TEATRO DELL’ASSURDO ELEMENTI DI BASE Cosa vuol dire teatro dell'assurdo? Potremmo dire che significa mettere in scena l'assurdità del vivere. Ma come può la vita essere assurda? Paradossalmente, allora, sarebbe meno assurda la morte? I dadaisti avevano già dato una risposta. Per esempio nei loro spettacoli cercavano di rappresentare l'assurdità e le contraddizioni di una serie di atteggiamenti della borghesia. Per esempio avevano denunciato fin dall'inizio l'ipocrisia della guerra (prima guerra mondiale), avevano preso posizione contro le falsità e ipocrisie del nazismo, oppure prendevano in giro gli atteggiamenti mondani (recarsi a teatro ben vestiti, parlare di cose futili e banali, ecc.). A mio parere il teatro dell'assurdo rappresenta la continuazione, nelle condizioni del secondo dopoguerra (dopo il 1945), dell'esperienza dadaista. Potrebbe essere definito assurdo tutto ciò che, pur essendo futile, senza importanza, appare come determinante, fondamentale. Per esempio una sfilata di moda in una città sconvolta dalla guerra. Oppure l'immobilismo di chi aspetta accada qualcosa (Aspettando Godot di Beckett), o una serie di conversazioni puramente formali e senza importanza (“La cantatrice calva” di Jonesco). ASSURDITA’ L'assurdità potrebbe essere un aspetto caratteristico della nostra società. Se riflettiamo, nella nostra società sono portati al massimo livello valori effimeri e mondani (televisione spazzatura, moda, affermazione individualistica di Ionesco, rampismo sociale, ecc.., se non apertamente distruttivi come la guerra, la distruzione, la lotta fra popoli, ecc.). Il filosofo Marcuse (anni ’60), per esempio, si poneva il problema se fosse più scandalosa la fotografia di un nudo femminile erotico o quella di un generale ricoperto delle medaglie che si è guadagnato per i massacri di cui è stato capace. Gli autori del teatro dell'assurdo hanno colto tutta una serie di aspetti di questo genere, contraddittori, strani, irrazionali eppure comuni e diffusi. In pratica il teatro dell'assurdo ci fa riflettere su comportamenti, situazioni e fatti che si verificano di continuo nella nostra esistenza ma dei quali noi non cogliamo il lato assurdo, stravagante, irrazionale. Il teatro dell'assurdo ci costringe a riflettere su questi episodi. Il teatro dell'assurdo li isola e ce li presenta in tutta la loro assurdità. Alberto Pian, Letteratura, appunti e note sparse, ultima rev.: 27-12-2000 MAIL: [email protected] WEB: http://members.xoom.it/AlbertoPian 190 RIFERIMENTI "Il mio è un teatro della derisione" (Ionesco) "Bisogna liberare la tensione drammatica senza bisogno di nessun intrigo, di nessun oggetto particolare" (Ionesco) "Il teatro è essenzialmente rivelazione di cose mostruose, o di condizioni mostruose, senza immagini o di immagini che portiamo in noi." (Ionesco) "Spingere il burlesco fino al limite estremo. Poi un leggero tocco, un movimento impercettibile, e ci si ritrova in pieno tragico. E' un gioco di prestigio. Il passaggio dal burlesco al tragico deve avvenire senza che il pubblico se ne accorga. E neppure, forse, gli attori, o appena, appena." (Ionesco). ALCUNI PRECEDENTI • Alfred Jarry (1873 - 1907), ne “Il Padre Ubu” (1896), la storia (un generale che caccia il sovrano, ne prende il posto e governa da pazzo despota) è descritta con un linguaggio molto crudo, moderno, che suscita la reazione dello spettatore. • Franz Kafka (1883 - 1924), le sue opere sono riferimenti all'assurdo di circostanze che hanno anche un valore metaforico, per esempio ne "Il processo" un uomo viene condannato a morte senza saper quale sia l'accusa e senza avere un rapporto diretto con la giustizia. • Il movimento dadaista nel suo insieme • Jean Genet (1910 - 1986), un intellettuale ribelle in permanente rivolta contro la società e i suoi costumi, si schierava a favore delle Pantere Nere (movimento indipendentista nero degli USA) e dei terroristi tedeschi della RAF. ELEMENTI PER DISCUTERE I critici parlano di riferimenti alla filosofia esistenzialista di Sartre. A mio parere è sbagliato fare questi raffronti. Le filosofie sono speculazioni ragionate sul mondo, sulla conoscenza, sulla morale, la logica, ecc. La filosofia non è un'opera d'arte, che invece è caratterizzata dalla massima libertà espressiva e dal fatto che suscita diverse interpretazioni proprio perché non nasce per fornire alcuna visione del mondo precostituita. Nelle opere del teatro dell'assurdo quindi si possono cogliere gli aspetti più diversi. Per esempio: chi è Godot? E' una domanda alla quale non c'è una risposta, chiunque può dire che Godot è qualunque cosa. Resta il fatto che se si aspetta qualcuno che non arriva, si entra nel campo della mancanza della privazione, di ciò che non c'è. Spesso il teatro dell'assurdo mette in luce ciò che non abbiamo, Alberto Pian, Letteratura, appunti e note sparse, ultima rev.: 27-12-2000 MAIL: [email protected] WEB: http://members.xoom.it/AlbertoPian 191 ciò che ci manca. Possiamo dire che la società nella quale viviamo sia una società che ci obbliga a privazioni? che ci obbliga a vivere senza qualcosa o qualcuno? Insomma, mettendo in scena le contraddizioni della società e dei rapporti sociali il teatro dell'assurdo ci obbliga a riflettere, a cogliere il lato meno appariscente delle cose. Il teatro dell'assurdo, a mio parere, è un invito permanente alla discussione. Ogni opera del teatro dell'assurdo va vista, letta e riletta, discussa con gli amici: ogni volta ci saranno elementi nuovi di riflessione. Forse il teatro dell'assurdo è anche un po' uno specchio della nostra vita. SAMUEL BECKETT ELEMENTI DI BASE (Dublino 1906 - Parigi 1989). Si trasferisce a Parigi nel 1938, scrive in lingua francese. 1951- 1953 pubblica una trilogia: “Molloy”, “Malone muore” e “L'innominabile”, centrata su monologhi esistenziali di protagonisti infermi. “Aspettando Godot” è del 1953, nel 1957 un altro grande successo: “Finale di partita”, la storia del vecchio Hamm, paralitico e del suo servitore Clov (che invece non si può sedere) che si svolge in una stanza, dopo una catastrofe atomica. Nobel per la letteratura nel 1969. ASPETTANDO GODOT Questo pezzo teatrale del 1952, da il via al "teatro dell'assurdo". Da allora mille interpretazioni, mille letture hanno riportato sulla scena l'inquietante dialogo che due vagabondi, Vladimiro ed Estragone aspettano Godot in un appuntamento del quale non conoscono né il giorno né l'ora. La scena è scarna c'è solo un alberello. Del resto neppure Godot si sa bene chi sia. Il dialogo è piuttosto surreale. spesso si sente la battuta - Andiamo?- - Non si può - - Perché? - - Aspettiamo Godot - - Già è vero - Passa Lucky, un vecchio carico di bagagli, accompagnato da Pozzo, il suo padrone; passa un ragazzo, e annuncia che il signor Godot non verrà quella sera, ma l'indomani. L'indomani è il secondo atto, ci sono di nuovo Pozzo e Lucky, che sono diventati l'uno cieco e l'altro muto. Pozzo vorrebbe sapere che ora è, dove si trova: ma non riceve risposta. Cala il buio, e si ripresenta il ragazzo, che ripete il medesimo annuncio: il signor Godot non verrà quella sera, ma il giorno dopo… E Vladimiro ed Estragone continuano ad aspettare, anzi cercano di suicidarsi ma non hanno gli strumenti per compier il loro gesto, così decidono di rimandarlo a domani e si chiude definitivamente il sipario. Alberto Pian, Letteratura, appunti e note sparse, ultima rev.: 27-12-2000 MAIL: [email protected] WEB: http://members.xoom.it/AlbertoPian 192 EUGÈNE IONESCO ELEMENTI DI BASE (Romania 1912 Francia 1989). DI padre rumeno e madre francese. Dal 1913 a Parigi fino alla separazione dei suoi (1925), poi ritorna in Romania. Nel 1937 pubblica il saggio “No!” nel quale esalta e critica separatamente i poeti rumeni costruendo ragionamenti opposti. Dal 1939 nuovamente in Francia, lavora come correttore di bozze. Si affaccia al teatro per caso, quando legge un manuale franco - inglese per principianti con tutti quei dialoghi "assurdi". Da qui nasce “La cantatrice calva” (1950), un grande successo che si basa su una serie di dialoghi assurdi anche se apparentemente plausibili fino a che la parola stessa non ha più senso. Nel 1951 “La lezione” e poi “La sete e la fame” (1966). LA LEZIONE Un'allieva si presenta da un professore. L'allieva è spavalda e vorrebbe essere preparata per gli esami che la portano addirittura a insegnare tutte le materie al Politecnico. Il professore, inizialmente gentile e remissivo, invece è piuttosto egocentrico e maniacale e desidera solo inculcare nozioni nella testa dell'allieva. Nel corso del pezzo teatrale i ruoli si invertono, l'allieva diventa remissiva e spaventata, accusa mal di denti e insofferenza, il professore diventa arrogante e ossessivo fino a che non assassina l'allieva. Poi tutto finisce e ricomincia con l'attesa di una nuova allieva. La governante del professore, che aveva messo in guardia il professore dal compiere atti inconsulti, si rassegna nuovamente al suo ruolo. Alberto Pian, Letteratura, appunti e note sparse, ultima rev.: 27-12-2000 MAIL: [email protected] WEB: http://members.xoom.it/AlbertoPian 193