Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» Groenlandia Alaska U R S S CANADA MONGOLIA U SA CINA Azzorre COREA D. NORD COREA D. SUD IRAN PAKISTAN LIBIA CUBA ARABIA SAUDITA REP. DOMINICANA Portorico GUATEMALA Okinawa PAKISTAN OR. INDIA THAILANDIA PANAMÀ GIAPPONE TAIWAN VIETNAM D. NORD FILIPPINE VIETNAM D. SUD Il Muro di Berlino e la crisi di Cuba ISLANDA NORVEGIA SVEZIA FINLANDIA U IRLANDA REGNO UNITO PAESI BASSI GERMANIA BELGIO OVEST EST LUSS. FRANCIA SVIZZ. R S S USA e alleati POLONIA URSS e alleati CECOSLOV. Basi nucleari e altre basi USA (1962) AUSTRIA UNGHERIA PORTOGALLO BULGARIA Flotte militari USA ALBANIA TURCHIA IRAN GRECIA MAROCCO della Repubblica Democratica Tedesca eressero uno sbarramento per bloccare ogni via di comunicazione tra Berlino Est e Berlino Ovest. Le autorità comuniste intendevano in questo modo bloccare le continue fughe dei cittadini tedeschi orientali verso l’Occidente capitalista. Lo sbarramento sarebbe diventato presto un muro di cemento armato destinato a durare fino al 1989: simbolo tangibile della frattura che correva nel cuore Basi USA di missili intercontinentali IUGOSLAVIA ITALIA Le tensioni maturate dopo il 1945 tra USA e URSS non potevano tuttavia dissolversi all’istante, e nei primi anni Sessanta alcune gravissime crisi portarono i due blocchi vicino alla rottura definitiva. Grande scalpore suscitarono gli eventi che si verificarono in Germania nel 1961. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto, i soldati P. Picasso, i due pannelli di La guerra e la pace, 1952, Cappella di Vallauris. Basi di bombardieri USA ROMANIA SPAGNA a quello economico e tecnologico (impegnandosi nella corsa allo spazio) e cercò di migliorare il tenore di vita dei suoi concittadini. Nel settembre 1959 egli compì uno storico viaggio di tredici giorni negli Stati Uniti, con l’intenzione di vedere con i propri occhi come vivevano i «nemici» e mostrare loro il volto umano del comunismo. Il dialogo tra le due superpotenze poté svilupparsi quando alla Casa Bianca giunse, all’inizio del 1961, il giovane democratico John Fitzgerald Kennedy. Consapevole dei rischi di una guerra nucleare, egli promosse rapporti economici e culturali sempre più stretti con gli alleati occidentali; inoltre cercò di favorire lo sviluppo democratico dei giovani Stati nati dal crollo degli imperi coloniali e concesse loro grandi aiuti finanziari. Con questi paesi Kennedy cercò un dialogo costante e su base paritaria. Proprio a tale scopo, Kruscev e Kennedy si incontrarono per la prima volta a Vienna, nel giugno 1961. CIPRO IRAQ Principali aeroporti militari URSS Basi URSS di missili intercontinentali Altre basi missilistiche sovietiche La NATO e il Patto di Varsavia negli anni Sessanta 10.1 Gli anni della «distensione» Prove di dialogo tra Unione Sovietica e Stati Uniti Alla metà degli anni Cinquanta, Unione Sovietica e Stati Uniti vantavano grandi capacità industriali, eserciti enormi, tecnologicamente avanzatissimi e, soprattutto, imponenti arsenali atomici. Un conflitto tra le due superpotenze non avrebbe potuto che concludersi con una catastrofe planetaria. Gli uomini di governo, a Est e a Ovest, accettarono dunque come dato di fatto la divisione del mondo in due sfere d’influenza ben distinte; capitalismo e comunismo dovevano imparare a convivere, praticando la «coesistenza pacifica» di cui aveva parlato Nikita Kruscev nel 1956. Kruscev cercò di spostare la competizione con l’Occidente dal campo militare J. Rosenquist, Il presidente eletto, 1960-61, Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou. © Loescher Editore – Torino 198 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 199 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Dien Bien Phu Luang Prabang Sam Neua Loc Chao Vinh Xieng Khouang L Vientiane Udon Savannakhet Dong Hoi THAI L A N DIA Oceano rag gio d’a Kon Tum Bangkok Plei Ku Battambang zona del blocc oa m V I E T N AM DE L S U D CAMBOGIA Camranh Dalat Phnom Penh Saigon Vung Tau Soc Trang Territori sotto controllo nordvietnamita fino al 1960 Pista di Ho Chi Minh dopo il 1960 Territori neutrali Territori sotto controllo dei Vietcong Basi aeree americane nel 1961 Basi navali americane loro espansione nel 1965 Attacchi aerei americani vietcong: termine dispregiativo usato dai soldati americani e dalla stampa occidentale per indicare i guerriglieri sudvietnamiti antiamericani. Viene da un’espressione vietnamita che significa «comunisti del Vietnam», ma i vietcong non usarono mai questa parola per definire se stessi. Atlantico no ica er New Orleans zio ne (18 dei m Miami 00 km issili ) sov ieti ci Da Nang ng Ubon Korat Norfolk Atlanta Hué Tchepone Washington Dallas A VIETNAM DEL NORD St. Louis S TAT I U N I T I N Hanoi La crisi di Cuba Cincinnati I o Mek d’Europa e delle insuperabili differenze ideologiche tra democrazia e comunismo. Ancora più rischiosa per gli equilibri tra i blocchi fu nel 1962 la crisi dei missili di Cuba. Sull’isola dei Caraibi si era da poco affermato il regime marxista di Fidel Castro, che aveva rovesciato il regime dittatoriale e corrotto del generale Fulgencio Batista, appoggiato dagli americani. Già nell’aprile del 1961 gli Stati Uniti avevano tentato di rovesciare Castro e il suo governo, appoggiando Nella seconda metà degli anni Sessanta si aprì tra Est e Ovest un nuovo teatro di scontro. Come già era accaduto ai tempi della guerra di Corea, terreno di confronto fu l’Asia sud-orientale. La scintilla scoccò questa volta in Vietnam, ex colonia francese che aveva acquistato l’indipendenza nel 1954 e che, proprio come la Corea, era divisa in due Stati. Il Vietnam del Nord, con capitale Hanoi, filosovietico, era guidato dal comunista Ho Chi Minh. Il Vietnam del Sud, con capitale Saigon, conservatore e alleato degli Stati Uniti, era governato da un regime autoritario militare. La linea di confine era stata fissata sul diciassettesimo parallelo. Dopo il 1960, lo svilupparsi nel Sud della guerriglia antigovernativa comunista dei vietcong fu causa di gravi preoccupazioni a Washington. Si temeva che la caduta del C S L’opinione pubblica mondiale e i governanti delle due superpotenze furono scossi dal gravissimo rischio corso a Cuba. Il dialogo Est-Ovest conobbe così una decisa accelerazione; il 5 agosto 1963 Stati Uniti e Unione Sovietica firmarono un trattato che vietava gli esperimenti nucleari condotti nell’atmosfera e nei mari, anche se autorizzava ancora quelli sotterranei. Il trattato indicava la ferma volontà di Mosca e Washington di concordare insieme i passi diplomatici necessari a evitare una guerra nucleare. Infatti, alcune settimane dopo la firma del trattato, La guerra in Vietnam La guerra in Vietnam O Il 1963 e l’assassinio di Kennedy il 30 agosto, venne inaugurata la cosiddetta «linea rossa», un collegamento telefonico diretto e sempre aperto tra Casa Bianca e Cremlino. I due protagonisti di queste iniziative uscirono tuttavia presto di scena. Kennedy fu assassinato da Lee Harvey Oswald a Dallas il 22 novembre 1963: fu l’omicidio politico più clamoroso del Novecento e tuttora i mandanti dell’assassinio non sono stati scoperti. Kruscev invece fu improvvisamente allontanato dal potere nell’ottobre 1964, per motivi e in circostante che la dirigenza dell’Unione Sovietica non volle chiarire. A lo sbarco sull’isola (alla baia dei Porci) di un gruppo di esuli anticastristi addestrati alla guerriglia. L’operazione era fallita miseramente ma aveva spinto Castro a stringere un’alleanza con Mosca che prevedeva anche la dislocazione di missili nucleari a medio raggio sul territorio cubano. Quando in ottobre gli aerei spia americani accertarono la presenza sull’isola di rampe di lancio pronte ad accogliere i missili, Kennedy proclamò il blocco navale di Cuba. Dopo alcuni giorni di altissima tensione, Kruscev ordinò alle navi sovietiche che trasportavano le testate nucleari destinate a Cuba di invertire la rotta, ottenendo in cambio da Washington la promessa di non tramare contro il regime castrista. L’umanità si era davvero trovata a un passo della guerra atomica. Un ragazzo viene ucciso dalle guardie di frontiera di Berlino Est nel tentativo di scappare scavalcando il muro, 17 Agosto 1962. Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» Portorico (Stati Uniti) CU B A base americana di Guantanamo Oceano Pacifico Canale di Panamà Basi missilistiche sovietiche La cattura di un gruppo di vietcong sospetti, da parte di truppe americane lungo il fiume Mekong, Vietnam, 1966. © Loescher Editore – Torino 200 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 201 10 Soldati americani impegnati nel rastrellamento di un villaggio in Vietnam, 1966. napalm: sostanza incendiaria usata dagli americani per snidare dalla giungla i guerriglieri. Aveva tuttavia come effetto la quasi totale distruzione di ogni forma di vita nella zona bombardata. regime di Saigon avrebbe portato in mani comuniste non solo il Vietnam, ma l’intera penisola d’Indocina. Per questo motivo gli Stati Uniti inviarono nella regione una quantità sempre crescente di uomini e mezzi a sostegno dell’esercito regolare del Vietnam del Sud. Nel 1963, nonostante la cautela di Kennedy a lanciarsi in un conflitto dagli esiti incerti, i «consiglieri» militari americani in Vietnam erano già 30.000. E aumentarono in misura massiccia sotto il successore di Kennedy, Lyndon Johnson: 500.000 effettivi nel 1967. L’esercito americano, per quanto bene addestrato ed equipaggiato, si trovò in difficoltà ad affrontare nella giungla un nemico sfuggente e quasi invisibile. I guerriglieri vietcong (sostenuti dall’esercito nordvietnamita) godevano dell’appoggio della popolazione contadina e furono addirittura in grado, al principio del 1968, con l’offensiva del Tet (il capodanno vietnamita) di attaccare il quartier generale americano a Saigon. Contrariamente a quanto avvenuto in Corea, le potenze comuniste non intervennero direttamente nel conflitto, e questo evitò il rischio di un allargamento dello scontro dagli esiti imprevedibili. La sconfitta americana e la caduta di Saigon I mass media influenzarono notevolmente l’evoluzione della guerra in Vietnam: stampa, radio e, soprattutto, la televisione iniziarono a portare nelle case di ogni famiglia americana le terribili immagini di morte provenienti dall’Asia e determinarono la nascita di un forte movimento di opposizione p. 312 Il presidente americano Richard Nixon durante una conferenza stampa. a quella che veniva chiamata la «sporca guerra» (particolare impressione destarono le immagini che mostravano gli effetti delle bombe al napalm ). Le pressioni dell’opinione pubblica e l’incapacità sempre più evidente di conseguire una vittoria militare costrinsero Lyndon Johnson e il suo successore, il repubblicano Richard Nixon, a intavolare trattative di pace con il governo comunista di Hanoi. Nel gennaio 1973 fu finalmente raggiunto un accordo: le truppe americane si sarebbero ritirate e i due Vietnam avrebbero mantenuto ciascuno la propria indipendenza e il proprio regime politico. Tuttavia, anche dopo il ritiro dei soldati americani la guerra continuò e, nell’aprile 1975, i vietcong e l’esercito nordvietnamita conquistarono Saigon, riunificando l’intero paese nel nome del comunismo. Si realizzava dunque proprio lo scenario temuto dagli Stati Uniti, che dovevano riconoscere il fallimento della propria politica di intervento diretto in territorio straniero. Alla conclusione del conflitto si contavano quasi 60.000 caduti statunitensi, 250.000 vittime nell’esercito sudvietnamita e almeno un milione di morti tra vietcong e militari del Vietnam del Nord. La popolazione civile aveva dal canto suo pagato un prezzo incalcolabile, per sofferenze e distruzioni. La vittoria della diplomazia: limitazione degli armamenti e diritti umani Il dialogo tra le due superpotenze, che non si era mai interrotto negli anni Sessanta, nonostante le crisi, culminò in alcuni impor- tanti accordi del decennio successivo, sia nel settore degli armamenti sia in campo strettamente diplomatico. Di grande rilievo fu il trattato del maggio 1972 sulla limitazione dei missili intercontinentali. Stati Uniti e Unione Sovietica possedevano rispettivamente, all’epoca, oltre 1000 e oltre 1600 vettori capaci ciascuno di portare testate atomiche direttamente sul territorio dell’avversario. Il trattato stabilì che non dovevano essere costruiti nuovi missili e pose le basi per successivi accordi sulla distruzione di quelli esistenti. Di importanza ancora maggiore fu però la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che si tenne nel 1975 a Helsinki. Il suo Atto finale garantiva le frontiere del blocco sovietico nel vecchio continente, assicurando Mosca che le democrazie non avrebbero tentato di abbattere i regimi comunisti dell’Est. In cambio, l’Unione Sovietica si impegnava a mantenere vivo il dialogo culturale tra i due mondi e a salvaguardare i diritti umani nei suoi territori. La «distensione» faceva così un evidente salto di qualità: non più solo armi, ma garanzie per i cittadini. Sembrava il preludio a progressi ancora maggiori, ma, come vedremo, negli anni seguenti la politica internazionale e i rapporti Est-Ovest conobbero un nuovo e imprevisto peggioramento. La «corsa allo spazio» Un particolare campo in cui le due superpotenze si misurarono, dalla metà degli anni Cinquanta in poi, fu quello della cosiddetta «corsa allo spazio». L’affermazione del proprio primato scientifico e tecnologico era considerata un’arma di propaganda decisiva per orientare l’opinione pubblica mondiale a favore di uno dei due contendenti. A Fu l’Unione Sovietica a conseguire i primi, eccezionali, successi. Il 4 ottobre 1957 fu lanciato in orbita il primo satellite artificiale: lo Sputnik (parola che in russo significa «compagno di viaggio»). Il satellite, che pesava appena 83 chilogrammi, orbitò attorno alla Terra per circa tre mesi e si incendiò durante il rientro nell’atmosfera, dopo aver comunque percorso 1400 orbite e sessanta milioni di chilometri. Il clamore suscitato da questa impresa fu enorme. Quattro anni dopo, una nuova e straordinaria conquista Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» sembrò sancire definitivamente la superiorità sovietica in questo campo: il 12 aprile 1961, infatti il ventisettenne Jurij Gagarin diventò il primo cosmonauta della storia. Lanciato nella capsula Vostok 1, Gagarin impiegò 108 minuti per compiere un’orbita attorno alla Terra. Durante la discesa, si lanciò con il paracadute da circa 7000 metri di altezza, mentre la Vostok 1 si abbatteva al suolo. Due giorni dopo, Gagarin veniva ricevuto a Mosca come un eroe da Nikita Kruscev e dai cittadini sovietici, divenendo una celebrità in tutto il mondo. I successi comunisti nella corsa allo spazio, del tutto inaspettati, vennero accolti in Occidente con grande sorpresa e preoccupazione. Washington tentò allora di recuperare terreno investendo enormi risorse nel tentativo di sbarcare sulla Luna. In questa sfida, che appariva enormemente costosa e tecnologicamente assai impegnativa, l’Unione Sovietica si trovò subito in svantaggio. Il 20 luglio 1969, dopo quattro giorni di viaggio, la missione Apollo 11 portò i primi uomini sulla Luna. Erano gli statunitensi Neil Armstrong , Michael Collins e Buzz Aldrin. Il modulo lunare atterrò nel Mare della Tranquillità alle 4.57 e rimase sul satellite della Terra oltre 21 ore. Armstrong fu il primo uomo a passeggiare sul suolo lunare. I cosmonauti rientrarono il 24 luglio, con un ammaraggio senza incidenti nell’Oceano Pacifico. Le immagini trasmesse dalla Luna furono viste in diretta da circa 600 milioni di telespettatori e gli Stati Uniti vinsero così, sul piano scientifico e tecnologico, ma soprattutto su quello propagandistico, la corsa allo spazio. Con gli anni Settanta, la competizione sfumò. A suggellare il clima di «distensione» che animava i nuovi rapporti tra le due superpotenze, il 17 luglio 1975 si verificò l’incontro nello spazio tra le navette Sojuz 19 (sovietica) e Apollo 18 (statunitense). I due equipaggi visitarono le rispettive capsule e compirono insieme molti esperimenti: era la prima missione congiunta dei tradizionali avversari. Da lì in avanti i governi di Washington e Mosca si posero obiettivi differenti: gli Stati Uniti svilupparono il programma delle navette Shuttle, l’Unione Sovietica le stazioni orbitanti intorno alla Terra, capaci di ospitare cosmonauti per mesi o addirittura anni. © Loescher Editore – Torino 202 1945 Sputnik, il primo satellite artificiale lanciato in orbita, 1957. Neil Armstrong passeggia sul suolo lunare, 20 luglio 1969. Album p. 218 Tweet Storia p. 430 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 203 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 10.2 Il boom economico dell’Occidente L’«età dell’oro» dell’economia occidentale Pil: è il «Prodotto interno lordo» di un paese e indica il valore complessivo dei beni e servizi che esso produce in un anno. Si parla anche del Pil «pro capite», che è il valore che si ottiene dividendo il Pil per il numero dei cittadini. I trent’anni successivi alla Seconda guerra mondiale furono per l’economia occidentale una vera e propria «età dell’oro»: tra 1945 e 1975 si registrò infatti uno sviluppo talmente intenso e massiccio da non avere eguali nella storia. Questa crescita impetuosa riguardò gli Stati Uniti, l’Europa occidentale e il Giappone. Lo stesso Giappone, la Germania e l’Italia vantarono in quel periodo tassi di incremento annuo del Pil , il «Prodotto interno lordo», pari rispettivamente al 7,5%, al 6% e al 5,5%. Tutti i settori dell’economia crebbero. A metà degli anni Settanta, Europa occidentale e Giappone fornivano al mondo un terzo della produzione industriale complessiva, e gli Stati Uniti da soli il 25%. Nel 1971 il volume del commercio internazionale era cresciuto di ben 40 volte rispetto alla metà dell’Ottocento, quadruplicandosi addirittura tra 1953 e 1963, il decennio delle crescita economica globale più accentuata. In Europa i servizi si espansero: sia quelli pubblici (dalla scuola alla sanità, dai trasporti all’amministrazione), legati al ruolo crescente del Welfare State, sia quelli privati, dai commerci al turismo, dalle banche all’informazione. Infine le campagne del mondo occidentale sperimentarono una vera e propria rivoluzione agricola, che si basò sulla meccanizzazione delle lavorazioni (con la diffusione delle mietitrebbia e dei trattori), sull’uso massiccio di pesticidi, diserbanti e concimi chimici, e sull’utilizzo di semen- La firma del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità Economica Europea. ti e razze da allevamento selezionate. Nei quarant’anni successivi alla guerra la resa dei terreni coltivati a cereali triplicò. I paesi avanzati riuscirono in questo modo non solo a soddisfare le proprie esigenze alimentari, ma si trasformarono addirittura in grandi esportatori di prodotti agricoli. [ I NODI DELLA STORIA p. 216] Le ragioni del «miracolo» economico Le istituzioni democratiche, che si rafforzarono in tutti i paesi dell’area occidentale, ebbero un peso decisivo nel generare questo incredibile sviluppo. Si diffuse anche in Europa, e con successo, il modello di intervento dello Stato in economia varato da Roosevelt negli Stati Uniti prima della guerra: spettava al governo garantire la libertà d’impresa e di concorrenza, ma al tempo stesso era suo dovere intervenire con i giusti correttivi laddove gli squilibri sociali causavano ingiustizia e povertà. L’accordo tra paesi diversi agevolò inoltre lo scambio internazionale di manodopera, merci e capitali, e determinò l’allargamento dei mercati: la CEE, la Comunità Economica Europea, nacque proprio in quegli anni, nel 1957. Altri fattori più strettamente economici giocarono soprattutto a favore dell’industria, che rappresentò senza dubbio il motore trainante dell’«età dell’oro». La diffusione in tutto l’Occidente della produzione in serie – utilizzando il sistema delle catene di montaggio introdotte da Henry Ford negli Stati Uniti al principio del Novecento – permise alle aziende di incrementare efficienza e produzione e di raggiungere un pubblico assai vasto. Il trasferimento della popolazione dalle campagne alle città garantì alle fabbriche abbondante manodopera a basso costo: il numero degli operai salì progressivamente fino a rendere questa classe la più numerosa tra i lavoratori. Il prezzo del petrolio scese sotto quello del carbone e l’«oro nero» divenne la fonte energetica più economica ed utilizzata al mondo. Disoccupazione e inflazione rimasero per tutto questo periodo bassissime e il bilancio degli Stati, risanato velocemente dopo la guerra, consentì ai governi ampi investimenti pubblici, a tutto vantaggio di chi cercava impiego e dei consumi. Proprio quest’ultimo aspetto fu particolarmente importante. La «rivoluzione dei consumi» Nel corso dell’«età dell’oro», il Pil pro capite aumentò nei paesi interessati di circa il 4% annuo: una straordinaria crescita dei redditi individuali che ebbe riflessi decisivi sul tenore e sullo stile di vita dei cittadini occidentali. La maggiore disponibilità di denaro innescò la cosiddetta «rivoluzione dei consumi». Soddisfatte le esigenze primarie del vitto, dell’alloggio e del vestiario, molti strati della popolazione potevano acquistare beni utili ma prima irraggiungibili o beni addirittura superflui, e dedicarsi al tempo libero e allo sport. D2, 3 La produzione industriale degli anni Cinquanta e Sessanta ebbe così i suoi punti forti nelle automobili e negli elettrodomestici. D5 L’automobile e la possibilità di spostamento che essa garantiva divennero il massimo desiderio di ogni «consumista»: fu questo il periodo della motorizzazione di massa e quello in cui entrarono in ogni casa il frigorifero, la lavatrice, la lavastoviglie e il televisore. Il supermercato, nel quale era possibile trovare ogni genere di beni e soddisfare qualsiasi necessità, cominciò lentamente a sostituire le piccole botteghe familiari che avevano fino ad allora costituito la spina dorsale del commercio al dettaglio. Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» Automobili ogni 1000 abitanti (1950-1975) Paese 1950 1960 1970 1975 Stati Uniti 260 340 430 475 Francia 40 110 240 265 Germania 40 90 230 260 Gran Bretagna 50 110 210 241 Italia 15 30 190 230 Giappone - 5 80 130 La pubblicità divenne il motore palese e allo stesso tempo ambiguo della «rivoluzione dei consumi»: palese perché onnipresente, accompagnando i consumatori in ogni luogo e attività; ambiguo perché in grado di influenzare in modo sottile l’individuo, creando sempre nuovi bisogni, da soddisfare con l’acquisto di merci, alimentando così il circuito dei consumi. D8, 15 Il baby boom, vale a dire il fortissimo incremento delle nascite registrato allora in tutto l’Occidente (tre figli a famiglia in media nel periodo 1945-1965), esaltò ulteriormente questo fenomeno, irrobustendo la domanda di servizi e merci destinati ai bambini. È doveroso infine ricordare che nell’affermazione del consumismo come stile di vita delle masse ebbe in tutto l’Occidente gran- 1945 Dossier 3 p. 396 Dossier 5 p. 400 Dossier 8 p. 406 Dossier 15 p. 420 Pubblicità inglese anni 50 di una cucina in formica in cui viene rappresentata una giovane coppia, ideale della famiglia borghese del dopoguerra. Nasce la pubblicità: manifesto pubblicitario della Lambretta, lo scooter della Innocenti prodotto dal 1947. © Loescher Editore – Torino 204 Dossier 2 p. 394 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 205 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda dissimo peso l’attraente modello sociale e di mercato statunitense. Lo stile di vita americano (l’American way of life), incarnato dalla famiglia borghese benestante, con buon lavoro, molto tempo libero, proprietaria di una casa pulita e confortevole, divenne allora il sogno non più proibito di moltissimi europei. Come si diceva spesso a quell’epoca, tutti volevano essere un po’ americani. I cambiamenti della società occidentale La «rivoluzione dei consumi» e, più in generale, le trasformazioni produttive innescate dal boom economico ebbero importanti conseguenze sociali e politiche. Protagonisti del nuovo mercato furono principalmente gli appartenenti ai ceti medi urbani: impiegati, commercianti, professionisti, ossia gli esponenti del settore terziario dell’economia, legato ai servizi, pubblici o privati. La classe media crebbe fino a diventare largamente maggioritaria in tutto l’Occidente e arrivò a comprendere ampie fasce di popolazione che potevano ora accedere a beni e soddisfare bisogni prima preclusi. Tra queste ultime vi erano anche, seppure in misura minima, operai e lavoratori scarsamente qualificati. Anch’essi partecipavano del benessere generalizzato, che contribuiva dunque ad attutire le tensioni sociali sorte da un mutamento economico di dimensioni tanto vaste. Attutire, ma non certo spegnere: in Europa occidentale, proprio gli operai divennero in questi anni protagonisti di accanite rivendicazioni salariali, lavorative in genere, e anche politiche, supportati da movimenti sindacali e partiti di sinistra assai attivi. Di contro, i contadini, per secoli ceto più numeroso della società occidentale, quasi scomparvero: la meccanizzazione delle campagne lasciò senza occupazione una enorme massa di persone che inevitabilmente migrarono verso le città in cerca di una occupazione nell’industria. Il baby boom, infine, nel giro di due decenni portò inaspettatamente alla ribalta un gruppo sociale fino a quel momento ai margini della storia: i giovani, che con le loro aspirazioni e la loro propensione al consumo, sostenuta da alti redditi familiari, entrarono prepotentemente nella competizione economica e politica. 10.3 Gli anni Sessanta a Ovest: democrazia e turbolenze sociali Gli Stati Uniti e la «Nuova frontiera» Gli anni Sessanta degli Stati Uniti si svolsero nel segno della «Nuova frontiera» lanciata da John Fitzgerald Kennedy. Il giovane presidente – democratico, cattolico, di origine irlandese e paladino di ogni minoranza – chiese agli americani di abbattere tutti gli ostacoli (economici, sociali o razziali) alla piena parità tra i cittadini del paese, affinché tutti godessero del benessere e della democrazia a cui avevano diritto. Promosse, dunque, misure di legge contro la segregazione razziale e la povertà; misure che si rendevano necessarie a causa del divario enorme tra bianchi e neri e tra ricchi e poveri che gravava sulla società americana. A lasciare un segno nella società e nella cultura americane di quel periodo fu in primo luogo la lotta contro la discriminazione razziale, condotta con particolare efficacia grazie al carisma pacifista del pastore protestante Martin Luther King. Fu lui a guidare l’imponente marcia su Washington della popolazione di colore nell’agosto 1963. Le sue rivendicazioni furono accolte dal successore di Kennedy, Lyndon Johnson, che nel 1964 fece approvare dal Congresso degli Stati Uniti il Civil Rights Act, una legge sui Martin Luther King guida la famosa «Marcia della libertà», 4 maggio 1961. Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» diritti civili che stabiliva nuovi e più equi rapporti tra bianchi, afroamericani e tutte le minoranze degli Stati Uniti. King pagò con la vita il suo impegno, perché fu assassinato nel 1968 da un estremista bianco. Per tutti gli anni Sessanta, il governo americano finanziò inoltre un consistente programma di lotta alla povertà. Gli Stati Uniti godevano allora di un benessere economico che non aveva pari e attuavano in questo modo una parziale redistribuzione della ricchezza. Alla fine del decennio, la conquista della Luna ad opera dell’Apollo 11 sanciva infine la supremazia scientifica e tecnologica degli Stati Uniti sul resto del mondo. L’Europa occidentale negli anni Sessanta I maggiori paesi dell’Europa occidentale proseguirono, tra anni Cinquanta e Sessanta, l’opera di rafforzamento economico e politico intrapresa nel dopoguerra. Il Regno Unito, che dal 1964 fu guidato dai laburisti, dovette fare fronte alla perdita di importanza del paese a livello internazionale, in campo sia commerciale e finanziario che diplomatico. Londra reagì dando maggiore importanza ai rapporti interni al Commonwealth. E non aderì alla Comunità Economica Europea, rafforzando invece ulteriormente la propria alleanza con gli Stati Uniti. In Francia, il generale Charles de Gaulle ricoprì il ruolo di capo dello Stato e della Quinta Repubblica fino al 1969. Avvalendosi dei larghi poteri che gli concedeva la Costituzione e del suo enorme prestigio, convinse i francesi della necessità di abbandonare l’Algeria, cui venne concessa l’indipendenza. D’altro canto, fu abile nel compensare la perdita delle colonie con una politica assai attiva in Europa. Mirando a fare della Francia la maggiore potenza continentale, de Gaulle si legò strettamente alla Repubblica Federale Tedesca e si oppose strenuamente all’ingresso del Regno Unito nella CEE. Dotò inoltre l’esercito dell’arma nucleare e, pur restando nel Patto atlantico, portò il suo paese fuori dalla NATO, l’organizzazione militare del Patto. De Gaulle era infatti convinto che l’Europa dovesse allentare la propria dipendenza militare dagli Stati Uniti. Il generale si ritirò dalla politica quando Prima conferenza di J.F. Kennedy nel 1962. C. De Gaulle a Costantine, Algeria, giugno 1958. un referendum sconfisse una sua proposta di revisione dell’ordinamento del Senato. Sentì allora di non essere più in sintonia con i francesi e abbandonò il potere. Nella Repubblica Federale Tedesca, gli anni Sessanta videro sorgere la stella della Spd, il Partito socialdemocratico, e del suo leader, Willy Brandt. Vicecancelliere nel 1966, prese le redini del governo nel 1969, © Loescher Editore – Torino 206 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 207 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Il movimento giovanile e la contestazione del Sessantotto Uno studente della Sorbona mette una bandiera rossa tra le mani della statua di Victor Hugo, Parigi, 1968. ponendo fine al lungo dominio elettorale dei democristiani. Brandt assecondò l’eccezionale sviluppo economico del suo paese e, in campo internazionale, promosse la cosiddetta Ostpolitik, la «politica per l’Est» di avvicinamento alla Repubblica Democratica Tedesca. A vent’anni dal blocco di Berlino, i governi delle due Germanie si riconoscevano reciprocamente senza peraltro rinnegare la sostanziale unità, per lingua, cultura e tradizioni del popolo tedesco. Le società occidentali godevano di stabilità politica e di floride condizioni economiche. Per questo nessuno si aspettava il sorgere del forte movimento di protesta giovanile che investì gli Stati Uniti alla metà degli anni Sessanta e giunse poi, nel 1968, in Europa. Il numero dei liceali e degli universitari era cresciuto enormemente nel dopoguerra per merito della scolarizzazione di massa, pilastro del Welfare State in tutto il mondo industrializzato, e ora proprio quei giovani marciavano in corteo, gridavano slogan e occupavano strade e piazze da San Francisco a Londra, da New York a Roma e Parigi. Ispirate tra gli altri da Herbert Marcuse, filosofo tedesco portatore di una critica radicale alla società borghese contemporanea – che a suo dire aveva liberato l’individuo dai bisogni materiali solo per conformarlo agli imperativi e agli slogan pubblicitari del mercato –, le contestazioni avevano tre principali caratteristiche: • erano antiautoritarie: criticavano cioè le gerarchie tradizionali della scuola, della famiglia, del mondo del lavoro, in nome della libertà individuale; • erano antimilitariste: si scagliavano in particolare contro la guerra «imperialista» degli americani in Vietnam; • erano anticonsumiste: rigettavano cioè il moderno capitalismo e la nuova forma di schiavitù costituita dal bisogno indotto di consumare sempre più. I contestatori condannavano però, con analoga durezza, l’autoritarismo dei regimi comunisti sottomessi all’Unione Sovietica. Molte erano le componenti di questo movimento spontaneo: alcune di esse cercavano i loro modelli in leader come Mao Tse-tung o Ernesto «Che» Guevara, considerati rivoluzionari che avevano portato libertà e uguaglianza sociale nei loro paesi. La protesta giovanile era spesso animata da idee confuse e se si mostrò incapace di produrre progetti politici concreti, ebbe tuttavia il merito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica occidentale l’esigenza di rinnovare una società invecchiata e inadatta ai grandi mutamenti in corso. Nel complesso, gli uomini di governo vennero colti di sorpresa e non seppero opporre che vaghe promesse, ricorrendo a volte alla repressione poliziesca: ciò che accadde per esempio, nel 1970, alla Kent State University dell’Ohio (negli Stati Uniti), quando la Guardia Nazionale sparò sugli studenti, uccidendone quattro. Particolarmente attivi furono i movimenti studenteschi degli Stati Uniti, dove la protesta dei giovani si concentrò nella seconda metà degli anni Sessanta contro la guerra in Vietnam, e, in Europa occidentale, quelli di Italia, Repubblica Federale Tedesca e Francia. Proprio in Francia si ebbe l’unica risposta concreta del governo alle manifestazioni del Sessantotto: la riforma universitaria, varata dopo una lunga e tesa occupazione della Sorbona, l’ateneo più prestigioso del paese. Fatta questa eccezione, il movimento si esaurì ovunque entro l’inizio degli anni Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» Settanta senza aver riportato risultati significativi sotto il profilo politico: lasciò tuttavia traccia di sé nei costumi giovanili, nella musica e più in generale nella cultura. Il movimento di emancipazione delle donne Tra i movimenti che agitarono le società occidentali tra anni Sessanta e Settanta ebbe grande importanza quello di emancipazione delle donne. Esso affondava le sue radici nel movimento d’opinione per il diritto di voto femminile di inizio secolo e faceva proprie rivendicazioni in qualche modo maturate già durante le due guerre mondiali, durante le quali l’economia di guerra aveva favorito l’integrazione delle donne nella società attraverso il lavoro in fabbrica. D9 Dopo il secondo conflitto mondiale la presa di coscienza delle donne si approfondì, sino a sfociare nella creazione di un movimento organizzato che si diffuse in molti paesi e coinvolse donne di ogni età e condizione: il «femminismo». Principale obiettivo del femminismo era la società maschilista e sessista del tempo, vale a dire una società che divideva ruoli e funzioni secondo il sesso e privilegiava in ogni campo l’uomo, relegando la donna alla procreazione dei figli e alla cura della casa. Era una critica aperta al modello della «casalinga consumista e delusa dalla vita», e all’ambiente domestico definito un «confortevole campo di concentramento». Le femministe portarono avanti le loro Ernesto Che Guevara. Manifestazione pubblica del movimento femminista con cartelli che inneggiano alla parità di condizioni lavorative e all’assistenza gratuita dei bambini, Londra, 1970. Scontro fra studenti e polizia durante una rivolta studentesca a Berlino, 1968. © Loescher Editore – Torino 208 1945 Dossier 9 p. 408 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 209 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Concilio Vaticano Secondo, ottobre 1962, Roma, Basilica di S. Pietro. Tweet Storia p. 430 rivendicazioni soprattutto in due modi. In primo luogo con rumorose e colorate manifestazioni di piazza, che attiravano l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi della donna. In secondo luogo, con l’azione nei parlamenti, dove ormai sedevano molte donne, per l’introduzione di leggi che garantissero il pari trattamento e l’autonomia dall’uomo. Entro gli anni Settanta, notevoli progressi furono compiuti nelle legislazioni degli Stati nel mondo industrializzato. Il diritto di famiglia venne aggiornato: l’uomo doveva condividere con la moglie le decisioni più importanti riguardanti l’abitazione, i figli, il lavoro. Dopo aspre polemiche – soprattutto nei paesi a maggioranza cattolica – il divorzio e l’aborto entrarono a far parte degli ordinamenti legislativi: veniva fatto valere il principio che la donna, al pari del maschio, poteva decidere in autonomia della propria vita e del proprio corpo. Una visione rinnovata della sessualità si tradusse in una maggiore libertà di costumi e nel definitivo abbandono della procreazione come obiettivo primario del matrimonio. Vennero abbattute le barriere che impedivano alle donne di fare carriera nel mondo del lavoro e raggiungere guadagni pari a quelli degli uomini, anche in settori che sembravano assolutamente preclusi come l’esercito o la magistratura. Quando l’onda alta della protesta si placò, la parità tra i sessi era stata affermata, almeno sul piano giuridico. Restavano vivi pregiudizi sociali secolari e radicati che rendevano difficoltoso tradurre in pratica le leggi a favore dell’ uguaglianza tra uomo e donna . Papa Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II Grande protagonista degli anni della «coesistenza pacifica» fu papa Giovanni XXIII. Eletto al soglio pontificio nell’ottobre 1958, egli si trovò a governare la cattolicità in un’epoca di vertiginosi mutamenti sociali e proprio quando in Occidente si diffondeva una radicale sfiducia – in primo luogo nel campo della morale – verso la tradizione e il dogmatismo dalla Santa Sede. Il nuovo pontefice seppe instaurare un dialogo proficuo con la modernità, non mancando di far sentire la sua voce anche sui più tormentosi problemi del mondo contemporaneo. In particolare, nella primavera del 1963 Giovanni XXIII diffuse l’enciclica Pacem in terris, con la quale chiamava tutti i governanti a bandire la corsa agli armamenti che minacciava il pianeta. Il papa lamentò la «percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche» assorbita da tale folle gara: uno spreco che privava molti popoli bisognosi delle «collaborazioni indispensabili al loro sviluppo economico e al loro progresso sociale». E diede voce a timori largamente diffusi nella società: «che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico» o «che la sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici possa avere conseguenze fatali per la vita sulla terra». Invitava dunque l’umanità, costretta a vivere «sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile», a promuovere una pace fondata su ragione, giustizia e libertà. L’enciclica guadagnò a Giovanni XXIII un credito morale che oltrepassava i confini del mondo cattolico, trasformando la Curia in un interlocutore ascoltato in tutte le maggiori cancellerie del mondo, indipendentemente dal blocco ideologico a cui appartenevano. Allo stesso tempo, il pontefice si impegnò in una profonda opera di rinnovamento della Chiesa. Nell’ottobre del 1962, Giovanni XXIII inaugurò infatti a Roma il Concilio Ecumenico Vaticano II. I vescovi da lui radunati ebbero il compito di approfondire i contatti con la società dell’epoca, di adeguare ai tempi riti e costumi del cattolicesimo, e soprattutto di lanciare un ponte verso le altre religioni, nella convinzione che fosse doveroso vivere gli uni accanto agli altri nella comprensione e nella tolleranza. Giovanni XXIII non vide purtroppo i frutti del suo lavoro, perché morì nel giugno 1963, lasciando una difficile eredità a Paolo VI: sarebbe stato lui a chiudere il Concilio nel 1965 e a disegnare i contorni definitivi della Chiesa contemporanea. Papa Giovanni XXIII. Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» 10.4 Gli anni Sessanta a Est: da Nikita Kruscev a Leonid Brežnev L’Unione Sovietica di Nikita Kruscev Nikita Kruscev era un leader di grande abilità comunicativa e, alla fine degli anni Cinquanta, tutto l’Est Europa accolse con entusiasmo il suo annuncio che nel giro di vent’anni i cittadini dei regimi comunisti avrebbero goduto dello stesso benessere ormai diffuso in Occidente. In quel periodo, il Pil dell’Unione Sovietica e dei suoi alleati cresceva a ritmo sostenuto e nei piani quinquennali veniva concesso maggiore spazio all’industria leggera. Mosca, inoltre, riportò grandi vittorie propagandistiche nel 1957, con il lancio del primo satellite artificiale, e nel 1961, con l’invio del primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin. Nel 1961, Kruscev ribadì pubblicamente – davanti alla platea del congresso del Partito comunista sovietico – la denuncia dei crimini staliniani. Ma si spinse oltre: affinché la rottura con il passato fosse più evidente, ordinò la liberazione di un milione di prigionieri politici dai campi di lavoro e la rimozione di tutte le statue, i busti e le effigi di Stalin; autorizzò inoltre la pubblicazione di opere letterarie apertamente polemiche nei confronti di Stalin e della sua dittatura. Si parlò allora di un clima di «disgelo» che investiva la società e il mondo della cultura sovietici. Tuttavia, il sistema sovietico era gravato da fattori di debolezza, non tutti evidenti. L’economia progrediva, ma mancavano la qualità e l’innovazione che caratterizzavano il modello occidentale e che potevano derivare solo da un sistema basato sulla concorrenza. L’URSS puntava invece sulla quantità e sull’industria pesante; la produttività degli operai sovietici rimaneva inoltre estremamente bassa, a causa della scarsa competenza, degli sprechi, e in generale dell’inefficienza del sistema produttivo. Il tenore di vita dei cittadini quindi non migliorò e non si verificò una «rivoluzione dei consumi» che poteva solo derivare da un’alta possibilità di spesa e da un’ampia offerta di merci. A difettare erano però ancor più democrazia e trasparenza del regime. Kruscev © Loescher Editore – Torino 210 1945 Concilio Ecumenico: Concilio presieduto dal Papa a cui partecipano tutti i vescovi della Chiesa cattolica. disgelo: il termine viene dal titolo di un romanzo dello scrittore russo Ilja Erenburg. Pubblicato nel 1960, Il disgelo affrontava il difficile tema della libertà artistica in URSS. L’autore si era trovato spesso in dissidio con le autorità di Mosca. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 211 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Fine della «Primavera di Praga»: foto di Joseph Koudelka, un manifestante con bandiera sopra un carroarmato nei giorni dell’invasione sovietica, Varsavia, 1968. venne destituito nell’autunno del 1964. Il suo posto fu preso da Leonid Brežnev: un capo enigmatico, che niente lasciava trapelare sulle intenzioni dei vertici del paese e che, soprattutto, abbandonò subito i pallidi tentativi riformisti del suo predecessore. La «Primavera di Praga» Le stesse contraddizioni del sistema sovietico affliggevano anche i paesi dell’Europa orientale. Durante gli anni Sessanta, i paesi del blocco furono caratterizzati dall’esigua disponibilità di beni di consumo, anche alimentari. Le industrie producevano secondo i programmi elaborati a Mosca e mancavano la competizione con i mercati internazionali, la ricerca del profitto, e l’incentivo a migliorare la produzione delle fabbriche di proprietà statale. Inoltre, domata la rivolta ungherese del 1956 e costruito nel 1961 il Muro di Berlino, l’URSS impose agli alleati un immobilismo politico che causò forti tensioni culminate negli eventi cecoslovacchi del 1968. Nel gennaio di quell’anno divenne segretario del partito comunista di Praga il riformista Aleksander Dubček. Nei mesi seguenti il mondo intero assistette stupito alla trasformazione del regime. La censura sui mezzi d’informazione venne eliminata, i prigionieri politici liberati, la pianificazione economica allentata, fu reintrodotto il diritto di associarsi e riunirsi. Ma questo generoso tentativo di varare un «socialismo dal volto umano» ebbe, nonostante l’entusiasmo suscitato in patria e all’estero, breve durata. Il 21 agosto 1968 i carri armati del Patto di Varsavia entrarono in Cecoslovacchia e rovesciarono il governo di Dubček. Su suo stesso ordine, l’esercito non combatté e la popolazione oppose all’invasore una resistenza passiva. Tutto fu inutile. Nel giro di qualche mese venne restaurata la situazione precedente le riforme. Il fallimento della «Primavera di Praga» dimostrava ancora una volta che l’intera Europa orientale era ridotta per i suoi cittadini al rango di grande prigione gestita da Mosca. [Testimonianze documento 2, p. 316] Il mondo comunista sotto Leonid Brežnev ni, in apparenza entusiastica, era dettata da conformismo e paura. L’economia ufficiale era accompagnata da un fiorentissimo mercato nero . Non solo, sotto gli occhi di tutti c’erano i fornitissimi negozi che accettavano solo valuta occidentale; clienti di queste attività commerciali erano soprattutto gli esponenti della ristretta nomenklatura di regime, i cui privilegi cominciavano allora a produrre un contrasto stridente con le condizioni cui era obbligata la grande maggioranza della popolazione. Nell’Unione Sovietica degli anni Sessanta e Settanta non si ricorreva più ai terribili metodi di repressione dell’era staliniana, ma il dissenso era egualmente contrastato e spesso i critici venivano condannati al ricovero in manicomio o espulsi dal paese. Neanche le maggiori personalità culturali dell’URSS furono rispettate. Nel 1970, lo scrittore Aleksandr Solženitcyn ottenne il premio Nobel per la letteratura e nel 1973 pubblicò il primo volume di Arcipelago Gulag, una durissima denuncia dei campi di concentramento sovietici. L’opera ebbe un fortissimo impatto in tutto l’Occidente ma costò all’autore l’esilio per «attività antisovietiche». Il fisico atomico Andrej Sacharov, dal canto suo, ricevette nel 1975 il Nobel per la pace. Ma la sua attività in difesa dei diritti dell’uomo gli valse nel 1980 la condanna al confino nella città di Gor’kij (oggi Nižnij Novgorod). Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» 10.5 Anni Settanta a Ovest: crisi economica e incertezza politica I difficili anni Settanta degli Stati Uniti Negli anni Settanta gli Stati Uniti vissero una situazione politica di grande incertezza, sia interna per l’instabilità economica e per la difficile situazione sociale dei neri, sia nei rapporti internazionali. Le istituzioni subirono un grave colpo allorché il successore di Lyndon Johnson, il repubblicano Richard Nixon, fu costretto a dimettersi dalla presidenza nel 1974. Accusato di aver organizzato un sistema di spionaggio ai danni del Partito democratico, mentì, cercando di depistare le indagini. Scoperto, il 9 agosto 1974 Nixon si dimise per evitare l’umiliazione di un processo. Il democratico Jimmy Carter, eletto nel 1976, uomo dal carattere mite e dallo scarso carisma, non riuscì a risollevare la popolarità della presidenza, anche a causa della difficile situazione economica vissuta dagli USA nella seconda parte degli anni Settanta. In campo internazionale gli Stati Uniti scontarono la perdita di prestigio dovuta al disastro del Vietnam. Carter, tuttavia, guidò importanti trattative di pace tra gli israeliani e gli arabi, che culminarono negli accordi di Camp David del 1978, ma in politica estera 1945 nomenklatura: l’insieme delle persone che occupavano le più alte cariche del governo e della pubblica amministrazione nell’Unione Sovietica. Lo scrittore russo Aleksandr Solženitcyn. Le entusiasmanti parole d’ordine dell’epoca krusceviana vennero completamente dimenticate negli anni di Brežnev. In parte erano smentite dall’evidenza dei fatti: l’Unione Sovietica e i suoi alleati diventarono importatori di prodotti agricoli, mentre si faceva frequente la scarsità di beni essenziali come pane, burro e carne. La burocrazia statale e l’apparato di partito, onnipotenti e onnipresenti, divennero allora i veri protagonisti della vita sociale dei paesi comunisti. Le rituali manifestazioni di massa per il 1° maggio o per l’anniversario della rivoluzione erano l’occasione per sfoggiare una perfetta organizzazione e una grande partecipazione collettiva. Tutti però sapevano che si trattava di una «vetrina» del regime e che l’adesione dei cittadi- La crisi iraniana: uomo manifesta contro gli iraniani dopo che 52 cittadini americani furono presi in ostaggio dai fondamentalisti islamici, 1979. © Loescher Editore – Torino 212 mercato nero: è la vendita illegale di merci razionate, a prezzi molto superiori a quelli imposti dalle autorità. L’aggettivo «nero» allude al fatto che tali affari clandestini si svolgono spesso di notte, al buio. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 213 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Ronald Reagan. subì l’iniziativa dell’Unione Sovietica e perse le elezioni del 1980 a seguito della grave crisi iraniana. La crisi, scoppiata nel 1979 a Teheran, quando, nell’ambito del processo rivoluzionario attuato in quel paese, gli studenti fondamentalisti islamici presero in ostaggio 52 cittadini americani, fu risolta diplomaticamente solo nel 1981 dal nuovo presidente repubblicano Ronald Reagan. L’Europa occidentale e la caduta delle ultime dittature terrorismo: metodo di lotta politica basato su atti di violenza organizzata al fine di rovesciare l’assetto politico-sociale esistente. Gli anni Settanta furono travagliati anche per l’Europa occidentale. Crisi economica e terrorismo offuscavano l’orizzonte delle democrazie. Nel Regno Unito, che nel 1972 aderì finalmente alla CEE, si alternarono al governo laburisti e conservatori. In Francia, i presidenti Georges Pompidou e Valéry Giscard d’Estaing si riavvicinarono agli Stati Uniti ma non rinunciarono alla grande autonomia di Parigi in politica internazionale. Nella Repubblica Federale Tedesca, l’Ostpolitik di Willy Brandt produsse un importante risultato: i trattati di non aggressione tra Bonn e Mosca, e tra le due Germanie. Il riconoscimento reciproco delle due Germanie sembrava allontanare per sempre la prospettiva di una loro riunificazione, ma i nuovi accordi assicuravano la pace al cuore dell’Europa. La caduta delle ultime dittature fu poi per il vecchio continente un grande segnale di rafforzamento della democrazia. Nel Willy Brandt si inginocchia davanti al memoriale delle vittime uccise durante l’incursione nel ghetto del 1943, dicembre 1970, Varsavia. 1974, in Grecia, passarono la mano i militari che avevano conquistato il potere con un colpo di Stato nel 1967. Nello stesso 1974, la dittatura portoghese, che aveva ormai quattro decenni di storia, venne abbattuta dall’incruenta «rivoluzione dei garofani». Guidata dai giovani ufficiali dell’esercito che si opponevano alla prosecuzione delle guerre coloniali, portò presto a libere elezioni. Più importante ancora fu in Spagna la fine della dittatura franchista, che si dissolse alla morte di Francisco Franco nel novembre 1975. A guidare con successo la difficile transizione verso la democrazia fu il principe Juan Carlos di Borbone, che riacquistò così il trono perso dalla dinastia nel 1931. La Spagna, spinta da un rinnovato entusiasmo, divenne ben presto protagonista politica ed economica d’Europa. sempre a sinistra, fu la Rote Armee Fraktion, il «Plotone dell’Armata Rossa», a seminare il terrore. L’obiettivo di queste organizzazioni terroristiche era il rovesciamento della società capitalista e l’instaurazione della dittatura del proletariato attraverso l’uso della violenza. Rapine, rapimenti e attentati non valsero ai terroristi l’appoggio della società e non produssero alcun fremito rivoluzionario. Anzi, proprio questo scollamento rispetto alla realtà condusse al fallimento del terrorismo politico e all’arresto entro i primi anni Ottanta dei capi del movimento. Il terrorismo indipendentista aveva invece radici più profonde ed era perciò assai più difficile da combattere. Esso colpì soprattutto in Irlanda del Nord e Spagna. In Ulster (ossia l’Irlanda del Nord), si fronteggiavano i cattolici e i protestanti. I primi volevano l’indipendenza da Londra e l’unione con Dublino, e si avvalevano di un’organizzazione armata molto potente: l’IRA, o Esercito repubblicano irlandese. I secondi volevano al contrario mantenersi legati al Regno Unito, come erano dal 1921 quando avevano rifiutato di aderire al nuovo Stato libero d’Irlanda. La contrapposizione tra le due parti indusse Londra a dispiegare le proprie truppe per controllare il territorio, ma le tensioni non scemarono. Anzi, la situazione degenerò definitivamente il 30 gennaio 1972: nel corso di quella che passò alla storia come Bloody Sunday, la «domenica di Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» sangue», l’esercito inglese sparò nella città di Derry su una manifestazione pacifica di cattolici, causando la morte di ben 13 civili. Le violenze incontrollate che presero allora piede causarono negli anni successivi migliaia di morti e trovarono un termine solo sul finire del secolo. In Spagna, invece, la violenza si concentrava nelle regioni del nord, abitate dai baschi, un popolo di lingua e tradizioni antichissime che si oppose tenacemente a tutti i tentativi di assimilazione voluti dal regime franchista. L’ETA, sigla di Euzkadi Ta Azkatasuna, «Patria basca e libertà», era l’organizzazione militare degli indipendentisti e giunse nel 1973 ad assassinare il primo ministro Luis Carrero Blanco. Dopo la caduta del franchismo, la nuova Spagna democratica si aprì ai regionalismi, ma nemmeno la concessione di sostanziose autonomie soddisfece i baschi, che proseguirono nella loro lotta. La piaga del terrorismo continuò e continua ancora oggi a insanguinare la Spagna. Lo «shock petrolifero» del 1973 Il 6 ottobre 1973 l’Egitto e la Siria attaccarono Israele di sorpresa, simultaneamente, approfittando della festa ebraica dello Yom Kippur . In questa guerra, che fu detta «del Kippur», gli eserciti arabi per alcuni giorni ebbero la meglio sulle difese israeliane Il terrorismo politico e indipendentista Tra anni Sessanta e Settanta, diversi paesi d’Europa dovettero fare i conti con la violenza del terrorismo, che aveva due origini: una di stampo politico e una legata alle lotte indipendentiste. Il terrorismo politico colpì soprattutto l’Italia e la Repubblica Federale Tedesca. In Italia, vedremo meglio più avanti, fu perpetrato da diversi gruppi di destra o di sinistra. In particolare, questi ultimi ebbero come organizzazione di punta le Brigate Rosse, mentre nella Repubblica Federale Tedesca, Truppe britanniche, Londonderry, Irlanda del Nord, 1970. © Loescher Editore – Torino 214 1945 Yom Kippur: La festa del «Giorno del Perdono» è la festività più importante del calendario ebraico. È un giorno di digiuno e preghiera. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 215 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda che poi, tuttavia, reagirono neutralizzando l’attacco. I paesi del Medio Oriente, grandi esportatori di petrolio, decisero, per rappresaglia contro il mondo industrializzato che aveva appoggiato Tel Aviv, di aumentare il prezzo del greggio e diminuirne la produzione. In poco tempo il costo del petrolio triplicò, e le economie di Stati Uniti, Giappone ed Europa occidentale furono duramente colpite. L’intero sistema produttivo dell’Occidente si basava infatti sulla disponibilità a basso prezzo di questa fonte energetica, che veniva quasi del tutto importata: i membri della CEE compravano all’estero ben il 60% del loro fabbisogno di greggio. Il cosiddetto «shock petrolifero» innescò allora una reazione a catena i cui effetti durarono per l’intero decennio. L’aumento dei costi generò un grande aumento dei prezzi delle merci e quindi un’alta inflazione: nel 1974, essa andava dal 14% della Repubblica Federale Tedesca al 48% dell’Inghilterra. I consumi si contrassero e questo provocò in ogni settore un calo della produzione e delle esportazioni. Le aziende furono costrette a licenziare e la disoccupazione salì. I governi reagirono impostando una politica di austerità che mirava prima di tutto a una riduzione dei consumi e quindi della «bolletta energetica» di ogni paese. Ma dovettero anche spendere grandi cifre per venire in aiuto a quanti avevano bisogno: dai disoccupati alle aziende in crisi. I bilanci degli Stati andarono ovunque in deficit, e fu necessario inasprire le tasse e ridurre ulteriormente le uscite. La crisi economica degli anni Settanta influì negativamente sul tenore di vita dei cittadini occidentali, ma il suo effetto più importante consistette nel rendere evidente la gravosità del Welfare State: i governi dovettero confrontarsi con questo problema e molti di essi decisero di ridurre in modo sostanziale le garanzie per i cittadini. 1953-1963 Boom economico 1957 Nascita della CEE Il periodo che va dalla fine della Seconda guerra mondiale alla prima metà degli anni Settanta è spesso chiamato dagli storici golden age, ossia «età dell’oro», per sottolineare la grande e ininterrotta crescita delle economie mondiali, in particolare di quelle occidentali. La crescita interessò moltissimo anche l’Italia e fu all’origine del cosiddetto «boom economico». Da un punto di vista strettamente economico, si chiusero definitivamente il ciclo negativo (specie per i paesi occidentali) della grave crisi del ’29 e la successiva stagnazione economica, ed emerse la rinnovata capacità delle economie capitaliste di adeguarsi alle esigenze di un mercato sempre più basato sui consumi e sulla produzione di merci leggere e di massa. In realtà un ruolo molto significativo fu giocato dal clima internazionale di forte competizione ideologica, politica e militare tra i due blocchi guidati rispettivamente da Stati Uniti e Unione Sovietica. Il mondo occidentale era molto spaventato dall’aggressività di quello comunista: ne temeva, a volte in modo isterico e irrazionale, il contagio. Nei paesi meno sviluppati si preferì agire in modo spesso brutale, sostenendo regimi dittatoriali, finendo per alimentare le tensioni locali e spingendo molte giovani e povere nazioni nelle braccia del blocco sovietico. Nei paesi a capitalismo maturo, Stati Uniti compresi, si optò per altre strategie. La buona situazione economica permise un certo livello di redistribuzione dei redditi. Fu attuata una politica di protezione sociale molto estesa. Il sistema di Welfare State (letteralmente: stato di benessere) fu allargato e reso compatibile con l’econo- 216 © Loescher Editore – Torino mia di mercato. Nei paesi europei, specie in quelli dell’Europa settentrionale di tradizione socialdemocratica, si diffuse in modo massiccio; in altri ebbe uno sviluppo più discontinuo e contradditorio. Ma ovunque i temi dell’istruzione, della salute, della sicurezza sociale furono posti al centro dell’attenzione, o attraverso una gestione pubblica diretta o, come negli Stati Uniti, attraverso una politica di sostegno indiretto e di sussidi generalizzati. Il costo di un simile sistema fu subito molto significativo seppur abbondantemente compensato dall’eccellente crescita dell’economia (con relativo aumento del gettito fiscale) e dalla presenza di modesti tassi di disoccupazione. Nel corso degli anni Sessanta si arrivò al massimo sviluppo di questo nuovo sistema di relazioni sociali, con un incremento sostenuto della pressione fiscale in un quadro, però, di sostanziale compatibilità economica e, soprattutto, di consenso generalizzato. Con l’arrivo delle prime, gravi crisi economiche del periodo postbellico (anni Settanta) si verificò un progressivo cambio di rotta. L’ideologia liberista riguadagnò terreno sul piano del consenso ideologico; la crisi del sistema comunista non sembrava più rendere urgente un sistema sociale in qualche modo «concorrenziale» sul piano delle opportunità per i ceti meno abbienti. La divaricazione tra i settori più agiati e quelli più poveri della popolazione tornò ad essere marcata e i livelli di deficit pubblico scoraggiarono politiche di protezione sociale solo poco tempo prima ritenute essenziali. 1 Negli anni della «coesistenza pacifica», il dialogo tra Est ed Ovest è messo alla prova da diverse crisi internazionali ma non si interrompe mai. Dalla fine degli anni Cinquanta in poi, accettata la suddivisione del mondo in due sfere d’influenza, Stati Uniti e Unione Sovietica cercarono il dialogo capace di assicurare una «coesistenza pacifica». La costruzione nel 1961 del Muro di Berlino, la vittoria del comunismo a Cuba con la «crisi dei missili» del 1962, la guerra in Vietnam furono al centro di dispute internazionali che rischiarono di portare le due superpotenze allo scontro, ma sempre prevalse il buon senso. Al principio degli anni Settanta si giunse ai primi accordi tra USA e URSS sulla limitazione delle armi nucleari. 2 1961 Costruzione del Muro di Berlino 1962 Crisi dei missili di Cuba I NODI DELLA STORIA Perché l’economia mondiale visse la sua «età dell’oro» a partire dal secondo dopoguerra? Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» 1962-1965 Concilio Vaticano II 1965-1973 Guerra del Vietnam 1968 «Primavera di Praga» 1968 Protesta giovanile 1973 Shock petrolifero Il «miracolo economico» arricchisce l’Occidente, i cui cittadini non hanno mai sperimentato in passato una tale epoca di benessere. Il mondo occidentale sperimentò negli anni Sessanta uno sviluppo straordinario. La produzione industriale e agricola, i redditi dei cittadini e i consumi – alimentati da sempre nuovi bisogni, voluttuari e non voluttuari – crebbero come mai era avvenuto prima e si parlò di «miracolo economico». La diffusione del benessere trasformò radicalmente le società di Stati Uniti, Europa occidentale e Giappone, eliminando sacche di povertà e arretratezza presenti da secoli e rafforzando il consenso popolare al sistema liberalcapitalista. Fu questo anche il periodo di maggiore sviluppo del Welfare State, con cui i governi finanziavano direttamente i servizi essenziali per il cittadino. 3 Alla fine degli anni Sessanta, negli Stati Uniti e in Europa si diffonde un forte movimento di protesta giovanile, che si scaglia contro militarismo, consumismo e autoritarismo. Il primato economico spettava agli Stati Uniti, mentre in Francia, Regno Unito e Repubblica Federale Tedesca esecutivi retti da partiti moderati lavoravano per rafforzare la democrazia. Stabilità politica e ricchezza non furono comunque sufficienti ad arginare l’onda montante della protesta giovanile, che investì l’Ovest dopo la metà degli anni Sessanta. Antimilitarismo, antiautoritarismo e anticonsumismo erano le parole d’ordine di un movimento che tentò, invano, di svecchiare e modificare la «società dei padri». Forte fu anche il movimento per l’emancipazione femminile, che si proponeva prima di tutto di dare alle donne parità giuridica con gli uomini in famiglia e al lavoro. 4 In Unione Sovietica, Leonid Brežnev impone al paese una svolta conservatrice e repressiva, mentre la «Primavera di Praga» viene schiacciata con i carri armati. Ad Est si viveva frattanto una situazione di grande incertezza. Nel 1964 Nikita Kruscev fu esonerato e sostituito alla guida dell’Unione Sovietica da Leonid Brežnev, che impose al paese una svolta conservatrice e repressiva. Benché l’economia del blocco orientale progredisse, il tenore di vita dei cittadini migliorava assai lentamente: si apriva così un solco profondo tra mondo capitalista e mondo comunista, a tutto vantaggio del primo. Il dialogo tra Est e Ovest su disarmo e diritti umani continuò, ma nel 1968 la dura repressione della «Primavera di Praga», in Cecoslovacchia, ribadì al mondo la ferrea volontà di Mosca di tenere sottomessa l’Europa orientale. 5 In Occidente, gli anni Settanta sono caratterizzati da una profonda crisi economica e dal cedimento del Welfare State. Gli anni Settanta furono assai difficili anche per il mondo occidentale, che dovette fronteggiare gli effetti di una lunga crisi economica. Scoppiata nel 1973 in seguito alla crescita del prezzo del petrolio mediorientale determinato dalla Guerra del Kippur, essa generò un calo della produzione, disoccupazione e inflazione, e un immediato peggioramento del tenore di vita dei cittadini. Il Welfare State fu messo a dura prova e la mancanza di risorse finanziarie ne impose un primo e parziale smantellamento. Precari equilibri politici interni e la piaga del terrorismo resero più incerto, soprattutto in Europa, l’orizzonte di molti paesi. © Loescher Editore – Torino 217 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Due fronti della Guerra fredda: la corsa alle armi e allo spazio La Guerra fredda fu il conflitto politico-ideologico tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che segnò la storia europea e mondiale tra 1945 e 1991, e che non si tradusse mai in uno scontro militare diretto tra le due superpotenze; entrambe, tuttavia, investirono immense risorse in una corsa ad armi sempre più complesse sotto il profilo tecnologico e sempre più distruttive sul piano militare. Mentre gli Stati Uniti puntarono soprattutto sulla ricerca e sull’innovazione delle tecnologie di distruzione di massa, l’Unione Sovietica mirò a costruire un apparato militare di enormi dimensioni. L’arma più potente a disposizione di entrambi gli arsenali erano le testate nucleari, che potevano armare missili terra-terra, aerei da bombardamento strategico, sommergibili e artiglieria da campo. Dimostrazioni di potenza Nella misura in cui il conflitto tra Stati Uniti e Unione Sovietica si combatteva soprattutto con la propaganda ideologica, le armi non solo dovevano essere costruite, ma anche esibite. Nei tradizionali appuntamenti del 1° maggio (Festa dei lavoratori) e del 7 novembre (anniversario della Rivoluzione d’Ottobre), l’Armata Rossa dispiegava la propria forza, convenzionale ma soprattutto missilistica, durante la parata militare sulla Piazza Rossa. Dal canto loro, gli Stati Uniti privilegiarono soprattutto la diffusione di immagini di sperimenti di esplosioni atomiche nel deserto dell’Arizona o su atolli del Pacifico. Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» La corsa allo spazio La Guerra fredda fu anche e soprattutto la competizione tra due società e due modelli di sviluppo economico, il «capitalismo» e il «socialismo»: di qui scaturì la necessità di mostrare la superiorità di un sistema sull’altro in diversi settori. Un fronte decisivo della Guerra fredda fu dunque la corsa alle conquiste spaziali, come laboratorio per l’invenzione e la messa a punto di nuove tecnologie e come strumento di suggestione dell’immaginazione collettiva. L’Unione Sovietica riuscì per prima a spedire il primo cane nello spazio (Laika, 3 novembre 1957), a cui seguirono il primo uomo (Jurij Gagarin, il 12 aprile 1961) e la prima donna (Valentina Tereskova, il 16 giugno 1963). Jurij Gagarin nella sua capsula spaziale. La conquista della Luna Furono però gli Stati Uniti, nonostante il loro iniziale ritardo, ad aggiudicarsi la meta più ambita e ambiziosa, portando il primo uomo sulla Luna, il 20 luglio 1969. Oltre a essere un’eccezionale affermazione della supremazia tecnologica americana, la «conquista della Luna» fu uno straordinario successo di immagine, trasmesso in diretta in mondovisione. Nel momento in cui discese dalla scaletta del modulo lunare il primo astronauta, Neil Armstrong pronunciò la celebre frase: «Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità». Missili sovietici in parata sulla Piazza Rossa, 1962. Soldati americani assistono a un’esplosione atomica, 1951. Gli accordi SALT A partire dagli anni Sessanta, e con maggior intensità negli anni Settanta, alla corsa alle armi si affiancò una strategia contraria, concordata tra Stati Uniti e Unione Sovietica, relativa alla riduzione, se non all’eliminazione, progressiva delle armi di distruzione di massa. In particolare, a seguito del periodo di distensione, fu firmata, a partire dal 1972, una serie di trattati per la limitazione dell’armamento strategico, ossia delle testate nucleari (accordi SALT). Neil Armstrong e Edwin Aldrin passeggiano sulla Luna, 20 luglio 1969. La firma di un trattato nell’ambito degli accordi SALT, 1974. 218 © Loescher Editore – Torino © Loescher Editore – Torino 219 3 10 Il mondo diviso dalla Guerra fredda Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 2 Osserva la cartina a p. 198 e spiega perché l’Italia ha un’importanza strategica nella contrapposizione tra i blocchi. ATTIVITÀ 1 Nel viene eletto presidente il giovane democratico John Fitzgerald Kennedy, che avvia una politica di dialogo con l’Unione Sovietica ( ) 2 Nell’agosto il movimento per i diritti civili dei neri, guidato da Martin Luther King, organizza un’imponente marcia su Washington ( ) 3 Nel si verifica la crisi dei missili: il tentativo degli Stati Uniti di rovesciare il regime di Castro spinge quest’ultimo a un’alleanza con Mosca, che installa missili nucleari sull’isola: Kennedy reagisce dichiarando il blocco navale dell’isola ( ) 4 Nel vengono firmati gli accordi di Camp David con la mediazione del presidente americano Jimmy Carter ( ) 5 Nella notte tra il 12 e il 13 agosto i soldati della Repubblica Democratica Tedesca erigono uno sbarramento per bloccare ogni via di comunicazione tra Berlino Est e Berlino Ovest; in questo modo le autorità comuniste intendono arginare le continue fughe dei cittadini tedeschi orientali verso l’Occidente capitalista ( ) 6 Il 21 agosto i carri armati del Patto di Varsavia rovesciano il governo di Aleksander Dubček, ponendo fine alla «Primavera di Praga» ( ) 7 Il 22 novembre Kennedy è assassinato da Lee Harvey Oswald a Dallas: è l’omicidio politico più clamoroso del Novecento e tuttora i mandanti dell’assassinio non sono stati scoperti ( ) 8 Il 30 gennaio è passata alla storia come Bloody Sunday: nella città di Derry l’esercito inglese spara su una manifestazione pacifica di cattolici, causando la morte di ben 13 civili ( ) 9 Nel i vietcong e l’esercito nordvietnamita conquistano Saigon, riunificando l’intero paese nel nome del comunismo ( ) Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della «distensione». 1 2 3 4 5 6 7 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi scrivi tra parentesi la zona geografica o il paese coinvolti. 5 Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione» Satellite artificiale Tasso di incremento annuo Correttivo Emancipazione Commercio al dettaglio Conformare agli imperativi Scolarizzazione di massa Prova a riflettere sul significato di «critica» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega che cosa si intende per «critica radicale della società». Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alla situazione dell’URSS agli inizi degli anni Sessanta e Settanta. Poi rispondi alle domande. La situazione dell’URSS agli inizi degli anni Sessanta Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Nella seconda metà degli anni Cinquanta i rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica si incamminano sulla strada della «distensione»: infatti alla morte di Stalin nel 1953 il potere si concentra nelle mani del nuovo segretario di (1) , Nikita Kruscev, che denuncia i crimini del suo predecessore e si fa promotore della «coesistenza pacifica» tra capitalismo e (2) . Il dialogo e la collaborazione tra le due superpotenze si sviluppano quando alla Casa Bianca giunge John Fitzgerald Kennedy, anch’egli deciso a spostare il confronto verso campi più «pacifici»; la competizione tra le due superpotenze, infatti, non si giocherà più sul piano della corsa sfrenata agli (3) , bensì sul piano economico e tecnologico e in particolare nella cosiddetta «corsa allo spazio». Tuttavia nei primi anni Sessanta alcune gravissime (4) portano i due blocchi vicino alla rottura definitiva; tra queste ricordiamo la costruzione del Muro di Berlino voluto dalla Repubblica (5) Tedesca e la crisi dei missili di Cuba del 1962, che per evitare una catastrofe nucleare spinge all’installazione della cosiddetta «(6) », un collegamento telefonico diretto e sempre aperto tra Casa Bianca e Cremlino. Negli anni Settanta il dialogo tra le due superpotenze, incrinato ancora una volta dalla guerra del (7) , culmina in alcuni importanti accordi: in particolare l’Atto finale della conferenza tenuta a Helsinky nel 1975 garantisce le frontiere del blocco sovietico nel vecchio continente; in cambio, l’Unione Sovietica si impegna a mantenere vivo il dialogo culturale tra i due mondi e a salvaguardare i diritti umani nei suoi territori. 1 Perchè la situazione economica dell’URSS è considerata insufficiente dalla popolazione? 2 Quali effetti ha la denuncia dei crimini di Stalin? 3 Quali sono le ragioni che portano la Cecoslovacchia a compiere scelte politiche innovative? Mostra quello che sai 7 220 © Loescher Editore – Torino Osserva l’immagine a p. 212 e, dopo aver contestualizzato la foto, spiegane il valore simbolico a livello internazionale. © Loescher Editore – Torino 221