ETICA, ECONOMIA E LAVORO Riflessioni sulla democrazia economica Giuseppe Acocella Edizioni Lavoro, Roma 2007 pp.122, euro 10 Presentazione del volume 1. ETICA DEL LAVORO E RESPONSABILITA' SOCIALE Nel contesto Ottocentesco era diffusa l'opinione che la povertà fosse dannosa per la convivenza sociale, per lo sviluppo della democrazia e pericolosa per la società. La povertà è frutto della mancanza di occupazione o di un'occupazione il cui salario non permette di vivere degnamente. Per Tocqueville la condizione del lavoratore è segnata dalla precarietà, allo stesso modo quella del povero. Tocqueville lega il concetto di povertà a quello di responsabilità sociale (sia del povero, che della società). Nella metà del Novecento, specie con il contributo di Beveridge, si giunge alla consapevolezza che il problema della povertà è un capitolo fondamentale della responsabilità sociale dell'intera comunità. Assistenza ai bisognosi e il diritto di un lavoro per tutti vengo assunti come caratteri essenziali e non derogabili da parte dello Stato. Nuovo concetto legato al lavoro (etica del lavoro): «Non è vero che si lavori perché non c'è altra via per soddisfare i bisogni elementari della vita: si ha la necessità di lavorare perché la struttura dell'essere umano è così fatta da non potersi espandere e perfezionare se non lavorando, cioè ponendo nell'esistenza cose che prima dell'intervento del lavoro umano non erano esistenti» (La Pira) [p.9]. 2. ETICA ED ECONOMIA Il centro del problema tra etica e azione economica risiede nella responsabilità dell'azione. Tutto il complicato e difficile problema è nato dall'aver ridotto l'atto economico a pura attività di tornaconto. E' chiaro che considerata così questa attività, nasce il problema di fare in modo che questa attività rispetti tutto quello che nella vita è rispettabile e non sacrifichi tutto il rispettabile della vita al vantaggio. Si è attraversata una fase storica nella quale si era convinti che il mercato e l'economia si regolassero da soli e che la moralità del mercato era semplicemente basata sulla legge naturale (il mercato salvaguarda se stesso). La storia ha però mostrato che vi è una continua tendenza dei mercati a non realizzare in modo automatico le condizioni che ne valorizzino le potenzialità morali. Urgono quindi regole che disciplinino l'attività economica, tanto quella produttiva, quanto quella finanziaria. Per questo motivo è sorta la questione tra la responsabilità individuale e responsabilità sociale. A questo punto si inserisce la teoria dell'uguaglianza delle risorse di Ronald Dworkin che combina due idee di base: primo, gli esseri umani hanno la responsabilità morale delle scelte di vita che compiono; secondo, la doti naturali dell'intelligenza e del talento sono arbitrarie e abbiamo il dovere di non incidere su questa distribuzione delle risorse naturali nella società. Il principio di responsabilità è al centro di molte teorie sviluppate negli ultimi decenni (Jonas, Cohen, Arneson, Roemer). Due sono le matrici di filosofia morale entro le quali si possono collocare proposte di codici etici. Una è quella neocontrattualista di Rawls e Gauthier, che rielaborano l'idea di contratto sociale, intendendolo non solo come strumento di legittimazione dello Stato, ma anche di giustificazione dei principi di giustizia. Di contro vi è la matrice dell'evoluzionismo morale ascrivibile a von Hayek. Nella prima matrice la base dei valori è l'accordo imparziale tra individui razionali, mentre nell'approccio evoluzionista il fondamento dei valori etici sta nel processo attraverso il quale questi valori vengono identificati come virtù. A partire dagli anni Sessanta si è anche sviluppata la Teoria degli Stakeholders. Secondo questa teoria, il processo produttivo di un'azienda generica deve soddisfare delle soglie critiche di costo, servizio e qualità che sono diverse e specifiche per ogni stakeholder. Si definiscono stakeholder tutti i soggetti che possono influenzare oppure che sono influenzati dall'impresa. L'impresa deve tener conto anche di quanti non hanno potere diretto su processi e profitti, ma ne subiscono le conseguenze (come un impatto ambientale negativo). Il dibattito si spinge oltre, dicendo che non solo l'impresa non deve far scendere il benessere attuale delle persone, ma deve accrescere la ricchezza generale, e tener conto anche dei portatori d'interesse "passivi" che non sono in grado di condizionarla in un secondo senso: lo stakeholder è il soggetto il cui raggiungimento degli obiettivi personali dipende dall'impresa. L'impresa è intesa come luogo di mediazione fra gli interessi talora contrastanti degli stakeholder, e camera di compensazione in cui ciascuno raggiunge i propri fini. I diritti della società prevalgono sui diritti di proprietà degli azionisti. Fra i diritti degli stakeholder primeggia il diritto alla felicità, che vincola l'impresa poiché i loro obiettivi dipendono da ciò che fa l'azienda. La debolezza di questa teoria sta nella difficoltà di portare fino in fondo le conseguenze portare dal principio di responsabilità, in quanto gli stakeholders non si definiscono né competenze, né funzioni, vanificandone ogni potenzialità effettiva e lascia intatto il principio della ricerca del profitto a vantaggio esclusivo della proprietà e degli azionisti. 3. ETICA E RESPONSABILITA' SOCIALE DELL'IMPRESA Tramontate le ideologie della collettivizzazione della proprietà, parlare di etica dell'impresa sembrerebbe costituire un succedaneo della politica economica e sociale. Per questo la filosofia morale ha lasciato il campo in materia agli economisti, limitandosi a restare al margine della discussione. La pubblicazione nel 2001 da parte della Commissione Europea del Libro Verde sulla responsabilità sociale delle imprese (CSR=Corporate Social Responsability) ha contribuito ad avviare il dibattito su alcuni elementi di definizione del tema. La Commissione Europea definisce la CSR come un «concetto secondo il quale le imprese inseriscono, su base volontaria, le preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali». Lo stesso documento indica tre linee di ricerca: promozione di buone pratiche, credibilità delle dichiarazioni relative alla responsabilità e coerenza delle politiche pubbliche in materia. Da qui emergono i problemi etici più rilevanti: • La responsabilità non può ridursi all'osservanza delle regole e normative a tutela dei lavoratori – obbligatoria. Da mettere in evidenza invece la volontarietà, non segnata da obbligazioni morali, ma come dono. • Le preoccupazioni sociali e ambientali costituiscono il limite morale non superabile della libertà di impresa e sono strettamente connesse al problema della responsabilità pubblica. • Significato centrale assumono i rapporti con le parti interessate, a partire dalla posizione riconosciuta ai lavoratori. La questione della partecipazione rende visibile la connessione tra la democrazia economica e la CSR. Le regole morali sono chiamate non solo a promuovere l'interesse etico del singolo, ma devono rispondere all'obiettivo di rendere la vita di tutti più soddisfacente, incrementando la coesione sociale e la cooperazione in vista dell'interesse generale, sulla base della condivisione di uno spettro ampio di interessi comuni. Le regole morali devono tenere conto di un assetto che garantisca anche all'ultimo dei membri di una società la possibilità di fruire del bene congiuntamente conseguito. Il rischio è che la raccomandazione etica si riveli solo un'operazione di marketing, volta a captare quella parte del mercato più sensibile a determinati temi. Non volendo ignorare i meccanismi del profitto l'opzione etica svolge la sua azione in una doppia dimensione: la collocazione positiva nel mercato dell'azienda che segua i tradizionali principi etici e dall'altro il valore sociale acquisto da un'impresa in sintonia con il quadro democratico, e dunque riconoscibile come comunità le cui sorti sono condivise dalla popolazione locale. La tematica della democrazia economica comporta di per sé una connessione che riconduce direttamente all'etica delle procedure e delle scelte effettive l'azione economica. Un comportamento «socialmente non responsabile» finisce per tradursi, nel processo economico, nella sottrazione di beni, opportunità o servizi alla comunità, alterando proprio il funzionamento del mercato compromettendone l'efficienza. Infine la CSV può contribuire alla definizione di alcuni tra i problemi più rilevanti del dibattito etico contemporaneo. 4. ETICA TRA ECONOMIA E DIRITTO Il rapporto tra diritto ed economia è al centro dell'odierno dibattito. In particolare proclamare con sdegno l'intervento giudiziario (p.e. nei casi delle OPA) significa sostenere che l'economia è autoreferenziale e che anzi l'economia non è assoggettabile al giudizio legale. Il problema sta dunque nel chiedersi se le regole di diritto debbano rispecchiare l'esercizio della forza economica o piuttosto disciplinare le relazioni e le energie che vengono messe in campo nel gioco economico. Vi è la necessità di puntare a regole di diritto che tengano conto non solo della convenienza economica, ma anche della giustizia. Il principio etico assume il valore di una sentinella che richiama a vigilare sulle insidie che minacciano la sorte dell'umanità, svolgendo di fatto la funzione assolta nei confronti della legge dal giusnaturalismo nell'epoca moderna. La crisi della razionalità conduce alla scissione tra libertà e responsabilità, tra etica della convinzione e etica della responsabilità (come detto da Weber). L'etica della convinzione può essere letta come etica della libertà assoluta. L'etica della responsabilità è etica propriamente sociale, giudizio sull'azione economica in nome non della libertà, ma della giustizia che si fa carico dei destini universali. 5. ETICA E IMPRESA NON PROFIT La crescita delle attività promosse dal mondo del volontariato porta con sé alcuni interrogativi etici; l'aspetto morale delle attività imprenditoriali promosse dal volontariato diventa fondamentale. Cinque questioni che legano etica e mondo no profit: la definizione di terzietà dell'economia civile. Si presenta la questione ◦ fondamentale dell'affermata superiorità etica della impresa no profit come naturaliter morale rispetto all'impresa for profit ◦ scopo dell'impresa non profit. Da molti sono identificate come quelle imprese che essenzialmente rinunciano alla distribuzione degli utili. Per altri l'impresa etica si caratterizza perché la rinuncia agli utili riguarda solo i decisori aziendali. Per altri ancora i profitti non vengono divisi tra gli investitori. ◦ utili e remunerazione degli investitori. Ci si pone il quesito se l'impresa debba procedere a riconoscere agli investitori il diritto a percepire reddito residuo o è inseparabile 'l'etica del dono. ◦ Problemi concernenti il rapporto volontariato, etica del dono e occupazione. Nella dimensione della gratuità il volontariato perseguirebbe fino in fondo l'etica del dono se, involontariamente, con la propria attività sottrae quote di occupazione o quote di risorse destinate all'azione pubblica? ◦ Agevolazioni e responsabilità sociale. Se le esenzioni fiscali impoveriscono le entrate pubbliche a danno dei più deboli, il sostegno al terzo settore ha ancora caratteri di eticità nel bilancio sociale complessivo? 6. ETICA E AZIENDA PUBBLICA Nel dibattito sull'etica pubblica è sempre al centro la discussione sulla relazione intercorrente tra norma giuridica e norma morale, spesso contrapponendo la prima alla seconda. Il rapporto tra morale e diritto resta il nome ineludibile di ogni discorso sull'etica, anche sull'etica pubblica. Se però la norma giuridica è mero comando coercitivo ove non trovi fondamento in una morale condivisa soggettivamente, la norma morale deve però potersi tradurre in obbligazione giuridica con validità oggettiva. Bisogna chiedersi cosa aggiunga o cosa sottragga la responsabilità etica, nella vita sociale e nell'azione pubblica. L'etica si assume il ruolo di contribuire a colmare il vuoto esistente tra momento formale della normazione giuridica e applicazione del diritto, fino a comportare di fatto la fissazione progressiva della soglia etica al di sotto della quale non si possa andare in una società ordinata e civile. Il problema della responsabilità dell'azione pubblica coinvolge motivi essenziali del dibattito etico. Nei secoli è mutato il concetto di Stato e le peculiarità ad esso connesse, portando alla trasformazione del servizio pubblico e della responsabilità degli appalti statali. Secondo Habermas è entrata in crisi la vocazione sociale dello Stato a favore della pressione economica privata. Negli ultimi decenni l'accento si è spostato dalla gestione delle norme alla produzione di servizi, non mettendo più al centro l'ordine assicurato dall'apparato di funzionari statali, ma i diritti individuali dei cittadini. Le conseguenze sono molteplici: • è cambiato il ruolo delle professioni operanti nel pubblico interesse: ne è conseguita la crescita del ruolo sociale di queste ultime e di concerto anche della loro responsabilità etica e sociale. • È emerso il rischio che l'espressione responsabilità sociale riferita a un'azienda di servizi alla persona possa diventare un mantello che copre tutto e il contrario di tutto, a tal punto che le divergenze tra utenti ed erogatori possano essere affrontate attraverso la prescrizione di procedure comportamentali (carte dei servizi ecc.) • I codici etici possono vivere una nuova stagione solo accentuando i caratteri di volontarietà e gratuità dei comportamenti che la comunità riconosce come etici, ristabilendo un corretto rapporto fra economia e società. L’autore Giuseppe Acocella è Professore Ordinario di Etica sociale ed è stato Presidente del Corso di laurea in Scienze del servizio sociale e del Corso di laurea specialistica in Progettazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali nell’Università degli studi di Napoli “Federico II”, fino alla elezione, nel 2005, all’incarico di Vice Presidente del CNEL, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro per la VIII Consiliatura (2005-2010). E' inoltre rettore dell'Università San Pio V di Roma.