Una storia lunga come il Piave - IIS Scarpa

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Una storia lunga come il Piave
LA RICOSTRUZIONE
DOPO LA
DISTRUZIONE
Ripercorriamo la storia del Veneto Orientale
da Nervesa della Battaglia a San Donà di Piave
CLASSE 5°A
Canever Giovanni e Pasqual Giuseppe sono solo due nomi dei milioni di caduti
durante la Prima Guerra Mondiale nel territorio del Veneto Orientale.
In questo centenario, noi ragazzi della 5°A dell’Istituto Scarpa-Mattei di San Donà di
Piave, vogliamo ripercorrere la storia e le atrocità della Grande Guerra vissute sulla
pelle e sul territorio dei nostri concittadini.
Con un percorso lungo come il Piave intendiamo ricostruire questi eventi che hanno
segnato il nostro territorio.
Tutte queste Battaglie, oltre che alla morte di milioni di soldati, portarono alla
distruzione delle attività principali e dei luoghi fondamentali della vita cittadina quali:
chiese, piazze e ponti.
La ricostruzione di tutto quello che era stato raso al suolo non fu facile.
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MEOLO IN CONFLITTO
PRELUDIO ALLA GUERRA
LUIGI CADORNA
ARMANDO DIAZ
La guerra a Meolo arriva nel 1917,
successivamente all’invasione della
pianura padana per mano austriaca.
Nell’inverno ‘17, Villa Dreina (oggi
residenza per gli anziani) ospitò il
Comando Supremo dell’Esercito
Italiano, che coordinava tutte le
operazioni militari dei soldati al
fronte. Fu il teatro del passaggio di
consegne, il 9 novembre 1917, tra il
comandante Luigi Cadorna, incapace
di risollevare le sorti della guerra dopo
il disastro di Caporetto, e il generale
Armando Diaz, che guiderà l’Italia ad
un’insperata vittoria finale sugli
austriaci.
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LOSSON DELLA BATTAGLIA
Nel 1918, Losson della Battaglia, frazione di
Meolo, era stata trasformata in un impenetrabile e
imprendibile caposaldo, fortificato con tre ordini di
trincee campali, protette da chilometri di filo
spinato e numerosi cavalli di Frisia, e una trincea in
profondità, intervallata da ricoveri blindati e da
strutture difensive, che avrebbero contrastato
l’avanzare del nemico con il fuoco incrociato di
numerose mitragliatrici, di lanciafiamme e di
bombarde. A proteggerla vi era stata inviata la 33°
Divisione, la cosiddetta «Brigata Sassari», che aveva
il compito di bloccare l’offensiva nemica e di
ricongiungersi con la 152° Divisione a
Millepertiche. I sardi, decisi e motivati, balzavano
come felini e impegnavano selvagge colluttazioni
all’arma bianca. Più che un attacco era una
furibonda caccia all’uomo.
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BRIGATA SASSARI
BRIGATA SASSARI
La guerra cominciò il 16 giugno, e forse sarebbe da
considerare la giornata più sanguinosa di tutta il conflitto per
la Brigata Sassari. Cinque volte gli austriaci vennero all’assalto,
ogni giorno fino al 20 giugno, fecero qualche progresso, si
avvicinarono a Losson, cinque volte furono ricacciati dai
piccoli sardi indomabili della Brigata gloriosa. In quelle
ondate le perdite nemiche furono spaventose. Quando al
tramonto i soldati sardi, frantumato l’ultimo assalto, partirono
urlando al contrattacco, fiancheggiati dalle furie dei battaglioni
della Bisagno e dal 9° bersaglieri ciclisti, il terreno tra Case
Gradenigo e lo Scolo Correggio era infoltito di cadaveri.
Indubbiamente la fiera resistenza dei fanti italiani a Losson, in
quell’indimenticabile giovedì 20 giugno 1918, portò gli
austriaci a riflettere sull’inutilità dei loro sforzi e a convincerli
che tutte le loro residue speranze di vittoria si erano ormai
definitivamente infrante contro quell’ imprendibile
caposaldo. Losson, un pugno di case coloniche, era balzata di
colpo dalla semplicità della vita rurale alla gloria della Storia
d’Italia.
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DOPO GUERRA
Losson, dopo gli anni del conflitto, venne
chiamata “della Battaglia” perché fu il paese
simbolo della storica difesa italiana.
Attualmente, ogni anno viene svolto un evento
di celebrazione, da parte dell’Esercito Italiano ,
in memoria dei valorosi caduti della Brigata
Sassari.
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LOSSON OGGI
Oggi la frazione di Losson
della Battaglia è un
importante centro culturale e
ricreativo del paese.
Subito dopo le guerre sono
state avviate opere di
ricostruzione e di
mantenimento (dal 1970),
con la creazione di parchi e
centri d’interesse. Sono
inoltre presenti monumenti e
manifestazioni per onorare i
caduti sia della prima che
della seconda guerra
mondiale.
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PONTE DELLA PRIULA
IL PASSAGGIO SUL PIAVE
CENNI STORICI
Ponte della Priula è una frazione di Susegana,
in provincia di Treviso. L'appellativo "della
Priula" si riferisce ai patrizi veneziani Priuli.
Sin dall'epoca romana questa zona ha
rappresentato un punto nevralgico nei
collegamenti stradali. Si ritiene che il ponte
della Priula abbia quindi origini antichissime e
vide il passaggio di numerosi eserciti invasori.
Inizialmente costruito in legno, fu
successivamente distrutto e ricostruito più
volte, solo ai primi del Novecento fu rifatto in
pietra e cemento. Gli ultimi gravi
danneggiamenti risalgono proprio alla Grande
Guerra.
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STORIA DEL TERRITORIO
Il ponte che attualmente collega, superando il Piave, il territorio di Nervesa della Battaglia a
quello di Susegana è da secoli noto con il nome di Ponte della Priula.
La natura del terreno collinoso, i boschi, le fertili campagne in pianura percorse e alimentate
dal Piave hanno favorito insediamenti umani in riva sinistra ed in riva destra del fiume,
divenendo un luogo conteso, attraverso i secoli, con conflitti armati e scorribande di
soldatesche appunto per l’importanza economica e militare dovuta alla sua locazione
152° REGGIMENTO, BRIGATA SASSARI
Durante le battaglie della guerra, gli austriaci avanzavano e non avevano il coraggio di attaccare
frontalmente l’esercito italiano.
Nonostante ciò, l’Italia, aveva paura che gli austriaci potessero passare il Piave, proprio su quel
punto, e li sarebbe stata la disfatta e la perdita della guerra. Si decise così di far saltare il ponte.
L'ultimo reparto a passare il fiume a Ponte della Priula fu un battaglione del 152º reggimento
della Brigata Sassari.
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A capo del battaglione c’era un piccolo ufficiale
della provincia di Sassari, Thiesi, il capitano
Giuseppe Musinu, futuro generale di corpo
d'armata.
Giuseppe Musinu fu, con Emilio Lussu, uno
degli ufficiali più amati dai fanti della
Sassari, composta interamente da sardi;
ferito cinque volte, fu protagonista in decine
di azioni che gli crearono la fama di eroe.
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MONUMENTI
IL TEMPIO VOLTIVO ALLA FERTILITÀ
EUROPEA:
Dedicato ai caduti di tutte le guerre fu progettato
a partire dal 1934; sul suo campanile troneggia la
famosa campana denominata Ave Plavis, donata per
l'occasione dai Ragazzi del '99 (combattenti della
Prima Guerra Mondiale). L'edificio ha una cripta,
nella quale sono custodite le spoglie dei soldati di
ognuna delle nazioni che combatterono nella Grande
Guerra.
CASTELLO DI SAN SALVATORE:
Costruito nel 1323 andò quasi interamente
distrutto tra il 1917 e il 1918.
In seguito alla rotta di Caporetto, furono
Bombardati i castelli di San Salvatore e Collalto
causando la distruzione di molte delle
opere d'arte qui custodite.
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Nelle vicinanze di Ponte della Priula, precisamente a
Nervesa della Battaglia, dove si è combattuta una delle
battaglie più lunghe e sanguinose della prima guerra
mondiale, oltre al monumento «La Barca sul Ponte»
recuperata dagli stessi abitanti di Nervesa finita la
guerra, possiamo trovare il Sacrario del Montello, uno
dei principali ossari che raccolgono le spoglie dei caduti
italiani durante la prima guerra mondiale.
SACRARIO DEL MONTELLO:
Fu progettato e ultimato nel 1935. E’ una struttura cubica
con un ampio piazzale in cemento, vuota al centro, attorno
alla quale girano le scale. Il complesso si divide in due parti:
quella inferiore, di tre piani, custodisce le salme; quella
superiore è un ampio torrione da cui si può ammirare il
paesaggio che fu al centro dei combattimenti.
All'interno del mausoleo, nella parte cava, c’è una piccola
cappella. Vi è anche una parte adibita a museo che raccoglie
reperti e notizie riguardanti la Battaglia del Solstizio. Nei
dintorni sorge il monumento a Francesco Baracca.
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MONUMENTO A FRANCESCO BARACCA:
Il sacello dedicato all'Asso dell'aviazione Francesco
Baracca sorge poco distante dal Sacrario di Nervesa
della Battaglia, protetto da alti cipressi e immerso
nel verde della parte meridionale del Montello.
Questo piccolo tempio vuole ricordare il luogo dove
l'aviatore romagnolo, uno dei personaggi più famosi
della Grande Guerra, venne abbattuto durante la
Battaglia del Solstizio il 19 giugno 1918.
Si tratta di un'opera composta da otto colonne
doriche, contornate da dei fregi metallici intrecciati
tra loro, che sostengono la cupola sormontata da
una piccola croce. Alla base invece, su una lastra di
marmo di Verona, si possono vedere i simboli a cui
era legato Francesco, ovvero l'ippogrifo e il cavallino
rampante, oltre alle firme dei genitori
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CESSALTO E LA GRANDE GUERRA
UOMINI CONTRO UOMINI
La pima guerra mondiale fu il primo vero scontro che
interessò tutti i paesi del globo. Fu violentissima e
interessò numerosissimi paesi italiani, anche i più piccoli,
come Cessalto.
Molti partirono da queste zone fra caporali e
comandanti, purtroppo gran parte di essi non fecero mai
più ritorno
L’INTERVENTO ITALIANO
Il 24 Maggio 1915 l’Italia entra in guerra a fianco
dell’Intesa (Francia - Inghilterra - Russia) con lo
scopo di completare l’unificazione.
La guerra lampo si era trasformata in guerra di
trincea.
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LE PERDITE INIZIANO AD
ACCOMULARSI
Giugno: viene affondato il piroscafo principe
Umberto I, perisce quasi tutto il 55° reggimento
fanteria tra cui 11 cessaltini.
L’Italia riesce a tenere il fronte compatto avanzando
lentamente, subendo però gravi perdite.
L’unica consolazione per le famiglie sono le parole
espresse dai superiori nei confronti di chi ha
sacrificato la vita per la propria nazione.
LA SITUAZIONE SI AGGRAVA
L’aggravarsi della situazione Russa consentì agli austriaci il trasferimento
delle truppe dal fronte orientale a quello italiano.
Il 15 ottobre 1917, con la disfatta di Caporetto gli italiani sono costretti a
retrocedere prima fino al Tagliamento, poi fino al Piave. Al generale
Cadorna subentra Diaz, che riorganizza l’esercito.
Gli italiani del nord-est migrano in massa nei comuni a sud del Piave.
Il 7 Novembre la resistenza cede sul fiume Livenza, viene distrutto il ponte
ferroviario di San Anastasio, una frazione cessaltina. Cessalto viene evacuata,
le famiglie sono costrette a barricarsi in case di campagna.
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L’OCCUPAZIONE CESSALTINA
Cessalto viene occupata dagli austriaci l’8
settembre 1917, diventa un punto strategico data
la sua vicinanza con il Piave.
In 11 mesi Cessalto viene saccheggiata e
bombardata da parte dell’aviazione austriaca.
LA VITTORIA ITALIANA
Per mesi ci sono lente perdite e riconquiste di terreno, fino a che la
controffensiva italiana respinge il nemico la sera del 22 giugno.
24 ottobre1918 vengono espugnate Conegliano e Vittorio Veneto e nel giro
di pochi giorni tutti i territori italiani vengono liberati dalla sottomissione
austriaca.
04 novenbre1918 il generale Diaz dichiarò la fine della guerra, l’Italia aveva
vinto.
Il bilancio complessivo della guerra sono 154 cessaltini caduti su un totale
di 650.000 italiani.
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CRISI ECONOMICA
La grave situazione sociale dovuta alla guerra è ulteriormente aggravata
dall’assottigliarsi delle sovvenzioni statali, causate dal deficit finanziario dovuto alle
spese militari.
La guerra costò 148 miliardi di lire, cifra aggravata dall’inflazione successiva e il
rialzo dei prezzi.
Lo stato è costretto ad introdurre delle nuove tasse sui beni di prima necessità.
SITUAZIONE CESSALTINA
A causa dell’inflazione, gli abitanti di Cessalto sono costretti ad acquistare ad alto
prezzo beni di scarsa qualità dall’estero.
Tra il ’20 e il ‘21 a soccorrere i bisognosi, pervengono al comune da parte del
Ministero delle Terre Liberate cospicue quantità di indumenti da distribuire ai poveri
gratuitamente.
A partire dal 1923 la Giunta Municipale è costretta ad applicare il calmiere sul pane e
le carni.
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LA RICOSTRUZIONE
In questo quadro di crisi economica si aggiunse anche il restauro e la
ricostruzione delle strutture pubbliche e private, delle infrastrutture ma anche
dei beni mobili distrutti.
Il ritardo dei finanziamenti governativi e la difficoltà dell’ottenere anticipazioni
da parte dagli Istituti di Credito, costringono molti cessaltini a chiedere prestiti
a privati con tassi di interesse altissimi.
La ricostruzione degli immobili comunali di Cessalto viene affidata alla
Cooperativa Giuseppe Garibaldi.
Questa situazione di degrado, povertà e malessere sarà la causa dell’adesione di
molti al Partito Nazionale Fascista creato nel novembre 1921.
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IL PIAVE:
LO SPARTIACQUE PER LA SALVEZZA
DI SAN DONA’
Dopo l’abbandono della città il 4 novembre 1917 la sede comunale fu trasferita a Firenze. Nei
giorni seguenti, prima che giungessero le truppe austro-ungariche, furono demoliti tutti gli
edifici alti, in modo da privare il nemico di possibili punti di osservazione e valutazione per
l’attraversamento del fiume.
Durante i primi mesi di occupazione le truppe austro-ungariche posero il proprio comando
nell'allora Villa Ronchi di Palazzetto, per poi insediarsi a Villa Ancillotto.
Gli opposti eserciti si affrontavano sulle rive del Piave, della Piave Vecchia e del Canale Cavetta.
Entrambe le armate erano stremate però dedicarono l’inverno del ’17 e la primavera del ‘18 a
prepararsi allo scontro finale. E l’ultimo disperato tentativo ebbe inizio nella giornata del 15
giugno 1918 (Battaglia del Solstizio). La fortuna dapprima fu in mano agli austro-ungarici, i
quali riuscirono ad attraversare il Piave in più’ punti, nonostante la resistenza opposta.
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I problemi maggiori da risolvere negli argini del fiume furono le voragini prodotte dalle
esplosioni delle artiglierie, le vaste e profonde spaccature nel terreno prodotte dai rifugi e
dalle trincee, proiettili inesplosi, e del gran numero di reticolati spinati.
Immediatamente dopo i lavori di risanamento degli argini, partirono le operazioni per il
“tombamento” del fronte, cioè del riempimento delle trincee presenti nel terreno e la
livellazione delle depressioni del terreno. Successivamente al lavoro di tombamento, furono
demoliti, nei tratti di argine, i ricoveri di cemento armato o di calcestruzzo esistenti.
I luoghi più coinvolti dalle azioni belliche furono la zona di Chiesanuova, presso il corso
della Piave Vecchia e il tratto rettilineo della Piave Nuova dove si trovavano anche la maggior
parte dei manufatti militari.
Lungo la golena del fiume si concentrava una fitta rete di trincee e camminamenti.
Dopo la fine della Guerra, le condizioni in cui si
trovavano gli argini del Piave erano molto gravi e si
dovette lavorare per evitare che il fiume potesse
esondare e riversarsi nelle zone circostanti, già
devastate dalla guerra.
Una parte del viale Corso S Trentin
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IL PONTE SUL PIAVE
Il primo ponte venne ultimato nell’agosto del 1876, si trattava di un manufatto in legno
costruito dalla ditta Lazzaris e Wiel. Questo ponte ebbe brevissima durata, la grande
alluvione del 1882 lo travolse e se lo portò via.
Si iniziò l’opera di ricostruzione nel 1884 ed il collaudo ufficiale del nuovo ponte fu
eseguito nel marzo del 1886. Questa volta viene costruito in ferro ed è sorretto da quattro
enormi pile in muratura che distanziavano l’una dall’ altra 37 metri, la lunghezza totale era
di 210 metri e la carreggiata era di 5,35 metri di larghezza.
La vita di questo manufatto fu ben più lunga del precedente, ma il primo conflitto
mondiale e la disfatta di Caporetto decretarono la sua fine.
Il Piave diventò fronte di guerra e ultimo baluardo della resistenza italiana. Appena
ultimato il ripiegamento del nostro esercito si rese necessario farlo saltare.
Il giorno 9 novembre 1917 alle ore 11.00 la ventesima compagnia minatori provvide al
brillamento.
San Donà divenne avamposto di guerra e fu letteralmente distrutta dai bombardamenti.
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Alla fine della battaglia, poi detta del Solstizio, il fronte correva lungo il Piave Nuovo e tutto
l’estuario era sotto controllo della 3º Armata. Nell’autunno di quell’anno venne lanciata
l’offensiva italiana contro l’ormai fatiscente esercito austro-ungarico.
Il 31 ottobre San Dona’ era in mani italiane.
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Subito dopo la vittoria fu necessario costruire un ponte provvisorio. Questo ponte di barche
servì subito alle truppe italiane per far transitare i rifornimenti e in seguito alla gente delle due
sponde in attesa di un ponte di legno che verrà aperto al traffico nel 1919.
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Ponte provvisorio di legno costruito in temporanea sostituzione di quello di barche ed aperto
al traffico nel 1919.
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Ma il triste destino del ponte non era ancora terminato, con il secondo conflitto
mondiale nell’ ottobre del 1944 venne distrutto da un bombardamento aereo angloamericano. In quell’occasione andò completamente distrutto anche l’ospedale civile e il
Teatro Verdi e altre zone del centro. A guerra finita gli alleati costruirono un ponte
provvisorio in legno. Nel 1946 iniziarono i lavori di ricostruzione del ponte che furono
ultimati nel giugno del 1950. Fu ribattezzato “Ponte della Vittoria”, nome ancor
utilizzato.
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ERACLEA
DOVE FINISCE IL MARE
LA BONIFICA
Tra il 1700 e il 1800 l'attuale città di Eraclea,
allora chiamata Grisolera (perché ancora
circondata da canne palustri chiamate grisòle),
era, insieme a Cava Zuccherina (Jesolo) uno
dei pochi luoghi abitati anche se imperava la
malaria. Il territorio necessitava quindi di
essere bonificato per favorire lo sviluppo
produttivo, partendo dalla costruzione di
canali di scolo delle acque fino
all'organizzazione delle reti stradali.
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TESTIMONIANZA
Quando io sono tornato dalla guerra, a Eraclea ho visto tutti buchi di granate, e basta. Non c'era
altro; con le case i tedeschi avevano fatto trincee. A Eraclea non c'era pietra su pietra in piedi.
Dove ora c'è il ponte di Eraclea c'era un passo a barca. I forestieri che venivano qua dopo tre
giorni se ne dovevano andare a causa della malaria, noi invece che eravamo nati qua non la
prendevamo. Prima della grande guerra da Torre di Fine fino al Revedoli l'aveva fatta il barone
Treves; oltre il Revedoli l'aveva fatta Pasti, Marco Pasti e suo fratello. Con la guerra hanno perso
tutto.
DOPO LA DISTRUZIONE
Le operazioni di bonifica dovettero interrompersi, e fu necessario attendere la fine del
conflitto del 15-18.
Bisognava ripristinare ciò che la guerra aveva distrutto, vennero quindi costruiti impianti
idrovori, arginature, strade e ponti. Questi ripristini consentirono anche opportuni
ammodernamenti e alcune maggiorazioni.
Entro il 1919 l'essenziale era già ripristinato.
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IL RESTAURO
A Eraclea prima della guerra c'era la
chiesa, con parroco e cappellano, anche se
il centro del paese era costituito da una
trentina di case. Il comune era grande, ed
era composto da Stretti, Cittanova, Torre di
Fine e Brian oltre al centro di Grisolera.
Nel gennaio del 1920 fu posta la prima
pietra della nuova chiesa dell'Immacolata di
Eraclea, una delle più importanti opere di
restauro. Progettata dall'architetto
Giuseppe Berti, la chiesa, di stile basicale,
venne consacrata dal Patriarca Pietro La
Fontaine il 10 Maggio 1930.
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JESOLO: LA RINASCITA DOPO LA MORTE
Dalla Prima Guerra Mondiale alla Bonifica
L'avanzata austro-ungarica fu arrestata lungo il corso della Piave sulla cui sponda destra
s'arroccarono le truppe italiane. L'unica eccezione fu proprio questa area dove gli austriaci
il 13 novembre 1917 riuscirono a varcare il fiume a Eraclea, le truppe italiane arretrarono
attestandosi sul versante destro di tre corsi d'acqua:
• Piave Vecchio (da Musile a Caposile),
• Sile (da Caposile a Cava Zuccherina),
• Cavetta (da Cava Zuccherina a Cortellazzo).
Così Cava Zuccherina fu perciò distrutta dalle
artiglierie che battevano le opposte posizioni.
Furono ben 184 i caduti civili.
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I lavori della bonifica ripresero nello stesso 1918. L'esperienza acquisita dalle precedenti
operazioni di bonifica permise un'attuazione più razionale. Non si ebbero più imprese
private legate a interessi di parte, ma una pianificazione generale predisposta dai consorzi di
bonifica del Basso Piave.
Il decennio compreso tra il '20 e il '30 resta il periodo della "Grande Bonifica", articolatasi
in tre momenti: il prosciugamento di gran parte del territorio comunale, l’escavo di canali e
la messa a nuova coltura dei terreni.
Attorno al lavoro agricolo crebbero e si organizzarono lavori artigianali diversi e la malaria
poco a poco venne isolata e vinta grazie all'opera sanitaria dei medici.
Nell'anno 1930 ritornò il nome di Jesolo: Cava Zuccherina era ormai sinonimo di paludi
lontane, malaria e lavoro gramo.
A poco a poco la gente scoprì il suo mare, apprezzandone i suoi benefici curativi, attratta
sempre più da un nuovo e irresistibile fascino.
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Nel censimento demografico del 1936, le località della spiaggia e della Marina Bassa,
assunsero ufficialmente il nome di Lido di Jesolo. Sono circa 1500 etteri di terreno in
prevalenza sabbioso ma di buona produttività agricola, a monte di un incantevole
arenile lungo 15 chilometri compreso tra il faro e Cortellazzo: è un arenile tutto
rivolto a sud e fino al 1946 ebbe un'ampiezza di circa 400 metri, delimitato da un
bagnasciuga e una catena ininterrotta di motte. Oggi l'ampiezza dell'arenile è
dimezzata e le dune sono state livellate dall'avanzare delle costruzioni. Seguirono molti
interventi edificanti: furono costruite colonie e l'istituto marino, ora trasformato in
ospedale di zona. La Croce Rossa Italiana vi eresse un importante centro operativo,
tutt'oggi in piena efficienza. Non si fecero attendere i primi stabilimenti balneari.
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Istituto Scarpa-Mattei
Classe 5°A
Bardella Alberto
Boccato Dario
Brunello Giovanni
Cadamuro Veronica
Calliman Christopher
Carrer Ilaria
Celeghin Giacomo
Dus Mattia
Fasan Nicolò
Feltrin Manuel
Fiorindo Massimo
Marinello Federica
Muhaj Loris
Pelloia Filippo
Ponticello Sara
Roiter Michele
Rossetto Kevin
Salgarella Marco
Scodro Andrea
Surian Benedetta
Tonetto Clarissa
Veronelli Sebastiano
Volpe Gian Marco
Prof.ssa Goldini F. Manuela
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