Simulazione Fisica n°2 - 2016-17
Traccia svolgimento
Problema 1
1. La “forza di resistenza passiva” di cui parla il testo trae la propria origine dal fenomeno
dell'induzione elettromagnetica e, in particolare, dalla legge di Lenz, per la quale le correnti
indotte tendono ad opporsi alla causa che le ha generate.
In questo caso, il moto del magnete nel tubo di plexiglas provoca una variazione nel tempo del
flusso del campo magnetico attraverso le due spire; tale variazione causa delle correnti indotte
nelle due spire; queste correnti generano a loro volta un campo magnetico che tende ad opporsi al
moto del magnete.
Per la legge di Faraday-Neumann, l'intensità delle correnti indotte è direttamente proporzionale
alla derivata rispetto al tempo del flusso del campo magnetico che attraversa le spire, per cui la
“forza di resistenza passiva” dipenderà dalla velocità del magnete, come previsto dal testo.
Se il magnete cade con il polo Nord rivolto verso il basso, come nella figura allegata
i
S
al testo, allora il flusso del campo magnetico rivolto verso il basso sta aumentando per
N
la spira inferiore e diminuendo per la spira superiore. Per la legge di Lenz, la corrente
S
indotta scorrerà quindi (per un osservatore posto sopra il magnete) in verso antiorario
N
nella spira inferiore ed in verso orario nella spira superiore. Di conseguenza, la spira
v
inferiore può essere considerata equivalente ad un magnete avente il polo Nord rivolto
verso l'alto, mentre la spira superiore può essere considerata equivalente ad un
magnete avente il polo Nord rivolto verso il basso. Il magnete in caduta viene quindi
N
S
i
respinto dalla spira inferiore ed attratto dalla spira superiore, e pertanto sente una forza risultante
diretta in verso opposto alla propria velocità.
(Osserviamo incidentalmente che, nella figura proposta dal testo, viene invertita la convenzione utilizzata
comunemente per cui il polo Nord viene rappresentato in rosso ed il polo Sud in blu.)
Per capire come le correnti indotte variano nel tempo a causa del moto delle
spire, proviamo a ragionare su un caso analogo (che abbiamo discusso
quest'anno nel compito n.1 della classe 5^A), in cui un magnete venga fatto
passare con velocità costante attraverso una spira formata da un filo metallico.
Indicando come positiva una corrente che scorre in verso antiorario, avevamo
osservato che, mentre il magnete si muove, inizialmente il flusso del campo magnetico diretto
verso il basso aumenta, e la corrente indotta deve produrre un campo magnetico diretto verso
l'alto, e quindi essere positiva. Quando poi il magnete ha attraversato la spira, il flusso del campo
magnetico è sempre diretto verso il basso, ma in diminuzione; per cui la
corrente indotta deve generare un campo magnetico diretto verso il basso, e
quindi essere negativa (vedi grafico di lato).
Tornando al caso proposto dal testo, mentre il magnete si muove nello
spazio tra le due spire, esso si sta avvicinando alla spira inferiore e
allontanando da quella superiore, per cui la prima parte del precedente
grafico tt 1  descrive la variazione nel tempo della corrente indotta nella spira inferiore,
mentre la seconda parte del grafico tt 1  descrive l'andamento nel tempo della corrente
indotta nella spira superiore.
Infine, se il magnete viene capovolto, in modo che il polo Nord e il polo Sud risultino scambiati,
possiamo affermare che le correnti indotte nelle due spire avranno verso opposto rispetto al
precedente, per cui tutte le affermazioni precedenti rimarranno valide scambiando i termini
“verso orario” e “verso antiorario”.
2. E' strano che il testo chieda di calcolare e di riportare in un grafico i valori della velocità media
del magnete, mentre a noi interessa il limite della velocità istantanea, che può essere certamente
approssimata con la velocità media, calcolata però non sull'intero percorso h/t  , ma
sull'ultimo tratto di esso  h/ t  .
h (cm)
t (s)
h cm
 
t
s
 hcm
 t  s
 h cm
 
s
t
5,0
0,5
10,0
5,0
0,5
10,0
10,0
0,9
11,1
5,0
0,4
12,5
20,0
1,5
13,3
10,0
0,6
16,7
30,0
2,2
13,6
10,0
0,6
16,7
40,0
2,9
13,8
10,0
0,7
14,3
50,0
3,6
13,9
10,0
0,7
14,3
60,0
4,3
14,0
10,0
0,7
14,3
70,0
5,0
14,0
10,0
0,7
14,3
80,0
5,7
14,0
10,0
0,7
14,3
Dalla precedente tabella vediamo che, all'aumentare del tempo di caduta, aumenta anche la
velocità media del magnete, che si avvicina asintoticamente al valore v m ≃0,14 m/ s (ma questa
informazione non ci è di grande utilità). Invece la velocità “istantanea” (o, meglio, media, ma su
intervalli di tempo più piccoli), dopo qualche fluttuazione, probabilmente dovuta a incertezze
sperimentali, tende al valore limite v L ≃14,3 cm/ s .
Anche se richiesto, non traccio il “grafico della velocità media in funzione dell’altezza”, in quanto non ne vedo
l'utilità. Sarebbe invece più interessante un grafico della velocità istantanea in funzione del tempo di caduta, ma
non abbiamo a disposizione dei dati sufficientemente precisi per disegnarlo.
Se, come richiesto dal testo, assumiamo che la forza di resistenza passiva di cui abbiamo parlato
nel punto 1 possa essere approssimata con una forza proporzionale alla velocità: F r =−kv , per
il secondo principio della dinamica abbiamo: PF r =ma ⇒ mg−kv=ma .
Discutiamo tale eq. in maniera qualitativa.
•
Subito dopo che il magnete viene lasciato libero, la sua velocità è piccola, per cui la forza di
resistenza passiva è trascurabile e la precedente eq. diventa:
mg≃ma ⇒ a≃g ⇒ v≃gt .
Quindi, inizialmente il moto del magnete può essere considerato come un moto di caduta
libera con accelerazione uguale a quella di gravità e velocità che cresce in maniera
direttamente proporzionale al tempo di caduta.
•
Man mano che la velocità del magnete aumenta, aumenta anche la forza di resistenza passiva
fino a diventare quasi uguale alla forza peso. In questo caso, l'accelerazione del magnete
diventa trascurabile, e la precedente eq. si riduce a:
mg−kv≃0 ⇒ v≃
mg
.
k
A regime, quindi, il moto del magnete può essere considerato come un moto uniforme con
velocità uguale alla velocità limite: v L =mg / k .
Utilizzando il valore della velocità limite trovato dal grafico, possiamo quindi ricavare:
k=
mg 2,35⋅10−3 kg⋅9,80 m/ s 2
kg
≃
≃0,161
.
v
0,143 m/ s
s
In maniera più precisa, l'eq. mg−kv=ma può essere riscritta come: m v̇kv=mg (dove, come si usa di solito
in fisica, il punto indica la derivata rispetto al tempo), che rappresenta una equazione differenziale lineare del primo
ordine non omogenea a coefficienti costanti.
t
In particolare, l'eq. omogenea associata m v̇kv=0 ammette soluzioni della forma v om t = A e
dove g è sol.
dell'eq. caratteristica m k =0 ⇒ =−k / m , per cui: v om t = A e−kt / m .
Una sol. particolare dell'eq. non omogenea può essere ottenuta ponendo v̇=0 , da cui: v part =mg / k .
−kt /m

La soluzione generale dell'eq. non omogenea è quindi: v gen t =v om t v part = A e
mg
k
.
Il parametro A può essere determinato imponendo la condizione iniziale:
v 0=0 ⇒ A
mg
mg
=0 ⇒ A=−
k
k
.
La legge che descrive la variazione della velocità del magnete in funzione del tempo è quindi:
v t =
mg
−kt /m
1−e
 che corrisponde qualitativamente all'andamento dei dati sperimentali.
k
3. Nella fase iniziale, il magnete è praticamente in caduta libera, per cui la sua energia meccanica si
conserva e si ha una trasformazione di energia potenziale gravitazionale in energia cinetica.
Quando invece il magnete raggiunge la velocità limite, l'energia cinetica rimane praticamente
costante, e l'energia potenziale gravitazionale che viene perduta si converte in ultima analisi in
energia termica nel tubo di rame per effetto Joule a causa delle correnti parassite (o di Foucault)
che circolano al suo interno. In questo caso, quindi, l'energia meccanica del sistema non rimane
costante.
La quantità di energia meccanica convertita in energia termica al termine della caduta è:
1
∣ E mecc∣=U in−K fin=mgh− 2 mv 2L≃2,35⋅10−3 kg⋅9,80
m
1
m 2
⋅0,800
m−
⋅0,14
 ≃1,8⋅10−2 J .
2
2
s
s
Osserviamo che praticamente tutta l'energia potenziale gravitazionale viene convertita in energia termica, e solo una
parte trascurabile si trasforma in energia cinetica del magnete.
4. Calcoliamo il valore della corrente che circolerebbe nelle spire se il magnete raggiungesse la
stessa velocità limite che raggiunge nel tubo di rame e se la corrente fosse la stessa in entrambe
le spire. Imponiamo quindi che la potenza dissipata per effetto Joule nelle due spire sia uguale
alla rapidità di variazione dell'energia meccanica:
P diss=
U
h
⇒ 2 Ri 2 =mg =mgv L ⇒
t
t
 
mgv L
2,35⋅10−3 kg⋅9,80 m/ s 2⋅0,14 m/ s
i=
≃
≃1,3 A .
2R
2⋅1,0⋅10−3 
Determiniamo ora la variazione di flusso del campo magnetico nell’unità di tempo che il moto
del magnete indurrebbe su ciascuna spira:
 m
t
= f.e.m.=Ri≃1,3⋅10−3 V .
Per quanto riguarda l'ultima domanda, potremmo considerare il precedente risultato: v L ~
Ri 2
mg
per affermare che la velocità limite deve essere direttamente proporzionale alla resistenza del tubo e quindi, per la 2^
legge di Ohm, alla resistività del materiale di cui esso è composto.
In realtà, però, una risposta del genere non dovrebbe essere accettabile, in quanto non sappiamo se e come la
corrente i che scorre nel tubo dipenda dalla resistenza del tubo stesso.
Una risposta più precisa potrebbe essere articolata nella seguente maniera.
Imponiamo, come in precedenza, che la potenza dissipata nel tubo per effetto Joule sia uguale
alla rapidità di variazione dell'energia meccanica del magnete:
2
mg
2
2
dh f 2
1 d
1 d  dh 2 1 d  2
mgR
=
⇒ mgv L = 
= 
 = 
 v L ⇒ v L=
.
dt R
R dt
R dh
dt
R dh
d / dh2
Poiché le altre quantità che si trovano a secondo membro non dipendono da R, possiamo quindi
concludere che la velocità limite è direttamente proporzionale alla resistenza del tubo e quindi,
per la 2^ legge di Ohm, alla resistività del materiale di cui esso è composto. Il magnete raggiunge
pertanto una velocità limite maggiore nel tubo di alluminio che in quello di rame.
Problema 2
Come in altri casi, anche in questo problema non riesco a comprendere del tutto la maniera in cui sono formulate le
richieste del testo ed il loro significato, per cui non seguo alla lettera i vari quesiti.
Riassumiamo i termini della questione: nel 1896 l'astronomo Pickering studia lo spettro di
emissione di una stella detta Zeta Puppis (le stelle di una stessa costellazione sono ordinate in base
alla loro luminosità apparente, quindi si tratta di una delle stelle più deboli tra quelle visibili ad
occhio nudo nella costellazione della Poppa della nave).
Egli vi ritrova alcune righe della serie di Balmer, e attribuisce correttamente questo fatto alla
presenza di idrogeno nella stella. Oltre a queste, però, osserva anche delle righe sconosciute, dette
righe di Pickering, le cui lunghezze d'onda rispettano la formula di Balmer, ma con valori del
numero quantico principale n seminteri (uguali alla metà di un numero dispari), e che egli interpreta
erroneamente come righe dell'idrogeno in condizioni di temperatura e pressione sconosciute.
Nel 1913 Niels Bohr elaborò il suo modello atomico, in cui le orbite elettroniche erano quantizzate
e lo scambio di energia tra l'atomo ed il campo elettromagnetico avveniva per “pacchetti” discreti,
detti fotoni. Il modello di Bohr prevedeva che lo spettro dell'atomo di elio ionizzato (che aveva
ceduto un elettrone) contenesse le righe spettrali osservate da Pickering, che pertanto furono da
allora attribuite correttamente all'elio ionizzato.
1. E' una domanda teorica, in cui dovresti descrivere il modello di Bohr dell'atomo di idrogeno, con la conseguente
quantizzazione dei livelli energetici; l’emissione di fotoni di energia definita come conseguenza del “salto”
dell’elettrone tra due diversi livelli di energia; la relazione E=hf tra l'energia dei fotoni emessi e la loro
frequenza o lunghezza d’onda. Rimandiamo al libro di testo per questi argomenti.
Non ho chiaro se la richiesta “in analogia formula una possibile spiegazione della origine delle righe di Pickering
presenti nello spettro della stella Zeta Puppis” trovi risposta poche righe più avanti, quando il testo afferma:
“Successivamente fu mostrato che l’intero spettro della stella Zeta Puppis era dovuto alla presenza di ioni
idrogenoidi (ioni con un solo elettrone esterno e nucleo formato da Z protoni) e non all’idrogeno, e che a questi
ioni si poteva applicare il modello atomico di Bohr”, o se invece si riferisca all'ipotesi di Pickering dell'esistenza
per l'atomo di idrogeno di livelli energetici intermedi tra quelli di Bohr.
2. Dalla formula di Balmer, che il testo ci ha fornito in precedenza, ricaviamo:
4 n2
RH =
.
n 2−4
Sostituendo in tale relazione i valori di n e di l forniti dal testo, ricaviamo in tutti i casi:
R H ≃1,097⋅107 m−1
che è il valore della costante di Rydberg che si trova sui libri di testo.
Sempre dalla formula di Balmer, possiamo invece ricavare:
n=

1
1
1
−
4  RH
.
Sostituendo in tale relazione il valore della costante di Rydberg calcolato in precedenza ed i
valori delle lunghezze d'onda delle righe di Pickering fornite dal testo, ricaviamo: n1=9/ 2 ,
n2=7/ 2 , n3=5/2 , che corrisponderebbero alle presunte transizioni con numeri quantici
seminteri ipotizzate da Pickering.
3. Se poniamo n1=4 , R ' H =4 R H , la formula di Rydberg diventa:
1
1 1
1 1
4 4
1
1
=R ' H  2 − 2 =4 R H  2 − 2 =R H  2 − 2 =R H  2 −
 .
2

4 n2
4 n2
4 n2
2 n 2 / 2
Da questa relazione, per n2 pari ritroviamo la serie di Balmer, mentre per n2 dispari ricaviamo la
serie di Pickering. (Il senso di questa osservazione è quello di farci capire che, anziché
considerare numeri quantici seminteri, potremmo pensare ad un fattore aggiuntivo nella
costante di Rydberg).
2
4. Per un atomo idrogenoide R ' H =Z R H . Quindi, nel caso delle righe di Pickering, Z 2=4 e
Z =2 , il che ci consente di ipotizzare la presenza sulla stella dello ione He
.
Quesito 1
Sappiamo (o possiamo dimostrare) che:
1 2
i. l'energia immagazzinata in un solenoide è: U = Li ;
2
ii. l'induttanza di un solenoide ideale è: L=
0 N 2 S
;
l
iii.il campo magnetico generato dalla corrente che attraversa il solenoide è: B=0
Mettendo a sistema le relazioni precedenti, otteniamo:

2
2 0 U
Bl
1 0 N S Bl 2 SlB 2
c.v.d.
i=
⇒ U=

=
⇒ B=
2
l
V
0 N
0 N
2 0
Dai dati forniti dal testo otteniamo:


2 0 U
2⋅4 ⋅10−7 H / m⋅1,5⋅10−3 J
B=
≃
≃1,4⋅10−2 T ⇒
−5 3
V
2,0⋅10 m
Bl
1,4⋅10−2 T⋅5,0⋅10−2 m
i=
≃
≃1,1 A .
0 N
4 ⋅10−7 H / m⋅500
N
i .
l
Quesito 2
Svolgiamo il quesito supponendo che i due solenoidi abbiano assi coincidenti o paralleli.
Riguardo l'origine della forza elettromotrice, vedi il capitolo del libro di testo sull'induzione
elettromagnetica.
f 1=
d 1
dB
N di
N
=N 1 S 1 2 =N 1 S 1 0 2 2 = N 1 S 1 0 2 k ≃
dt
dt
l 2 dt
l2
500⋅1,0⋅10−4 m2⋅4 ⋅10−7
H
500
A
⋅
⋅0,50 ≃3,1⋅10−4 V .
−2
m 5,0⋅10 m
s
Quesito 3
a. Poiché l'energia delle onde elettromagnetiche si propaga a velocità c, quella contenuta nella
lunghezza l 1=1,0 m giunge sul bersaglio nel tempo:
l
1,0 m
t 1= 1 ≃
≃3,3⋅10−9 s .
8
c 3,00⋅10 m/ s
Quindi l'energia contenuta in un metro di lunghezza del fascio è:
−9
−9
U 1=P 1⋅t 1≃1,0 W⋅3,3⋅10 s≃3,3⋅10 J .
b. Sappiamo che l'intensità di un'onda elettromagnetica nel vuoto è:
P
P
I = = u c ⇒ u =
.
S
cS
La densità media di energia è legata al valore massimo del campo elettrico dalla relazione:
1
2
u = 0 E 0

2
da cui possiamo ricavare:
E 0=
  
2 u
2P
2⋅1,0 W
V
=
≃
≃1,9⋅10 4
.
−12
8
−6 2
m
0
0 cS
8,85⋅10 F / m⋅3,0⋅10 m/ s⋅2,0⋅10 m
Per il campo magnetico: B 0=
E 0 1,9⋅10 4 V / m
≃
≃6,4⋅10−5 T .
8
c
3,0⋅10 m/ s
c. Indichiamo con N il numero di fotoni emessi dal laser:
U tot
N
P P
1,0 W⋅5,15⋅10−7 m
fotoni
=
= =
≃
≃2,6⋅1018
.
−34
8
t U fotone t hf h c 6,63⋅10 J⋅s⋅3,0⋅10 m/ s
s
Quesito 4
a. Per estrarre un elettrone dal metallo, il fotone incidente deve fornirgli una quantità di energia
maggiore o uguale al lavoro di estrazione:
−34
8
hc
hc 6,63⋅10 J⋅s⋅3,00⋅10 m/ s
hf = ≥ Lestr ⇒ ≤
≃
≃2,41⋅10−7 m≃241 nm .
−19
Lestr

5,15 eV⋅1,60⋅10 J /eV
b. Se indichiamo con N il numero di fotoni incidenti:
i
N
1,5⋅10−5 A
fotoni
= sat ≃
≃1,25⋅1014
.
−19
t 0,75 e 0,75⋅1,60⋅10 C
s
Quesito 5
La velocità della seconda astronave rispetto alla prima è:
v rel =
v 1 v 2
1v 1 v 2 / c
2
≃
0,90 c0,75 c
≃0,985 c .
10,900,75
La lunghezza della seconda astronave misurata dalla prima astronave è quindi:
l=
l0
 rel
≃34,5 m⋅ 1−0,9852≃5,94 m .
Quesito 6
La lunghezza d'onda di De Broglie associata ad un elettrone non relativistico è:
h h
= =
.
p mv
L'energia cinetica dell'elettrone è uguale alla variazione della sua energia potenziale elettrostatica:

2e V
1 2
.
mv =e  V ⇒ v=
2
m
Quindi: =

h
6,626⋅10−34 J⋅s
1,504 −9
≃
≃
⋅10 m c.v.d.
−31
−19
 2 me  V  2⋅9,109⋅10 kg⋅1,602⋅10 C⋅ V  V
Se  V =50,0 V , otteniamo: ≃

1,504 −9
⋅10 m≃1,73⋅10−10 m .
50,0