STUDIO MERULA Scuola per lo studio del greco del Ducato di Milano di Giorgio Merlano, detto Merula Premessa Il Centro Studi Floriani, nel quadro delle ricerche storiche-letterarie per la ricostruzione della biografia di Michelangelo Florio, ha dedicato alcune attività istruttorie per la identificazione della Scuola di Greco antico nel Ducato di Milano, le cui origini risalgono al IV secolo con lo Studio di Diritto presso l'università di Pavia. Per il Centro Studi Floriani quella istruttoria fu solo un momento incidentale. Era necessario un approfondimento accessorio, la cui valenza rispetto alla sua ricerca principale, era quella di documentare come il Ducato degli Sforza, tra la fine del XV secolo e tutto il secolo successivo, fosse tra i maggiori centri culturali italiani ed europei dedicatisi al salvataggio dei manoscritti e degli incunaboli dalla distruzione degli eserciti turchi che avevano invaso la Grecia a seguito della caduta di Costantinopoli del 1453. Fu Basilio Bessarione, arcivescovo di Nicea, a salvare quella parte dell'immenso patrimonio della cultura classica greca che conosciamo, che lui e i suoi preti ortodossi portarono seco prima a Messina e poi donato nel 1468 alla Repubblica di Venezia, dove costituì la base iniziale della famosa Biblioteca Marciana. Da allora, grazie all'affermarsi delle nuove idee rinascimentali in Italia, sorsero le prime scuole di greco, grazie alla presenza di molti studiosi greci esuli dalla loro patria. Le più affermate erano a Venezia, a Roma, a Messina (dove tradizionalmente era presente una attiva colonia greca) e a Milano. Nei primi decenni del secolo successivo si annoverano molte spedizioni verso la Grecia, promosse e finanziate dalla Repubblica di Venezia, dal Granducato di Firenze, dallo Stato della Chiesa e dal Ducato di Milano, per continuare l’opera di recupero di quanto fosse ancora possibile salvare. Ne parla diffusamente Alessandro Manzoni nella sua opera i Promessi sposi (Capitolo XXII – capov. Da 189 a 247. “...spedì otto uomini dé più corti ed esperti che potè avere, a farne incetta per l’Italia, per la Francia, per la Spagna, per la Germania”... “Così riuscì a radunarvi circa trentamila volumi stampati e quattromila manoscritti.” Più oltre il Manzoni accenna all'organico degli studiosi: “...Vi unì un collegio da Cui detto trilingue per lo studio delle lingue greca, latina e italiana”... “vi unì una stamperia di lingue orientali, dell'ebraica, cioè della Caldea, dell’arabica, della persiana, dell’armena. ”) Venendo a noi e all’argomento che riguarda la vita di Michelangelo Florio, sconosciuto ai più. Di lui siamo riusciti a ricostruire con certezza gli ultimi anni della sua lunga e travagliata vita trascorsa in tutti i paesi europei. Della sua famiglia e dei suoi dati anagrafici è possibile fare solo ipotesi e approssimazioni. Nel suo girovagare quale frate francescano prima, poi come cappuccino riformato poi; egli visse spesso a Milano nel convento di Porta Orientale (oggi il Palazzo Saporiti in Corso Venezia al numero civico 20) In quei tempi l’Italia non era altro che una espressione geografica, divisa da sei stati a dimensione regionale, la Repubblica di Venezia, lo Stato Pontificio, il Regno delle Due Sicilie, la Savoia, la Repubblica di Firenze e il Ducato di Milano, ciascuno dei quali non abbastanza forte per battere gli altri e unificare politicamente il paese, ma ognuno dei quali sufficientemente forte per impedire agli altri di farlo. La città di Milano era la capitale di un territorio di antica costituzione, solido economicamente e di grande importanza strategica per tutta la penisola, crocevia dei passaggi alpini tra l’Europa continentale e la vasta e florida pianura Padana e il mare. Come noto, dopo la lunga signoria dei Visconti. Lo stato milanese trovò un valido capo politico e militare in un condottiero quale fu Francesco Sforza. Erede dei Visconti, per aver sposato Bianca Maria Visconti, il duca Sforza estese il suo dominio annettendo Genova e tutta la Liguria, dotando il ducato di uno sbocco al mare. A Francesco Sforza successe nel 1466 il figlio Galeazzo Maria, che morì pugnalato nel 1476, lasciando il figlio minorenne Gian Galeazzo affidato alla tutela della Duchessa Bona di Savoia. Ne approfittò lo zio del duca ancora minorenne, Ludovico il Moro, che si impadronì dello stato nel 1479. Questo fu il pretesto perché Carlo VIII re di Francia, che era nel frattempo sceso in Italia per ampliare la sua influenza sulla penisola, di occupare la città. Alla fine del XV secolo, l’iniziativa dell’unificazione italiana in un solo stato, fortemente contrastata dalla Chiesa di Roma, era perciò lasciata alle potenze straniere, che si contrapponevano per la successione al Sacro Romano Impero in una serie continua di guerre tra la Spagna la Francia e i principi tedeschi. L’effimera e ingloriosa impresa di Carlo VIII, disceso nella penisola per fregiarsi del titolo di Re d’Italia, permise al suo successore Luigi XII di fregiarsi del solo reame di Napoli e del ducato di Milano (1504). Alla sua morte, il suo successore Francesco primo ripeté l’impresa con miglior fortuna e la pace di Noyon (1516) regolò i rapporti di forza e le nuove spartizioni. Milano restava alla Francia, Napoli alla Spagna, Venezia ottenne Verona e il papa restituiva al Ducato di Milano Parma e Piacenza. Gli esiti irrisolti della situazione italiana furono all’origine della terza guerra condotta in Italia tra Carlo V e Francesco I. La morte dell'ultimo Duca di Milano, Francesco Sforza nel 1535, pose all’ordine del giorno il passaggio del Ducato di Milano nelle mani spagnole, secondo gli accordi di Cambrai. Il Ducato di Milano, divenuto così provincia spagnola. conservò i suoi ordinamenti civili (Vicariato, i XII di Provvisione e il Senato) solo quel tanto che si riusciva a far rispettare. Il Senato milanese era solo una corte giuridica senza poteri amministrativi, che rimanevano incondizionatamente nelle mani degli incapaci e rapaci governatori spagnoli e al Consiglio Segreto e questa tragica situazione durerà fino al 1706, quando l'egemonia passerà all’Austria, avendo come governatore il principe Eugenio di Savoia fino all'avvento di Napoleone. Intanto la nobiltà italiana si modellava sull’esempio di quella spagnola, ne imitava l’ozio fastoso, lo sdegno del lavoro produttivo. la mania delle apparenze, il lusso sfarzoso, l'etichetta, i puntigli d’onore e i duelli. L’intolleranza religiosa dei cattolici e il fanatismo clericale soffocava ogni iniziativa intellettuale. Mentre i privilegi e il lustro dei titoli cavallereschi appagavano la vanagloria dei nobili e del clero, il popolo languiva nella miseria, come ben documentato dal Manzoni. È in questo contesto storico che nasce Michel Agnolo Florio, forse a Lucca, attorno al 1530. Dalla ricerca sono emersi documenti, pubblicazioni editoriali, riferimenti letterari ed elementi informativi che indicano Michelangelo Florio come un letterato in possesso di una vasta cultura classica, che oltre agli studi teologici si dedicò durante tutta la sua vita alla letteratura umanistica e rinascimentale. Durante i suoi lunghi soggiorni nel Ducato di Milano, a Pavia (dove fu ospite di Giambattista Giraldi detto Cinzio), a Sabbioneta (dove era spesso ospite della duchessa Giulia Gonzaga, sia come aderente al gruppo dei riformati di Joan de Valdes, sia come grecista nel circolo “La Piccola Atene”) e in Valtellina con il letterato Lodovico Castelvetro, ambedue perseguiti dalla Inquisizione. Michelangelo Florio, che nelle sue opere dimostra come ben conoscesse la città di Milano fin nei dettagli più caratteristici, avrà sicuramente frequentato lo Studio di Giorgio Merula tra gli anni della sua attività di predicatore cappuccino assieme al suo Generale dell’Ordine, Bernardino Tommasini, detto Ochino, che con lui in seguito andò esule in Inghilterra. Dove fosse ubicata quella prestigiosa Scuola di Greco non è al momento noto. Riteniamo che nuovi elementi informativi al riguardo potranno emergere dalle cronache di Giuseppe Ripamonti e dalle relazioni storiche di Bernardino Corio, che non mancheremo di curare al termine delle attività di ricerca riguardanti la biografia del Florio. Al momento siamo in possesso degli elementi informativi che abbiamo raccolto circa lo “Studio Merula” che lo collocherebbero come nascita nell’Arce Maggiore di Pavia (il Castello Visconteo) ma successivamente trasferito a Milano nel 1483 nella Villa della famiglia dei conti Corio in località Ronchetto sul Naviglio. DUCATO DI MILANO Attività dello Studio di Giorgio Merula del periodo dal 1483 al 1577 Nell’Arce Maggiore di Pavia, conosciuto oggi come il Castello Visconteo, fatto costruire da Galeazzo II Visconti nel 1360, era custodita una delle più illustri biblioteche del Ducato di Milano. Come noto, la città di Pavia faceva parte del Ducato milanese fin dall’anno prima. Ma già nel 1361 l’imperatore aveva concesso il diploma della costituzione della Biblioteca Viscontea anche se di fatto la sua origine è molto più antica riallacciandosi allo storico Studio di Diritto sorto nel IX secolo. Nel 1444, l’umanista Francesco Filelfo, dopo aver trascorso sette anni a Costantinopoli per l'apprendimento del greco, tornato a Venezia presso l'università di Padova alla cattedra di greco, si trasferiva a Pavia per seguire i corsi di greco e organizzare la Biblioteca Viscontea. Tra i primi allievi frequenta i corsi il giovane Giorgio Merlano, detto Merula. Nel 1446 Giorgio Merula si trasferisce da Pavia a Venezia per frequentare i corsi di greco presso l’università di Padova di Giovanni Bessarione. A Venezia era stata nel frattempo fondata dal Petrarca la Biblioteca Marciana, nella quale l'umanista greco Giovanni Bessarione, rifugiatosi in Italia, aveva donato molti preziosi manoscritti greci. Il Papa Nicolò V fonda nel 1447 la Biblioteca Vaticana, promuovendo un'ampia raccolta di codici latini e greci. Anche il letterato greco Demetrio Calcondila lascia definitivamente Atene e si trasferisce a Roma. Anche Costantino Lascaris, dopo la caduta di Costantinopoli, rifugiatosi esule a Corfù, e su invito dello stesso Bessarione viene anche lui in Italia. In quello stesso anno il duca Lodovico il Moro lo assume a Milano quale docente per sua figlia Ippolita. La corte ducale lombarda diviene in quegli anni uno dei fulcri che attirano l'interesse dei letterati e degli umanisti italiani per la presenza del Lascaris a Milano e a Pavia. Il piacentino Giorgio Valla, maestro di retorica, si trasferisce nel 1462 a Napoli per alcuni mesi allo scopo di perfezionarsi nello studio del greco, dove anche là era sorta una scuola di greco. Giorgio Merlano, ormai in possesso della lingua greca e conoscitore della letteratura classica, apre nel 1465 una scuola di greco a Venezia, molto frequentata, e spesso si reca a Mantova e a Sabbioneta per traduzioni presso la corte dei Gonzaga. Nello stesso anno giungono in Italia nuovi grecisti come Giorgio Trapezunte, Teodoro da Gaza e Gregorio da città di Castello. Nell’anno 1466 Giorgio Valla lascia Napoli e si trasferisce a Pavia come docente di greco e di letteratura greca, sostituendo il collega Costantino Lascaris, il quale lascia lo Studio di Pavia e fa ritorno a Messina dove apre una sua scuola. Quivi scrisse una grammatica di greco, stampata l’anno successivo a Milano da Dionisius Paravisinus, che fu il primo libro interamente in lingua e caratteri greci stampati in Europa. Tale grammatica venne in seguito ristampata da Aldo Manuzio nel 1495 con aggiunte e correzioni che il Lascaris affidò a Pietro Bembo che già conosceva il greco per averlo studiato a Padova ma che perfezionò poi a Messina per diversi mesi. Nel 1471 lo studioso bizantino Giovanni Argiropulo, anch’esso fuggito dalla Grecia, si stabilisce a Roma dove collabora alla fondazione della Biblioteca Vaticana. Intanto nel 1474 Francesco Filelfo lascia Pavia su convocazione a Roma di Papa Sisto IV per collaborare alla traduzione dei testi greci in possesso della Biblioteca Vaticana. L’anno seguente Demetrio Lacondila lascia Venezia e Padova e si trasferisce a Firenze per insegnare greco presso lo Studio Fiorentino. Nel 1476 Giorgio Valla lascia Pavia per trasferirsi a Genova. Tornando a Milano, Bernardino Corio, figlio del conte Marco Corio, uomo di fiducia e ambasciatore di Francesco Sforza viene assunto nel 1477 al servizio di Gian Galeazzo Sforza. I conti Corio avevano larghi possedimenti agricoli e immobili in Brianza e a Milano. Tra questi immobili essi vantavano la proprietà di una splendida villa con possedimenti agricoli nel territorio della Pieve di Cesano Boscone, località Ronchetto sul Naviglio, come risulta negli Statuti delle Acque e delle Strade del Contado di Milano, fatti a Corsico del 1346. Nei Registri dell'Estimo di Milano del 1558 e successivi aggiornamenti detto comune risulta ancora compreso nella Medesima Pieve (Estimo di Carlo V – Ducato di Milano, cart. 12). Oggi il complesso architettonico, di notevole rilevanza storico-artistica, con presenza di superfici decorate ad affresco, colonne ed elementi decorativi in pietra, nonché soffitti lignei di pregio, è stato restaurato e ristrutturato sotto tutela della Sovraintendenza alle Belle Arti. Esso è identificato nella toponomastica di Milano in via Giorgio Merula con ingresso al numero civico 13, mantenendo così dopo cinque secoli almeno il ricordo del passato prestigio ducale. Il restauro purtroppo non ha mantenuto le caratteristiche architettoniche originali, compromettendo ogni eventuale futuro utilizzo museale. Nel 1479 Francesco Filelfo, che era a Genova, viene chiamato a Firenze da Lorenzo il Magnifico; mentre Giorgio Valla lascia Genova e torna allo studio di Pavia. Francesco Filelfo muore a Roma nel 1481. Sono gli anni del massimo splendore del Ducato e Lodovico il Moro chiama a Milano i massimi esponenti della cultura rinascimentale italiana. Nel 1482, tra gli altri scienziati e artisti si stabilisce in città Leonardo da Vinci per gettare; in bronzo la statua equestre di Francesco Sforza e realizzare gli importanti lavori idraulici dei navigli. L’anno seguente, su espresso invito di Lodovico il Moro, Giorgio Merula lascia Venezia e rientra a Milano. Ormai lo studio della lingua greca era una esigenza della cultura rinascimentale. Ormai non erano soltanto i greci fuggiti di fronte all'invasione turca gli esperti in letteratura greca ma anche molti letterati italiani quali Lorenzo Valla, Leonardo Bruni, Nicolò Perotti, Poggio Bracciolini, Guerino Guerini,, detto il Veronese, Pier Candido Decembrio e Matteo Maria Boiardo. Contemporaneamente Giorgio Valla lascia Pavia per sostituire il Merula a Venezia, dove si tratterrà sino alla sua morte avvenuta nell'anno 1500. Nel 1488 Demetrio Calcondila stampa a Firenze l’Iliade e l’Odissea. L’importanza della sua opera sta nel fatto che quella fu la prima stampa a caratteri di greco antico, in formato “in folio”. In quello stesso anno Giorgio Merula dovrebbe aver trasferito lo Studio per le lingue classiche da Pavia a Milano nella sede del Ronchetto sul Naviglio, messa a disposizione da Bernardino Corio per assecondare il desiderio del Duca. Il Corio ebbe inoltre da Lodovico il Moro l’incarico di redigere la cronologia storica del Ducato con esplicita autorizzazione ad accedere a tutti i documenti custoditi nelle biblioteche di Milano, Pavia, Bobbio, Alessandria e Bergamo. Egli iniziò subito tale lavoro che verrà pubblicato in seguito in due libri dal titolo De gestis veterum illustrium virorum . Ultimati nel 1490 i lavori del Palazzo dell’università di Pavia, molti incunaboli, libri e manoscritti greci e di lingue orientali dovrebbero essere stati trasferiti dal Castello visconteo a Milano presso la nuova sede dello Studio Merula. L’anno seguente Demetrio Calcondila lascia Firenze e si trasferisce a Milano, anch’egli su invito di Lodovico il Moro. A Milano si celebrano le nozze di Lodovico il Moro con Beatrice d’Este e durante i fastosi festeggiamenti il giovane Baldassarre Castiglione, appena tredicenne, viene presentato a corte. Giorgio Merula, mentre visitava nel 1493 l’antico cenobio nel palazzo dei Malaspina a Bobbio, dove si era recato per alcune ricerche bibliografiche, rinviene una ricchissima raccolta di manoscritti della letteratura latina e greca. I preziosi testi vennero poi ripartiti tra la Biblioteca Vaticana a Roma, l'università di Torino e la Biblioteca Viscontea di Pavia. Nel 1494 Giorgio Merula muore a Milano. Lo Studio, che conserverà il suo nome, viene proseguito da Tristano Calco, letterato e cancelliere di Lodovico il Moro, nipote di Bartolomeo, anch’egli alla corte dei Visconti. Letterato e politico scrisse: Rerum patriae seu Mediolanensis historiae libri XX ab origine urbis ad anno 1313, il quale continua quella di Giorgio Merula, di cui fu discepolo e proseguita poi da Giuseppe Ripamonti con la sua Historia Ecclesiae Mediolanensis (3 Vol. 1617– 1625) e De peste Mediolani (1640), utilizzata dal Manzoni nei Promessi Sposi e Historiarum patriae in continuationem Tristani Calchi. Nel 1495 Lodovico il Moro aderisce alla Lega Santa con Venezia, il Papa, e la Spagna contro la Francia di Carlo VIII. Come noto, questa sventurata decisione segnerà la fine del Ducato. Bernardino Corio al temine del suo lavoro di cronaca ducale, decide di pubblicare la sua opera e a tal fine prende contatto con i fratelli Gallarate, stampatori di Milano. 1496 1498 Battaglia di Fornovo, Carlo VIII, sconfitto ripassa le Alpi. Luigi XII, successo a Carlo VIII, assume, oltre al titolo di re delle Due Sicilie, anche quello di Duca di Milano. Rimasto senza alleati, Lodovico il Moro subisce l’offensiva dei francesi contro Milano. Sconfitto, Lodovico il Moro si rifugia in Germania. 1500 Lodovico il Moro,in un tentativo di ricuperare il ducato con la forza, viene tradito dai mercenari svizzeri e da questi consegnato ai francesi che lo rinchiudono nel castello di Loches in Francia, dove morì otto armi dopo. A Lodovico il Moro succede al governo del ducato il figlio Massimiliano, di fatto esautorato dalle vicende belliche tra la Francia e la Spagna, che si contendono il destino degli stati italiani. 1501 Muore a Messina Costantino Lascaris. 1511 Demetrio Calcondila muore a Milano. 1515 I francesi riprendono il dominio sul ducato. 1519 Muore Bernardino Corio. La villa Corio al Ronchetto sul Naviglio passa in eredità, con il resto del patrimonio, a Giovan Angelo Corio, membro dei Vicari di Provvisione, concessionario della vendita del sale per Milano e Bereguardo e controllore della navigazione sul Naviglio. 1525 A Massimiliano succede l’ultimo degli Sforza, Francesco II, che terrà il ducato come vassallo di Carlo V, fino al 1535. 1529 Ormai dominatore incontrastato, Carlo V raduna i principi italiani nel congresso di Bologna per stabilire il nuovo assetto della penisola, per piegarli alla supremazia imperiale. 1535 Morto l’ultimo duca, lo Stato milanese conserva formalmente i suoi ordinamenti interni ( il Senato, il Vicariato e i XII di Provvisione), ma solo quel tanto che le magistrature civili riuscirono a far rispettare. Iniziò così un lungo periodo di dominazione spagnola che impoverì le popolazioni e arretrò la vita civile in Lombardia così come nel regno delle due Sicilie. 1545-50 Michel Agnolo Florio, umanista toscano, è in Lombardia interessato alla novellistica italiana e partecipa alla questione della lingua con il Bembo e il Castelvetro. Sono emersi elementi e circostanze storiche che fanno supporre che, nella sua frequentazione presso le biblioteche, sia quella di Pavia, quando fu ospite di Giambattista Giraldi, detto Cinzio, sia quella dello Studio del Merula, abbia avuto occasione di prendere visione dell’opera Timone di Atene di Luciano di Samosata, nella traduzione libera di Matteo Maria Boiardo. latinista emiliano, il quale in collaborazione con l’editore Gaspare Crivello di Scandiano, affidò l’opera allo stampatore Pellegrino Pasquali di Venezia. Sicuramente quest’opera greca,venuta alla luce postuma nell’anno 1500 grazie alla traduzione del Boiardo, sarà stata consultata da Michel Agnolo Florio o presso la biblioteca dell'università a Pavia o presso lo Studio Merula nella residenza di Villa Corio a Milano. Questa circostanza assume un significato particolarmente interessante ai fini della individuazione della fonte di ispirazione dell’omonima opera shakespeariana se si pensa che il testo in inglese scritto nel 1607 non segue l’impostazione data dall’autore greco, bensì la trascrizione libera del Boiardo, mentre la prima traduzione in lingua inglese si ebbe solo nel 1637 per opera di Thomas Heywood, quando cioè William Shakespeare era già morto (1616).