Anno 3 Numero 2 Maggio 2010 Guest Editor Giovanni Di Minno Editorial Board Vincenzo Speciale Elena Santagostino Antonio Coppola Silvia Riva FOCUS: Immunotolleranza e inibitori Anno 3 - 2/10 FOCUS: Immunotolleranza e inibitori Guest Editor Giovanni Di Minno Editorial Board Vincenzo Speciale Elena Santagostino Antonio Coppola Silvia Riva INDICE FOCUS: Immunotolleranza e inibitori Introduzione 5 Giovanni Di Minno Ruolo del VWF nell’ITI 7 Vincenzo Speciale Profilassi come fattore protettivo nei confronti dello sviluppo di inibitori 14 Elena Santagostino L’induzione di immunotolleranza nel paziente emofilico A con inibitore: il contributo italiano dello studio profit 18 Antonio Coppola Lo studio RES.I.ST: caratteristiche, modalità e aggiornamenti 26 Silvia Riva e Alessandro Gringeri Focus Review 29 Heimburgher Award 2011 30 Focus Emostasi Anno 3 - N. 2 - Maggio 2010 Direttore responsabile Emilio Polverino Registrazione al Tribunale di Milano al n. 129 del 26/02/2008 Periodico quadrimestrale edito da Alter M&P S.r.l. Piazza San Camillo de Lellis, 1 - 20124 Milano - Tel 02.48017541 - Fax 02.48194527 E-mail: [email protected] Sede e Redazione di Milano 09AP1512 - 05/2010 Stampa Momento Medico S.r.l. - Via Terre Risaie, 13 - 84131 Salerno Introduzione La formazione di inibitori rappresenta, allo stato, la più rilevante problematica clinica nella gestione di pazienti emofilici. I dati a nostra disposizione indicano che, dopo un numero talora anche minimo di esposizioni, circa il 30% di pazienti emofilici svilupperanno inibitori ad alto o a basso titolo. Il problema generato dalla presenza di inibitori a basso titolo viene superato aumentando la quantità di fattore VIII da somministrare al paziente. Viceversa, la presenza di inibitori ad alto titolo implica la necessità di mettere a punto una terapia con farmaci by-passanti o una immunotolleranza (ITI). Quale delle due procedure scegliere costituisce, allo stato, oggetto di dibattito, all’interno del quale le considerazioni di ordine farmaco-economico rivestono un ruolo fondamentale. Molto lavoro, negli ultimi anni, è stato dedicato alla individuazione delle condizioni che predispongono allo sviluppo di inibitori. In altre parole, si è cercato di capire, con buona approssimazione, come identificare i soggetti a rischio di sviluppare tali inibitori. Condizioni genetiche o acquisite (ad esempio infezioni intercorrenti), sono state associate ad un più facile sviluppo di inibitori. Ovviamente, però, la massima attenzione è stata prestata alla domanda se, e in che misura, l’utilizzo di prodotti plasma - derivati si associ ad un maggiore/minore rischio di formazione di inibitori rispetto alla somministrazione di prodotti ricombinanti. Esistono dati che suggeriscono un ruolo importante nel fattore di von Willebrand nel condizionare la risposta a questa domanda: quantità anche non particolarmente alte di fattore di von Willebrand, simili a quelle presenti nei concentrati plasma-derivati, sembrano svolgere funzione di prevenzione/contrasto della formazione di inibitori contro il fattore VIII. In linea con questi studi, una recente metanalisi, basata su dati clinici ricavati dai Centri italiani per lo studio dell’emofilia, suggerisce che l’uso di prodotti plasma - derivati si associa ad una miniore formazione di inibitori. Una ovvia implicazione di questi dati è che la politica corrente di preferire l’utilizzo di prodotti ricombinanti in emofilici, mai in precedenza venuti a contatto con il fattore VIII, va riconsiderata con attenzione. L’ITI è attualmente la strategia raccomandata nell’eradicazione dell’inibitore. Per quanto apparentemente più costosa della terapia by-passante, di fatto l’ITI viene praticata solo per tempi limitati e conduce, in circa i 2/3 dei pazienti, alla eradicazione dell’inibitore. Ciò consente un ritorno a strategie terapeutiche tradizionali e, quindi, ad un risparmio economico. A proposito di questa utilissima strategia, però, vi sono alcune importanti domande che ancora attendono risposta. Non è noto ad esempio: • se è possibile identificare i pazienti che non trarranno vantaggio dalla ITI • se è possibile stabilire strategie di immunotolleranza particolarmente efficaci (tipi di concentrato, presenza o no del fattore di von Willebrand nel concentrato; modalità di inizio della ITI, ecc.) 5 Alcuni degli studi in corso daranno risposta a questi quesiti e consentiranno di disegnare la migliore modalità di immunotolleranza nei nostri pazienti. Se dagli studi in corso ci si attende importanti risposte su come trattare adeguatamente i pazienti con inibitore, la domanda di base però riguarda che cosa fare per prevenire la formazione di questo anticorpo. Esistono importanti lavori che documentano che esporre il sistema immunitario del piccolo emofilico, già nei primi mesi di vita, al fattore VIII è importante per prevenire la formazione di inibitori. Questa riflessione deriva da studi di profilassi, iniziati già nei primissimi mesi di vita, che dimostrano vantaggi nella formazione di inibitori, rispetto ad altre strategie di trattamento. Questi studi, però, necessitano di conferme su numeri alti di individui, utilizzando modalità di valutazione di tipo prospettico. Gli argomenti che vengono trattati nei contributi che seguono riprendono ed esaminano in dettaglio molti dei punti qui citati. Silvia Riva ed Alessandro Gringeri presentano lo studio RES.I.ST, uno studio il cui obiettivo generale è l’induzione di ITI in emofilici A con concentrati di fattore VIII contenenti fattore di von Willebrand. Lo studio, come viene descritto in dettaglio, presenta due bracci sperimentali: l’uno in soggetti con emofilia A grave e con inibitore mai sottoposti a ITI, l’altro con fallimento della precedente ITI. Vincenzo Speciale esamina in dettaglio il ruolo del VWF nell’ITI ponendo particolare attenzione alle spiegazioni fisio - patologiche di tale dato. Antonio Coppola descrive il registro italiano dell’immunotolleranza e mostra, nella nostra esperienza, quali sono i fattori associati ad una più favorevole risposta alla ITI. Elena Santagostino affronta i problemi generali della ITI e introduce suggestive idee sul come e sul perché la profilassi, a partire dai primi mesi di vita, sia rilevante e opportuna in pazienti emofilici. Il documento che ne deriva, fornisce un’aggiornata informazione su questo importante argomento della pratica clinica; dimostra l’alto livello raggiunto dalla ricerca italiana nel settore, e fornisce le basi per la comprensione di nuove importanti acquisizioni. Oggi la terapia dell’emofilia può definirsi soddisfacente. I progressi nel settore dovranno quindi mirare a prevenire l’artropatia e a consentire un normale sviluppo psico-fisico del paziente. In altri termini, dovranno trasformare in realtà la speranza di tutti gli emofilici di una qualità di vita ancora migliore. Letture suggerite Di Minno MND, Di Minno G, Di Capua M, Cerbone AM, Coppola A. Cost of care of haemophilia with inhibitors. Haemophilia. 2009 Oct 21. [Epub ahead of print]. Reipert BM, van Helden PM, Schwarz HP, Hausl C. Mechanisms of action of immune tolerance induction against factor VIII in patients with congenital haemophilia A and factor VIII inhibitors. Br J Haematol. 2007 Jan;136(1):12-25. Kreuz W. The role of VWF for the success of immune tolerance induction. Thromb Res. 2008;122 Suppl 2:S7-S12. Review. Gringeri A. VWF/FVIII concentrates in high-risk immunotolerance: the RESIST study. Haemophilia. 2007 Dec;13 Suppl 5:73-7. Tellier Z, André MH, Polack B. Management of haemophilia A-inhibitor patients: clinical and regulatory perspectives. Clin Rev Allergy Immunol. 2009 Oct;37(2):125-34. 6 Giovanni Di Minno Clinica Medica, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale e Centro di Coordinamento Regionale per le Emocoagulopatie, Napoli Focusemostasi Ruolo del VWF nell’ITI Vincenzo Speciale Servizio di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia, P.O. “San Giacomo”, Monopoli, Bari Introduzione La comparsa di anticorpi con attività inibitoria nei confronti del fattore VIII (FVIII) e del fattore IX (FIX) rappresenta la complicanza più rilevante nell’emofilia. Nell’ambito dell’emofilia A i pazienti affetti da forma severa presentano una più alta incidenza di inibitori (21-52%) rispetto a quelli con emofilia A moderata (5,3-12,5%). L’età media di comparsa varia tra i 10 mesi e i 3 anni e mezzo e nella maggior parte dei casi gli inibitori compaiono dopo pochi giorni di esposizione al FVIII. Gli anticorpi inibitori del FVIII sono immunoglobuline, più frequentemente di classe G4 con catena leggera k, che neutralizzano l’attività procoagulante del FVIII. Questi anticorpi non fissano il complemento e reagiscono quasi esclusivamente sulle regioni omologhe A2 e C2 e raramente sulla catena leggera all’esterno della regione C2. Gli anticorpi diretti contro la regione A2 inibiscono la normale funzione del complesso di attivazione del fattore X (FX) della via intrinseca (complesso Tenase), mentre quelli diretti contro la regione C2 prevengono il legame del FVIII ai fosfolipidi e al VWF (1). Circa i due terzi dei pazienti presentano contemporaneamente due o tre diversi anticorpi diretti contro queste regioni. Si possono definire “alloanticorpi” quelli sviluppati dai pazienti affetti da emofilia in seguito a terapia sostitutiva e anticorpi “spontanei” o “autoanticorpi” quelli che insorgono in soggetti non affetti da carenza congenita di FVIII. Tuddenham nel 1994 ha dimostrato una chiara correlazione tra il tipo genetico di mutazione del gene del FVIII e la prevalenza dell’inibitore (2). Due gruppi di mutazioni mostrano una bassa incidenza di inibitore (missense e le piccole delezioni), mentre gli altri tipi (l’inversione dell’introne 22, le larghe delezioni e le mutazioni nonsense) hanno un’incidenza più alta (Tabella 1). È possibile che pazienti con mutazioni missense abbiano la proteina del FVIII non funzionante e questo può essere sufficiente ad indurre immunotolleranza al FVIII del concentrato (pazienti CRM +ve; difetto molecolare di tipo qualitativo tipo 2). Al contrario, nessun FVIII endogeno viene sintetizzato (CRM –ve; deficit di tipo 1 quantitativo), in pazienti con gravi difetti molecolari come l’inversione dell’introne 22, le larghe delezioni e le mutazioni nonsense. In questi pazienti, il FVIII del concentrato rappresenta una proteina estranea, che induce una risposta immune con la produzione di anticorpi anti-FVIII. Il concentrato può acquisire capacità immunogenica (3) a causa delle diverse procedure di preparazione, purificazione, inattivazione virale o per la presenza di fattori contaminanti (4). L’immunogenicità del FVIII, inoltre, potrebbe dipendere anche dall’interazione del FVIII con i suoi “partners” fisiologici. Tabella 1. Difetto genico e percentuale di comparsa di inibitore Difetto genico Mutazioni puntiformi % di pazienti che sviluppano l’inibitore nonsense missense Inversioni Delezioni 59% 14% 40% large small 27% 9% 7 Complesso fattore viii/fattore vwf e concentrati plasmaderivati Il FVIII e il VWF sono due glicoproteine distinte e correlate che circolano nel plasma strettamente complessate. Il loro deficit quantitativo o qualitativo è responsabile dei più comuni disordini emorragici congeniti, più precisamente l’emofilia A e la malattia di von Willebrand. Il FVIII. Il gene del FVIII è localizzato all’estremità del braccio lungo del cromosoma X, è lungo 186.000 basi con 26 esoni. Numerosi sono gli studi finalizzati alla ricerca del sito cellulare responsabile della biosintesi del FVIII. L’mRNA del FVIII è stato riscontrato in epatociti umani isolati, milza, linfonodi e reni. Strutturalmente il FVIII contiene 3 domini distinti: A, B e C, disposti nell’ordine in A1, A2, B, A3, C1, C2. I domini A sono omologhi ad alcune regioni del Fattore V e della ceruloplasmina, una proteina plasmatica legante il rame, indicando che queste proteine derivano da un precursore comune. I domini C sono capaci di legare i fosfolipidi a carica negativa. Il dominio B non ha un ruolo significativo nell’ attività procoagulante e nel legame al VWF. Il FVIII contiene 2 regioni acidiche, la prima localizzata tra il dominio A1 e A2 importante per l’attività procoagulante, la seconda localizzata tra i domini B e A3 coinvolta nell’assemblaggio del FVIII con il VWF. Il FVIII si lega ai fosfolipidi attraverso la sua catena leggera e più specificatamente nel dominio C2 (5-6) (Figura 1). Fattore VIII. Siti di legame funzionali che rappresEntano i “target” degli anticorpi inibitori del FVIII Catena pesante IIa, Xa A1 AR1 FX Catena leggera IIa, Xa A2 FIXa AR2 IIa, Xa B AR3 VWF A3 FIXa C1 C2 VWF PL VWF VWF PL Adattata parzialmente da: Saenko et al. Haemophilia 2002 Figura 1. Epitopi del fattore VIII. Il VWF. Il gene che codifica il VWF presenta una lunghezza di 178.000 basi, localizzato sul cromosoma 12, ed è diviso in 52 esoni. Il VWF viene sintetizzato nelle cellule endoteliali e contenuto in organuli intracellulari conosciuti come corpi di Weibel-Palade e secreto in maniera costante. Il VWF è anche sintetizzato nei megacariociti e contenuto negli a-granuli. Viene rilasciato dalle cellule endoteliali come multimeri di grosse dimensioni che circolano nel plasma come multimeri ad alto peso molecolare (da 500 a 20.000 Kda). Il VWF agisce come una glicoproteina adesiva e media sia l’adesione delle piastrine al sottoendotelio attraverso i siti di legame per il recettore piastrinico GpIb-a-IX ed il collageno che l’interazione delle piastrine attraverso il sito di legame per la glicoproteina piastrinica GpIIb/IIIa. Siti di legame aggiuntivi sono quelli per il FVIII. Grazie all’interazione non covalente tra le due proteine il FVIII viene protetto dal legame alle membrane cellulari e dalla degradazione proteolitica da parte di diverse serin-proteasi, inclusa la proteina C attivata (Figura 2). 8 Focusemostasi Epitopi del VWf D1 D2 1 23 D3 D A1 A2 D4 A3 B1 B C2 C1 2813 Dimero S-S Multimero S-S 163 A1 D3 D FVIII A2 A3 D4 B B1 C1 GPIb Collagene (Collagene) Botrocetina Eparina Sulfatide C2 RGD aIIb b3 Figura 2. Epitopi del fattore von Willebrand. Interazione FVIII/VWF. Dopo molti anni di studi i meccanismi molecolari del FVIII/VWF sono ora conosciuti. Sul VWF un principale sito di legame con il FVIII risiede nella parte amino-terminale dal residuo 1 a 272. Sul FVIII un principale sito di legame per il Willebrand è localizzato sul residuo amino-terminale della catena leggera corrispondente ai domini A3, C1, C2. Diversi studi con anticorpi monoclonali che inibiscono il legame hanno ulteriormente localizzato questi domini nei residui 1670-1689. Recentemente, dati sull’inibizione anticorpale hanno evidenziato che gli epitopi inclusi all’interno degli aminoacidi 2248-2312, nell’ambito del dominio C2 all’estremità carbossi-terminale della catena leggera, giocano un ruolo nell’interazione con il VWF: un anticorpo monoclonale anti-FVIII diretto contro gli epitopi 2248-2312 del dominio C2 inibiva, infatti, il legame del FVIII sia al VWF che alla fosfatidil-serina (Figura 3). 372 A2 740 C1 A1 C2 A3 2248-2312 B N VWF 1670-1689 N S A1 A2 S Figura 3. Interazione fattore VIII/fattore von Willebrand. A3 D4 C B C1 C2 S C VWF S In condizioni fisiologiche e alle concentrazioni di FVIII e VWF che circolano nel sangue (1 e 50 nM, rispettivamente), circa il 94% delle molecole di FVIII sono legate al VWF, mentre solo il rimanente 6% circola in forma libera. Focusemostasi 9 Il ruolo del VWF nei confronti dei livelli plasmatici e dell’attività del FVIII. Alcuni studi biochimici hanno dimostrato che il VWF rappresenta un partner chiave per il FVIII (6-7): infatti il VWF gioca un ruolo importante nella funzione, produzione e stabilizzazione del FVIII, nella sua conformazione ed immunogenicità. Il VWF può proteggere il FVIII dalla degradazione, mantenendolo pienamente attivo attraverso vari meccanismi: a) aumentando la suscettibilità del FVIII al clivaggio da parte della trombina, b) aumentando la resistenza del FVIII all’inattivazione dalla parte della proteina C attivata e del Fattore Xa, c) impedendo il legame ai fosfolipidi. D’altra parte, il VWF non è importante solo per la produzione del FVIII, come dimostrato dai dati in vitro sulla biosintesi del FVIII, ma anche per la sua stabilità nel plasma. Il VWF può anche inibire la clearance del FVIII per competizione con i recettori correlati alle lipoproteine. Vi sono diverse dimostrazioni cliniche che confermano il ruolo del VWF nella stabilità del FVIII nel plasma. La Malattia di von Willebrand (VWD) tipo 3, con VWF assente nel circolo, è associata a livelli plasmatici di FVIII marcatamente ridotti (1-10%). Dopo infusione di concentrati di FVIII in pazienti con questa condizione, l’emivita del FVIII è dipendente dalla presenza del VWF nel concentrato, ed i concentrati di FVIII monoclonali o ricombinanti, che non contengono VWF o ne contengono in minime quantità, non sono efficaci nei pazienti con severa malattia di VWF tipo III. Nella VWD tipo 2N (Normandy), che presenta un difetto nel sito di legame del VWF al FVIII, i livelli plasmatici del FVIII sono sempre più bassi di quelli del VWF. Inoltre, è stato dimostrato che l’emivita del FVIII nei pazienti affetti da emofilia A trattati con concentrati di FVIII, è correlata ai livelli pre-infusionali del loro VWF, più precisamente livelli più elevati di VWF sono associati ad emivita più lunga. Dal momento che il VWF è più basso nei pazienti con gruppo 0, alcuni autori hanno dimostrato che l’emivita del FVIII infuso è più breve nei pazienti emofilici A gruppo 0 nei confronti di quelli gruppo A. Aumentando i livelli pre-infusionali di VWF mediante desmopressina intranasale, altri autori hanno osservato il prolungamento dell’emivita del FVIII in pazienti con emofilia A trattati con FVIII ricombinante. Peraltro, il VWF può modificare la conformazione del FVIII, alterandone la struttura tridimensionale. Alcuni anticorpi riconoscono il FVIII, interferendo con epitopi delle cellule B e cellule T: infatti, gli anticorpi competono con il VWF per il legame ai domini A3 e C2 del FVIII (epitopi delle cellule B) ed un epitopo principale delle cellule T è localizzato all’interno dei domini C1/ C2 del FVIII. Diverse comunicazioni hanno dimostrato che anticorpi umani diretti verso i domini C1 e C2 del FVIII sono meno inibitori verso il FVIII complessato con il VWF. I plasmaderivati contenenti VIII/VWF (pdVIII/VWF). I concentrati dei fattori della coagulazione possono essere distinti in base al grado di purificazione (concentrati ad intermedia purezza e concentrati ad elevata purezza), al rapporto VWF/FVIII ed al sistema di inattivazione/riduzione virale. In quest’ultimo ambito l’introduzione di metodiche devolute all’eliminazione di agenti virali durante o alla fine dei processi di produzione ha nettamente migliorato la sicurezza dei concentrati. Tali metodiche virucidiche comprendono: il riscaldamento terminale a secco dei concentrati liofilizzati ad alta temperatura (>80 °C) o pasteurizzazione (60 °C per 10 ore in soluzione acquosa), l’esposizione a vapore caldo sotto pressione; l’aggiunta di una miscela di un solvente organico e di un detergente (Tabella 2). Una volta ottenuti, tutti i concentrati purificati di FVIII/VWF dovrebbero essere validati mediante studi di farmacocinetica che valutano le attività del FVIII/VWF in pazienti che presentano deficit di tali proteine. I pdFVIII/VWF nell’Emofilia A grave con inibitore anti-FVIII. Le linee guida del management dell’emofilia raccomandano che tutti i pazienti, non trattati precedentemente e con recente diagnosi di emofilia A, dovrebbero effettuare terapia con prodotti ricombinanti anche se i concentrati plasmaderivati sono tuttora ampiamente utilizzati nel trattamento dell’emofilia A. Recentemente l’uso dei pdFVIII/VWF è stato proposto nel trattamento dei pazienti affetti da emofilia A grave con inibitore anti-FVIII diretti contro l’epitopo del dominio C2 (8). Molti autori hanno suggerito di testare i pazienti con inibitore verso un pannello di concentrati in caso di trattamento, 10 Focusemostasi Tabella 2. Concentrati plasmaderivati e complesso FattoreVIII/Fattore von Willebrand (U/mg prot.) VWF: Rco/Ag (Ratio) VWF: Rco/FVIII (Ratio) Altre proteine Solv./Det.+ 30 min. a 100°C ≥80 0.61 1.16 Albumina - Cromatografia affinità eparina Solv./Det.+ 72 ore a 80°C >100 0.83 1.48 Albumina + Precipitazione multipla Pasteurizzazione 10 ore a 60 ° 40±6 0.96 2.54 Albumina + Cromatografia a scambio ionico Det. + Vapore 10 ore a 60°, 1 ora a 80° 100±50 0.47 1.10 Albumina + Prodotto (Distributore) Purificazione Inattivazione virale Emoclot D.I. (Kedrion) Cromatografia a scambio ionico Fandhi (Grifols) Haemate P (CSL Behring) Immunate (Baxter) Attività specifica in quanto hanno dimostrato che i concentrati che manifestano un basso livello di reattività con l’inibitore hanno un migliore effetto emostatico in vivo (9). Gensana et al. (10) hanno dimostrato che la presenza del VWF potrebbe favorire una prolungata presentazione dell’antigene al sistema immune e quindi avere un impatto positivo sull’esito dell’ITI. In particolare il VWF complessato al FVIII nei concentrati plasmaderivati può mascherare il dominio C verso il quale l’anticorpo anti-catena leggera è diretto. Quindi la degradazione del FVIII viene temporaneamente inibita e l’antigene (FVIII) può rimanere esposto più a lungo nel sistema immunitario contribuendo al buon esito dell’immunotolleranza. Sono stati pubblicati diversi reports sull’epidemiologia dell’inibitore in pazienti trattati con concentrati di FVIII plasmaderivati e diversi autori hanno riportato incidenza zero di inibitori in pazienti affetti da emofilia A precedentemente trattati, dopo esposizione a singoli concentrati di FVIII plasmaderivati ad intermedia ed elevata purezza, contenenti VWF. Kreuz riportò l’esperienza clinica effettuata nel Centro per l’emofilia di Francoforte su 21 pazienti in età pediatrica affetti da emofilia A grave con inibitore-anti FVIII e trattati con un pdFVIII/VWF (Haemate P®, CSL Behring, Germany) in regime di induzione di immunotolleranza (ITI). In particolare 16 pazienti (high-responders) furono trattati inizialmente con dosaggi di 50-300 U/Kg/die in 2 infusioni giornaliere, 11 su 16 effettuarono in concomitanza terapia con APCC (Feiba, Immuno), 5 pazienti (low-responders) furono trattati con pdFVIII/VWF al dosaggio di 20-100 U/Kg ogni 2-3 giorni. Durante il periodo di osservazione di 14 anni (1979-1993) tali regimi terapeutici hanno portato alla scomparsa completa di inibitore in 19 su 21 pazienti (Tabella 3). 2 Tabella 3. Tassi di successo per l’induzione dell’immunotolleranza al Centro per l’Emofilia di Francoforte (1979-2000) Tipo di concentrato ITI completa (n/n) Tasso di successo (%) 1979-93 pdFVIII-VWF 19/21 90 A partire dal 1993 pdFVIII-VWF 2/2 100 hpFVIII 4/14 29 Variazione a pdFVIII-VWF 8/10 80 14/16 88 Totale FVIII, fattore VIII; hp, alta purezza; ITI, induzione dell’immunotolleranza; pd, plasmaderivati; VWF, fattore di von Willebrand. Da Kreuz W, Escuriola Ettingshausen C, Auerswald G, Heidemann P, Kemkes-Matthes B, Schneppenheim R, et al. Immune tolerance induction (ITI) in haemophilia A - patients with inihibitors - the choice of concentrate affecting success. Haematologica 2001; 86(Suppl 4):16-22. Per gentile concessione di: Haematologica/the Haematology Journal, website http://www.haematologica. org Focusemostasi 11 Tabella 4. Tassi di successo della terapia di induzione dell’immunotolleranza nei Centri per l’emofilia di Bonn e Brema <1990 n=51 Tasso di successo Tasso di successo (alti responders >5 BU) Tasso di successo (bassi responders >0,6-5 BU) >1990-7/2001 n=42 pdFVIII rFVIII (n=14) pdFVIII (n=28) 87% 86% 93% 54% 43% 72% 82% 78% 91% BU, unità Bethesda; pdFVIII, fattore VIII plasma derivato; rFVIII, fattore ricombinante VIII. Da Auerswald G, Spranger T, Brackmann HH. The role of plasma-derived factor VIII/von Willebrand factor concentrates in the treatment of haemophilia A patients. Haematologica 2003;88(Suppl 9):21-25. Per gentile concessione di: Haematologica/the Haematology Journal, website http://www.haematologica. org Auserwald ha riportato l’esperienza di 2 Centri Emofilia in Gemania in 25 anni di uso di pdFVIII/ WF in regime di ITI. Circa l’80% dei protocolli di ITI utilizzati mostravano completo successo. Molti pazienti avevano iniziato i protocolli d’ITI con Fattore VIII ricombinante (rFVIII) e successivamente in mancanza di risposta avevano intrapreso trattamento con pdFVIII/VWF (11) (Tabella 4, Figura 4). FVIII APCC (IU/Kg bw/d) (IU/Kg bw/d) Inibitore del fattore VIII (BU) Emorragia muscolare 100 Linea centrale 80 Modificazione del concentrato 60 Emivita normale del FVIII 40 20 0 300 200 100 0 300 200 100 0 rFVIII 0 30 Haemate® P 60 90 120 150 180 210 240 Periodo di osservazione (giorni) Figura 4. Successione di protocolli di immunotolleranza adottati e concentrati di FVIII utilizzati. P.W. Collins aveva dimostrato che i concentrati contenente VWF possono inibire l’espressione di diversi recettori per citochine sulle cellule B indispensabili per una efficace produzione di anticorpi (11). Inoltre, è stato dimostrato che le citochine delle cellule T (IL2, IL4, IL5, TNF α) e dei monociti (TNF, IL-1α, IL-1β, IL-6) sono inibite in presenza di questi concentrati ma non in presenza di rFVIII. Recentemente è stato dimostrato in vitro che il VWF protegge il FVIII dal processo di endocitosi da parte delle cellule dendritiche per essere successivamente presentato ai linfociti T CD4 specifici, prevenendo in tal modo, la produzione di anticorpi da parte di linfociti B (14). Tale effetto sembra essere in relazione alla dose impiegata, dimostrando che l’inibizione dell’endocitosi da parte delle cellule dendritiche, che rappresenta il primo fenomeno che si verifica nei pazienti mai trattati con terapia sostitutiva (PUPs) possa più facilmente determinarsi con la somministrazione di concentrati di FVIII contenente VWF. 12 Focusemostasi BIBLIOGRAFIA 1. Gilles JG, Jacquemin MG, Saint Remy JMR. Factor VIII inhibitors. Thromb Haemost 1997; 78: 641-646. 2. 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Sin dalle prime emorragie articolari, che nell’emofilia grave usualmente insorgono nei primi anni di vita, il ferro derivante dalla lisi dei globuli rossi si deposita nelle cavità articolari producendo danno cellulare ossidativo, apoptosi dei condrociti e proliferazione delle membrane sinoviali (1). La formazione di tessuto sinoviale ipertrofico e molto vascolarizzato facilita a sua volta il ripetersi degli emartri innescando un circolo vizioso che conduce progressivamente allo stabilirsi dell’artropatia cronica tipica dell’emofilia. I regimi di trattamento profilattico, garantendo la persistenza di livelli circolanti di fattore carente, consentono di ridurre il numero di emorragie spontanee nell’emofilia grave e, se intrapresi nei primi anni di vita, di prevenire l’insorgenza del danno articolare (2,3). Lo sviluppo di inibitori, rendendo inefficace la terapia sostitutiva, impedisce sia il controllo ottimale delle emorragie che l’attuazione della profilassi e rappresenta pertanto oggi la più seria complicanza del trattamento dell’emofilia. Tale complicanza si manifesta in circa il 30% dei pazienti con emofilia A grave, tipicamente in età pediatrica in quanto gli inibitori compaiono in genere dopo i primi 10-15 giorni di esposizione (4). L’eziopatogenesi dello sviluppo degli inibitori è su base multifattoriale coinvolgendo sia fattori di rischio genetico che ambientali. Tra i primi, le mutazioni nel gene del fattore VIII (FVIII) che impediscono completamente la sintesi della proteina (mutazioni null) si associano ad un rischio elevato (5) e, più recentemente, è stata anche segnalata in emofilici di razza nera un’associazione tra l’aumentato rischio di inibitore ed alcuni specifici polimorfismi del gene del FVIII (6). Inoltre, è stato riportato che alcuni polimorfismi dei geni immunomodulatori (geni codificanti per interleuchina-10, fattore di necrosi tumorale alfa e proteina 4 associata ai linfociti T citotossici) possano significativamente influenzare il rischio di sviluppo di inibitore (7-9). D’altra parte, il ruolo dei fattori non genetici è provato dall’esistenza di gemelli emofilici monozigoti discordanti per inibitore (10). In particolare, il trattamento precoce ed intensivo (in termini di dosi di FVIII somministrate e di durata della terapia stessa) è stato riconosciuto essere un fattore di rischio (11), mentre l’età al primo trattamento non risulta essere un fattore di rischio indipendente (11-12). Profilassi precoce e sviluppo di inibitori Il possibile impatto della profilassi sullo sviluppo di inibitore fu suggerito dalla bassa incidenza di inibitori riportata in Svezia (13), dove la profilassi è stata largamente introdotta nei primi anni ’70, e da due piccoli studi retrospettivi condotti in Spagna e Regno Unito (14-15). In particolare, nella coorte retrospettiva spagnola, costituita da 50 bambini seguiti in un singolo centro, l’inibitore comparve in 14 15/19 (78%) pazienti trattati a domanda mentre nessuno dei 31 pazienti in profilassi sviluppò tale complicanza (14); tali risultati furono inoltre confermati anche nel sottogruppo di 20 bambini con mutazioni null del gene del FVIII e pertanto ad alto rischio (inibitore in 11/12 dei casi trattati a domanda, 92%). Questo studio (14), tuttavia, non consentiva di trarre conclusioni solide date le piccole dimensioni della casistica, il disegno retrospettivo e la mancanza di informazioni sul genotipo del FVIII in quasi metà dei casi. Lo studio caso-controllo condotto in Italia (12) per la prima volta dimostrò un ruolo protettivo della profilassi sullo sviluppo di inibitore (Odds ratio aggiustato: 0.2, 95% intervallo di confidenza: 0.06-0.9) includendo questa variabile in un’analisi multivariata assieme agli altri fattori di rischio già noti, quali il tipo di mutazione nel gene del FVIII e la storia familiare di inibitore. Un’ulteriore analisi fu condotta nel sottogruppo di pazienti che iniziarono la profilassi entro 3 anni d’età confermando una riduzione del 70% del rischio di sviluppo di inibitore (12). Questi risultati furono considerati più convincenti dato il disegno dello studio, la numerosità della casistica e le caratteristiche più uniformi dei pazienti inclusi (etnicità, età, utilizzo esclusivo di FVIII ricombinante, monitoraggio frequente e sistematico dell’inibitore). L’effetto protettivo della profilassi fu poi confermato nell’ambito dello studio CANAL (11), un ampio studio multicentrico di coorte mirato a valutare la relazione tra fattori di rischio correlati al trattamento e sviluppo di inibitore in pazienti precedentemente non trattati con emofilia A grave. Questo studio incluse 366 pazienti non selezionati seguiti presso 14 Centri Emofilia in Europa e Canada. Ottantasette pazienti (24%) svilupparono inibitori definiti come clinicamente rilevanti (confermati in due test consecutivi ed associati ad anormalità del recupero in vivo o dell’emivita del FVIII) e 69 di questi (79%) erano inibitori ad alta risposta anamnestica (titolo storico >5 BU/ml). L’incidenza di inibitore risultò significativamente associata con un trattamento intensivo con FVIII in occasione delle prime esposizioni mentre i bambini in profilassi mostrarono una riduzione del 60% del rischio di inibitore in confronto ai pazienti trattati a domanda (Figura 1) (11). Incidenza cumulativa di sviluppo di inibitori 30 20 10 Terapia a domanda Profilassi 0 0 10 20 30 40 Numero cumulativo di giorni di esposizione 50 Figura 1. Incidenze cumulative di sviluppo di inibitore in pazienti precedentemente non trattati con emofilia A nello studio di coorte CANAL: profilassi versus terapia a domanda (11). Focusemostasi 15 Complessivamente, i risultati di questi studi suggeriscono che l’esposizione al FVIII di per sé non è sufficiente a scatenare la risposta immunitaria e che le modalità di trattamento possono giocare un ruolo rilevante. A questo riguardo, il “danger model” (16) prevede che l’esposizione all’antigene in presenza di segnali di danno tissutale (ad esempio durante emorragie estese e/o di grave entità o chirurgia maggiore) possa attivare le cellule presentanti l’antigene potenziando segnali stimolanti i linfociti T e conseguentemente stimolando la produzione anticorpale da parte dei linfociti B, mentre l’esposizione all’antigene in assenza di tali segnali “pericolosi”, come durante la profilassi, possa condurre alla regolazione della risposta immunitaria attraverso i meccanismi di anergia periferica dei linfociti T specifici per il FVIII (16). Le crescenti evidenze a sostegno del ruolo protettivo della profilassi nell’ambito di strategie terapeutiche che possano limitare l’esposizione intensiva al FVIII ha già influenzato la pratica clinica oltre a spingere la raccolta di dati prospettici, dato che ovvie motivazioni etiche impediscono l’esecuzione di studi randomizzati. Una interessante esperienza pilota (17) è stata condotta in due Centri Emofilia tedeschi, a Brema e a Monaco, in 26 bambini con emofilia A grave non precedentemente trattati adottando nei primi 50 giorni esposizione a un regime di profilassi specificamente disegnato per minimizzare il rischio di sviluppo di inibitore evitando di evocare segnali immunologici “pericolosi”. Tale regime prevedeva la somministrazione di 25 IU/Kg di FVIII in singola dose settimanale da intraprendersi alla comparsa dei primi sintomi emorragici anche se di entità molto lieve. Nei casi in cui si osservava insorgenza di emorragie articolari, il regime di profilassi prevedeva 2 somministrazioni settimanali di 25 IU/Kg e, nei casi con emorragie articolari più gravi o ripetute o gravi emorragie in altre sedi, la profilassi veniva effettuata con 25-50 IU/Kg per 3 volte a settimana (17, Figura 2). Nell’ambito di questa strategia terapeutica si cercava inoltre di evitare la somministrazione della prima infusione di FVIII in coincidenza con una grave emorragia o in corso di un’infezione, di non somministrare vaccinazioni nella stesso giorno in cui veniva infuso il FVIII, di somministrare tutte le vaccinazioni per via sottocutanea piuttosto che intramuscolare e di dilazionare eventuali interventi di chirurgia elettiva. Nel caso di insorgenza di emorragie si tentava di limitare l’impiego di FVIII a dosi molto elevate o per periodi molto prolungati. Queste modalità di trattamento hanno inoltre consentito di evitare di posizionare cateteri venosi centrali e sono state ben accettate dai pazienti e dai loro familiari. Età (mesi) 10 20 Emorragia Prima emorragia a carico dei tessuti molli Prima emorragia articolare Regime di profilassi 1 x settimana 25 IU/Kg Giorni di esposizione al FVIII 20 Quando la tendenza emorragica lo richiedeva: 2 x 25 IU/sett 3 x 25 IU/sett 50 Evitare i segnali “pericolosi” associati all’esposizione al FVIII Fase di induzione della tolleranza al FVIII 1-50 ED Fase di prevenzione dell’artropatia 51-.... ED Figura 2. Schema di trattamento in pazienti precedentemente non trattati con emofilia A inclusi nel gruppo ricevente il nuovo regime di profilassi (17). 16 Focusemostasi Incidenza cumulativa di sviluppo di inibitori 50 40 30 Gruppo di controllo Gruppo in studio 20 10 0 0 25 50 75 100 Numero cumulativo di ED 125 150 175 Figura 3. Incidenze cumulative di sviluppo di inibitore in pazienti precedentemente non trattati con emofilia A nello studio tedesco: nuovo regime di profilassi versus profilassi standard nel gruppo di controllo (17). Nello studio (17) è stato individuato un gruppo di controllo storico costituito da 30 bambini con caratteristiche del tutto sovrapponibili al gruppo precedentemente descritto, ma trattati secondo un regime di profilassi con 40-50 IU/Kg per 3 volte a settimana intrapreso in occasione o dopo il primo emartro o altra emorragia grave non articolare. L’incidenza di inibitore riportata nel gruppo di controllo è risultata pari al 47% (14/30, di cui 8 inibitori ad alta risposta anamnestica) mentre quella riscontrata nel gruppo di bambini trattati secondo il nuovo regime di profilassi è stata del 3,8% (1/26, essendo l’unico inibitore a bassa risposta anamnestica) (17, Figura 3). Questa esperienza clinica preliminare genera ipotesi di grande interesse riguardo alla possibilità di sviluppo e di ottimizzazione di regimi di trattamento che mirino, oltre alla prevenzione dell’artropatia, anche a minimizzare il rischio di insorgenza di inibitore. Indubbiamente ampi studi prospettici sono ancora necessari per confermare queste osservazioni e supportare l’impiego di nuove strategie terapeutiche nei bambini con emofilia A grave. Bibliografia 1. Lafeber FP, Miossec P, Valentino LA. Physiopathology of haemophilic arthropathy. Haemophilia 2008; 14 Suppl 4:3-9. 2. Nilsson IM, Berntorp E, Lofqvist T, Pettersson H. Twenty-five years’ experience of prophylactic treatment in severe haemophilia A and B. J Intern Med 1992; 232:25-32. 3. Astermark J, Petrini P, Tengborn L, Schulman S, Ljung R, Berntorp E. Primary prophylaxis in severe hemophilia should be started at an early age but can be individualized. Br J haematol 1999; 105:1109-13. 4. Wight J, Paisley S. The epidemiology of inhibitors in haemophilia A: a systematic review. Haemophilia 2003; 9:418-35. 5. Schwaab R, Brackmann HH, Meyer C, et al. Haemophilia A: mutation type determines risk of inhibitor formation. Thromb Haemost 1995; 74:1402-6. 6. 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L’impatto non è trascurabile, poiché fino al 25-30% dei pazienti con emofilia grave (FVIII <1%) può sviluppare questi allo-anticorpi, in genere nei primi 20-50 giorni di esposizione al FVIII esogeno (2). La presenza di inibitore ostacola la terapia standard con concentrato di FVIII, potendo renderla del tutto inefficace e, pertanto, non consente di implementare o proseguire la profilassi nel bambino emofilico, essenziale per preservare le sue articolazioni dall’artropatia e consentire un normale sviluppo psico-fisico. Nonostante la continua evoluzione degli approcci terapeutici nel paziente con inibitore, sia per quanto riguarda il trattamento on-demand delle emorragie (3), sia soprattutto per le esperienze di profilassi con gli agenti by-passanti in corso di valutazione (4), gli studi degli ultimi anni evidenziano chiaramente come questi pazienti presentino una maggiore morbidità per emorragia e per le complicanze correlate (5) ed una qualità di vita nettamente più compromessa a causa dell’artropatia emofilica (6-8) rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato inibitore. Le ripercussioni in termini economici per la gestione della terapia e dei problemi clinici correlati, inoltre, rendono l’inibitore nell’emofilia la complicanza con il più alto impatto nell’ambito delle malattie croniche (8). Per tutti questi motivi, eradicare l’inibitore e ripristinare la terapia standard efficace e sicura con i concentrati di FVIII, in particolare la profilassi nel bambino, rappresenta un obiettivo fondamentale da perseguire nel paziente con inibitore. Eradicare l’inibitore: l’induzione di immunotolleranza L’induzione di immunotolleranza (ITI) al FVIII esogeno, mediante la sua somministrazione regolare e protratta nel tempo, rappresenta attualmente l’unico approccio efficace per eliminare o ridurre l’attività inibitoria e consentire il ripristino del trattamento sostitutivo con FVIII. Elevate percentuali di successo (60-100%), seppure in tempi piuttosto variabili, sono riportate in letteratura utilizzando protocolli terapeutici molto eterogenei (9) in termini di dose di FVIII utilizzata, intervalli di somministrazione e associazione con agenti immunosoppressivi. Le prime esperienze di ITI in Germania hanno portato a definire il protocollo ad alte dosi di Bonn (200-300 UI/Kg), nella cui 18 versione originaria veniva utilizzato in associazione concentrato di complesso protrombinico (10). Il protocollo di Malmö, anch’esso ad alta dose e con somministrazione di immunoglobuline e ciclofosfamide, fu sviluppato per ottenere rapide risposte, in particolare nei pazienti con alto titolo di inibitore, per cui era preliminarmente effettuato immunoadsorbimento extracorporeo su colonna di proteina A se l’inibitore superava le 10 UB/ml all’inizio dell’ITI (11). Gli alti costi del protocollo di Bonn e la complessità di quello di Malmö, iniseme alle perplessità sull’utilizzo della ciclofosfamide nei bambini, portarono a sperimentare protocolli a più basse dosi di FVIII, come quello olandese della van Creveld Klinik, che prevedeva un regime iniziale con una dose neutralizzante per alcune settimane, seguito da infusioni di 25 UI/Kg 2-3 volte a settimana (12), e una serie di altri protocolli con dosi di FVIII inferiori o pari a 100 UI/Kg/die (13-16), talora in associazione ad agenti immunomodulanti (17-18). Nonostante oltre 30 anni di esperienza clinica, il regime di trattamento ottimale per l’ITI è ancora discusso, e molti sono i problemi irrisolti, a partire dalla selezione dei candidati e del momento di inizio ottimali, fino alle definizioni della risposta e all’individuazione dei fattori prognostici. Chiarire questi aspetti è di grande importanza, poiché l’ITI è un trattamento estremamente impegnativo per il paziente (nella maggioranza dei casi un bambino, con gli inevitabili problemi dell’accesso venoso) e la sua famiglia, i medici dei Centri Specialistici e, non da ultimo, per i Sistemi Sanitari, a causa dei costi elevati, sostanzialmente dovuti al consumo di concentrato di FVIII per un periodo prolungato. ITI: alla ricerca dei fattori prognostici di successo I dati disponibili in letteratura sull’ITI derivano fondamentalmente da studi retrospettivi non controllati, spesso con casistica molto limitata, e dai tre registri, anch’essi retrospettivi, condotti negli anni ’90: il Registro Internazionale (IITR, 19), il Registro Nordamericano (NAITR, 20) ed il Registro Tedesco (GITR, 21). È stato successivamente pubblicato anche un Registro condotto in Spagna (22). Fatta eccezione per il GITR, che ha raccolto pazienti trattati in maniera più omogenea con regimi ad alta dose e prodotti plasmaderivati ad intermedia o elevata purezza, gli altri Registri risultano molto eterogenei per quanto concerne dosi e tipo di concentrato di FVIII utilizzati (Tabella 1). L’analisi dei dati disponibili evidenzia che, seppure i regimi ad alte dosi consentano di ottenere il successo in tempi significativamente più brevi rispetto ai regimi a dosi più basse, non vi sono sostanziali differenze in termini di possibilità di successo. Ciò vale soprattutto per i pazienti cosiddetti “a buona prognosi”, cioè coloro che iniziano l’ITI con titolo di inibitore <10 UB/ml e con picco storico <200 UB/ml. Come dimostrato dalla metanalisi dell’IITR e del NAITR, invece, solo con regimi ad alte dosi si ottengono percentuali di successo rilevanti nei pazienti con titolo pre-ITI >20 UB/ml e picco storico >200 UB/ml (23). Più controverso è il ruolo di altri fattori, quali l’età all’inizio dell’ITI, l’intervallo tra la diagnosi di inibitore e l’inizio dell’ITI o un picco elevato di inibitore in corso di ITI, identificati quali fattori prognostici solo in alcuni Registri (Tabella 1). Nel profilo del paziente a buona prognosi viene comunque considerato l’inizio dell’ITI ad un’età inferiore ad 8 anni ed entro due anni dalla diagnosi di inibitore (24). Solo di recente e con molte difficoltà è stato possibile condurre uno studio prospettico randomizzato che ha confrontato nei pazienti a buona prognosi regimi posologici ad alta e bassa dose (200 UI/ Kg/die vs. 50 UI/Kg x3/settimana), l’International-ITI (I-ITI) Study (25). Lo studio, iniziato nel 2002, è stato interrotto nel novembre 2009 per l’evidenza nei pazienti randomizzati al regime a bassa dose di un numero significativamente più elevato di emorragie, sia durante l’ITI che nella profilassi post-ITI, ma in particolare nella fase precedente la negativizzazione dell’inibitore (26). Dai dati sinora comunicati, non si rilevano differenze significative nei due bracci in termini di successo, che però viene raggiunto dai pazienti del braccio ad alta dose in circa la metà del tempo necessario a quelli con regime a bassa dose (26). Non esistono sinora evidenze solide a dimostrazione della superiorità di un tipo di concentrato di FVIII rispetto ad altri nell’ITI. Tuttavia, l’esperienza clinica tedesca (27-28) suggerisce una maggiore efficacia dei concentrati plasmaderivati contenenti il complesso FVIII/fattore di von Willebrand (VWF). Focusemostasi 19 Tabella 1. Dati principali dei Registri ITI pubblicati e fattori prognostici di successo identificati Tempo per successo, mesi Fattori prognostici di successo (p)^ 51 10.5 (mediana) Plasmaderivati IP o HP 25%; monoclonali o ricombinanti 75% 63 16.3 (media) Plasmaderivati IP o HP Plasmaderivati IP o HP 88%; ricombinanti 12% 76 7.6-15.5 (media)$ 9.85 (mediana) Età a inizio ITI (0.008); titolo inibitore pre-ITI (0.04); picco storico di inibitore (0.04); dose FVIII (alta, 0.03)° Titolo inibitore preITI (0.005); picco storico di inibitore (0.04); picco di inibitore durante ITI (0.0001); dose FVIII (bassa, 0.01)# Picco storico di inibitore (0.0012)** Titolo inibitore pre-ITI (0.03); picco storico di inibitore (0.02); dose FVIII (bassa, 0.01)** Titolo inibitore preITI (<0.001); picco di inibitore durante ITI (<0.001); mutazione F8 (non-null, 0.04) ## Regimi di dose FVIII (UI Kg-1 d-1) Tipo di prodotto FVIII Successo, %* 94 32% ≥200; 20% 100-199; 23% 50-100; 25% <50; steroidi 7% Plasmaderivati IP o HP 88%; ricombinanti 12% 164 (150) 78 14% ≥200; 33% 100-199; 28% 50-100; 25% <50; agenti immunomodulanti 40% Tedesco, GITR (Lenk, 2000) Registro Spagnolo (Haya et al, 2001) 126 (109) 37 (35) 83 Studio PROFIT (Coppola et al, 2009) 103 (87) Nella maggioranza 200-300 42% ≥200; 24% 100; 29% <100; 5% altri; agenti immunomodulanti 37% Mediana 100 (range: 21-220) Registro (referenza) Pazienti (gravi) HR (%) Internazionale, IITR (Mariani & Kroner, 2001) 314 (263) Nordamericano, NAITR (DiMichele & Kroner, 2002) 100 96 Plasmaderivati IP o HP 24%; monoclonali 2%; ricombinanti 74% 63 53 8 (mediana) *Nei pazienti HR, eccetto per l’IITR. Il successo è stato definito come inibitore negativo e normale farmacocinetica del FVIII (in vivo recovery ed emivita) in tutti i Registri, ma nel NAITR sono state accettate anche altre definizioni. ^All’analisi multivariata. °Picco di inibitore durante ITI non valutato. #Dosi più alte di FVIII sono risultate correlate a tempi per ottenere successo significativamente più brevi. $Tempi medi per ottenere successo nei pazienti trattati con 200 e 300 UI Kg-1d-1, rispettivamente. **L’analisi comprendeva anche età ad inizio ITI e intervallo tra diagnosi di inibitore e inizio ITI. ##L’analisi comprendeva anche età ad inizio ITI, intervallo tra diagnosi di inibitore e inizio ITI, picco storico di inibitore, dose e tipo di prodotto di FVIII. IP: intermedia purezza; HP: alta purezza. È stato proposto che il legame del VWF al dominio C2 del FVIII, che contiene epitopi contro i quali sono frequentemente diretti gli inibitori, possa favorire l’instaurarsi dell’ITI mascherando tali epitopi e determinando, così, una riduzione della reattività dell’inibitore ed un prolungamento della presentazione antigenica del FVIII, protetto dalla degradazione proteolitica (29-30). Va però considerato che gli inibitori nella maggioranza dei casi riconoscono più di un epitopo in domini diversi. Anche il grado di purezza dei concentrati di FVIII impiegati nell’ITI potrebbe influenzare l’esito del trattamento, per la presenza nei concentrati a minore purezza di sostanze ad azione immuno-modulante, come il TGF-b o anticorpi anti-idiotipo (29,31). Uno studio internazionale randomizzato, il RESIST (Rescue Immunetolerance Study), è stato avviato recentemente per valutare il ruolo del tipo di concentrato (plasmaderivato contenente VWF vs. ricombinante), nei pazienti a prognosi non favorevole (non arruolabili nell’I-ITI Study) o in pazienti che abbiano già fallito una prima ITI con prodotto ricombinante (32). Lo studio PROFIT: un altro registro nell’era dei trial randomizzati? Negli ultimi due decenni anche in Italia si è acquisita una significativa esperienza di conduzione dell’ITI, solo in parte pubblicata (16, 33-34). Molti dati risultano frammentati nel tempo e nelle piccole casistiche dei singoli Centri dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE), mentre altri casi, trattati più recentemente, rischiavano di andare dispersi per le difficoltà di arruolamento negli studi internazionali. Da queste considerazioni, e con l’obiettivo di valutare la pratica dell’ITI in Italia, è nato 20 Focusemostasi Tabella 2. Trattamenti ITI e pazienti registrati nello Studio PROFIT (aggiornamento settembre 2009) Trattamenti ITI totali Prospettici Retrospettivi Primi trattamenti ITI Trattamenti dopo primo fallimento Pazienti 112 43 69 103 9 103 Gravità Emofilia A Grave (FVIII:C <1%) Moderata/lieve 100 2/1 Risposta anamnestica Inibitore High-Responding (HR) Inibitore Low responding (LR) Genotipo F8 non disponibile o in corso 99 4 7 cinque anni fa lo studio PROFIT (PROgnostic Factors in Immune Tolerance), condotto nell’ambito di un Programma di Ricerca approvato dal Ministero della Salute con il cofinanziamento di CSL Behring, e coordinato per la parte clinica dai Centri del Policlinico di Napoli e di Milano e per la parte genetica dall’Università di Foggia e dall’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Lo studio è stato disegnato come registro osservazionale retrospettivo-prospettico ed ha coinvolto 24 Centri AICE, permettendo così di recuperare i dati dei pazienti sottoposti a ITI, già disponibili, e di avviare una fase di raccolta prospettica delle ITI in corso o intraprese successivamente all’inizio dello studio. Con una attiva cooperazione tra i Centri partecipanti ed i Centri coordinatori, è stata effettuata una revisione centralizzata della valutazione della risposta all’ITI, secondo gli attuali criteri internazionalmente riconosciuti (24), e accanto ai dati clinici, sono stati ottenuti i dati relativi alle mutazioni del gene del FVIII (F8) dei pazienti arruolati. Dopo numerose presentazioni delle analisi preliminari a Convegni Nazionali (SISET, Triennale dell’Emofilia) ed Internazionali (ISTH, WFH), nel novembre scorso sono stati pubblicati i dati relativi ad 87 pazienti emofilici gravi non correlati con inibitore high-responding, sottoposti a primo trattamento ITI tra il 1998 ed il 2008, dei quali si disponeva dei dati completi clinici e genetici (35). Lo studio PROFIT, infatti, è stato il primo Registro ITI che ha ricercato le possibili correlazioni tra risposta all’ITI e genotipo F8. Come si riporta nella tabella 2, il Registro ha sinora raccolto oltre un terzo di dati prospettici e molti più dati di quelli gia pubblicati, comprendendo anche alcuni pazienti con emofilia moderata o lieve, con inibitore low-responding, altri pazienti appartenenti alla stessa famiglia o per i quali non si disponeva della genetica, e alcuni pazienti sottoposti ad un secondo tentativo di ITI dopo fallimento del primo trattamento. Per alcuni pazienti, inoltre, il follow-up non è ancora concluso o la raccolta dei dati è in via di completamento. I risultati dello studio Nella tabella 3 sono riassunti i dati clinici dei pazienti arruolati nello studio e le caratteristiche del trattamento ITI praticato. Se i valori mediani evidenziano come la pratica ITI in Italia si allinei con le raccomandazioni internazionali volte ad ottimizzare la prognosi, vale a dire trattare i bambini appena possibile dopo la diagnosi di inibitore e con titolo di inibitore basso (<10 UB/ml), l’analisi dei dati individuali fa rilevare come circa il 70% dei pazienti mostri uno o più fattori prognostici ritenuti sfavorevoli per il successo dell’ITI (età al trattamento >8 anni, intervallo dalla diagnosi di inibitore >24 mesi, picco storico di inibitore >200 UB/ml, titolo inibitore all’inizio dell’ITI >10 UB/ml). In particolare, è degno di nota che il 30% dei trattamenti registrati è stato condotto in pazienti adolescenti o adulti, dunque con inibitore di non recente insorgenza. Questo profilo prognostico può probabilmente spiegare la percentuale di successi dell’ITI registrata (53%) più bassa di quella riportata in altri studi, ma sostanzialmente in linea con quella dei Registri. Va tenuto conto che in questa analisi sono stati considerati solo pazienti high-responding e che la revisioFocusemostasi 21 Tabella 3. Risultati dello studio PROFIT: caratteristiche dei pazienti, regimi di trattamento e risposta all’ITI° Caratteristiche cliniche Storia familiare di emofilia, n (%) 36 (42%) Storia familiare di inibitore, n (%) 15/36 (42%) Età alla diagnosi di inibitore, anni* 2.8 (0.1-56.9) Gironi di esposizione a FVIII, n* 16 (3 ->500) Età ad inizio ITI, anni* 5.6 (0.3-58.5) Intervallo diagnosi inibitore-ITI, mesi* 21 (<1-332) Titolo inibitore pre-ITI, UB/ml* 4.0 (0-200) Picco storico di inibitore, UB/ml* 64 (7-900) Trattamento ITI Dose giornaliera FVIII, UI/Kg* 100 (21-220) Tipo di concentrato di FVIII ricombinante, n (%) 64 (74%) plasmaderivato monoclonale, n (%) 2 ( 2%) plasmaderivato IP o HP, n (%) 21 (24%) Picco di inibitore durante ITI, UB/ml* 50 (5-16384) Risposta all’ITI Successo, n (%) 46 (53%) Risposta parziale, n (%) 12 (14%) Fallimento, n (%) 29 (34%) Tempo per inibitore negativo, mesi* 5 (0.5-35) Tempo per successo, mesi* 8 (1.5-40) Recidive, n* 2 (4%)^ °Dati di 87 pazienti con emofilia A ed inibitore HR sottoposti a primo trattamento ITI; *mediana (range); ^follow-up mediano 52 mesi (range 15-151). ne centralizzata delle risposte all’ITI ha portato a ridefinire, alla luce degli attuali criteri farmacocinetici, alcuni casi, inizialmente riportati come successi, come risposte parziali. Nel complesso, considerando anche i pazienti con risposta parziale, si conferma che 2/3 dei pazienti sottoposti ad ITI riesce ad eradicare o ridurre l’interferenza inibitoria, repristinando così il trattamento con FVIII. Per quanto riguarda i regimi ITI, si tendono ad utilizzare regimi di trattamento a dosi intermedie ed elevate: in circa 2/3 delle ITI la dose giornaliera è di almeno 100 UI/Kg e in circa 1/3 dei casi sono state utilizzate 200 UI/Kg. Prevale, come intuibile considerata l’età molto giovane della maggioranza dei pazienti, l’uso dei prodotti ricombinanti (74% delle ITI), per lo più dello stesso prodotto correlato allo sviluppo dell’inibitore (in circa 2/3 dei pazienti). L’analisi multivariata dei possibili fattori prognostici di successo sottolinea, in particolare, il ruolo del titolo di inibitore all’inizio dell’ITI (<10 UB/ml e ancor più <5 UB/ml, p<0.001) e del picco di inibitore in corso di ITI (100 UB/ml, p<0.001). Questi dati confermano ed ampliano precedenti osservazioni sull’importanza di iniziare e condurre l’ITI in una condizione di scarsa attivazione immunologica, in maniera da ottenere più elevate probabilità di successo. Nella tabella 4 sono riportati i dati che rappresentano la novità più significativa del Registro PROFIT, vale a dire la distribuzione delle mutazioni F8 dei pazienti arruolati e la correlazione con la risposta all’ITI. Tabella 4. Genotipo F8 e risposta all’ITI Genotipo F8 Mutazioni di Mutazioni Mutazioni Ampie Inversioni* Piccole Piccole delezioni splicing (n=50) nonsense delezioni inserzioni missense (n=6) (n=3) (n=11) (n=7) (n=8) (n=1) Successo 1 1 24 7 5 7 1 Risposta parziale 1 1 8 1 Fallimento 4 1 18 3 2 1 Successo, % 17 33 48 64 71 87 100 Mutazioni “alto rischio”: 33/70 (47%)° Mutazioni “basso rischio”: 13/16 (81%)° *49 pazienti con inversione dell’introne 22 ed 1 paziente con inversione dell’introne 1 (quest’ultimo ha ottenuto successo all’ITI). °p=0.01, mutazioni ad “alto rischio” vs. “basso rischio”, RR (95% CI) 1.7 (1.1-2.1); all’analisi multivariata OR (95% CI), 6.2 (1.1-36.0). Risposta ITI 22 Focusemostasi 100 Mutazioni a “basso rischio” Mutazioni ad “alto rischio” Successo ITI (%) 80 60 40 20 0 0 5 10 15 20 Tempo (mesi) 25 30 35 40 Figura 1. Correlazione tra tempo per il successo dell’ITI e genotipo F8. I pazienti portatori di mutazioni “a basso rischio”, oltre ad ottenere più elevata percentuale di successo, conseguono la risposta in tempi significativamente più brevi. Come atteso, vi è una netta prevalenza delle inversioni dell’introne 22 (57%) e delle cosiddette mutazioni “ad alto rischio” (in riferimento allo sviluppo di inibitore), che complessivamente si riscontrano nell’81% dei pazienti (inversioni + ampie delezioni + mutazioni nonsense e di splicing). Valutando la risposta all’ITI, si è riscontrata una probabilità di successo significativamente più alta (circa 6 volte) nei pazienti portatori di mutazioni “a basso rischio” (piccole inserzioni o delezioni, mutazioni missense) rispetto a quelli con mutazioni ad alto rischio (p=0.01). Questa correlazione si conferma anche all’analisi multivariata, comprendendo cioè gli altri fattori prognostici di successo. Anche il tempo per ottenere il successo è significativamente inferiore nei pazienti con mutazioni a basso rischio (Figura 1). Esiste dunque una correlazione tra risposta all’ITI e genotipo F8 simile a quella che si rileva per lo sviluppo di inibitore. Conclusioni In attesa dei dati più rigorosi degli studi internazionali randomizzati, i Registri della pratica ITI si rivelano in grado di fornire ancora interessanti informazioni per arricchire il profilo dei fattori prognostici dell’ITI ed aiutare i clinici nella selezione dei candidati al trattamento e delle modalità ottimali per condurlo. In questo senso, i dati dello studio PROFIT sottolineano il ruolo del genotipo F8 e dello stato di attivazione immunologica del paziente all’inizio e durante il trattamento, espresso dal titolo di inibitore pre-ITI e dal picco durante l’ITI. Di qui l’importanza di procrastinare l’inizio dell’ITI fino ad ottenere un titolo di inibitore molto basso (anche <5 UB/ml) ed evitare, per quanto possibile, condizioni in grado di stimolare il sistema immunitario (accesso venoso stabile, infezioni dell’accesso venoso o in altre sedi, eventuale profilassi per i pazienti con tendenza emorragica più importante), in particolare per i pazienti con genotipo “sfavorevole”. È quindi possibile intervenire, almeno in parte, su alcuni dei fattori prognostici, vale a dire quelli che possono essere modificati in relazione alle scelte cliniche (Figura 2). Accanto ai dati raccolti, lo studio PROFIT ha ottenuto una serie di risultati indiretti non meno rilevanti: in questi anni è stata promossa un’interazione molto stimolante tra i Centri AICE sui temi dell’ITI, che ha consentito di condividere le esperienze grandi e piccole disponibili, e di sottolineare alcuni dei problemi più dibattuti anche nella letteratura internazionale, come l’accurata definizione della risposta e i regimi di trattamento (dose, tipo di concentrato). Ancora, il patrimonio dei dati raccolti, ed in continuo accrescimento, rappresenta un vero e proprio laboratorio per approfondire e valutare nel tempo i tanti aspetti ancora poco definiti dell’ITI. Focusemostasi 23 Fattori prognostici Non modificabili Riconosciuti Da approfondire Picco storico inibitore Genotipo F8 Picco inibitore durante ITI Potenzialmente modificabili Stimoli immunologici durante ITI Titolo pre-ITI Dose FVIII Tipo FVIII Figura 2. I fattori prognostici di successo dell’ITI attualmente riconosciuti o in corso di ulteriore valutazione. Alcuni di questi fattori sono potenzialmente modificabili in relazione alle scelte cliniche. Altre variabili dipendono in parte da fattori genetici ed in parte dalle condizioni ambientali. Ringraziamenti Questo articolo offre l’occasione per ringraziare ancora una volta tutti i Colleghi dei Centri Emofilia che hanno contribuito allo studio, ed il Ministero della Salute e CSL Behring per il finanziamento che lo ha reso possibile. The PROFIT AICE Study Group: Bari: Francesco Antonio Scaraggi; Cagliari: Roberto Targhetta; Castelfranco Veneto: Giuseppe Tagariello, Roberto Sartori; Catania: Roberto Musso, Margaret Musso; Catanzaro: Gaetano Muleo, Rita Santoro, Piergiorgio Iannaccaro; Cesena: Chiara Biasoli; Cosenza: Filomena Daniele; Firenze: Massimo Morfini; Foggia - S. Giovanni Rotondo: Maurizio Margaglione, Elvira Grandone, Rosa Santacroce, Michela Sarno; Milano: Elena Santagostino, Maria Elisa Mancuso, Pier Mannuccio Mannucci; Modena: Paola Pedrazzi; Napoli, Federico II: Antonio Coppola, Mirko Di Capua, Matteo Nicola Dario Di Minno, Anna Maria Cerbone, Giovanni Di Minno; Napoli, Pausilipon: Michele Schiavulli; Napoli, S. Giovanni Bosco: Angiola Rocino; Padova: Ezio Zanon; Palermo: Giacomo Mancuso, Francesca Mansueto; Parma: Annarita Tagliaferri, Gianna Franca Rivolta, Caterina Di Perna; Perugia: Alfonso Iorio, Francesca Ferrante; Reggio Calabria: Caterina Latella; Torino, Regina Margherita: Maria Messina; Torino, Università: Piercarla Schinco, Federica Valeri; Vallo della Lucania: Giulio Feola; Verona: Giorgio Gandini, Annachiara Giuffrida; Vicenza: Giancarlo Castaman. Bibliografia 1. Mannucci PM. Back to the future: a recent history of haemophilia treatment. Haemophilia 2008;14(Suppl 3); 10-8. 2. Wight J, Paisley S. 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Focusemostasi 25 Lo studio RES.I.ST: caratteristiche, modalità e aggiornamenti Silvia Riva e Alessandro Gringeri Fondazione IRCCS Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico, Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi”, Milano Introduzione Lo studio RES.I.ST nasce per affrontare uno dei problemi più rilevanti nel panorama attuale dell’Emofilia, ossia quello costituito dallo sviluppo di inibitori dei fattori della coagulazione (1) che rappresentano un evento correlato alla introduzione in circolo di fattore VIII (FVIII) umano a seguito di terapia sostitutiva in soggetti con difetto di sintesi e/o di funzione del fattore VIII endogeno (2). Attualmente, sebbene la strategia terapeutica per l’eradicazione dell’inibitore con la maggiore evidenza clinica sia quella di ottenere immunotolleranza (ITI) attraverso la regolare somministrazione di elevate quantità di fattore VIII (3), diverse questioni centrali rimangono aperte: i regimi terapeutici standard di induzione della ITI non sono ancora chiariti così come quali tipi di concentrato utilizzare e il ruolo del fattore von Willebrand (VWF) (3,4). Con questo studio internazionale nasce il tentativo di validare alcune delle principali ipotesi addotte nel panorama scientifico corrente sulla cura dell’emofilia con inibitore attraverso il confronto controllato di trattamenti di ITI. Obiettivo Obiettivo generale dello studio RES.I.ST è l’induzione di ITI con concentrati complessi di fattore von Willebrand/fattore VIII (FVIII/VWF) in soggetti con emofilia A grave e con inibitore mai sottoposti a ITI per anamnesi sfavorevole (RES.I.ST. Naïve) o con precedente fallimento di ITI con concentrati del solo fattore VIII (RES.I.ST. Experienced). La figura 1 schematizza le due braccia sperimentali dello studio. Paziente con inibitori “High Responder” ITI primaria (Naïve) Prognosi sfavorevole RES.I.ST. Naïve ITI di salvataggio (Experienced) Prognosi sfavorevole RES.I.ST. Experienced Figura 1. Tipologia di pazienti nelle due braccia sperimentali dello studio RES.I.ST. 26 Nello studio RES.I.ST Experienced, prospettico, in aperto, i pazienti riceveranno concentrati di fattore VIII contenente fattore von Willebrand (FVIII/VWF). Nello studio RES.I.ST Naïve, i pazienti saranno randomizzati a una delle due braccia di trattamento attraverso un sistema informatizzato e potranno ricevere concentrati FVIII/VWF o concentrati FVIII privi di fattore von Willebrand. Popolazione Soggetti affetti da emofilia A grave. La tabella 1 riassume i principali criteri di inclusione. Tabella 1. I principali criteri di inclusione nelle due braccia dello studio RES.I.ST RES.I.ST. Experienced RES.I.ST Naïve I. II. III. IV. I. II. III. IV. Pazienti affetti da emofilia A grave (FVIII<1%) con inibitori Qualsiasi età “High Responders”* Sottoposti senza successo a precedente ITI con concentrati di fattore VIII privi di VWF o recidivanti dopo questo trattamento Pazienti affetti da emofilia A grave (FVIII <1%) con inibitori “High Responders”* Mai sottoposti in precedenza ad ITI In presenza di almeno uno dei seguenti fattori di rischio: • titolo storico dell’inibitore >200 BU • titolo all’inizio dell’ITI >10 BU • età >7 anni • tempo tra la comparsa dell’inibitore e l’ITI >2 anni *(picco storico >5 BU). Metodo Entrambe le braccia sperimentali saranno sottoposte al medesimo schema di trattamento, ovvero 200 UI/Kg di concentrato in una o due infusioni giornaliere. Il presente studio osserverà l’esistenza di una differenza nella capacità di induzione della tolleranza immunologica nei pazienti tra le due classi di concentrati di fattore VIII somministrati a dose elevata. All’interno di ciascun gruppo di trattamento, verranno somministrate diverse specialità commerciali di concentrati di fattore VIII che verranno scelte liberamente dal medico referente. La durata del trattamento varierà da un minimo di 9 a un massimo di 33 mesi. La tabella 2 riassume i parametri di successo parziale e totale dei due trattamenti di immunotolleranza. Tabella 2. Criteri di successo parziale e totale della tolleranza immunitaria per lo studio RES.I.ST Titolo di inibitore* Recupero in vivo FVIII Emivita FVIII Successo parziale <5 UB <66% dell’attesa <6 ore Successo completo <0.6 UB > 66% dell’attesa <6 ore *In due determinazioni consecutive nell’arco di 30 giorni. Conclusioni L’avvio dello studio è stato positivo e ha coinvolto numerosi Centri europei ed extra-europei. Attualmente, 6 Centri internazionali hanno avviato lo studio con un arruolamento totale di 8 pazienti; 2 nello studio RES.I.ST Naïve e 6 nel RES.I.ST Experienced, e il numero è destinato ad aumentare rapidamente. La tabella 3 fornisce una panoramica degli arruolamenti correnti. L’originalità dello studio RES.I.ST consiste in diversi fattori; in primis, nel tentativo di comparare scientificamente l’ITI con due classi di concentrati attraverso il controllo randomizzato dei soggetti e di analizzare più scientificamente il ruolo del fattore di von Willebrand, finora individuato solo in studi ex vivo (5) e retrospettivi (6,7). In secondo luogo, nella collaborazione internazionale multicentrica, nella cooperazione con Centri universitari esteri per le analisi genetiche e la gestione Focusemostasi 27 Tabella 3. I Centri e gli sperimentatori principali che hanno arruolato pazienti in uno delle due braccia dello studio RES.I.ST RES.I.ST Naïve ITALIA -Centro Emofilia “A.B. Bonomi”, Policlinico Milano A. Gringeri: 1 paziente USA -Centro di Clinica Pediatrica “Nemours”, Jacksonville (FL), C.A.Gauger: 1 paziente RESIST Experienced CANADA -Centro Emofilia “Hospital for Sick Children”,Toronto, M.Carcao: 1 paziente -Ospedale Pediatrico East Ontario- Ottawa, R.Klassen: 1 paziente USA -Centro Emofilia, Ospedale “City of Hope”, Duarte (CA), N. Ewing: 2 pazienti SPAGNA -Ospedale “N.S. de la Candelaria”, Tenerife, G.Talavera Casañas: 1 paziente -Complejo Hospitalario Torrecàcardenas, Almeria, N. Perez Gonzales:1 paziente ITALIA -Centro Emofilia “A.B. Bonomi”, Policlinico Milano, A. Gringeri: 1 paziente dei dati clinici computerizzata, nell’analisi della Qualità della Vita e, infine, nella natura dello studio RES.I.ST che si propone come studio indipendente, non diretto ad alcuna registrazione di farmaci ma finalizzato esclusivamente allo sviluppo scientifico e che, come tale, necessita dell’apporto e della collaborazione di tutti per crescere. 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One of his major contributions in this area was the development of virus-inactivated products based on pasteurisation. Due to his research efforts, CSL Behring launched the first effectively virus-inactivated FVIII concentrate in 1981. Eligibility: CSL Behring will set up 5 start-up grants for the cycle 2011. The grants are targeted at young investigators, who hold an MD degree. Applicants with less than 5 years faculty experience in haemostaseology will be preferred. The grants will be available for pre-clinical and/or clinical research in the area of coagulation. Grant: € 20,000 11 20 le in c y c ming ow! Upco – apply n Application forms are available from the following address: CSL Behring GmbH Att. Dieter Pluennecke Commercial Development Coagulation Emil-von-Behring-Strasse 76 35041 Marburg GERMANY T: +49 6421 394191 E-mail: [email protected] In addition to the application forms, the applicant’s current CV and research proposal (one-pager) should be attached. Please submit application to the address above. Closing date for applications: 8 th of October 2010 30 Haemate®P - Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE Haemate P 500 UI/10 mL. Polvere e solvente per soluzione per infusione. Haemate P 1000 UI/15 mL. Polvere e solvente per soluzione per infusione. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Haemate P si presenta come polvere e solvente per soluzione per infusione. HAEMATE P 500 Un flacone di polvere contiene: Fattore VIII della coagulazione da plasma umano: 500 U.I. (FVIII:C, con attività nominale). Fattore von Willebrand: 1200 U.I. (attività nominale, come Cofattore della ristocetina) (VWF:RCo). Dopo ricostituzione con 10 mL di acqua per preparazioni iniettabili, Haemate P 500 contiene approssimativamente 50 U.I./mL (pari a 500 U.I./10 mL) di Fattore VIII della coagulazione da plasma umano e circa 120 U.I./mL (pari a 1200 U.I./10 mL) di Fattore von Willebrand (VWF) da plasma umano. HAEMATE P 1000 Un flacone di polvere contiene: Fattore VIII della coagulazione da plasma umano: 1000 U.I. (FVIII:C, con attività nominale). Fattore von Willebrand: 2400 U.I. (attività nominale, come Cofattore della ristocetina) (VWF:RCo). Dopo ricostituzione con 15 mL di acqua per preparazioni iniettabili Haemate P 1000 contiene approssimativamente 66,6 U.I./mL (pari a 1000 U.I./15 mL) di Fattore VIII della coagulazione da plasma umano e circa 160 U.I./mL (pari a 2400 U.I./15 mL) di VWF da plasma umano. L’attività (U.I.) del Fattore VIII è determinata utilizzando il test cromogenico secondo Farmacopea Europea. L’attività specifica di Haemate P è di circa 2-6 U.I. di FVIII/mg di proteina. L’attività specifica di Haemate P come fattore von Willebrand è approssimativamente pari a 3-17 U.I. di VWF:RCo/mg di proteina. Per l’elenco degli eccipienti, vedere sezione 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Polvere e solvente per soluzione per infusione. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1. Indicazioni terapeutiche. Trattamento e profilassi di emorragie in caso di: - emofilia A (carenza congenita di fattore VIII) - carenza acquisita di fattore VIII. Trattamento di pazienti con anticorpi anti-fattore VIII (inibitori) (vedere anche 4.2.1). Profilassi e trattamento delle emorragie nella malattia di von Willebrand (VWD). 4.2. Posologia e metodo di somministrazione. Il trattamento dell’emofilia A e della malattia di VWD deve essere effettuato sotto la supervisione di un medico esperto nel trattamento dei disordini dell’emostasi. Non sono disponibili dati clinici sufficienti per l’impiego di Haemate P nei bambini. 4.2.1. Posologia. Emofilia A. La posologia e la durata della terapia sostitutiva dipendono dalla gravità della carenza di Fattore VIII, dalla localizzazione e dall’entità dell’emorragia nonché dalle condizioni cliniche del paziente. Il numero delle unità di Fattore VIII da somministrare è espresso in Unità Internazionali (U.I.), con riferimento allo standard attualmente vigente dell’OMS (WHO) per prodotti di Fattore VIII. L’attività di Fattore VIII nel plasma è espressa in percentuale (relativa al plasma umano normale) oppure in U.I. (in conformità allo Standard Internazionale per il Fattore VIII nel plasma). Una unità internazionale di attività di Fattore VIII è equivalente alla quantità di Fattore VIII in un mL di plasma umano normale. Il calcolo della dose necessaria di Fattore VIII è basato sul reperto empirico che 1 U.I. di Fattore VIII per kg di peso corporeo aumenta l’attività di Fattore VIII nel plasma di circa il 2% dell’attività normale (2 U.I./dL). La dose necessaria viene determinata usando la seguente formula: Unità richieste = peso corporeo [kg] x aumento desiderato di Fattore VIII [% o U.I./dL] x 0.5. La frequenza della somministrazione dovrebbe sempre essere basata sull’efficacia clinica ottenuta nei singoli casi. Nel corso del trattamento, è consigliabile eseguire un’appropriata determinazione dei livelli di Fattore VIII per stabilire la dose da somministrare e la frequenza di ripetizione delle infusioni. In particolare, in caso di interventi di chirurgia maggiore, è indispensabile eseguire un attento monitoraggio della terapia sostitutiva per mezzo della determinazione dell’attività plasmatica del Fattore VIII. Singoli pazienti possono presentare variabilità nella propria risposta al Fattore VIII, raggiungendo livelli differenti di recupero in vivo e differente emivita. Per la profilassi a lungo termine di emorragie in pazienti affetti da emofilia A grave, le dosi usuali sono da 20 a 40 U.I. di Fattore VIII per kg di peso corporeo ad intervalli di 2-3 giorni. In alcuni casi, soprattutto nei pazienti più giovani, possono rendersi necessari intervalli più brevi o dosi più elevate. I pazienti devono essere monitorati per lo sviluppo di inibitori del Fattore VIII. Se non si raggiungono i livelli plasmatici attesi di attività di Fattore VIII o se l’emorragia non è controllata con una dose adeguata, i pazienti devono essere monitorati per verificare l’eventuale comparsa di inibitore del Fattore VIII. Nei pazienti con elevati livelli di inibitore, la terapia con Fattore VIII può rivelarsi non efficace per cui devono essere prese in considerazione altre misure terapeutiche. In questi casi, inoltre, il trattamento deve essere effettuato sotto la responsabilità di medici esperti nel trattamento dell’emofilia. Si veda anche sezione 4.4. Nel caso dei seguenti episodi emorragici, l’attività del Fattore VIII non deve scendere al di sotto del livello di attività plasmatica indicato (in % o in U.I./dL) rispetto al livello normale. La tabella seguente può essere impiegata come riferimento per il dosaggio nel caso di eventi emorragici o di interventi chirurgici: Gravità dell’emorragia/ Tipo di intervento chirurgico Livello richiesto di Fattore VIII (% o U.I./dL) Frequenza delle dosi (ore)/ Durata della terapia (giorni) Emartro in fase iniziale, emorragie intramuscolari o della cavità orale 20 - 40 Ripetere l’infusione ogni 12-24 ore per almeno 1 giorno fino a che, a cessazione del dolore, l’episodio emorragico sia risolto o si sia giunti a guarigione. Emartri più estesi, emorragie intramuscolari o ematomi 30 - 60 Ripetere l’infusione ogni 12-24 ore per 3-4 giorni o più fino alla risoluzione del dolore e dell’invalidità acuta. Emorragie a rischio per la vita 60 - 100 Ripetere l’infusione ogni 8-24 ore, fino alla risoluzione dell’evento. Emorragia Gravità dell’emorragia/ Tipo di intervento chirurgico Livello richiesto di Fattore VIII (% o U.I./dL) Frequenza delle dosi (ore)/ Durata della terapia (giorni) Chirurgia minore, estrazioni dentarie incluse 30 - 60 Ogni 24 ore, per almeno 1 giorno, fino al raggiungimento della guarigione. Chirurgia maggiore 80 - 100 (pre- e post-operatorio) Ripetere l’infusione ogni 8-24 ore fino al raggiungimento di un’adeguata cicatrizzazione; successivamente continuare la terapia per almeno 7 giorni per mantenere una attività di Fattore VIII compreso tra il 30-60% (U.I./dL). Chirurgia Malattia di von Willebrand La somministrazione di 1 U.I./kg di VWF:RCo determina, in genere, un aumento del titolo di VWF:RCo in circolo pari a 0,02 U.I./mL (2 %). Devono essere conseguiti livelli di VWF:RCo > 0,6 U.I./mL (60%) e di FVIII:C > 0,4 U.I./mL (40%). Di norma, per il conseguimento dell’emostasi si raccomanda la somministrazione di 40-80 U.I./kg di VWF:RCo e di 20-40 U.I. di FVIII:C/kg di peso corporeo. La somministrazione di una dose iniziale di 80 U.I./kg di Fattore di von Willebrand può risultare necessaria soprattutto per pazienti con malattia di von Willebrand del Tipo 3: in questo caso, infatti, il mantenimento di titoli adeguati può richiedere il ricorso a dosi più elevate rispetto agli altri tipi della malattia di von Willebrand. Prevenzione dell’evento emorragico in caso di intervento chirurgico o di grave episodio traumatico: per prevenire un eccessivo sanguinamento durante o dopo un intervento chirurgico la somministrazione dovrebbe avvenire 1-2 ore prima dell’intervento stesso. Dosi adeguate dovrebbero poi essere successivamente somministrate ogni 12-24 ore. La dose da somministrare e la durata del trattamento dipendono dalla situazione clinica individuale, dal tipo e dalla gravità dell’emorragia e dai livelli di VWF:RCo e di FVIII:C. Quando si usano preparati di Fattore VIII contenenti Fattore von Willebrand, il medico deve tener presente che un trattamento protratto può determinare un aumento eccessivo del titolo di FVIII:C. Per evitare un aumento incontrollato di FVIII:C, dopo 24- 48 ore di trattamento sarebbe opportuno ridurre la dose e/o aumentare l’intervallo di tempo fra le somministrazioni. Metodo di somministrazione. Il prodotto deve essere ricostituito come descritto al paragrafo 6.6. Prima della somministrazione la preparazione ricostituita deve essere portata a temperatura ambiente o corporea. Iniettare lentamente per via endovenosa, ad una velocità confortevole per il paziente. Nel caso in cui sia necessaria la somministrazione di dosi più elevate di Fattore VIII, si può procedere mediante infusione, trasferendo il prodotto ricostituito in un sistema per infusione appropriato. La velocità di iniezione o di infusione non deve eccedere i 4 mL/minuto. Tenere sotto osservazione il paziente per la comparsa di qualsiasi reazione immediata. Nel caso abbia luogo una qualsiasi reazione correlabile con la somministrazione di Haemate P, ridurre la velocità di infusione o interrompere la somministrazione a seconda delle condizioni cliniche del paziente (vedere anche sezione 4.4). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota ad uno qualsiasi dei componenti del prodotto. 4.4. Avvertenze particolari e speciali precauzioni per l’uso. Come per qualsiasi altro prodotto di origine plasmatica somministrato per via endovenosa, sono possibili reazioni di ipersensibilità di tipo allergico. I pazienti devono essere informati circa le reazioni di ipersensibilità di tipo immediato, compresi: orticaria, orticaria generalizzata, senso di costrizione toracica, dispnea, ipotensione ed anafilassi. I pazienti devono essere informati che, in caso di comparsa di questi sintomi, devono interrompere immediatamente l’utilizzo del prodotto e rivolgersi al proprio medico. In caso di shock devono essere osservate le procedure mediche standard per il trattamento dello shock. Haemate P contiene fino a 140 mg di sodio per 1000 U.I. Ciò deve essere tenuto in debita considerazione dai pazienti che seguono una dieta controllata per il sodio. Le misure standard per prevenire infezioni conseguenti all’uso di prodotti medicinali derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle donazioni individuali e dei pool di plasma per specifici marcatori di infezione (HbsAg, ed anticorpi HIV e HCV) e l’adozione di procedure di produzione efficaci per l’inattivazione / rimozione di virus. Ciò nonostante, quando si somministrano prodotti derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di agenti infettivi. Tale concetto si applica anche a virus sconosciuti o emergenti e ad altri patogeni. Le misure adottate sono considerate efficaci per i virus capsulati quali HIV, HBV, HCV e per il virus non-capsulato HAV. Le misure adottate possono essere di limitato valore verso virus non-capsulati quali il parvovirus B19. Le infezioni da parvovirus B19 possono essere gravi per le donne in gravidanza (infezione fetale) e per gli individui con immunodeficienza o aumentata eritropoiesi (per esempio anemia emolitica). Per i pazienti che ricevono regolarmente / ripetutamente prodotti derivati da plasma umano, deve essere presa in considerazione l’opportunità di procedere ad un’appropriata vaccinazione (epatite A ed epatite B). Si raccomanda vivamente che ogni volta che Haemate P è somministrato a un paziente sia registrato il nome e il numero di lotto del prodotto allo scopo di mantenere una correlazione tra il paziente ed il lotto del prodotto somministrato. Emofilia A. La formazione di anticorpi neutralizzanti (inibitori) il Fattore VIII è una complicanza nota nel trattamento di soggetti affetti da emofilia A. Questi inibitori sono generalmente immunoglobuline IgG dirette contro l’attività procoagulante del Fattore VIII e sono misurati in unità Bethesda (BU) per mL di plasma, utilizzando il test modificato. Il rischio di sviluppare inibitori è correlato all’esposizione al Fattore VIII antiemofilico ed è più elevato entro i primi 20 giorni di esposizione. Raramente gli inibitori possono svilupparsi dopo i primi 100 giorni di esposizione. I pazienti trattati con Fattore VIII plasmatico umano devono essere monitorati attentamente per accertare lo sviluppo di inibitori, mediante adeguate valutazioni cliniche e test di laboratorio. Nei pazienti con un alto titolo di inibitori, la terapia può rivelarsi inefficace e sarà opportuno prendere in considerazione altre opzioni terapeutiche. Vedere anche la sezione 4.8 Effetti indesiderati. Malattia di von Willebrand. Esiste il rischio che si verifichino episodi trombotici, in particolare in quei pazienti in cui sono noti fattori di rischio clinico o laboratoristico. Pertanto, i pazienti a rischio devono essere monitorati per accertare l’insorgenza dei primi segni di trombosi. Se è il caso, deve essere instaurato un regime di profilassi contro il tromboembolismo venoso, in conformità alle vigenti raccomandazioni. In caso di impiego di prodotti contenenti VWF, il medico curante deve tener presente che un trattamento protratto può determinare un aumento eccessivo del livello di FVIII:C. I pazienti che ricevono prodotti di FVIII:C contenenti VWF, dovrebbero essere attentamente monitorati per evitare un eccessivo aumento dei livelli plasmatici di FVIII:C, con conseguente aumento del rischio di eventi trombotici. Se richiesto, deve essere considerata l’opportunità di attuare provvedimenti antitrombotici. I pazienti con malattia di von Willebrand, specialmente di Tipo 3, possono sviluppare anticorpi neutralizzanti il VWF (inibitori). Se non vengono raggiunti i livelli attesi di attività di VWF:RCo nel plasma o se la dose necessaria somministrata non è in grado di controllare efficacemente l’emorragia, sarà opportuno effettuare un test appropriato in modo da accertare l’eventuale presenza di inibitori del VWF. Nei pazienti con un alto titolo di inibitori, la terapia può rivelarsi inefficace e sarà opportuno prendere in considerazione altre opzioni terapeutiche. 4.5. Interazioni con altri medicinali e a altre forme di interazione. Non sono note interazioni di Haemate P con altri farmaci. 4.6. Gravidanza ed allattamento. Non sono stati condotti studi sulla riproduzione animale con Haemate P. In considerazione della rarità dell’occorrenza dell’emofilia A nella donna, non sono disponibili esperienze riguardanti l’impiego di Fattore VIII in gravidanza e nell’allattamento. La situazione è differente per la malattia di von Willebrand, stante la sua ereditarietà autosomica. Le donne ne sono maggiormente affette degli uomini per la presenza di rischi emorragici specifici, come mestruazioni, gravidanze, travaglio, parto e complicanze ginecologiche in genere. In base alle esperienze acquisite successivamente alla commercializzazione del prodotto, risulta che può essere raccomandata la sostituzione di VWF nel trattamento e nella prevenzione di eventi emorragici acuti. Non sono invece disponibili studi clinici concernenti la terapia sostitutiva con VWF durante la gravidanza o l’allattamento. Pertanto FVIII e VWF dovrebbero essere impiegati durante la gravidanza e l’allattamento soltanto se specificatamente indicati. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare e sull’uso di macchine. Non sono stati osservati effetti sulla capacità di guidare e sull’uso di macchinari. 4.8. Effetti indesiderati. Gli effetti indesiderati qui riportati si basano sulle esperienze acquisite dalle sperimentazioni cliniche e dall’esperienza postmarketing. Per registrare la frequenza della comparsa di tali effetti indesiderati sono state adottate le seguenti regole standard: Molto frequente >1/10; Frequente >1/100 e < 1/10; Non frequente >1/1.000 e <1/100; Raro >1/10.000 e <1/1.000; Rarissimo <1/10.000. • Disturbi a carico del sistema immunitario. In rarissimi casi sono state osservate reazioni da ipersensibilità o di tipo allergico (che possono comprendere: angioedema, sensazione di bruciore e di puntura nel sito dell’iniezione, brividi, flush, orticaria generalizzata, cefalea, orticaria, ipotensione, letargia, nausea, sensazione di stanchezza, tachicardia, senso di costrizione toracica, formicolio, vomito, dispnea). In taluni casi è stato osservato un progressivo peggioramento fino ad anafilassi grave (incluso lo shock). Per la sicurezza nei confronti di patogeni trasmissibili, vedere sezione 4.4. • Disturbi di carattere generale. In rare occasioni è stato osservato un rialzo della temperatura corporea. • Disturbi a carico del sistema sanguigno e del sistema linfatico. In caso siano necessarie somministrazioni di dosi molto elevate o frequentemente ripetute, quando sono presenti degli inibitori o se si attuano provvedimenti pre- e post-chirurgici, è opportuno tenere sotto attento monitoraggio tutti i pazienti, allo scopo di osservare l’insorgenza dei primi segni di ipervolemia. Inoltre, i pazienti con gruppi sanguigni A, B e AB devono essere monitorati per accertare la presenza di eventuali segni di emolisi intravascolare e/o di riduzione del valore dell’ematocrito. Emofilia A • Disturbi a carico del sistema immunitario. Pazienti con emofilia A possono sviluppare anticorpi (inibitori) neutralizzanti il Fattore VIII. La loro presenza sarà resa direttamente manifesta dall’inadeguatezza della risposta clinica al trattamento effettuato. In tal caso si raccomanda di contattare un centro specializzato nel trattamento dell’emofilia. L’esperienza acquisita dagli studi clinici con Haemate P in pazienti precedentemente non trattati (PUPs) è molto limitata. Pertanto, non possono essere forniti dati validati sull’incidenza di specifici inibitori clinicamente rilevanti. Malattia di von Willebrand • Disturbi a carico del sistema immunitario. In rarissimi casi pazienti con VWD, specialmente di Tipo 3, possono sviluppare anticorpi neutralizzanti il VWF (inibitori). La loro presenza sarà resa direttamente manifesta dall’inadeguatezza della risposta clinica al trattamento effettuato. Tali anticorpi precipitanti possono presentarsi in concomitanza a reazioni anafilattiche. Pertanto, i pazienti che hanno avuto esperienze di reazioni anafilattiche devono essere valutati per la presenza di inibitori. In tutti questi casi si raccomanda di contattare un centro specializzato nel trattamento dell’emofilia. • Disturbi a carico del sistema vascolare. Sussiste il rischio di eventi trombotici, particolarmente in quei pazienti in cui è nota la presenza di fattori di rischio clinico o laboratoristico. Nei pazienti sotto trattamento con prodotti contenenti VWF, la presenza di elevati livelli plasmatici di FVIII:C può aumentare il rischio di eventi trombotici (vedere anche sezione 4.4). 4.9. Sovradosaggio. Finora non sono stati segnalati effetti da sovradosaggio di Haemate P. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Gruppo farmaco-terapeutico: Emostatici/antiemorragici Codice ATC: B02BD02 Il complesso fattore VIII/fattore von Willebrand è formato da due molecole (FVIII e VWF) con diverse funzioni fisiologiche. Il fattore VIII è determinante per la funzione coagulatoria. Come cofattore con il fattore IX esso accelera la conversione del fattore X a fattore X attivato (Xa). Il fattore Xa converte la protrombina in trombina; la trombina a sua volta converte il fibrinogeno in fibrina inducendo la formazione del coagulo. Poiché l’attività del fattore VIII è notevolmente ridotta nei pazienti affetti da emofilia A, la terapia di sostituzione risulta necessaria. Il fattore von Willebrand è il mediatore dell’adesione piastrinica all’endotelio vascolare ed è un determinante dell’aggregazione piastrinica: è pertanto indispensabile nella terapia sostitutiva nei pazienti affetti da sindrome di von Willebrand. L’attività del VWF è misurata come von Willebrand factor: co-fattore ristocetinico (VWF:RCo). In gravi casi di sindrome di von Willebrand l’attività del fattore VIII è considerevolmente ridotta. Uno specifico passaggio produttivo di purificazione assicura il più alto grado di rimozione del fibrinogeno (determinato secondo il metodo di Clauss). 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Dopo iniezione del prodotto, da 2/3 a 3/4 circa del fattore VIII restano in circolo. L’obiettivo terapeutico è il mantenimento di un’attività plasmatica del Fattore VIII compresa tra l’80 ed il 120%. Il decadimento dell’attività del Fattore VIII nel plasma segue una cinetica esponenziale a due fasi. Nella fase iniziale la distribuzione tra spazio intravascolare ed altri compartimenti liquidi ha un’emivita di eliminazione di 3-6 ore. Nella successiva fase più lenta (che probabilmente riflette il consumo di Fattore VIII), l’emivita varia tra 8-20 ore, con una media di 12 ore, che sembra corrispondere all’effettiva emivita biologica. In uno studio clinico in pazienti affetti da emofilia A il recupero in vivo di F VIII è stato del 101,5%. Con riferimento alla somministrazione di 1 U.I. di Fattore VIII:C/kg di peso corporeo l’aumento medio di F VIII è del 2,3% della norma. L’emivita biologica è di 15,3±5,5 ore. In singoli casi l’emivita biologica può variare. In uno studio clinico in pazienti con sindrome di von Willebrand il recupero medio in vivo di VWF:RCo è stato del 63% nei pazienti di tipo 1, del 87% nei pazienti di tipo 2 e del 72% nei pazienti di tipo 3. Con somministrazione di 1 U.I./kg di peso corporeo l’aumento medio di VWF:RCo è stato del 1,5±0,3% della norma. L’emivita biologica media è risultata compresa in un intervallo tra 7 ore (pazienti di tipo 3) e 13,8±2,1 ore (pazienti di tipo 1). A seguito della terapia sostitutiva con Haemate P si è riscontrata nel plasma dei pazienti una struttura multimerica quasi normale per un periodo di parecchie ore. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Haemate P contiene il Fattore VIII e il Fattore di von Willebrand come principi attivi derivati dal plasma umano e la cui azione è analoga a quella dei costituenti plasmatici endogeni. La somministrazione di dosi singole di Haemate P a diverse specie di animali non ha evidenziato l’insorgenza di effetti tossici. A seguito dello sviluppo di anticorpi conseguenti all’applicazione di proteine umane eterologhe, non è logicamente possibile - nei tradizionali modelli animali l’effettuazione di studi preclinici (tossicità cronica, cancerogenicità e mutagenicità), basati sulla somministrazione ripetuta del prodotto. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1. Elenco degli eccipienti. Albumina umana, acido aminoacetico, sodio cloruro, sodio citrato, sodio idrossido o acido cloridrico (in piccole quantità per la correzione del pH). Solvente: acqua per preparazioni iniettabili, 10/15 mL. 6.2. Incompatibilità. Questo prodotto medicinale non deve essere miscelato con altri farmaci, solventi e diluenti, ad eccezione di quelli forniti con la confezione. 6.3. Validità. Haemate P ha una validità di 3 anni, se conservato tra +2 e +8°C. Dopo ricostituzione, il prodotto ha dimostrato stabilità chimicofisica per 48 ore a temperatura ambiente (max. +25 °C). Dal momento che Haemate P non contiene conservanti, dal punto di vista microbiologico il prodotto ricostituito va utilizzato immediatamente. Se non utilizzato immediatamente, il tempo e le condizioni di conservazione in uso prima del successivo utilizzo sono responsabilità dell’utilizzatore. Non si dovranno comunque superare le 8 ore di conservazione a temperatura ambiente (25°C), a meno che la ricostituzione del prodotto sia avvenuta in condizioni asettiche, convalidate e controllate. Una volta ricostituito, il prodotto non deve essere congelato. 6.4. Speciali precauzioni per la conservazione. Haemate P deve essere conservato a temperatura tra +2° e +8°C. Non congelare. Conservare il contenuto nella confezione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Flaconi di polvere 500 U.I. e 1.000 U.I.: Flaconi di vetro di tipo II (Farm. Eur.), sigillati con tappo per infusione in gomma bromobutilica, disco in plastica e cappuccio in alluminio. Flaconcini per solvente (acqua per preparazioni iniettabili): Flaconcini di vetro di tipo I (Farm. Eur.), incolore, sigillati con tappo per infusione in gomma (senza lattice), disco in plastica e cappuccio in alluminio. Confezioni • Haemate P 500. 1 flacone di polvere, 1 flacone con 10 mL di acqua per preparazioni iniettabili, 1 sistema di travaso con filtro 20/20 - Mix2Vial, 1 siringa monouso da 10 mL senza ago, 1 set per infusione, 2 tamponi imbevuti di alcool, 1 cerotto. • Haemate P 1000. 1 flacone di polvere, 1 flacone con 15 mL di acqua per preparazioni iniettabili, 1 sistema di travaso con filtro 20/20 - Mix2Vial, 1 siringa monouso da 20 mL senza ago, 1 set per infusione, 2 tamponi imbevuti di alcool, 1 cerotto. 6.6. Istruzioni per l’uso/per l’impiego. Istruzioni generali: - Non usare dopo la data di scadenza indicata sulla confezione. - Non usare soluzioni torbide o contenenti residui (depositi/particelle). - Ricostituzione e prelievo devono essere effettuati in condizioni asettiche. - Dopo somministrazione, la soluzione non utilizzata e i dispositivi per la somministrazione vanno eliminati in modo appropriato. Ricostituzione. Portare il solvente a temperatura ambiente. Accertarsi di aver tolto i cappucci flip-off dei flaconi, contenenti rispettivamente il prodotto e il solvente. Disinfettarne i tappi con una soluzione antisettica e aspettare che questa si sia asciugata prima di aprire la confezione di Mix2Vial. 1. Aprire la confezione di Mix2Vial, staccandone la copertura. 2. Posizionare il flacone del diluente su una superficie piana e pulita, tenendo il flacone ben fermo. Prendere il Mix2Vial insieme con tutta la confezione e fissare la parte blu terminale sul tappo del solvente. 3. Togliere con prudenza la confezione dal set Mix2Vial. Assicurarsi di tirare verso l’alto soltanto la confezione esterna e non il set Mix2Vial. 4. Posizionato in modo sicuro il flacone della polvere su un piano d’appoggio, capovolgere il flacone del solvente connesso con il set e inserire l’adattatore trasparente sul tappo del flacone contenente la polvere. Automaticamente il solvente sarà trasferito nel flacone che contiene la polvere. 6. Impugnando con una mano la parte del set Mix2Vial con la soluzione ottenuta e con l’altra mano la parte del set Mix2Vial con il flacone (ora vuoto) del solvente, separare in 2 parti il set svitandolo. Prelievo e somministrazione 7. Prendere la siringa vuota sterile fornita con il set e aspirare aria. Con il flacone della soluzione ricostituita in posizione verticale, inserire la siringa nel set Mix2Vial e iniettare l’aria nel flacone contenente la soluzione. Mantenendo premuto lo stantuffo della siringa capovolgere il sistema e aspirare la soluzione nella siringa tirando indietro lo stantuffo lentamente. 8. Dopo che tutta la soluzione è stata trasferita nella siringa, afferrare in modo fermo il cilindro della siringa (tenendo lo stantuffo della siringa rivolto verso il basso) ed estrarre il set Mix2Vial dalla siringa. 5. Tenendo il flacone del solvente e quello della polvere stabilmente connessi l’uno all’altro ruotare lentamente il flacone della polvere in modo da ottenere la completa solubilizzazione del suo contenuto. Non agitare il flacone. Somministrare lentamente la soluzione per via endovenosa (vedere: 4.2 “Modo di somministrazione”) 7. TITOLARE DELLA AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. CSL Behring GmbH Emil-von-BehringStr. 76, D-35041 Marburg, Germania. Rappresentante per l‘Italia: CSL Behring S.p.A. P.le Stefano Türr, 5 - 20149 Milano. 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. Haemate P 500: A.I.C. 026600080; Haemate P 1000: A.I.C. 026600078. 9. REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO. Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica. 10. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Giugno 2005. 11. DATA DI (PARZIALE)/REVISIONE DEL TESTO. Settembre 2007. Bibliografia 1. Budde at al. - Comparative analysis and classification of von Willebrand factor/factor VIII concentrates: impact on treatment of patients with von Willebrand disease - Seminars in thrombosis and haemostasis (2006), Vol. 33 (4), 626-635. 2. Dobrkovska A. et al. Pharmacokinetics, efficacy and safety of Haemate® P in von Willebrand disease. Haemophilia (1998), 4 (Suppl. 3), 33-39. 3. S. Lethagen et al. A comparative in vitro evaluation of six von Willebrand factor concentrates. Haemophilia (2004), 10, 243-249. 4. Metzner H.J. et al. Characterization of factor VIII/von Willebrand factor concentrates using a modified method of VWF multimer analysis. Haemophilia (1998), 4 (Suppl. 3), 25-32. A6124 Factors for Life ™ Our Commitment: A Broad Range of Products for the Treatment of Rare Bleeding Disorders