NOCE DI FELTRE

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NOCE DI FELTRE
Juglans regia Linneus
Famiglia: Juglandaceae
Descrizione
Ecologia
Poiché è una pianta originaria delle regioni
mediterranee orientali, di altitudine è piuttosto
esigente in fatto di clima: l’optimum è
rappresentato da inverni abbastanza freddi ma
senza pericolo di gelate tardive.Infatti non viene
mai coltivata oltre i 1000 m e sempre con
esposizione solleggiata. Per quanto riguarda il
suolo gradisce terreni profondi e freschi, ricchi di
sostanza organica, possibilmente di medio
impasto, anche se sopporta i suoli argillosi.
Noce di Feltre
Pianta arborea monoica e caducifoglia, che può
raggiungere i 30 m di altezza. Ha chioma molto
sviluppata, ampia e a forma di cupola. La
corteccia di color cenere, è inizialmente liscia ma
con
il
passare
degli
anni
si
fessura
profondamente in senso longitudinale e finisce
con lo staccarsi in plache.
Le foglie sono di tipo composto e imparipennate,
costituite da 5-9 fogliole glabre e a margine
intero. Se strappate emanano un leggero aroma
dovuto ad un principio volatile.
I fiori maschili sono radunanti in gattici (amenti)
pendenti di colore brunastro e si schiudono
precocemente. I fiori femminili si trovano invece
in gruppi lassi di 2-5, sono poco vistosi, posti
all’estremità dei rametti dell’annata e sbocciano a
maggio. Fra l’apertura dei fiori maschili e quelli
femminili può intercorrere anche un mese
(dipende
dall’andamento
climatico):
anche
questa è una strategia della pianta per evitare
l’autofecondazione o la fecondazione di piante
della stessa varietà. Perciò se si vorranno
ottenere dei frutti sarà necessario disporre di
piante impollinatrici di varietà adatta. Il noce
comincia a produrre dopo 8-10 anni.
I frutti sono delle drupe di forma all’incirca
sferica, la cui parte esterna (il mallo), carnosa e
verde, diviene
scura a maturità e tende a
staccarsi dall’endocarpo, il guscio legnoso
formato da due valve dure che racchiudono il
seme, cioè il gheriglio ovvero la parte
commestibile. Maturano tra agosto e settembre.
Il territorio interessato alla produzione di questo
prodotto
rientra
nei
comuni
di
Feltre,
Cesiomaggiore,
Sovramonte
e
Pedavena;
nell’area della Val Belluna bassa sono coinvolti S.
Giustina, Rasai, Seren del Grappa, Lamon,
Trichiana, Lentiai, Mel; nella Val Belluna alta
invece: Belluno, Sedico, Sospirolo, S. Gregorio,
Centiai.
La produzione di noci non ha mai avuto un ruolo
principale nell’economia delle famiglie bellunesi;
semmai si è sempre trattato di un prodotto
secondario anche se non trascurabile. Era
tradizione piantarlo per la nascita di ogni
femmina come simbolo di buon auspicio e
prosperità. Per questo trovava spazio vicino a
casa, preferibilmente prossimo alla concimaia
dove la disponibilità di sostanza organica favoriva
la produzione.
Quindi, per seguire la tradizione e per la
particolare cura che veniva riposta nella sua
coltivazione, si selezionò la “noce feltrina”, dalle
caratteristiche inconfondibili.
A cura di Patrizia Pedron
Principalmente è dotata di “premicità” cioè la
capacità di rompersi molto facilmente, solo
schiacciandola tra le dita. Il gheriglio si stacca
facilmente dal guscio.
La forma è sub-ellittica (ovoidale), con base
arrotondata ed apice appuntito; il margine delle
suture è quasi nullo. Il peso medio varia dai 6 ai
10 grammi; il colore del guscio è chiaro e
richiama una sua certa fragilità, testimoniata
dallo spessore nettamente più sottile di 1-2 mm
rispetto a quello delle altre varietà; è poco
rugoso.
La resa allo sgusciato è del 56%: significa che
per ogni frutto almeno 5,6 g sono commestibili.
È sicuramente una delle varietà più rinomate per
le ottime caratteristiche organolettiche.
La pianta ha crescita lenta che si traduce in una
notevole longevità: fino a 100 anni.
Si adatta bene ai terreni di collina tipici del
castagno, ad altitudini comprese fra 600 e 800
metri.
Non sono inoltre necessari grandi interventi
colturali da parte del coltivatore: sono sufficienti
poche potature finalizzate ad eliminare rami
secchi o malandati.
Per la raccolta del prodotto si opera la
bacchiatura del frutto con raccattatura manuale
da terra delle noci che, ancora provviste di mallo
protettivo non subiranno in tal modo alcun
danno. In seguito si provvederà ad asportare il
mallo, a selezionarle, lavarle e asciugarle fino alla
preparazione per la conservazione. Quest’ultima
dovrà essere fatta in ambienti asciutti e ventilati
prima di poter commercializzare il prodotto.
Esso sarà reperibile sul mercato da ottobre e fino
a dicembre di ogni anno.
Aspetti interessanti
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Il seme è commestibile ed estremamente
nutriente:ricco di proteine (15%), grassi (6070%), vitamine (del gruppo A, E, B) e
minerali è consigliato ai vegetariani come
sostituto della carne. Da esso si estrae un olio
utilizzato nell’industria alimentare. Inoltre con
parte del mallo e parte di gheriglio acerbo, si
ottiene il liquore noto come “Nocino”
In omeopatia si estraggono dalle foglie
tannini (efficaci nella cura della congiuntivite,
dei
dolori
cutanei,
dell’eccessiva
sudorazione), vitamina C e juglone (olio
etereo) con proprietà sedative, ipotensive e
ipoglicemizzanti : per questo può essere
consumato anche dai diabetici. Il mallo invece
è astringente e viene usato per cicatrizzare le
ferite ed è un ottimo rimedio nella cura di
piaghe e dermatosi. Anche l’olio alimentare
può essere usato in dermatologia per
prevenire gli eritemi solari e facilitare
l’abbronzatura della pelle.
In cucina le noci guarniscono numerosi piatti,
insaporiscono formaggi e dolci.
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Il mallo della noce viene usato per scurire i
capelli; anche dalla corteccia e dalle foglie si
estraevano coloranti un tempo utilizzati per
tingere le stoffe e conciare le pelli.
Il legno è particolarmente pregiato e usato in
ebanisteria per il suo caldo colore bruno, ricco
di venature, che consente di fabbricare mobili
di pregio. Dal 1500 lo si usa anche la radica di
noce.
Curiosità
Il nome “Junglans” deriva dal latino “Jovi glans”
ovvero le ghiande di Giove. L’attributo “regia”
ovvero reale per alcuni indicherebbe la
superiorità riconosciuta ai suoi frutti, rispetto a
quelli delle altre specie; secondo altri sarebbe
invece chiaro il riferimento agli attributi di Giove.
Nonostante la tradizione greca, era comunque
sicuramente coltivato già nell’età della pietra.
In molti villaggi alpini ancora nella seconda metà
del 1800, c’era l’abitudine in occasione dei
matrimoni di far piovere sugli sposi un po’ di noci
oppure di allestire lungo la strada che avrebbero
percorso un tavolo con due noci candite, una per
ciascuno, e un bicchierino di liquore che
dovevano bere insieme: il significato era l’augurio
di un sentimento forte che li unisse per il resto
della vita come erano state le noci all’interno del
mallo.
La tradizione vuole che il noce non venga mai
colpito dai fulmini e questa sua immunità gli ha
creato intorno un’aureola di magia. Inoltre si dice
che esso sia un albero maledetto: infatti chi
volesse stendersi alla sua ombra per riposarsi, in
breve sarebbe colpito da un violento malessere
indotto dalle streghe che gelose
della loro
pianta, la difendono con ogni malia. Famoso a
questo proposito è il “Noce di Benevento” dove è
rinomata la celebrazione del “Gran Sabba” di
tutte le streghe. Analizzando la tradizione oltre la
superstizione si può trovare ragione in queste
simpatiche affermazioni, se pensiamo alle
sostanze aromatiche contenute nelle giovani
foglie, le quali contribuiscono a formare un alone
a scarsa conducibilità elettrica intorno alla
chioma: i fulmini per questo non ne sono attratti;
sempre per questi oli eterei presenti nell’area
occupata dalle fronde, si è soggetti ad una
limitata esposizione a principi attivi tossici che
causano stordimento, mal di testa e senso di
nausea. Lo juglone viene prodotto come inibente
per la colonizzazione di altre piante: esplicando
un’azione tossica nei confronti degli altri vegetali
impedisce che questi si sviluppino nelle sue
prossimità.
Foto: tratte dai siti indicati.
Per approfondimenti:
A. Cattabiani “Florario”, Ed. Mondadori
www.parks.it
www.agraria.org
www.prodottitipici.com
A cura di Patrizia Pedron
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