondimento delle espressioni profane fu la corte di Köthen (o meglio Cöthen, qual’era il nome di questa piccola capitale del Principato omonimo, al tempo del servizio bachiano) tra il 1717 ed il 1723. In quella manciata d’anni nacquero infatti alcuni dei suoi più celebri lavori: molte opere per tastiera, i Concerti Brandeburghesi, le Sonate e Partite per violino, le Suites per violoncello e poi le Sonate per violino e clavicembalo, quelle per viola da gamba e tastiera e per lo meno le tre Sonate per flauto e cembalo BWV 1030-1031-1032 («che cacciano nel museo tutte le precedenti opere per flauto e basso numerato», ha osservato Piero Buscaroli), laddove la tastiera non è più solo un supporto armonico allo strumento a fiato o ad arco, ma un autentico e dialogante partner alla pari. Cöthen nel secondo decennio del Settecento era una corte che amministrava la vita di poche migliaia di abitanti, ed era retta dal giovanissimo, poco più che ventenne, principe Leopold, la cui passione per la musica poteva dirsi pari al suo talento. Talento indubbiamente non comune, tanto da permettergli di suonare con simile perizia il violino, la viola da gamba e il cembalo. Al suo servizio stava un organico orchestrale di nemmeno due decine di strumentisti, a governare il quale si poneva, in quel 1717, il trentaduenne Bach, reduce da un doppio incarico come organista di corte, prima, e Concertmeister, poi, alla corte del duca di Weimar, dove la musica per la chiesa aveva rappresentato l’interesse prevalente. La bravura dei musicisti di Cöthen, unita alla libertà d’azione che il compositore tedesco poté esercitare, si mostrarono elementi decisivi per l’apparizione delle opere più sopra rammentate: prodigi di una sperimentazione possibile, aderente alle opportunità presenti in quel luogo specifico. La produzione ed il favore di Bach per il flauto si manifestarono in sette Sonate che possono dividersi in due gruppi: uno formato da quattro numeri (BWV 1020, 1030, 1031, 1032) in cui la tastiera sviluppa, su un piano formale di tre movimenti, una scrittura concertante, evoluta e tematicamente intrecciata 11 con lo strumento a fiato; ed un secondo gruppo di tre numeri (BWV 1033, 1034, 1035) nei quali i movimenti divengono quattro e dove la scrittura più semplice per lo strumento a tastiera è affidata all’inventiva dell’esecutore, sulla traccia di un basso cifrato. Sebbene vi siano dubbi sull’autenticità di tutte le Sonate (almeno due sono state attribuite a Bach dal figlio Carl Philipp Emanuel) la fattura di ognuna di esse appare sciolta, misurata e comunicativa, con qualità di chiarezza e luminosa espressività di cui l’ascolto si giova. In ogni caso le Sonate testimoniano le potenzialità di uno strumento che godrà poi di grandi favori come il flauto traverso, probabilmente scoperto da Bach alla corte di Dresda poco prima dell’approdo a Cöthen. Anche in questo caso, come in altri riscontrabili nella storia bachiana, si crede che la conoscenza di esecutori d’eccezionali qualità, come Johann Heinrich Freytag, dipendente del principe Leopold, o di Pierre Gabriel Buffardin, primo flauto dell’orchestra di Dresda, abbia avuto influenza determinante sull’invenzione di questi lavori, in cui spunti caratteristici ed idee memorabili si sposano con la coerenza intelligente, sigla inconfondibile del genio di Eisenach. alla fragilità tenace del rumore impalpabile del loro battere d’ali questa composizione fa appello», ha scritto l’autore). Insomma, un incrocio di suggestioni prende vita in questo dittico, che presenta una prima sezione dalla scrittura rapida, dinamicamente sbalzata, terminante, acquietandosi, in “pianissimo”; ed una seconda dall’andamento inizialmente più regolare ma poi sfociante in un frastagliato disegno dal virtuosismo crescente, ma infine di nuovo sovrastato da suoni sussurrati e dal silenzio. Di questo lavoro Stefano Gervasoni ha voluto sottolineare l’impegno sul tema del “lirismo inespressivo”, «ricerca che è cuore delle mie preoccupazioni estetiche di questi ultimi anni». L’assunto di partenza è la convinzione che la forza espressiva di una composizione artistica risulta magnificata dalla volontà profonda del suo creatore quando questi consapevolmente si oppone al desiderio di manifestarla in maniera diretta. (…) Dare voce musicale alle proprie idee significa svestirle della musica superficiale (…) e svelare il fascino del mistero inspiegabile che le cose che l’uomo ha da dire contengono». Andrea Zaniboni Gervasoni: Phanes T erritorio inesplorato, inquietante e persino inospitale - come è stato scritto recentemente dal pianista Aldo Orvieto - la musica di Stefano Gervasoni, compositore bergamasco classe 1962, s’è guadagnato uno spazio considerevole nel mondo dell’avanguardia artistica, tra commissioni prestigiose, un Premio Abbiati della critica ed una carriera realmente internazionale, riconoscibile anche nella docenza ottenuta al Conservatorio di Parigi. Phanes, per flauto solo, nacque inizialmente con la sezione che oggi si intende come I, e solo successivamente fu prolungato con la II. L’edizione a stampa (Suvini-Zerboni) riporta la data di conclusione dell’opera, 25 agosto 2010, così come la dedica a Vanessa Innocenti che ne è stata prima interprete (al Domaine de Kerguéhennec, centro bretone d’arte contemporanea) ma anche ispiratrice del titolo, nel quale si congiungono foneticamente frammenti dei nomi Stefano (Gervasoni) e Vanessa (Innocenti). Ma il titolo non è solo questo, perché Phanes evoca la divinità mistica della procreazione, la luce della nuova vita, quanto la grande farfalla multicolore Vanessa atalanta, capace di grandi viaggi migratori («Al mistero della vita delle farfalle, 12 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 11 febbraio Auditorium Monteverdi, ore 20.45 TRIO DIAGHILEV MARIO TOTARO e DANIELA FERRATI pianoforte IVAN GAMBINI percussioni il concerto è realizzato grazie a: L. Bernstein: West Side Story Suite The rumble Prologue Meeting Scene Tonight Mambo Cha-cha One hand, one heart Cool Scherzo Somewhere Finale Fondazione Comunità Mantovana onlus con la partecipazione di: ••• I. Stravinskij: La Sagra della Primavera Quadri della Russia Pagana I Parte: L’adorazione della terra II Parte: Il sacrificio Rotaract Mantova 13 TRIO DIAGHILEV MARIO TOTARO, pianoforte DANIELA FERRATI, pianoforte IVAN GAMBINI, percussioni I Così si può leggere nelle critiche del Suddeutsche Zeitung di Monaco. La bravura strumentale dei tre musicisti, il virtuosismo dei pianisti, l’imponente presenza delle percussioni, il gusto raffinato, la rispettosa spregiudicatezza unita al piacere dell’invenzione e della creatività e la grande tensione emotiva offerta dall’insieme, trasformano i concerti del Trio Diaghilev in serate travolgenti e innovative. “…Con un audace spirito di ricerca, un’effervescente musicalità e sempre vigile intelligenza interpretativa, il Trio propone serate spettacolari e culturalmente rigenerative…”. Il repertorio del Trio Diaghilev, è costituito da alcuni fra i maggiori capolavori musicali del ‘900 storico (Bartók, Stravinskij, Milhaud, Satie, Holst, Ravel, Bernstein, Gershwin, Weill) e da opere originali composte espressamente per questa formazione. l Trio Diaghilev “… offre continui colpi di scena, fino a trasformare un semplice concerto in un vero e proprio spettacolo, proponendo effetti infinitamente più audaci rispetto alle versioni orchestrali…”; “…impressionante il modo in cui il Trio riusciva a creare suoni sinfonici e impressionante la dinamicità dei due pianoforti e delle percussioni …”. Il gruppo, inizialmente selezionato “per meriti eccezionali” da Piero Rattalino e Roberto Hazon per la Gioventù Musicale Italiana, ha sempre riscosso durante una ormai lunga e densa attività concertistica, ampi ed entusiasti consensi di pubblico e di critica, partecipando ad importanti manifestazioni (Musica 2000-Cidim-Roma, Rossini Opera Festival-Pesaro, Autunno Musicale-Como, Sagra Musicale Malatestiana-Rimini, I Concerti dell’Ateneo-Roma, Associazione Scarlatti-Napoli, Gioventù Musicale Italiana-Milano, Ente Concerti-Pesaro, Internazionale Meister Konzerte-Iffeldorf-Monaco, Amici della Musica-Ancona, Teatro Moore-Seattle, Benaroya Hall-Seattle, Rialto Theater-Tacoma, Futuroma nella serata inaugurale delle celebrazioni del centenario del movimento futurista-Palazzo Wedekind-Roma, XLuna per i festeggiamenti del quarantesimo anniversario dello sbarco sulla luna-Planetarium-Roma), collaborando con la Compagnia Italiana Balletto diretta da Carla Fracci e Beppe Menegatti, il Balletto Teatro di Torino diretto da Matteo Levaggi e la Spectrum Dance Theatre di Seattle (USA) diretta da Donald Byrd. In più occasioni, hanno partecipato in diretta alle trasmissioni radiofoniche negli Studi di “Radiotre Suite” di Roma e dal “Salone del Lingotto” di Torino per Radio RAI. Hanno inciso Le sacre du printemps, Petrushka di I.Stravinsky, e Der Wunderbare Mandarin di B.Bartòk per l’etichetta discografica Taukay Edizioni Musicali di Udine distribuita in tutto il mondo dall’Eroica Classical Recordings. 14 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 note all’ascolto Leonard Bernstein (Arr. Totaro) - West Side Story Suite di più dissonanti e lontani dagli stereotipi di Broadway che si possano immaginare. D Scrisse, inoltre, parti vocali assai difficili ed accrebbe considerevolmente l’orchestra. Con tali premesse, era difficile immaginare che l’opera avrebbe potuto essere realizzata e, per parecchi mesi, la lavorazione dello spettacolo fu funestata da innumerevoli controversie fra gli autori e i produttori del musical. A dispetto di tutto ciò, West Side Story fu un grande trionfo e, caso raro all’interno di un genere che teme il tempo, è tuttora uno degli spettacoli più amati ed apprezzati dai pubblici di tutto il mondo. “Ci cercò persino la Columbia Records, che in principio non aveva voluto investire neanche un dollaro in uno spettacolo che, secondo loro, sarebbe morto nel giro di una settimana! In realtà, questo spettacolo ha poi salvato dal fallimento proprio la Columbia Records!”. Qual è il segreto? Senza dubbio la genialità dell’autore, che qui riesce ad unire sperimentazione, grande potenza espressiva e gusto pressoché infallibile. evo subito dire che non sono d’accordo con coloro che considerano Leonard Bernstein un mediocre compositore: quest’artista straordinario, dalla personalità complessa, era infatti capace di scrivere opere geniali costruite in modo assai rigoroso. Forse una delle ragioni di un certo “snobismo”, da parte della critica “ufficiale”, nei confronti del Bernstein compositore, è quella che si ricollega al suo personale ideale estetico che gli rendeva impossibile staccarsi del tutto dal linguaggio tonale. Si trattava di una presa di posizione molto precisa che a molti sembra tuttora semplicistica e superficiale: “...Per me la tonalità della musica è la sua stessa natura. Si può e si deve riammodernare il linguaggio della musica, ma non si può per questo negare la musica stessa. Negare la tonalità sarebbe come negare l’essenza dell’uomo, i suoi principi ed i suoi sentimenti essenziali.” Tralasciando le polemiche, occorre dire che questa presa di posizione del musicista americano, se da un lato non gli ha impedito di svolgere comunque, come interprete, una grande opera di divulgazione del repertorio musicale del Novecento (e non solo di quello legato alla tonalità), dall’altro gli ha permesso di dedicarsi unicamente ai generi che gli erano più congeniali (tra i quali spicca il musical), regalandoci pagine di indiscutibile maestria e memorabili per la loro freschezza inventiva e la forte intensità espressiva e comunicativa. West Side Story, forse la sua opera migliore (certamente la più popolare), composta verso la metà degli anni ‘50, è appunto un musical, che presenta non poche singolarità. Occorre tenere presente che, a quell’epoca, scrivere per Broadway una commedia musicale (ambientata nel West Side di New York) su un soggetto tragico, liberamente tratto da Shakespeare (Romeo e Giulietta), che affrontasse da vicino il problema razziale e che prevedesse due omicidi in scena rappresentava una vera e propria scommessa. Come non bastasse, Bernstein lavorò utilizzando tecniche di elaborazione motivica derivate direttamente dallo studio dei “classici” e decise di usare, come cellula generatrice dell’opera, un gruppo di tre note che, insieme, formano uno degli accor- La Suite che ho ricavato dall’opera, del tutto differente da quella preparata dello stesso Bernstein, segue il più possibile l’andamento del dramma: dal Prologo, dove si affrontano le due bande rivali (corrispondenti ai Capuleti e Montecchi del dramma shakespeariano, qui newyorkesi e portoricani), all’incontro dei due protagonisti (Tony e Maria), a tutte le loro vicissitudini ed allo sviluppo del dramma. Danze vivaci e colorite si alternano a momenti d’intimismo. La piacevolezza dell’insieme potrebbe, però, farci dimenticare che si tratta di un vero dramma. Ecco, dunque, il Finale tragico: esso dipinge un corteo funebre che si allontana mestamente e la Suite si chiude, in pianissimo, con un ultimo agghiacciante colpo di timpano. Mario Totaro 15 The rite of spring U na volta Robert Craft chiese a Stravinskij cosa egli avesse amato di più in Russia ed egli rispose: “La violenta primavera russa, che sembra iniziare in un’ora ed è come se la terra intera si spezzasse. Quello è stato l’avvenimento più straordinario di ogni anno della mia infanzia”. Chi non ha vissuto abbastanza a lungo in Russia riesce difficilmente a comprendere questa concezione della primavera come fenomeno magico, come ritorno alla vita. È il mito del rinnovamento della natura dopo il sonno invernale, della vittoria del sole dispensatore di vita sulla rigidità della morte. Alla base della creazione del “Sacre du printemps” sta proprio questa potente immagine, unitamente a una visione che Stravinskij afferma di aver avuto, inaspettatamente, durante la primavera del 1910: “Vidi con la mia immaginazione un solenne rito pagano: vecchi saggi, seduti in circolo, osservavano una giovane danzare fino alla morte. La sacrificavano per propiziarsi il dio della primavera”. Stravinskij era convinto di aver rivelato, in questo caso, una realtà virtuale che esisteva al di fuori di lui e che gli si era offerta naturalmente, come in un sogno. Altri sogni, altre visioni sono alla base delle concezioni di numerosi suoi lavori. Riferendosi in particolare al “Sacre”, egli disse: “I am the vessel through which Le Sacre passed”, letteralmente “sono il vaso, recipiente (ma anche nave, vascello) attraverso il quale passò il Sacre”. Questa concezione del genio che non inventa ma svela verità superiori ricevute come doni è un concetto romantico che non ci aspetteremmo da Stravinskij. Eppure sono sue queste parole: “Al tempo del Sacre non sapevo niente della tradizione accademica ma sapevo come dovevo scrivere il Sacre”. E c’è di più: “Non fui guidato da alcun sistema mentre componevo il Sacre. Quando penso alla musica degli altri compositori di quel tempo (…Berg … e Webern, ad esempio), questa mi sembra assai più teoretica del Sacre. Questi compositori appartenevano ad una grande tradizione ed erano sorretti da essa. Dietro al Sacre non esiste, invece, né tradizione né teoria. Avevo solo il mio orecchio ad aiutarmi. Ascoltai e scrissi ciò che avevo ascoltato”. Altrove leggiamo: “Debbo dire che nella mia arte io seguo una logica istintiva e ne formulo la teoria ex post facto”. 16 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 In effetti, la sua nota abitudine di lavorare sempre al pianoforte, in una totale aderenza alla realtà del suono, avvalora l’ipotesi di uno Stravinskij compositore empirico e rivelatore di una scienza infusa. Ho molto insistito su questo aspetto perché più di un critico presente alla prima esecuzione del “Sacre” parlò di “forze primordiali incontrollate”. Secondo Guido Salvetti, “la musica cessa qui di essere confessione dell’animo dell’autore per divenire scatenamento di forze che in fondo non gli appartengono”. Che si creda o no all’interpretazione romantica del genio, è innegabile che Stravinskij inauguri, col “Sacre”, mondi sonori totalmente nuovi ed insospettabili. Nel 1913 Schoenberg aveva da un pezzo abbandonato la tonalità (il “Pierrot Lunaire” è contemporaneo di “Petrushka” e del “Sacre”), mentre Stravinskij si sarebbe accinto, di lì a poco, a “restaurarla” con i suoi lavori neoclassici. Eppure la concezione adorniana di uno Schoenberg rivoluzionario e di uno Stravinskij conservatore è stata da tempo confutata (Boulez scriverà, nel 1951: “Schoenberg è morto; Stravinskij rimane”). Se i metodi di lavoro di Schoenberg, infatti, derivano direttamente da quella tradizione della quale egli si riteneva uno degli ultimi anelli, Stravinskij utilizza, nel “Sacre”, modi realmente inediti di organizzazione del materiale sonoro, tali da non aver esaurito forse nemmeno oggi il loro potenziale di novità. Questa opera-chiave senza precedenti, da qualunque punto di vista la si esamini (armonico, ritmico, timbrico-strumentale, formale…), occupa una posizione isolata nella sua unicità. È vero che alcuni aspetti di essa sono ancora basati sulla vecchia organizzazione; ma sappiamo che la cosiddetta musica nuova nascerà solo grazie alla convergenza di due esperienze: quella della Scuola di Vienna da una parte e dello Stravinskij del “Sacre” dall’altra. A differenza di “Petrishka”, nel “Sacre” non abbiamo né soggetto drammatico, né azione continuativa, né personaggi. Così, mentre la musica di “Petrushka” fu scritta su un programma, qui fu il programma (imposto oltre tutto dal coreografo) ad esser determinato dalla musica. Disse a tal proposito Stravinskij: “Ho scritto un brano architettonico, non aneddotico”. Si tratta, dunque, di una musica più pura della maggior parte delle opere ballettistiche, e difatti il lavoro ha da sempre riscosso più consensi nelle sale da concerto che sui palcoscenici. Del resto, qualunque “messa in scena” è sembrata sempre inevitabilmente soccombere alla complessità ed alla ricchezza della partitura. Se a livello compositivo si può parlare di sviluppo, approfondimento e radicalizzazione di alcuni aspetti già embrionalmente presenti in “Petrushka” (soprattutto dal punto di vista metrico-ritmico), a livello espressivo fra i due lavori si apre un solco incolmabile: ironia e festosità, infatti, sono qui totalmente assenti, mentre si può parlare di immaginazione delirante, di colore “tropicale”, di fuoco inestinguibile, di torbida sensualità. Un critico presente alla “prima” disse: “Non si era mai ascoltata musica così brutale, selvaggia, aggressiva ed apparentemente caotica; essa investiva il pubblico come un uragano…” “Nel Sacre non c’è più spazio né per l’ordine, né per il piacevole, né per il sentimentale”, scrive Salvetti, e Boulez rincara la dose: “Con il Sacre può dirsi definitivamente morto e sepolto il concetto di bello dell’epoca classico-romantica”. Sembra, in effetti, che Stravinskij abbia deliberatamente ricercato qui le dissonanze più crude e le più asimmetriche combinazioni ritmiche. In realtà, sta proprio qui la vera grandezza del “Sacre”: per risalire oltre la civiltà dell’uomo, Stravinskij sentì il bisogno di distruggere l’ordine delle forme tradizionali. Fu proprio grazie a questa radicalità che “la pietra angolare della musica moderna” (Boulez) segnò l’inizio di una nuova era, agendo in profondità sulla coscienza critico-estetica novecentesca. Si pensi al nuovissimo impiego della pulsione ritmica, messo magnificamente in luce proprio da Boulez: vi sono episodi (come la “Danza degli Adolescenti”), dove le funzioni armoniche e il melos sono sospesi e tutto ciò che resta è la reiterazione ossessiva di un accordo, secondo uno schema ritmico del tutto imprevedibile. Ancor più notevoli sono, a mio avviso, le zone dove i blocchi sonori si susseguono senza alcuna potenzialità discorsiva. In questi casi le ripetizioni di motivi dal fraseggio corto, irregolare, sembrano sospendere la vettorialità temporale e le più spregiudicate dissonanze sorgono proprio dallo scontro di linee orizzontali fra loro non comunicanti. Paradossalmente, la discorsività del “Sacre” risiede nella sua non-discorsività: gran parte del suo fascino deriva proprio dalla mancanza di variazioni e di sviluppi del materiale e dalla conseguente ossessività ritmica e motivica. Inutile dire che non vi è nulla di meccanico in questi ritmi insistenti ed ostinati: il tumulto espressivo che nasce da essi si lega saldamente ad un melos straordinariamente coinvolgente, di origine popolare. Le analisi strutturali hanno messo in evidenza i calcoli che si celano dietro ai rapporti fra durate ed accenti; tuttavia, il gioco è condotto con un tale senso dell’asimmetria da entusiasmare per la sua apparente spontaneità. Furono queste qualità a far dire a Boulez: “Non vi fu mai… coalescenza più grande fra le risorse del linguaggio e la forza poetica, fra i mezzi di espressione e la volontà di espressione” Mario Totaro 17 Sofia Gelsomini, ospite di Società della Musica nella stagione 2012 18 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012 18 febbraio Madonna della Vittoria, ore 20.45 LUCA OBERTI clavicembalo RIBALTA GIOVANI “Bach e Oltre…” J. S. Bach Fantasia e fuga in la minore BWV 904 Toccata in do minore BWV 911 Concerto nach Italiänischen Gusto BWV 971 Allegro Andante Presto J. S. Bach Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992 Arioso. Le moine degli amici per impedire il viaggio. Rappresentazione dei diversi incidenti che potrebbero capitargli in terra straniera. Adagiosissimo. Lamento generale degli amici. Qui gli amici, vedendo che non è possibile dissuaderlo, si congedano. Aria di Postiglione. Fuga all’imitazione della posta. ••• C. Coppens Remembering Maeterlinck Partita in do minore BWV 826 Sinfonia Allemande Courante Sarabande Rondeau Capriccio 19 LUCA OBERTI “U n clavicembalista eccezionale: “uno dei musicisti più interessanti dell’ultima generazione di barocchisti” (Radio Classica, “Ultimo grido”). “Uno dei migliori talenti del cembalo in Europa” (Musica, Luca Ciammarughi). Vincitore nel 2012 della venticinquesima edizione della “Yamanashi Harpsichord Competition” (Giappone), l’attività concertistica di Luca Oberti comprende le principali sale europee (La Monnaie di Bruxelles, Théatre des Champs-Elysées di Parigi, Theater an der Wien, Abbaye Royale de Fontevraud, Konzerthaus di Berlino, Sala Verdi e Teatro dal Verme di Milano) e collaborazioni con i più importanti solisti ed ensembles specializzati nel repertorio barocco: Les Talens Lyriques, La Venexiana, Academia Montis Regalis, Christophe Rousset, Enrico Onofri, Amandine Beyer, Stefano Montanari, Roberto Gini, Veronique Gens, Anne Sophie von Otter, Lawrence Zazzo, Topi Lehtipuu, Jeremy Ovenden, Hilary Summers, ecc. Il suo repertorio spazia dai capisaldi del repertorio clavicembalistico (Frescobaldi, Bach, Couperin, Rameau, Scarlatti) al repertorio del Novecento, sia solistico che con orchestra, fino a opere contemporanee scritte negli ultimi anni. Appassionato studioso dei meccanismi di apprendimento, si dedica allo sviluppo di innovativi e più efficaci metodi di studio applicando, fra i primi, le tecniche di programmazione neurolinguistica alla musica. Nella convinzione che l’insegnamento sia parte fondamentale della crescita artistica di un musicista, Luca Oberti si dedica ad esso con passione, sia presso la Scuola Musicale di Milano e l’Accademia Santa Cecilia di Bergamo, dove insegna regolarmente, sia in occasione di masterclass e laboratori presso istituzioni europee ed extraeuropee, come l’Assumption University di Bangkok, dove tiene corsi di clavicembalo e laboratori di musica d’insieme. 20 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 La passione per la storia e per gli strumenti antichi sviluppa in Luca Oberti una curiosità che diventa poi scelta di vita grazie all’incontro con Emilia Fadini, con la quale scopre la ricchezza del mondo musicale antico, e con Christophe Rousset, che lo guida nella ricerca di un’estetica sonora personale. Fra i riconoscimenti si segnalano le vittorie al concorso organistico “M. Galanti” di Mondaino, ai concorsi di clavicembalo “G. Gambi” di Pesaro e “P. Berardi” di Bologna, il diploma di merito dell’Accademia Chigiana di Siena, e il Premio Nazionale delle Arti, assegnatogli dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca Italiano. note all’ascolto N el corso della sua vita Johann Sebastian Bach studia, approfondisce e rielabora tutte le forme musicali del suo tempo e del passato. Questo programma presenta i diversi stadi dell’evoluzione della scrittura bachiana, per arrivare alla piena rielaborazione dei modelli e degli stili nazionali in un linguaggio inconfondibilmente personale. La Fantasia e fuga in la minore BWV 904, opera della maturità, ci pone di fronte a una situazione abbastanza ricorrente nella produzione bachiana: l’accostamento in dittico di due brani scritti in anni e in stili differenti. La severa ma malinconica Fantasia si presenta come un ampio affresco di ispirazione contrappuntistica, simile ai modelli frescobaldiani “di durezze e legature”, mentre la complessa fuga in stile più strumentale ci sorprende per l’introduzione, oltre la metà, di un nuovo soggetto cromatico, che porta la composizione a chiudersi in vere e proprie spirali armoniche. Con la giovanile Toccata in do minore BWV 911 ci addentriamo invece nello Stylus Phantasticus, la cui matrice frescobaldiana viene filtrata dalle innovazioni degli organisti del Nord Europa, Buxtehude e Böhm in primis. Ad un vigoroso exordium toccatistico segue un adagio dalla solida struttura imitativa per giungere, dopo un’altra sezione in stile toccatistico-improvvisativo, alla monumentale fuga. E proprio nella lunga fuga si insinuano, dapprima in modo discreto e poi sempre più evidente, delle sezioni in stile di nuovo toccatistico-virtuosistico, fino a disgregare la fuga stessa in un finale inaspettato. Con il Concerto nel gusto italiano BWV 971 ascoltiamo, in tutta la sua maturità, l’opera di assimilazione bachiana degli stili nazionali. Dopo aver trascritto anni addietro numerosi concerti di Vivaldi, Marcello e altri, Bach è perfettamente in grado di scrivere un concerto in stile italiano, superandone il modello stesso per arricchirlo della propria impronta stilistica. Si giunge quindi ad un Concerto notevolmente più complesso di quello che avrebbe scritto un compositore italiano dell’epoca, ma nel quale sono mantenuti i capisaldi formali e stilistici. Un brillante primo tempo con le chiare alternanze di solo e tutti (indicate da Bach stesso con “piano” e “forte”) lascia presto spazio a un ampio adagio in cui la melodia, riccamente ornata come nella migliore tradizione violinistica italiana, si dipana su un vivaldiano basso staccato dall’andamento ipnotico. A concludere un virtuosistico Presto di nuovo caratterizzato dal dialogo solo-tutti. 22 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Il compositore e pianista belga Claude Coppens (1936) scrive Remembering Maeterlinck nel 2012, su commissione del Festival di Musica Antica di Bruges. Il brano è dedicato al premio Nobel per la letteratura Maurice Materlinck (1862-1949) nell’occasione del 250° anniversario di nascita. Autore, fra i tanti, di Pélleas et Mélisande, è proprio a questa opera che Coppens trae più di altre ispirazione, costellando il testo musicale di precisi riferimenti letterari pur negando ogni programmaticità in favore di un sottile e ricercato simbolismo. Il brano, di grande complessità metrica, è una sorta di struttura isocrona, dove nonostante gli innumerevoli e complessi incastri ritmici, una pulsazione quasi fisiologica fa da collante delle varie sezioni. Nel panorama della musica contemporanea per clavicembalo il brano di Coppens mostra una profonda conoscenza dello strumento, che, grazie anche alla minuziosa accuratezza della notazione, permette di esplorare nuove combinazioni sonore, perfetta espressione di una scrittura assolutamente simbolista. Il Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992 è una delle più interessanti opere giovanili di Bach. Scritta all’età di circa 19 anni, quando il fratello Johann Jacob si trasferì alla corte di Carlo II di Svezia, è una vera composizione programmatica, dove l’intento espressivo delle singole sezioni è annotato da precise descrizioni. Il linguaggio retorico dell’epoca è qui presentato con un ampio vocabolario: il basso cromatico ostinato del lamento, le dure modulazioni degli “incidenti in terra straniera”, i frivoli ornamenti delle “moine degli amici”, piuttosto che l’imitazione onomatopeica del corno di postiglione, sono solo i più evidenti degli innumerevoli mezzi dispiegati dal giovane Bach per massimizzare l’attinenza testo-musica. Con la Partita in do minore BWV 826 torniamo alle grandi opere della maturità bachiana: le sei Partite in particolare, raggiungono il vertice della scrittura tastieristica bachiana. Le matrici degli stili nazionali italiano, francese e tedesco, pur restando riconoscibili, sono ormai perfettamente fuse e rielaborate nell’originale e unico stile del compositore. Il contenuto emotivo di questa partita in do minore, già dal primo movimento, apre l’orizzonte a una nuova sensibilità. Si fa strada un sentimento che emerge in alcune delle ultime opere di Bach: l’inquietudine. Quella stessa inquietudine che anticipa la drammaticità romantica e che va a tendere un braccio a Beethoven. Luca Oberti 4 marzo Chiostro di San Barnaba, ore 20.45 DORINA FRATI mandolino PIERA DADOMO chitarra ALTRI SUONI G. G. Boni Sonata IX Allegro Adagio Allegro A. Vivaldi Concerto in re maggiore, RV 93 Allegro Adagio Allegro A. Riggieri Tema con variazioni “La Fustenberg” per mandolino solo il concerto è realizzato grazie a: M. M. Ponce Sonatina Meridional per chitarra sola abacogroup.eu R. Calace Notturno op. 186 per mandolino solo N. Paganini Sonata concertata Allegro spiritoso Adagio Rondò J. S. Bach Concerto Italiano BWV 971 Allegro Andante Presto ••• 23 PIERA DADOMO DORINA FRATI S C Ha pubblicato un cd per la MAP di Milano, dedicato integralmente alle opere del compositore messicano Manuel M. Ponce (“Disco del mese” per la rivista “Seicorde”); per Dynamic ha realizzato un cd di musica da camera con Dorina Frati, dedicato a J. S. Bach, con trascrizioni per mandolino e chitarra curate dal duo. Con quest’ultima ha inciso “Das lied von der erde” di Gustav Mahler diretta dal M° Lorin Maazel. Il lungo sodalizio con i Solisti Veneti diretti da C. Scimone le ha consentito di esibirsi nelle sale più importanti del mondo, partecipando a numerose tournée e festivals. È primo mandolino dell’Orchestra del Teatro alla Scala e della Filarmonica della Scala, con cui collabora dal 1987. È stata diretta da Carlos Kleiber, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti, Daniel Barenboim, Antonio Pappano, Lorin Maazel, Giuseppe Sinopoli, Zubin Mehta, D. Gatti, Riccardo Chailly. Ha inciso per Sony, Emi, Decca ed Erato; con Dynamic si è dedicata negli ultimi anni alla riscoperta di un interessante ed inedito repertorio per mandolino. i è formata alla scuola chitarristica di Angelo Gilardino, dapprima con due suoi ex-allievi bresciani, Roberto Ferraresi e Marco de Santi, poi con Gilardino stesso. A vent’anni ha vinto il Concorso Internazionale di Lagonegro, dedicato al repertorio del Novecento; l’anno successivo, si è diplomata con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Cuneo; nel 1995 ha concluso con valutazione di eccellenza il triennio di perfezionamento tenuto dal M° Gilardino presso l’ Accademia “L. Perosi” di Biella. Diverse le figure di musicisti che hanno ulteriormente contribuito alla sua crescita artistica: tra i chitarristi, Tilman Hoppstock, in particolare per quanto concerne il repertorio barocco, e Dusan Bogdanovic. Come solista o in formazione da camera - in duo con la mandolinista Dorina Frati o con il chitarrista Vincenzo Torricella - ha tenuto concerti presso Festival Chitarristici Internazionali e prestigiose Associazioni musicali in Europa e Giappone. Nel 2008 la rivista “Seicorde” ha pubblicato come cd allegato una sua registrazione dedicata al repertorio romantico. Svolge un’intensa attività didattica, quest’anno anche presso il Liceo Musicale di Mantova, e collabora regolarmente alla Masterclass estiva organizzata all’interno del Festival Chitarristico di Castell’Arquato (PC). onsiderata fra i più grandi virtuosi del panorama mandolinistico internazionale, ha compiuto gli studi musicali con il M° Giuseppe Anedda diplomandosi, prima in Italia, presso il Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova. L’intensa attività concertistica, la vede impegnata sia in formazioni cameristiche sia con le più prestigiose orchestre sinfoniche italiane: Filarmonica della Scala e Accademia di Santa Cecilia. Invitata dal M° Riccardo Muti, è stata ospite dei Wiener Philarmoniker e della Bayerischer Rundfunk Simphonieorchester di Monaco. Nel 1981 ha fondato l’Orchestra a plettro del Centro Musicale del Villaggio Sereno di Brescia, che tuttora dirige e con la quale ha ottenuto importanti riconoscimenti in Europa e Giappone. È stata interprete di diverse prime esecuzioni assolute, tra cui ricordiamo il Concerto per mandolino, chitarra e Orchestra da Camera “Fiori di Novembre” di Angelo Gilardino ed il brano per tre Attori recitanti e Orchestra a Plettro “L’Isola dell’Amore” del compositore svizzero Francesco Hoch, quest’ultimo a lei dedicato. È docente di Mandolino presso il Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova e tiene masterclass e seminari di interpretazione per enti e associazioni musicali. note all’ascolto L a prima parte del programma, interamente dedicata al periodo barocco, offre diversi esempi di composizioni tutte dedicate agli strumenti a pizzico in voga all’epoca: mandolino, liuto e clavicembalo. La Sonata IX del compositore bolognese Giuseppe Gaetano Boni, con cui si apre il programma, fa parte di una raccolta di 12 sonate, intitolata “Divertimenti per camera a violino, violone, cimbalo, flauto e mandola, op. II”, pubblicata a Roma presumibilmente nel 1720: si tratta di una composizione articolata in tre brevi movimenti, nella cui fresca inventiva melodica si può ravvisare l’influenza di Arcangelo Corelli. Tra i numerosi concerti che Antonio Vivaldi scrisse per strumenti solisti e orchestra, quello per liuto in Re maggiore RV93 è senz’altro tra i più celebri: suddiviso nei canonici tre movimenti Allegro-Largo-Allegro, è stato da noi trascritto in modo che parte orchestrale e parte solistica vengano affidate in modo alternato ai nostri due strumenti, privilegiando l’aspetto della ricchezza timbrica, tanto cara a Vivaldi. Le dieci variazioni su tema detta “La Fustemberg” del compositore Antonio Riggieri, appartengono a una serie di pubblicazioni fatte a Parigi tra il 1781 e il 1783; le variazioni rappresentano quanto di più completo e virtuosistico il repertorio barocco per mandolino solo offre; le peculiarità timbriche e tecniche dello strumento sono messe in risalto dalla maestria del compositore, sicuramente esperto conoscitore degli strumenti a pizzico. La musica barocca italiana era talmente ammirata a livello europeo che quando Johann Sebastian Bach prestò servizio presso la corte di Weimar negli anni 1708-1716, fu invitato dal colto Principe Johann Ernst di Sassonia, abile clavicembalista, a trascrivere per il proprio strumento diversi concerti di autori italiani (in primis Vivaldi e Marcello) originali per orchestra d’archi: naturalmente il genio di Eisenach non si limitò a fare un lavoro di mera trascrizione, ma aggiunse elementi suggeriti talvolta dalla tecnica cembalistica (variazioni in arpeggio, fioriture melodiche) o da esigenze di arricchimento contrappuntistico, che rendono queste opere ancora più interessanti degli originali. Per questa ragione, immaginando il duo mandolino- chitarra come una sorta di ideale “cembalo colorato”, abbiamo deciso di attingere alla versione bachiana per la trascrizione del celeberrimo Concerto di Alessandro Marcello, originale per oboe e orchestra. La seconda parte del concerto è dedicata al repertorio del Novecento storico e dell’Ottocento. La Sonatina Meridional è una delle opere più felicemente riuscite del messicano Manuel Maria Ponce, intimo amico del chitarrista Andrés Segovia, personalità carismatica che negli anni Venti e Trenta ebbe il merito di portare la chitarra in tutto il mondo e di stimolare diversi compositori di vari Paesi ad arricchire il repertorio per chitarra. Nei tre movimenti della Sonatina, elementi ritmici e melodici propri della musica folklorica messicana si fondono in una forma elegante e compiuta, d’ispirazione europea: Ponce visse e studiò infatti per lunghi anni a Parigi, e questo gli permise di elaborare uno stile compositivo estremamente raffinato, che ispira composizioni quali la Sonata III, le Variazioni e Fuga sulla Follia di Spagna, il Concierto del Sur e tanti altri capolavori per chitarra. Di Raffaele Calace, autore napoletano tra i più conosciuti del panorama mandolinistico internazionale, il Notturno ….cielo stellato è una successione di suoni rarefatti eseguiti con la tecnica del “tremolo”, effetto tipicamente “partenopeo”che ha riconosciuto per più di un secolo il mandolino come rappresentante più significativo della musica popolare napoletana. Il programma si conclude con un’opera classica, la Sonata Concertata di Niccolò Paganini, anch’essa articolata in tre movimenti. Lo straordinario violinista genovese si dilettava anche con la chitarra, per la quale scrisse pagine molto ricche; si dedicò anche al mandolino, con alcune brevi composizioni. Pertanto ci permettiamo di eseguire questa Sonata con il mandolino, anziché con il violino, come è stata pensata originariamente. Il carattere “concertato”, che vede alternare l’esposizione dei temi ai due strumenti, anima la composizione, in un gioco di botte e risposte vivaci e giocose. Dorina Frati e Piera Dadomo 25 ACCADEMIA NAZIONALE VIRGILIANA i luoghi storici L a ricostituzione dell’Accademia Nazionale Virgiliana risale a un editto di Maria Teresa Imperatrice d’Austria del 1768. Mantova traversava un periodo storico difficile. Con l’ascesa al trono di Maria Teresa d’Asburgo anche Mantova è investita da quella corrente di rinnovamento e di riforma che caratterizzò tutto il regno dell’Imperatrice. L’Istituzione, denominata allora “Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere” divenne in realtà una vera e propria scuola superiore e universitaria articolata in tutte le discipline e divisa in varie classi. Tale altezza di compiti le assicurò rapidamente una meritata celebrità in Italia e all’estero. Fino da allora le fu destinata la sede ove si trova tuttora: il Palazzo Accademico restaurato dall’architetto neoclassico Paolo Pozzo, e abbellito dallo splendido teatro di Antonio Galli da Bibiena inaugurato nel 1769 (Mozart tredicenne vi suonò il 16 gennaio 1770). La “Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere” nata allora risorgeva sulle radici di una tradizione di sodalizi di cultura che risaliva al Rinascimento e al dominio gonzaghesco. Assunse il nome di Virgiliana per volontà di Napoleone Bonaparte; e la qualifica di Nazionale nel 1983. In origine l’Accademia costituiva una struttura culturale e didattica fondamentale per la città di Mantova; e le era stata assegnata la proprietà di tutti i beni artistici e librari pubblici mantovani. Dopo alterne e difficili vicende che l’hanno gravemente impoverita, essa ha riavviato negli ultimi decenni una vivace operosità di produzione culturale nelle tre Classi che la compongono: Lettere e Arti, Scienze matematiche fisiche e naturali, Scienze morali. Il Corpo accademico è costituito da 170 tra accademici ordinari, onorari e soci corrispondenti. Nella sua sede l’Accademia conserva e mette a disposizione di studiosi e ricercatori quanto rimane del tesoro artistico e librario originario; pubblica dal 1863 la rassegna annuale degli «Atti e Memorie»; svolge un’intensa attività editoriale in diverse collane proprie, per i tipi della casa editrice Leo S. Olschki di Firenze, divulgando in tutto il mondo i risultati degli studi e delle ricerche compiuti nella su a sede. Celebra periodicamente convegni frequentati da studiosi eminenti, e cicli di conferenze di vario indirizzo e di alta specializzazione culturale. 26 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 11 marzo Sala ovale dell’Accademia Virgiliana, ore 20.45 MASSIMO MERCELLI flauto EDOARDO CATEMARIO chitarra il concerto è realizzato grazie a: W. A. Mozart Sonata K. 331 per flauto e chitarra (arr. Graf/Ragossnig) Andante Grazioso Minuetto Rondò alla turca si ringrazia: F. Schubert Sonata in la minore D. 821 “Arpeggione” per flauto e chitarra (arr. A. Grande) Allegro moderato Adagio Allegretto ••• A. Piazzolla Da “Cinco Piezas para guitarra sola” Campero Acentuado Compadre Da “Studi per flauto solo” Studio n. 1, n. 3, n. 2 Histoire du Tango per flauto e chitarra Bordel 1900 Café 1930 Night club 1960 Concert d’aujourd’hui 27 MASSIMO MERCELLI A llievo dei celebri flautisti Maxence Larrieu ed André Jaunet, Massimo Mercelli a diciannove anni diviene primo flauto al Teatro La Fenice di Venezia, vince il “Premio Francesco Cilea”, il “Concorso Internazionale Giornate Musicali” e il “Concorso Internazionale di Stresa”. Suona regolarmente nelle maggiori sedi concertistiche del mondo: Carnegie Hall di New York, Herculessaal e Gasteig di Monaco, Mozarteum di Salisburgo, Teatro Colon di Buenos Aires, Concertgebouw di Amsterdam, Auditorium RAI di Torino, Victoria Hall di Ginevra, San Martin in the Fields e Wigmore Hall di Londra, Parco della Musica di Roma, Filarmonica di San Pietroburgo, Filarmonica di Varsavia, e nei Festival di Ljubljana, Berlino, Santander, Vilnius, San Pietroburgo, Bonn, Festival Cervantino, Reihngau, Jerusalem, Warsaw, collaborando con artisti quali Yuri Bashmet, Jean-Pierre Rampal, Krzsystoff Penderecki, Jiri Belohlavec, Albrecht Mayer, Gabor Boldowsky, Philip Glass, Michael Nyman, Massimo Quarta, Ennio Morricone, Luis Bacalov, Peter-Lukas Graf, Maxence Larrieu, Aurele Nicolet, Anna Caterina Antonacci, Ramin Bahrami, Federico Mondelci, Jan Latham Koenig, Catherine Spaak, Susanna Mildonian, e con orchestre come la Prague Philarmonia, i Moscow Soloists, i Wiener Symphoniker, i Solisti della Scala, i Virtuosi Italiani, i Salzburg Chamber Soloists, la Moscow Chamber Orchestra, i Musici. Direttore artistico e fondatore dell’Emilia Romagna Festival, dal 2011 è stato eletto vice presidente della prestigiosa European Festival Association. Appassionato della musica del nostro tempo, ha eseguito in prima esecuzione “Facades” di Philip Glass col compositore al pianoforte,oltre a prime esecuzioni di Nyman, Glass, Morricone,Penderecki, Bacalov che sovente gli hanno dedicato i brani. L’11 settembre 2006 ha suonato presso l’auditorium dell’ONU, a New York. Nella stagione 2008 si è esibito alla Filarmonica di Berlino nella stagione ufficiale e alla Filarmonica di Mosca in un Galà con Yuri Bashmet e Gidon Kremer. Nell’agosto 2008 si è esibito come solista nella prima assoluta della cantata di Ennio Morricone “Vuoto 28 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 d’anima piena” diretto dal compositore stesso e ha partecipato, alla Filarmonica di Varsavia, al festival dedicato ai 75 anni di Krszystoff Penderecki. Nella stagione 2009-10 ha suonato al MITO Festival di Milano, al Teatro Nazionale di Praga con Denice Graves, in Cina con Luis Bacalov al Expo di Shangahi e ha effettuato la prima esecuzione mondiale del concerto per flauto ed orchestra di Michael Nyman a lui dedicato. Recentemente ha suonato alla Cajkovskijj Hall di Mosca sotto la direzione di Yuri Bashmet e al MusikVerein di Vienna. Nel 2012 ha suonato in Russia,Cina, Europa e Sud America in importanti sedi come le Filarmoniche di Berlino, Vilnius, Praga. Nel mese di settembre 2012 è uscito il cd con l’integrale della musica per flauto di Philip Glass edito da “Orange Mountain Record”. EDOARDO CATEMARIO E doardo Catemario, è nato a Napoli ed ha intrapreso lo studio della chitarra all’età di cinque anni. Ha studiato con Jose Tomàs e Maria Luisa Anido. Pianoforte e analisi con Titina De Fazio ed interpretazione con Leo Brouwer. Chitarrista estremamente versatile, passa con disinvoltura dal repertorio romantico (suonato su strumenti originali) a quello barocco, al novecento storico alla musica contemporanea e d’avanguardia. Il suo repertorio include una enorme quantità di pezzi solistici, da camera e 44 concerti per chitarra ed orchestra. Artista DECCA dal 2008. Vanta al suo attivo numerosi primi premi di concorsi nazionali ed internazionali. Ha vinto, tra l’altro, il primo premio dei prestigiosissimi concorsi “Andres Segovia” di Almuñecar (Granada) nel 1991 e di Ales- sandria nel 1992. Ha suonato in prima assoluta composizioni a lui dedicate tra cui: “Carpe Diem” di Gerard Drozd, “El Kalasha de Avalokitesvara” di Eduardo Morales Caso, “I racconti di Mamma Orca” di Roberto De Simone per chitarra e quartetto d’archi, “Cuadernos de Danzas” di Marcelo Sotelo per violino, chitarra e ensemble ed il “Concerto Serenata” di Oliviero Lacagnina per chitarra e orchestra d’archi. È stato ospite in qualità di solista di grandi orchestre: Melbourne Synphony, Wiener Akademie, Orquesta Nacional de Andorra, Pomeriggi Musicali, Orchestra di Padova e del Veneto, Accademia Bizantina, Orchestra della Toscana, Orchestra di Stato del Messico, Solisti di Fiesole con direttori quali: Martin Haselboek, Oleg Caetani, Marzio Conti, Michael Helmrat, Inma Shara, Ottavio Dantone, Enrique Batiz e Nicola Paszkowski. Catemario affianca alla sua carriera da solista una intensa attività cameristica che lo ha portato a collaborare con musicisti quali: Alain Meunier, Massimo Quarta, Alexandre Da Costa, Mario Carbotta, Roberto Fabbriciani, Antonello Farulli, Mario Ancillotti, Sylvie Gazeau, Silesian string quartet, Vega string quartet. Edoardo ha partecipato ad emissioni radiofoniche e televisive per le maggiori reti nazionali BBC (UK), ABC (Australia), CBC (Canada), TVE2 (Spagna), RTF3 e ARTE (Francia), RAI1 e RAI3 (Italia), TV2000 (Vaticano). Ha tenuto concerti da solista nelle sale più prestigiose del mondo: Grosser Saal of the Wiener Musikverein (Vienna), Auditorio Nacional e Teatro Real (Madrid), Wigmore Hall e St John’s Smith Square (Londra), Weill Hall at Carnegie Hall (New York), Bolshoi Saal della Philarmonia (San Pietroburgo), Suntori Hall e Tokyo Opera Hall (Tokyo), Sidney Meyr Bowl e Town Hall (Melbourne), Citè de la musique (Parigi), Gewandhaus (Lipsia), Teatro Coliseo (Buenos Aires), MusikHalle (Hamburg), Auditorium Cariplo (Milano), Villa Rufolo (Ravello) etc. La sua produzione discografica include lavori per: DECCA Records, ARTS Music e Koch Schwann. Le sue registrazioni hanno vinto numerosi premi della critica quali: Cinque stelle di “Musica” (Italia), Scelta del mese di CD classica (Italia), Scelta dell’editore di Guitart (Italia), Joker di Crescendo (Belgio) fra le altre… Nel Gennaio 2004 la sua incisione del Concerto n1 di Giuliani è stata allegata al BBC Music Magazine. Catemario è anche un apprezzato didatta, ha dato Master Classes in Francia, Spagna, Italia, Regno Unito ed Austria. Collabora con la Royal Academy di Londra dove è regolarmente invitato dal 2006, ha tenuto corsi durante la “Sommer Akademie” del Mozarteum di Salisburgo, alla Musikhochschule di Lipsia, all’Indiana University, Brooklyn University ed altre istituzioni. È stato titolare della cattedra di perfezionamento ed interpretazione presso il “Conservatoire International de Paris” (Parigi, Francia) dal 1995 fino al Giugno del 2001. Edoardo Catemario suona con corde Royal Classics “Sonata light”. note all’ascolto Mozart: Sonata in la maggiore K. 331 N ella primavera del 1778, Mozart e sua madre giunsero a Parigi, ambìta meta di un ennesimo viaggio avviato nel settembre dell’anno precedente, e concepito a scopo di carriera. Fu in questa città, viva di salotti, teatri, dispute intellettuali e figure influenti che il ventiduenne compositore compì una serie di cinque sonate per pianoforte che oggi appaiono come un punto fermo nella sua evoluzione: riflesso dell’ambiente nel quale si trovò a vivere, ed immagine rielaborata di influenze musicali altre, tra cui - riconosciute dagli esegeti - quelle di Johann Schobert e Johann Christian Bach. La Sonata in la maggiore K. 331 è divenuta celeberrima in particolare in ragione dell’Allegretto “Alla turca” che ne è a conclusione, ma si distingue anche per altre caratteristiche tra cui un primo ampio movimento in forma di variazioni (originato da un tema puro e malinconico). Si tratta di una Sonata che esibisce, anche per la presenza di un Minuetto centrale, un evidente carattere “francese”, interpretato nel senso di quell’esotismo di radice turca che percorreva l’Europa in una brillantezza non aggressivamente espansionistica, ma con l’ironia di una lontananza un pò selvatica, ma pacificata e innocua, anche se la storia ci racconta che la pressione ottomana sull’Est europeo non fu certo placata in quella fine secolo. Schubert: Sonata in la minore per arpeggione (violoncello) e pianoforte D. 821 L a Sonata per arpeggione e pianoforte risale alla fine del 1824, anno in cui Schubert, già colpito dalla sifilide, si definiva “la creatura più infelice e sciagurata del mondo” (così si legge in una lettera indirizzata all’amico Leopold Kupelweiser). Si tratta di una pagina non cruciale dell’inventiva schubertiana, ma tuttavia in grado di rappresentare compiutamente un fascinoso profilo estetico al quale concorrono in egual misura una ispirazione melodica raffinatissima, la pulizia della forma ed una fresca espressività salottiera, eco del mondo borghese ed amico della musica del quale il maestro viennese fu spesso partecipe. Lo strumento ad arco per il quale la Sonata fu progettata, venne presto accantonato dalla pratica concertistica trovando però un degno sostituto nel violoncello a partire dal 1871 quando apparve in una trascrizione dedicata; con quest’ultimo strumento l’arpeggione condivideva all’incirca la dimensione 29 ma non il numero delle corde (erano 6 anziché quattro), mentre accordatura e forma rimandavano alla chitarra. Questo il motivo dei nomi alternativi, quali chitarra-violoncello, chitarra d’amore o chitarra ad arco dello strumento ideato nel 1823 dal liutaio viennese Johann Georg Staufer, artigiano geniale ma sfortunato. La Sonata schubertiana, che come tutti i lavori di successo conobbe molti altri adattamenti, e della quale forse il chitarrista e violoncellista italiano Mauro Giuliani fu primo interprete, consta di tre movimenti che lasciano allo strumento ad arco piena libertà d’esprimere momenti di felicissima cantabilità: l’”Allegro moderato” si appropria di stilemi propri di un virtuosismo vocale con gusto squisito, l’”Adagio” si esprime in un lirismo accolto e vibrante, ed un’agile delicatezza contrassegna il conclusivo “Allegretto”. A. Z. Le musiche di Astor Piazzolla A stor Piazzolla: ci troviamo di fronte ad un compositore che ha una collocazione storica quanto mai ambigua: troppo classico per essere folklorico e viceversa! D’altronde lui stesso cercando di ricomporre la distanza che lo separa dalla tradizione confessava: «…io faccio musica di Buenos Aires…». Dunque non semplicemente tango! Come fortunatamente spesso avviene, l’ostilità serbata al nostro compositore da ambienti più o meno tradizionalisti è stata palesemente smentita dal grande successo di pubblico. Ci sono autori la cui musica tocca corde profonde dell’anima, le nostre passioni più intime, i dolori inconfessati. C’è musica che fa affiorare dal profondo tutto ciò che fa male ma che fa sentire vivi. Astor Piazzolla lo sapeva… “Un pensamento triste para bailar…”. Non ricordo più dove ho letto questa definizione del tango, certo è che l’ho sentita ripetere tante volte riferita a tutto il tango cosiddetto classico. Ebbene se lo volessimo estendere ad Astor Piazzolla bisognerebbe vestirla di una dimensione assolutamente nuova. “Tristezza che immersa in un mare di solitudine diventa passione”. Una solitudine figlia del nostro tempo e delle grandi metropoli. Una solitudine che va al di là del semplice gioco intellettuale, che è reale nella sua fisicità. Allievo di Alberto Ginastera e di Nadia Boulanger, Piazzolla è il ponte ideale tra Buenos Aires e Parigi. Respira da sempre cultura metropolitana e se ne fa interprete. Ha profondamente assimilato gli umori, le incoerenze, i modi di espressione, i sentimenti di Buenos Aires. Questo patrimonio lo usa non per un lavoro di semplice traslazione ma per la formulazione di un pensiero musicale proprio, personalissimo e perfettamente 30 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 bilanciato tra il nuovo mondo e la vecchia Europa. Erede ma non portavoce della tradizione, Piazzolla rielabora la voce di Buenos Aires filtrandola attraverso la sensibilità jazz e l’applicazione di impeccabili stilemi della musica classica europea. Una Buenos Aires idealizzata cui sollevare la gonna in cera forse di intimi segreti da svelare attraverso una sorta di viaggio nei suoi luoghi, nella sua storia, o nei suoi personaggi tipici. Le Cinco Piezas sono cinque ritratti che colgono l’essenza più intima dei “Porteños”, intimamente lacerati da un eterno dissidio di passioni incurabili: Campero giocato tra un improbabile tango in 7/4 ed il ritmo di milonga pampeana, Romantico che alterna tenerezza e passionalità in un alternante gioco chiaroscurale, Acentuado dove le percussioni risuonano come colpi mortali inferti ad un’anima già sofferente, Triston quasi un gioco intellettuale d’abbandono alla morte, Compadre col suo linguaggio frammentato mette un improbabile parola fine a questa serie. Le passioni, come nelle Tango-Études per flauto solo scritte nel 1987, sono alla base anche dell’Histoire du Tango. In origine il tango fu musica di bordello (Bordel 1900), portavoce ella provocatoria ilarità un po’ spaccona di immigrati italiani francesi e spagnoli. Musica da strada, sottofondo di duelli a colpi di coltello e di sfide lanciate alla polizia. Nel periodo successivo (Café 1930) il tango sale di rango, entra nella società bene, perde parte della sua freschezza e “cattiveria” per assumere connotazioni più lente e melanconiche. Si arricchisce dal punto di vista armonico e passa ad essere anche un genere di musica da ascolto. Night Club 1960 ci porta un tango “innovativo”, forse influenzato dalla musica brasiliana. Le tradizioni cominciano a vacillare sotto l’urto di una contestazione generazionale che prebde, almeno da un punto di vista musicale, toni quasi rivoluzionari. Il dissidio passionale diventa lucida follia in Concert d’aujourd’hui. È un Piazzolla che fa da ideale collegamento tra ‘900 storico (Bartók e Stravinskij in testa) e ciò che potrebbe essere il tango del futuro. Edoardo Catemario 18 marzo Auditorium Monteverdi, ore 20,45 QUARTETTO DI SASSOFONI ACCADEMIA GAETANO DI BACCO, sassofono soprano ENZO FILIPPETTI, sassofono contralto GIUSEPPE BERARDINI, sassofono tenore FABRIZIO PAOLETTI, sassofono baritono il concerto è realizzato grazie a: J. B. Singelée Premier Quatuor op. 53 Andante- Allegro Adagio sostenuto Scherzo Finale A. Glazunov Quartetto op. 109 Allegro Canzona variée Variazione I Variazione II À la Chopin Scherzo Finale J. Françaix Petit quatuor Gaguenardise Cantiléne Sérénade comique A. Romero Cuarteto Latinoamericano Fandango Serenata Chôro y tango T. Escaich Tango Virtuoso ••• 31 QUARTETTO DI SASSOFONI ACCADEMIA GAETANO DI BACCO, sassofono soprano ENZO FILIPPETTI, sassofono contralto GIUSEPPE BERARDINI, sassofono tenore FABRIZIO PAOLETTI, sassofono baritono I Ha collaborato con solisti e compositori di rilevanza internazionale come Claude Delangle, Luisa Castellani, Bruno Canino, Massimiliano Damerini, Jan Van der Roost, Zagreb Saxophone Quartet, Fundacion Sax Ensemble di Madrid, Ennio Morricone, Vittorio Fellegara, Ada Gentile, Franco Mannino, Marco Di Bari e Aldemaro Romero. Attivo sia nell’ambito della musica contemporanea, con più di 70 opere scritte e dedicate, che nella ricerca di musica rara per sassofono, come le musiche dei compositori francesi dell’ottocento incisi in prima mondiale nel Cd “Hommage a sax”, ed i concerti per quartetto e orchestra dei compositori italiani Lovreglio e Ricci-Signorini, più volte eseguite nel mondo. Tiene corsi, masterclass e conferenze a San Francisco, Parigi (Conservatoire National Superieur de Musique), Slovenia, Spagna, Albania, Turchia, Venezuela e Italia. I suoi componenti sono docenti di sassofono nei Conservatori di Musica di Roma, Udine, Pescara, e L’Aquila. L’attività discografica del Quartetto Accademia consta di una dozzina di compact disc per Nuova Era, Dynamic, Edipan, Iktius, BMG-Ariola, Paganmusic e Riverberi Sonori. Per la carriera svolta è stato insignito del prestigioso “PREMIO SCANNO”, XXXIX edizione. l Quartetto di Sassofoni Accademia si è costituito nel 1984 ed è considerato a livello internazionale tra i gruppi italiani più attivi nel suo genere, sempre mantenendo la stessa formazione. Ha tenuto più di 1500 concerti in Italia e all’estero svolgendo 70 tournée in 26 Paesi (Europa, America del Nord e Sud, Medio ed Estremo Oriente, Africa). Si è esibito per importanti istituzioni musicali e festival in sedi prestigiose quali La Biennale di Venezia, Mozarteum di Salisburgo, Conservatoire National Superieur de Musique de Paris, cappella Paolina al Quirinale a Roma, Teatro “Teresa Carreño” di Caracas, Palau de La Musica di Valencia, Konzerthaus di Berna, Museo di Arte Contemporanea di Barcellona, Teatro “Lisinski” di Zagabria, University Concert Hall di Klapeida, Centro “Bellas Artes” di Madrid, Sala dei concerti del Conservatorio “G, Verdi” di Torino, Teatro “Rossini” di Pesaro, Teatro “G. Verdi” di Trieste, Teatro “Alfieri” di Torino, “Ted Mann“ Teather di Minneapolis, Philarmonie di Lussemburgo, Accademia Filarmonica di Bologna, Filarmonica “Laudamo” di Messina, ASAM di Siracusa, Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, Società dei Concerti “Barattelli” dell’Aquila, Società dei Concerti della Spezia, festival “Romaeuropa” a Roma, du Maurier Toronto Downtown Jazz Festival, 1st European Jazz Festival in Athens, Festival Pontino, festival di “Musica Verticale”, festival “Nuova Consonanza”, Roma, festival “Nuovi Spazi Musicali” Europalia” a Bruxelles, aecc. note all’ascolto Jean Baptiste Singelée, Premier Quatuor op. 53 V iolinista e compositore nato a Bruxelles, fece parte di diverse orchestre (tra cui quella dell’Opéra Comique di Parigi), prima di diventare violino solo al Théâtre Royale di Bruxelles. Prolifico compositore, scrisse due Concerti e numerose Fantasie per violino, oltre che diversi altri pezzi strumentali e musica per balletto (per il Teatro de La Monnaie). Singelée, intimo amico di Adolphe Sax, inventore, verso la metà dell’Ottocento, dello strumento che porta il suo nome, fu tra coloro che sollecitarono lo sviluppo dei quattro sassofoni 32 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012 principali insieme a Demerssemann (il brevetto della famiglia completa avvenne nel 1846). Il Premier Quatuor op. 53 pubblicato nel 1857, è probabilmente, tra le prime opere scritte per questa formazione strumentale, di cui Singelée fu l’iniziatore e promotore. Questo lavoro, differente dal resto della sua produzione, fu scritto in uno stile che potrebbe essere chiamato “post-classico”, stile in voga agli inizi del XIX secolo. I quattro movimenti, preceduti da un’introduzione “Andante”, seguono la forma tradizionale: l’”Allegro”, in forma sonata; l’”Adagio” (in cui si nota l’introduzione del secondo tema di una delicatezza tutta mozartiana) poi “Scherzo” e “Finale”. Jean René Françaix, Petit Quatuor C Alexander Glazunov, Quartetto op. 109. resciuto fra musicisti professionisti (sua madre era insegnante di canto e suo padre compositore e direttore del Conservatorio) Jean Français divenne un prodigio musicale, potendo vantare di avere avuto la sua prima pubblicazione all’età di dieci anni. A diciotto anni divenne allievo di Nadia Boulanger. Françaix è conosciuto come compositore amabile ed elegante la cui musica è pervasa di spirito e ironia. Il Petit Quatuor pour saxophones scritto nel 1939, quando la sua carriera internazionale si era già solidamente avviata, è un modello di gusto ed eleganza tutta francese. La immediatezza della partitura, come in altre opere di questo maestro, non scaturisce da facilità o superficialità, ed è sempre sostanziata da sinceri impulsi musicali, impreziositi spesso da una piacevole ironia. A Aldemaro Romero, Cuarteto Latinoamericano. lexander Glazunov è conosciuto principalmente per la qualità della sua musica strumentale. In giovane età studiò con Elenovsky e Rimskij-Korsakov, componendo la sua prima Sinfonia all’età di sedici anni. Glazunov diresse una serie di concerti di musica russa a San Pietroburgo e a Parigi durante l’Esposizione Universale del 1889. Nel 1900 diventò professore del Conservatorio di San Pietroburgo e nel 1906 fu eletto direttore e riorganizzò il Conservatorio di Leningrado dopo la guerra del 1914-1918. Lasciò la Russia nel 1928 e, dopo aver soggiornato in Spagna e negli Stati Uniti, si stabilì a Parigi. Queste esperienze ebbero un’influenza cosmopolita su Glazunov, sconosciuta agli altri compositori della Scuola russa. Il Quartetto op. 109 del 1932, è una delle ultime composizioni di Glazunov e fu scritta per il Quatuor de Saxophones de la Garde Republicaine. Benché in stile russo, questo pezzo mostra una chiara influenza francese. Il primo movimento è un “Allegro” brillante e pittoresco con un eccitante episodio “Più mosso” finale. Il secondo movimento, un “tema con variazioni”, è uno dei più interessanti della letteratura per quartetto di sassofoni. Il tema della “Canzona” ha un carattere in stile russo che continua attraverso le variazioni e, comunque, mostra anche l’influenza della musica europea che spesso è attribuita ai lavori di Glazunov. Il “Finale” presenta con una introduzione confezionata con il materiale musicale che lo precede, sulla quale s’innesta il tema del “rondò”. Qui Glazunov coltiva particolarmente la breve cellula ritmica dell’Introduzione che, con l’accentuazione dei controtempi, acquisisce un’aura di danza russa. Il tutto termina con una “coda” molto sviluppata, concludendo in un progressivo accelerando con una formula cadenzale sul presto di grande virtuosismo. C ome Brahms, Friedrich Gulda e Leonard Bernstein, Aldemaro Romero si destreggia bene nella musica accademica come in quella popolare. Oggi suona con il suo trio jazz, ma dirige anche le orchestre sinfoniche nei più grandi teatri del Venezuela, interpretando la più ampia gamma di generi musicali, che va da Mozart agli autori contemporanei. Ha curato arrangiamenti musicali per Stan Kenton, Dean Martin, Tito Puente e molti altri; ed ha diretto orchestre come la London Symphony Orchestra e la Royal Philarmonic Orchestra, svolgendo tournée negli USA, in tutto il Sudamerica, in Europa e in Giappone. Romero, con il suo Cuarteto Latinoamericano para saxofones ha inteso ricercare più che il recupero vero e proprio del materiale folclorico, la reinvenzione di uno stile popolare. Infatti le melodie, costruite su effetti timbrici e ritmici, sono creazioni originali in cui sono presenti dirette suggestioni folcloriche, naturalmente trasfigurate e filtrate dalla sensibilità di un musicista cosmopolita e originale. Thierry Escaich, Tango Virtuoso T ango Virtuoso, infine, è un’opera originale per quartetto di saxofoni scritta dal francese Thierry Escaich (1965), compositore, organista e improvvisatore di fama internazionale che ha dedicato anche altre composizioni allo strumento di Adolphe Sax (per tutte Le Chant des Ténèbres). Tango virtuoso può esser definito come un divertissement costruito su un tempo di tango che il compositore esalta con una scansione ritmica molto marcata, la cui complessità è pari a quella dei “vocalizzi” affidati al sax soprano. 33 SAN BARNABA i luoghi storici L a facciata si propone quale prototipo delle varie chiese rinnovate a Mantova e nel corso del XVIII secolo. Guarda su una piazzetta che si apre sui due lati, rispettivamente verso via Chiassi e via Poma e può ben essere considerata una delle più ampie chiese di Mantova. La facciata, progetto di Antonio Bibiena, conclude nel 1737 un globale rifacimento affidato all`architetto Moscatelli Battaglia e alla direzione del ticinese Giovanni Maria Borsotto (1716-1736). Committente è l`ordine dei Servi di Maria, qui presente con convento e chiostro del XIV sec. al 1797; demolito il convento, sotto il porticato che corre lungo i due lati superstiti del chiostro, adiacente alla chiesa, certamente ampliato nel corso del Quattrocento per lievi assonanze coi modi di Luca Fancelli, le lunette affrescate nel tardo `500 o nel primo `600 raccontano episodi e propongono figure dell`ordine dei Serviti. La lunga navata settecentesca della chiesa, verso la quale si aprono gli altari di accurato impianto architettonico, è solennemente cadenzata sino alla profonda abside davanti alla quale lo spazio si dilata in corrispondenza della sovrastante cupola. Lungo le pareti eleganti incorniciature a stucco di gusto rococò racchiudono tele coi santi ed i beati dei Serviti; si tramanda memoria dell`ordine dei Servi di Maria con l`effige di San Filippo Benizzi nella tela di Giuseppe Orioli (1730), pala del terzo altare a sinistra dell`ingresso. Nella parete di fondo dell`abside, al di sotto di un pregevole gruppo scultoreo in stucco con l`Eterno Padre, la pala raffigura La Madonna con Bambino e i Santi Barnaba e Marco, dipinto di ignoto autore del Cinquecento, certamente rimaneggiato nella presentazione dei due santi in periodo più tardo. Sulla parete sinistra del presbiterio, nella cornice a stucco è la tela di Teodoro Ghisi, con aggiunta settecentesca nella parte superiore, raffigurante con imponente solennità il Salvator Mundi; le sta di fornte il quadro di Bernardino Malpizzi che propone Madonna con Bambino e San Filippo Benizzi (fine `500). Ai lati della bussola d`entrata si notano acquasantiere cinquecentesche di pregevole fattura, mentre sulla parete sovrastante è collocata la grande tela di Lorenzo Costa il Giovane che svolge, in orizzontale e con modi pacati, il tema della Moltriplicazione dei Pani e dei Pesci (1582-1583); le opere provengono dalla chies di San Sebastiano. All`altare della terza cappella, ovali in cui sono raffigurati I Sette Fondatori dell`Ordine Servitico (copie) inquadrano un gruppo ligneo del tardo Cinquecento che propone una Pietà di accento fortemente greve. Nell`altare della seconda cappella sul alto sinistro è inserito un affresco strappato, della fine del Quattrocento, con l`immagine della mantovana Beata Elisabetta Picenardi, del Terz`Ordine dei Servi di Maria (1428-1468). Sulla cantoria del alto sinistro del transetto un grande quadro di Alessandro Maganza (ultimi decenni del XVI sec.), forse destinato al refettorio dei Serviti, con Le Nozze di Cana, mostra un accento quasi veronesiano. Gli ambienti in cui è la cappella invernale, in fondo al primo porticato del chiostro, corrispondono alla sala capitolare ed alla sagrestia dell`antico convento dei Servi di Maria; recentemente sono stati portati alla luce oranati a fresco del XVI sec. Nella cappella è pala d`altare un dipinto del primo XVI sec., Madonna con Bambino, attribuito al Bonsignori. 34 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 8 aprile Chiostro di San Barnaba, ore 20.45 GIANFRANCO GRISI cristallarmonio TRIO D’ARCHI DI BERGAMO PIERANTONIO CAZZULANI, violino CHRISTIAN SERAZZI, viola MASSIMO REPELLINI, violoncello ALTRI SUONI “Da Bach a Morricone” il concerto è realizzato grazie a: Il Concerto “Da Bach a Morricone” spazierà dai compositori classici fino ad arrivare ai giorni nostri con l’esecuzione di alcune famose colonne sonore di film come “Romeo e Giulietta”, “Amarcord” di Nino Rota, “C’era una volta il West”, “C’era una volta in America”, di Ennio Morricone e con il brano originale di Gianfranco Grisi “Medsommernat”. Gianfranco Grisi ha perfezionato e brevettato il Cristallarmonio, uno strumento unico al mondo, costituito da bicchieri di cristallo suonati con i polpastrelli tramite sfregamento. La particolare disposizione dei calici permette l’esecuzione di accordi fino a sei note simultaneamente, ottenendo sonorità ed effetti musicali assolutamente originali. 35 GIANFRANCO GRISI I l percorso musicale di Gianfranco Grisi parte dal Conservatorio: ha studiato Pianoforte, Composizione, Direzione d’Orchestra e Direzione di Coro. Ma Grisi è anche un musicista eclettico; pianista e direttore d’orchestra unisce ad una rigorosa formazione accademica una rara capacità d’invenzione. Ha trascorso buona parte della sua gioventù in giro per l’Europa, suonando con formazioni di genere diverso. Nel suo ricco curriculum di autore figurano musiche di scena, colonne sonore per documentari, opere di musica da camera, lavori per coro e orchestra, partiture di teatro musicale. Sue opere per chitarra sono adottate dai programmi di studio di alcuni Conservatori in Spagna. La Münchner Gitarrenorchester gli ha commissionato Tre Preludi su poesie di F. GarciaLorca incisi su CD per la Koch International. Per la Gioventù Musicale Italiana è autore dell’opera Luna per soli, coro di voci bianche e orchestra da camera. Gli sono stati riconosciuti prestigiosi premi nell’ambito del Concorso Internazionale Federazione Cori del Trentino e del Concorso Nazionale di Como. Per conto dell’Istituto di Cultura Ladina ha orchestrato e diretto l’opera Laurin di L. Canori, con incisione su CD e ripresa RAI. Autore del Concerto d’Arcadia per chitarra e orchestra, ne ha diretto la prima a Monaco di Baviera con l’orchestra I Virtuori di Praga; nella direzione di Leo Brouwer il concerto è stato inciso in CD per la Koch International. Nel 1999 ha curato l’orchestrazione e la direzione del Gran Concerto per il solstizio d’estate per conto dell’APT di Riva del Garda. Composizione in collaborazione con Walter Abt, orchestra: I Virtuosi di Praga, incisione su CD per Calig. È fondatore e direttore dell’orchestra da camera Dissuono, dedita alla musica del Novecento. Dal 1995 prosegue l’attività concertistica dal vivo con alcuni strumenti assolutamente originali: Cristallarmonio e Concertina inglese. Con la concertina inglese e Walter Abt, famoso chitarrista di Monaco, nel 2006, per la Zappel Music è uscito il CD Argentine Tangos & Klezmer. 36 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Con l’orchestra del Teatro Donizetti di Bergamo ha eseguito nell’opera “Lucia di Lammermoor” l’aria della Pazzia, concepita in origine da Donizetti proprio per Armonica a Bicchieri, sia nella stagione di Bergamo 2006, sia in Giappone nel gennaio 2007 esibendosi anche al Metropolitan di Tokyo. Dal 1989 è docente presso il Conservatorio F. A. Bonporti di Trento, nella sezione di Riva del Garda come titolare di cattedra, in sede centrale per laboratori e stage. Per alcuni anni ha tenuto laboratori nel corso di Etnomusicologia presso il conservatorio Pollini di Padova. TRIO D’ARCHI DI BERGAMO PIERANTONIO CAZZULANI, violino CHRISTIAN SERAZZI, viola MASSIMO REPELLINI, violoncello I l gruppo si é costituito nel 2007 a seguito di una esperienza lavorativa comune eseguendo Lucia di Lammermoor di Donizetti in Giappone dove in orchestra era previsto l’utilizzo del Cristallarmonio. Da quel momento Il gruppo (Cristallarmonio accompagnato da violino, viola e violoncello) ha effettuato numerosissimi concerti sia in Italia che all’estero riscuotendo enorme successo di pubblico e di critica anche e soprattutto grazie all’eccezionalità dello strumento, unico al mondo, costruito dopo anni di ricerche dal Maestro Gianfranco Grisi. Tutti e tre i musicisti hanno suonato con numerose orchestre in Italia e all’estero sotto la guida dei più importanti direttori del panorama internazionale. 37 AUDITORIUM MONTEVERDI i luoghi storici I l convento di Santa Maria della Misericordia era uno spazio, alquanto malandato, destinato a sede temporanea per vari istituti scolastici oppure una sede momentanea quando situazioni d’emergenza lo imponevano. Per i più, l’edificio era conosciuto come la vecchia caserma Palestro e quasi nessuno rammentava la precedente intitolazione a Ferdinando di Savoia immediatamente assegnata dopo il 1866 con l’ingresso di Mantova nel regno d’Italia. Gli austriaci, prima, la chiamavano semplicemente caserma di San Barnaba: caserme Sankt Barnaba. La nuova destinazione d’uso dell’antico convento era però stata decretata, nel 1797, durante l’occupazione francese. Oltre due secoli dopo, grazie all’intervento della Provincia, l’antico spazio virginale delle Servite, è ritornato a fasti antichi per trasformarsi in «cittadella della Musica», per ospitare lo storico Conservatorio Campiani, la sua ricchissima biblioteca della musica, il museo degli strumenti musicali e un moderno e funzionale «auditorium». E il tutto è avvenuto con un intervento di recupero che ha restituito, con misura filologica, l’antico spazio cinquecentesco, uno spazio che nonostante le multiformi utilizzazioni non aveva subito alterazioni drastiche. Dei tempi della caserma sono ora riemerse durante recenti saggi, nascoste da numerosi scialbi, le tracce di scritte che riferiscono del più recente stanziamento dei militari italiani. Negli ambienti che si affacciano sul chiostro si può così leggere: prigionia di rigore caporali e soldati, prigionia semplice caporali, spaccio, e una interessante mappa dell’Italia dipinta ad olio direttamente sull’intonaco. Nello spazio del grande refettorio, ripartito oggi in più ambienti, sopravvive sulle volte una dimessa decorazione floreale di primo novecento. Sulle lunette che chiudono il salone ricavato nel refettorio due allegorie militari, di modesta fattura, rimandano ancora alla stagione della vecchia destinazione militare. È proprio in questa sala, ancora da restaurare, che i saggi tecnici hanno portato in luce lacerti della decorazione cinquecentesca realizzata da Gianfrancesco Tura. Le superfici esterne che si affacciano sul chiostro principale sono state già oggetto di un paziente restauro che ha fatto emergere testine di angeli, fasce decorative con girali vegetali, cornici rosse e gialle intorno alle finestre e alle ghiere degli archi, tondi con santi aureolati, sfingi dal volto di donna e il corpo di leone, delfini e amorini, papere e uccelli e, su fondo blu, il busto di un misterioso giovane dalla chioma bionda e fluente. Certamente poco per immaginare una impegnativa campagna decorativa che, probabilmente, aveva visto anche il coinvolgimento di Lorenzo Leonbruno. Ma ciò che più conta è che la realizzazione della Cittadella della Musica ha creato una esperienza di rigenerazione urbana che ha ridato dignità a un esempio tipico dell’architettura conventuale cinquecentesca. Il complesso delle Servite esprime infatti, tuttora, la dimensione aggiornata introdotta dagli ordini mendicanti nella tradizione degli antichi monasteri. La disposizione generale segue comunque una tradizione che prevede l’opportunità di porre la Chiesa vicino al chiostro, quest’ultimo circondato dagli altri edifici strategici del convento, con al piano terreno la sala del capitolo, la 38 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 cucina, il refettorio e, al piano superiore, le celle. La restituzione del convento fa emergere pure antiche storie che rimandano alla sua fondazione. Nessun documento, purtroppo, ci fornisce informazioni esatte sui tempi del cantiere di Santa Maria della Misericordia o sull’architetto che ne diresse i lavori. Si può tuttavia presumere che possa aver usufruito dell’iniziale consulenza del prefetto delle fabbriche allora in carica: Bernardino Ghisolfo. Ma non fu solo l’iniziativa marchionale a promuoverne la costruzione quanto una serie di vicende legate alla religiosità popolare in auge nella città dei Gonzaga. A Mantova - così si narra - Benvenuta, sorella del terzo ordine dei Serviti, per intercessione della beata Elisabetta de Picenardi era uscita da un’inguaribile malattia e aveva dedicato ogni cura perché molte donne si riunissero in un luogo comune, per condurre una vita religiosa: era il giorno della festività della purificazione di Maria Vergine, il 2 febbraio 1482. È questa la data che si può assumere simbolicamente come momento di aggregazione del primo nucleo delle Servite. La data simbolica di fondazione della struttura dell’attuale via Conciliazione va posta invece al 2 febbraio del 1497, vale a dire al quindicesimo anno di costituzione della piccola comunità di religiose. Allora solo otto suore avevano vestito ufficialmente gli abiti impegnativi del secondo ordine dei servi di Maria, un abito che prevedeva la clausura. Gradualmente, il monastero si dotò di una struttura funzionale, con un ampio refettorio, una camera del fuoco comune, un chiostro, opportuni parlatoi, camere di ricevimento, ghiacciaia, passetti, bugadera e altri servizi appropriati. Le maestranze dei cantieri ducali offrirono i loro servizi per l’abbellimento delle sale di rappresentanza, a cominciare dal refettorio. Anzi, sotto la centenaria coltre di colori, dovrebbe ancora sopravvivere parte di quei decori che Gianfrancesco Tura (Tura mantovano) vi realizzò. L’artista, come attestano i documenti, ricevette una mercede di “ducati vinti, a soldi 93 per ducato, per depinzere alle sore de Santo Barnaba, quali sono stà sborsati per il spectabile messer Iulio suprascripto, de comissione del prefato signor nostro”. Dunque anche Giulio Romano dovette dedicare al complesso religioso una non proprio fugace attenzione. La buona organizzazione del cenobio e la qualità abitativa degli spazi furono premiate con la vestizione nel monastero di molte donne di casa Gonzaga. Un grande intervento di rinnovamento architettonico che investe soprattutto la chiesa esterna avviene nel 1757: “incominciossi a rifabbricare la detta chiesa e si terminò come ella è al presente l’anno 1759”. Il corpo di fabbrica della chiesa, ortogonale alla strada, coperto da un tetto a due spioventi, affiancato da un campanile oggi scomparso, fu rinnovato anche nella facciata, grazie anche alla consulenza di Giovanni Maria Borsotto. Gli interventi modificarono radicalmente l’aspetto della chiesa esterna, delineando una navata unica con paraste e capitelli corinzi in stucco e ripartendo con fasce rilevate l’originaria volta a botte in mattoni.La chiesa interna conservò, invece, l’assetto originario, senza alcun adeguamento al gusto settecentesco. L’intervento realizzato in questi ultimi anni ha ridato dignità proprio a tale ambiente, trasformato in un auditorium che rifunzionalizza lo spazio senza intaccare le linee del luogo sacro. L’architetto Carmine Mastromarino ha anche lasciato in essere l’antica divisione tra le due chiese. Gli spazi della chiesa esterna, ravvivati dagli stucchi di Stanislao Sommazzi, hanno così riconsegnato un ambiente utilizzato, fino a pochi anni fa, come palestra scolastica. La chiesa restituita, sebbene spoglia delle preziose tele che la ornavano, diventa quindi oggi un ideale foyer che guida all’auditorium vero e proprio. I 40 metri di lunghezza delle due distinte navate emergono in tutta la loro autorevole dignità, frutto di una rivitalizzazione architettonica fino a pochi anni fa impensabile. Quello che sembrò, a metà settecento, il canto del cigno della “picciol compagnia” religiosa, quando si era alla vigilia di eventi che avrebbero cambiato per sempre l’organizzazione della comunità mantovano, riemerge ora limpido dalla polvere della storia. Gianfranco Ferlisi 15 aprile Auditorium Monteverdi, ore 20.45 DUO OTTO E QUINDICI ALFREDO CERRITO, sassofono ANNA LISA GIORDANO, pianoforte il concerto è realizzato grazie a: E. Schulhoff Hot Sonate R. Schumann Adagio e Allegro op. 70 G. Fitkin Gate ••• M. Musorgskij Il vecchio castello (dai “Quadri di un’esposizione”) C. Debussy Rapsodia D. Milhaud Scaramouche Vif Modéré Brasileira P. Swerts Klonos 39 DUO OTTO E QUINDICI I l Duo 8 e 15 nasce nel gennaio 2009, e deve il suo nome all’incontro fortuito che ha portato alla sua formazione, incontro avvenuto fra la pianista Anna Lisa Giordano e il sassofonista Alfredo Cerrito sul treno Roma - Napoli delle 8:15. I due musicisti hanno avuto modo di esibirsi in diversi Festival e importanti sale da concerto in Italia e all’estero: in occasione del Festival di Musica di Formia, del Festival di Musica da Camera di Campagnano, della Stagione “Oro, Incenso e Musica” di Villa Torlonia, del Festival “LeXGiornate”di Brescia, presso Palazzo Monsignani a Imola, presso il Salone Bernareggi di Bergamo, l’Auditorium “San Barnaba” di Brescia, il teatro Aurelio a Roma, il palazzo Ducale di Lucca, l’Auditorium Gaber a Milano, l’Auditorium “Sant’Alessandro” di Bergamo, la Società Umanitaria di Milano, il castello di Ptuj (Slovenia). Il Duo ha frequentato il corso di Musica da Camera presso l’Accademia “Incontri col Maestro” di Imola e attualmente si perfeziona sotto la guida del M° Konstantin Bogino e dell’Ars Trio di Roma. Il Duo ha partecipato a numerosi Concorsi Internazionali di Musica da Camera, riscuotendo sempre ampio successo; nel 2011 i due musicisti sono risultati vincitori del I premio al concorso internazionale di Bellagio e del I premio al prestigioso concorso internazionale “Camillo Togni” di Brescia, nel 2012 del I° premio al concorso internazionale “Città di Rocchetta”, I° premio al concorso internazionale “Alice bel Colle” (la cui giuria era presieduta dal M° Marcello Abbado), I° premio al concorso internazionale “Premio Schubert”. Nel mese di ottobre 2012 Alfredo Cerrito, in duo con Anna Lisa Giordano, è risultato fra i vincitori della selezione per l’assegnazione di tre borse di studio indetto dalla Società Umanitaria a Milano. 40 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 note all’ascolto Erwin Schulhoff - Hot Sonate E rwin Schulhoff, compositore ceco nato nel 1894, compose la sua Hot Sonate per sassofono e pianoforte nel 1930. Era, quello, il periodo in cui l’”Hot Jazz”, il genere musicale nato a New Orleans ai primi del ‘900, negli anni ‘30 appunto, spopolava ormai anche in Europa. Questo stile deve il suo nome alle “folli” improvvisazioni che avvenivano quasi contemporaneamente fra tutti gli strumenti che componevano una band, in buona parte strumenti a fiato. Schulhoff strutturò la Hot Sonate in quattro movimenti. Il primo movimento è un lento e quasi ammiccante dialogo in cui il sassofono ha un ruolo da protagonista, mentre il pianoforte accompagna in maniera dinamica le “improvvisazioni scritte” del sax. Nel secondo movimento il ritmo si fa più incalzante, e i due strumenti ingaggiano una lotta di ritmo e frammenti melodici in cui nessuno dei due sovrasta l’altro, mentre Il terzo è un vero e proprio swing, che trasporta idealmente l’ascoltatore in un locale di New Orleans di inizio secolo. Il quarto e ultimo movimento è una sorta di sintesi dei tre precedenti, ed in un breve arco temporale vengono ripercorsi tutti i temi e le atmosfere ascoltati in precedenza, per poi culminare con un liberatorio e “folle” finale, in perfetto stile Hot Jazz. Robert Schumann - Adagio e Allegro op. 70 Q uesto bellissimo brano, considerato uno dei più belli composti da Schumann, venne in origine scritto per corno e pianoforte, poi riadattato, per ragioni commerciali, in numerose altre versioni, per violoncello, viola, clarinetto, oboe. Entrò ben presto a far parte anche del repertorio per sassofono e pianoforte. Nell’inverno 1849, lasciata Dresda - diventata troppo turbolenta a causa dei moti rivoluzionari che stanno infiammando mezza Europa - e trasferitosi nel piccolo villaggio campagnolo di Kreischa, Schumann trascorre una stagione tra le più prolifiche della sua vita, alternando momenti di depressione ad altri di euforia creativa. L’Adagio e Allegro op. 70 vede la luce in soli tre giorni, tra il 14 e il 17 febbraio. A dispetto della sua relativa brevità e della marginalità cui solitamente viene relegato rispetto alle composizioni di maggior respiro, l’Adagio e Allegro op. 70 è una pagina tutt’altro che incidentale. Essa inaugura, anzi, una serie di brevi composizioni per organico ristretto (Fantasiestücke, Romanzen, Stücke im Volkston, Märchenbilder, Märchenerzählungen, in una sequenza di combinazioni strumentali l’una diversa dall’altra) che vedranno la luce nel giro di pochi anni, tutte in forma libera e talvolta, non a caso, ispirate a un immaginario figurativo di carattere fantastico. Calato in una dimensione di metafisica serenità, l’Adagio (“con molta espressione”) presenta un tema legato, privo di forti contrasti dinamici eppure imprevedibile nelle sue virate melodiche, caratterizzato da lunghe note tenute e frequenti passaggi cromatici. Discretissimo, il pianoforte sostiene morbidamente il canto del corno con semplici figure d’accompagnamento, che abbandona, di tanto in tanto, per rilanciare l’impulso tematico. Il clima cambia bruscamente con il fulminante attacco dell’Allegro. Le rapide figurazioni che il corno deve sostenere, spaziando in una vasta area della sua estensione naturale, danno l’idea del carattere virtuosistico di questo pezzo e della grande abilità tecnica richiesta all’esecutore. Strutturato in forma di “rondò”, l’Allegro alterna il tema principale con episodi più lirici, tra i quali spicca l’ultimo, in una tonalità lontana, in cui riemergono spunti melodici e ritmici riconducibili all’Adagio introduttivo. come una passeggiata ad una mostra, ed ognuno dei brevi brani è la rappresentazione musicale di un dipinto. L’unico a fare eccezione è Promenade, un breve “intervallo” che rappresenta la passeggiata dello spettatore - ascoltatore all’interno della mostra, in un itinerario di “osservazioni”. Nel 1922 Maurice Ravel compose un arrangiamento per orchestra dell’opera che divenne, col tempo, più nota della versione originale per pianoforte. Ravel utilizzava spesso il sassofono nelle sue orchestrazioni, e lo fece anche in questo caso: ne “Il Vecchio Castello”, il secondo quadro (ma quarto brano della composizione, perché il primo e il terzo sono due promenades), la voce che espone il tema principale è affidata al sassofono. La versione per sassofono e pianoforte deriva quindi dall’arrangiamento orchestrale di Ravel. Darius Milhaud - Scaramouche Q Graham Fitkin - Gate uest’opera nasce come Suite per due pianoforti da Darius Milhaud su commissione di Ida Jankelevitch e Marcelle Meyer, nel 1937, riprendendo una musica di scena realizzata, nello stesso anno, per la farsa Il medico volante di Molière. Nel 1939 egli ne compose una versione per sassofono e orchestra, che viene anche eseguita nella riscrittura per sassofono e pianoforte. L’autore aveva vissuto, durante la prima guerra mondiale, in Sud America, ed era rimasto molto colpito e ammirato dal folklore e dai ritmi locali. Questo risulta evidente soprattutto dal terzo ed ultimo movimento della vivace e seducente Suite, una vera e propria samba intitolata “Brasileira”. G Piet Swerts - Klonos Giovanni D’Alò raham Fitkin, nato nel 1963 è considerato uno dei più promettenti compositori britannici della sua generazione, e le sue opere - che rientrano nel genere minimalista e postminimalista - sono state eseguite nelle più importanti sale da concerto del mondo. Fitkin, vincitore per due volte del British Composer Award, ha composto diverse opere per sassofono, e Gate (scritto nel 2001 per sassofono soprano e pianoforte) è un brano di dimensioni contenute che prende vita da due semplici note che si alternano; la struttura va arricchendosi durante lo sviluppo della pagina, e dà la sensazione di un lungo crescendo che sfrutta l’agilità tipica del sax soprano. Modest Musorgskij - “Il vecchio castello” N el 1874 Modest Musorgskij compose un’opera per pianoforte che sarebbe diventata celeberrima: quindici brani intitolati Quadri di un’esposizione. La composizione è strutturata P iet Swerts è un valente direttore, pianista e compositore belga nato nel 1960. Autore di un già vasto catalogo che oggi assomma ad almeno 200 lavori eseguiti in ogni parte del mondo, Swierts si è dedicato più volte ad opere su commissione, in special modo per competizioni strumentali. Klonos è stato composto nel 1993 come brano obbligatorio per uno dei più importanti concorsi internazionali di sassofono, il Concorso internazionale di Dinant, città natale dell’inventore del sassofono, Adolphe Sax. Si tratta di un brano altamente virtuosistico, composto in un classico schema ternario A - B - A, in cui la parte centrale rappresenta un’interessantissima ricerca timbrica basata su un gioco di armonici fra sassofono e pianoforte. La prima e la terza parte, al contrario, sono una folle corsa virtuosistica in cui sassofono e pianoforte gareggiano fino al travolgente finale, in cui nessuno esce sconfitto. 41 Amanda Sandrelli e il Duo Bandini Chiacchiaretta, ospiti di Società della Musica nella stagione 2012 22 aprile Teatro Bibiena, ore 20.45 MILENA VUKOTIC voce MARIO ANCILLOTTI flauto SIMONE SOLDATI pianoforte “Quando la musica è riflesso della vita” Un intreccio di letture e musica a svelar l’origine dell’ispirazione musicale W. A. Mozart Lettera alla cugina P. Louys Lettura di estratti da “Les chansons de Bilitis” Sonata in do maggiore per flauto e pianoforte, K. 14 Allegro Allegro Minuetto I e II en carillon C. Debussy Sei epigrafi antiche, per flauto e pianoforte Pour invoquer Pan Pour un tombeau sans nom Pour que la nuit soit propice Pour la danseuse aux crotales Pour l’Egyptienne Pour remercier la pluie au matin Lettera ad un amico e al padre scritta durante il viaggio a Parigi per la morte della madre Sonata in mi minore per flauto e pianoforte, K. 304 Allegro Tempo di Minuetto ••• con la partecipazione di: L. M. Fouqué Lettura di estratti della favola “Undine” C. Reinecke Sonata in mi minore per flauto e pianoforte op. 167 “Undine” Allegro Intermezzo Andante tranquillo Finale 43 MILENA VUKOTIC M ilena Vukotic è nata a Roma da padre jugoslavo commediografo e da madre italiana, pianista e compositrice. Ha seguito gli studi artistici a Londra, Vienna e, in seguito, a Parigi, dove ha studiato pianoforte, danza e recitazione e ha vinto il primo premio per la danza al Conservatoire National de Musique. Dopo una breve esperienza nel corpo di ballo dell’Opéra, ha fatto parte per alcuni anni della compagnia internazionale Grand Ballet du Marquis de Cuevas e della compagnia di Roland Petit, con le quali ha girato tutto il mondo. A Parigi, allo stesso tempo, seguiva i corsi di recitazione alla prestigiosa scuola di Tania Balachova e faceva le prime esperienze di attrice nei teatri di avanguardia. Tornata a Roma negli anni Sessanta, ha iniziato la carriera teatrale nella compagnia Morelli-Stoppa, lavorando via via con registi come Giorgio Strehler, Franco Zeffirelli, Franco Enriquez, Maurizio Scaparro, Paolo Poli, Benno Besson, Piero Maccarinelli, Mario Missiroli, Lina Wertmüller, ecc. Quanto all’attività cinematografica, particolarmente intensa con oltre cento titoli all’attivo, ha recitato in film diretti, tra gli altri, da Alessandro Blasetti, Federico Fellini, Alberto Lattuada, Lina Wertmüller, Mauro Bolognini, Ettore Scola, Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Dino Risi, Bernardo Bertolucci, Andrej Tarkovskij, Jean- Jacques Beineix, Nagisa Oshima, in ruoli sia drammatici che di genere leggero e comico. È stata interprete degli ultimi tre film del grande Luis Buñuel ed è particolarmente popolare per la serie dei film di “Fantozzi” (sugli schermi tra il 1980 e il 2000) in cui ha il ruolo della moglie Pina. Nel 2003 ha preso parte a “Le seduttrici”, regia di Mike Baker e nel 2007 a “Saturno contro”, di Ferzan Ozpetek. Nel 2007 ha ricevuto il Ciak d’oro alla carriera. È molto attiva anche in televisione, per la quale ha iniziato con il “Giamburrasca” (1964) di Lina Wertmüller e ha partecipato a sceneggiati diretti, tra gli altri, da Guido Stagnaro, Raffaele Maiello, Renato Castellani, Sandro Sequi, Vittorio Cottafavi, Massimo Scaglione, fino alla recente e popolare serie “Un medico in famiglia” nella quale interpreta uno dei ruoli principali. Ha spesso recitato, sia per il cinema che per la televisione, anche all’estero, negli Stati Uniti, ma soprattutto in Germania, Austria e Francia. 44 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Nel 2002 le è stato assegnato il premio “Eleonora Duse” in riconoscimento della sua prestigiosa carriera teatrale, in particolare per le interpretazioni, in quello stesso anno, di “Le donne di Picasso” di Brian McAvera, con la regia di Terry D’Alfonso, e “Notte di grazia scendi” di Samuel Beckett, diretta da Mario Morini. Nelle stagioni teatrali 2004-05 e 2005-06 ha interpretato il dramma “Lasciami andare, madre” di Helga Schneider, per la regia di Lina Wertmüller, e i monologhi “Il piccolo portinaio” di Marco Amato, regia di Walter Manfré, e “Alice x Alice = Alice” di Valeria Moretti, con la regia di Marco Mattolini. È stata la voce recitante in numerosi lavori, tra cui “Pierino e il lupo”, “Histoire du soldat” ed “Enoch Arden”, con importanti orchestre, con il violinista Salvatore Accardo, il violoncellista Rocco Filippini e i pianisti Antonio Ballista, Bruno Canino, Angela Annese, Filippo Faes, Giuseppe Bruno. MARIO ANCILLOTTI M ario Ancillotti è uno dei musicisti più rappresentativi italiani, sia nell’ambito del suo strumento che nella sua recente attività di organizzatore e direttore. La sua fama è universalmente riconosciuta ed ha avuto attività nei cinque continenti. Si è formato al Conservatorio di Firenze dove ha incontrato grandi musicisti: Luigi Dallapiccola, Roberto Lupi, Quartetto Italiano, Piero Bellugi. Successivamente si trasferiva a Roma ricoprendo assieme a Severino Gazzelloni l’incarico di 1° Flauto dell’Orchestra della Rai e successivamente di Santa Cecilia. Più tardi si è dedicato interamente all’attività solistica, collaborando con grandi musicisti: Accardo, Muti, Berio, Petrassi, Penderecki, Sciarrino, Henze, Canino, Spivakov, Giuranna, e suonando sotto la guida di Maag, Bellugi, Cambreling, Bour, Soudant, Gelmetti, Penderecki, Melles, Muhai Tang, etc. Ha insegnato per venti anni ai Corsi Speciali della Scuola di Musica di Fiesole che riunisce i più titolati musicisti da tutto il mondo. È inoltre docente da 20 anni alla Scuola Universitaria di Musica di Lugano, Svizzera, e tiene corsi e seminari in Austria, Germania, Usa, Messico, Cile, Argentina, Cina, Repubblica Ceca, Italia . La sua attività si è poi allargata con il complesso Nuovo Contrappunto di cui è direttore ed animatore. I progetti nati da esso, sono stati divulgati in Italia, Austria, Svizzera, Svezia, e sono stati incisi in due CD dedicati a Debussy, Ravel e de Falla nella doppia veste di direttore e di solista. Organizza due stagioni musicali molto particolari a Firenze e all’Isola d’Elba. La rassegna fiorentina, SUONI RIFLESSI, da lui ideata, lo ha portato ad essere invitato come direttore in diverse orchestre italiane. È uscito nel marzo 2012 un suo CD interamente dedicato a musiche bachiane per la rivista Amadeus, e ora l’intera opera per flauto per la Camerata Tokyo. Dunque musicista con interessi e partecipazioni anche fuori dell’ambito strettamente musicale che ne fanno un personaggio moderno e di ampio respiro culturale. 45 SIMONE SOLDATI L’ attività discografica di Simone Soldati, in larga parte dedicata alla divulgazione dei musicisti nati a Lucca - sua città natale - (Boccherini, D.Puccini, Catalani, G.Puccini, Giani Luporini) ha riscosso negli anni importanti consensi dalla critica specializzata (“...Grande vitalità ed ottimo effetto…” Riccardo Risaliti su CD Classics) e meritato l’attenzione di Riccardo Muti. Primo premio in numerosi concorsi pianistici, Soldati rivolge, in particolare, la sua attività alla musica d’insieme suonando con Mario Ancillotti, Simone Bernardini (violinista dei Berliner Philarmoniker), Alberto Bologni, Alain Meunier, Franco Maggio Ormezowsky, Gabriele Ragghianti, Cristiano Rossi, Susanna Rigacci, Natasha Korsakova con la quale ha tenuto un concerto a Roma, in Piazza del Campidoglio, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana. Interessato alla letteratura e alle arti visive ama realizzare progetti in grado di favorire l’incontro della musica con altre espressioni artistiche. Con l’Ensemble Nuovo Contrappunto ha avuto modo di collaborare con Moni Ovadia, la vocalist Anne Ducros, le cantaore Esperanza Fernandez e Charo Martin, gli attori Pino Caruso, Ugo Pagliai, Elio Pandolfi. Ha lavorato inoltre con Lello Arena, Arnoldo Foà ed il giornalista e scrittore Antonio Caprarica. Ha tenuto prime esecuzioni di musiche di Gaetano Giani Luporini, Fabrizio Festa e Marcello Panni. Simone Soldati è stato presente nelle stagioni di prestigiose istituzioni tra le quali Bologna Musica Insieme, Bologna Festival, Amici della Musica di Foggia, Palermo, Perugia, Pistoia e Udine, Festival Opera Barga, Festival di Camerino, Festival Pianistico di Carrara, Società Barattelli a L’Aquila, Camerata Musicale Barese, Centro Busoni di Empoli, Teatro di Monfalcone, I Concerti della Normale a Pisa, Festival Suoni Riflessi a Firenze, Società della Musica di Mantova, Festival Lucca in Musica, Orchestra Cantelli di Milano, Associazione Scarlatti di Napoli, Festival di Portogruaro, Istituzione Universitaria dei Concerti a Roma, Unione Musicale e Festival Settembre Musica a Torino, Associazione Filarmonica Umbra a Terni, Società dei Concerti di Trieste. Ha suonato poi in Austria dove grazie a Gustav Kuhn ha partecipato al Tiroler Festspiele di Erl, in Germania al Berlin International Music Festival, in Inghilterra e Svizzera. È stato ospite in trasmissioni della RAI e le sue esecuzioni sono state trasmesse dalla Radio Vaticana, Rete Toscana Classica, 46 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Radio Swiss Classic. Simone Soldati ha studiato pianoforte all’Istituto Musicale “Pietro Mascagni” di Livorno con Francesco Cipriano diplomandosi con il massimo dei voti e la lode. Ha proseguito la sua formazione con Andrea Lucchesini, Maria Tipo, Alessandro Specchi, Dario De Rosa e Konstantin Bogino. Ha fatto parte del Consiglio Direttivo del Centro “Tempo Reale”, fondato a Firenze da Luciano Berio ed attualmente contribuisce attivamente alla programmazione dell’Associazione Musicale Lucchese. Per la sua attività artistica e per il suo impegno nel campo della diffusione della cultura musicale è stato insignito del Premio ”Lions Club Le Mura”. Insegna al Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova. note all’ascolto Musica e parola ormai è un classico. Perché? Perché la musica è un riflesso della vita, nasce da tutte quelle emozioni, situazioni, stimoli culturali che hanno movimentato l’esistenza degli autori. E sempre dietro la scrittura di una opera musicale si celano motivazioni personali ed intellettuali. È perciò interessante indagare su come e su perché esse sono nate e ancor più mostrarlo al pubblico, che spesso tende a credere che l’”ispirazione” nasca da una sorta di afflato divino. Ecco allora il Mozart fanciullo della Sonata K. 14, che fa parte della unica serie di sonate dedicate al flauto, accanto alle sbarazzine lettere alla cugina, e la bellissima Sonata K. 304 in mi min. scritta in occasione della morte della mamma, durante il suo viaggio a Parigi del 1778, intima, dolorosa e visionaria, che rielabora un minuetto infantile come tenera rimembranza dell’amore materno, accanto alle due lettere scritte in occasione del tragico avvenimento ad un amico per preparare il padre alla tremenda notizia, e al padre stesso. Poi le meravigliose Sei Epigrafi antiche di Debussy, scritte per pianoforte a quattro mani, ma sul materiale preesistente delle Chansons de Bilitis, un affascinante brano per 2 flauti, 2 arpe, e celesta in cui la musica è intervallata dalle stupende liriche di Pierre Louÿs, materiale, dunque, che legittima la bella trascrizione per flauto e pianoforte, nella quale si è voluto ripristinare l’alternanza con le liriche per illustrarne in maniera stupenda la comune poetica. E infine, e in questo caso quasi di musica a programma si tratta, la bella Sonata “Undine” di Carl Reinecke che ripercorre la storia della ninfa dei boschi e del principe Huldebrand, secondo il binomio Eros-Thanatos, in un clima di romanticismo naturalistico e fantastico che nasce dalla favola di La Motte Fouqué, di cui verranno letti degli estratti, ma anche dalle impressioni dell’ascolto dell’opera Undine di E.T.A Hoffmann. La presenza di una attrice come Milena Vukotic, che nasce da famiglia di musicisti e che nella musica ha sempre avuto un punto di riferimento per la sua arte, è la splendida valorizzazione per un programma particolarmente raffinato e bello. Mario Ancillotti 47 Foto di Mirko Di Gangi - archivio Gazzetta di Mantova Uto Ughi e Alessandro Specchi, ospiti di Società della Musica nella stagione 2012 48 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 6 maggio Auditorium Monteverdi, ore 20.45 ALBERTO MARIA RUTA violino ANTONELLO CANNAVALE pianoforte “La Sonatina per violino e pianoforte” il concerto è realizzato grazie a: F. Schubert Sonatina op. 137 n. 2 in la minore Allegro moderato Andante Menuetto: Allegro Allegro J. Francaix Sonatine (1934) Vivace Andante Thème varié ••• A. Dvoràk Sonatina op. 100 in sol maggiore Allegro risoluto Larghetto Scherzo: molto vivace Finale: allegro molto 49 ALBERTO MARIA RUTA I nizia lo studio del violino con Giovanni Leone, viola del celebre Quintetto Chigiano, sotto la guida del quale si diploma con il massimo dei voti a 18 anni. Successivamente su consiglio di N. Brainin (primo violino del Quartetto Amadeus) approfondisce i segreti della tecnica violinistica a Londra dove segue il corso “Advanced Solo Studie” con Yfrah Neaman, discendente della scuola di C. Flesch, presso la Guildhall School, quindi presso la Scuola di Musica di Fiesole con P.Vernikov, Z. Giles, Y. Grubert. Hanno fortemente contribuito alla sua formazione illustri musicisti quali: P. Farulli, A. Nannoni, N. Brainin, H. Beyerle, M. Skampa, P. N. Masi, V. Berilinky. Si è esibito per le più prestigiose società di concerti italiane in formazioni cameristiche con artisti di calibro internazionale quali F. Petracchi, D. Rossi, V. Mendelsshon, A. Meunier, M. Campanella, G. Andaloro, M. Fossi, A. Lucchesini, F. J. Thiollier, R. Cominati, C. Ivaldi, C. Giuffredi, B. Canino, G. Corti, A. Farulli, S. Gazeau, M. Quarta. È il primo violino e fondatore del Quartetto d’archi Savinio (con il quale ha vinto il primo premio alla 17° edizione del Concorso Internazionale di Musica da Camera di Caltanissetta, 3° Premio D. Shostakovich Competition Moscow 2004, Premio Rimbotti 2003) ed è impegnato in una intensa attività concertistica (Amici della Musica di Firenze, Padova, Palermo, Ass. Mozart Italia, Musica Insieme Bologna, Accademia Filarmonica Bologna, Concerti del Quirinale con diffusione dal vivo su Radio 3, Wiltons Hall Londra, Sala CiaikovsKy Mosca, Unione Musicale Torino, Concerti de La Sapienza Roma, Teatro Verdi Salerno, Accademia Filarmonica Romana, Lingotto Musica Torino, Ravello Festival, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Bologna Festival, Festival Santander, Mozart Box, Biennale Venezia). La rivista Classic Voice ha pubblicato l’integrale dei 6 Quartetti di L. Cherubini con un doppio cd, disco che ora è un Doppio CD con etichetta Stradivarius pluripremiato (Premio del Disco Classic Voice, Premio Disco dell’Anno 2008 Musica e Dischi, Premio 5 Stelle MUSICA, AMADUES, SUONARE NEWS). Recentemente ha eseguito in tournèe il Triplo Concerto Op. 56 di Beethoven con il pianista A. Cannavale e il violoncellista A. Meunier. A. M. Ruta è spesso invitato a tenere Master Classes di Violino e Musica da Camera. Recentemente ha eseguito il Concerto per violino K216 di W. A. Mozart con la Orchestra Rossini di Pesaroe e la Sinfonia Concertante K364 con S. Braconi alla viola. A partire del 2012 sarà impegnato nell’esecuzione dell’Opera Integrale Quartettistica Beethoveniana. Sempre col Quartetto Savinio, ha ricevuto il Premio Carloni 2011 (Miglior Interprete) e ha fatto il suo debutto con la prestigiosa eticchetta DECCA. Nel 2013 da segnalare la 1° esecuzione di FETZEN di W. Rihm al Teatro La Pergola per gli Amici della Musica di Firenze, Ravello Festival, i Comcerti del QUIRINALE, Accademia Filarmonica Romana ecc.. Di lui hanno scritto: “…sicuramente, viste le sue innate doti tecniche e la sua sensibilità interpretativa, giocherà un ruolo importante nella vita musicale del suo paese.”(Yfrah Neaman),” provvisto di un’eccellente tecnica violinistica, mette con grande intelligenza e sensibilità al servizio del testo musicale queste sue bellissime doti.”(Piero Farulli). Suona un violino Marino Capicchioni 1963 Rimini. 50 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012 ANTONELLO CANNAVALE A nimato da una profonda attrazione per la Musica da Camera ha collaborato con artisti del calibro di A. Meunier, B. Boano, F. Petracchi, R. Mallozzi, L. Piovano, I. Grubert, C. Giuffredi, V. Ceccanti, J. Pernoo, S. Gazeau, M. Caroli. Con Alberto Maria Ruta, primo violino del Quartetto Savinio, ha eseguito le più belle pagine del repertorio cameristico come l’opera integrale delle sonate di Beethoven, Brahms, Prokofiev. Un recital del duo è stato recentemente trasmesso da Radio Vaticana e da Rai Radio-tre. Si è esibito per prestigiose società di concerti quali la Scarlatti di Napoli, l’Unione Musicale di Torino, il Ravello Festival, la Società del Quartetto di Vercelli, il Rossini Opera Festival di Pesaro, l’Ass. Filarmonica Umbra, il Festival MozArt Box, la Società dei Concerti di Parma, l’Istituzione Sinfonica Abruzzese... Insieme al pianista Francesco Caramiello è ideatore del Duo Wunderkammer, impegnato nella ricerca e diffusione del repertorio per due pianoforti di rara esecuzione. Ha eseguito la Nona Sinfonia di Beethoven nella trascrizione di F. Liszt per due pianoforti con il coro del Teatro San Carlo di Napoli al Ravello Festival e nella Stagione Autunnale del San Carlo. Dopo gli studi pianistici con M. Bertucci e di composizione con B. Mazzotta, presso il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, si è specializzato in Musica da Camera presso l’Accademia Pianistica di Imola e la Scuola Superiore Internazionale del Trio di Trieste. È docente di musica da camera al Conservatorio di Cosenza e ai corsi di perfezionamento del Gubbio Summer Festival. 51 note all’ascolto Schubert: Sonatina n. 2 in la minore op.137 L’ altro Schubert, verrebbe da dire incontrando le cosiddette Sonatine per violino e pianoforte (tre in tutto) che egli scrisse nel corso del 1816, immettendovi la grazia e la purezza della sua ispirazione. Uno Schubert che qui non si pone alla ricerca di messaggi eterni, ma di un’arte immediata, domestica, ed illuminata dallo splendore della semplicità. Il tono di queste tre partiture, che l’editore Diabelli decise di non titolare secondo la disposizione dell’autore (il giovane ma già esperto compositore - con già cinque sinfonie alle spalle - le aveva classificate Sonate), è colloquiale e di una comunicativa immediata, ma non mancano spunti di notevole interesse. Anche nella seconda Sonatina della serie, in la minore, l’elegante scrittura possiede doti d’indagine espressiva che vanno ben oltre il compito dell’intrattenimento, facendo balenare malinconie, spunti riflessivi e toccanti sottolineature drammatiche. A questo Schubert che sgorga naturale fra le memorie e le tradizioni del suo mondo, si guarda con ammirazione e sorpresa: nella piccola dimensione si ritrova il cuore pulsante del genio, l’umanità amichevole di chi, con la musica, racconta frammenti di vita. Français: Sonatina J ean Français non aveva che ventidue anni quando, nel 1934, ebbe a scrivere l’unica Sonatina per violino e pianoforte del suo catalogo da camera, rimasto per la verità non ricchissimo, sebbene ampliato fino alla fine degli anni Ottanta. Formatosi alla scuola celebre di Nadia Boulanger, ed inserito, senza farne parte formalmente, nella grande corrente moderna novecentesca frequentata anche da Poulenc e Milhaud, debitrice di un precedente rinnovamento stilistico e di pensiero, Français (pianista di valore, fra l’altro) fu un maestro di gusto eccellente e di penna abile e raffinatissima, senza assumere le sembianze dell’avanguardista iconoclasta. Lo definirono, non a torto, un «Offenbach formatosi alla scuola di Ravel», perché le sue pagine, scritte con autentica bravura, sono spesso ricche di briose leggerezze e deliziose malinconie che affascinano. Così anche la Sonatina per violino e pianoforte, dedicata a due interpreti celeberrimi come il violinista Jacques Thibaud 52 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 ed il pianista Alfred Cortot, suddivisa in tre sezioni piuttosto articolate: un “Vivace” d’apertura dallo spirito pungente, un “Andante” percorso da due spunti lirici diversi, e dall’impronta quasi infantile, ed infine un “Tema variato” (cinque le variazioni) che si apre ad atmosfere contrastanti, ora salottiere, ora vivacissime, ove la virtuosità strumentale si manifesta in sapide scritture di un bell’effetto trascinante. Dvorák: Sonatina in sol maggiore op.100 L a Sonatina op.100 fu l’ultimo lavoro “americano” da camera composto da Dvorák. In genere, in tutta la produzione risalente agli anni del suo soggiorno negli Stati Uniti, ove tra l’altro egli ebbe a dirigere il Conservatorio di New York con spirito umanitario (i poveri di talento poterono frequentare gratuitamente le lezioni), gli influssi del folclore s’intrecciano con le eredità di stile e di gusto europei, con esiti di indubbio fascino. Così è anche per questa partitura di contenute dimensioni ma di densa scrittura, dove lontane rimembranze patrie si sovrappongono ad echi di motivi carpiti alle minoranze del “nuovo mondo”, alle molte e diverse voci degli immigrati, fra tinte espressive che sembrano anche richiamare suggestioni paesaggistiche. Questa Sonatina, vibrante e vitale, fu dedicata da Dvorák a due dei suoi 6 figli, Otilka e Tonik (allora di rispettivamente quindici e dieci anni) e venne composta rapidamente, nel giro di due settimane, sul finire del 1893 (il maestro boemo era giunto negli Stati Uniti l’anno precedente) nello spirito di una gustosa e subitanea comprensibilità. Un particolare successo arrise, fin da subito, al secondo movimento “Larghetto”, in origine intitolato “Leggenda”, dominato da una liricità declinata in mille, cangianti riflessi. A. Z. 13 maggio Chiostro di San Barnaba, ore 20.45 FABIO FURIA bandoneon ALTRI SUONI “La Ultima Curda” il concerto è realizzato grazie a: C. Gardel El dia que me quieras J. S. Bach Preludio e fuga in do minore A. Villoldo El Choclo A. Piazzolla Chiquilin de bachin C. Cobian La casita de mis viejos E. Arolas La cachila A. Piazzolla Los Suenos A. Troilo Garua A. Piazzolla Regreso al amor A. Piazzolla Adios Nonino A. Troilo La ultima curda G. M. Rodriguez La cumparsita S.C.M. Tecnologie S.r.l. Aeration & Mixing Tecnologie per l’ambiente A. Troilo Che Bandoneon ••• 53 FABIO FURIA F abio Furia, compositore ed arrangiatore, è considerato dalla critica uno dei migliori bandoneonisti d’Europa. La sua attività concertistica lo ha portato ad esibirsi in tutto il mondo nelle più importanti sale da concerto fra cui la Dvorak Hall del Rudolfinum di Praga, il Teatro Bozar di Bruxelles, il Teatro Lirico di Cagliari, l’Onassis Culture Center di Atene e la Großer Saal di Klagenfürt. Molto apprezzato a livello internazionale, il suo talento è noto a numerose istituzioni e festival musicali, nazionali ed internazionali. Tra gli altri: il Festival di Lubjana, l’Emilia Romagna Festival, il Festival de Nancy, il Maggio dei Monumenti (Napoli), Nei Suoni dei Luoghi, Festival Spaziomusica, Settimane musicali bresciane, Gubbio Summer Festival, Les Floraison Musicales, Recontres musicales en Lorraine. Ha collaborato con prestigiosi musicisti ed ensemble, quali: Solisti della Scala, Anna Tifu, Antony Pay, Franco Maggio Ormezowski, Stefano Pagliani, Roberto Cappello, Turner String Quartett, Kodàly String Quartett, Budapest String Orchestra, Accademia Strumentale di Roma, Pierre Hommage, Michel Michalakakos, Jean Ferrandis, Hugues Leclere, Salzburg Chamber Soloists, Orchestra Sinfonica di Kiev, Baden Baden Sinphony Orchestra, I Filarmonici Italiani, Kso Kärtner Sinfonieorchester, Gubbio Festival Ensemble, Quartetto Archimede, Romeo Scaccia, Trio Wanderer, Anne Gastinel, Duo Pepicelli. Si è esibito come solista in Italia, Canada, Messico, Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Francia, Slovenia, Macedonia, Lituania, Austria, Spagna, Giappone, Korea, Grecia, Libano e Stati Uniti. È fondatore e solista dei “ContraMilonga” con il quale si esibisce il tutto il mondo... Inizia lo studio di pianoforte e fisarmonica classica all’età di sette anni sotto la guida della professoressa Eliana Zajec. Successivamente, all’età di sedici anni, studia clarinetto al Conservatorio di Cagliari diplomandosi, con il massimo dei voti, in soli quattro anni, sotto la guida del M° Roberto Gander. Si è perfezionato con alcuni tra i migliori clarinettisti del mondo tra i quali Antony Pay, Alessandro Carbonare e Wenzel Fuchs. È direttore artistico della Scuola Civica di Musica di Iglesias e 54 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 dell’associazione culturale “Anton Stadler”, nonché ideatore di importanti rassegne musicali quali: Festival Internazionale di Musica da Camera, Colori e Note, Festival ARTango, Liberevento etc. Dal 2008 è direttore artistico di “Vinum in Musica”, poi “Carignano Music Experience”. note all’ascolto La Ultima Curda U n repertorio interamente dedicato al bandoneon, strumento principe e simbolo del tango. Utilizzato alle origini esclusivamente in Germania per le chiese che non potevano permettersi un armonium, il destino regala al bandoneon una storia un pò bizzarra conducendolo nei bordelli di Buenos Aires ad interpretare il tango, musica tanto sensuale ed affascinante, quanto considerata allora proibita e scandalosa. Così, in questo programma, si fondono le due anime del bandoneon: quella “sacra” del suo suono grave e legato alla liturgia della chiesa luterana, e quella “profana” della musica che da sempre lo contraddistingue, spaziando da Bach al tango tradizionale di Gardel, Villoldo e Arolas sino al tango nuevo di Piazzolla. Un repertorio che va oltre i più diffusi programmi di tango, proponendo una selezione di capolavori e rarità musicali di grande impatto emotivo. Grandi pagine della storia musicale classica e contemporanea si mescolano a brani meno noti ma di grandissimo pregio artistico, affiancando ad arrangiamenti di celebri interpreti quali Leopoldo Federico ed Astor Piazzolla, rivisitazioni originali dello stesso Fabio Furia. Sessanta minuti di grande musica, tra tradizione e avanguardia, in un’atmosfera di fascino e charme. Fabio Furia 55 56 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 20 maggio Teatro Bibiena ore 19.00 QUARTETTO DI VENEZIA ore 21.00 MARCELLO NARDIS tenore BRUNO CANINO pianoforte “Viva Verdi” ore 19.00 - Quartetto di Venezia ore 21.00 - Marcello Nardis, Bruno Canino G. Verdi Quartetto in mi minore per archi Allegro Andantino Prestissimo Scherzo, fuga G. Verdi Composizioni vocali da camera L’esule (1839) La seduzione (1839) II poveretto (1847) Stornello (1869) 6 Romanze (1838): - Non t’accostare all’ urna - More, Elisa, lo stanco poeta - In solitaria stanza - Nell’ orror di notte oscura - Perduta ho la pace - Deh, pietoso, oh Addolorata 6 Romanze (1845): - II tramonto - La zingara - Ad una stella - Lo spazzacamino - II mistero - Brindisi” (2a versione) il concerto è realizzato grazie a: 57 QUARTETTO DI VENEZIA ANDREA VIO, violino ALBERTO BATTISTON, violino GIANCARLO DI VACRI, viola ANGELO ZANIN, violoncello D ella loro vocazione ai vertici più ardui del camerismo è testimone Bruno Giuranna: “È un complesso che spicca con risalto nel pur vario e vasto panorama musicale europeo. La perfetta padronanza tecnica e la forza delle interpretazioni, caratterizzate dalla spinta verso un valore assoluto propria dei veri interpreti, pongono il “Quartetto di Venezia” ai vertici della categoria e fra i pochissimi degni di coprire il ruolo dei grandi Quartetti del passato”. Times (WQXR), ORF1, Schweizer DRS2, Suisse Romande, Radio Clasica Espanola, MBC Sudcoreana. Spinto dal piacere del suonare assieme, l’ensemble ha collaborato con artisti di fama mondiale tra i quali Bruno Giuranna,”Quartetto Borodin”, “Quartetto Prazak”, Piero Farulli, Paul Szabo, Oscar Ghiglia, Danilo Rossi, Dieter Flury (1° Flauto dei Wiener Philarmoniker), Pietro De Maria, Alberto Nosè. Sfogliando il volume delle testimonianze critiche, l’elogio più bello sembra quello formulato sul “Los Angeles Times” da Daniel Cariaga: ”questo quartetto è più che affascinante, è sincero e concreto”. Rigore analitico e passione sono i caratteri distintivi dell’ensemble veneziano, qualità ereditate da due scuole fondamentali dell’interpretazione quartettistica: quella del “Quartetto Italiano” sotto la guida del M° Piero Farulli e la Scuola Mitteleuropea del “Quartetto Vegh”, tramite i numerosi incontri avuti con Sandor Vegh e Paul Szabo. In occasione del 25° anniversario, il “Quartetto di Venezia” ha ricevuto l’alto riconoscimento del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Il “Quartetto di Venezia” ha suonato in alcuni tra i maggiori Festivals Internazionali in Italia e nel mondo tra cui la National Gallery a Washington, Palazzo delle Nazioni Unite a New York, Sala Unesco a Parigi, IUC a Roma, Serate Musicali di Milano, Kissinger Sommer, Ossiach/Villach, Klangbogen Vienna, Palau de la Musica Barcellona, Tivoli Copenhagen, Societè Philarmonique a Bruxelles. È stato recentemente invitato dal CIDIM per una lunga tournée in Sud America: Argentina, Brasile e Uruguay. Ha avuto l’onore di suonare per Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e per il Presidente della Repubblica Italiana. Il repertorio del “Quartetto di Venezia” è estremamente ricco ed include, oltre al repertorio più noto, opere raramente eseguite come i quartetti di G. F. Malipiero (“Premio della Critica Italiana” quale migliore incisione cameristica). La vasta produzione discografica include 19 CD per la Dynamic, Fonit Cetra, Unicef, Aura, Koch. Ultima produzione è l’uscita dell’integrale dei sei quartetti di Luigi Cherubini, registrati per la DECCA in tre cd. Numerose sono anche le registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI & RAI International, Bayerischer Rundfunk, New York 58 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 Dall’agosto 2010 Giancarlo di Vacri è la nuova viola del quartetto e sostituisce, dopo più di 25 anni di attività, Luca Morassutti. Nel 2013 il QdV festeggerà i primi 30 anni di attività artistica. note all’ascolto I l Quartetto di Giuseppe Verdi nasce con una storia da subito controversa forse a causa dell’atteggiamento contraddittorio del suo stesso creatore; questi lo definì “una pianta fuori clima” destando il dubbio che lo ritenesse un figlio ‘minore’, in più occasioni scrisse di averlo composto non credendoci molto ma piuttosto per vincere l’ozio. Suo malgrado però, nonostante alla prima esecuzione in forma privata a Napoli il 1° aprile 1873 fossero presenti non più di otto persone, in breve tempo il Quartetto fu apprezzato e conosciuto negli ambienti musicali italiani e dopo soli tre anni fu pubblicato e eseguito in Francia, Inghilterra e persino nella patria del genere, ovvero nel mondo austro-tedesco. Nel 1876 Ricordi menziona il successo del Quartetto dichiarando che il lavoro fosse “degno della fama del suo autore” e che in particolare il pubblico era stato impressionato favorevolmente dal tema del violoncello nel terzo tempo tanto da richiederne un bis. È pur vero che ci furono rivalità sotterranee, da quell’ambiente quartettistico di gusto “classico” che predominava in Italia e che fu la causa della tarda esecuzione del lavoro verdiano presso la Società del Quartetto di Milano, avvenuta solo nel 1901. Proprio a questo pubblico si riferiva forse Verdi nella dizione “fuori clima”, avvertendo di presentare un’opera non in linea con l’atmosfera dominante, ma anzi con tratti nuovi e originali. In altre pagine si risolve infatti il suo atteggiamento contraddittorio e si evince che il suo desiderio fosse in particolare teso alla corretta esecuzione della sua musica: “… tutto deve sortire, anche nei contrappunti più complicati, netto e chiaro; e questo si ottiene suonando leggerissimamente, e molto staccato in modo che si distingua sempre il soggetto sia dritto che rovesciato”. Il compositore si riferisce in particolare all’ultimo tempo in forma di fuga, ma lo stile composto e cristallino risulta di particolare efficacia anche negli altri tempi e sottolinea con convinzione il contrasto di omoritmia e scrittura contrappuntistica che risulta essere uno dei caratteri salienti dell’opera. La struttura del lavoro, che si basa sul ritorno quasi ciclico di cellule ritmiche e motiviche scaturite dal primo tema, presentato in apertura dal secondo violino, conferma che il quartetto sia tutt’altro che un diversivo ma anzi un’opera melodicamente studiata nei minimi dettagli. Dopo il primo tempo con carattere spesso vigoroso e dai toni perentori, i tempi centrali si presentano più leggeri nel carattere e meno complessi nella forma, con una discendenza più acclarata dallo stile strumentale italiano, permeato di gesti operistici, a mò di teatro da camera per quattro strumenti. Ne è un esempio il tema civettuolo del primo violino nel 2° tempo o il già citato cantabile del violoncello nella sezione centrale del 3°. 59 MARCELLO NARDIS BRUNO CANINO […] grazie alla maestrìa vocale di Marcello Nardis che è il più grande cantante di Lieder italiano dei nostri giorni, forse di sempre […] IL ROMA 01.06.12 B S i è laureato con lode in Greco antico e archeologia cristiana, conseguendo parallelamente I diploma di pianoforte, canto e musica vocale da camera nei Conservatori di Musica di Roma, Napoli e Firenze. Ha completato la formazione musicale perfezionandosi alla Liszt Hochschule di Weimar con Peter Schreier e al Mozarteum di Salisburgo con Kurt Widmer. Già pianista, ha debuttato come tenore nel 2003, per la Giornata Mondiale della Gioventù in Canada, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II. Da quel momento ha iniziato una intensa attività artistica, ospite di Istituzioni come: il Teatro alla Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia o il San Carlo di Napoli, il Liceu di Barcellona o il New National Theatre di Tokyo, il Festival di Salisburgo, l’Opéra di Parigi a fianco di direttori quali Muti, Rousset, Savall o Chung e pianisti come Ballista, Campanella, Canino. Particolarmente dedito al repertorio liederistico, di cui è riconosciuto interprete italiano di riferimento, ha eseguito più di 70 volte il ciclo schubertiano della Winterreise talvolta nella doppia veste, simultaneamente, di pianista e cantante. Ha cantato per le massime Società di concerto italiane ed estere - primo tenore italiano a Bayreuth- sarà presente alla Carnegie Hall di New York nel gennaio del 2013, nell’ambito del progetto “The Song Continues”. runo Canino, nato a Napoli, ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano, dove poi ha insegnato per 24 anni; e per dieci anni ha tenuto il corso di pianoforte, e musica da camera al Conservatorio di Berna. Come solista e pianista da camera ha suonato nelle principali sale da concerto e Festivals europei, in America, Australia, Unione Sovietica, Giappone, Cina. Suona in duo pianistico con Antonio Ballista, e collabora con illustri strumentisti come Accardo, Ughi, Amoyal, Itzahk Perlman, Blacher. È stato dal 1999 al 2002 direttore della Sezione Musica della Biennale di Venezia. Si è dedicato in modo particolare alla musica contemporanea, lavorando, fra gli altri, con Pierre Boulez, Luciano Berio, KarlHeinz Stockhausen, Georgy Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Sylvano Bussotti, di cui spesso ha eseguito opere in prima esecuzione. Ha suonato sotto la direzione di Abbado, Muti, Chailly, Sawallisch, Berio, Boulez, con Orchestre come La Filarmonica della Scala, Santa Cecilia, Berliner Philarmoniker, New York Philarmonia, Philadelphia Orchestra, Orchestre National de France. Tiene regolarmente masteclass per pianoforte solista e musica da camera, in Italia, Germania, Giappone, Spagna, e partecipa al Marlboro Festival negli Stati Uniti. Attualmente insegna all’Istituto Música de Cámara a Madrid. È spesso invitato a far parte di giurie di importanti concorsi pianistici internazionali. Il suo libro “Vademecum del pianista da camera” è edito da Passigli. note all’ascolto G iuseppe Verdi, come ben si sa, fu essenzialmente uomo di teatro. Tanto la sua produzione operistica testimonia un’insistenza appassionata e vitale, tradotta anche in un forte sacrificio personale (i cosiddetti “anni di galera”, da lui stesso evocati, compresi tra il il 1843 e il 1850, che videro nascere la bellezza di dodici nuovi titoli), così il catalogo delle musiche cameristiche appare come un prodotto secondario, dettato dalle circostanze. Le non molte pagine di questo genere nascono, grosso modo, verso la metà del secolo, nel pieno di un’età romantica che fuori d’Italia assistette all’apparire di una musica vocale diversa, carica d’un sentimento ed un approfondimento di toni legatissimi all’eccellenza dei testi poetici. Di qui una storia fitta di capolavori incancellabili, peraltro mai sentiti necessari (ed oggi l’estraneità non è molto dissimile da quel passato) nella patria del melodramma. Dunque, con Verdi si assiste ad un camerismo, appunto, del tutto italiano: nella chiarezza - spesso sintetica se non persino semplificata - della scrittura, nella espressione robusta, nella evidente assonanza ad uno stile asservito alle esigenze della scena, o meglio del personaggio in scena. La serie di 6 Romanze che compare nel 1838 inaugura un catalogo che rimarrà, negli anni, di piccole dimensioni, ed illustra, con molteplicità di sfumature, l’aspirazione ad intensità dolorose, di un’umanità sofferente. Il tono patetico è prevalente, e lo stile è senza dubbio fortemente parente di quello che giungerà in teatro, con sottolineature testuali che si riflettono in modificazioni del dettato musicale, svolgendo gli ariosi in episodi concatenati. nome di Verdi non solo dal citato Oberto, ma anche da Nabucco, Giovanna d’Arco e Attila, che prolungarono la collaborazione fra i due fino al 1846. Nel 1845 la casa editrice di Francesco Lucca pubblica la seconda serie di Romanze verdiane, raccolta di maggiori ambizioni espressive e di accentuata vivacità, per la quale sono utilizzati versi di tre autori: Manfredo Maggioni (per La zingara, Lo spazzacamino), Andrea Maffei (Il tramonto, Ad una stella, Brindisi) e Felice Romani (Il mistero), gli ultimi due legati anche ad opere del bussetano, rispettivamente I Masnadieri (1847) e Un giorno di regno (1840), e con ciò si conferma lo stretto legame che in Verdi si manifesta, fra scena lirica e salotto. Segue, poco appresso, un’altra breve pagina isolata, Il poveretto, ancora su parole di Maggioni (1847), pietosa supplica di un militare indigente, mentre Stornello (1869) è un’allegra, ironica e disincantata visione dell’amore. La paginetta, gradevolissima, comparve in un album firmato anche da altri autori in omaggio a Francesco Maria Piave, il librettista verso il quale Verdi fu più debitore (suoi, fra l’altro, Macbeth, Rigoletto e Traviata); e l’allegrezza che la pervade sembra proprio un inequivocabile, affettuoso ringraziamento. A. Z. Ogni attenzione va alla parola, all’accento chiarificatore ed eloquente (due dei 6 testi appartengono a Goethe, tradotto in lingua italiana dal poeta bussetano Luigi Balestra) mentre la scrittura pianistica si mantiene fedele ad una pulizia e semplicità di tratto ad essa integrata, ma con ruolo complementare. Tutto ciò avviene l’anno precedente il primo titolo operistico verdiano, Oberto, conte di San Bonifacio, titolo che invece è contemporaneo di due altre pagine da camera isolate: La seduzione, una commossa pagina, ancora su testo di Balestra, e L’esule, lavoro ben più articolato ed esteso, quasi una scena lirica, su parole di Temistocle Solera, un poeta-librettista legato al 61 artisti ospiti di Società della Musica Accademia degli Invaghiti, Joaquin Achucarro, Romano Adami, Giuseppe Albanese, Alti & Bassi, Mario Ancillotti, Alberto Arbizzi, Arena di Verona Brass Quintet, Art Ensemble of Soccavo, Artango, Auer Quartet, Austrian Brass Quintett, Luis Bacalov, Andrea Bacchetti, Stefano Bagnoli, Ramin Bahrami, Giampaolo Bandini, Anna Lisa Bellini, Maria Grazia Bellocchio, Paolo Beltramini, Maurizio Ben Omar, Umberto Benedetti Michelangeli, Manlio Benzi, Boris Berezowski, Sonia Bergamasco, Luca Bertazzi, Umberto Bertetti, Camillo Bertetti, Riccardo Biancoli, Fabio Bidini, Stefano Bollani, Paolo Bonomini, Angelo Borroni, Pietro Bosna, Laura Bortolotto, Tara Bouman, Enrico Bronzi, Mario Brunello, Eduard Brunner, Stanislav Bunin, Cristiano Burato, Davide Burani, Pierluigi Camicia, Bruno Canino, Sandro Cappelletto, Alessandro Carbonare, Mauro Carbone, Giuliano Carmignola, Edoardo Catemario, Stefano Cerrato, Cesare Chiacchiaretta, Emanuele Cisi, Coro da Camera Ricercare Ensemble, Miriam Dal Don, Michel Dalberto, Massimiliano Damerini, Elisa De Luigi, Vincenzo De Vivo, Dedalo Ensemble, Enrico Degli Esposti Elisi, Daniele Di Bonaventura, Diego Dini Ciacci, Dire Gelt, Avi Downes, Shana Downes, Andrea Dulbecco, Duo Alkan, Duo Franzoso Ongaro, Duo Gulli Cavallo, Duo Mantovani Miodini, Duo Meunier Turicchia, Duo Pepicelli, Duo Petrouchka, Duo Poltera Kolly, Duo Smailovich De Simone, Duo Tumeo Rapetti, Ensemble Contemporaneo del Conservatorio di Mantova, Ensemble Nuovo Contrappunto, Ensemble Variabile, Giuseppe Ettorre, Fabrizio Falasca, Michael Flaksman, Flatus Chordis, Angelo Foletto, Paolo Fresu, Richard Galliano, Filippo Gamba, Cecilia Gasdia, Roberto Gatti, Sofia Gelsomini, Ugo Gennarini, Teodora Gheorghiu, Paolo Ghidoni, Stefano Giavazzi, Javier Girotto, Gramelot Trio, Corrado Greco, Gruppo Musica Insieme di Cremona, Roberto Guglielmo, Simone Guiducci, Franco Gulli, Sofya Gulyak, Matthew Halls, Harp & Piano, Angela Hewitt, Ideko Hudagawa, Monica Huggett, I Fiati Associati, Janacek Quartet, Zoltan Kocsis, Natasha Korsakova, Sergej Krylov, 62 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013 L’arte dell’Arco, La Moreria, John Olaf Laneri, Enrica Lisciani Petrini, Rolf Lislevand, Louis Lortie, Andrea Lucchesini, Relja Lukic, Benedetto Lupo, Antonio Lysy, Alexander Madzar, Luca Magariello, Mandelring Quartet, Tito Mangialaio, Meditation Quartet, Fabrizio Meloni, Franco Mezzena, Marian Mika, Francesco Moi, Federico Mondelci, Marina Morelli, Neofonia, New Time in Tango, Nextime Junior Ensemble, Nuovo Quartetto Italiano, Orchestra d’Archi del Conservatorio di Mantova, Orchestra da Camera di Mantova, Orchestra Sinfonica Arturo Toscanini, Aldo Orvieto, Ottetto dei Virtuosi Italiani, Stefano Pagliani, Antonello Palombi, Vittorio Parisi, Murray Perahia, Eva Perfetti, Giovanni Gabriele Picciati Pieranunzi, Roberto Plano, Rodney Prada, Antonio Pulleghini, Paola Quagliata, Quartetto Anton Webern, Quartetto Bernini, Quartetto d’Archi della Scala, Quartetto d’Archi Prometeo, Quartetto di Cremona, Quartetto Fonè, Quartetto Klimt, Quartetto Kuss, Quartetto Meridies, Quartetto Prometeo, Quartetto Savinio, Quartetto Saxsofollia, Quartetto Tartini, Quintetto Bibiena, Piero Rattalino, Danilo Rea, Stefania Redaelli, Massimo Repellini, Luca Reverberi, Susanna Rigacci, Maria Ronchini, Danilo Rossi, Nagy Sandu, Amanda Sandrelli, Luca Schieppati, Marco Scolastra, Alexander Semchuk, Daniele Sepe, Alessandro Simoncini, Luca Simoncini, Wen Sinn Yang, Simone Soldati, Alessandro Specchi, Loris Stefanuto, Markustockhausen, Edoardo Maria Strabbioli, Jeffrey Swann, Swisschamberbrass, Tangoseis, Franco Testa, Marco Tezza, The Hilliard Ensemble, The Terem Quartet, Joel Francois Thiollier, Anna Tifu, Triestango, Trio Abendlied, Trio Broz, Trio d’Archi della Scala, Trio de gli Archi Italiani, Trio Debussy, Trio Des Alpes, Trio di Parma, Trio Italiano, Trio Johannes, Trio Matisse, Trio Tchaikowsky, Trio Wanderer, Sonia Turchetta, Hideko Udagawa, Uto Ughi, Mariangela Vacatello, Vienna Piano Trio, Sonia Visentini, Lorna Windsor, Simone Zanchini, Andrea Zaniboni, Mario Zara, Cristina Zavalloni, Lilya Zilberstein, Alexander Zimbrovsky, Leonardo Zunica, Michelangelo Zurletti 63 SOCIETÀ DELLA MUSICA Italo Scaietta, Presidente Studio Chiesa, Comunicazione Stefano Giavazzi, Direttore artistico Daniela Oliani, Segreteria Andrea Zaniboni, Consulente musicale Giulia Buzzi c/o Orchestra da Camera di Mantova, Biglietteria Davide Bardini, Consulente amministrativo Ivan Fiaccadori, Consulente tecnico seguici su: Valerio Novara, Relazioni esterne Giovanna Gamba, Addetto stampa HANNO SOSTENUTO IL NOSTRO PROGETTO: Fondazione Comunità Mantovana onlus abacogroup.eu sponsor tecnici: collaborazioni: S.C.M. Tecnologie S.r.l. Aeration & Mixing Tecnologie per l’ambiente Viale Risorgimento, 98 - 46100 Mantova [email protected] - www.societadellamusica.com