Il tuo Verbo è sceso dal Cielo

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PARROCCHIA SAN MICHELE ARCANGELO
LECTIO DIVINA – 2a Domenica dopo Natale – Anno A Il tuo Verbo è sceso dal Cielo L’incarnazione di Gesù rimanda già alla gloria della Pasqua. Quella luce riplende per illuminare il nostro cammino. PRIMA LETTURA: Sir 24,1-­‐4.12-­‐16 – La sapienza di Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto. Il testo del Siracide è uno dei saggi più belli della letteratura sapienziale e recita un grande elogio alla Sapienza divina, che è sorgente viva che rinnova ogni cosa nella vita che Dio condivide con gli uomini. La sapienza in persona canta le proprie lodi alla presenza del Dio altissimo. Essa si presenta unita a Dio, ma nello stesso tempo da lui distinta. S’identifica come persona con la parola di Dio (con la Torah) e come simbolo con la nebbia che copre la terra, simile allo spirito di Dio che aleggiava sul caos iniziale della creazione (vv. 2-­‐3; Gen 1,2). Preesisteva vicino a Dio, avendo la sua dimora presso il suo trono ed è eterna (vv. 4.9). Percorse il mondo e ricevette l’ordine di stabilirsi in Israele: «Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele» (v. 8), dove svolge il suo ministero in Sion, avendo preso Gerusalemme, la città santa, per sua dimora, e avendo fatto di Israele un popolo glorioso, «porzione del Signore, sua eredità» (vv. 10-­‐11). Nel Nuovo Testamento tale sapienza è Gesù. L’evangelista Giovanni, quando ci parla del ‘Verbo’ ha come sottofondo questo testo e lo usa riferendolo alla teologia della Parola e della Sapienza, nel senso di forza che crea, rivelazione che illumina, persona che vivifica. Giovanni, inoltre, lo applica a Cristo nel rapporto di questi con il Padre (cfr. Pr 8; Sap 6-­‐9). Gesù, infatti, è la Parola completa e definitiva di Dio, l’autentica Sapienza resa visibile, la persona inviata da Dio come Figlio unigenito del Padre. SALMO RESPONSORIALE: Sal 147,1-­‐2.3.4-­‐5 – Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Il Salmo 147 inizia con l’invito rivolto a Gerusalemme a glorificare il Signore, poi continua con l’elenco dei numerosi benefici per i quali egli merita di essere lodato: ha protetto la città assediata dai nemici, ha moltiplicato e reso forti i suoi abitanti, ai quali non ha mai lasciato mancare il pane, ha concesso stagioni propizie alle semine e ai raccolti; anche la neve è caduta abbondante, come fiocchi di lana si è posata sulle montagne del deserto di Giuda e ha fatto germogliare l’erba per i pascoli dei greggi. Tuttavia, più che per l’abbondanza del pane materiale, Israele vuole ringraziare il suo Dio per un altro dono, per la sua Parola, perché solo a lui Dio ha concesso il privilegio di conoscere le sue leggi e i suoi decreti; a nessun altro popolo egli ha manifestato i suoi precetti. Israele era cosciente di essere un popolo piccolo, insignificante fra i grandi imperi dell’antico Vicino Oriente, ma gli era stata consegnata la Toràh, la Legge del Signore. Questo doveva essere per sempre il suo vanto, come aveva assicurato Mosè: Quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente (Dt 4,6). Sulla bocca dei cristiani, in questo tempo natalizio, il Salmo acquista un significato de tutto nuovo. Oggi essi lo cantano per esprimere gratitudine a Dio per un dono immensamente maggiore di quello concesso agli israeliti. A questi, infatti, la parola del Signore era stata rivelata attraverso un libro, ai cristiani è apparsa visibile, tangibile, in forma umana. È possibile contemplarla incarnata in Gesù di Nazaret. In lui il Signore ci ha dato tutto. SECONDA LETTURA: Ef 1,3-­‐6.15-­‐18 – Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi. Questa lettura comprende due parti distinte. La prima (vv. 3-­‐6) contiene i primi versetti dell’inno cristologico: il tema riguarda la storia della salvezza, i cui protagonisti sono il Padre, Cristo e lo Spirito e la cui legge è l’amore gratuito di Dio. Il Padre è la sorgente, l’iniziatore e il termine di ogni cosa. Lo Spirito Santo è la garanzia e la caparra dell’eredità offerta all’uomo. Il Figlio, unico mediatore dell’opera divina, è colui che tutto compie e attua nella donazione di sé fino al dono della vita. Il Padre, infatti, che ha l’iniziativa di donare la salvezza, frutto della sua opera, si serve del «suo Figlio diletto» (v. 6) per attuarla. L’attività delle tre persone divine, così, tende a portare la salvezza all’uomo, che sta al centro del disegno di Dio, anche se lo scopo ultimo della storia della salvezza non è l’uomo, bensì la gloria stessa di Dio. C’è da gioire e da rimanere senza fiato dinanzi a questo piano che occupava nella mente di Dio un posto anteriore alla stessa creazione: siamo inseriti nell’amore che il Padre nutre per il suo Figlio amato. Siamo anche noi nel circuito trinitario di un amore traboccante e senza fine, avvolti dall’abbraccio di Dio. E tutto questo tramite la Chiesa nella quale «in Cristo» diventiamo figli adottivi di Dio (cfr. Rm 9,4; Gal 3,1-­‐7). Tutto è dono gratuito scaturito dal cuore di un Dio che ama l’umanità appassionatamente. La seconda parte (vv. 15-­‐18) riflette i sentimenti di ringraziamento di Paolo verso Dio per i suoi fratelli di fede, su cui invoca la sapienza divina e i doni della piena santità e dell’amore vero. CANTO AL VANGELO: Gloria a te, o Cristo, annunziato a tutte le genti: gloria a te, o Cristo, creduto nel mondo. VANGELO: Gv 1,1-­‐18 – Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Il prologo giovanneo è una sintesi meditativa di tutto il mistero del natale, perché il bambino di Betlemme è la rivelazione di Dio, la verità di Dio e dell’uomo, e riflettendo su questo evento siamo in grado di capire chi è colui che nato e chi siamo noi. Il centro del prologo è nel v. 14: «E il Verbo si fece carne», che contiene l’evento dell’incarnazione e quindi del natale: il Figlio di Dio è diventato uomo nella sua fragilità e impotenza come ogni creatura. Per comprenderlo Giovanni risale al mistero trinitario e poi ridiscende verso l’uomo. L’inizio, infatti, è l’affermazione che ci pone fuori dal tempo nel mistero di Dio: «In principio era il Verbo» (v. 1a) e ci parla di un’esistenza senza inizio e divenire. Poi nella frase: «Il Verbo era presso il Padre» (v. 1b), l’evangelista colloca la giusta posizione del Lógos (= la Parola), che esiste da sempre, nei confronti di Dio: il Verbo, nel suo essere più profondo, è in atteggiamento di ascolto e di obbedienza, tutto rivolto al Padre. Gesù, la Parola incarnata, rende Dio visibile e vicino all’uomo, essendone il riflesso. Infatti tutta la storia e la realtà umana hanno la vita dal Verbo: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini» (v. 4), perché in Gesù tutto trova consistenza, significato, fine e specie la salvezza di ogni uomo. Tutte queste affermazioni giovanee sono importanti per capire il ruolo di Gesù, come rivelatore e vero testimone di Dio. Per questo «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» (v. 16), cioè dalla sua vita filiale tutti possiamo attingere abbondantemente. GREGORIO DI NAZIANZO, ORATIO 38, Per la Teofania o Natività del Salvatore
«Concepito poi dalla Vergine, prepurificata nell’anima e nella carne dallo
Spirito – si doveva (divinamente) infatti sia onorare la generazione, sia
preonorare la verginità -, procedendo come Dio con l’assunzione (della
carne), Unica Realtà (derivata) da due contrari, la carne e lo Spirito, dei
quali questo deificò, quella fu deificata. O nuova mistione! O paradossale
mischiamento! Colui-che-è diventa, e il Non-creato è creato, e
l’Incontenibile è contenuto, per mezzo dell’anima intellettuale mediatrice tra
la divinità e la crassezza della carne. E l’Arricchente si fa povero, si fa
povero della mia carne affinché io mi arricchisca della sua Divinità. E il
Pieno si svuota, si svuota infatti della propria Gloria per poco, affinché io
partecipi della sua Pienezza. Quale la ricchezza della Bontà? Quale intorno
a me, questo Mistero? Io partecipai della immagine, e non la custodii: egli
partecipa della mia carne, affinché salvi anche la mia immagine, e la carne
renda immortale. Egli comunica la seconda comunione, molto più
paradossale della prima. Allora donò il meglio, adesso partecipa al peggio:
questo, più divino di quello iniziale; questo presso gli uomini che hanno un
cuore, più esaltante!»
Per la “Collatio”
1) Quale frase del Prologo ti ha colpito di più? Perché?
2) Quali sono le immagini usate da Giovanni in questa poesia per dire chi era
Gesù per la comunità?
3) La poesia di Giovanni dice: "La Parola venne fra la sua gente, ma i suoi non
l’hanno accolto!" (Gv 1,11) Cosa significa questa frase? Come succede
questo oggi?
4) Quali sono i fatti o le persone dell'Antico Testamento che vengono evocati nel
Prologo?
Per l’ “Actio”
Ripeti spesso e vivi la Parola:
«In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo»
(Ef 1,4)
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