La questione del
Bangladesh
Approfondimento
per
Storia
della
Decolonizzazione
Classe 60/ s
A.A. 2003/2004
di Laura Cardella
Detail of the Seven Dome Mosque
in Dhaka, Mughal period, 1526-1858
Nazione indipendente dal dicembre 1971,
a seguito di sanguinosissime battaglie
contro il Pakistan, il Bengala raggiunge
l’indipendenza politica con il nome di Bangladesh.
Unita da una cultura
omogenea e da una comune etnia,
la popolazione della nuova configurazione
statale si dimostra coesa nella formazione
della propria identità nazionale.
Ripercorrendo brevemente i passi
più salienti della storia della regione,
cercherò di illustrare le motivazioni
che hanno spinto la regione del Pakistan orientale a
lottare per la propria indipendenza.
Sommario
 Introduzione
 La divisione del Bengala
 La preparazione dell’entità politica del Pakistan
 Il Bengala sotto il pakistan
 Verso l’indipendenza
 L’odierno Bangladesh
Introduzione
La regione del Bengala ha subito nel corso della sua storia numerose conquiste, tra le
quali sono documentate la dominazione turca del XI-XIII secolo e la successiva
instaurazione del potere mongolo tra il 1341 e 1576. Nell’ultimo quarto del XV secolo,
portoghesi ed inglesi tentano di raggiungere le indie per terra e per mare, allo scopo di
sottrarre il lucrosissimo commercio delle spezie agli arabi. L’arrivo degli europei in
concomitanza al declino dell’impero mongolo consente al Bengala di sviluppare
autonomamente relazioni commerciali con gli occidentali. Attorno al 1600 gli inglesi
fondano la Compagnia delle Indie Orientali, un istituto diretto da privati, cui facevano
da garanti la carta ad hoc emanata dalla Regina Elisabetta I e gli accordi di
concessione, stipulati con il capo locale mongolo Akbar. Con la battaglia di Plassey del
1757, la supremazia militare inglese pone concretamente fine alla lenta, ma
inesorabile, decadenza dell’antico impero, il quale si dichiara sconfitto sette anni dopo.
Dal 1815 fino al 1850 il dominio inglese si estende nell’odierno Pakistan e nell’attuale
India, senza incontrare grosse difficoltà. La prima battuta d’arresto allo strapotere
inglese si registra agli inizi del 1857: l’ammutinamento di Merut precorre una serie di
insurrezioni che culminano nella rivolta dei Sepoy, la prima guerra d’indipendenza
secondo
la
tradizione
indiana.
I
dissidi
scatenatisi
nella
sfera
militare
rappresentavano la spontanea reazione al rapido mutamento sociale, verificatosi di
fronte all’introduzione di istituti alieni al costume locale. Conseguenza diretta di
questo fervido anno di sommosse fu il passaggio della regione dal controllo economico esercitato dalla compagnia commerciale- al dominio politico di Londra. Storicamente
ha inizio il vero e proprio colonialismo inglese nell’area: il Raj britannico, viceré di sua
maestà la regina d’Inghilterra - nella veste di governatore con poteri esecutivi e
legislativi - relaziona sul proprio operato politico al Cabinet Government di Londra, di
cui è lui stesso membro. Sotto l’autorità diretta della Corona inglese, la regione
intraprende un rapido sviluppo economico legato all’introduzione di migliorie
tecnologiche, apportate soprattutto nel settore dei trasporti, come ad esempio la
costruzione della ferrovia che collega l’odierno Bangladesh a Calcutta. L’apertura del
Canale di Suez (1869), indispensabile per la politica economica e le strategie militari
inglesi, segna l’ingresso della penisola indiana nel mercato globale. Lo sviluppo socio-
economico della civiltà autoctona è frammentario e presenta dei distinguo tra la
componente indù e quella islamica. Mansur Ali, un commentatore dell’epoca, afferma:
“In Bengala i Lords sono indù, i contadini musulmani; i poliziotti sono indù, i
prigionieri musulmani; il giudice è indù, l’imputato musulmano.” Mentre gli indù
auspicavano l’integrazione nell’ambito della British Rule, la comunità islamica
rimaneva deliberatamente ai margini della realtà civile all’insegna di un volontario
auto-isolamento. Tale frattura ha ulteriormente ridotto i diritti riconosciuti alla
minoranza e relegato i suoi componenti ad una vita ai margini della società. La
conseguente avanzata del nazionalismo indù, che all’inizio del XX secolo consolida la
propria strategia politica, trova un’insolita alleanza ad osteggiarla: inglesi e
musulmani, per ragioni diametralmente opposte, sono uniti dalla preoccupazione del
crescente potere indù. Nell’ultimo quarto del XIX secolo Sir Syed Ahmad Khan, un
facoltoso musulmano che fondò il Muhammadan-Anglo Oriental College - oggi
l’Università Islamica di Aligarh, comprese che il problema razziale e religioso avrebbe
minato in futuro la pacifica convivenza tra le diverse comunità indiane.
La divisione del Bengala
Agli inizi del XX secolo, il governatore generale britannico George Curzon divide il
Bengala in due province distinte per migliorare il controllo amministrativo della
regione largamente popolata: da un lato il Bengala orientale (Assam) con Dhaka
capitale, dall’altro il Bengala occidentale (l’odierno Bengala orientale in India) con la
capitale indiana Calcutta. Negli anni seguenti, Assam, a maggioranza musulmana,
attua numerosi progressi nella formazione culturale e nelle comunicazioni. Molti
musulmani vedono nella separazione delle due province il riconoscimento inglese della
loro identità culturale e politica. Tuttavia, la decisione di Curzon è ardentemente
osteggiata dall’alta società induista di Calcutta: il Congresso Nazionale Indiano, la cui
fondazione risale al 1885, avvia una campagna ai danni del governatore, the swadeshi
movement,
accusandolo
di
insidiare
il
movimento
nazionalista,
osteggiato
precedentemente dal Bengala. La divisione- secondo i leaders del Congresso- in
applicazione del principio della politica romana divide et impera, priva gli indù bengali
della maggioranza, di cui godevano in passato. Nel 1912 i britannici cedono alle
richieste degli indù, che hanno dato vita ad un intenso boicottaggio a danno delle
merci prodotte in Gran Bretagna e dopo sette anni il Bengala torna ad essere un’unica
provincia. La capitale Indiana viene conseguentemente spostata a New Delhi,
politicamente più tranquilla. I musulmani leggono tale riunificazione come un
accomodamento britannico alle pressioni indù.
Nel 1906 la Lega musulmana dell’intera penisola indiana s’incontra per la prima volta
a Dhaka, dove dichiara il sostegno alla causa islamica del Bengala ed afferma la sua
missione come "associazione politica che difende ed propugna i diritti e gli interessi
politici del Musulmani dell'India." La Lega musulmana inizialmente ha ribadito la
propria lealtà al governo britannico e condannato il movimento di swadeshi.
Il
Congresso ha controbilanciato le accuse definendo i propri obiettivi secolari, volti a
esprimere le aspirazioni nazionali indiane, senza riguardo ad alcuna comunità
religiosa. Tuttavia, malgrado la relativa posizione neutrale, il Congresso è dominato
dagli indù ed osteggiato da alcuni imam musulmani. I due partiti originalmente
composti da intellettuali e da esponenti della classe media non trovano seguito tra la
popolazione fino al 1930. La Lega musulmana insiste sulla protezione dei diritti della
minoranza musulmana come scotto per la sua partecipazione alle iniziative del
movimento nazionalista. Nel 1916 i due partiti firmano il patto del Lucknow, per
l’indipendenza nazionale. In realtà tale patto ha generato divisione, piuttosto che
identità nazionale.
La preparazione dell’entità politica del Pakistan
La prima guerra mondiale e la relativa promessa inglese d’indipendenza all’India è
vista con sospetto dalla Lega Musulmana, soprattutto dopo la fine dell’ex-impero
ottomano. Le guerre dei Balcani, il conflitto Italo-Turco e la guerra del 1914-18,
recepite come confronto fra islam e imperialismo, preludono –secondo una lettura
storica islamica- la distruzione dell’intera comunità musulmana. Nel 1920 il
movimento di Khilafat, in risposta trattato di Sévres, fonde il nazionalismo indiano al
sentimento islamico dai tratti anti-Britannici. Per molti anni il movimento di Khilafat
sostituisce la Lega musulmana, che successivamente si accorda con Mohandas
Karamchand Gandhi (Mahatma Gandhi, 1869-1948), figura princeps del Congresso,
impegnato per l’indipendenza indiana, secondo il principio della non-violenza. La
fusione di questi due movimenti è di breve durata: il movimento di Khilafat perde la
propria ratio, a seguito dell’ascesa al potere di Kemal Atatürk, che abolisce il
sultanato e fonda lo stato turco come repubblica secolare. Il tumulto politico in India a
cavallo tra la fine degli anni venti e gli inizi degli anni trenta ha prodotto le prime
articolazioni di una condizione separata come espressione della coscienza musulmana.
Alla base della divisione India- Pakistan sta la riflessione del poeta e filosofo islamico
Sir Muhammad Iqbal (1873-1938). Questi vede nell’India un’Asia in miniatura: è
inconcepibile pensare che sia possibile una forma unitaria di governo a reggere le
redini di realtà tanto eterogenee. L’unica soluzione possibile è la Confederazione, che
includa la comunità musulmana composta dal Punjab, dalla provincia di nord-ovest di
frontiera, dal Sind e dal Baluchistan. Il nome al progetto di Iqbal, la creazione di una
nazione "basata su unità della lingua, della storia, della religione e dell'identità di
interessi economici", è stato architettato da Chaudhari Rahmat Ali e dal suo gruppo di
studenti universitari dell’Università di Cambridge. Quest’ultimi hanno negato che
l'India fosse un singolo paese e sostenuto la necessità di configurare due differenti
stati: la federazione indiana da un lato ed il Pakistan dall’altro. Hanno composto il
nome di Pakistan prendendo la P dal Punjab, la lettera A da Afghania (nome del
Rahmat, per la provincia di nord-ovest di frontiera), la K dal Kashmir, dal S da Sind e
la desinenza Tan da Baluchistan (una volta scritta in Urdu, la parola Pakistan non ha
lettere i fra K ed il S.) Il nome significa "la terra del Paks, spirituale, pura e candida."
Fiumi di inchiostro sono stati scritti sul tema Pakistan, per esprimere la convinzione
soggettiva sulla nazionalità e sullo sforzo politico per realizzarla. Ma tra questi articoli
non c’è alcun riferimento al Bengala. La Lega musulmana risorge dalle ceneri del
movimento di Khilafat negli anni trenta. Il suo leader Mohammad Ali Jinnah
conferisce maggior prestigio alla teoria delle due nazione e sostiene la creazione del
Pakistan, come risposta alla realizzazione di uno stato musulmano. Il 23 marzo 1940
viene approvata da indù e musulmani la risoluzione di Lahore, che prevede
l’edificazione di uno stato unico, ma territorialmente non contiguo. Il Pakistan
Unificato di Lahore, sarebbe stato messo in discussione anni più tardi dai bengali
orientali. L'entusiasmo musulmano per il Pakistan si è concretizzato solo il 15 agosto
1947.
Durante la II guerra mondiale, la Lega ed il Congresso musulmani assumono
atteggiamenti differenti nei confronti del governo britannico: quando nel 1939 i Britannici
dichiarano lo stato di guerra per l’India, senza consultare i politici indiani, la Lega
musulmana coopera con i Britannici, mentre i funzionari membri del Congresso presentano le
dimissioni. Nell’agosto 1942 Gandhi lancia "il movimento della rinuncia dell’India" contro il
Raj britannico, ma non incontra il sostegno di Jinnah, che lo condanna apertamente. Circa
60.000 uomini sono arrestati ed il Congresso proscritto. Nel frattempo, la Lega musulmana
accresce la propria attività politica. Nel 1944 tanto i colloqui fra Jinnah e Gandhi quanto le
trattative fra Mahatma ed il viceré Archibald Wavell si rivelano inutili. Nel luglio 1945 il
partito laburista vince le elezioni in Gran Bretagna e ritiene che l’indipendenza sia l'unica
alternativa percorribile per la penisola indiana. Dalle elezioni del 1946, il Congresso e la Lega
musulmana emergono come i due partiti dominanti ed accettano, in un primo momento, le
disposizioni inglesi. Le dispute successive fra le guide dei due partiti conducono alla sfiducia e
all’amarezza: Jinnah richiede la parità della fazione musulmana nel governo transitorio,
Nehru (del Congresso) rilascia dichiarazioni che mettono in discussione il programma inglese.
I lavori procedono senza i musulmani, che fomentano insurrezioni nel Bengala e a Bihar a
partire dal 16 agosto 1946. Gli sforzi di Gandhi, dopo il massacro di Calcutta, tranquillizzano i
timori del Bengala, ma le sollevazioni proseguono per tutto l’anno solare. Nel febbraio 1947, a
seguito della nomina a governatore, Louis Mountbatten si mostra convinto che per porre fine
al massacro il Congresso accetti la divisione in due stati distinti e Jinnah accetti un Pakistan
dalle dimensioni ridotte. Londra avvalla il progetto del governatore con la Legge
d’Indipendenza dell’India il 14 luglio 1947, da cui scaturiscono due dominions indipendenti.
Il Bengala sotto il Pakistan
L’indipendenza festeggiata il 15 agosto 1947 non è stata quella panacea tanto attesa,
essa ha significato per 12 milioni di persone l’abbandono delle proprie case per
raggiungere lo stato, con il quale condividevano il proprio credo, ed è costata circa 2
milioni di morti. Per 1600 km l’India divideva il Pakistan in due distinte province non
contigue. Nella capitale, stabilita a Karachi, si sviluppa il centro economico propulsore
per tutto lo stato: le principali banche della provincia occidentale costituiscono l’unico
finanziamento per le industrie di iuta di Dhaka, richiesta dal mercato internazionale.
A causa del controllo esercitato sistema bancario, i bengali subiscono ogni tipo di
discriminazione: sono esclusi dai lavori dirigenziali e qualificati, a favore dei Biharis,
rifugiati provenienti dal nord dell’India di lingua urdu. Questa politica genera nel
1954 una lotta tra poveri Biharis e Bengali a Narayaganj, un sobborgo di Dhaka.
Essendo stati gestiti in passato da indù o sikhs, i bengali musulmani non avevano mai
avuto alcuna esperienza nell’amministrazione statale, perciò il controllo dei pubblici
uffici viene assegnato o a pakistani occidentali o a rifugiati indiani con cittadinanza
pakistana.
Un’altra questione spinosa scaturisce dalla scelta della lingua ufficiale: Jinnah sceglie
l’urdu, mentre il Punjab, il Sindh, il Pushtu e il Baluch sono considerate di seconda
categoria. La decisione suscita violenze nel Bengala, il quale sostiene che la seconda
lingua ufficiale debba essere il bangla, parlata da oltre il 54% della popolazione totale.
Jinnah risponde con il fuoco, sostenendo che solo l’unità linguistica possa conservare
l’identità dello stato, nonostante sia diviso territorialmente. La sua unica visita
all’East Pakistan risale all’indomani dell’indipendenza, poco prima della sua morte,
consumata nel settembre 1948. Gli studenti di Dhaka non si arrendono e il 22 febbraio
1952 chiedono in una manifestazione di piazza lo status pari all’urdu per il bangla:
risultato due morti. Nel 1954 l’Assemblea Nazionale, ricordando le due vite perse nella
sparatoria con la polizia, riconosce al bangla lo status di lingua ufficiale. Il governo
post-indipendenza eguagliava la passata amministrazione inglese. Liaquat, politico
moderato dalle idee parlamentari, democratiche e incline allo stato secolare,
sostituisce Jinnah nella veste di governatore generale. Avverso ad uno stato islamico,
questi viene ucciso il 16 ottobre 1951 da un fanatico religioso. Alla sua morte segue un
periodo d’instabilità politica votata al provincialismo, che si riflette nell’Assemblea
Costituente, impegnata
per 9 anni alla redazione di un testo mai applicato. Il
successivo governatore Khwaja Nazimuddin, di matrice conservatrice, concesse
l’autonomia all’East Pakistan, revocata nel 1953 quando l’ex ministro delle finanze
Ghulam Mohammad instaurò un governo accentrato basato sull’applicazione della
legge marziale. Nell’ottobre dell’anno seguente assume la carica di primo ministro Ali
Bogra, impegnato alla diminutio del potere del governatore, fonte di scontro in sede di
Costituente. Si succedono vari esecutivi militari che influenzano variamente le
decisioni dell’assemblea, eletta per la seconda volta nel 1955. La Lega musulmana
della provincia orientale, forte nelle prime votazioni, perde seggi a favore del Partito
Socialista dei lavoratori e dei contadini di Fazlul Haq e della Lega del popolo di
Hussain Shaheed Suhrawardy, che insieme raggiungono il 33%. All’indomani della
vittoria, la coalizione del Bengala presenta le proprie istanze di autonomia
all’Assemblea Costituente, la quale approva un nuovo testo. Tra i punti focali della
Carta costituzionale del 1956 emergono i principi della morale islamica, posti come
linee guida dell’etica politica dello stato, ed un’equa ripartizione dei seggi, 150 per
ciascuna delle due province. Il successivo primo ministro Suhrawardy, battendosi per
l’abrogazione del principio dell’unità del governo a favore del decentramento per il
Sind, il Punjab, il Baluchistan e la provincia della frontiera occidentale, perde il
supporto dei politici del West Pakistan. La sua condotta solleva i sospetti del
Presidente Mirza, che facendo leva sulle difficoltà economiche del Paese costringe
Suhrawardy alle dimissioni.
Verso l’indipendenza
L'impasse politica culmina nel 1958 in uno scontro fra i membri dell'opposizione e la
forza della polizia, provocando tre morti. Il 7 ottobre 1958, Mirza rende pubblica il
decreto di abolizione dei partiti politici, abroga la Costituzione e restaura la legge
marziale, come misura provvisoria. Essa rimane sino al 1962, anno in cui viene
proclamata la terza costituzione che conferisce tutta l'autorità esecutiva al presidente
della repubblica. Nonostante il Pakistan non sia stato definito ufficialmente
repubblica musulmana, secondo gli eruditi religiosi (ulamas), il presidente deve essere
di religione musulmana e nessuna legge può essere contraria all’islam. Nessuna
concessione viene fatta al Bagala, che prosegue uno sviluppo autonomo, finanziato
dallo sceicco mercurial Mujibur Rahman, noto con il nome di Mujib. Questi assume la
direzione della lega del popolo, partito predominante nel Pakistan orientale, in cui
militava sin dal 1956. Tra il 1960 e il 1965 le esportazione di iuta e di tè bengali
consentono di accrescere il PIL pro-capite della provincia, ma diminuiscono
all’approssimarsi dell’indipendenza del paese. Mujib protesta al congresso del 1966 e
annuncia il suo programma politico ed economico per l’autonomia provinciale, che gli
vale l’arresto e l’internamento. Alla fine degli anni ’70 il congresso delle guide tenta in ritardo- di riconciliare l'opposizione, ma la situazione degenera nella più completa
anarchia. Il 25 marzo 1969 il Generale Agha Mohammad Yahya Khan proclama
nuovamente la legge marziale ed annuncia l’intento di ristabilire l’ordine per
consentire libere elezioni per una nuova costituzione. Il 12 novembre 1970 un ciclone
devasta una superficie di quasi 8.000 chilometri quadrati delle pianure litoranee e
delle relative isole della baia del Bengala. Yahya in viaggio a Dhaka mostra la sua
totale indifferenza per le vittime bengali. Mujib, liberato dalla prigione, deplora il
fatto che la marina britannici ad occuparsi dell’inumazione dei morti. Yahya stabilisce
i termini delle elezioni nazionali del successivo 7 dicembre 1970 sollecitando la
popolazione a scegliere i candidati, impegnati nell'integrità e nell'unità del Pakistan.
Queste sono state le prime elezioni nella storia del Pakistan in cui gli elettori potevano
scegliere direttamente i membri dell'Assemblea nazionale.
La lega del popolo
stravince ed assume il controllo del governo, con Mujib come il primo ministro del
paese. Yahya e Bhutto, il maggior partito dell’opposizione, si oppongono con veemenza
al progetto di confederazione. Mujib media e concede a Bhutto la carica di primo
ministro nel West Pakistan, mentre conserva il proprio ruolo nella provincia orientale.
Quest’azione innesca la totale disobbedienza civile nel Pakistan orientale. StufStanco
di mediare, Yahya ignora le richieste del Mujib e per sopprimere i rivoltosi del Baluch
convoca il Generale Tikka Khan, che si guadagna il titolo di "macellaio di
Baluchistan".
L’esercito penetra in tutto il Bengala: il 23 marzo 1971 i bengali
celebrano "il giorno di resistenza" anziché il tradizionale "giorno della Repubblica." Il
25 marzo ha inizio la guerra per l’indipendenza del futuro Bangladesh, data della
liberazione dall’infamia. L'esercito del Pakistan occidentale uccide sistematicamente
diverse centinaia di bengali e relega i giornalisti stranieri all'hotel internazionale di
Dhaka, impedendogli di uscire. Alcuni reporters riescono a raccontare i tragici eventi
della guerra in corso. Questi nove mesi, che costano la vita a più di un milione di
bengali, rappresentano per i pakistani occidentali una mera questione di politica
interna. Ma, l’India di Indira Gandhi si schiera a favore dei Pakistani orientali,
allestisce campi profughi ed interviene militarmente a sostegno del Bengala. Il 4
dicembre 1971, l'esercito indiano, superiore a quello pakistano, sconfigge in12 giorni le
90.000 truppe avversarie: nasce la repubblica indipendente e sovrana della
Bangladesh. Due giorni più tardi "la voce della Bangladesh indipendente" annuncia il
nuovo governo presidenziale di Ziaur Rahman, detto Zia. Il 6 dicembre, l'India è la
prima nazione che riconosce il nuovo governo del Bangladesh. La resa dell'esercito del
West Pakistan del 16 dicembre insulta il Bangladesh, che inasprisce i rapporti con
l'India.
L’odierno Bangladesh
Il 10 gennaio 1972 Mujib, liberato, torna a Dhaka e propone una nuova costituzione
che emula il modello indiano. Il testo adottato il 4 novembre 1972 dichiara la nuova
nazione ed enumera i principi di governo: nazionalismo, socialismo, democrazia,
laicità. Negli anni seguenti il testo è esautorato dalla guerra civile. La nuova nazione
affronta molti problemi legati alla ricostruzione e alle sfide dei giustizieri locali
lanciate all’autorità centrale, che contribuiscono alla sospensione della democrazia da
parte di Mujib.
Nel mese di gennaio del 1975 la costituzione è emendata per consentire a Mujib di
restare presidente oltre i cinque anni previsto, per mettere fuori legge i partiti politici
di opposizione, per cambiare il nome della lega del popolo in lega del Bangladesh, per
abolire in sostanza il sistema parlamentare. I diritti fondamentali enumerati nella
costituzione sono messi da parte ed il Bangladesh diviene uno stato dittatoriale. Il 15
agosto 1975 un colpo di stato di ufficiali attua una vendetta contro Mujib. All’indomani
dell’uccisione dell’ex-dittatore, il presidente del Pakistan Bhutto annuncia il
riconoscimento del Bangladesh. Nel 1975-77 gli assassini di Mujib installano come
presidente Khondakar Mushtaque Ahmed, un conservatore della lega del popolo (dopo
la morte di Mujib, il nome è torna ad essere quello tradizionale), noto per i suoi stretti
legami con l’India. Mushtaque prevede il ripristino della democrazia parlamentare per
il febbraio 1977, riduce le pratiche corrotte e ristabilisce l'efficienza e la fiducia del
popolo nel governo. Inoltre predispone un certo numero di tribunali secondo la legge
martiale. Malgrado l'instabilità economica e politica del trascorso regime di Mujib, la
sua memoria evoca forti emozioni fra i suoi fedelissimi. Uno di questi, il brigadiere
Khaled Musharraf, attua un colpo di stato riuscito il 3 novembre 1975. Il presidente
Sayem coordina i capi di servizio militare, tra cui Zia, che tra il 1977 e il 1982 la guida
migliore dell’indipendenza della nazione. Diversamente da Mujib, Zia incita talenti per
la ripresa economica e non discrimina i funzionari che non avevano partecipato alla
lotta per la libertà. Consolidata la sua posizione nell'esercito, Zia è sostenuto dalla
maggioranza del paese.
Nel mese di maggio 1977 Zia promuove un programma
politico ed economico, per amplificare la produzione alimentare ed integrare lo
sviluppo rurale con la pianificazione della popolazione.
Ricorre al consiglio degli
organismi di credito internazionali e rilancia lo sviluppo rurale nel 1977. Fortificato
con il suo manifesto, Zia affronta l'elettorato in un referendum sulla continuazione del
suo ufficio: il 98,5% dell'elettorato vota per il sì. Anche se sono sorti dubbi su come è
stato condotto il referendum, Zia è la guida più quotata in Bangladesh. Una delle sue
più importanti mansioni è migliorare i rapporti con le altre nazioni musulmane: nel
1980 indice un congresso per le sette nazioni del subcontinente ( Bangladesh, Bhutan,
India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka) per discutere la prospettiva di
cooperazione regionale. Nel 1983 nasce l'associazione asiatica del sud per la
cooperazione regionale (SAARC). A livello interno è ristabilita la pace sociale.
Verso la fine del settembre 1977, i terroristi rossi giapponesi dell'esercito dirottano un
aereo di linea costringendolo ad atterrare a Dhaka.
Il 30 settembre, mentre
l'attenzione del governo è rivolta a questo evento, a Bogra si registra un
ammutinamento, che rientra dopo pochi mesi. Nonostante l’evento, Zia prosegue i
programmi di normalizzazione politica, con l’annuncio delle elezioni dell’aprile 1978,
aprendo la strada alla democrazia. Questi registra l’ennesima schiacciante vittoria con
il 76,7% delle preferenze. Le elezioni parlamentari seguono a ruota nel mese di
febbraio (1979), ma Zia è assassinato a Chittagong il 30 maggio 1981. Il vice
presidente Sattar, civile ed anziano, assume la presidenza e limita il potere dei
militari. Indignatosi per ciò, il 24 Marzo 1982 il Generale Hershad estromette Sattar
ed intraprende una rapida ascesa politica fino alla carica di presidente del
Bangladesh. Pur consentendo una limitata attività parlamentare, proclama lo stato di
emergenza e procede alla riforma del sistema educativo dello stato: l’insegnamento del
Corano e della lingua araba diventano obbligatori. Il 7 maggio 1986, in occasione delle
terze elezioni parlamentari, viene proclamato presidente il Generale Muhammad
Hershad, preposto al neonato partito del Jatiya Party. Dopo aver reintrodotto le
libertà costituzionali, Hershad è costretto a dichiarare nuovamente lo stato di
emergenza, a causa dei ripetuti scioperi e dimostrazioni proclamanti dell’opposizione.
Dal momento che l’Islam è dichiarata religione di Stato, l’opposizione boicotta le
quarte elezioni favorendo involontariamente il rinnovo del mandato a Hershad,
deposto da un’insurrezione popolare agli inizi del 1990. Le quinte elezioni
parlamentari del 27 febbraio 1991 attribuiscono la vittoria al Bnp, la coalizione di
centro-destra della Lega del popolo, che elegge primo ministro Khaleda Zia, vedova
dell’ex-generale
assassinato,
aspramente
osteggiata
dall’opposizione
e
dagli
integralisti islamici. Con il ripristino del governo istituzionale, il paese ritorna alla
democrazia parlamentare. Le seste elezioni del 15 febbraio 1996 portano al potere la
Lega del popolo, guidata da Sheikh Hasina Wajed, figlia di Sheikh Mujibur Rahman.
Per la prima volta nella storia del Bangladesh, la premier Sheikh Hasina rimane in
carica per tutto il mandato quinquennale, fino al 2001, ed incarica il giudice Latifur
Rahman di formare un governo ad interim, che porterà il Paese alle elezioni. La
tensione politica è all’apice e gli attentati più cruenti pilotati da Pakistan e
Afghanistan colpiscono i personaggi politici del partito di governo, di quello comunista
e gruppi religiosi non-islamici. Attualmente le redini della politica sono rette dal primo
ministro donna del Bangladesh, eletta il I° ottobre 2001 e leader del Bangladesh
National Party (Bnp). La premier ha tenuto per sé i ministeri chiave della Difesa,
dell’Energia e della Funzione pubblica, mentre ha affidato il ministero degli esteri a
Badruddoza Chowdhury, quello degli Interni a Altaf Hossain Chowdhury e quello delle
Finanze a Saifur Rahman.
Laura Cardella