L`economia dell`Emilia-Romagna - Finanze

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Economie regionali
giugno 2015
L'economia dell'Emilia-Romagna
2
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1
5
8
Economie regionali
L’economia dell’Emilia-Romagna
Numero 8 - giugno 2015
La presente nota è stata redatta dalla Sede di Bologna della Banca d’Italia con la collaborazione delle altre Filiali della regione. Si ringraziano vivamente gli enti, gli operatori economici, le istituzioni creditizie, le associazioni di categoria e tutti gli altri organismi che hanno reso possibile la
raccolta del materiale statistico e l’acquisizione delle informazioni richieste.
La serie Economie regionali ha la finalità di presentare studi e documentazione sugli
aspetti territoriali dell’economia italiana. La serie comprende i rapporti annuali
e gli aggiornamenti congiunturali sull’andamento dell’economia nelle regioni italiane.
© Banca d’Italia, 2015
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Tutti i diritti riservati. È consentita la riproduzione a fini didattici
e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte
ISSN 2283-9615 (stampa)
ISSN 2283-9933 (online)
Aggiornato con i dati disponibili al 26 maggio 2015, salvo diversa indicazione
Stampato nel mese di giugno 2015 presso la Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia
INDICE
LA SINTESI
5
L’ECONOMIA REALE
1. Le attività produttive
L’industria
Le imprese manifatturiere nella crisi
Le costruzioni e il mercato immobiliare
I servizi
La situazione economica e finanziaria delle imprese
2. Gli scambi con l’estero
3. Il mercato del lavoro e le condizioni economiche delle famiglie
L’occupazione
L’offerta di lavoro e la disoccupazione
Il reddito disponibile e i consumi
Povertà ed esclusione sociale
7
7
7
9
12
14
16
19
21
21
23
24
27
L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
4. Il mercato del credito
Il finanziamento dell’economia
La qualità del credito
Il risparmio finanziario
La struttura del sistema finanziario e le reti commerciali
28
28
28
38
40
41
LA FINANZA PUBBLICA DECENTRATA
5. La spesa pubblica locale
La composizione della spesa
La sanità
6. Le principali modalità di finanziamento
Le entrate di natura tributaria
Il debito
43
43
43
43
46
46
49
APPENDICE STATISTICA
51
NOTE METODOLOGICHE
83
INDICE DEI RIQUADRI
Gli investimenti delle imprese nel corso della crisi
La Garanzia Giovani
L’andamento della domanda e dell’offerta di credito
La mobilità delle imprese sul mercato dei prestiti bancari
L’indebitamento e la vulnerabilità delle famiglie
Garanzie private e pubbliche sui prestiti alle imprese
Il prelievo fiscale locale per le famiglie emiliano-romagnole
AVVERTENZE
Segni convenzionali:
– il fenomeno non esiste;
.... il fenomeno esiste, ma i dati non si conoscono;
..
i dati non raggiungono la cifra significativa dell’ordine minimo considerato;
::
i dati sono statisticamente non significativi.
17
23
30
34
37
39
48
LA SINTESI
Nel 2014
si è interrotta
la recessione
Nel 2014 si è interrotta la fase recessiva che ha caratterizzato il
biennio precedente: in base alle stime di Prometeia, il PIL regionale è stato pressoché stazionario. Le esportazioni sono cresciute in misura consistente, in concomitanza con l’espansione
del commercio mondiale; la spesa per investimenti ha segnato un nuovo calo. Per il
2015 le attese di una domanda in ripresa si estendono anche alla componente degli
investimenti.
Il ciclo dell’industria ha mostrato segnali di ripresa sebbene
con aumenti del fatturato e dell’utilizzo degli impianti disomogenei fra settori e classi dimensionali. Andamenti migliori della
media sono stati registrati prevalentemente dalle imprese di
maggiori dimensioni, più orientate all’export e attive nella
meccanica e nell’automotive. Permane la crisi nell’edilizia; il calo
dei prezzi e i bassi tassi di interesse hanno stimolato le compravendite, contribuendo
a un modesto riassorbimento dell’eccesso di offerta. Il comparto dei servizi si è confrontato con una domanda debole soprattutto nel commercio al dettaglio; la spesa
per beni durevoli è invece tornata a crescere, seppure in misura contenuta. Le presenze turistiche hanno segnato una diminuzione. I movimenti di merci hanno invece
registrato un aumento.
Le dinamiche
settoriali
e tra le imprese
sono state
eterogenee
Migliora
la situazione
del mercato
del lavoro
L’occupazione è aumentata nell’industria e in misura minore
nei servizi; ha continuato a diminuire nelle costruzioni. Il tasso
di disoccupazione è rimasto prossimo a quello del 2013 e le
ore di Cassa integrazione guadagni si sono ridotte.
È proseguita la diminuzione dei prestiti alle imprese, sebbene
su ritmi più contenuti rispetto al 2013, grazie ai modesti miglioramenti nella domanda di finanziamenti e nelle condizioni
di accesso al credito. Gli andamenti sono stati differenziati in
base al profilo di rischio dei prenditori e ai settori di attività economica. Per le imprese con una situazione economica più solida il credito è aumentato, a fronte di una
riduzione marcata per quelle più rischiose. La flessione si è attenuata per le imprese
manifatturiere e dei servizi, riflettendo una ripresa dei nuovi finanziamenti che rimangono tuttavia su livelli contenuti. Per il settore delle costruzioni, al contrario, il
calo si è accentuato. Per le famiglie consumatrici la diminuzione dei prestiti si è pressoché arrestata, anche grazie all’incremento delle nuove erogazioni per l’acquisto di
abitazioni. I tassi di interesse sono diminuiti, soprattutto nella componente a mediolungo termine, beneficiando delle politiche espansive della BCE.
Il credito
all’economia si
è ancora ridotto
5
La qualità del credito alle imprese è rimasta molto bassa ma con
differenze tra settori: è ulteriormente aumentata la rischiosità dei
prestiti alle costruzioni, attestatasi sui massimi storici a fronte di
un leggero miglioramento negli altri comparti produttivi. Per le
famiglie consumatrici sono aumentate le nuove sofferenze in rapporto ai prestiti, pur
rimanendo su livelli contenuti. Nel complesso, l’incidenza delle partite deteriorate in
rapporto ai prestiti ha continuato ad aumentare, condizionata dalla prolungata recessione e dalla diminuzione dei volumi di credito, in atto dall’inizio del 2012.
La rischiosità
del credito
rimane elevata
Fra il 2007 e il 2013 la crisi ha avuto ripercussioni rilevanti
sull’economia regionale, con un calo del valore aggiunto di oltre il 7 per cento. Nell’industria manifatturiera la flessione è
stata del 14 per cento. In tale comparto sono uscite dal mercato le imprese che presentavano verosimilmente minori prospettive di crescita. Tra le sopravvissute si è avuta una polarizzazione dei risultati aziendali; poco più di una su dieci ha attraversato la crisi registrando una significativa crescita del fatturato e un miglioramento della redditività.
L’eredità
della crisi è
stata pesante
per l’industria
manifatturiera
Negli anni della crisi i redditi delle famiglie si sono ridotti in
misura consistente, pur restando su livelli più elevati di quelli
medi del Nord Est e dell’Italia. La flessione è stata più intensa
per i redditi da lavoro e per le famiglie con un numero elevato
di componenti o con abitazione principale in affitto. La riduzione dei trasferimenti, composti principalmente da pensioni, è
risultata più contenuta. Ne è derivata una flessione dei consumi e una ricomposizione
della spesa a favore delle componenti non comprimibili, legate alla gestione
dell’abitazione e ai consumi alimentari.
La crisi ha avuto
effetti diversi
fra tipologie
di famiglie
e di consumi
Durante la crisi il
calo dei prestiti si
è accompagnato
a quello
della mobilità
della clientela
6
Il calo dei prestiti alle imprese durante la crisi si è accompagnato a una minore mobilità della clientela fra le banche, che tuttavia si è mantenuta al di sopra della media nazionale. Nell’ultimo triennio le imprese che hanno riallocato il proprio credito
verso altre banche hanno ottenuto condizioni di costo meno
favorevoli, segnalando che tali imprese sono state verosimilmente spinte da motivi connessi con la disponibilità di credito.
L’ECONOMIA REALE
1.
LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
La fase recessiva, che ha caratterizzato il periodo 2012-13, si è interrotta nel
2014 quando, in base alle stime di Prometeia, il PIL regionale si è sostanzialmente
attestato sullo stesso livello dell’anno precedente (0,1 per cento). Le esportazioni sono cresciute in misura consistente, in concomitanza con l’espansione del commercio
mondiale; la spesa per investimenti ha invece segnato un nuovo calo, meno accentuato rispetto all’anno precedente, e concentrato nei servizi e nelle costruzioni.
L’industria
Nel 2014 il ciclo nell’industria ha
mostrato segnali di ripresa. In base ai
risultati dell’indagine svolta dalla Banca
d’Italia su un campione di imprese manifatturiere con almeno 20 addetti, il
fatturato (a prezzi costanti) è aumentato del 2,7 per cento (del 4,0 quello
esportato), dopo aver ristagnato nell’anno precedente. Per il Nord Est si è
avuto un incremento di entità simile,
per l’Italia uno più contenuto (fig. 1.1).
La stessa indagine segnala anche
l’aumento del grado di utilizzo degli
impianti (al 78,8 per cento, dal 77,7 di
un anno prima).
Figura 1.1
Andamento di fatturato e investimenti
nell’industria (1)
(variazioni percentuali)
6
6
5
fatturato
5
investimenti
4
4
3
3
2
2
1
1
0
2014
2015
Emilia-Romagna
2014
2015
Nord Est
2014
2015
0
Italia
Fonte: Indagine della Banca d’Italia sulle imprese industriali 2014. Cfr.
la sezione: Note metodologiche. Per il 2014 dati a consuntivo; per il
2015 dati previsti.
(1) A prezzi costanti.
Nell’anno si è interrotto il calo dell’accumulazione che ha contraddistinto gli anni della crisi. Come anticipato dagli operatori rilevati nell’indagine di un anno fa, la
spesa per investimenti fissi lordi è cresciuta: in termini reali l’incremento è stato
dell’1,4 per cento (-13,2 e -3,8 nel 2012 e nel 2013, rispettivamente). La ripresa è stata
meno accentuata rispetto alla media del Nord Est ma più intensa di quella nazionale.
Il miglioramento della congiuntura si è riflesso positivamente sulla redditività delle
imprese: è diminuita la quota di quelle in perdita (al 19 per cento, dal 24 del 2013) a
fronte di una sostanziale stabilità di quella delle imprese in utile (62 per cento).
7
I dati dell’indagine di Unioncamere Emilia-Romagna su un campione di imprese fino a 500 addetti
mostrano un quadro congiunturale meno favorevole. Gli ordini sono diminuiti, sebbene in misura ampiamente
inferiore rispetto al 2013 (-0,8 per cento da -3,3; tav. a4 e fig. 1.2). Come negli anni precedenti, la componente estera ha invece segnato un incremento (3,1 per cento). Il calo degli ordini complessivi non ha riguardato
il settore della meccanica e dei mezzi di trasporto e si è concentrato nelle imprese con meno di 50 addetti (fig.
1.2b). Alla flessione della domanda è seguita quella della produzione (-0,6 per cento sull’anno precedente, -2,7 nel 2013), con accentuazioni simili per settore e classe dimensionale.
Figura 1.2
Andamento degli ordini nell’industria (1)
(variazioni percentuali)
(a) Settori
(b) Classi dimensionali
7
7
0
0
-7
-7
-14
-14
totale industria s.s.
sistema moda
alim., bev. e tabacco
-21
-28
2009
2010
2011
2012
metalli
legno e mobilio
meccanica
2013
2014
7
7
0
0
-7
-7
1-9 addetti
-21
-28
10-49 addetti
-14
-14
50-500 addetti
totale industria s.s.
-21
2009
2010
2011
2012
2013
2014
-21
Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere Emilia-Romagna.
(1) Tassi di variazione, sui corrispondenti trimestri dell’anno precedente, del valore degli ordini di un campione di imprese dell’industria in
senso stretto della regione.
Con riferimento ad alcune specializzazioni produttive regionali, i dati provvisori di Confindustria Ceramica indicano che le vendite del comparto delle piastrelle, le cui unità produttive sono concentrate nelle province di Modena e Reggio Emilia, sono aumentate dello 0,8 per cento in termini nominali. L’incremento ha
riguardato solo la componente estera (3,0) a fronte di un ulteriore calo sul mercato italiano (-6,9). Nel settore
alimentare, la produzione di prosciutto di Parma è diminuita (-3,2 per cento, 0,7 nell’anno precedente); quella di Parmigiano Reggiano del comprensorio localizzato nelle province di Bologna, Mantova, Modena, Parma
e Reggio Emilia è aumentata dello 0,6 per cento, dopo il calo dello 0,8 nel 2013.
In base ai dati di InfoCamere-Movimprese il saldo tra iscrizioni e cessazioni, in
rapporto alle imprese attive nell’industria in senso stretto alla fine dell’anno precedente è rimasto negativo, sebbene con intensità inferiore rispetto al 2013 (-2,2 per cento,
dal -2,6; tav. a2).
Per il 2015, l’indagine della Banca d’Italia indica il consolidamento dei segnali di
ripresa per fatturato e investimenti (fig. 1.1) e un nuovo aumento del grado di utilizzo
della capacità produttiva.
8
Le imprese manifatturiere nella crisi
In base ai conti regionali, tra il 2007 e il 2013 il valore aggiunto manifatturiero
prodotto in Emilia-Romagna si è contratto di quasi 14 punti percentuali (-7,1 per il
totale economia), attestandosi su livelli inferiori a quelli dei primi anni duemila. La
flessione è stata lievemente meno accentuata di quella media nazionale (tav. 1.1). Il
calo si è accompagnato a una diminuzione di entità leggermente inferiore delle unità
di lavoro e ha risentito della riduzione della base produttiva, che a fine 2013 contava
circa 3.900 imprese attive in meno rispetto a sei anni prima (-7,7 per cento). Nel periodo, le iscrizioni di nuove imprese sono state pari al 33,9 per cento delle attive a
fine 2007, un dato ampiamente inferiore a quello delle cessazioni (44,5 per cento).
Rispetto ai 6 anni precedenti la crisi il tasso di uscita ha accelerato, quello di ingresso
ha rallentato.
Tavola 1.1
Andamento dei principali aggregati economici prima e durante la crisi
Valore aggiunto
SETTORI E AREE
milioni di euro
correnti
(fine periodo)
Imprese attive (2)
var. %
rispetto
all’inizio del
periodo (1)
unità a fine
periodo
Unità di lavoro
var. %
rispetto
all’inizio del
periodo
var. %
migliaia di unità
rispetto
(fine periodo) all’inizio del
periodo
Periodo 2001-07
Emilia-Romagna
Totale economia
di cui: manifattura (3)
124.671
9,4
429.617
4,7
2.180
6,3
31.016
13,7
57.444
-2,7
555
2,4
1.446.519
6,5
5.174.921
5,7
25.125
4,9
255.144
7,9
628.468
-2,6
4.551
-0,5
Italia
Totale economia
di cui: manifattura (3)
Periodo 2007-2013
Emilia-Romagna
Totale economia
di cui: manifattura (3)
126.462
-7,1
418.386
-2,6
2.070
-5,0
28.825
-13,7
46.447
-7,7
426
-10,6
1.448.863
-7,7
5.186.124
0,2
23.384
-6,9
221.636
-16,4
515.267
-6,4
3.667
-19,4
Italia
Totale economia
di cui: manifattura (3)
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Unioncamere Emilia-Romagna, InfoCamere – Movimprese. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Valori concatenati. – (2) Dati ricostruiti a perimetro settoriale costante in base all’Ateco 2007. – (3) Per le unità di lavoro i dati sono
riferiti all’industria in senso stretto.
I livelli di attività hanno mostrato dinamiche molto differenziate tra le imprese.
Per analizzare tali aspetti sono stati utilizzati i dati di bilancio delle aziende manifatturiere con sede in regione censite negli archivi di Cerved Group (cfr. la sezione: Note
metodologiche). Le informazioni di bilancio confermano il forte calo del valore aggiunto
tra il 2007 e il 2013 (-13,7 per cento in termini reali, come dai conti regionali). Vi ha
contribuito per circa un terzo la flessione registrata dalle imprese sopravvissute alla
9
crisi (-8,9 per cento) e, per la parte rimanente, il saldo negativo tra la natalità e la mortalità delle imprese. Il costo del lavoro non è calato in misura analoga: ne ha risentito
il margine operativo lordo (MOL), ridimensionatosi di oltre un quarto.
Figura 1.3
Tasso di uscita dal mercato nel manifatturiero per caratteristiche di inizio periodo (1)
(a) Settori
(b) Dimensione (2)
16
8
8
0
0
Mezzi
trasporto
Mobili, altre
manif.
16
Lav. metalli
24
Gomma,
plastica
Elettronica,
meccanica
24
Legno, carta
32
Tessile
32
Coke,
farmaceutico
40
Alimentari
40
40
40
32
32
24
24
16
16
8
8
0
0
meno di 50
(c) Score
50-250
250 e oltre
(d) Produttività del lavoro (3)
40
40
40
40
32
32
32
32
24
24
24
24
16
16
16
16
8
8
8
8
0
0
0
sicure
vulnerabili
rischiose
0
1
2
3
4
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Il tasso di uscita è dato dal rapporto tra le imprese uscite dal mercato tra il 2007 e il 2013 e quelle attive a fine 2007. Il tasso di uscita
medio può differire tra le diverse classificazioni, riflettendo la diversa numerosità del campione sottostante. – (2) La dimensione è misurata con il numero di addetti. – (3) Le imprese sono state divise in quartili in base al valore aggiunto per dipendente.
Tra le unità attive a fine 2007, sei anni dopo oltre un quinto risultava cessata, in
liquidazione volontaria o interessata da una procedura concorsuale. Le uscite hanno
riguardato tutti i settori e hanno inciso particolarmente nel tessile, a fronte di un tasso
più contenuto per l’alimentare e il farmaceutico, comparti storicamente meno ciclici
(fig. 1.3a). Il tasso di mortalità è stato inoltre leggermente più elevato per le aziende
con meno di 50 addetti, sebbene le differenze tra le diverse classi dimensionali siano
state contenute (fig. 1.3b). Infine, il fenomeno ha interessato soprattutto la parte del
sistema manifatturiero che all’inizio del periodo presentava una situazione economica
e finanziaria più fragile e che aveva verosimilmente minori prospettive di crescita: il
tasso di mortalità è stato più marcato per le imprese classificate come più rischiose in
base allo Z-score (fig. 1.3c) e per quelle con una produttività del lavoro più bassa (fig.
1.3d).
Solo un ridotto numero di imprese ha attraversato la crisi mostrando performance
positive. Tra le unità attive nel 2007, circa il 12 per cento (oltre 1.500 imprese) ha registrato nel periodo una crescita del fatturato superiore al 20 per cento e, contestualmente, un aumento del MOL (imprese di successo). Tra le altre unità, un numero
consistente ha registrato un calo del fatturato superiore al 20 per cento accompagnato
10
Figura 1.4
da una riduzione della redditività. Tali
dinamiche si sono riflesse in una marcaDistribuzione congiunta
di fatturato e MOL (1)
ta polarizzazione dei risultati aziendali
(percentuali di imprese)
(fig. 1.4).
Le imprese di successo hanno effettuato investimenti superiori alle altre
imprese. Analisi econometriche indicano che tali aziende sono prevalentemente di media dimensione (tra i 50 e i
250 addetti), non rischiose in base allo
Z-score, operanti nei settori dell’alimentare e del chimico-farmaceutico e
di età relativamente giovane. L’analisi
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group.
su un sottoinsieme di circa 200 imprese (1) La figura riporta la distribuzione congiunta della variazione del
e di quella del MOL nel periodo 2007-2013. La variazione del
per le quali si dispone anche di infor- fatturato
fatturato è classificata in 4 classi: “forte calo” indica una variazione
del -20 per cento, “modesto calo”, tra -20 e 0, “modesto aumazioni sull’export dall’indagine della minore
mento”, tra 0 e 20, “forte aumento”, maggiore del 20 per cento. La
del MOL è classificata in 2 classi: “MOL ” indica un calo,
Banca d’Italia, mostra che la proiezione variazione
“MOL ”, un aumento. L’altezza di ciascun pilone indica la frequenza
sui mercati esteri si è associata positi- relativa di cella. La somma delle frequenze è inferiore a 100 perché
sono escluse le imprese uscite dal mercato nel periodo. Il cilindro
vamente ai risultati aziendali: la proba- rosso indica le imprese di successo.
bilità di essere un’impresa di successo è
superiore di oltre 3 punti percentuali per le unità che esportavano oltre la metà del
fatturato all’inizio del periodo. Gli stessi dati indicano una correlazione negativa tra
la probabilità di essere un’impresa di successo e fenomeni di restrizione del credito.
Peraltro, anche tenendo conto delle possibili variabili esplicative della performance
aziendale, la quota non spiegata della probabilità di essere un’azienda di successo
rimane alta, indicando la rilevanza di elementi specifici d’impresa difficilmente osservabili.
Figura 1.5
Negli anni della crisi si è modifiVariazione della composizione settoriale
cata la struttura del comparto mani2007-2013 (1)
fatturiero regionale. Dal confronto tra
(punti percentuali)
le imprese censite nel 2007 e nel 2013
Mobili, altre manif.
emerge che a fine periodo il peso sul
Mezzi di trasporto
valore aggiunto dei settori alimentare,
Lav. metalli
chimico-farmaceutico e dei mezzi di Elettronica, meccanica
trasporto era superiore a 7 anni priGomma, plastica
Legno, carta
ma, a fronte di un ridimensionamento
Tessile
significativo della gomma e plastica
Coke, farmaceutico
(fig. 1.5).
Alimentari
-3,0
-2,0
-1,0
0,0
1,0
2,0
3,0
4,0
Tra il 2007 e il 2013 la dimensione media delle imprese si è ridotta Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group.
(da 34 a 29 addetti; tav. 1.2). La fles- (1) Quote calcolate sul valore aggiunto.
sione del valore aggiunto, più che proporzionale rispetto a quella dei dipendenti, si è
riflessa in una diminuzione della produttività del lavoro; il calo si è peraltro accompagnato a un aumento dell’eterogeneità dell’indicatore tra le imprese. La rischiosità media, misurata dallo Z-score, si è attestata sullo stesso livello del 2007. È inoltre aumentata l’età media delle imprese.
11
Tavola 1.2
Indicatori strutturali dell’industria manifatturiera
2007
CARATTERISTICHE
2013
Media
Scarto
interquartilico (1)
Numero di dipendenti
33,6
1,6
28,7
1,7
Valore aggiunto per dipendente (2)
61,9
0,5
51,2
0,7
Anni di età
14,9
1,5
18,8
1,3
Z-score
5,0
0,6
5,0
0,6
Dimensione dei CdA
2,4
1,0
2,3
1,0
Età media dei membri dei CdA
50,2
0,3
52,8
0,2
Quota di donne nei CdA
21,2
-
20,2
-
3,8
-
4,3
-
Quota di stranieri nei CdA
Media
Scarto
interquartilico (1)
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group e InfoCamere.
(1) Differenza tra 75° e 25° percentile in rapporto alla mediana. – (2) Migliaia di euro.
Gli indicatori disponibili sulla governance mostrano cambiamenti nel complesso
modesti. La dimensione dei consigli di amministrazione è rimasta sostanzialmente in
linea con il dato di sei anni prima. La presenza delle donne è diminuita di un punto
percentuale. Al contrario, sono aumentate la quota dei nati all’estero e l’età dei consiglieri, quest’ultima più di quella media della popolazione regionale.
Le costruzioni e il mercato immobiliare
Figura 1.6
La riduzione dell’attività del settore
Investimenti in costruzioni (1)
delle costruzioni è proseguita anche nel
(miliardi di euro)
2014, anche se in misura meno accentua20
20
costruzioni non residenziali pubbliche
ta. Secondo l’indagine congiunturale di
costruzioni non residenziali private
manut. straord. abitazioni già esistenti
Unioncamere, il fatturato delle imprese 16
16
nuove abitazioni
delle costruzioni dell’Emilia-Romagna
12
nel 2014 è diminuito in termini nominali 12
del 3,9 per cento (-5,6 nell’anno prece8
8
dente); come nel 2013 il calo è stato più
marcato per le piccole imprese.
4
4
L’indagine della Banca d’Italia su
0
0
un campione di imprese regionali di
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
costruzioni con almeno 10 addetti in- Fonte: elaborazioni su dati ANCE Emilia-Romagna.
dica che circa il 40 per cento delle (1) Gli importi degli investimenti in costruzioni sono espressi ai prezzi
del 2013; i dati del 2014 sono previsti.
aziende ha registrato un utile nel 2014
(era meno del 10 per cento nel 2013); una quota di poco inferiore ha chiuso
l’esercizio in perdita. La produzione a prezzi costanti è diminuita di circa il 4 per cento (-16 nel 2013). Per il 2015, le imprese intervistate prevedono un calo della produzione in misura più contenuta.
12
A tali dinamiche si è associata un’ulteriore riduzione della base produttiva: il saldo tra iscrizioni e cessazioni, in rapporto alle imprese attive alla fine dell’anno precedente, è stato pari a -1,7 per cento a fronte di -2,5 nel 2013 (tav. a2); rispetto al 2007
il numero di imprese attive si è ridotto di oltre 5.000 unità.
Rispetto al 2007, in base ai dati dell’ANCE regionale, gli investimenti in costruzioni sono diminuiti di oltre il 30 per cento (fig. 1.6), una flessione superiore di oltre
quattro volte a quella del PIL regionale. Il calo ha riguardato soprattutto le costruzioni non residenziali pubbliche e private, diminuite entrambe di quasi il 40 per cento.
Gli investimenti in abitazioni si sono contratti di un quarto: al forte calo delle nuove
costruzioni (quasi il 60 per cento) si è parzialmente contrapposto l’aumento della
spesa per il recupero e la riqualificazione delle abitazioni esistenti, unica componente
a essere aumentata nel periodo grazie agli incentivi fiscali e, negli ultimi due anni, ai
contributi per la ricostruzione post sisma.
L’edilizia residenziale. – In base ai dati dell’Agenzia delle entrate, il numero delle
compravendite immobiliari residenziali in regione, dopo sette anni di cali consecutivi,
è aumentato del 6,2 per cento (3,6 in Italia; fig. 1.7a), pur rimanendo su livelli inferiori alla metà di quelli raggiunti prima della crisi. L’andamento delle transazioni è stato
accompagnato da un’ulteriore riduzione dei prezzi delle abitazioni, anche per il permanere di un eccesso di offerta sul mercato.
In base alle rilevazioni di Nomisma, nella città di Bologna il calo dei prezzi delle abitazioni è stato del
5,1 per cento, in linea con il 2013. Il tempo medio di vendita e il divario fra prezzo richiesto e prezzo effettivo di compravendita sono rimasti molto alti e stazionari.
Figura 1.7
Compravendite, prezzi e invenduto
(a) Compravendite e prezzi delle abitazioni (1)
(b) Fatturato e rimanenze (2)
(migliaia di unità e indici: 2005=100)
50
(miliardi di euro e rapporti)
120 30
compravendite
prezzi nominali (scala dx)
prezzi reali (scala dx)
40
110 24
30
100
20
90
10
80
0
I
II
2005
I
II
2006
I
II
2007
I
II
2008
I
II
2009
I
II
2010
I
II
2011
I
II
2012
I
II
2013
I
II
2014
70
1,8
invenduto
ricavi netti
invenduto/ ricavi netti (scala dx)
1,5
18
1,2
12
0,9
6
0,6
0
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
0,3
Fonte: elaborazioni su dati dell’Osservatorio sul mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle entrate (pannello a) e su dati Cerved Group
(pannello b). Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I dati sui prezzi del 2014 non sono disponibili a livello regionale. – (2) Imprese appartenenti al settore delle costruzioni e immobiliari.
Lo stock degli immobili residenziali invenduti si sta progressivamente riassorbendo, anche per effetto di una riduzione delle nuove costruzioni. Il numero di nuove abitazioni immesse sul mercato tra il 2007 e il 2014, che può essere approssimato
con il numero di permessi di costruire concessi due anni prima, è diminuito dell’85
per cento. Nel 2013, ultimo dato disponibile, le rimanenze delle imprese delle costru-
13
zioni e delle attività immobiliari si sono ridotte di quasi il 20 per cento. In rapporto al
fatturato tuttavia l’indicatore rimane ancora elevato (1,3; fig.1.7b) a causa della concomitante riduzione dei ricavi.
Le opere pubbliche. – In base ai dati del CRESME, le gare per lavori pubblici bandite in Emilia-Romagna nel 2014 sono aumentate in numero e in valore, rispetto
all’anno precedente. Tale dinamica riflette tuttavia il dato fortemente negativo del
2013. Se si esclude tale anno, il valore delle opere bandite nel 2014 rimane in linea
con il trend decrescente iniziato nel 2011.
Nessun progetto relativo a opere di grande importo bandite negli ultimi anni è stato avviato. Sono proseguiti a rilento i lavori della variante del valico appenninico fra l’Emilia-Romagna e la Toscana, realizzata
per quasi il 90 per cento e il cui completamento, inizialmente previsto per il 2012, è stata ulteriormente prorogato all’anno in corso.
I servizi
L’attività nel settore dei servizi ha fornito nel 2014 un contributo positivo all’andamento dell’economia regionale. I risultati dell’indagine della Banca d’Italia su un
campione di imprese con oltre 20 addetti del comparto dei servizi non finanziari indicano che il fatturato a prezzi costanti è aumentato dell’1,6 per cento, contro il lieve
calo registrato nel 2013 (-0,3 per cento). È proseguita l’espansione nel comparto dei
trasporti, a fronte di andamenti negativi nel turismo e nelle vendite al dettaglio; la
spesa per beni di consumo durevole è aumentata, interrompendo una prolungata fase
flettente. Per l’anno in corso le imprese dei servizi intervistate prevedono un lieve
aumento del fatturato e una moderata ripresa degli investimenti.
Il commercio. – Nel 2014 il valore delle vendite al dettaglio in Emilia-Romagna si è
contratto del 3,2 per cento (-5,7 per cento nel 2013; tav. a6), interessando tutte le categorie merceologiche. Dopo essere lievemente peggiorato nella parte centrale
dell’anno, il ritmo di caduta è tornaFigura 1.8
to ad attenuarsi nel quarto trimestre.
Andamento del valore
Si è pertanto ulteriormente prolundelle vendite al dettaglio (1)
(variazioni percentuali)
gata la fase negativa in atto da sette
anni: tra il 2007 e il 2014 le vendite
9
9
piccola
media
in termini nominali si sono com6
6
grande
totale
plessivamente ridotte del 19,0 per
3
3
cento.
La diminuzione delle vendite
ha interessato sia le imprese della
piccola e media distribuzione, che
continuano a registrare andamenti
peggiori rispetto alla media (fig. 1.8),
sia quelle della grande distribuzione;
per queste ultime, tuttavia, la flessione si è pressoché arrestata nella
parte finale dell’anno.
14
0
0
-3
-3
-6
-6
-9
-9
-12
-12
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere Emilia-Romagna.
(1) Tassi di variazione, sui corrispondenti trimestri dell’anno precedente,
del fatturato delle imprese della piccola (meno di 6 addetti), media (con
almeno 6 e meno di 20 addetti) e grande distribuzione (con almeno 20
addetti).
Gli acquisti di beni di consumo durevole sono tornati a crescere, sia pure in
misura contenuta, dopo essersi notevolmente ridotti tra il 2007 e il 2013. Secondo i
dati dell’Osservatorio Findomestic l’incremento è stato nel 2014 del 3,1 per cento;
vi ha contribuito l’adozione di criteri meno selettivi di accesso al credito da parte
degli intermediari che offrono prestiti per finanziare tali consumi (cfr. il paragrafo:
Il finanziamento dell’economia). Con riferimento ai primi quattro mesi di quest’anno, i
dati dell’ANFIA sulle immatricolazioni riconducibili a consumatori indicano una
crescita di circa il 15 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014 (del 12 a livello
nazionale).
Nel 2014 è proseguita la lunga fase negativa della demografia d’impresa nel
commercio. In base ai dati di InfoCamere-Movimprese il saldo tra iscrizioni e cessazioni, in rapporto allo stock di imprese attive nel comparto alla fine dell’anno precedente, è stato pari a -2,1 per cento (-1,6 nel 2013; tav. a2).
Il turismo. – In base ai dati degli Assessorati al turismo di sei province, rappresentative di circa il 94 per cento dei pernottamenti in regione, le presenze di turisti nel
2014 si sono ridotte del 3,0 per cento (-3,8 per cento nel 2013; tav. a7). La flessione
ha riguardato sia la componente italiana (-3,8), che incide per circa il 75 per cento sul
totale, sia quella straniera che è calata dello 0,8 per cento, dopo tre anni consecutivi di
espansione. In contrasto con tali andamenti, gli arrivi sono cresciuti del 2,0 per cento,
guidati soprattutto dall’incremento di quelli degli italiani, a fronte della stasi di quelli
dei turisti esteri. Il soggiorno medio è pertanto ulteriormente calato, attestandosi a
circa 4 notti (erano circa 5 nel 2010). I dati dell’indagine della Banca d’Italia sul turismo internazionale indicano una flessione della spesa dei viaggiatori stranieri in regione del 7,7 per cento, soprattutto per effetto del forte calo registrato nelle province
rivierasche della regione.
I trasporti. – In base ai dati del Sistema regionale di rilevazione dei flussi di traffico dell’Emilia-Romagna, nel 2014 i movimenti di mezzi pesanti sono tornati a crescere dopo un biennio in forte calo (1,0 per cento; -9,0 e -6,1 nel 2012 e nel 2013,
nell’ordine). Anche il traffico di mezzi leggeri è aumentato (dell’1,9 per cento) dopo
due anni consecutivi in flessione.
L’espansione del traffico di merci ha interessato anche il porto di Ravenna, dove
i movimenti sono cresciuti sensibilmente (8,8 per cento, 4,8 nel 2013; tav. a8), attestandosi sul livello più elevato dal 2009 ma ancora al di sotto del dato del 2007.
Secondo i dati di Assaeroporti, il traffico aereo di passeggeri presso gli scali regionali è cresciuto rispetto all’anno precedente del 4,4 per cento, in linea con la media
nazionale. L’espansione ha riguardato sia la componente domestica (6,9) sia quella
internazionale (4,0 per cento). L’andamento dei traffici ha risentito negativamente
dell’interruzione dell’attività presso l’aeroporto di Rimini nello scorcio dell’anno. A
Bologna e Parma il traffico è invece aumentato.
Nei primi tre mesi del 2015, l’incremento dei traffici si è interrotto, con
l’eccezione dei movimenti aeroportuali di passeggeri.
15
La situazione economica e finanziaria delle imprese
L’analisi dei bilanci delle società di capitali con sede in regione censite negli archivi di Cerved Group mostra un modesto miglioramento dei principali indicatori
reddituali nel 2013 (ultimo anno di disponibilità dei bilanci).
La redditività operativa, misurata dal rapporto tra margine operativo lordo e attivo, è lievemente aumentata in tutti i settori, pur collocandosi su livelli ancora inferiori a quelli pre-crisi, specie nel comparto dell’edilizia (fig. 1.9a). Anche il rendimento
del capitale proprio (ROE) ha conseguito una modesta crescita nel 2013, per effetto
del miglioramento nell’industria manifatturiera (tav. a9); il ROE è però risultato ancora negativo per l’edilizia. Anche grazie alla riduzione dei tassi di interesse, nel 2013
l’incidenza degli oneri finanziari sul margine operativo lordo è scesa al 23,8 per cento.
Figura 1.9
Redditività e indebitamento delle imprese
(valori percentuali)
(a) Margine operativo lordo / Attivo
10
(b) Leverage (1)
10 80
80
8
8
70
70
6
6
60
60
4
4
50
50
2
2
40
40
0
2013
costruzioni
30
0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
attività manifatturiere
2007
2008
servizi
2009
totale
2010
2011
2012
2013
30
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Rapporto fra i debiti finanziari e la somma dei debiti finanziari e del patrimonio netto.
Nel 2013 il fabbisogno finanziario generato dalla gestione del ciclo commerciale
si è ridotto, soprattutto per effetto di un calo dei crediti commerciali, sul quale ha
influito l’accelerazione dei pagamenti da
Figura 1.10
parte delle Amministrazioni pubbliche
debitrici: l’indice di gestione degli incassi Autofinanziamento e fabbisogno finanziario
(valori percentuali) (1)
e dei pagamenti (espresso dalla somma
6
6
dei crediti commerciali e delle scorte al
autofinanziamento
fabbisogno
5
5
netto dei debiti commerciali, in rapporto
al fatturato) è ulteriormente diminuito,
4
4
attestandosi sui livelli inferiori a quelli
3
3
pre-crisi. Il peso delle disponibilità liqui2
2
de sull’attivo è salito all’8,9 per cento.
1
1
Nel 2013 il leverage (rapporto tra i
0
0
debiti finanziari e la somma dei debiti
2004-07
2009-13
finanziari e del patrimonio netto) è di- Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group. Campione a scorrimenper ogni anno il campione comprende le società di capitali con
minuito al 48,9 per cento (circa due pun- to:
sede in regione presenti negli archivi della Cerved Group anche
l’anno
precedente. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
ti percentuali in meno rispetto al 2012; (1) Valori
medi del periodo, espressi in percentuale del totale delfig. 1.9b). Tra i settori, il calo è stato più l’attivo. Il 2008 è stato escluso dall’analisi per effetto di una discontinuità statistica dovuta all’applicazione di una legge di rivaluaccentuato nell’industria, mentre nel tazione monetaria.
16
comparto delle costruzioni il grado di indebitamento è rimasto stabile, su livelli più
elevati. All’interno dei debiti finanziari, nel 2013 la quota della componente bancaria
è leggermente calata; vi ha corrisposto un aumento dell’incidenza delle obbligazioni,
che resta tuttavia contenuta.
In conseguenza dell’indebolimento della redditività operativa e netta, negli anni
di crisi si è ridotta la capacità di autofinanziamento delle imprese, portandosi al 3,8
per cento in rapporto al totale dell’attivo nella media del periodo 2009-2013 (dal 5,0
del periodo 2004-07; fig. 1.10). A causa del basso volume degli investimenti (cfr. il
riquadro: Gli investimenti delle imprese nel corso della crisi) e del contenimento del capitale
circolante, la contrazione del fabbisogno finanziario è stata più intensa rispetto a
quella dell’autofinanziamento. Il grado di copertura degli investimenti, espresso dal
rapporto tra autofinanziamento e investimenti, è pertanto salito.
GLI INVESTIMENTI DELLE IMPRESE NEL CORSO DELLA CRISI
In Emilia-Romagna, in base ai dati dell’Istat, tra il 2007 e il 2011 (ultimo anno per il
quale sono disponibili dati omogenei, cfr. la sezione: Note metodologiche), gli investimenti fissi lordi (IFL) sono diminuiti in termini reali al tasso medio annuo del 4,7
per cento (-4,4 e -3,4 per l’Italia e il Nord Est, rispettivamente). Tra il 2000 e il 2007
gli IFL erano cresciuti del 2,1 per cento, un valore superiore alla media del Paese e
in linea con quello dell’area. Secondo i nuovi dati Istat basati sul sistema dei conti
SEC 2010 ed espressi a valori correnti, nel periodo 2011-12 gli IFL sono ulteriormente calati (-5,8 per cento; -6,2 per il Nord Est, -5,7 per l’Italia).
La riduzione degli investimenti nel periodo della crisi è prevalentemente attribuibile
al comparto dei servizi immobiliari e a quello degli altri servizi privati, che nel 2011
rappresentavano il 26,1 e il 28,8 per cento degli IFL totali. L’incidenza del settore
manifatturiero era invece pari al 24 per cento.
Secondo le informazioni disponibili
presso gli archivi Cerved Group e
relative a un campione di quasi
26.000 società non finanziarie con
sede in Emilia-Romagna, il tasso di
investimento (misurato dal rapporto
tra investimenti in immobilizzazioni
materiali e fatturato) è stato in media
pari al 5,7 per cento nel periodo
2009-2013, un livello inferiore di oltre un punto percentuale rispetto ai
sei anni pre-crisi (2002-07; dal 7,4 al
6,2 per l’Italia). Il rapporto ha registrato un calo più accentuato per le
micro imprese, a fronte di una flessione più contenuta per quelle di dimensioni medio-grandi.
Tenendo conto del settore e della
Figura r1
Variazioni del tasso di investimento (1)
(valori percentuali)
2
2
1
1
0
0
-1
-1
-2
-2
-3
alto
basso
MOL su att. operativo
alto
basso
ROI
alta
bassa
-3
Variab. fatturato
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group. Cfr. la sezione: Note
metodologiche.
(1) Differenze del tasso di investimento (rapporto tra investimenti in
immobilizzazioni materiali e fatturato a valori contabili) tra il periodo
2002-07 e il periodo 2009-2013, secondo alcune caratteristiche di
impresa del periodo 2002-07; medie semplici dei valori annuali. I
valori “basso” e “alto” si riferiscono per ogni variabile rispettivamente
al primo e ultimo quartile della distribuzione. La variabilità del fatturato è misurata dal coefficiente di variazione.
17
classe dimensionale di appartenenza, l’andamento del tasso di investimento delle
imprese regionali tra i due periodi esaminati è risultato correlato con la redditività
del capitale investito e con quella operativa nella fase precedente la crisi, rispettivamente misurate dal ROI e dal rapporto tra margine operativo lordo e attivo operativo. Le società poste nel quartile più elevato hanno mantenuto o accresciuto il precedente livello del tasso di investimento, a fronte di quelle nel quartile più basso che
l’hanno ridotto (fig. r1).
Anche il grado di variabilità della domanda, misurato dal coefficiente di variazione del fatturato, ha determinato differenze nel tasso di investimento, seppure
meno marcate.
18
2.
GLI SCAMBI CON L’ESTERO
Le esportazioni e le importazioni di beni. - Nel 2014 le esportazioni di beni della regione sono cresciute del 4,3 per cento in termini nominali (2,7 nel 2013; tav. a10), il
doppio rispetto alla media nazionale. I comparti di specializzazione della meccanica,
dei prodotti in metallo e dell’alimentare hanno registrato una crescita minore di quella
media. Fra gli altri settori di rilievo, i mezzi di trasporto, i materiali da costruzione in
terracotta, i prodotti in cuoio e il chimico-farmaceutico hanno avuto risultati migliori
della media.
Le esportazioni sono cresciute soprattutto nell’area UE, dove l’attività ha mostrato una ripresa, a fronte di un aumento modesto di quelle verso i paesi extra-UE
(tav. a11). L’export verso la Germania, principale mercato della regione, è aumentato
del 7,8 per cento (3,3 nella media italiana); quello verso la Francia dell’1,6 per cento.
Nell’area extra-UE si è registrato un incremento delle esportazioni verso l’America
settentrionale, grazie alla dinamica delle vendite negli Stati Uniti (11,8 per cento); la
relativa quota sul totale delle esportazioni regionali è aumentata al 9,6 per cento. Sul
mercato dell’America centro-meridionale si è registrato un calo del 6,6 per cento, su
quello asiatico un aumento del 6,2, in gran parte grazie all’andamento delle esportazioni verso la Cina, passata dalla quattordicesima alla settima posizione nella graduatoria dei mercati regionali. Le importazioni sono aumentate del 5,4 per cento.
Figura 2.1
Gli scambi con l’estero di servizi alle imprese. - Se confrontato con l’interscambio
Interscambio di servizi
di beni, quello di servizi è ancora molto
alle imprese – 2014 (1)
contenuto: nel 2014 le esportazioni di
Informatica e
esportazioni
comunicazioni
merci della regione verso l’estero erano
importazioni
Finanziari e
quasi 53 miliardi, mentre quelle di servizi
assicurazioni
circa 3,6 (il 5 per cento del totale italia- Uso della proprietà
intellettuale
no), di cui 1,7 erano rappresentati da
Servizi
servizi alle imprese. Il saldo della bilancia
professionali
dei servizi disaggregabili territorialmente Ricerca e sviluppo
è stato negativo per 500 milioni di euro,
Altri "servizi
alle imprese"
mentre quello nei servizi alle imprese è
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
stato pari a -281 milioni. Nelle esportaFonte: Banca d’Italia. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
zioni regionali di servizi alle imprese, le (1) Miliardi di euro; le esportazioni e le importazioni territoriali di
alle imprese corrispondono ai crediti e debiti di bilancia dei
due voci più rilevanti sono i servizi pro- servizi
pagamenti, esclusi i trasporti, i servizi manifatturieri per lavorazioni in
conto
terzi,
i servizi di riparazione e manutenzione i viaggi, le costrufessionali e quelli finanziari e assicurativi
zioni, i servizi governativi, personali, oltre ai SIFIM e all’assicu(28,0 e 26,8 per cento del totale, rispetti- razione merci (per i quali non è disponibile il dettaglio regionale).
vamente; fig. 2.1 e tav. a12). Oltre il 65
per cento delle esportazioni di servizi alle imprese è diretto verso i paesi UE.
Gli investimenti diretti. - Tra il 2008 e il 2013 (ultimo anno disponibile) gli operatori
della regione hanno aumentato le proprie attività verso l’estero per 4,6 miliardi; gli
operatori del resto del mondo hanno aumentato gli investimenti in regione per quasi
19
5 miliardi di euro (figura 2.2a). Nel 2013, il saldo è stato pari al -2,0 per cento del PIL
(0,5 per il Nord Est; fig. 2.2b).
Secondo le statistiche della Banca d’Italia, i paesi della UE costituiscono la
destinazione privilegiata degli investimenti all’estero delle imprese emiliano-romagnole: nel 2013 il valore delle consistenze degli IDE all’estero nella UE era pari a
quasi la metà del totale regionale (68,6 per cento la corrispondente quota nazionale).
In particolare, il 10,8 per cento era destinato in Francia e il 9,3 in Germania. Fra i
paesi extra-europei solo gli Stati Uniti erano una destinazione significativa degli IDE
della regione (la prima destinazione, con una quota del 20 per cento circa); quelli
diretti in Cina erano il 3,9 per cento (tav. a13). Nei comparti non finanziari quasi il 14
per cento del totale degli investimenti all’estero delle imprese regionali è diretto in
imprese della meccanica (10,3 il dato nazionale), del commercio (18,3 contro 4,9 per
cento) e dell’industria alimentare (15,1 contro 1,6; tav. a14).
Figura 2.2
Investimenti diretti (1)
(flussi in rapporto al PIL a valori correnti)
(a) Emilia-Romagna
6
4
(b) Nord Est
IDE all'estero
IDE dall'estero
saldo
IDE all'estero
IDE dall'estero
saldo
6
4
2
2
0
0
-2
-2
-4
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-4
Fonte: Banca d’Italia, Istat. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I segni dei flussi netti di investimenti diretti (IDE) della regione nonché del saldo sono quelli attualmente vigenti per la bilancia dei
pagamenti: valori positivi indicano un aumento netto dei flussi di IDE dall’estero o di IDE all’estero. Il saldo è calcolato come differenza fra
flussi netti di IDE all’estero e di IDE dall’estero.
Il 90 per cento degli investimenti dall’estero, concentrati soprattutto nell’alimentare e nei servizi commerciali, è attribuibile a investitori residenti in paesi della
UE (in particolare da Francia e Paesi Bassi); il 13,3 per cento proviene dal Lussemburgo; quest’ultima quota, particolarmente elevata in confronto al peso dell’economia
lussemburghese, riflette la presenza di holding localizzate in quel paese. Quasi l’8 per
cento proviene dal continente americano.
20
3.
IL MERCATO DEL LAVORO E LE CONDIZIONI
ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE
L’occupazione
In base ai dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, nel 2014 il numero di
occupati è aumentato dello 0,4 per cento, dopo il calo nel 2013 (-1,2; tav. a15);
l’incremento è stato analogo a quello nazionale. Il numero di occupati resta tuttavia
inferiore del 2,0 per cento rispetto al picco del 2008 (circa 38.000 persone in meno).
Il tasso di occupazione della popolazione con età compresa tra i 15 e i 64 anni si è
attestato al 66,3 per cento.
L’espansione ha riguardato solo la componente maschile e le posizioni di lavoro
dipendente, interessando in misura analoga quelle a tempo determinato e a tempo
indeterminato. L’occupazione è aumentata dell’1,4 per cento nell’industria in senso
stretto, dopo un biennio di riduzioni rilevanti; nei servizi si è avuto un debole incremento (0,2), a fronte di un calo nelle costruzioni (-2,4).
Figura 3.1
Anche nel 2014 la crescita degli
occupati si è concentrata nelle classi
Occupazione per classi di età
(numeri indice: 2007 = 100)
più anziane di età: 11,2 per cento per le
persone con almeno 55 anni, a fronte 160
160
15-24 anni
150
di un calo del 6,0 per cento per i lavo- 150
25-34 anni
140
140
ratori con 15-34 anni. Complessiva55 anni e oltre
130
130
Media regionale
mente, tra il 2007 e il 2014, l’incre120
120
mento degli occupati con almeno 55 110
110
anni è stato di circa il 48 per cento (fig. 100
100
90
90
3.1); vi hanno contribuito fattori de80
80
mografici e provvedimenti normativi,
70
70
che hanno nel tempo allungato l’età
60
60
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
minima per l’accesso alla pensione.
Nello stesso periodo, per la classe di Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.
età 15-34 anni si è registrata invece una Cfr. la sezione: Note metodologiche.
riduzione di quasi il 30 per cento. Tali andamenti si sono riflessi sulla composizione
per età dell’occupazione: i lavoratori con almeno 55 anni nel 2014 rappresentavano il
18,5 per cento del totale, a fronte del 21,4 riferito alla classe più giovane (12,4 e 30,1
per cento nel 2007, rispettivamente).
I dati del Sistema informativo lavoro della Regione Emilia-Romagna (SILRER) indicano che la maggiore difficoltà incontrata dai giovani nell’accedere al mercato del lavoro si attenua al crescere del grado di
istruzione conseguito. Nel triennio 2012-14 il saldo tra le assunzioni e le cessazioni riferite a giovani con 2534 anni in possesso di un titolo di studio universitario, rapportato al numero medio di occupati totali della
medesima età, è risultato nullo (tav. 3.1); per i giovani della stessa classe di età in possesso di un diploma di
scuola secondaria superiore, il saldo è risultato pari a -0,8 punti percentuali. La riduzione è stata ancor più
accentuata per quelli con al massimo un titolo di scuola media inferiore.
Segnali di miglioramento sul mercato del lavoro emergono anche dall’andamento delle ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni che, in base ai dati
21
dell’INPS, si sono ridotte nel 2014 del 15,8 per cento, dopo l’incremento del 5,4 nel
2013 (tav. a16). Il calo ha riguardato sia gli interventi straordinari e in deroga sia la
componente ordinaria, maggiormente legata all’andamento del ciclo economico, la
cui flessione è risultata più intensa di quella osservata un anno prima (-34,1 e -9,9 per
cento, rispettivamente).
Tavola 3.1
Avviamenti, cessazioni e saldi di rapporti di lavoro (1)
(unità e valori percentuali)
TITOLI DI STUDIO CONSEGUITI
E PERIODI
Assunzioni
Cessazioni
Saldi
Saldi
percentuali (2)
Lavoratori con 15-24 anni
Diploma di scuola media inferiore
2007-09
34.712
35.829
-1.117
-1,1
2012-14
17.045
20.943
-3.898
-5,0
2007-09
28.730
28.635
96
0,1
2012-14
27.451
29.385
-1.934
-2,5
Diploma di scuola secondaria superiore
Lavoratori con 25-34 anni
Diploma di scuola media inferiore
2007-09
61.708
63.276
-1.568
-0,3
2012-14
41.415
45.726
-4.311
-1,2
2007-09
67.283
67.046
237
0,1
2012-14
51.233
54.096
-2.863
-0,8
2007-09
27.129
26.301
829
0,2
2012-14
26.769
26.722
47
0,0
Diploma di scuola secondaria superiore
Titolo di studio universitario
Fonte: elaborazioni su dati del Sistema informativo lavoro Regione Emilia-Romagna (SILRER) e dell’Istat, Rilevazione sulle forze di
lavoro. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Valori medi riferiti ai periodi indicati nella tavola. – (2) In percentuale del numero medio di occupati per la classe di età e il periodo
corrispondenti.
Le prospettive per il 2015 sembrerebbero in miglioramento. Dati recenti del
SILRER mostrano che, nei primi tre mesi dell’anno in corso, il saldo tra il numero di
avviamenti e cessazioni dei rapporti di lavoro è positivo e in leggero aumento rispetto
a un anno prima. Secondo i dati dell’INPS, nel primo quadrimestre le ore autorizzate
di CIG sono ulteriormente diminuite su base annua in tutte le componenti. Tuttavia,
i risultati delle indagini della Banca d’Italia fanno emergere alcuni elementi di incertezza, segnalando per l’anno in corso un modesto incremento dell’occupazione nei
servizi, a cui si contrapporrebbero un lieve calo nell’industria e soprattutto
un’ulteriore accentuata riduzione nelle costruzioni.
22
L’offerta di lavoro e la disoccupazione
Figura 3.2
L’offerta di lavoro è leggermente
aumentata nel 2014 (0,3 per cento; tav.
Tassi di disoccupazione per classi di età
a15). Il tasso di disoccupazione è stato
(quote percentuali)
pari all’8,3 per cento, in lieve diminu- 40
40
zione rispetto al 2013. Negli anni della 35
35
2007
2014
crisi il tasso di disoccupazione è aumen- 30
30
tato per tutte le classi di età, sebbene gli 25
25
incrementi siano risultati più accentuati 20
20
per quelle più giovani: nel 2014 esso si è 15
15
attestato al 35 per cento per le persone 10
10
con 15-24 anni di età e al 4,3 per quelle
5
5
con 55-64 anni (fig. 3.2).
0
0
15-24
25-34
55-64
Media
anni
anni
anni
regionale
La presenza di condizioni più sfavorevoli per i giovani sul mercato del lavoro Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.
Cfr. la sezione: Note metodologiche.
emerge anche dai dati dell’Istat relativi alle
persone con 15-29 anni che non lavorano, non studiano o non sono inserite in attività
formative (cosiddetti neet). La loro incidenza sulla corrispondente fascia di popolazione è
ulteriormente aumentata, attestandosi al 20,6 per cento, il valore più elevato dal 2007,
quando si collocava al 9,7 per cento. La quota continua a essere minore di quella media a
livello nazionale, sebbene lo scarto tra le due grandezze si sia ridotto. L’aumento dei giovani neet negli anni della crisi ha interessato anche altri paesi dell’Unione europea; ciò ha indotto le autorità sovranazionali e quelle nazionali ad adottare provvedimenti volti a facilitarne
l’uscita dalla condizione di neet (cfr. il riquadro: La Garanzia Giovani).
LA GARANZIA GIOVANI
La “Garanzia Giovani” è un programma istituito da una Raccomandazione del
Consiglio europeo con lo scopo di promuovere negli stati membri l’adozione di
politiche attive nei confronti di giovani neet.
Tavola r1
Potenziali beneficiari, registrazioni e prese in carico (1)
(unità e valori percentuali)
VOCI
Emilia-Romagna
Italia
Numerosità
Quote %
Numerosità
Quote %
Bacino potenziale (2) (3)
75.482
4,4
1.722.852
100,0
Numero di registrazioni (3)
32.914
5,8
568.576
100,0
Giovani presi in carico (4)
di cui con profilo: basso
medio-basso
medio-alto
alto
23.025
3.042
3.403
11.394
5.186
100,0
13,2
14,8
49,5
22,5
299.063
30.160
21.489
121.579
125.835
100,0
10,1
7,2
40,7
42,1
Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Report di monitoraggio. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Dati aggiornati al 14 maggio 2015. - (2) Numero di giovani con 15-29 anni disoccupati o inattivi, ma disponibili a lavorare,
definiti in base ai dati della Rilevazione sulle forze di lavoro per il 2013. - (3) La quota percentuale riferita alla regione è calcolata
rispetto al corrispondente totale nazionale. - (4) I giovani “presi in carico” sono coloro per i quali: è stato effettuato il colloquio
presso i Centri per l’impiego, identificato il “profilo” (che sintetizza la difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro; i profili
possono essere “basso”, “medio-basso”, “medio-alto” e “alto”) e firmato il “Patto di servizio” (ossia un accordo tra il giovane e il
Centro per l’impiego di riferimento, nel quale vengono definite le azioni da intraprendere per la ricerca del lavoro).
23
Bonus
occupazionale
Mobilità prof.le
transnazionale
e territoriale
Sost. autoimpiego o
autoimprenditorialità
Servizio civile
nazionale
Servizio civile
regionale
Tirocinio
extra curriculare
Apprendistato
Accomp.al lavoro
Formazione
Accoglienza,
presa in carico
orientamento
Figura r2
L’Italia ha aderito al programma,
Ripartizione delle risorse stanziate
tuttora in corso di attuazione,
(valori percentuali)
predisponendo un piano che
40
40
prevede una ripartizione dei fonEmilia-Romagna
30
di tra le Regioni e le Province 30
totale Regioni e Province
autonome
autonome e che individua alcune 20
20
politiche attive che gli enti de- 10
10
centrati possono implementare
0
(cfr. la sezione: Note metodologiche). 0
Per l’Emilia-Romagna, il numero
di potenziali beneficiari (giovani
di età compresa tra i 15 e i 29
anni, disoccupati o inattivi ma Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ripartizione aggiornadisponibili a lavorare) è di circa ta al 21 aprile 2015. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
75.000 persone, corrispondenti al 4,4 per cento del totale nazionale (tav. r1). Secondo i dati del Ministero, i giovani che sono stati “presi in carico” in regione
sono oltre 23.000, il 30,5 per cento del bacino potenziale. Il 72 per cento di tali
giovani ha un profilo di difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro “medioalto” o “alto”. All’Emilia-Romagna sono stati assegnati circa 74 milioni di euro, il
5,2 per cento di quanto stanziato a livello nazionale. La Regione ha deciso di finanziare quasi tutte le misure previste nel programma (fig. r2). Rispetto alla media delle Regioni e Province autonome, tuttavia, la parte preponderante delle risorse è stata destinata al finanziamento di tirocini extracurriculari e a interventi di
formazione. Secondo i dati del Ministero, la Regione Emilia-Romagna ha impegnato oltre 64 milioni di euro per la concreta attuazione della Garanzia, corrispondenti all’86,6 per cento dell’ammontare di risorse assegnate (71,4 per cento,
in media a livello nazionale).
Il reddito disponibile e i consumi
I redditi. – In base ai dati EU-SILC nel 2012 il reddito disponibile equivalente
delle famiglie emiliano-romagnole, una misura pro capite che tiene conto della dimensione e della struttura demografica delle famiglie stesse, era pari a 20.584 euro
(cfr. la sezione: Note metodologiche), rispettivamente il 3,5 e il 13,4 per cento in più rispetto alla media del Nord Est e dell’Italia. Tra il 2007 e il 2012 i redditi familiari si
sono ridotti in regione del 9,4 per cento a prezzi costanti, un calo più intenso di oltre
2 punti percentuali rispetto a quello delle aree di confronto (fig. 3.3a e tav. a17). Al
calo hanno contribuito soprattutto i redditi da lavoro, mentre la riduzione dei trasferimenti, composti principalmente da pensioni, è risultata più contenuta (-13,4 e -1,5
per cento, rispettivamente; fig. 3.3b).
24
Figura 3.3
Redditi delle famiglie (1)
(a) Reddito familiare equivalente
(migliaia di euro)
(b) Reddito per tipologia
(variazioni percentuali, periodo 2007-12)
27
27
26
26 -2
-2
-4
18
24 -4
-6
23
-8
21
-10
20
-12
18 -14
17
17 -16
15
15 -18
EmiliM-RomMgnM
Nord Est
ItMliM
24
23
21
20
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
0
0
-6
-8
-10
-12
-14
lavoro
trasferimenti
Emilia-Romagna
Nord Est
-16
totale
Italia
-18
Fonte: elaborazioni su dati EU-SILC. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I redditi e le variazioni sono espressi a prezzi costanti 2012.
Secondo i dati dell’INPS, tra il 2009 e il 2013, le retribuzioni annue pro capite lorde dei lavoratori
dipendenti del settore privato sono rimaste nel complesso stabili in termini reali (-2,6 per cento in Italia; fig.
3.4). La stasi scaturisce dall’andamento discordante tra le settimane lavorate equivalenti a tempo pieno, che
sono diminuite (-1,3 per cento; tav. a18), e la retribuzione settimanale, che è invece aumentata (1,4 per cento). A sua volta, la crescita di quest’ultima componente è principalmente spiegata dall’aumento della quota di
lavoratori più anziani, caratterizzati da salari più alti. L’incremento di tale quota ha più che compensato il
calo delle retribuzioni settimanali che ha invece interessato tutte le classi di età. Se la composizione degli occupati in termini di età fosse rimasta invariata ai livelli del 2009, la retribuzione settimanale e quella pro capite annua sarebbero diminuite dell’1,6 e del 4,3 per cento, rispettivamente.
In base ai dati dell’INPS, nel 2013 il numero di pensionati era pari al 35,0 per cento della popolazione con almeno 18 anni (fig. 3.5a); in particolare, il 29,8 per cento percepiva pensioni di invalidità, vecchiaia o ai superstiti, con un reddito annuo medio lordo di circa 18.200 euro e il 5,2 per cento percepiva almeno una pensione di tipo assistenziale, con un reddito medio di 5.900 euro. Tra il 2009 e il 2013 il numero di pensionati è diminuito del 3,3 per cento e l’età media dei percettori si è innalzata: la quota di beneficiari
con almeno 65 anni è passata dal 71 al 76 per cento. Nello stesso periodo l’importo lordo medio annuo delle
pensioni è aumentato del 10,6 per cento, corrispondente a una variazione del 2,0 in termini reali (fig. 3.5b).
Figura 3.4
Retribuzioni dei lavoratori dipendenti nel settore privato
(variazioni percentuali, periodo 2009-13)
10
40
5
20
0
0
-5
-20
-10
-15
fino a 24
25-34
retribuzioni pro capite annue
retribuzione settimanale (1)
settimane lavorate (1)
numero di lavoratori (2)
35-44
Classe di età
45-54
55 e oltre
industria s.s. costruzioni
Settori
-40
-60
servizi
Totale
Fonte: elaborazioni su dati dell’Osservatorio INPS sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Settimane equivalenti a tempo pieno. - (2) Scala di destra.
25
Figura 3.5
Pensionati e redditi da pensione
(a) Per tipo di pensione
(b) Per classi di età
(valori percentuali e migliaia di euro)
40
Emilia-Romagna
35
(variazioni percentuali)
40
Italia
35
30
30
25
25
20
20
15
15
10
10
5
5
0
0
Totali
Con
Con almeno
pensione IVS una pensione
e/o
assistenziale
indennitaria
Pensionati (1) (2)
Totale
IVS e/o Assistenziale
indennitaria ed eventuali
altre
20
8
10
4
0
0
-10
-4
-20
-8
-30
-12
-40
Reddito da pensione (3) (4)
fino a 55
anni
55-59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85 e più
numero di pensionati (1) (2)
reddito medio da pensione (3) (4)
media regionale
media regionale
-16
Fonte: elaborazioni su dati INPS. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Numero di pensionati in percentuale della popolazione con almeno 18 anni. – (2) Scala di sinistra. – (3) Reddito medio annuo da
pensione. – (4) Scala di destra.
I consumi e i risparmi. – La diminuzione del reddito disponibile si è riflessa sulla
spesa per consumi delle famiglie. In base ai dati dell’Istat, nel 2013 la spesa media
mensile di una famiglia di due persone era pari a 2.875 euro (2.366 euro in media a
livello nazionale); rispetto al 2007 essa era diminuita del 5,3 per cento in termini reali,
meno che nel Nord Est e nel resto del Paese (fig. 3.6a).
Il calo del reddito disponibile ha indotto le famiglie a ridurre la spesa per alcuni beni o servizi per continuare a sostenere il costo di quelli meno comprimibili che, di conseguenza, hanno aumentato il loro peso sui
consumi complessivi. L’incidenza della spesa connessa all’abitazione, all’energia elettrica e al riscaldamento è
salita dal 33,6 al 35,1 per cento; quella dei consumi alimentari dal 15,1 al 16,3 per cento. Sono invece calati gli acquisti di vestiario, calzature, mobili ed elettrodomestici (dall’11,7 al 9,6 per cento dei consumi totali;
fig. 3.6b e tav. a19).
Figura 3.6
Consumi delle famiglie
(a) Spesa media mensile (1)
(euro, valori a prezzi costanti)
(b) Principali voci di spesa
(valori percentuali)
3.400
3.400
3.200
3.200
3.000
3.000
2.800
2.800
2.600
2.600
2.400
2.400
2.200
2.200
2.000
Emilia-Romagna
2007
2008
2009
Nord Est
2010
2011
Italia
2012
2013
2.000
40
2007
35
40
2013
35
30
30
25
25
20
20
15
15
10
10
5
5
0
Abitazione,
combustibili e
energia elettrica
Alimentari
Trasporti e
carburanti
Abbigliamento,
mobili e
elettrodomestici
0
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Indagine sui consumi delle famiglie italiane. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Spesa media mensile equivalente a quella di una famiglia di due persone. I dati sono stati deflazionati con il deflatore della spesa per
consumi delle famiglie.
26
Secondo i dati EU-SILC, nel periodo 2007-12 la quota di famiglie che sono riuscite a risparmiare una parte dei redditi guadagnati è passata dal 44,0 al 35,0 per cento
(dal 34,4 al 29,6 per cento in Italia). Il saldo delle risposte tra chi ha dichiarato di risparmiare più dell’anno prima e chi ha dichiarato di risparmiare di meno è rimasto
negativo in tutto il periodo.
Povertà ed esclusione sociale
In base ai dati EU-SILC, tra il 2007 e il 2012 la flessione del reddito disponibile
ha riguardato tutte le famiglie; tuttavia, essa è stata particolarmente pronunciata per
quelle con un numero elevato di componenti e per quelle con abitazione principale in
affitto (tav. a17). Durante la crisi è inoltre aumentata l’incidenza, calcolata rispetto al
totale della popolazione, delle persone che potevano essere definite povere o socialmente escluse in base ai criteri fissati a livello europeo (cfr. la sezione: Note metodologiche): nel 2013 essa si attestava in regione al 17,7 per cento, a fronte del 13,9 rilevato
dall’indagine svolta nel 2008 (28,4 e 25,3 per cento per l’Italia, rispettivamente; fig.
3.7a e tav. a21). Durante questo periodo la quota regionale si è tuttavia mantenuta su
livelli inferiori di quelli rilevati, in media, nell’Unione europea a 15 paesi (23,1 e 21,7
per cento, nel 2013 e nel 2008, nell’ordine). Nel complesso, le categorie di persone
più deboli sono risultate quelle dei minori e, in misura più accentuata, degli stranieri
(fig. 3.7b e tav. a21).
Figura 3.7
Indicatori di povertà ed esclusione sociale (1)
(valori percentuali)
(a) Per area geografica
35
2008
30
(b) Per tipo di soggetti (3) (4)
35
2013
25
2008
2013
totale
totale
30
25
20
20
15
15
10
10
5
5
0
Emilia-Romagna
Nord Est
Italia
UE-15 (2)
Minori
Giovani
Anziani
0
Stranieri
Fonti: elaborazioni su dati Eurostat ed EU-SILC. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Per convenzione l’anno è quello dell’indagine. Le informazioni sui redditi si riferiscono all’anno precedente. - (2) Dato di fonte Eurostat. - (3) I giovani hanno tra i 18 e i 24 anni, gli anziani 65 e più. - (4) Le linee orizzontali si riferiscono al totale della popolazione
dell’Emilia-Romagna.
Tra le condizioni in base alle quali un cittadino viene definito povero o escluso socialmente, nell’ambito
della Strategia Europa 2020, vi è l’appartenenza a una famiglia con un reddito inferiore al 60 per cento del
dato mediano nazionale: tali persone vengono indicate “a rischio di povertà”. Nel 2013 in Emilia-Romagna
i cittadini in tale condizione rappresentavano il 10,8 per cento della popolazione regionale complessiva (il
19,1 in media in Italia; tav. a20). Rispetto al 2008, tale quota è aumentata in regione di 1,9 punti percentuali, a fronte di 0,4 punti per l’Italia. Al netto dei trasferimenti sociali, come le integrazioni al reddito connesse alle crisi aziendali, le indennità di disoccupazione o gli assegni familiari, l’indicatore sarebbe aumentato
di 3,4 punti percentuali in regione e di 1,2 punti in Italia.
27
L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
4.
IL MERCATO DEL CREDITO
Il finanziamento dell’economia
Figura 4.1
I prestiti bancari. – Nel 2014 è proseguita la flessione dei prestiti bancari
Prestiti bancari (1)
(dati mensili; variazioni percentuali sui 12 mesi)
alla clientela residente in regione, seb15
bene a un ritmo di poco inferiore ri- 15
spetto al 2013 (fig. 4.1). A dicembre la
10
10
diminuzione su base annua è stata del
2,4 per cento, un calo più accentuato
5
5
rispetto a quello medio nazionale.
0
0
La riduzione ha interessato prinimprese
cipalmente i finanziamenti alle imprese
-5
-5
famiglie consumatrici
(-3,2 per cento; tav. 4.1), incidendo in
totale
misura analoga sulle imprese piccole e -10 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 -10
quelle medio-grandi, a fronte di anda- Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologimenti molto differenziati in base al che.
(1) I dati includono le sofferenze e i pronti contro termine. Il totale inanche le Amministrazioni pubbliche, le società finanziarie e asprofilo di rischio assegnato al prendi- clude
sicurative, le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie
e
le
unità
non classificabili o non classificate.
tore. L’attenuazione del calo ha riflesso
l’incremento delle nuove erogazioni di
prestiti, che hanno beneficiato di un moderato miglioramento delle condizioni di
domanda e di offerta del credito bancario. I criteri di accesso al credito rimangono
tuttavia fortemente differenziati tra settori produttivi e tra imprese con una diversa
situazione economica e finanziaria. Il costo del credito è diminuito, in particolare nella componente a medio e lungo termine, beneficiando delle misure di stimolo di politica monetaria.
I prestiti alle famiglie consumatrici hanno segnato una sostanziale stabilità a
fronte del calo dell’anno precedente; tale dinamica ha riflesso un aumento della domanda di nuovi finanziamenti da parte delle famiglie e condizioni di offerta più accomodanti rispetto all’anno precedente.
Nei primi mesi dell’anno si è ulteriormente attenuato il calo del credito. A marzo
2015, secondo dati preliminari, i prestiti sono diminuiti del 2,3 per cento per le imprese e dello 0,3 per le famiglie. L’evoluzione dei volumi erogati rimane condizionata
dall’elevata eterogeneità dei profili di rischio e delle prospettive economiche dei diversi prenditori.
28
Tavola 4.1
Prestiti bancari per settore di attività economica (1)
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
Settore privato
Amministrazioni
pubbliche
PERIODO
Imprese
Totale
settore
privato
Società
finanziarie
e assicurative
Piccole (2)
Totale
imprese
Mediograndi
Totale
piccole
imprese
di cui:
Famiglie
produttrici
(3)
Famiglie
consumatrici
Totale
Dic. 2012
-2,2
-2,0
-3,1
-2,6
-2,3
-3,6
-3,4
0,0
-2,0
Dic. 2013
-9,6
-2,5
0,5
-3,8
-3,6
-4,3
-2,8
-1,3
-2,7
Mar. 2014
-10,0
-2,2
2,0
-3,5
-3,5
-3,6
-2,6
-1,2
-2,3
Giu. 2014
-11,5
-1,6
-2,3
-2,0
-1,7
-3,0
-2,2
-1,2
-1,9
Set. 2014
-5,9
-2,1
-3,6
-2,7
-2,4
-3,8
-2,5
-1,1
-2,2
Dic. 2014
-6,2
-2,3
-0,3
-3,2
-3,2
-3,3
-2,6
-0,4
-2,4
Mar. 2015 (4)
-7,4
-1,8
-1,4
-2,3
-2,2
-2,7
-1,9
-0,3
-1,9
Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I dati includono i pronti contro termine e le sofferenze. Il totale include anche le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie
e le unità non classificabili o non classificate. – (2) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici, società di
fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti. – (3) Società semplici, società di fatto e imprese individuali fino a 5 addetti. –
(4) Dati provvisori.
La dinamica del credito alla clientela residente in regione è stata simile tra le diverse tipologie di intermediari. In particolare, le banche locali (cfr. la sezione: Note
metodologiche) hanno registrato nel 2014 variazioni sostanzialmente analoghe a quelle
degli altri intermediari, a differenza di quanto avvenuto nella prima fase della crisi
(fig. 4.2).
Figura 4.2
Andamento del credito alle imprese e alle famiglie per tipologia di banca (1)
(variazioni percentuali sui 12 mesi; valori percentuali)
(a) Imprese
(b) Famiglie
20
20
differenza banche locali - non locali
banche locali
di cui: bcc
banche non locali
differenza banche locali - non locali
banche locali
di cui: bcc
banche non locali
15
10
15
10
5
5
0
0
-5
-5
-10
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
-10
Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I tassi di crescita sono calcolati sui due gruppi di banche utilizzando una classificazione “a scorrimento annuale”.
Per effetto di tali andamenti, la quota di prestiti detenuta dalle banche locali si è mantenuta stabile intorno al 22 per cento (quasi il 35 per quelli alle piccole imprese, loro tradizionale clientela di riferimento). La
composizione del portafoglio crediti delle banche locali continua a essere caratterizzata da una marcata esposizione nei confronti delle imprese della filiera immobiliare (costruzioni e servizi immobiliari) che assorbe oltre il
40 per cento dei prestiti alle imprese, quasi 10 punti percentuali in più rispetto agli altri intermediari.
29
L’ANDAMENTO DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA DI CREDITO
Secondo le risposte fornite dagli intermediari intervistati nell’ambito della Regional
Bank Lending Survey (RBLS), nel 2014 la domanda di nuovi finanziamenti delle
imprese è tornata su un sentiero di moderata crescita dopo un triennio di forte
contrazione; come negli anni precedenti, la dinamica è stata più debole per le
imprese delle costruzioni (fig. r3a). Il maggior fabbisogno di fondi esterni continua
a essere influenzato principalmente dalle esigenze di ristrutturazione e consolidamento delle posizioni debitorie e di sostegno del circolante; tuttavia, per la prima
volta dall’inizio della crisi economico-finanziaria, sono leggermente aumentate anche le richieste di nuovi finanziamenti per investimenti (fig. r3b). Nelle attese delle
banche, la domanda dovrebbe ulteriormente rafforzarsi nel primo semestre del
2015.
Figura r3
Condizioni del credito alle imprese
(indici di diffusione) (1)
(a) Andamento della domanda di credito
espansione (+) / contrazione (–)
Dimensioni
(b) Determinanti della domanda di credito
contributi all’espansione (+) / contrazione (–)
Investimenti
Settori
Settori
0,8
manifattura
costruzioni
servizi
0,4
totale
0,0
Capitale
circolante
Fusioni e
acquisizioni
Ristrutturazione
debito
0,8
0,8
0,8
0,4
0,4
0,4
0,0
0,0
0,0
-0,4
-0,4
-0,4
-0,8
-0,8
PMI (2)
-0,4
-0,8
'08 '09
'10
'11
'12
'13
'14 '08 '09
'10
'11
'12
'13
'14
-0,8
(d) Condizioni di offerta di credito
contributi all’irrigidimento (+) / allentamento (–)
(c) Andamento dell’offerta di credito
irrigidimento (+) / allentamento (–)
Dimensioni
'08'09 '10 '11 '12 '13 '14 '08'09 '10 '11 '12 '13 '14'08 '09 '10 '11 '12 '13 '14'08 '09 '10 '11 '12 '13 '14
Spread
medi
Settori
0,8
0,4
Spread
rischiosi
Quantità
offerte
Garanzie
richieste
0,8
0,8
0,8
0,4
0,4
0,4
0,0
0,0
0,0
-0,4
-0,4
-0,4
-0,8
-0,8
totale
0,0
PMI (2)
manifattura
costruzioni
servizi
-0,4
-0,8
'08 '09
'10
'11
'12
'13
'14 '08 '09
'10
'11
'12
'13
'14
'08 '09 '10 '11 '12 '13 '14'08 '09 '10 '11 '12 '13 '14'08 '09 '10 '11 '12 '13 '14'08 '09 '10 '11 '12 '13 '14
-0,8
Fonte: Regional Bank Lending Survey.
(1) Per la costruzione degli indici di diffusione, cfr. la sezione: Note metodologiche. I dati per il 2008 sono riferiti al quarto trimestre
dell’anno. – (2) Piccole e medie imprese. Non sono disponibili i dati riferiti al quarto trimestre del 2008.
Le condizioni di offerta hanno registrato un modesto allentamento rispetto
all’anno precedente (fig. r3c), beneficiando dell’impulso delle misure della BCE e
di una maggiore pressione concorrenziale tra le banche. L’offerta di finanziamenti,
tuttavia, continua a essere frenata dall’elevato rischio percepito dagli intermediari
(cfr. il paragrafo: La qualità del credito); anche per tali ragioni i criteri di accesso al
credito permangono maggiormente restrittivi nei confronti delle imprese delle co-
30
struzioni. I segnali di distensione si sono manifestati prevalentemente attraverso il
calo dello spread medio applicato e l’aumento delle quantità offerte (fig. r3d); le
condizioni in termini di garanzie richieste e di margini applicati alle posizioni maggiormente rischiose sono state, al contrario, sostanzialmente stabili. Per il primo
semestre dell’anno in corso, gli intermediari hanno prefigurato un ulteriore allentamento nelle condizioni di offerta.
Le richieste di nuovi mutui da parte delle famiglie consumatrici sono progressivamente aumentate; anche la domanda di credito al consumo è tornata a espandersi,
sebbene in misura più contenuta rispetto a quella di mutui (fig. r4a). Tali dinamiche, nelle attese degli intermediari, proseguirebbero anche nell’anno in corso. Dal
lato dell’offerta, le condizioni di accesso al credito praticate alle famiglie sono migliorate e, nelle intenzioni delle banche, dovrebbero rimanere distese anche per
l’anno in corso. In particolare, i segnali di allentamento più marcati hanno riguardato le condizioni di costo mediamente applicate sui mutui e le quantità offerte
(fig. r4b).
Figura r4
Condizioni del credito alle famiglie consumatrici
(indici di diffusione) (1) (2)
(b) Condizioni di offerta di mutui
contributi all’irrigidimento (+) / allentamento (–)
(a) Andamento della domanda e dell’offerta
espansione (+)/contrazione (-)
irrigidimento (+)/allentamento (-)
Spread mutui
medi
Offerta
Domanda
Spread mutui
rischiosi
Quantità
offerte
Quota
finanziata
0,8
0,8
0,8
0,8
0,4
0,4
0,4
0,4
0,0
0,0
0,0
0,0
-0,4
-0,4
-0,4
-0,8
-0,8
mutui
credito al consumo
-0,4
-0,8
'08 '09 '10
'11
'12
'13
'14 '08 '09
'10
'11
'12
'13
'14
'09 '10 '11 '12 '13 '14 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '09 '10 '11 '12 '13 '14
-0,8
Fonte: Regional Bank Lending Survey.
(1) Per la costruzione degli indici di diffusione, cfr. la sezione: Note metodologiche. – (2) I dati per il 2008 sono riferiti al quarto trimestre
dell’anno.
L’attenuazione delle tensioni sul mercato del credito è confermata dall’indagine condotta dalla Banca
d’Italia su un campione di imprese dell’industria e dei servizi con almeno 20 addetti. Il saldo tra la quota di
imprese intervistate che ha segnalato un miglioramento delle condizioni di indebitamento nel secondo semestre
del 2014 rispetto al primo e quella che ha indicato un peggioramento è stato pari al 9 per cento (era negativo
per oltre 13 punti un anno prima). Le richieste di nuovi finanziamenti effettuate nel 2014 sono state accolte
per intero nel 75 per cento dei casi (64 nel 2013). La quota di imprese che ha ricevuto una richiesta di rientro anticipato sui prestiti concessi si è ridotta al 9 per cento (era il 13 un anno prima). Nelle attese delle imprese le condizioni di indebitamento nel primo semestre del 2015 dovrebbero ulteriormente migliorare.
Il credito alle imprese. – Alla fine del 2014 i prestiti alle imprese, compresi quelli
erogati dalle società finanziarie, sono diminuiti del 3,3 per cento, un calo inferiore
rispetto a quello dell’anno precedente (tav. 4.2). Tra le diverse forme tecniche, il
rallentamento della flessione ha interessato gli anticipi su fatture e i finanziamenti a
scadenza. A marzo 2015, secondo dati preliminari, la flessione si è ulteriormente
attenuata.
31
Tavola 4.2
Prestiti di banche e società finanziarie alle imprese
per forma tecnica e branca di attività economica (1)
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
VOCI
Dic. 2013
Giu. 2014
Dic. 2014
Mar. 2015 (2)
-12,5
-4,0
-5,4
-7,9
-8,4
2,8
3,4
-2,2
-12,1
-8,0
-14,2
-13,9
Mutui e altri rischi a scadenza
-7,4
-5,8
-5,8
-3,6
di cui: leasing finanziario
-9,6
-7,5
-5,0
-5,3
Attività manifatturiere
-6,6
-3,6
-3,8
-2,2
Costruzioni
-3,1
-1,7
-5,5
-4,9
Servizi
-5,2
-1,3
-2,5
-2,0
Altro (5)
-0,9
-3,7
-1,1
-0,1
Totale (4)
-4,9
-2,2
-3,3
-2,4
Forme tecniche (3)
Anticipi e altri crediti autoliquidanti
di cui: factoring
Aperture di credito in conto corrente
Principali branche (4)
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Dati riferiti alle segnalazioni di banche, società finanziarie e società veicolo di operazioni di cartolarizzazione sui finanziamenti a
società non finanziarie e famiglie produttrici. – (2) Dati provvisori. – (3) Nelle forme tecniche non sono comprese le sofferenze e i finanziamenti a procedura concorsuale. – (4) I dati includono le sofferenze e i finanziamenti a procedura concorsuale. – (5) Include i settori
primario, estrattivo ed energetico.
Figura 4.3
Tra le principali branche di attività
economica, il credito si è ridotto del 3,8
Contributi alla variazione dei prestiti
bancari alle imprese (1)
per cento per il comparto manifatturie(rapporti percentuali)
ro e del 2,5 per quello dei servizi (-6,6 e
-5,2, rispettivamente, nel 2013). L’atte- 40
20
nuazione del calo rispetto all’anno pre- 30
15
20
10
cedente è stata favorita dalla crescita
10
5
dei nuovi finanziamenti (oltre il 10 per
0
0
cento per entrambi i comparti) che,
-10
-5
tuttavia, si attestano su livelli ancora -20
-10
non sufficienti a compensare i rimborsi -30
-15
saldi positivi
saldi negativi
var. % prestiti (scala dx)
dei prestiti in essere. Si è accentuato, al -40
-20
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
contrario, il calo del credito al settore
delle costruzioni (-5,5 per cento, -3,1 Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
nel 2013) sul quale continuano a grava- (1) I saldi positivi e negativi sono rappresentati dalla somma dei saldi
debito tra inizio e fine anno per ogni impresa, in rapporto al
re le difficoltà del comparto (cfr. il pa- del
debito di inizio periodo.
ragrafo: Le costruzioni e il mercato immobiliare); nel 2014 i nuovi finanziamenti a queste imprese si sono ulteriormente contratti,
attestandosi a circa un quarto del valore rilevato prima della crisi.
La variazione dei prestiti alle imprese può essere scomposta nella differenza tra gli ampliamenti delle
linee di credito e i nuovi finanziamenti (“saldi positivi”) e, dall’altro lato, i rimborsi del debito in essere (“saldi negativi”). Concentrando l’analisi ai finanziamenti bancari, in Emilia-Romagna la dinamica flettente dei
prestiti negli anni della crisi è dipesa principalmente dal calo dei saldi positivi, a fronte di saldi negativi so-
32
stanzialmente stabili (fig. 4.3). Il 2014 ha registrato una parziale inversione di tendenza con la ripresa dei
saldi positivi che, tuttavia, permangono su livelli inferiori del 50 per cento rispetto a quelli del 2007.
Come negli anni precedenti, la dinamica del credito è stata differenziata
a seconda della rischiosità delle imprese. In base a un’analisi condotta su un
campione di oltre 47.000 società di capitale con sede in regione, nel 2014 il
credito erogato da banche e società finanziarie è aumentato del 2,2 per cento
per le imprese giudicate sicure (-2,6 nel
2013; fig. 4.4); per quelle vulnerabili la
diminuzione si è sensibilmente attenuata, al -3,9 per cento. Per le imprese rischiose i prestiti si sono ulteriormente
ridotti (-7,2).
È proseguita la diversificazione
delle fonti di debito: in base all’Anagrafe titoli della Banca d’Italia, le emis-
Figura 4.4
Prestiti alle imprese per classe di rischio (1)
(variazioni percentuali)
10
10
5
5
0
0
-5
-5
-10
2011
2012
sicure
2013
vulnerabili
2014
-10
rischiose
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group e Centrale dei rischi. Cfr.
la sezione: Note metodologiche.
(1) Dati riferiti alle segnalazioni di banche, società finanziarie e società veicolo di operazioni di cartolarizzazione. Per ciascun anno le
imprese sono classificate sulla base dello Z-score calcolato dalla
Cerved Group sui dati di bilancio dell’anno precedente. Si definiscono “sicure” le imprese con Z-score compreso tra 1 e 4, “vulnerabili”
quelle con Z-score pari a 5 o 6 e “rischiose” quelle con Z-score
compreso tra 7 e 10.
sioni obbligazionarie lorde effettuate
Figura 4.5
da aziende con sede in regione sono
Obbligazioni emesse dalle imprese (1)
(milioni di euro e unità)
state pari a 2,2 miliardi di euro. Il dato,
sebbene in lieve calo rispetto al livello 2.500
50
emissioni lorde
massimo del 2013, risulta superiore di
numero di imprese emittenti (2)
2.000
40
circa 5 volte a quello registrato in me30
dia tra il 2007 e il 2012 (fig. 4.5). La 1.500
quasi totalità dell’importo nominale dei 1.000
20
titoli collocati è riconducibile a pochi
500
10
emittenti di grande dimensione i quali,
0
0
almeno in parte, avrebbero utilizzato i
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
capitali raccolti per ridurre l’indebitaFonte: Anagrafe titoli. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
mento nei confronti delle banche.
(1) Emissioni obbligazionarie, quotate e non, valutate al valore
nominale. – (2) Scala di destra.
In base alle rilevazioni del quarto
trimestre del 2014, il tasso d’interesse a
breve termine praticato alle imprese si è attestato al 5,5 per cento, in calo di circa
mezzo punto percentuale rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente
(tav. a29); il costo del credito a breve ha continuato a essere più elevato della media
per le piccole imprese (7,5 per cento) e per il settore delle costruzioni (6,7). Il tasso
sui nuovi finanziamenti a medio e lungo termine è stato pari al 3,0 per cento, in diminuzione di quasi 1,5 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo dell’anno
precedente.
Nostre analisi sul costo del credito in base al merito creditizio dei prenditori indicano che le imprese classificate come più sicure hanno pagato tassi di interesse significativamente inferiori a quelli applicati alle più rischiose (2,9 punti percentuali in
33
meno sui tassi a breve e 1,5 su quelli a medio e lungo termine) e che, inoltre, tali differenziali sono stati più ampi di quelli registrati nell’anno precedente.
LA MOBILITÀ DELLE IMPRESE SUL MERCATO DEI PRESTITI BANCARI
L’intensità con cui le imprese spostano in tutto o in parte il credito da una banca a
un’altra può fornire indicazioni sulla fluidità dei mercati del credito a livello locale.
Nel 2014 la mobilità del credito, definita come la quota di prestiti che le imprese
riallocano tra banche diverse nel corso di un anno (cfr. la sezione: Note metodologiche) è stata pari al 5,6 per cento, un decimo di punto percentuale in più rispetto
all’anno precedente ma 3 punti in meno rispetto al 2007 (fig. r5a). Alla minore
mobilità negli anni della crisi hanno contribuito sia la riduzione del numero degli
intermediari sia la diffusa difficoltà di accesso al credito in presenza di politiche di
offerta più restrittive.
Nel periodo esaminato la mobilità delle imprese regionali è stata costantemente
superiore a quella media nazionale. Questa differenza potrebbe riflettere sia una
maggiore densità della presenza bancaria sul territorio (cfr. il paragrafo: La struttura
del sistema finanziario e le reti commerciali) sia la diversa composizione del tessuto produttivo, caratterizzato da una più elevata dimensione delle imprese e da una maggiore diffusione del manifatturiero rispetto alla media nazionale. La mobilità è infatti più contenuta per le piccole imprese, caratterizzate da relazioni bancarie più
strette, spesso intrattenute con un solo intermediario. Inoltre le imprese manifatturiere sono state più mobili rispetto a quelle di servizi e a quelle delle costruzioni,
divenute più rischiose (fig. r5b).
Figura r5
Indici di mobilità del credito alle imprese (1)
(valori percentuali)
(a) Per dimensione di impresa
12
(b) Per settore produttivo
12
totale imprese
piccole imprese
10
10
totale imprese (Italia)
piccole imprese (Italia)
8
8
6
6
4
servizi
2
0
4
manifattura
2
costruzioni
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
0
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) L’indice è pari alla percentuale media del credito bancario a livello di singola impresa che è stato trasferito da una banca
all’altra tra l’inizio e la fine di ciascun anno. Il fenomeno fa riferimento solo a imprese presenti negli archivi della Centrale dei rischi
sia all'inizio sia alla fine del periodo.
Negli anni della crisi la mobilità ha riguardato in misura meno rilevante le banche
locali, i cui clienti hanno riallocato meno del 6 per cento del credito ogni anno
contro quasi l’8 di quelli delle altre banche. Inoltre le imprese hanno riallocato a
favore delle banche locali più prestiti di quanti ne abbiano trasferiti da queste ultime ad altri istituti.
34
Considerando i soggetti che hanno riallocato in un anno più del 5 per cento dei
loro prestiti, il fenomeno ha coinvolto circa 19.000 imprese ogni anno, poco più
del 16 per cento del totale (tav. a25); tra queste imprese, in tre casi su cinque la riallocazione del credito ha comportato anche la chiusura di relazioni bancarie esistenti o l’apertura di nuove, e in due su cinque la sostituzione della banca principale. Le
imprese che hanno riallocato in misura significativa i loro prestiti si servono mediamente di tre banche (il doppio rispetto alle altre) e ricevono dalla banca principale circa il 40 per cento del credito totale (70 per le altre imprese). Un’elevata incidenza del credito garantito e l’esistenza di anomalie nel rimborso del debito rappresentano un freno alla mobilità.
Per l’impresa la mobilità può essere motivata dalla ricerca di tassi d’interesse inferiori oppure da altri fattori quali la diFigura r6
sponibilità del credito o la qualità
Mobilità e costo del credito (1)
complessiva delle relazioni creditizie.
(punti percentuali)
Nell’ultimo triennio le imprese che 0,4
0,4
hanno riallocato il proprio credito ver- 0,2
0,2
so altre banche hanno ottenuto con- 0,0
0,0
dizioni di costo meno favorevoli, cor-0,2
rispondenti a circa quattro decimi di -0,2
-0,4
tasso di interesse in più rispetto alle -0,4
Emilia-Romagna
altre imprese (fig. r6); pertanto, a dif- -0,6
-0,6
Italia
ferenza di quanto registrato in prece- -0,8
-0,8
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
denza, negli anni recenti la mobilità
Rilevazione analitica dei tassi d’interesse. Cfr. la sezione:
avrebbe avuto verosimilmente moti- Fonte:
Note metodologiche.
L’indice è pari alla variazione dei tassi d’interesse a breve
vazioni connesse alla disponibilità di (1)
termine registrata dalle imprese mobili al netto della variazione
da quelle non mobili. Un valore positivo segnala un
credito e non alla ricerca di condizioni registrata
vantaggio di costo per le imprese che hanno riallocato il proprio
credito
bancario
rispetto a quelle che non lo hanno fatto.
di costo più vantaggiose.
Il credito alle famiglie consumatrici. – I finanziamenti alle famiglie consumatrici,
compresi quelli erogati dalle società finanziarie, sono diminuiti dello 0,6 per cento a
fronte di un calo dell’1,7 nel 2013 (tav. 4.3). A marzo 2015, secondo dati preliminari,
la contrazione è stata in linea con quella di fine anno.
I prestiti per l’acquisto di abitazioni sono diminuiti dell’1,5 per cento (-2,0 nel
2013). Le nuove erogazioni di mutui sono state superiori ai 2 miliardi di euro; tale
valore, seppur in crescita nel confronto con l’anno precedente, risulta pari a un terzo
di quello del 2007 (fig. 4.6a). Questi andamenti hanno riflesso una domanda in
espansione da parte delle famiglie e politiche di offerta meno restrittive da parte degli
intermediari (cfr. il riquadro: L’andamento della domanda e dell’offerta di credito). Secondo
dati preliminari, la crescita delle erogazioni è proseguita anche nel primo trimestre del
2015.
Tra i nuovi mutui continuano a prevalere le formule indicizzate, la cui incidenza
è di circa l’85 per cento. La quota dei nuovi finanziamenti destinati ai giovani con
meno di 35 anni si è attestata al 34 per cento, riprendendo l’andamento flettente iniziato già prima della crisi (fig. 4.6b). È proseguito l’incremento della quota destinata
alle persone nate all’estero, dopo la forte riduzione osservata nei primi anni di crisi.
35
La quota dei finanziamenti di importo superiore a 150.000 euro è ulteriormente diminuita (al 24 per cento), per effetto della riduzione dei prezzi delle case (cfr. il paragrafo: Le costruzioni e il mercato immobiliare del capitolo 1). In base ai dati della RBLS la
durata media delle nuove erogazioni è stata pari a 21 anni e il rapporto tra il valore
del prestito e quello dell’immobile (loan-to-value) si è attestato al 58 per cento; in entrambi i casi il dato è leggermente inferiore a quello dell’anno precedente.
Tavola 4.3
Prestiti di banche e società finanziarie alle famiglie consumatrici (1)
(dati di fine periodo; variazioni percentuali e valori percentuali)
Variazioni percentuali sui 12 mesi
VOCI
Dic. 2013
Giu. 2014
Dic. 2014
Mar. 2015 (2)
Composizione percentuale
dicembre
2014 (3)
Prestiti per l’acquisto di abitazioni
Banche
-2,0
-2,0
-1,5
-1,2
64,4
0,5
15,6
Credito al consumo
Banche e società finanziarie
-1,3
Banche
-0,8
0,1
0,8
2,2
1,6
2,2
8,3
-3,5
-4,0
-1,6
-1,6
7,3
Banche
-1,0
-0,3
1,3
19,9
Banche e società finanziarie
-1,7
-1,5
-0,4
100,0
Società finanziarie
Altri prestiti (4)
1,8
Totale (5)
-0,6
Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I prestiti includono i pronti contro termine e le sofferenze. – (2) Dati provvisori. – (3) Il dato complessivo può non corrispondere alla
somma delle componenti a causa degli arrotondamenti. – (4) Altre componenti tra cui le più rilevanti sono le aperture di credito in conto
corrente e i mutui diversi da quelli per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di unità immobiliari a uso abitativo. – (5) Per le
società finanziarie, il totale include il solo credito al consumo.
Figura 4.6
Mutui erogati alle famiglie consumatrici
(a) Per tipo di tasso
(miliardi di euro)
7
(b) Per caratteristiche del mutuo e del mutuatario (1)
(quote percentuali)
7
erogazioni a tasso variabile
erogazioni a tasso fisso
6
6
5
5
4
4
3
3
2
2
1
0
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
50
45
30
giovani
importo>150.000
stranieri (scala dx)
40
20
35
15
30
10
1
25
5
0
20
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Fonte: segnalazioni di vigilanza (grafico a) e Rilevazione sui tassi di interesse attivi (grafico b). Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Le composizioni sono ponderate per l’importo del mutuo, a eccezione di quelle per classi di importo.
36
25
0
Il credito al consumo è lievemente aumentato (0,1 per cento), trainato dalla crescita di quello riferibile alle banche. Tale andamento è in linea con la lenta ripresa dei
consumi delle famiglie che si è riflessa anche sugli acquisti di beni durevoli (cfr. il paragrafo: I servizi del capitolo 1).
Nell’ultimo trimestre del 2014, i tassi di interesse bancari applicati alle famiglie
per l’acquisto di abitazioni si sono attestati al 2,9 per cento, in calo rispetto al 3,6 per
cento del corrispondente periodo del 2013 (tav. a29).
L’INDEBITAMENTO E LA VULNERABILITÀ DELLE FAMIGLIE
In base ai dati EU-SILC, nel 2013 (ultimo anno per cui è disponibile l’indagine) la
quota di famiglie indebitate in Emilia-Romagna era poco più del 28 per cento, un
livello analogo a quello delle precedenti rilevazioni e superiore alla media nazionale
(tav. r2). La quota di famiglie con un mutuo è rimasta sugli stessi livelli dell’anno
precedente, mentre quella delle famiglie che utilizzano il credito al consumo è aumentata.
Tavola r2
Indicatori sull’indebitamento delle famiglie per l’acquisto di abitazioni (1)
(valori percentuali e unità)
Emilia-Romagna
Italia
VOCI
2007
2012
2013
2007
2012
2013
Quota famiglie indebitate
28,9
27,9
28,2
25,4
25,3
25,5
Quota famiglie con mutuo
15,5
16,4
16,5
13,1
13,8
14,8
Quota famiglie con credito al consumo
19,3
16,8
17,4
15,9
15,4
14,6
5,9
5,2
5,7
3,6
3,9
3,9
Quota famiglie con mutuo e credito al consumo
Durata residua del mutuo (numero di anni) (2)
14
15
16
11
14
13
20,1
21,6
20,5
19,6
20,6
20,6
Mutuo residuo su reddito (4)
2,2
2,4
2,4
1,6
2,1
2,0
Quota famiglie vulnerabili (5)
1,6
1,7
1,9
1,4
2,0
2,1
Quota del debito detenuto dalle famiglie vulnerabili
9,4
12,3
14,1
13,3
17,3
15,8
Quota famiglie con arretrato sui mutui (6)
5,1
7,3
6,6
4,9
7,6
6,0
12,0
8,5
11,5
15,6
10,8
10,3
Rata/reddito (3)
Quota famiglie con arretrato sul credito al consumo (6)
Fonte: elaborazioni su dati EU-SILC. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Gli anni di riferimento sono quelli nei quali è stata svolta l'indagine (IV trimestre). Per le modalità di rilevazione dell’indagine EU-SILC il
reddito, la rata e l’importo residuo del mutuo e gli indicatori che utilizzano tali informazioni (servizio del debito, quota famiglie vulnerabili,
mutuo residuo su reddito e durata residua del mutuo) sono riferiti all’anno precedente a quello in cui viene svolta l’indagine. –
(2) Valore mediano del numero di anni residui per l’estinzione del debito. – (3) Mediana del rapporto fra rata annuale complessiva (interessi
e rimborso del mutuo) e reddito di ciascuna famiglia con mutuo. – (4) Valore mediano del numero annualità di reddito necessarie a estinguere lo stock di debito immobiliare. – (5) Famiglie con reddito inferiore al valore mediano e servizio del debito superiore al 30 per cento del
reddito disponibile, espresso al lordo degli oneri finanziari, in percentuale del totale delle famiglie. – (6) Famiglie che hanno dichiarato di
essere state in arretrato con il pagamento della rata del mutuo o del prestito al consumo almeno una volta nel corso dei 12 mesi precedenti
alla rilevazione, in percentuale delle famiglie titolari del rispettivo tipo di debito (mutuo o credito al consumo).
Il ricorso ai mutui è più frequente tra le famiglie più giovani, più istruite e, in particolare, con un reddito più elevato. Il credito al consumo è più diffuso rispetto ai
mutui e durante la crisi è aumentato in particolare tra le famiglie più numerose e tra
quelle con un reddito più basso.
37
Il mutuo residuo della famiglia mediana era di circa 82.000 euro, in diminuzione rispetto all’anno precedente e superiore alla media nazionale, anche a causa del più elevato livello dei prezzi delle case in regione. Con riferimento alla sostenibilità del debito, l’incidenza della rata sul reddito è pari al 20 per cento, in linea con il dato nazionale; l’importo del debito residuo è 2,4 volte il reddito annuo delle famiglie indebitate.
Gli indicatori di vulnerabilità evidenziano un lieve peggioramento (cfr. il paragrafo:
La qualità del credito), riflettendo il deterioramento delle condizioni occupazionali e
reddituali delle famiglie (cfr. il capitolo 3: Il mercato del lavoro e le condizioni economiche delle famiglie). La quota di famiglie vulnerabili (con un reddito inferiore al valore
mediano e un servizio del debito superiore al 30 per cento del reddito disponibile)
sul totale delle famiglie (indebitate e non) è aumentata all’1,9 per cento (dall’1,6 del
2007); rispetto alla fase pre-crisi la loro quota di debito è cresciuta di quasi 5 punti
percentuali, al 14,1 per cento. Entrambi questi indicatori si sono mantenuti lievemente al di sotto del dato nazionale. Le famiglie in arretrato con il pagamento della
rata erano superiori al 6 per cento del totale delle famiglie per i mutui e all’11 per il
credito al consumo.
La qualità del credito
Le difficoltà del quadro congiunturale si sono ripercosse sulla rischiosità del credito bancario i cui indicatori permangono su livelli storicamente elevati. Il flusso delle
nuove sofferenze rettificate in rapporto ai prestiti (tasso di ingresso in sofferenza) è
stato pari al 3,0 per cento nella media dei quattro trimestri del 2014 (3,1 nel 2013;
tav. a27), di poco superiore al dato medio nazionale e circa il triplo rispetto ai livelli
precedenti la crisi (fig. 4.7a).
Figura 4.7
Nuove sofferenze per settore e branca di attività economica (1)
(valori percentuali)
(a) Per settore
(b) Per branca di attività economica
5
5
imprese
famiglie consumatrici
totale
4
4
3
3
2
2
1
0
1
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
0
12
12
manifattura
servizi
costruzioni
10
10
8
8
6
6
4
4
2
2
0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
0
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Esposizioni passate a sofferenza rettificata in rapporto ai prestiti in bonis in essere all’inizio del periodo. I valori sono calcolati come
medie dei quattro trimestri terminanti in quello di riferimento.
Il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese è diminuito dal 4,3 al 4,1 per cento. La riduzione ha interessato le imprese dei servizi e, in misura più accentuata, quelle manifatturiere (fig. 4.7b); per tali comparti il peggioramento della qualità del credito si era arrestato tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Per le imprese delle costru-
38
zioni il flusso delle nuove sofferenze in rapporto ai prestiti ha subito, al contrario, un
ulteriore aumento, dall’8,5 al 10,9 per cento. Per il complesso delle imprese,
l’incidenza delle partite deteriorate diverse dalle sofferenze è lievemente aumentata
all’11,3 per cento; per il solo comparto delle costruzioni tale indicatore ha superato il
23 per cento, oltre un punto in più rispetto a un anno prima.
Le altre partite deteriorate hanno un’elevata probabilità di trasformarsi in nuove sofferenze. In particolare, nel corso del 2014 circa un quarto dei crediti incagliati o ristrutturati delle imprese si è trasformato in
sofferenza contro il 4 per cento che è tornato in bonis; considerando i soli crediti scaduti, tali valori sono stati,
rispettivamente, il 10 e il 24 per cento.
Il tasso di ingresso in sofferenza delle famiglie consumatrici è stato pari all’1,6
per cento nella media del 2014; l’indicatore, sebbene in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al 2013, permane su livelli contenuti. La quota delle partite deteriorate
diverse dalle sofferenze è invece stabile al 4,2 per cento. La maggiore concentrazione
del debito tra le famiglie più abbienti e le politiche più prudenti applicate dagli intermediari negli ultimi anni nei confronti dei nuovi mutuatari hanno contenuto il peggioramento della qualità del credito, controbilanciando gli effetti negativi delle sfavorevoli condizioni occupazionali e reddituali delle famiglie sulla capacità di sostenere
gli oneri del debito (cfr. il riquadro: L’indebitamento e la vulnerabilità delle famiglie).
Gli effetti delle politiche selettive attuate dalle banche sono confermati dal tasso di anomalia dei nuovi
mutui. Nel 2014 l’1,3 per cento dei mutui erogati nel triennio precedente registrava difficoltà nel rimborso;
era l’1,7 per cento nel 2013 e il 4 per cento all’inizio della crisi. I mutui erogati ai giovani, alle donne e agli
stranieri presentano tassi di anomalia inferiori alla media; con riferimento alle caratteristiche del contratto di
mutuo, quelli a tasso variabile e di importo superiore ai 150.000 euro hanno una rischiosità più elevata.
Nel corso del 2014 la qualità del credito delle banche locali, che fino all’anno precedente aveva mostrato una dinamica simile a quella degli altri intermediari, ha registrato un deterioramento più marcato. Il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese e delle famiglie è aumentato al 5,3 per cento, oltre due punti percentuali in più rispetto agli
altri intermediari. Tale dinamica è imputabile soprattutto alle nuove sofferenze registrate dalle imprese e, in particolare, da quelle delle costruzioni, settore verso il quale le
banche locali sono più esposte (cfr. il paragrafo: Il finanziamento dell’economia).
GARANZIE PRIVATE E PUBBLICHE SUI PRESTITI ALLE IMPRESE
In base ai dati della Centrale dei rischi, nel 2014 il grado di copertura delle garanzie
(espresso dal rapporto tra il valore delle garanzie e il totale dei prestiti) è stato di
poco inferiore al 58 per cento, un valore analogo a quello dell’anno precedente ma
superiore di 6 punti percentuali rispetto al 2007 (fig. r7a e tav. a26).
Il peso delle garanzie è più elevato per le piccole imprese (oltre il 76 per cento) e,
all’interno dei settori, nell’edilizia (quasi il 72), a fronte di valori più contenuti per il
manifatturiero (meno del 40). Nel confronto con la media nazionale, la regione si
caratterizza per un’incidenza delle garanzie inferiore di oltre due punti percentuali,
interamente attribuibile al minor peso delle garanzie personali a fronte di un dato
simile per quanto riguarda le garanzie reali.
39
Figura r7
Garanzie sui prestiti alle imprese
(valori percentuali)
(b) Incidenza delle garanzie collettive e pubbliche
sul totale delle garanzie personali (3)
(a) Credito garantito e grado di copertura
80
75
70
80 10
quota di prestiti garantiti (1)
Italia
grado di copertura delle garanzie (2)
Italia
75
70
65
65
60
60
55
55
50
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
10
finanziarie regionali
Fondo garanzia PMI
confidi
8
8
6
6
4
4
2
2
50 0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
0
2014
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Rapporto tra l’importo dei crediti per cassa assistiti da garanzie e il totale dei finanziamenti alle imprese. – (2) Rapporto tra
l’ammontare delle garanzie e quello dei prestiti. – (3) Rapporto tra l’ammontare delle garanzie rilasciate da confidi, finanziarie
regionali e Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e il totale delle garanzie personali.
Tra le garanzie personali, negli ultimi anni ha assunto un peso crescente la componente riconducibile ai confidi, alle finanziarie di altre Regioni e al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI), che hanno sostenuto, anche mediante
fondi pubblici, l’accesso al credito delle imprese. L’incidenza delle garanzie offerte
da tali soggetti nel 2014 era pari all’8,3 per cento, un dato analogo a quello registrato per l’Italia e superiore di quattro punti percentuali rispetto all’inizio della crisi
economico-finanziaria (fig. r7b). All’interno di tali soggetti, i confidi rappresentano
la componente prevalente, sebbene in diminuzione nell’ultimo biennio; tale flessione è stata più che compensata dall’espansione della quota del Fondo di garanzia.
Il risparmio finanziario
Nel 2014 i depositi bancari di famiglie e imprese sono aumentati del 3,2 per cento, in rallentamento rispetto all’anno precedente (4,6; tav. a28). Tale andamento è
stato determinato dalla dinamica dei depositi detenuti dalle imprese (2,7 per cento a
fine 2014; 9,6 nell’anno precedente).
Figura 4.8
I depositi delle famiglie consumatrici sono cresciuti del 3,4 per cento
Depositi bancari delle famiglie consumatrici
(dati mensili; variazioni percentuali sui 12 mesi)
(2,8 a dicembre 2013). L’andamento è
stato trainato dai conti correnti che
depositi totali
sono aumentati dell’11,2 per cento (4,7
di cui: conti correnti
di cui: a risparmio
nel 2013; fig. 4.8). Le forme vincolate
di deposito, in rallentamento a partire
dalla metà del 2012, si sono ridotte del
5,8 per cento. Tale dinamica riflette sia
la preferenza delle famiglie per un’allocazione del risparmio verso forme tec2011
2012
2014
2010
2013
niche più liquide sia le politiche di of- Fonte: segnalazioni
di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodoferta degli intermediari.
logiche.
40
60
60
50
50
40
40
30
30
20
20
10
10
0
0
-10
-10
-20
-20
-30
-30
Figura 4.9
Secondo le informazioni rilevate
Domanda di prodotti finanziari
dalla RBLS, nel 2014 le banche hanno
e condizioni praticate alle famiglie
ridotto ulteriormente le remunerazioni
(indici di diffusione) (1)
offerte sulle principali forme di depoAndamento della domanda
Condizioni dell'offerta
sito, in particolare quelli vincolati (fig.
0,8
0,8
4.9), a seguito del miglioramento delle
condizioni di raccolta sui mercati
0,4
0,4
all’ingrosso.
0,0
0,0
Nella prima parte del 2015 l’incre-0,4
mento dei depositi totali e dei conti -0,4
correnti è proseguito a tassi sostan- -0,8
-0,8
zialmente analoghi a quelli di dicembre;
Fonte: Regional Bank Lending Survey.
i depositi a risparmio sono ulterior- (1) Per la costruzione degli indici di diffusione, cfr. la sezione: Note
metodologiche.
mente diminuiti.
Il valore complessivo ai prezzi di mercato dei titoli a custodia nel portafoglio
delle famiglie consumatrici è diminuito del 2,1 per cento (tav. a28). La riduzione è
stata determinata dal forte calo della componente obbligazionaria, in particolare di
quella bancaria (-18,5 per cento), che ha risentito delle politiche di remunerazione
attuate dagli emittenti. Il calo dei tassi di interesse ha spinto le famiglie a sottoscrivere
in misura maggiore quote di OICR (25,0 per cento). Le quote di fondi comuni rappresentavano a dicembre la principale componente del portafoglio dei titoli a custodia delle famiglie consumatrici.
Nel quarto trimestre del 2014 il tasso d’interesse sui conti correnti si è attestato allo 0,34 per cento, in calo di due decimi di punto rispetto all’anno precedente (tav. a29).
Raccolta diretta
Depositi
Obbligaz.
bancarie
Spread su dep. Spread su dep. Spread su
a vista
vincolati
obblig. proprie
'11 '12 '13 '14 '11 '12 '13 '14 '11 '12 '13 '14 '11 '12 '13 '14 '11 '12 '13 '14 '11 '12 '13 '14
La struttura del sistema finanziario e le reti commerciali
Nel 2014 è proseguito il ridimensionamento della struttura del sistema finanziario della regione, a seguito delle strategie degli intermediari volte alla riduzione dei
costi e alla riorganizzazione della loro presenza sul territorio.
Il numero di banche attive alla fine dell’anno nella regione era pari a 111, in calo
di 26 unità rispetto al 2007, principalmente a seguito di operazioni di fusione e incorporazione (tav. a30). Le banche locali presenti (cfr. la sezione: Note metodologiche) erano 53, di cui 35 con sede in regione e 21 banche di credito cooperativo. Anche il
numero di sportelli è diminuito, attestandosi a 3.220, quasi 300 unità in meno rispetto
al 2007. Il calo si è concentrato quasi interamente presso le banche più grandi, a fronte di una crescita di oltre 30 sportelli per le banche di credito cooperativo. Il numero
di sportelli ogni 100.000 abitanti è passato da 84 a 73, permanendo tuttavia su valori
superiori a quelli della media nazionale (51 nel 2014). Nello stesso periodo il numero
degli addetti della rete territoriale si è ridotto del 13 per cento, una flessione analoga a
quella media nazionale e più marcata rispetto a quella degli sportelli, determinando
pertanto una lieve riduzione della dimensione media da 6,6 a 6,3 addetti per sportello.
La rimodulazione della rete territoriale ha favorito l’aumento dei livelli di operatività per addetto (fig. 4.10a): tra il 2007 e il 2014 la quota sul totale degli sportelli per
i quali la somma di impieghi e depositi superava i 10 milioni di euro per addetto è
41
aumentata di oltre 22 punti percentuali; quella degli sportelli con meno di 4 milioni si
è ridotta di 15 punti percentuali.
Figura 4.10
Operatività e localizzazione degli sportelli
(valori percentuali)
(a) Operatività per addetto (1)
60
2007
(b) Prossimità tra sportelli e imprese affidate (2)
2014
60
50
50
40
40
30
30
20
20
10
10
0
0
meno di 4 mln.
4 - 6 mln.
6 - 10 mln.
oltre 10 mln.
80
80
70
70
60
60
50
50
40
40
30
30
20
20
10
10
0
2007
2014
totale imprese
2007
2014
medio-grandi imprese
2007
2014
0
piccole imprese
Fonte: segnalazioni di vigilanza, Centrale dei rischi e archivi anagrafici degli intermediari. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Ammontare di impieghi e depositi per addetto. – (2) Quota di contratti di prestito riferiti a sportelli in comuni coincidenti con quello di
residenza dell’affidato.
La riorganizzazione degli sportelli sul territorio ha interessato soprattutto le aree
più urbanizzate: il calo è stato del 5 per cento per i comuni con meno di 10.000 abitanti e del 10 per quelli più grandi. Anche per effetto di tali dinamiche, il ridimensionamento della struttura bancaria non ha comportato un aumento della distanza tra
banche e imprese: nel 2014 oltre il 60 per cento dei contratti di prestito facevano riferimento a sportelli ubicati nello stesso comune dove ha sede l’impresa, circa 3 punti
percentuali in più rispetto al dato del 2007 (fig. 4.10b).
42
LA FINANZA PUBBLICA DECENTRATA
5.
LA SPESA PUBBLICA LOCALE
La composizione della spesa
Sulla base dei Conti pubblici territoriali (CPT), nel triennio 2011-13 la spesa
pubblica delle Amministrazioni locali emiliano-romagnole, al netto di quella per interessi, è stata in media di 3.550 euro pro capite all’anno (3.404 per le RSO; tav. a31) ed
è aumentata del 2,9 per cento su base annua, a fronte dello 0,9 registrato dall’insieme
delle RSO.
La spesa primaria corrente pro capite, che rappresenta il 90 per cento del totale,
è cresciuta nel triennio in media del 3,5 per cento l’anno, contro l’1,5 delle RSO. Essa
è riconducibile principalmente alla Regione (unitamente alle ASL) e ai Comuni (67,4
e 21,9 per cento, rispettivamente).
Una percentuale significativa delle spese correnti delle Amministrazioni locali è assorbita dalla spesa
per il personale. In base ai dati elaborati dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS), dall’Istat e dal Ministero della Salute, nel triennio 2010-12 la spesa per il personale in Emilia-Romagna è risultata in media
pari a 4.520 milioni di euro e in lieve diminuzione (-0,5 per cento all’anno; tav. a32); in termini pro capite
essa ammonta a 1.039 euro, a fronte di 928 per l’insieme delle RSO. La regione presenta valori più elevati
rispetto alla media delle RSO anche nel rapporto fra numero di addetti e popolazione residente (222 unità
ogni 10.000 abitanti, 191 nelle RSO). Nel confronto territoriale occorre tenere conto che la dotazione di
personale di ogni ente e la relativa spesa risentono di modelli organizzativi diversi, di un differente processo di
esternalizzazione di alcune funzioni e di modelli di offerta del servizio sanitario sui quali può incidere in
modo significativo l’entità del ricorso a enti convenzionati e accreditati.
La spesa in conto capitale è diminuita in media nel triennio 2011-13 dell’1,8 per
cento all’anno. Costituita principalmente dalle spese per investimenti fissi, essa è riconducibile soprattutto ai Comuni (44,0 per cento); la Regione, unitamente alle ASL,
incide per poco più di un terzo, le Province per il 3,8 per cento.
Nel 2013 gli investimenti fissi delle Amministrazioni locali dell’Emilia-Romagna sono stati pari allo 0,9
per cento del PIL regionale (tav. a33), un dato lievemente inferiore alla media delle RSO. La spesa per investimenti
delle Amministrazioni locali della regione si è ridotta nel corso dell’ultimo triennio dell’1,9 per cento all’anno, anche
in relazione ai vincoli posti dal Patto di stabilità interno, a fronte di un calo del 3,5 per cento per le RSO.
La sanità
I costi del servizio sanitario regionale. – Sulla base dei conti consolidati di ASL e Aziende
ospedaliere (AO) rilevati dal Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), nel 2013 (ultimo
anno disponibile) la spesa sanitaria delle strutture emiliano-romagnole è risultata pari a 8.836
milioni di euro (tav. a34). Tra il 2011 e il 2013 essa è cresciuta, al netto di ammortamenti e
svalutazioni, dello 0,8 per cento su base annua, a fronte di una lieve diminuzione registrata in
media dalle RSO e dalla Sicilia (assimilabile alle RSO in materia di finanziamento del settore
43
sanitario). Nella media del triennio, in termini pro capite, si è attestata a 1.932 euro, un valore
leggermente superiore a quello del gruppo di confronto.
La gestione diretta del servizio ha assorbito una quota della spesa complessiva
pari al 68 per cento, contro il 64 per il gruppo di confronto; in tutte le regioni le spese per il personale incidono per circa la metà.
Il comparto ospedaliero: indicatori di esito e strutturali. – L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) raccoglie i dati relativi a oltre mille strutture, sia pubbliche sia private, e diffonde un insieme di indicatori di esito riferiti alle principali
prestazioni ospedaliere. Tali dati consentono di individuare uno standard di riferimento per valutare il posizionamento relativo di ciascuna regione e la sua evoluzione
nel corso del tempo. Considerando i quattro principali indicatori, l’Emilia-Romagna
registra punteggi medi migliori rispetto alla media nazionale (fig. 5.1). Tra il 2010 e il
2012, in linea con il resto del Paese, tutti gli indicatori di esito sono lievemente migliorati.
Figura 5.1
Distribuzione delle strutture sanitarie regionali per classi di performance
in base agli indicatori di esito (1) (2)
(valori percentuali)
(a) Emilia-Romagna
(b) Italia
100
100
72,8 76,2
80
60
0
60
43,8
40
20
80
60,2 63,9
56,4
9,5
8,2
2010 2012
2010 2012
IMA
cesarei
ottima
buona
intermedia
31,8
28,1 25,8
20,2 17,3
40,5
20
10,2 9,8
2010 2012
2010 2012
colecistectomia frattura femore
scarsa
carente
media
2010 2012
2010 2012
IMA
cesarei
ottima
buona
40
intermedia
2010 2012
2010 2012
0
colecistectomia frattura femore
scarsa
carente
media
Fonte: elaborazioni su dati Agenas, Programma Nazionale Esiti (PNE). Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Gli indicatori di esito considerati sono i seguenti: IMA (tasso di mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto miocardico acuto; area
cardiovascolare); cesarei (proporzione di parti con taglio cesareo primario; area perinatale); colecistectomia (proporzione di ricoveri in
regime ordinario per colecistectomia laparoscopica con degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni; area chirurgica-digerente); fratture del femore (proporzione di fratture del femore operate entro 2 giorni; area chirurgica-muscoloscheletrica). – (2) Gli istogrammi
rappresentano la distribuzione delle strutture per livello di performance raggiunto per ogni indicatore. Per ogni indicatore la figura
riporta il dato medio regionale nei due anni considerati.
Sulla qualità delle prestazioni possono incidere anche fattori strutturali; tra questi
riveste una particolare rilevanza la dotazione di posti letto e di personale. All’inizio
del 2014 il numero di posti letto per 1.000 abitanti in Emilia-Romagna era pari a 4,2,
valore superiore a quello nazionale (3,6). Circa i tre quarti di tali posti si trovava presso strutture pubbliche, dove la dotazione per 1.000 abitanti era superiore al dato medio italiano (3,2 contro 2,9); la dotazione di posti letto era superiore anche presso le
strutture private accreditate (tav. a35).
Il 10 luglio del 2014 la Conferenza Stato Regioni ha definito il Patto per la salute 2014-16 ed ha
contestualmente approvato il regolamento attuativo del DL 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetto Decreto Balduzzi, convertito nella L. 7 agosto 2012, n.135). Il regolamento ha stabilito gli standard qualitativi,
strut-turali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera ed ha individuato nel valore di 3,7 posti
letto ogni mille abitanti (inclusi 0,7 posti per la riabilitazione e la lungodegenza) la soglia massima di
44
riferimento per il riassetto della rete ospedaliera pubblica e accreditata di ciascuna regione, da raggiungere
nel corso del triennio 2014-16.
Nel periodo 2010-14 il numero di posti letto è diminuito ma in misura più attenuata rispetto alla media nazionale (-0,9 e -2,6 per cento su base annua, rispettivamente). Tale andamento ha riflesso una riduzione della dotazione presso le strutture
pubbliche del 2,6 per cento, che si è contrapposta a un aumento del 5,5 presso quelle
private accreditate (-2,9 e -1,5 rispettivamente per l’Italia). Al calo dei posti letto non
si è associato un aumento dei tempi di attesa che sono, al contrario, diminuiti.
In base a nostre elaborazioni su dati del Ministero della Salute, nel 2013 l’attesa media per ricoveri in
regime ordinario è stata pari a 58 giorni, a fronte di 47 in media a livello nazionale; anche l’attesa media per
i ricoveri in day hospital è risultata superiore alla media italiana (50 giorni contro 37), principalmente per i
tempi di attesa più elevati registrati sulle patologie di minore gravità e urgenza.
Il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale in regione si è ridotto nel
periodo 2011-14 dello 0,6 per cento in media all’anno (tav. a36). La variazione, più
contenuta rispetto a quella media nazionale (-0,9 per cento), ha interessato tutte le
componenti e in particolare il personale del ruolo amministrativo. All’inizio del 2014
il numero di dipendenti in servizio era lievemente inferiore a quello previsto in organico in base a quanto stabilito da leggi e regolamenti.
La qualità del sistema sanitario, insieme a fattori strutturali e geografici, può influire sulla mobilità dei pazienti da e verso la regione. Nel 2013 l’Emilia-Romagna ha
registrato un saldo positivo, e in aumento rispetto al 2010, tra il numero di pazienti
che viene a curarsi nelle strutture del territorio rispetto a quello di chi sceglie di recarsi altrove (tav. a37), riconducibile principalmente alla mobilità con regioni geograficamente distanti; tuttavia l’attrattività della regione è superiore anche rispetto alle regioni limitrofe e a quelle del Centro Nord.
45
6.
LE PRINCIPALI MODALITÀ DI FINANZIAMENTO
Le entrate di natura tributaria
La struttura delle entrate. – In base alle informazioni di bilancio più recenti le entrate tributarie della Regione, che comprendono oltre alle quote di tributi devoluti dallo
Stato anche i tributi propri dell’Ente, nel triennio 2011-13 sono risultate pari a 2.111
euro pro capite (1.910 per le RSO), in calo dello 0,7 per cento all’anno (-0,5 per
l’insieme delle RSO; tav. a38), soprattutto per il venire meno dal 2013 delle compartecipazioni alle accise sui carburanti confluite nel fondo nazionale per il trasporto
pubblico locale. Le principali entrate tributarie sono l’IRAP e l’addizionale all’Irpef
che, in base ai dati di consuntivo più recenti, relativi al 2013, rappresentano rispettivamente circa il 63 e il 23 per cento del gettito complessivo dei tributi propri dell’ente
(pari al 40 per cento delle entrate totali).
Le entrate tributarie delle Province sono state pari a 88 euro pro capite nel
triennio in esame e sono aumentate dello 0,7 per cento all’anno a fronte di una sostanziale stabilità nelle RSO. I principali tributi propri, l’imposta sull’assicurazione Rc
auto e quella di trascrizione (IPT), rappresentative di circa il 54 e il 28 per cento del
totale, sono aumentati in media del 9,8 e dell’8,8 per cento all’anno. Tali andamenti
sono in parte spiegati dalle modifiche normative introdotte a partire dal 2011, che
hanno ampliato i margini di manovra dell’aliquota della prima e la metodologia di
calcolo dell’onere fiscale per la seconda.
Nel 2014 in sette Province della regione si sono insediati i nuovi Consigli eletti con elezione indiretta
prevista dalla legge del 7 aprile 2014, n. 56; la Provincia di Ravenna rinnoverà il proprio nel 2016 alla
scadenza di quello eletto nel 2011, il cui mandato è ancora in corso. La Città metropolitana di Bologna è
subentrata dal 1° gennaio 2015 alla Provincia omonima.
Il livello e la crescita annua delle entrate tributarie complessive dei Comuni emiliano-romagnoli (485 euro pro capite e 11 per cento nel triennio) sono risultati sostanzialmente allineati con la media delle RSO. La dinamica è stata influenzata nel
periodo sia dai criteri di contabilizzazione dell’imposta sui rifiuti, differenti in base al
regime adottato (tariffa o tassa) e delle modalità di gestione del servizio, sia dagli interventi della legislazione nazionale sull’imposta immobiliare per il 2013.
In particolare, nel 2013 è stata abrogata l’Imu per le abitazioni principali non di lusso, limitatamente
all’applicazione dell’aliquota e delle detrazioni di base (i contribuenti dei Comuni che hanno incrementato le
aliquote hanno dovuto versare il 40 per cento della differenza fra l’imposta ad aliquota effettiva e l’imposta ad
aliquota base, la cosiddetta mini-Imu); in Emilia-Romagna tale versamento si è reso necessario nel 68 per
cento circa dei Comuni, a fronte del 31 per le RSO. Inoltre, con l’introduzione della Tares dal 2013 le entrate connesse al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti sono appostate in bilancio tra le imposte anziché, alternativamente, tra le entrate tributarie (Tarsu), tra quelle extratributarie (Tia) o nel bilancio del gestore, in
base al regime e alle modalità del servizio precedentemente adottati. Al netto della componente relativa ai
rifiuti, le entrate dei Comuni emiliano-romagnoli sono aumentate del 4,5 per cento all’anno contro l’8,3 registrato in media per quelli delle RSO.
46
Tali imposte, insieme all’addizionale comunale all’Irpef, cresciuta nel triennio in
media del 6,4 per cento all’anno, rappresentano le principali voci di entrata, fornendo
un gettito prossimo al 90 per cento del totale delle entrate tributarie municipali.
L’autonomia impositiva. – Gli enti territoriali hanno la facoltà di variare, entro determinati margini, le aliquote di alcuni tributi di loro competenza (cfr. la sezione: Note
metodologiche). Le Regioni possono variare l’aliquota dell’IRAP e dell’addizionale
all’Irpef. Nel 2014 in Emilia-Romagna entrambe le aliquote sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto all’anno precedente (4,07 e 1,65 per cento), risultando rispettivamente inferiore e superiore alla media registrata per le RSO (4,35 e 1,61; fig. 6.1).
La Regione Emilia-Romagna ha applicato aliquote IRAP ridotte rispetto alla misura base per le cooperative sociali, le ONLUS e le ONG e maggiorate per alcuni settori, tra cui quello bancario, finanziario e
assicurativo. Riguardo all’addizionale all’Irpef, dal 2007 è in vigore un sistema di aliquote differenziate per
classi di reddito imponibile.
Figura 6.1
Per le Province è prevista la facoltà
Aliquote dei principali tributi
di variare la misura dell’IPT e quella
degli enti territoriali nel 2014 (1)
dell’imposta sull’assicurazione Rc auto. (valori percentuali, millesimi per le imposte immobiliari)
Con riferimento alla prima, nel corso del
2014 le Province emiliano-romagnole
Emilia-Romagna
non hanno apportato variazioni rispetto
RSO
all’anno precedente; in relazione alla seconda è stata applicata, senza eccezioni,
l’aliquota nella sua misura massima, pari
al 16 per cento (15,7 in media per le
RSO; fig. 6.1).
Per i Comuni l’autonomia impositiva si manifesta principalmente nella fa- Fonte: elaborazioni su dati degli enti e del Ministero dell’economia
finanze (MEF).
coltà di variare le aliquote delle imposte e(1)delle
La linea rossa indica le aliquote massime previste dalla legge
sulla proprietà immobiliare e quelle per ciascun tributo locale; le aliquote dell'IRAP e dell'addizionale
regionale all'Irpef possono superare tale limite nel caso di disadell’addizionale all’Irpef; nel 2014 è mu- vanzi sanitari elevati. – (2) L'aliquota IRAP è calcolata come
delle aliquote settoriali, ponderata per il peso di ciascun
tato il quadro delle imposte immobiliari media
settore sulla base imponibile totale dei soggetti privati desunta
dichiarazioni. – (3) L'aliquota delle RSO e, nel caso delle
di competenza dei Comuni (cfr. la sezio- dalle
addizionali comunali, l'aliquota regionale sono medie ponderate
pesando l'aliquota applicata da ciascun ente per la base
ne: Note metodologiche). Nell’anno trascor- ottenute
imponibile risultante dalle dichiarazioni dei redditi. Per i Comuni
che
hanno
adottato aliquote progressive per classi di reddito, i
so, rispetto all’insieme dei Comuni delle
valori medi sono medie aritmetiche semplici; sono inclusi (con
RSO, le aliquote deliberate dai Comuni aliquota pari a 0) i Comuni che non applicano l’addizionale. –
L'aliquota Tasi per l'abitazione principale non comprende le
della regione sono risultate in media più (4)
aliquote applicate sulle abitazioni di lusso (cat. catastali A/1, A/8 e
l'aliquota media regionale è una media delle aliquote applicaelevate per l’abitazione principale non di A/9;
te da ciascun Comune ponderata per la base imponibile).
lusso (Tasi pari al 2,0 per mille a fronte
dell’1,7 per le RSO) e in linea per le altre tipologie di abitazioni (Imu e Tasi, per le
quali si è registrata un’aliquota complessiva media del 9,5 per mille). L’aliquota
dell’addizionale all’Irpef è risultata lievemente inferiore alla media del gruppo di confronto (0,46 per cento a fronte dello 0,48), nonostante la più elevata percentuale di
enti che applicano l’imposta (95,8 per cento contro 89,8 nelle RSO).
Il quadro complessivo che emerge è quello di un significativo ricorso alla leva fiscale da parte degli enti territoriali della regione, con un ampio sfruttamento dei mar18
18
16
16
14
14
12
12
10
10
8
8
6
6
4
4
2
2
0
IRAP (2)
Add.le reg.le Imposta Rca Add.le com.
Irpef (3)
le Irpef (3)
Tasi
Imu + Tasi
abitazione
altre
principale (4) abitazioni
0
47
gini di manovra sulle aliquote; tale fenomeno è da ricondurre anche al ridimensionamento dei trasferimenti dallo Stato, conseguente alle manovre di consolidamento dei
conti pubblici. Nonostante ciò, il prelievo associato ai tributi locali in regione è risultato nel complesso inferiore a quello registrato in media nelle RSO (cfr. anche il riquadro: Il prelievo fiscale locale per le famiglie emiliano-romagnole).
IL PRELIEVO FISCALE LOCALE
PER LE FAMIGLIE EMILIANO-ROMAGNOLE
Le imposte di competenza degli enti territoriali colpiscono la capacità contributiva
delle famiglie nelle sue diverse manifestazioni: il reddito, i consumi, il patrimonio
immobiliare, il possesso dell’autovettura; le famiglie, inoltre, pagano sotto forma di
tributo, il corrispettivo per servizi forniti dagli enti, come ad esempio la raccolta
dei rifiuti. Le relative aliquote e tariffe, come pure misure agevolative e sgravi, sono
generalmente decise dagli enti entro margini stabiliti dalla legge nazionale.
L’utilizzo diffuso della leva fiscale da parte degli enti negli ultimi anni ha dato luogo a un’ampia variabilità territoriale del prelievo, che può essere esaminata con
l’ausilio di figure tipo, ossia facendo riferimento a nuclei familiari con caratteristiche di composizione e capacità contributiva identiche sul territorio nazionale.
Nell’analisi che segue sono state individuate tre figure tipo: la famiglia A, con un
profilo simile alla media italiana; la famiglia B e quella C, con caratteristiche di capacità contributiva rispettivamente superiori e inferiori alla media (cfr. la sezione:
Note metodologiche); per ciascuna di esse è stato calcolato il prelievo locale complessivo sostenuto nei diversi capoluoghi di provincia, tenendo conto delle delibere effettivamente adottate dagli enti di riferimento (Regione, Provincia e Comune).
Figura r8
Prelievo fiscale locale per le famiglie residenti nei capoluoghi di provincia (1)
(euro)
(a) 2014
3.500
3.000
2.500
su reddito
su abitazione princ. (4)
su consumi
(b) Variazione assoluta 2012-14 (2)
3.500
su rifiuti (3)
su auto
3.000
-20
2.500
su reddito
2.000
2.000
su rifiuti (3)
1.500
1.500 su abitazione princ. (4)
1.000
1.000
500
0
500
Emilia-Romagna
RSO
Italia
0
20
60
100
140
180
20
60
100
140
180
Totale tributi
su auto
su consumi
-20
Fonte: elaborazioni su dati MEF, ACI, Ivass-Ministero dello Sviluppo economico, Quattroruote, delibere degli enti. Cfr. la sezione:
Note metodologiche.
(1) I dati si riferiscono alla tipologia familiare A. Gli importi corrispondono alla media dei valori calcolati per ciascun comune capoluogo
di provincia, ponderati per la popolazione residente al 1° gennaio del 2014. Si esclude l’IVA sull’imposta sulla benzina e sul prelievo
relativo ai rifiuti (laddove dovuta). – (2) Variazioni cumulate assolute tra il 2012 e il 2014. – (3) Si considera la Tari per il 2014 e la
Tarsu-Tia per il 2012. – (4) Si considera la Tasi per il 2014 e l’Imu per il 2012.
Nella media dei capoluoghi di provincia emiliano-romagnoli la tipologia familiare
A nel 2014 ha pagato circa 1.855 euro per la fiscalità locale, valore leggermente inferiore alla media delle RSO (tav. a39), corrispondente al 4,3 per cento del reddito
48
imponibile familiare contro il 4,6 per il gruppo di confronto. Le addizionali sul
reddito, complessivamente pari a 928 euro, leggermente inferiori alla media delle
RSO, rappresentano circa il 50 per cento dell’esborso totale (fig. r8a).
L’imposta sull’abitazione principale è stata in regione pari a 314 euro contro i 325
per le RSO, per effetto principalmente di rendite catastali (base imponibile) in media
più contenute. I tributi connessi con il servizio di smaltimento dei rifiuti sono stati
pari quasi 300 euro, circa 60 in meno rispetto alle medie di confronto. Le imposte
collegate al possesso dell’automobile (circa 260 euro, di cui 55 relativi all’IPT) sono
risultate inferiori dell’11 per cento circa alla media dei capoluoghi delle RSO, riflettendo i valori significativamente più elevati dell’imposta Rc auto nelle regioni meridionali, connessi ai maggiori premi assicurativi richiesti in quelle aree. Infine, le imposte sui consumi ammontano a 59 euro, un valore sensibilmente superiore a quello
delle altre aree di confronto; l’esborso è interamente riconducibile all’addizionale regionale sul gas, in quanto l’imposta regionale sulla benzina, analogamente a quanto
avviene per le RSS e per la metà delle RSO, non è stata applicata.
Tra il 2012 e il 2014 l’importo complessivo delle imposte locali è aumentato per le
famiglie emiliano-romagnole di tipo A di 90 euro (fig. r8b), a fronte di incrementi
maggiori per le altre aree di confronto. La variazione, pari al 2,5 per cento, è dovuta principalmente alla crescita del prelievo sull’abitazione principale (12,8 per cento) dopo i forti sgravi del 2013, e in misura inferiore alla dinamica dei tributi sulla
raccolta dei rifiuti, a fronte di un leggero calo dell’addizionale comunale all’Irpef.
Con poche eccezioni, il prelievo sull’abitazione principale è aumentato in misura
significativa in tutti i capoluoghi della regione.
Per le altre figure tipo esaminate, il prelievo fiscale locale nel 2014 è stato pari a 7.165
euro e 935 euro, rispettivamente per la famiglia più benestante e per quella con reddito più basso (corrispondenti al 6,3 e al 5,1 per cento del reddito imponibile familiare). Anche per tali tipologie di famiglia il prelievo è risultato inferiore alla media delle
RSO e dell’Italia, in misura lievemente più pronunciata con riferimento alla famiglia
benestante. Tra il 2012 e il 2014 per la famiglia B l’onere fiscale locale è rimasto sostanzialmente stabile, a fronte di incrementi più sostenuti per le altre aree di confronto: l’aumento del prelievo sui rifiuti e dell’addizionale comunale all’Irpef è stato di
fatto compensato dalle flessioni di quelli sull’abitazione principale e sull’auto.
L’andamento della spesa per la famiglia C è risultato analogo: i cali registrati dai prelievi sul reddito e sull’abitazione principale infatti sono stati quasi interamente compensati dal significativo incremento di quello sul servizio rifiuti.
Il debito
Alla fine del 2013, ultimo anno disponibile, il debito delle Amministrazioni locali
emiliano-romagnole si è ridotto dal 4,4 al 4,0 per cento del PIL regionale (6,6 per
cento per l’insieme delle RSO).
In base ai dati dell’indagine della Banca d’Italia, nel 2014 il debito, pari a 5,2 miliardi di euro (corrispondente al 6,1 per cento del debito delle Amministrazioni locali
italiane, che possono contrarre mutui e prestiti solo a copertura di spese di investimento), è diminuito in termini nominali del 10,5 per cento rispetto al 2013, a fronte
49
di una contrazione più contenuta per le RSO (tav. a40). La quota dei finanziamenti
ricevuti da banche italiane e dalla Cassa depositi e prestiti, in crescita di circa tre punti
percentuali, è stata pari al 68,6 per cento del totale; in calo è risultata quella relativa
alle altre passività. Nel confronto con le RSO il ricorso al canale bancario è nel complesso più marcato, principalmente per effetto della componente estera (5,5 contro
3,0 per cento, rispettivamente), mentre permane trascurabile il peso delle obbligazioni
emesse all’estero.
In base ai criteri definiti dal Consiglio dell’Unione europea (Regolamento n. 479/2009), il debito delle
Amministrazioni locali è calcolato escludendo le passività finanziarie detenute da altre Amministrazioni
pubbliche (cosiddetto debito consolidato) e non comprende, ad esempio, i prestiti erogati dal MEF nell’ambito
dei provvedimenti riguardanti il pagamento dei debiti commerciali scaduti delle Amministrazioni pubbliche.
Includendo anche le passività finanziarie verso altre Amministrazioni pubbliche (cosiddetto debito non consolidato), il debito delle Amministrazioni locali della regione sarebbe pari alla fine del 2014 a 6,8 miliardi, in
calo del 7,4 per cento rispetto all’anno precedente, contro una modesta crescita per le RSO (tav. a40).
50
APPENDICE STATISTICA
INDICE
L’ECONOMIA REALE
Tav.
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
”
a1
a2
a3
a4
a5
a6
a7
a8
a9
a10
a11
a12
a13
a14
a15
a16
a17
a18
a19
a20
a21
Valore aggiunto per settore di attività economica e PIL
Imprese attive, iscritte e cessate
Produzione agricola vendibile
Evoluzione di produzione e ordini nell’industria in senso stretto
Indicatori congiunturali per l’industria manifatturiera – Nord Est
Andamento delle vendite della distribuzione al dettaglio
Movimento turistico
Attività portuale
Indicatori economici e finanziari delle imprese
Commercio estero (cif-fob) per settore
Commercio estero (cif-fob) per area geografica
Scambi internazionali di servizi alle imprese
Investimenti diretti per paese
Investimenti diretti per settore
Occupati e forza lavoro
Ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni
Reddito disponibile per fonte e tipologia di famiglia
Retribuzioni dei lavoratori dipendenti nel settore privato
Composizione della spesa mensile delle famiglie
Componenti dell’indicatore di povertà ed esclusione sociale di Europa 2020
Indicatore di povertà ed esclusione sociale di Europa 2020 per classe di età e cittadinanza
L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
Tav.
”
”
”
”
”
”
”
”
a22
a23
a24
a25
a26
a27
a28
a29
a30
Prestiti e depositi delle banche per provincia
Prestiti e sofferenze delle banche per settore di attività economica
Prestiti di banche e società finanziarie alle imprese per branca di attività economica
Caratteristiche delle imprese e riallocazione del credito bancario
Garanzie sui prestiti alle imprese
Qualità del credito
Il risparmio finanziario
Tassi di interesse bancari
Struttura del sistema finanziario
51
LA FINANZA PUBBLICA DECENTRATA
Tav.
”
”
”
”
”
”
”
”
”
52
a31
a32
a33
a34
a35
a36
a37
a38
a39
a40
Spesa pubblica delle Amministrazioni locali al netto della spesa per interessi
Pubblico impiego degli enti territoriali e del Servizio sanitario nazionale
Spesa pubblica per investimenti fissi
Costi del servizio sanitario
Posti letto in Emilia-Romagna e in Italia - 2014
Personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale nel 2014
Mobilità ospedaliera da e verso l’Emilia-Romagna
Entrate tributarie correnti degli enti territoriali
Il prelievo fiscale locale per le famiglie residenti nei capoluoghi emiliano-romagnoli
Il debito delle Amministrazioni locali
Tavola a1
Valore aggiunto per settore di attività economica e PIL (1)
(milioni di euro e valori percentuali)
Valori assoluti
SETTORI E VOCI
2011
2012
2013
3.251
3.336
3.602
39.464
38.308
32.402
30.985
Agricoltura, silvic. e pesca
Industria
Industria in s.s.
Costruzioni
Var. % sull'anno
precedente
Quote %
2013
Revisione rispetto al SEC 95 (2)
Valori SEC 95
Anno 2011
2012
2013
Revisione %
2,8
2,6
8,0
2.976
9,2
38.338
29,6
-2,9
0,1
39.391
0,2
30.632
23,6
-4,4
-1,1
32.376
0,1
7.063
7.324
7.706
5,9
3,7
5,2
7.015
0,7
87.541
87.928
87.694
67,6
0,4
-0,3
85.334
2,6
Commercio (3)
29.806
29.571
29.636
22,9
-0,8
0,2
29.465
1,2
Attività fin. e assic. (4)
35.668
36.152
35.633
27,5
1,4
-1,4
34.819
2,4
Altre att. di servizi (5)
22.068
22.205
22.425
17,3
0,6
1,0
21.051
4,8
Totale valore aggiunto
130.257
129.572
129.634
100,0
-0,5
..
127.702
2,0
PIL
145.085
144.468
144.257
8,9
-0,4
-0,1
142.408
1,9
33.093
32.763
32.531
121,9
-1,0
-0,7
32.032
3,3
Servizi
PIL pro capite (euro)
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Dati a prezzi correnti. La quota del PIL e del PIL pro capite è calcolata ponendo la media dell’Italia pari a 100. – (2) I conti territoriali sono stati recentemente oggetto
di una revisione in occasione del passaggio dal Sistema europeo dei Conti versione 1995 (SEC 95) alla versione 2010 (SEC 2010). I dati territoriali sono al momento
disponibili limitatamente al periodo 2011-13 e a prezzi correnti. Le principali innovazioni sono state l’inclusione delle spese per ricerca e sviluppo e di quelle militari del
settore pubblico tra gli investimenti fissi lordi; la registrazione degli scambi internazionali di beni da sottoporre a lavorazione in conto terzi tra le esportazioni e importazioni di servizi di trasformazione; l’inclusione di una stima del valore aggiunto delle attività economiche illegali. Per maggiori informazioni cfr. la Nota informativa
dell’Istat I nuovi conti nazionali in SEC 2010. Innovazioni e ricostruzione delle serie storiche (1995-2013), 6 ottobre 2014. – (3) Include commercio all’ingrosso e al
dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli; trasporti e magazzinaggio; servizi di alloggio e di ristorazione; servizi di informazione e comunicazione. – (4) Include
attività finanziarie e assicurative; attività immobiliari; attività professionali, scientifiche e tecniche; amministrazione e servizi di supporto. – (5) Include Amministrazione
pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale; attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; riparazione di beni per
la casa e altri servizi.
Tavola a2
Imprese attive, iscritte e cessate (1)
(unità)
2013
SETTORI
Iscritte
Cessate
Agricoltura, silvicoltura e pesca
1.509
5.114
Industria in senso stretto
2.076
3.253
Costruzioni
4.163
Commercio
di cui: al dettaglio
5.710
2.548
Trasporti e magazzinaggio
2014
Attive a fine
periodo
Attive a fine
periodo
Iscritte
Cessate
62.314
1.285
2.996
60.659
49.004
2.027
3.277
47.948
5.983
71.379
3.942
5.123
69.716
7.273
3.803
95.602
47.752
4.912
2.280
6.886
3.683
94.291
47.283
259
900
15.130
230
828
14.705
Servizi di alloggio e ristorazione
1.600
2.328
28.955
1.520
2.322
29.224
Finanza e servizi alle imprese
di cui: attività immobiliari
3.939
823
4.306
1.038
70.394
27.793
3.394
421
4.239
1.082
70.109
27.134
Altri servizi e altro n.c.a.
1.215
1.669
26.496
1.266
1.583
26.792
Imprese non classificate
Totale
8.806
1.172
168
8.503
1.017
149
29.228
32.022
418.386
26.886
27.883
412.801
Fonte: InfoCamere-Movimprese.
(1) Le cessazioni sono al netto delle cessazioni d’ufficio.
53
Tavola a3
Produzione agricola vendibile (1)
(migliaia di quintali, milioni di euro e variazioni percentuali sull’anno precedente)
2014
VOCI
Variazioni
Quantità
Cereali
Valori (2)
Quantità
Valori
….
492
….
-1,1
7.905
165
-13,5
-15,9
frumento duro
2.197
75
28,2
64,5
granoturco
8.548
135
6,5
-6,6
994
18
-0,5
-10,4
….
385
….
-8,0
16.370
139
17,8
20,6
2.566
35
37,5
-31,3
….
119
….
38,6
di cui: frumento tenero
orzo
Piante da tubero, ortaggi
di cui: pomodoro
patate
Coltivazioni industriali
di cui: barbabietola da zucchero
20.351
80
81,7
46,4
Coltiv. foraggere e altre coltiv. erbacee
….
198
….
9,7
Coltivazioni arboree
….
969
….
-11,1
di cui: pere
4.731
222
-8,5
-23,2
nettarine
2.615
68
22,5
-9,0
mele
1.670
109
13,3
-15,0
vino/mosto (3)
6.334
342
-5,7
-12,0
Allevamenti
….
1.931
….
-7,0
Totale
….
4.094
….
-5,9
Fonte: Regione Emilia-Romagna, Assessorato all’Agricoltura.
(1) Dati provvisori. – (2) A prezzi correnti. – (3) Migliaia di ettolitri.
Tavola a4
Evoluzione di produzione e ordini nell’industria in senso stretto (1)
(variazioni percentuali sull’anno precedente)
SETTORI
2013
2014
Produzione
Ordini
Alimentari, bevande e tabacco
-1,4
-1,3
0,1
-0,5
Tessile, abbigliamento, cuoio e prodotti in cuoio
-3,5
-4,2
-3,7
-3,7
Legno, prodotti in legno, mobili
-5,3
-6,5
-3,1
-3,6
Metalli, prodotti in metallo e recupero rottami
-4,2
-4,8
-0,7
-0,9
Meccanica, elettromeccanica e mezzi di trasporto
-1,6
-2,2
0,9
0,7
Altri prodotti dell'industria in senso stretto
-2,6
-3,2
-1,4
-1,6
Totale
-2,7
-3,3
-0,6
-0,8
Fonte: Unioncamere.
(1) Media delle rilevazioni trimestrali. La produzione è in quantità, gli ordini in valore.
54
Produzione
Ordini
Tavola a5
Indicatori congiunturali per l’industria manifatturiera – Nord Est
(valori percentuali)
Grado di
utilizzazione
degli impianti
PERIODI
Livello
della
produzione (1)
Livello degli ordini (1)
Interno
Estero
Totale
Scorte
di prodotti
finiti (1)
2012
71,3
-46,0
-28,8
-36,8
-32,2
6,4
2013
74,0
-45,1
-16,8
-29,4
-23,8
3,5
2014
75,6
-32,5
-11,8
-17,3
-13,9
3,9
2013 – 1° trim.
69,6
-47,3
-29,7
-38,3
-31,3
5,7
2° trim.
74,9
-50,0
-21,3
-35,7
-29,3
4,0
3° trim.
76,5
-44,7
-9,3
-25,7
-20,3
3,0
4° trim.
75,0
-38,3
-7,0
-18,0
-14,3
1,3
2014 – 1° trim.
74,9
-37,3
-10,7
-18,0
-15,0
-1,0
2° trim.
75,2
-31,3
-11,0
-14,7
-13,0
2,3
3° trim.
75,9
-31,7
-10,7
-18,0
-13,7
6,7
4° trim.
76,2
-29,7
-14,7
-18,3
-14,0
7,7
2015 – 1° trim.
76,9
-26,0
-10,3
-12,0
-10,0
4,7
Fonte: elaborazioni su dati Istat. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Saldi fra la quota delle risposte positive (“alto” o “superiore al normale”, a seconda dei casi) e negative (“basso” o “inferiore al normale” e, nel caso delle scorte,
“nullo”) fornite dagli operatori intervistati. Dati destagionalizzati.
Tavola a6
Andamento delle vendite della distribuzione al dettaglio (1)
(variazioni percentuali sull’anno precedente)
VOCI
2012
2013
2014
Piccola distribuzione
-8,1
-8,2
-4,8
Media distribuzione
-7,4
-6,1
-2,9
Grande distribuzione
-1,6
-1,7
-1,0
Totale
-5,7
-5,7
-3,2
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna.
(1) Media dei tassi di variazione trimestrali, calcolati su base annua, del fatturato delle imprese della piccola (meno di 6 addetti), media (6-19 addetti) e grande distribuzione (20 addetti e oltre).
55
Tavola a7
Movimento turistico (1)
(variazioni percentuali sull’anno precedente)
Arrivi
PERIODI
Presenze
Italiani
Stranieri
Totale
Italiani
Stranieri
Totale
2012
-1,8
1,3
-1,1
-2,7
0,5
-1,9
2013
-3,2
7,0
-0,7
-5,6
2,0
-3,8
2014
2,7
0,1
2,0
-3,8
-0,8
-3,0
Fonte: Amministrazioni provinciali.
(1 I dati fanno riferimento ai flussi regionali registrati negli esercizi alberghieri e in quelli complementari delle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena,
Ravenna e Rimini.
Tavola a8
Attività portuale
(migliaia di tonnellate, unità e variazioni percentuali)
VOCI
Merci (tonnellate)
2012
2013
2014
Var. %
2013/12
Var. %
2014/13
18.591
18.853
20.214
1,4
7,2
sbarcate
17.237
17.697
18.670
2,7
5,5
imbarcate
1.354
1.156
1.544
-14,6
33,6
Contenitori
2.287
2.475
2.453
8,2
-0,9
sbarcati
955
1.028
1.075
7,7
4,5
1.332
1.447
1.378
8,6
-4,7
583
1.158
1.792
98,8
54,8
sbarcate
173
390
666
125,6
71,0
imbarcate
410
769
1.126
87,5
46,5
imbarcati
Merci su trailer rotabili
Totale
21.460
22.486
24.460
4,8
8,8
sbarcate
18.364
19.115
20.411
4,1
6,8
imbarcate
3.096
3.372
4.049
8,9
20,1
Contenitori (TEU) (1)
208
227
223
9,0
-1,9
sbarcati
105
112
111
7,1
-1,0
imbarcati
104
115
112
10,9
-2,8
Passeggeri
6119
4.794
18.141
-21,7
278,4
Fonte: Autorità portuale di Ravenna.
(1) La TEU (twenty-foot equivalent unit) è l’unità di misura utilizzata per standardizzare il volume dei contenitori svincolandoli dalle tipologie di merci trasportate.
56
Tavola a9
Indicatori economici e finanziari delle imprese
(valori percentuali)
VOCI
Margine operativo lordo / Valore aggiunto
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
35,7
32,9
28,5
30,4
30,4
28,6
30,1
Margine operativo lordo / Attivo
6,6
5,7
4,9
5,3
5,3
4,9
5,3
ROA (1)
4,8
4,3
2,7
3,2
3,6
2,9
3,4
ROE (2)
6,4
3,7
0,5
2,0
2,0
0,7
1,7
Oneri finanziari / Margine operativo lordo
25,6
33,6
27,8
20,8
23,5
27,1
23,8
Leverage (3)
50,9
49,5
51,9
52,3
52,2
50,8
48,9
Leverage corretto per la liquidità (4)
46,0
45,2
47,1
47,1
47,2
45,4
42,2
Debiti finanziari / Fatturato
31,0
32,6
37,5
36,2
34,5
35,0
33,5
Debiti bancari / Debiti finanziari
72,6
73,1
71,2
70,1
68,9
67,8
65,2
2,4
2,3
3,4
3,5
3,5
3,3
5,0
126,9
124,6
121,7
120,1
119,0
118,5
121,8
85,2
82,4
84,9
85,1
84,7
84,9
88,4
7,4
6,7
8,1
8,4
7,6
7,8
8,9
22,6
23,5
23,9
22,2
21,0
20,4
18,9
Obbligazioni / Debiti finanziari
Liquidità corrente (5)
Liquidità immediata (6)
Liquidità / Attivo
Indice di gestione incassi e pagamenti (7)
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group. Campione aperto di società di capitali con sede in regione. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Rapporto tra l’utile corrente ante oneri finanziari e il totale dell’attivo. – (2) Rapporto tra il risultato netto rettificato e il patrimonio netto. – (3) Rapporto fra i debiti
finanziari e la somma dei debiti finanziari e del patrimonio netto. – (4) Rapporto fra i debiti finanziari al netto della liquidità e la somma dei debiti finanziari al netto
della liquidità e del patrimonio netto – (5) Rapporto tra attivo corrente e passivo corrente. – (6) Rapporto tra attivo corrente, al netto delle rimanenze di magazzino, e
passivo corrente. – (7) Rapporto tra la somma dei crediti commerciali e delle scorte al netto dei debiti commerciali e il fatturato.
57
Tavola a10
Commercio estero (cif-fob) per settore
(milioni di euro e variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
Esportazioni
SETTORI
2014
Importazioni
Variazioni
2014
Variazioni
2013
2014
851
-0,8
-1,2
1.615
3,1
2,1
19
-23,9
0,4
243
-23,9
-0,3
Prodotti alimentari, bevande e tabacco
4.598
6,7
0,4
4.927
4,9
-0,9
Prodotti tessili, abbigliamento
4.507
1,7
4,3
2.501
-2,5
13,5
Pelli, accessori e calzature
1.511
10,0
7,5
611
6,7
13,2
513
1,0
-3,2
1.006
0,8
2,4
35
-44,7
-15,3
168
-0,3
-18,1
Sostanze e prodotti chimici
2.956
-1,6
4,3
2.981
-2,5
-3,6
Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici
1.006
-6,1
10,3
376
-14,4
8,7
Gomma, materie plastiche, minerali non metalliferi
5.217
4,0
5,4
1.340
4,1
8,2
3.268
6,4
6,3
78,9
-2,1
17,1
Metalli di base e prodotti in metallo
4.023
4,0
0,1
3.459
8,6
6,3
Computer, apparecchi elettronici e ottici
1.132
4,7
6,8
1.341
-0,4
7,2
Prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca
Prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere
Legno e prodotti in legno; carta e stampa
Coke e prodotti petroliferi raffinati
di cui: materiali da costruzione in terracotta
Apparecchi elettrici
2013
2014
2.553
0,7
10,9
1.402
7,4
16,1
15.751
4,0
1,8
3.367
2,7
9,3
Mezzi di trasporto
6.228
-1,0
10,1
3.504
-7,9
5,8
Prodotti delle altre attività manifatturiere
1.643
5,4
9,1
1.119
5,4
16,8
109
-21,1
3,3
147
18,6
38,9
316
-7,9
36,7
122
4,2
6,8
52.966
2,7
4,3
30.229
1,1
5,4
Macchinari ed apparecchi n.c.a.
Energia e trattamento dei rifiuti e risanamento
Prodotti delle altre attività
Totale
Fonte: Istat. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
58
Tavola a11
Commercio estero (cif-fob) per area geografica
(milioni di euro e variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
Esportazioni
PAESI E AREE
2014
Importazioni
Variazioni
2013
2014
28.847
-0,3
6,4
20.776
-1,1
5.682
-0,3
Germania
6.748
Spagna
2.232
2014
Variazioni
2013
2014
20.165
1,3
4,7
6,0
15.671
-0,1
3,1
1,6
3.685
-4,7
3,4
0,7
7,8
4.923
0,8
2,9
0,1
13,2
1.757
1,7
4,1
8.072
1,8
7,4
4.494
7,1
10,6
3.078
3,6
7,3
877
-0,2
9,9
24.119
6,3
1,9
10.064
0,6
6,8
Altri paesi dell’Europa centro-orientale
2.532
5,5
-10,2
925
-0,4
-3,6
Altri paesi europei
2.456
2,7
-1,5
790
-2,8
0,8
America settentrionale
5.550
12,9
10,3
983
6,8
16,7
5.074
13,9
11,8
884
7,6
17,7
America centro-meridionale
2.058
3,6
-6,6
1.034
10,0
-1,1
Asia
8.604
4,9
6,2
5.667
-0,3
13,7
1.571
3,5
11,2
3.082
1,3
18,3
825
-9,2
-0,2
266
-31,7
10,4
1.937
-2,4
7,7
788
-0,2
4,9
2.918
5,3
-3,5
666
-5,8
-17,4
52.966
2,7
4,3
30.229
1,1
5,4
Paesi UE (1)
Area dell’euro
di cui: Francia
Altri paesi UE
di cui: Regno Unito
Paesi extra UE
di cui: Stati Uniti
di cui: Cina
Giappone
EDA (2)
Altri paesi extra UE
Totale
Fonte: Istat. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Aggregato UE a 28. – (2) Economie dinamiche dell’Asia: Corea del Sud, Hong Kong, Malaysia, Singapore, Taiwan, Thailandia.
59
Tavola a12
Scambi internazionali di servizi alle imprese
(milioni di euro e variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
Esportazioni
SETTORI
Importazioni
Variazioni
2014
2013
2014
2014
Variazioni
2013
2014
Tipo di servizi
Informatica e comunicazioni
33
28,5
7,6
96
-14,3
26,9
Finanziari e assicurazioni
462
142,4
-2,5
371
27,0
28,7
Uso proprietà intellettuale
124
-11,7
4,0
64
-26,9
39,2
Servizi professionali
484
0,2
-12,5
428
3,2
8,7
21
5,7
36,3
294
-29,6
40,0
602
73,0
25,1
754
10,3
-18,3
Ricerca e sviluppo
Altri “servizi alle imprese”
Area geografica
Paesi UE (1)
di cui: Area dell’euro
Paesi extra UE
Totale (2)
1.126
44,4
3,3
1.407
7,4
19,8
820
48,3
0,1
1.061
7,9
16,3
595
31,7
2,9
568
-5,0
-22,6
1.726
39,6
3,1
2.006
2,2
3,6
Fonte: Banca d’Italia. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Aggregato della UE a 28. – (2) Il totale può non corrispondere alla somma delle componenti per la presenza di valori non ripartiti geograficamente.
Tavola a13
Investimenti diretti per paese (1)
(consistenze in milioni di euro e percentuali)
Investimenti diretti all’estero - 2013
Investimenti diretti dall’estero - 2013
PAESI
PAESI
Valori assoluti
Quota %
Valori assoluti
Quota %
Stati Uniti
3.385
20,6
Francia
6436
39,8
Francia
1.775
10,8
Paesi Bassi
2.349
14,5
Germania
1.518
9,3
Lussemburgo
2.151
13,3
Belgio
841
5,1
Stati Uniti
1211
7,5
Cina
639
3,9
Germania
1161
7,2
Paesi Bassi
581
3,5
Svezia
946
5,9
Spagna
534
3,3
Austria
745
4,6
Brasile
494
3,0
Danimarca
378
2,3
Russia
459
2,8
Regno Unito
284
1,8
Svizzera
443
2,7
Giappone
104
0,6
Svezia
424
2,6
Spagna
97
0,6
Regno Unito
394
2,4
Finlandia
67
0,4
Russia
Romania
Altri paesi (2)
Totale
267
1,6
4.650
28,3
16.404
100,0
Altri paesi (2)
Totale
46
0,3
202
1,2
16.177
100,0
Fonte: Banca d’Italia. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) La presenza di consistenze negative di investimenti diretti è resa possibile dalla convenzione di registrazione dei prestiti intrasocietari. Classificazione geografica
prevista dal BOP Vademecum dell’Eurostat; la Francia include il Principato di Monaco. Il paese estero di controparte è quello del soggetto nei cui confronti l’impresa
residente riporta l’attività o la passività (o il paese di residenza dell’impresa estera da cui proviene l’investimento) che non è necessariamente il paese di effettiva
origine o destinazione dei capitali. - (2) Inclusi i paesi non elencati, gli organismi internazionali e gli importi non allocati.
60
Tavola a14
Investimenti diretti per settore (1)
(consistenze in milioni di euro; percentuali)
SETTORI
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Estrazione di minerali
Attività manifatturiere
Industrie alimentari, delle bevande e
del tabacco
Industrie tessili, abb. e articoli in pelle
Industrie del legno, carta e stampa
Fabbr. di der. del petrolio, prodotti
chimici e farmaceutici
Fabbricazione di articoli in gomma e
materie plastiche
Metallurgia, fabbricazione di prodotti in
metallo
Fabbricazione di prodotti elettronici
Fabbricazione di macchinari
Fabbricazione di autoveicoli e altri
mezzi di trasporto
Altre attività manifatturiere
Fornitura di en. el., ecc., att. di gest. rifiuti
e risanamento
Costruzioni
Servizi
Commercio e riparazioni
Trasporto e magazzinaggio
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione
Servizi di informazione e comunicazione
Attività finanziarie e assicurative (2)
Attività immobiliari
Attività privata di acquisto e vendita di
immobili
Attività professionali, scientifiche e
tecniche
Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di
supporto alle imprese
Altre attività terziarie
Totale (3)
Investimenti diretti all’estero - 2013
Valori assoluti
Quota %
Investimenti diretti dall’estero - 2013
Valori assoluti
Quota %
10
12
8.900
0,1
0,1
54,3
..
..
3.302
..
..
20,4
2.481
86
79
15,1
0,5
0,5
3.852
..
23
23,8
..
0,1
226
1,4
241
1,5
-24
-0,1
..
..
833
299
2.281
5,1
1,8
13,9
..
-20
-2.107
..
-0,1
-13,0
684
1.955
4,2
11,9
101
1.212
0,6
7,5
63
0,4
189
1,2
135
0,8
50
0,3
7.285
3.008
250
44,4
18,3
1,5
12.636
4.148
194
78,1
25,6
1,2
101
0,6
58
0,4
150
2.179
712
0,9
13,3
4,3
152
6.269
..
0,9
38,8
..
1.208
7,4
636
3,9
-535
-3,3
196
1,2
55
158
0,3
1,0
983
..
6,1
..
16.404
100,0
16.177
100,0
Fonte: Banca d’Italia. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) La presenza di consistenze negative di investimenti diretti è resa possibile dalla convenzione di registrazione dei prestiti intrasocietari. Gli investimenti diretti
all’estero sono classificati in base al settore di attività economica dell’operatore estero; quelli dall’estero sono classificati in base al settore di attività economica
dell’operatore italiano. – (2) Incluse le holding finanziarie. – (3) Inclusi gli importi non allocati.
61
Tavola a15
Occupati e forza lavoro
(variazioni percentuali sul periodo corrispondente e valori percentuali)
Occupati
PERIODI
Agricoltura
Industria
in senso
stretto
Totale
In cerca
di occupazione
Servizi
Costruzioni
di cui:
com., alb.
e ristor.
Forze di
lavoro
Tasso di
occupazione
(1) (2)
Tasso di
disoccupazione
(1)
Tasso di
attività
(1) (2)
2010
0,8
-4,0
2,9
0,9
1,3
-0,3
35,5
1,5
67,5
7,0
72,7
2011
-11,5
-2,0
1,9
-0,6
1,4
-1,2
20,1
0,3
66,2
8,4
72,4
2012
0,4
1,4
-2,4
0,2
0,9
0,4
-0,3
0,3
66,3
8,3
72,4
2013 – 1° trim.
-5,1
-3,0
7,5
-2,2
-1,8
-2,0
29,1
0,2
65,2
9,2
72,0
2° trim.
-20,7
1,0
-13,1
0,8
5,0
-1,0
23,5
0,5
66,8
7,6
72,4
3° trim.
-5,2
-5,1
4,3
1,1
1,8
-0,6
16,
0,5
67,0
7,4
72,5
4° trim.
-13,4
-0,6
11,6
-2,2
0,5
-1,3
12,8
-0,2
66,0
9,2
72,8
2014 – 1° trim.
3,3
0,3
-4,4
0,4
-1,4
0,2
4,6
0,6
64,8
9,6
71,9
2° trim.
4,0
-0,6
-4,8
1,5
2,1
0,6
-0,4
0,5
66,9
7,6
72,6
3° trim.
-9,6
1,8
5,8
-1,0
1,7
-0,1
-1,9
-0,3
66,9
7,3
72,3
4° trim.
4,7
4,2
-5,9
0,1
0,9
0,9
-3,7
0,5
66,3
8,8
72,9
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro. Differenze rispetto a quanto pubblicato in precedenti edizioni del presente rapporto sono dovute a revisioni delle serie
storiche. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Valori percentuali. – (2) Si riferisce alla popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni.
62
Tavola a16
Ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni
(migliaia di ore e variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
Interventi straordinari
e in deroga
Interventi ordinari
Variazioni
SETTORI
2014
Agricoltura
Industria in senso stretto
Estrattive
Totale
Variazioni
2013
2014
8
-83,9
955,4
11.795
107,8
-13,3
2014
Variazioni
2013
2014
57
-88,1
193,0
46.056
-14,3
1,2
2014
2013
2014
65
-88,0
222,6
57.851
-0,9
-2,2
7
45,1
-46,1
37
421,1
-29,8
44
238,4
-33,2
Legno
432
-16,9
-46,4
5.667
34,5
7,7
6.099
24,3
0,5
Alimentari
166
-35,2
-0,6
1.158
7,1
-34,1
1.323
1,3
-31,2
93
-4,5
-56,8
492
35,7
-35,7
584
24,2
-40,3
Metallurgiche
Meccaniche
4.335
-8,7
-40,7
21.494
6,3
-8,0
25.830
2,3
-15,8
Tessili
119
-31,7
-26,9
1.162
-16,9
-25,1
1.281
-18,6
-25,3
Abbigliamento
250
3,1
-31,6
2.161
-35,9
-34,2
2.410
-33,4
-33,9
Chimica, petrolchimica, gomma
e plastica
439
-34,5
-44,4
2.678
67,2
-1,2
3.116
23,9
-11,0
83
-20,1
-44,6
785
44,5
-18,3
868
30,3
-21,8
Pelli, cuoio e calzature
Lavorazione minerali non met.
1.178
-10,0
-7,8
6.447
15,8
-10,1
7.625
11,0
-9,7
Carta, stampa ed editoria
275
-28,7
-30,1
1.667
44,7
-19,5
1.942
24,3
-21,2
Installaz. impianti per l’edilizia
342
38,5
-7,6
988
29,2
-20,0
1.330
31,2
-17,2
2
161,8
-28,4
..
35,1
-100,0
2
38,0
-96,9
Energia elettrica e gas
Varie
58
9,4
-63,4
1.061
17,4
64,8
1.119
15,7
39,4
Edilizia
3.507
-4,9
-28,2
7.112
67,9
-11,1
10.619
30,2
-17,6
115
0,5
-53,6
2.515
46,2
-16,8
2.630
41,3
-19,6
Trasporti e comunicazioni
Tabacchicoltura
..
-
-
..
-
-
..
-
-
Commercio, servizi e settori vari
..
-100,0
-
16.529
-6,5
-16,6
16.529
-6,5
-16,6
11.407
-9,9
-34,1
72.010
9,4
-11,9
83.417
5,4
-15,8
1.277
3,2
-26,7
6.956
87,8
-58,8
8.233
74,5
-55,8
Totale
di cui: artigianato (1)
Fonte: INPS. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Negli interventi ordinari include solo l’artigianato edile e lapidei; nel totale include anche l’artigianato industriale, dei trasporti e dei servizi.
63
Tavola a17
Reddito disponibile per fonte e tipologia di famiglia
(euro e variazioni percentuali)
Emilia-Romagna
VOCI
Reddito disponibile equivalente (1)
di cui: da lavoro
da trasferimenti
per numero di componenti della
famiglia
al più 2 componenti
Nord Est
Italia
2007
2012
Var. %
2007
2012
Var. %
2007
2012
Var. %
22.724
20.584
-9,4
21.449
19.892
-7,3
19.534
18.156
-7,1
14.659
12.702
-13,4
13.778
12.550
-8,9
12.176
10.829
-11,1
7.334
7.224
-1,5
7.004
6.787
-3,1
6.820
6.780
-0,6
21.660
20.286
-6,3
20.629
19.773
-4,2
19.391
18.581
-4,2
3 componenti
24.697
22.489
-8,9
23.222
21.175
-8,8
20.976
18.938
-9,7
più di 3 componenti
24.595
19.638
-20,2
22.123
18.921
-14,5
18.570
16.287
-12,3
affitto
19.142
16.107
-15,9
18.382
15.961
-13,2
16.339
14.566
-10,9
proprietà o titolo assimilabile
24.163
22.559
-6,6
22.507
21.249
-5,6
20.802
19.559
-6,0
per titolo di occupazione
dell’abitazione
Fonte: elaborazioni su dati EU-SILC. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Include anche redditi da capitale e da fonti residuali.
64
Tavola a18
Retribuzioni dei lavoratori dipendenti nel settore privato (1)
(variazioni percentuali, periodo 2009-13)
Emilia-Romagna
Nord Est
Italia
Retribuzioni pro
capite
Retribuzione
settimanale (2)
Settimane lavorate (2)
Retribuzioni pro
capite
Retribuzione
settimanale (2)
Settimane lavorate (2)
Retribuzioni pro
capite
Retribuzione
settimanale (2)
Settimane lavorate (2)
-9,4
-1,6
-8,0
-7,5
-1,4
-6,2
-12,1
-1,5
-10,8
-5,4
-1,9
-3,5
-5,1
-2,1
-3,0
-7,7
-2,3
-5,6
-2,8
-1,3
-1,5
-2,7
-1,6
-1,1
-5,0
-2,3
-2,7
-3,5
-1,6
-1,9
-3,6
-1,9
-1,7
-5,5
-2,5
-3,1
1,8
-0,6
2,5
0,9
-1,8
2,7
-2,7
-3,0
0,3
0,0
1,0
-1,0
-0,2
0,6
-0,8
-2,3
0,2
-2,5
-0,1
1,7
-1,8
-0,2
1,1
-1,3
-2,1
0,7
-2,8
5,9
5,6
0,3
5,1
4,6
0,5
3,5
4,2
-0,6
Costruzioni
-4,9
-2,7
-2,3
-3,2
-2,0
-1,2
-4,0
-0,4
-3,6
Servizi
-3,0
-1,4
-1,6
-3,1
-1,8
-1,3
-5,5
-2,4
-3,2
VOCI
Classi di età
fino a 24
25-34
35-44
45-54
55 e oltre
Genere
Maschi
Femmine
Settore
Industria in senso stretto
di cui: Commercio
-1,1
0,4
-1,4
-0,9
0,5
-1,3
-2,3
1,0
-3,3
Alberghi e ristoranti
-4,1
-2,2
-1,9
-0,8
-1,1
0,4
-5,8
-1,5
-4,3
Trasp. e comunicazioni
-2,9
-2,4
-0,5
-2,7
-2,5
-0,2
-6,0
-4,2
-1,8
Attività finanziarie
-4,9
-4,7
-0,2
-5,0
-4,9
-0,1
-4,7
-4,7
0,0
Att. imm., ser. alle imprese
-0,3
0,3
-0,6
-1,4
-0,9
-0,6
-3,5
-1,8
-1,7
Istruzione
-8,1
-0,5
-7,6
-7,8
-1,3
-6,6
-10,6
-1,0
-9,7
3,1
4,2
-1,1
-1,8
-1,0
-0,9
-5,4
-3,9
-1,5
-2,2
-1,7
-0,5
-2,9
-1,7
-1,2
-4,6
-2,0
-2,6
Sanità e assist. sociale
Altri servizi
Tipo contratto
Tempo indeterminato
1,6
1,7
-0,1
1,3
1,2
0,1
-0,8
0,5
-1,3
Tempo determinato
-2,5
-0,2
-2,4
-4,1
-1,5
-2,6
-9,5
-1,7
-7,9
Stagionale
-1,3
1,3
-2,5
-2,1
-0,7
-1,4
-5,2
-0,5
-4,8
Tipo orario
Full time
3,0
2,4
0,6
2,1
1,6
0,6
1,4
1,5
-0,1
Part time
-1,1
-0,2
-0,9
0,7
0,2
0,5
-1,8
-0,6
-1,2
0,2
2,2
-2,0
-0,1
1,4
-1,4
-3,5
0,6
-4,1
Impiegati
-1,0
-0,2
-0,8
-1,7
-0,8
-0,9
-3,0
-1,4
-1,6
Quadri e altre qualifiche
-4,7
-3,8
-1,0
-5,6
-4,4
-1,3
-5,1
-4,3
-0,9
1,4
1,2
0,2
0,5
0,0
0,5
-1,2
-2,0
0,8
0,1
1,4
-1,3
-0,3
0,8
-1,0
-2,6
0,2
-2,8
Qualifica
Operai e apprendisti
Dirigenti
Totale
Fonte: elaborazioni su dati dell’Osservatorio INPS sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Settore privato non agricolo. – (2) Equivalenti a tempo pieno, dati pro capite.
65
Tavola a19
Composizione della spesa mensile delle famiglie
(valori percentuali)
2007
2008
2009
15,1
15,0
15,8
2010
2011
2012
2013
16,6
16,1
16,3
Emilia-Romagna
Alimentari
Tabacchi
15,5
0,6
0,7
0,7
0,7
0,6
0,8
0,8
Abbigliamento, mobili, elettrodomestici
11,7
11,3
11,5
10,9
10,7
9,4
9,6
Abitazione, combustibili e energia elettrica
33,6
34,5
33,6
33,8
34,0
34,0
35,1
4,0
4,1
3,9
4,1
3,8
4,0
3,9
Sanità
Trasporti e carburanti
15,2
15,1
14,9
15,1
15,0
15,6
14,9
Comunicazioni
2,0
1,9
1,9
1,9
1,9
1,8
1,8
Istruzione
1,0
1,0
1,0
1,4
1,1
1,5
1,1
Tempo libero e cultura
4,5
4,4
4,3
4,8
4,8
5,3
4,5
12,4
12,0
12,4
11,8
11,6
11,7
12,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Altri beni e servizi
Spesa media mensile
Nord Est
Alimentari
15,1
15,4
15,6
15,7
16,2
16,1
16,2
Tabacchi
0,6
0,7
0,6
0,6
0,6
0,7
0,7
Abbigliamento, mobili, elettrodomestici
11,7
11,5
11,5
11,1
10,5
10,1
9,3
Abitazione, combustibili e energia elettrica
32,4
33,2
34,1
33,5
34,8
34,1
35,2
Sanità
4,1
4,2
3,8
4,1
4,3
4,0
3,9
16,1
15,5
14,9
15,2
14,5
15,7
15,5
Comunicazioni
1,9
2,0
1,8
1,8
1,8
1,8
1,8
Istruzione
1,0
0,9
1,0
1,2
1,3
1,4
1,2
Tempo libero e cultura
4,8
4,6
4,4
4,9
4,7
4,8
4,6
Trasporti e carburanti
Altri beni e servizi
Spesa media mensile
12,1
12,0
12,1
11,7
11,3
11,4
11,6
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
18,8
19,1
18,9
19,0
19,2
19,4
19,5
Italia
Alimentari
Tabacchi
0,9
0,9
0,8
0,8
0,8
0,8
0,9
Abbigliamento, mobili, elettrodomestici
12,0
11,5
11,3
11,2
10,5
9,8
9,2
Abitazione, combustibili e energia elettrica
31,4
32,2
33,5
33,7
34,1
34,5
35,2
4,0
3,8
3,6
3,7
3,7
3,6
3,7
14,7
14,3
13,8
13,8
14,2
14,5
14,2
Comunicazioni
2,0
2,0
2,0
2,0
1,9
1,9
1,9
Istruzione
1,0
1,0
1,0
1,1
1,1
1,2
1,1
Sanità
Trasporti e carburanti
Tempo libero e cultura
Altri beni e servizi
Spesa media mensile
4,4
4,3
4,2
4,4
4,2
4,1
4,0
10,7
10,9
11,0
10,3
10,2
10,2
10,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Indagine sui consumi delle famiglie italiane. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
66
Tavola a20
Componenti dell’indicatore di povertà ed esclusione sociale di Europa 2020
(in percentuale della popolazione)
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Indicatore di povertà ed esclusione sociale
Emilia-Romagna
13,9
13,8
13,8
12,8
15,7
17,7
Nord Est
14,4
13,9
13,9
13,8
16,4
16,6
Italia
25,3
24,7
24,5
28,2
29,9
28,4
UE (15 paesi)
21,7
21,4
21,8
22,6
23,1
23,1
Emilia-Romagna
8,9
9,1
9,1
8,3
8,8
10,8
Nord Est
9,6
9,4
9,4
9,6
10,5
10,6
Italia
18,7
18,4
18,2
19,6
19,4
19,1
UE (15 paesi)
16,4
16,2
16,3
16,6
16,6
16,4
di cui: a rischio di povertà
in stato di grave deprivazione materiale
Emilia-Romagna
4,0
3,2
3,2
3,9
6,7
8,4
Nord Est
3,3
3,4
3,4
3,6
5,6
6,1
Italia
7,5
7,0
6,9
11,2
14,5
12,4
UE (15 paesi)
5,4
5,1
5,3
6,2
7,3
7,3
5,4
in fam. a intensità di lavoro molto bassa (1)
Emilia-Romagna
5,1
4,7
4,7
5,7
5,7
Nord Est
5,4
4,4
4,4
5,8
5,7
5,9
Italia
9,8
8,8
10,2
10,4
10,4
11,1
UE (15 paesi)
9,4
9,6
10,8
11,0
11,0
11,5
Fonte: elaborazioni su dati Istat (Indagine sulle condizioni di vita) ed Eurostat. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) In percentuale della popolazione con meno di 60 anni.
Tavola a21
Indicatore di povertà ed esclusione sociale di Europa 2020 per classe di età e cittadinanza (1)
(percentuale rispetto alla popolazione)
Anno
Minori
Giovani
Anziani
Stranieri (2)
Totale
2008
2013
15,2
22,3
13,7
16,9
14,4
10,2
21,6
31,6
13,9
17,7
2008
2013
13,8
17,3
14,5
16,4
18,2
14,3
17,5
24,2
14,4
16,6
2008
2013
29,1
31,9
24,4
27,7
24,4
22,6
29,7
35,2
25,3
28,4
2008
2013
24,4
26,0
26,7
31,1
21,0
16,5
35,1
40,0
21,7
23,1
Emilia-Romagna
Nord Est
Italia
UE (15 paesi)
Fonte elaborazioni su dati Istat (Indagine sulle condizioni di vita) ed Eurostat. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) I giovani hanno tra 18 e 24 anni, gli anziani 65 anni o più. – (2) La quota di stranieri in Europa è riferita alle persone di 18 anni e più.
67
Tavola a22
Prestiti e depositi delle banche per provincia (1)
(consistenze di fine periodo in milioni di euro)
PROVINCE
2012
2013
2014
Prestiti (2)
Bologna
60.077
58.255
45.465
Piacenza
7.625
7.305
7.189
Parma
15.386
14.480
14.448
Reggio Emilia
22.125
21.128
21.446
Modena
26.035
25.022
24.627
Ferrara
7.633
7.347
7.136
Ravenna
14.216
14.112
13.713
Forlì
14.939
14.434
14.155
Rimini
11.800
11.439
11.060
Bologna
24.864
Depositi (3)
Piacenza
25.507
25.382
6.664
6.968
7.297
Parma
10.862
11.818
11.810
Reggio Emilia
10.559
11.185
11.802
Modena
15.023
15.810
16.548
Ferrara
6.555
6.874
7.164
Ravenna
6.587
6.880
7.360
Forlì
7.899
8.387
8.882
Rimini
7.276
7.256
7.313
Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Sono incluse le segnalazioni della Cassa depositi e prestiti. – (2) I dati si riferiscono al totale dei settori istituzionali e includono i pronti contro termine e le
sofferenze. – (3) I dati si riferiscono solamente alle famiglie consumatrici e alle imprese.
68
Tavola a23
Prestiti e sofferenze delle banche per settore di attività economica (1)
(consistenze di fine periodo in milioni di euro)
SETTORI
Amministrazioni pubbliche
Settore privato
Società finanziarie e assicurative
Imprese
Prestiti (2)
2012
Sofferenze
2013
2014
2012
2013
2014
4.285
3.980
3.757
-
-
-
175.551
169.540
155.483
11.539
14.720
17.680
26.787
25.951
15.513
25
26
206
105.190
100.609
97.288
9.279
12.128
14.619
Imprese medio-grandi
85.607
81.871
79.215
7.456
9.970
12.083
Imprese piccole (3)
19.584
18.737
18.073
1.823
2.158
2.536
di cui: famiglie produttrici (4)
Famiglie consumatrici
Totale
9.680
9.443
9.106
930
1.101
1.211
42.993
42.402
42.062
2.218
2.547
2.800
179.836
173.521
159.240
11.539
14.720
17.680
Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Il totale include anche le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili o non classificate. Sono incluse le segnalazioni della
Cassa depositi e prestiti. – (2) I dati includono i pronti contro termine e le sofferenze. – (3) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici,
società di fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti. – (4) Società semplici, società di fatto e imprese individuali fino a 5 addetti.
69
Tavola a24
Prestiti di banche e società finanziarie alle imprese per branca di attività economica (1)
(consistenze di fine periodo in milioni di euro e variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
BRANCHE
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Estrazioni di minerali da cave e miniere
Attività manifatturiere
2014
Variazioni
2013
2014
6.004
1,1
2,0
244
-7,2
-4,5
30.041
-6,6
-3,8
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
6.617
-7,9
-2,7
Industrie tessili, abbigliamento e articoli in pelle
2.478
-5,3
-6,5
Industria del legno e dell’arredamento
1.213
-6,6
-4,6
898
-5,2
-6,4
Fabbricazione di raffinati del petrolio, prodotti chimici e farmaceutici
1.005
-9,0
7,5
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche
1.247
-1,5
-1,8
Metallurgia, fabbricazione di prodotti in metallo e lavorazione di min. non metalliferi
7.281
-7,3
-1,9
Fabbricazione di prodotti elettronici, apparecchiature elettriche e non elettriche
1.818
-5,7
-2,7
Fabbricazione di macchinari
5.447
-8,9
-4,5
794
8,2
-27,0
1.243
-4,4
-0,6
Fabbricazione di carta e stampa
Fabbricazione di autoveicoli e altri mezzi di trasporto
Altre attività manifatturiere
Fornitura di energia elettrica, gas, acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e
risanamento
2.418
-3,9
-9,8
Costruzioni
20.058
-3,1
-5,5
Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli
16.122
-4,0
0,5
Trasporto e magazzinaggio
2.694
-4,4
-4,5
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione
3.686
-1,9
-1,2
Servizi di informazione e comunicazione
1.305
-1,7
-7,1
Attività immobiliari
15.764
-4,5
-5,4
Attività professionali, scientifiche e tecniche
3.197
-11,9
6,3
Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese
2.203
-15,9
-7,3
3.578
-5,7
-5,3
108.030
-4,9
-3,3
Altre attività terziarie
Totale
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Dati riferiti alle segnalazioni di banche, società finanziarie e società veicolo di operazioni di cartolarizzazione. I dati includono le sofferenze. Il totale include le
attività economiche non classificate o non classificabili.
70
Tavola a25
Caratteristiche delle imprese e riallocazione del credito bancario
(quote percentuali e migliaia; medie del periodo 2006-2014)
Grado di mobilità delle imprese sul mercato del credito (1)
VOCE
(a) Imprese che non
hanno riallocato
il credito (2)
(b) Imprese che hanno riallocato
almeno il 5 per cento del credito
Totale
di cui: imprese che hanno
interrotto e/o acquisito nuove
relazioni bancarie
Numero di imprese (migliaia)
96,9
19,1
11,8
116,0
Quota sul totale delle imprese
83,6
16,4
10,1
100,0
Quota sul totale del credito utilizzato
62,9
37,1
27,5
100,0
Numero medio di banche finanziatrici
1,6
3,3
3,3
2,2
70,1
42,2
41,6
59,8
4,4
41,1
43,7
10,4
Quota della banca principale
% imprese che cambia la banca principale
Quota di imprese mobili sul mercato del credito
Branca di attività economica
Manifattura
71,5
28,5
16,2
100,0
Costruzioni
86,1
13,9
8,4
100,0
Servizi
86,2
13,8
8,8
100,0
Altro
86,7
13,3
9,4
100,0
Fino al 33 per cento
77,4
22,6
13,5
100,0
Oltre il 33 per cento
90,9
9,1
6,1
100,0
20 addetti e oltre
75,2
24,8
15,4
100,0
Meno di 20 addetti
89,0
11,0
6,7
100,0
In default rettificato
95,4
4,6
3,6
100,0
In bonis
81,8
18,2
11,1
100,0
Percentuale di credito garantito
Dimensione
Status impresa all’inizio dell’anno
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Un’impresa può essere assegnata a uno dei tre gruppi in alcuni anni e a un altro gruppo in altri anni. – (2) Includono quelle che hanno riallocato meno
del 5 per cento del loro credito.
71
Tavola a26
Garanzie sui prestiti alle imprese
(valori percentuali)
VOCI
Quota dei prestiti garantiti (a)
Emilia-Romagna
Italia
2007
2013
2014
2007
2013
2014
61,8
68,1
68,1
63,5
69,3
69,3
di cui: totalmente garantiti
35,9
41,1
40,7
39,6
44,5
44,0
parzialmente garantiti
25,9
27,0
27,5
23,9
24,7
25,4
83,3
84,4
84,4
85,1
85,9
86,0
60,2
60,8
61,2
60,5
60,4
61,7
51,5
57,5
57,5
54,0
59,5
59,6
31,0
38,1
37,8
32,5
37,9
37,4
30,4
32,5
32,5
32,2
34,6
35,1
di cui: piccole imprese (2)
69,2
76,2
76,3
69,2
75,0
75,0
di cui: industria manifatturiera
36,3
39,4
39,2
39,8
43,5
43,5
costruzioni
68,4
70,7
71,8
73,4
74,7
74,7
servizi
55,1
62,3
62,4
55,9
63,2
63,6
Garanzia media sui prestiti garantiti (b)
di cui: sui prestiti parz. garantiti
Grado di copertura (a*b) (1)
di cui: garanzie reali
garanzie personali
Garanzie collettive e pubbliche
Quota sul totale delle garanzie personali
di cui: confidi
4,3
7,9
8,3
5,0
7,4
8,3
4,3
6,8
6,3
4,8
5,4
5,3
finanziarie regionali
0,0
0,0
0,0
0,2
0,4
0,4
Fondo di garanzia PMI
0,0
1,1
2,0
0,0
1,5
2,6
Fonte: Centrale dei rischi. I dati potrebbero differire rispetto a quelli precedentemente diffusi a seguito dell’adeguamento dell’anagrafe dei soggetti censiti nella
Centrale dei rischi al nuovo Sistema Europeo dei Conti (SEC 2010). Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) La somma del grado di copertura da garanzie reali e personali non corrisponde al valore complessivo perché una quota dei prestiti è sovra garantita. –
(2) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici, società di fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti.
72
Tavola a27
Qualità del credito (1)
(valori percentuali)
Imprese
PERIODI
Società
finanziarie
e assicurative
di cui:
attività
manifatturiere
costruzioni
servizi
di cui:
piccole
imprese (2)
Famiglie
consumatrici
Totale (3)
Nuove sofferenze (4)
Dic. 2013
0,6
4,3
3,6
8,5
3,8
3,3
1,3
3,1
Mar. 2014
0,4
4,3
3,3
8,3
4,1
3,2
1,3
3,1
Giu. 2014
0,5
4,0
3,0
7,9
3,8
3,1
1,3
2,9
Set. 2014
0,1
4,0
2,3
10,1
3,4
3,3
1,3
2,9
Dic. 2014
0,1
4,1
2,1
10,9
3,3
3,5
1,6
3,0
Mar. 2015 (5)
0,4
4,0
2,2
11,0
3,2
3,5
1,6
3,0
Dic. 2013
6,4
10,8
6,5
22,3
10,0
7,7
4,2
8,9
Mar. 2014
5,6
11,2
6,1
23,4
10,2
7,9
4,2
9,1
Giu. 2014
5,6
11,4
6,0
24,8
10,3
8,0
4,4
9,2
Set. 2014
6,0
11,6
6,0
25,2
10,6
8,1
4,5
9,4
Dic. 2014
7,2
11,3
6,3
23,6
10,4
7,7
4,2
9,1
Mar. 2015 (5)
7,1
11,3
5,8
23,9
10,6
8,1
4,3
9,3
Dic. 2013
1,7
15,3
16,0
22,8
13,5
14,1
8,2
12,1
Dic. 2014
1,7
18,2
17,3
30,2
16,0
16,6
9,2
14,3
Mar. 2015 (5)
2,2
18,5
17,1
31,7
16,1
17,1
9,4
14,6
Dic. 2013
8,1
26,1
22,5
45,1
23,5
21,8
12,4
21,0
Dic. 2014
8,9
29,5
23,6
53,8
26,4
24,3
13,4
23,4
Mar. 2015 (5)
9,3
29,8
22,9
55,6
26,7
25,2
13,7
23,9
Crediti scaduti, incagliati o ristrutturati sui crediti totali (a) (6) (7)
Sofferenze sui crediti totali (b) (6)
Crediti deteriorati sui crediti totali (a+b) (6) (7)
Fonte: Centrale dei rischi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Dati riferiti alle segnalazioni di banche, società finanziarie e società veicolo di operazioni di cartolarizzazione. – (2) Società in accomandita semplice e in nome
collettivo, società semplici, società di fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti. – (3) Include anche le Amministrazioni pubbliche, le istituzioni senza scopo di
lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili o non classificate. – (4) Esposizioni passate a sofferenza rettificata in rapporto ai prestiti non in sofferenza
rettificata in essere all’inizio del periodo. I valori sono calcolati come medie dei quattro trimestri terminanti in quello di riferimento. – (5) Dati provvisori. – (6) Il denominatore del rapporto include le sofferenze. – (7) A partire da gennaio 2015 è cambiata la nozione di credito deteriorato diverso dalle sofferenze per effetto
dell’adeguamento agli standard fissati dall’Autorità bancaria europea. Fino a dicembre 2014 l’aggregato comprendeva i crediti scaduti, quelli incagliati e quelli ristrutturati; tali componenti sono state sostituite dalle nuove categorie delle inadempienze probabili e delle esposizioni scadute e/o sconfinanti.
73
Tavola a28
Il risparmio finanziario (1)
(consistenze di fine periodo in milioni di euro e variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
Famiglie consumatrici
VOCI
2014
Depositi
di cui: conti correnti
depositi a risparmio (2)
pronti contro termine
Titoli a custodia (3)
di cui: titoli di Stato italiani
obbligazioni banc. Ital.
altre obbligazioni
azioni
quote di OICR (4)
Totale imprese
e famiglie consumatrici
Imprese
Variazioni
2014
2013
2014
75.822
2,8
3,4
27.735
44.943
4,7
11,2
24.533
30.762
2,1
-5,8
3.191
118
-66,4
-52,0
12
101.975
0,4
-2,1
21.814
-0,9
-4,3
31.562
-7,1
-18,5
6.878
-20,0
-8,8
Variazioni
2013
2014
9,6
2,7
15,1
-12,6
-71,3
11.867
1.692
3.095
1.251
2014
Variazioni
2013
2014
103.557
4,6
3,2
6,4
69.476
8,3
9,5
-18,7
33.952
0,3
-7,2
-61,5
130
-67,0
-53,2
2,3
-1,6
113.841
0,6
-2,0
-16,3
1,5
23.507
-2,1
-3,9
-8,4
-12,1
34.657
-7,2
-18,0
-27,7
37,2
8.128
-20,9
-3,7
9.012
4,2
0,8
3.331
17,7
-9,5
12.343
9,6
-3,7
32.500
24,8
25,0
2.448
20,0
22,1
34.947
24,5
24,8
Fonte: segnalazioni di vigilanza. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Depositi e titoli a custodia costituiscono le principali componenti del risparmio finanziario; le variazioni sono corrette per tenere conto delle riclassificazioni. –
(2) Depositi con durata prestabilita o rimborsabili con preavviso. – (3) Titoli a custodia semplice e amministrata valutati al fair value. I dati sulle obbligazioni sono tratti
dalle informazioni sui titoli di terzi in deposito. – (4) Organismi di investimento collettivo del risparmio. Sono escluse le quote depositate dalla clientela in assenza di
un esplicito contratto di custodia.
74
Tavola a29
Tassi di interesse bancari (1)
(valori percentuali)
VOCI
Dic. 2012
Dic. 2013
Dic. 2014
Mar. 2015 (2)
Tassi attivi (3)
Prestiti a breve termine (4)
5,74
5,81
5,34
5,21
5,69
5,73
5,24
5,09
piccole imprese (5)
7,81
7,93
7,54
7,57
totale imprese
5,93
5,99
5,52
5,38
di cui: imprese medio-grandi
di cui: attività manifatturiere
5,40
5,51
5,08
4,85
costruzioni
6,96
6,99
6,68
6,61
servizi
5,96
5,94
5,42
5,34
4,35
3,92
2,74
2,45
3,62
3,57
2,91
2,79
4,50
4,42
2,97
2,66
0,34
0,26
Prestiti a medio e a lungo termine (6)
di cui: famiglie consumatrici per l’acquisto di abitazioni
imprese
Tassi passivi
Conti correnti liberi (7)
0,65
0,54
Fonte: Rilevazioni sui tassi di interesse attivi e passivi. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Dati riferiti alle operazioni in euro. I totali includono le Amministrazioni pubbliche, le società finanziarie e assicurative, le imprese, le famiglie consumatrici, le
istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili o non classificate. – (2) Dati provvisori. – (3) Tassi effettivi riferiti ai finanziamenti
per cassa erogati a favore della clientela ordinaria segnalata alla Centrale dei rischi nell’ultimo mese del trimestre di riferimento. Le informazioni sui tassi attivi sono
rilevate distintamente per ciascun cliente: sono oggetto di rilevazione i finanziamenti per cassa concessi alla clientela ordinaria relativi a ciascun nominativo per il
quale, alla fine del trimestre di riferimento, la somma dell’accordato o dell’utilizzato segnalata alla Centrale dei rischi sia pari o superiore a 75.000 euro. – (4) Dati
riferiti ai rischi autoliquidanti e ai rischi a revoca. – (5) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici, società di fatto e imprese individuali
con meno di 20 addetti. – (6) Tasso di interesse annuo effettivo globale (TAEG) relativo alle operazioni non agevolate accese nel trimestre con durata superiore a un
anno. – (7) I tassi passivi (al lordo della ritenuta fiscale) si riferiscono alle operazioni di deposito in conto corrente di clientela ordinaria, in essere alla fine del trimestre di rilevazione. Includono anche i conti correnti con assegni a copertura garantita.
75
Tavola a30
Struttura del sistema finanziario
(dati di fine periodo, unità)
VOCI
2002
2007
2013
124
137
113
111
54
58
47
45
banche spa (1)
24
28
21
19
banche popolari
5
4
4
4
25
25
21
21
-
1
1
1
3.057
3.517
3.309
3.220
1.730
2.411
1.981
1.934
328
329
333
325
Banche presenti con propri sportelli
di cui: con sede in regione
banche di credito cooperativo
filiali di banche estere
Sportelli operativi
di cui: di banche con sede in regione
Comuni serviti da banche
2014
Numero dei rapporti di finanziamento per sportello
bancario
1.005
805
724
750
Numero dei conti di deposito per sportello bancario
1.524
1.208
1.447
1.506
75.267
102.784
131.046
157.535
3.550
4.673
4.192
4.205
Società di intermediazione mobiliare
2
5
5
5
Società di gestione del risparmio, Sicav e Sicaf
4
7
4
3
18
26
17
16
Istituti di moneta elettronica (Imel)
-
-
-
-
Istituti di pagamento
-
-
4
4
POS (2)
ATM
Società finanziarie iscritte nell’elenco ex art.
107 del Testo unico bancario
Fonte: Base Dati Statistica e archivi anagrafici degli intermediari. Cfr. la sezione: Note metodologiche.
(1) Inclusi gli istituti centrali di categoria e di rifinanziamento. – (2) Il numero dei POS include, oltre a quelli bancari, dal 2004 quelli segnalati dalle società finanziarie,
dal 2011 quelli segnalati dagli istituti di pagamento e dal 2013 quelli segnalati dagli Imel.
76
Tavola a31
Spesa pubblica delle Amministrazioni locali al netto della spesa per interessi
(valori medi del periodo 2011-13 e valori percentuali)
Euro
pro capite
VOCI
Spesa corrente primaria
Spesa c/capitale (3)
Spesa totale
Composizione %
Regione ed
ASL (1)
Province
Comuni (2)
Var. % annua
Altri enti
3.185
67,4
2,9
21,9
7,8
3,5
365
36,7
11,0
44,0
8,4
-1,8
3.550
64,2
3,8
24,2
7,9
2,9
Per memoria:
Spesa totale Italia
3.592
61,8
3,9
27,0
7,3
0,7
“
RSO
3.404
61,2
4,3
27,7
6,9
0,9
“
RSS
4.648
64,3
2,5
24,3
8,9
-0,1
Fonte: per la spesa, elaborazioni sui Conti pubblici territoriali; per la popolazione residente, Istat. Cfr. la sezione: Note metodologiche. Eventuali mancate quadrature
sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
(1) Include le Aziende ospedaliere. – (2) Il dato per le RSO e per l’Italia non comprende la gestione commissariale del Comune di Roma, iniziata nel 2008. –
(3) Al netto delle partite finanziarie.
Tavola a32
Pubblico impiego degli enti territoriali e del Servizio sanitario nazionale (1)
(valori medi, variazioni percentuali, unità e migliaia)
Spesa per il personale
VOCI
Numero di addetti
Spesa
pro capite
in euro
Var. % annua
Unità per
10.000 abitanti
Var. % annua
3.170.159
0,7
145
-0,2
729
175.141
-2,8
9
-2,9
40
Comuni
1.174.754
-3,5
67
-3,0
270
Totale
4.520.054
-0,5
222
-1,1
1.039
Regione ed Enti sanitari
Province
Migliaia di euro
Per memoria:
Totale Italia
58.472.842
-1,2
200
-1,1
983
“
RSO
46.810.599
-1,3
191
-1,3
928
“
RSS
11.662.243
-0,8
246
0,0
1.293
Fonte: per la spesa delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, Ministero della Salute, NSIS; per la spesa degli enti territoriali delle Regioni a statuto
ordinario, della Regione siciliana e delle Province e dei Comuni di Sicilia e Sardegna, Istat, Bilancio delle Amministrazioni Regionali, provinciali, comunali; per la
spesa degli altri enti territoriali delle Regioni a statuto speciale, RGS, Conto Annuale; per i dipendenti pubblici, RGS, Conto Annuale e Corte dei Conti, Relazione al
rendiconto della Regione siciliana; per la popolazione, Istat. Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
(1) Per la spesa, valori medi del periodo 2010-12; per gli addetti, valori medi del periodo 2011-13. Il numero di addetti è relativo ai soli rapporti di lavoro con contratto a tempo indeterminato.
77
Tavola a33
Spesa pubblica per investimenti fissi
(valori percentuali)
Emilia-Romagna
VOCI
RSO
Italia
2011
2012
2013
2011
2012
2013
2011
2012
2013
0,8
0,9
0,9
1,1
1,1
1,1
1,3
1,3
1,2
Regione e ASL
29,5
29,8
26,9
19,8
18,9
19,3
25,9
24,9
24,4
Province
12,3
12,1
10,4
10,5
9,0
10,5
9,0
7,8
8,8
Comuni (1)
48,5
48,4
51,9
60,8
62,4
61,4
56,5
58,1
57,9
9,7
9,6
10,8
8,9
9,6
8,8
8,6
9,2
8,9
Amministrazioni locali (in % del PIL)
quote % sul totale:
Altri enti
Fonte: elaborazioni sui Conti pubblici territoriali. La tavola è costruita sulla base dei dati di cassa relativi alla spesa per la costituzione di capitali fissi (beni e opere
immobiliari; beni mobili e macchinari) delle AALL. Per il PIL: Istat.
(1) Il dato per le RSO e per l’Italia non comprende la gestione commissariale del Comune di Roma, iniziata nel 2008.
Tavola a34
Costi del servizio sanitario
(milioni di euro)
Emilia-Romagna
VOCI
RSO e Sicilia (1)
Italia
2011
2012
2013
2011
2012
2013
2011
2012
2013
8.681
8.968
8.836
104.597
104.239
103.525
112.922
112.745
111.915
5.900
6.045
6.087
65.991
66.323
66.291
71.952
72.411
72.413
beni
1.228
1.193
1.207
13.865
13.953
14.023
15.072
15.155
15.266
personale
3.015
2.997
2.993
32.963
32.386
31.839
36.149
35.606
35.092
Enti convenzionati e accreditati (2)
2.746
2.660
2.749
38.305
37.299
37.234
40.604
39.602
39.503
di cui:
farmaceutica convenz.
680
568
533
9.223
8.348
7.995
9.930
9.011
8.616
517
526
520
6.168
6.205
6.144
6.625
6.664
6.606
1.548
1.566
1.696
22.915
22.746
23.095
24.050
23.927
24.280
349
359
337
59
53
47
0
0
0
1.919
1.966
1.911
1.888
1.872
1.825
1.901
1.889
1.841
Costi sostenuti dalle
strut. ubicate in reg.
Funzioni di spesa
Gestione diretta
di cui:
medici di base
altre prest. da enti
conv. e accred. (3)
Saldo mobilità sanit.
interregionale (4)
Costi sostenuti per i residenti (euro pro capite)
Fonte: elaborazione su dati NSIS, Ministero della Salute (dati aggiornati al 2 aprile 2015); cfr. la sezione: Note metodologiche. Per la popolazione residente, Istat.
Per omogeneità di confronto nel triennio, i costi totali e quelli per la gestione diretta sono valutati al netto degli ammortamenti e delle svalutazioni. Per gli anni 2011 e
2012 eventuali mancate quadrature sono dovute all’indisponibilità di dati aggiornati relativi alle funzioni di spesa.
(1) Le norme in materia di finanziamento del settore sanitario in Sicilia sono assimilabili a quelle previste per le Regioni a statuto ordinario. – (2) Include, oltre ai costi
di produzione delle funzioni assistenziali, i costi sostenuti per coprire la mobilità verso il Bambin Gesù e lo Smom (Sovrano militare ordine di Malta). – (3) Include le
prestazioni specialistiche, riabilitative, integrative e protesiche, ospedaliere e altre prestazioni convenzionate e accreditate. – (4) Il segno è negativo (positivo) quando il costo sostenuto per l'assistenza in altre regioni dei residenti è maggiore (minore) dei ricavi ottenuti per fornire l'assistenza a non residenti nel proprio territorio.
Questo saldo va sottratto algebricamente all'importo riportato nella prima riga per passare dal costo sostenuto per finanziare le strutture sanitarie ubicate in regione a
quello sostenuto per finanziare l'assistenza in favore dei propri residenti indipendentemente dal luogo della prestazione.
78
Tavola a35
Posti letto in Emilia-Romagna e in Italia - 2014
(unità e variazioni percentuali)
Emilia-Romagna
VOCI
Posti letto per
1.000 abitanti
Composizione %
Italia
Variazione annua 2010-13
Posti letto per
1.000 abitanti
Composizione %
Variazione annua 2010-13
Strutture pubbliche e private accreditate
Totale
4,25
100,0
-0,9
3,63
100,0
-2,6
di cui: degenza ordinaria
3,90
91,8
-0,4
3,24
89,4
-2,2
0,35
8,2
-5,9
0,38
10,6
-5,7
3,44
81,0
-0,7
3,04
83,9
-2,8
day hospital/day surgery
di cui: acuti
riabilitazione
0,35
8,3
-0,2
0,43
11,8
-0,5
lungodegenza
0,45
10,7
-2,8
0,15
4,2
-3,9
Totale
3,22
100,0
-2,6
2,89
100,0
-2,9
di cui: degenza ordinaria
2,94
91,1
-2,0
2,57
88,6
-2,4
0,29
8,9
-7,9
0,33
11,4
-6,2
2,80
86,8
-2,6
2,60
89,8
-3,0
riabilitazione
0,15
4,7
-1,5
0,22
7,6
-1,1
lungodegenza
0,27
8,5
-3,6
0,08
2,6
-4,1
Totale
1,02
100,0
5,5
0,73
100,0
-1,5
di cui: degenza ordinaria
0,96
94,1
5,3
0,68
92,4
-1,5
0,06
5,9
8,0
0,06
7,6
-2,1
0,64
62,9
9,8
0,45
60,8
-1,9
riabilitazione
0,20
19,6
0,8
0,21
28,6
0,2
lungodegenza
0,18
17,5
-1,5
0,08
10,6
-3,7
Strutture pubbliche
day hospital/day surgery
di cui: acuti
Strutture private accreditate
day hospital/day surgery
di cui: acuti
Fonte: elaborazioni su dati Ministero della Salute; dati riferiti al 1° gennaio di ogni anno.
Tavola a36
Personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale nel 2014 (1)
(valori e variazioni percentuali)
Emilia-Romagna
VOCI
Totale
di cui: ruolo sanitario
Personale
per 1.000
abitanti (2)
Composizione
%
Italia
Variazione
annua
2011-13
Personale/
dotazione
organica
(3)
Personale
per 1.000
abitanti (2)
Composizione
%
Variazione
annua
2011-13
Personale/
dotazione
organica
(3)
13,3
100,0
-0,6
93,0
10,7
100,0
-0,9
88,5
9,4
71,1
-0,5
93,9
7,6
70,8
-0,7
90,0
ruolo tecnico
2,5
18,6
-0,6
91,7
1,9
17,7
-1,4
84,5
ruolo amministrativo
1,3
9,9
-1,3
89,4
1,2
11,1
-1,6
85,6
Fonte: elaborazioni su dati Ministero della Salute; dati riferiti al 1° gennaio di ogni anno.
(1) Include il personale delle ASL, delle Aziende Ospedaliere, di quelle integrate con il SSN e con l'Università e gli IRCCS pubblici, anche costituiti in fondazione; non
include il personale delle strutture di ricovero equiparate alle pubbliche. – (2) Il dato risente del diverso ricorso in regione a operatori pubblici e privati rispetto alla
media nazionale. – (3) Il personale dipendente si riferisce al totale del personale in servizio, mentre la dotazione organica rappresenta l'entità di personale necessaria risultante da disposizioni legislative o regolamentari.
79
Tavola a37
Mobilità ospedaliera da e verso l’Emilia-Romagna
(valori percentuali)
VOCI
2010
2013
Mobilità totale
Capacità di attrazione (1)
13,4
13,5
Perdita di pazienti (2)
5,9
5,8
Saldo mobilità (3)
7,9
8,2
di cui: mobilità da/verso regioni limitrofe
Capacità di attrazione (1)
7,0
7,0
Perdita di pazienti (2)
5,0
4,8
Saldo mobilità (3)
2,4
2,6
Fonte: Ministero della Salute, Rapporti annuali sull’attività di ricovero ospedaliero.
(1) Quota di ricoveri regionali riferita a pazienti provenienti da altre regioni (=mobilità attiva). – (2) Quota di pazienti residenti in regione che si sono rivolti a strutture
di altre regioni per farsi curare (=mobilità passiva). – (3) Saldo della mobilità attiva e passiva in rapporto al totale dei ricoveri regionali.
Tavola a38
Entrate tributarie correnti degli enti territoriali (1)
(valori medi del periodo 2011-13)
VOCI
Emilia-Romagna
RSO
Italia
Var. %
annua
Pro capite
Var. % annua
Pro capite
Var. % annua
Pro capite
2.111
-0,7
1.910
-0,5
2.148
-0,7
88
0,7
86
0,2
80
0,1
imposta sull’assicurazione Rc auto
54,2
9,8
51,4
8,5
51,4
8,5
imposta di trascrizione
28,4
8,8
26,6
4,8
26,7
4,7
485
11,2
483
11,1
468
11,2
imposta sulla proprietà immobiliare (3)
56,0
2,4
44,8
6,0
44,4
6,5
tassa per raccolta e smaltimento RSU
17,5
38,3
25,9
11,5
26,4
9,4
addizionale all'Irpef
15,5
6,4
13,9
12,8
13,5
12,7
Regione
Province (2)
di cui (quote % sul totale):
Comuni
di cui (quote % sul totale):
Fonte: elaborazioni su dati Corte dei Conti e bilanci regionali (per le Regioni), Ministero dell'Interno (per le Province e i Comuni). Per la popolazione residente, Istat.
(1) Le entrate tributarie sono riportate nel titolo I dei bilanci degli enti (cfr. la sezione: Note metodologiche). Per omogeneità di confronto sul triennio, i dati relativi alle
Province escludono la compartecipazione all’Irpef e il Fondo sperimentale di riequilibrio; i dati comunali escludono la compartecipazione all'Irpef, la compartecipazione all’IVA e il Fondo sperimentale di riequilibrio (Fondo di solidarietà comunale dal 2013). Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre
decimali. – (2) Al netto delle province di Massa-Carrara, SIracusa, Biella, Crotone e VIbo Valentia per le quali al 3 maggio 2015 non era disponibile il Rendiconto
finanziario per il 2013. – (3) ICI fino al 2011, Imu nel 2012 e 2013.
80
Tavola a39
Il prelievo fiscale locale per le famiglie residenti nei capoluoghi emiliano-romagnoli (1)
(euro e valori percentuali)
2014
IMPOSTA
EmiliaRomagna
RSO
Var. assoluta 2012-14 (2)
Italia
EmiliaRomagna
RSO
Italia
Famiglia A
Add. regionale all’Irpef
Add. comunale all’Irpef
IRAP
Add. reg. gas metano (3)
Imposta reg. benzina (3)
Tari (4)
Tasi (5)
Imposta Rc auto
Tassa automobilistica
Imposta prov. trascrizione
Totale
Per memoria:
% sul reddito imponibile
683
245
59
0
292
314
59
147
55
1.855
677
306
35
12
350
325
71
157
53
1.985
671
303
29
10
355
298
69
155
53
1.943
4,3
4,6
4,5
0
-8
0
0
33
67
1
0
-3
90
4
37
0
-5
49
-1
6
1
10
99
3
32
0
-4
56
8
5
0
9
109
0,2
0,2
0,3
0
15
0
0
42
-24
1
0
-6
29
163
105
59
0
6
-146
8
2
23
221
135
90
-6
0
16
-131
8
1
21
133
0,0
0,2
0,1
Famiglia B
Add. regionale Irpef
Add. comunale Irpef
IRAP
Add. reg. gas metano (3)
Imposta reg. benzina (3)
Tari (4)
Tasi (5)
Imposta Rc auto
Tassa automobilistica
Imposta prov. trascrizione
Totale
Per memoria:
% sul reddito imponibile
1.963
694
2.899
83
361
553
87
393
131
7.165
2.039
858
3.261
48
436
542
104
419
127
7.835
1.988
844
3.191
41
443
502
101
414
125
7.649
6,3
6,9
6,7
Famiglia C
Add. regionale Irpef
Add. comunale Irpef
IRAP
Add. reg. gas metano (3)
Imposta reg. benzina (3)
Tari (4)
Tasi (5)
Imposta Rc auto
Tassa automobilistica
Imposta prov. trascrizione
Totale
Per memoria:
% sul reddito imponibile
279
94
53
172
337
935
283
121
30
213
343
989
281
121
26
216
315
958
0
-11
0
24
-10
3
4
10
0
5
-80
-61
2
9
0
8
-72
-53
5,1
5,4
5,2
0,0
-0,3
-0,3
Fonte: elaborazioni su dati Ministero dell’Economia, ACI, Ivass-Ministero dello Sviluppo economico, Quattroruote e delibere degli enti. Cfr. la sezione: Note
metodologiche. Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
(1) Gli importi corrispondono alla media dei valori calcolati per ciascun comune capoluogo di provincia, ponderati per la popolazione residente al 1° gennaio del
2014. Si esclude l’IVA sull’imposta sulla benzina e sul prelievo relativo ai rifiuti (laddove dovuta). – (2) Variazioni cumulate assolute tra il 2012 e il 2014. Le variazioni dell'incidenza sul reddito imponibile sono espresse in punti percentuali. – (3) La facoltà di istituire questa imposta è attribuita alle sole RSO. – (4) È inclusa
la tassa provinciale. La variazione è calcolata considerando la Tarsu-Tia nel 2012. – (5) La variazione è calcolata considerando l'Imu per il 2012.
81
Tavola a40
Il debito delle Amministrazioni locali
(milioni di euro e valori percentuali)
VOCI
Consistenza
Variazione % sull’anno precedente
Emilia-Romagna
RSO
Italia
2013
2014
2013
2014
2013
2014
5.839
5.224
94.679
86.324
108.585
99.112
-9,2
-10,5
-6,3
-8,8
-5,6
-8,7
18,0
18,4
7,6
7,8
7,0
7,1
0,6
0,5
13,7
14,3
13,9
14,4
65,9
68,6
67,2
67,5
68,2
68,8
5,2
5,5
2,7
3,0
2,6
2,9
10,3
7,0
8,8
7,5
8,2
6,8
7.318
6.773
119.507
121.213
137.761
139.541
2,2
-7,4
5,6
1,4
4,7
1,3
Composizione %
Titoli emessi in Italia
Titoli emessi all’estero
Prestiti di banche italiane e CDP
Prestiti di banche estere
Altre passività
Per memoria:
Debito non consolidato (1)
Variazione % sull’anno precedente
Fonte: Banca d'Italia. Cfr. la sezione: Note metodologiche. Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
(1) Il debito non consolidato include anche le passività delle Amministrazioni locali detenute da altre Amministrazioni pubbliche (Amministrazioni centrali e Enti di
previdenza e assistenza).
82
NOTE METODOLOGICHE
Ulteriori informazioni sono contenute nelle Note metodologiche e nel Glossario dell’Appendice della
Relazione annuale della Banca d’Italia e nell’Appendice metodologica al Bollettino Statistico della Banca
d’Italia.
L’ECONOMIA REALE
Tav. a5
Indicatori congiunturali per l’industria manifatturiera
L’inchiesta mensile sulle imprese manifatturiere dell’Istat coinvolge circa 4.000 imprese italiane e
raccoglie informazioni sullo stato corrente e sulle aspettative a breve termine (su un orizzonte di 3
mesi) delle principali variabili aziendali (ordinativi, produzione, giacenze di prodotti finiti, liquidità,
occupazione, prezzi) e una valutazione della tendenza generale dell'economia italiana. Trimestralmente
sono richieste ulteriori informazioni su diversi aspetti della situazione dell’impresa, tra cui il grado di
utilizzo degli impianti. L’indagine è svolta nell’ambito di uno schema armonizzato in sede europea. I
dati sono destagionalizzati. Dal marzo 2015 l’Istat ha diffuso serie storiche i cui modelli statistici sono
stati rivisti per renderli più rappresentativi dell’evoluzione congiunturale; le serie hanno ora come base
di riferimento il 2010.
Fig. 1.1
Indagini sulle imprese industriali, dei servizi e delle costruzioni
La rilevazione riguarda le imprese con almeno 20 addetti appartenenti ai settori dell’industria in
senso stretto e dei servizi (per i soli comparti: alberghi e ristorazione, trasporti e comunicazioni, commercio e servizi alle imprese) e con almeno 10 addetti per le imprese del settore delle costruzioni. Per
l’indagine relativa al 2014, il campione è composto da 3.063 aziende industriali (di cui 1.931 con almeno 50 addetti), 1.197 dei servizi e 566 di costruzione. I tassi di partecipazione sono stati pari a 76,4,
73,9 e 73,5 per cento, rispettivamente. Le interviste sono svolte annualmente dalle Filiali della Banca
d’Italia nel periodo febbraio-maggio dell’anno successivo a quello di riferimento.
I pesi campionari sono ottenuti, per ciascun incrocio tra classe dimensionale e area geografica,
come rapporto tra numero effettivo di unità rilevate e numero di unità presenti nella popolazione di
riferimento 1. Le stime potrebbero essere affette da un elevato errore standard nelle classi in cui vi è
una ridotta numerosità campionaria.
1
La numerosità campionaria teorica dei singoli strati è determinata applicando per classe dimensionale e area geografica il metodo noto come optimum allocation to strata, che consente di minimizzare l’errore standard delle medie campionarie sul totale, attraverso il sovracampionamento degli strati a più elevata varianza (in particolare, il sovracampionamento ha riguardato le imprese di maggiori dimensioni e quelle con sede amministrativa nell’Italia meridionale). Il metodo di assegnazione sopra descritto
si applica con l’obiettivo di minimizzare la varianza degli stimatori della dinamica delle variabili investimenti, occupazione e
fatturato.
83
Le stime relative alla variazione degli investimenti e del fatturato sono calcolate attraverso medie
robuste, assegnando alle unità con valori inferiori al 5° percentile o superiori al 95° percentile della
relativa distribuzione dei valori più vicini ai percentili stessi rispetto a quelli originari; il metodo viene
applicato a livello di ciascuno strato del campione (Winsorized Type II Estimator). I deflatori utilizzati
sono stimati dalle stesse imprese. La documentazione dettagliata su risultati e metodi utilizzati
nell’indagine è resa disponibile annualmente nei Supplementi al Bollettino statistico. Indagini campionarie
(www.bancaditalia.it). In Emilia-Romagna sono state rilevate 179 imprese industriali, 89 dei servizi e
46 delle costruzioni. La seguente tavola sintetizza le caratteristiche strutturali del campione regionale:
SETTORI
20-49 addetti (1)
50 addetti e oltre
Totale
Industria in senso stretto
44
135
179
Manifattura
44
132
176
Alimentari, bevande, tabacco
8
27
35
Tessile, abbigl., pelli, cuoio e calzature
1
8
9
Coke, chimica, gomma e plastica
6
10
16
Minerali non metalliferi
3
12
15
24
69
93
-
3
3
Metalmeccanica
Energia
Altre manifattura
2
6
8
Costruzioni
20
26
46
Servizi
28
61
89
Commercio ingrosso e dettaglio
13
28
41
Alberghi e ristoranti
4
3
7
Trasporti e comunicazioni
7
19
26
Attività immobiliari, informatica, etc.
4
11
15
92
222
314
Totale
(1) 10-49 addetti per il settore delle costruzioni.
Tavv. 1.1, 1.2, figg. 1.3, 1.4, 1.5
Le imprese manifatturiere nella crisi
Per l’analisi della demografia d’impresa su dati aggregati sono stati utilizzati i dati di InfoCamereMovimprese. Per tenere conto del passaggio dal codice Ateco 2002 ad Ateco 2007, la serie con Ateco
2007 è stata ricostruita all’indietro (dal 2008) con i tassi di crescita della manifattura in base all’Ateco
2002. Il valore aggiunto e le unità di lavoro dell’Italia sono basati sul nuovo Sistema Europeo del Conti (SEC 2010), quelli dell’Emilia-Romagna sul Sistema SEC 1995.
L’analisi a livello di impresa è basata sugli archivi della Cerved Group e include tutte le
aziende del settore manifatturiero (codici Ateco 2007 a due digit dal 10 al 33) per le quali sono
presenti i bilanci almeno una volta nel periodo considerato. Il campione include 14.848 imprese
nel 2007 e 12.808 nel 2013, ultimo anno disponibile. Al fine di determinare lo status dell’impresa
e analizzarne la composizione degli organi sociali, i dati di Cerved Group sono stati arricchiti con
quelli di InfoCamere. Sfruttando le informazioni contenute in quest’ultimo archivio, una impresa
si definisce uscita dal mercato quando è: sottoposta a una qualsiasi forma di procedura concorsuale prevista dall’ordinamento; in scioglimento o liquidazione per ragioni non riconducibili a
procedure concorsuali; o è definitivamente cessata.
84
Fig. 1.7a
Prezzi delle abitazioni
La serie storica a livello territoriale dei prezzi delle abitazioni si basa sui dati de Il Consulente immobiliare (dal primo semestre del 1995 al secondo semestre del 2003), dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle entrate (dal 2004 in avanti) e dell’Istat (dal 2010 in avanti).
Per ogni comune capoluogo di provincia, Il Consulente immobiliare rileva semestralmente i prezzi
delle abitazioni localizzate in tre aree urbane (centro, semi centro e periferia), a partire dalle quotazioni
medie dei prezzi di compravendita.
La banca dati delle quotazioni dell’OMI contiene dati semestrali relativi a circa 8.100 comuni italiani, a loro volta suddivisi in circa 31.000 zone omogenee (la cui identificazione è basata su caratteristiche socio-economiche e urbanistiche, sulla qualità dei trasporti, etc.); la rilevazione avviene per i
principali tipi di fabbricati (residenziali, uffici, negozi, laboratori, capannoni, magazzini, box e posti
auto), a loro volta suddivisi per tipologia (ad esempio, le abitazioni residenziali sono suddivise in signorili, civili, economiche, ville e villini). Le fonti utilizzate sono soprattutto agenzie immobiliari private, con le quali sono stati sottoscritti specifici accordi di collaborazione; in via residuale vengono considerati i dati amministrativi relativi alle transazioni. Per ciascuna area e tipologia viene riportato un
prezzo minimo e uno massimo. Per la stima dei prezzi delle abitazioni, cfr. L. Cannari e I. Faiella,
“House prices and housing wealth in Italy”, presentato al convegno “Household Wealth in Italy”,
Banca
d’Italia,
Perugia,
Ottobre
2007,
reperibile
al
link
www.bancaditalia.it/studiricerche/convegni/atti/ric_fam_it/Household_wealth_Italy.pdf.
Tali informazioni vengono aggregate in indici di prezzo a livello di città/comune, ponderando le
aree urbane (centro, semicentro e periferia) mediante i pesi rilevati nell’Indagine sui Bilanci delle famiglie italiane, condotta dalla Banca d’Italia. Gli indici OMI vengono quindi aggregati per regione, macroarea e intero territorio nazionale, ponderando le città/comuni col numero di abitazioni rilevato
dall’Istat nel Censimento sulla popolazione e sulle abitazioni del 2001.
La Banca d’Italia pubblica, inoltre, un indice dei prezzi degli immobili a livello nazionale (I nel
seguito) elaborato su un insieme di dati non disponibili a livello regionale, tra cui le nuove serie trimestrali rilasciate dall’Istat che partono dal 2010. Gli indici OMI sono stati, quindi, utilizzati per ripartire
l’indice I per regione e macroarea utilizzando una stima per quoziente (o rapporto). In simboli, se indichiamo con Itj l’indice I per il periodo t e l’area geografica j (con j=N per il dato nazionale) e con Otj
il corrispondente indice OMI, si può stimare Itj per j≠N con la seguente espressione:
I
Iˆtj = Otj tN
OtN
vità.
I prezzi reali sono calcolati deflazionando per l’indice dei prezzi al consumo per l’intera colletti-
Fig. 1.7b
Rimanenze e fatturato delle imprese immobiliari
Gli indicatori di bilancio sono stati calcolati su informazioni della Cerved Group relative a un
campione aperto di imprese presenti tra il 1997 e il 2013. Il rapporto tra rimanenze di immobili in costruzione e finiti e i ricavi netti (fatturato) è stato calcolato consolidando i dati delle imprese delle costruzioni di edifici e lavori di costruzione specializzati e delle società immobiliari. Questo perché gli
immobili invenduti, valutati al costo, possono gravare sul bilancio del costruttore oppure, più frequentemente, sul bilancio delle società immobiliari costituite ad hoc per la realizzazione degli stessi. In Centrale dei bilanci le società immobiliari hanno una struttura di bilancio (strutbil=05 secondo le codifiche
Cebil) diversa dalle imprese di costruzioni (a produzione pluriennale; strutbil=03 secondo le codifiche
Cebil) e per l’analisi è stato possibile utilizzare solo delle voci presenti in entrambi gli schemi di bilancio (quindi, ad esempio, non è stato utilizzato il valore della produzione). Per le società immobiliari la
voce “rimanenze finali di prodotti finiti e in corso di lavorazione” è sostituita dalla voce “rimanenze
immobiliari”, alla quale è perfettamente assimilabile.
85
Il turismo internazionale dell’Italia
Dal 1996 la Banca d’Italia realizza un’indagine campionaria sul turismo internazionale basata su
interviste e conteggi di viaggiatori residenti e non residenti in transito alle frontiere italiane (valichi
stradali e ferroviari, porti e aeroporti internazionali). Oggetto principale della rilevazione sono le spese
dei turisti residenti che rientrano da un viaggio all’estero e quelle dei turisti residenti all’estero che hanno effettuato un viaggio in Italia. La tecnica adottata per la raccolta dei dati è nota con il termine inbound−outbound frontier survey. Essa consiste nell’intervista, di tipo face-to-face ed effettuata al termine del
viaggio sulla base di un apposito questionario, di un campione rappresentativo di turisti (residenti e
non) in transito alle frontiere italiane. Sulla base di conteggi qualificati, effettuati anch’essi alla frontiera, si determinano il numero e la nazionalità dei viaggiatori in transito. Il campionamento è svolto in
modo indipendente presso ogni tipo di frontiera (stradale, ferroviaria, aeroportuale e portuale) in 62
punti di frontiera selezionati come rappresentativi. Il campione è stratificato secondo variabili differenti per ciascun tipo di frontiera. La rilevazione consente, tra l’altro, di effettuare disaggregazioni della
spesa per tipologia di alloggi, fornendo informazioni sia sugli esborsi sostenuti dai turisti che hanno
dimorato presso parenti o conoscenti sia da coloro che hanno soggiornato presso abitazioni di proprietà di privati non iscritti al Registro degli esercizi commerciali.
Oltre alla spesa, l’indagine rileva una serie di caratteristiche relative al turista e al viaggio, fra cui:
numero di pernottamenti effettuati, sesso, età e professione, motivo del viaggio, struttura ricettiva
utilizzata, disaggregazione geografica delle origini e delle destinazioni. Nel 2014 sono state effettuate
133 mila interviste annue e oltre 1,5 milioni di conteggi qualificati di viaggiatori per la definizione
dell’universo di riferimento. I principali risultati e la metodologia dell’indagine sono diffusi mensilmente sul sito della Banca d’Italia all’indirizzo:
http://www.bancaditalia.it/statistiche/tematiche/rapporti-estero/turismo-internazionale/index.html.
Anche l’Istat esamina il fenomeno del turismo internazionale (inbound) in Italia tramite la rilevazione del “Movimento dei clienti negli esercizi ricettivi”, effettuata in collaborazione con gli Assessorati provinciali al turismo. Tale indagine ha carattere censuario ed è condotta mensilmente presso le
strutture ricettive iscritte nel Registro degli esercizi commerciali (REC), anziché presso le frontiere,
come nel caso dell’indagine campionaria della Banca d’Italia. A differenza dell’Istat, la Banca d’Italia
adotta una tecnica campionaria che consente di valutare anche la parte “sommersa” del turismo (alloggio in affitto presso abitazioni di privati non iscritti al REC, o presso abitazioni di proprietà, o ancora
presso parenti e amici). Le differenze metodologiche e di scopo si ripercuotono sui metodi di conduzione delle indagini e conseguentemente sui risultati, che possono divergere in modo anche sensibile.
In considerazione di ciò, tali differenze dovrebbero sempre essere interpretate con cautela.
Figg. 1.9, 1.10, r1, 4.4, tav. a9
Le informazioni della Cerved Group
Cerved è un gruppo italiano che opera anche nel campo delle informazioni economiche. In particolare, la sua divisione Centrale dei Bilanci gestisce un archivio che censisce i bilanci delle società di
capitali italiane.
Composizione del campione
(unità)
Classi dimensionali (1)
VOCI
Num. imprese
Settori
Piccole
Medie
Grandi
Industria
manifatturiera
Edilizia
Servizi
43.178
2.392
615
11.609
6.970
26.253
Totale (2)
46.185
Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group. Campione aperto di società di capitali con sede in regione.
(1) La classificazione dimensionale delle imprese si basa sulle seguenti classi di fatturato: per le piccole imprese, fino a 10 milioni di
euro; per le medie imprese, oltre 10 e fino a 50; per le grandi imprese, oltre 50. – (2) Tra i settori, il totale include anche i comparti
dell’agricoltura, dell’estrattivo e dell’energia.
86
Per l’analisi della situazione economica e finanziaria delle imprese è stato selezionato un campione aperto che comprende, per ciascun anno, le società di capitali presenti negli archivi della Cerved
Group. La seguente tavola sintetizza le caratteristiche strutturali del campione regionale, riferendosi
alle imprese che vi compaiono nel 2010 (anno intermedio dell’analisi condotta, che si riferisce, se non
diversamente specificato, al periodo 2007-2013).
L’indicatore sintetico di rischiosità (Z-score). – In base agli score elaborati dalla Cerved Group, le aziende vengono classificate in dieci categorie di rischio, che possono essere raggruppate nelle seguenti tre
classi:
– Rischio basso (cosiddette imprese sicure): Score = 1, 2, 3, 4.
– Rischio medio (cosiddette imprese vulnerabili): Score = 5, 6.
– Rischio alto (cosiddette imprese rischiose): Score = 7, 8, 9, 10.
Per l’analisi dei tassi di investimento a livello di impresa contenuta nel riquadro “Gli investimenti
delle imprese nel corso della crisi” sono stati estratti dagli archivi dati Cerved Group i bilanci relativi a: 1)
società di capitali manifatturiere, delle costruzioni e dei servizi, escluse le holding; 2) con fatturato e
attivo maggiori di zero; 3) operative per l’intero esercizio di riferimento del bilancio.
La classificazione dimensionale applicata segue i criteri armonizzati europei (Raccomandazione CE 6
maggio 2003, n.361), accorpando rispetto a questa le medie e grandi imprese:
• micro imprese: quelle con meno di 10 addetti e fatturato o attivo non oltre 2 milioni di euro;
• piccole imprese: quelle non micro con meno di 50 addetti e fatturato o attivo non oltre 10 milioni
di euro;
• medie e grandi imprese: tutte le altre.
Laddove non fosse presente l’informazione sugli addetti alle dipendenze, la ripartizione ha considerato i soli attivo e fatturato.
Il calcolo degli investimenti e la correzione per variazioni valutative: gli investimenti sono stati definiti come gli acquisti di immobilizzazioni materiali al lordo dei disinvestimenti. Laddove disponibile, principalmente per le società di grandi dimensioni, l’informazione è stata tratta direttamente dal rendiconto
finanziario; negli altri casi, in cui l’informazione Cerved Group corrisponde a una stima tratta dalla
variazione degli stock delle immobilizzazioni materiali, si è operata una correzione per le variazioni
non riconducibili a transazioni, dovute al passaggio dai principi contabili nazionali a quelli internazionali o a leggi di rivalutazione, facendo ricorso alle corrispondenti variazioni delle riserve di rivalutazione. Alle poste di Stato patrimoniale Totale attivo, Attivo operativo e Patrimonio netto, anch’esse potenzialmente soggette a effetti rivalutativi, si è applicata una correzione analoga, come cumulata delle
correzioni degli anni precedenti. Nel periodo esaminato (2002-2013) l’esercizio 2008 risulta essere
quello maggiormente soggetto a tali fenomeni; prudenzialmente si è preferito escluderlo comunque
dall’analisi, definendo rispettivamente il periodo 2002-07 come quello anteriore alla crisi e il 2009-2013
come quello della crisi.
Le operazioni straordinarie: i dati per singola impresa sono potenzialmente affetti da discontinuità
per operazioni straordinarie di fusione/incorporazione/scissione, specie nella classe dimensionale
medio-grande. Facendo ricorso alla base dati Cerved Group sulle unità contabili, contenente tra l’altro
i riferimenti anagrafici di tali operazioni per le maggiori imprese italiane, sono stati elaborati per il periodo analizzato bilanci pro forma per tutte le aziende coinvolte, attraverso la somma non consolidata
dei rispettivi bilanci individuali. Per ogni anno, al bilancio pro forma così ottenuto sono state assegnate
le caratteristiche anagrafiche (settore, localizzazione, …) della società più grande in termini di attivo
che ne facesse parte. Infine i bilanci pro forma sono stati sostituiti ai corrispondenti bilanci individuali.
Il campione chiuso di imprese: a ogni impresa individuale (o bilancio pro forma) sono state assegnate
univocamente le caratteristiche dimensionali, settoriali e di localizzazione selezionando come prevalente l’informazione che ricorreva con maggiore frequenza nell’intero periodo analizzato. Infine sono
state scartate le società che non presentassero almeno tre anni di osservazioni sia nel periodo anteriore
alla crisi (2002-07), sia in quello 2009-2013.
Le variabili esplicative: le informazioni di bilancio sono state utilizzate per individuare alcune caratteristiche di impresa che la letteratura economica considera rilevanti nel determinare l’accumulazione
87
di capitale a livello micro, oltre all’accumulazione pregressa: l’incertezza e la redditività delle varie aree
gestionali. Si riporta di seguito la definizione degli indicatori utilizzati, calcolati per il periodo 2002-07:
Variabilità del fatturato: coefficiente di variazione dei ricavi di vendita.
Margine operativo lordo: reddito che residua dalla sottrazione al valore della produzione dei costi diretti variabili e del costo del lavoro.
Attivo operativo: attivo di bilancio al netto delle poste non caratteristiche (per una società non
finanziaria: partecipazioni, titoli, …).
ROI (Return on investment): rapporto tra l’utile ante oneri finanziari e il capitale raccolto (a titolo di
capitale proprio o di debito).
Sono state infine scartate le imprese che in un qualsiasi anno presentassero uno degli indicatori
di redditività con un valore esterno all’intervallo compreso tra il 5° e il 99° percentile della distribuzione definita per l’intero periodo analizzato. Per l’Emilia-Romagna, il campione così ottenuto consiste in
quasi 26.000 aziende (18.239 micro, 5.2154 piccole e 2.371 medio-grandi).
Per tenere conto degli effetti dimensionali e settoriali, ogni variabile esplicativa è stata poi ridefinita come scarto rispetto alla mediana del proprio settore/classe dimensionale (utilizzando l’incrocio
tra regione, 3 classi dimensionali e 20 branche), normalizzato per la deviazione standard. Per ogni variabile, le imprese sono state infine considerate come “ad alto” o “basso” fenomeno nel caso si trovassero rispettivamente nell’ultimo o primo quartile della distribuzione.
Tavv. a10, a11
Commercio con l’estero (cif-fob)
I dati sugli scambi con i paesi della UE sono rilevati attraverso il sistema Intrastat; quelli con gli
altri paesi tramite le documentazioni doganali. I dati regionali sono il risultato dell’aggregazione di dati
per provincia di provenienza o di destinazione delle merci. Si considera provincia di provenienza quella in cui le merci destinate all’esportazione sono state prodotte o ottenute a seguito di lavorazione,
trasformazione o riparazione di prodotti importati temporaneamente. Si considera provincia di destinazione quella a cui sono destinate le merci importate per l’utilizzazione finale o per essere sottoposte
a lavorazione, trasformazione o riparazione. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito internet al
sito internet www.coeweb.istat.it.
Figg. 2.1, 2.2, tavv. a12-a14
Scambi internazionali di servizi e investimenti diretti
Scambi internazionali di servizi. - Secondo la definizione del GATS (General Agreement on Trade
in Services) uno scambio internazionale di servizi può avvenire secondo quattro modalità: lo scambio
cross-border, il consumo all’estero, la presenza commerciale dell’impresa produttrice e quella di persone
fisiche che prestano il servizio. Nello scambio cross-border l’acquirente e il fornitore del servizio rimangono localizzati in due paesi differenti (servizi di informatica e comunicazioni, servizi per l’uso della
proprietà intellettuale, per esempio); nella modalità “consumo”, un soggetto si sposta in un paese straniero per godere del servizio (è il caso di viaggi, servizi sanitari ed educativi); nella “presenza commerciale” la vendita all’estero di servizi si realizza tramite una controllata stabilitasi in loco; infine, nella
“presenza di persone fisiche” il servizio è erogato da una persona fisica che a tal fine si reca nel paese
del consumatore per un breve periodo di tempo (servizi professionali e tecnici, costruzioni).
Le statistiche utilizzate per questa pubblicazione sono state raccolte ai fini della redazione della
bilancia dei pagamenti; colgono le transazioni che avvengono nelle modalità cross-border, consumo e
presenza di persone fisiche e rispondono ai criteri del VI Manuale dell’FMI sulla bilancia dei pagamenti. Non figurano invece i servizi prestati attraverso la presenza commerciale, poiché questa modalità
non determina flussi di pagamento transnazionali ed è rilevata dalle statistiche Foreign AffiliaTes Statistics (FATS). Nella bilancia dei pagamenti, le principali voci delle transazioni di servizi previste dal VI
Manuale sono costituite dai trasporti, dai viaggi e dagli “altri servizi”. Gli “altri servizi” si distinguono
ulteriormente nelle sottovoci dei servizi manifatturieri in conto terzi, dei servizi di manutenzione e
riparazione, dei servizi personali, culturali e ricreativi, dei servizi per il governo, delle costruzioni, dei
servizi assicurativi e pensionistici, finanziari, informatici, di comunicazione, dei compensi d’uso della
88
proprietà intellettuale (voce denominata royalties, franchise e licenze nel V Manuale dell’FMI) e degli
“altri servizi alle imprese”. Nel V Manuale i servizi manifatturieri in conto terzi e quelli di manutenzione e riparazione erano registrati nel conto merci e gli “altri servizi alle imprese” includevano il merchanting, registrato, nel VI Manuale, tra le merci. Gli altri cambiamenti di rilievo introdotti dal VI Manuale riguardano le seguenti voci: i servizi finanziari, che includono la nuova componente dei servizi di
intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM); i servizi assicurativi, che aggiungono la
componente dei servizi di assicurazione pensionistica; i servizi di comunicazione, che perdono la
componente dei servizi postali, registrata, nel VI Manuale, nei servizi di trasporto; i servizi di ricerca e
sviluppo, che si arricchiscono delle transazioni precedentemente registrate nel conto capitale (attività
intangibili derivanti da attività di ricerca e sviluppo).
Ai fini dell’analisi territoriale, le voci della bilancia dei pagamenti sono state opportunamente
riorganizzate per tenere conto della disponibilità di dati con dettaglio territoriale. Si sono inoltre definiti gli aggregati delle transazioni territoriali totali e dei servizi alle imprese. Le transazioni territoriali
totali corrispondono ai servizi totali di bilancia dei pagamenti, al netto di trasporti, servizi manifatturieri per lavorazioni in conto terzi, SIFIM, servizi di assicurazione merci, per i quali non è disponibile il
dettaglio regionale e che, in media nel 2009-2014, hanno pesato per il 19 e il 27 per cento, rispettivamente, sull’export e sull’import di servizi italiano (5,6 e 4,5 per cento se si escludono i trasporti). I dati
territoriali dei servizi alle imprese corrispondono al totale territoriale al netto dei viaggi, dei servizi di
manutenzione e riparazione, delle costruzioni, dei servizi personali, culturali e ricreativi, dei servizi per
il governo. I servizi alle imprese sono stati scomposti nelle seguenti sottovoci: servizi informatici e di
comunicazione; servizi finanziari, assicurativi e pensionistici (al netto di SIFIM e servizi di assicurazione merci); uso di proprietà intellettuale; servizi di ricerca e sviluppo; servizi professionali gestionali e
tecnici (servizi legali, di consulenza manageriale, contabilità, relazioni pubbliche, pubblicità e marketing, architettura, ingegneria, scientifici); altri servizi alle imprese (altri servizi legati al commercio, leasing operativo, gestione dei rifiuti e servizi di disinquinamento, servizi legati all’agricoltura e all’industria estrattiva, servizi tra imprese collegate non inclusi altrove, altri servizi alle imprese).
In Italia le statistiche di bilancia dei pagamenti sull’interscambio di servizi sono elaborate a partire da diverse fonti, tra le quali un’indagine campionaria presso le imprese non finanziarie e assicurative
(Direct Reporting - DR), per i servizi alle imprese, segnalazioni delle banche e degli intermediari finanziari non bancari per scopi statistici e di vigilanza, fonti amministrative per il settore delle famiglie. La
significatività delle informazioni a livello territoriale è garantita per macroarea geografica e per le regioni maggiormente interessate dal fenomeno. Le transazioni rilevate attraverso DR sono attribuite
alla regione nella quale è localizzata la sede dell’impresa.
Investimenti diretti. - Si definiscono investimenti diretti (IDE) le attività e le passività finanziarie di
un soggetto nei confronti di un’impresa estera, con la quale esiste un legame societario di partecipazione al capitale sociale, finalizzato ad acquisire una responsabilità gestionale e a stabilire un legame
durevole (determinato, secondo gli standard internazionali, da una partecipazione nel capitale sociale
maggiore o uguale al 10 per cento).
Le componenti degli investimenti diretti sono il capitale azionario e le partecipazioni (equity) e gli
altri capitali. La prima componente comprende anche le acquisizioni di partecipazioni, inferiori al 10
per cento, del capitale sociale della partecipante da parte della partecipata e i redditi reinvestiti (investimenti nel capitale sociale dell’impresa partecipata realizzati attraverso il reinvestimento di utili non
distribuiti). Nell’equity sono anche inclusi gli investimenti in immobili e gli impieghi di capitale (macchinari inclusi) per opere da parte di imprese non residenti nell’economia ospite che hanno però sul
quel territorio uno stabile interesse economico (es. lavori di costruzione o di sfruttamento di risorse
naturali di durata superiore a un anno). Gli investimenti in immobili e terreni vengono assimilati a
investimenti nel capitale sociale di società fittizie residenti nell’economia ospite che detengono a loro
volta queste attività (i terreni e gli immobili si considerano sempre, per convenzione appartenenti
all’economia ospite). La seconda componente, gli altri capitali, comprende i crediti commerciali, i prestiti e i conti correnti intercompany, che rientrano nella situazione debitoria o creditoria tra partecipata e
partecipante (sono esclusi dagli investimenti diretti gli altri capitali fra imprese finanziarie) e le acquisizioni di titoli obbligazionari emessi dalla partecipante/partecipata e acquisiti dalla partecipata/partecipante. Quando questi flussi hanno direzione opposta a quella del legame partecipativo (es. i
prestiti alla controllante da parte della controllata), l’operazione si denomina reverse investment.
89
Le consistenze degli IDE equity sono valutate al prezzo di mercato quando l’investimento si riferisce a società quotate, al valore contabile del patrimonio netto per le altre società. Le consistenze possono assumere valore negativo nel caso in cui la valutazione delle partecipazioni in aziende non quotate rifletta un valore negativo del patrimonio netto dell’azienda. Negli altri capitali le consistenze possono assumere valore negativo quando le attività della partecipata verso la partecipante eccedono quelle della partecipante verso la partecipata. Nei dati regionali variazioni delle consistenze possono riflettere anche cambiamenti di residenza da una regione all’altra dell’investitore italiano o dell’impresa oggetto dell’investimento estero. Per gli IDE dall’estero il settore di attività economica registrato nelle
statistiche è sempre quello dell’impresa residente; per gli IDE all’estero invece è quello della controparte estera per le consistenze e quello dell’impresa residente per i dati di flusso. Il settore finanziario include anche le holding finanziarie.
Le statistiche sugli investimenti diretti per paese, settore e regione (sia flussi che stock), utilizzate
in questa nota, sono redatte secondo il criterio direzionale per i dati fino al 2012 e il criterio direzionale esteso
dal 2013 (FDI). Nel criterio direzionale i finanziamenti della società partecipata all’investitore diretto sono registrati come diminuzione dell’ammontare complessivo dell’investimento già esistente (es. diminuzione degli investimenti italiani all’estero nel caso in cui l’investitore diretto sia residente in Italia),
vale a dire tenendo conto dell’effettiva direzione nel legame tra i due soggetti. Nel criterio direzionale
esteso il criterio direzionale si estende anche ai rapporti tra società sorelle, vale a dire società controllate
da uno stesso investitore che non hanno però rapporti di partecipazione diretta l’una nell’altra. Secondo i nuovi standard della bilancia dei pagamenti (VI Manuale dell’FMI) si assume che l’operazione
verso la controparte sorella sia effettuata per conto della casa madre. Ad esempio, i finanziamenti di
una società italiana a una sorella estera sono registrati come diminuzione dell’ammontare complessivo
dell’investimento già esistente della controllante, se quest’ultima è estera, e come aumento degli investimenti all’estero, se è invece residente in Italia. Gli investimenti netti all’estero sono registrati con
segno negativo e il saldo dei flussi è calcolato come somma algebrica di attività e passività.
Le serie in esame differiscono da quelle degli investimenti diretti della bilancia dei pagamenti nazionale perché queste ultime sono state riviste per adeguarle al criterio attività/passività, introdotto dal
VI Manuale dell’FMI, che prevede la contabilizzazione in termini lordi e non a riduzione
dell’investimento diretto iniziale (tutti gli investimenti effettuati dai residenti sono registrati nelle attività e tutti quelli ricevuti nelle passività, indipendentemente dalla direzione del legame di partecipazione).
Sempre nella bilancia dei pagamenti, l’acquisizione netta di attività finanziarie viene registrata con segno positivo e il saldo dei flussi è calcolato come differenza fra acquisizioni nette di attività e incremento netto di passività.
In Italia le statistiche sugli IDE sono elaborate a partire da diverse fonti, fra cui le segnalazioni
delle banche (“Matrice dei conti”) e l’indagine campionaria Direct Reporting (DR) presso le imprese
non finanziarie e assicurative. Nei dati ufficiali la ripartizione degli IDE per regione sulla base delle
nuove metodologie è disponibile per le sole componenti di fonte DR e per il settore bancario. Questi
dati sono disponibili a partire dai flussi (netti) 2008 e dalle consistenze di fine 2007. Per le consistenze
equity del settore bancario il dato regionale relativo al 2007 è stato stimato sulla base della relativa
composizione nel 2008, ricavata dalla “Matrice dei conti”; le altre componenti sono allocate alla regione “Altro”. La significatività delle informazioni del DR a livello territoriale è garantita per macroarea
geografica e per le regioni maggiormente interessate dal fenomeno.
Per maggiori dettagli si veda http://www.bancaditalia.it/statistiche/contenitore-revisionestatistiche/revisione-statistiche/revisione-statistiche.html, il Supplemento al Bollettino Statistico n. 55,
2014
e
la
VI
edizione
del
manuale
FMI
della
bilancia
dei
pagamenti
http://www.imf.org/external/pubs/ft/bop/2007/bopman6.htm.
Tav. 3.1, figg. 3.1, 3.2, tav. a15
Rilevazione sulle forze di lavoro
La rilevazione dell’Istat ha base trimestrale ed è condotta durante tutte le settimane dell’anno. Le
medie annue si riferiscono alla media delle rilevazioni. Ogni trimestre l’indagine rileva i principali aggregati dell’offerta di lavoro, intervistando un campione di circa 150.000 individui in circa 1.100 comuni di tutte le province del territorio nazionale. La popolazione di interesse è costituita da tutti i
componenti delle famiglie residenti in Italia, anche se temporaneamente emigrati all’estero, mentre
90
esclude i membri permanenti delle convivenze (ospizi, orfanotrofi, istituti religiosi, caserme, ecc.). La
distinzione tra italiani e stranieri è basata sulla cittadinanza (cfr. le Note metodologiche nell’Appendice alla
Relazione Annuale). Al fine di eliminare le discontinuità storiche introdotte con il mutamento
dell’indagine avvenuto nel 1° trimestre del 2004 (RCFL) l’Istat ha provveduto al raccordo dei dati per
il periodo antecedente secondo le definizioni della rilevazione RCFL e, altresì, sulla base degli ultimi
risultati aggiornati della popolazione intercensuaria.
Tav. 3.1
I dati del Sistema Informativo Lavoro della Regione Emilia-Romagna (SILRER)
Il Servizio Lavoro della Regione Emilia-Romagna raccoglie in un unico archivio informatico i
dati nominativi per lavoratore e datore di lavoro sugli atti amministrativi di assunzione, cessazione,
trasformazione e proroga di contratti di impiego derivanti dalle comunicazioni obbligatorie effettuate
dai datori di lavoro presso i Centri provinciali per l’impiego, come da normativa vigente. I dati contengono, tra gli altri, informazioni sulla nazionalità del lavoratore, sul settore di attività economica del
datore di lavoro, sulla mansione a cui il lavoratore dipendente viene adibito, sul titolo di studio posseduto dal lavoratore e sul tipo di contratto (a tempo indeterminato, determinato, di somministrazione,
collaborazione ecc.). I dati utilizzati nel presente documento sono stati cortesemente forniti dal Servizio statistica e informazione geografica della Regione.
Tav. a16
Cassa integrazione guadagni (CIG)
Fondo gestito dall’INPS a carico del quale vengono parzialmente reintegrate le retribuzioni dei
lavoratori dipendenti nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previsti dalla legge.
Tav. r1, fig. r2
La “Garanzia giovani”
La “Garanzia Giovani” è stata istituita da una raccomandazione del Consiglio europeo (Racc.
2013/C 120/01 del 22 aprile 2013). Obiettivo specifico dell’iniziativa è di garantire a tali giovani
un’opportunità di lavoro o di formazione entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o
dall’uscita dal sistema di istruzione formale. L’iniziativa è stata recepita in Italia sulla base di un piano
di attuazione che definisce: la ripartizione di compiti tra istituzioni centrali e locali; il bacino potenziale
dei beneficiari degli interventi; le “misure” di politica attiva che possono essere attuate per la concreta
fornitura della garanzia (riepilogate nella tavola che segue); l’ammontare di risorse e la sua ripartizione
a livello locale e tra le misure.
I principali enti coinvolti nella fornitura della Garanzia sono: (i) il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali (MLPS), quale organo centrale di coordinamento; (ii) le Regioni e le Province autonome, quali enti intermedi aventi lo scopo di redigere piani attuativi regionale (PAR), e di monitorare
l’efficacia degli interventi; (iii) i Servizi per l’impiego pubblici e privati accreditati, con compiti esecutivi
nel rispetto degli indirizzi fissati nei PAR. Tra i compiti demandati a questi ultimi, di particolare importanza sono l’accoglienza e l’orientamento, attività finalizzate a classificare i giovani all’interno di 4
“profili”, espressivi della loro difficoltà a essere avviati a un’occupazione (bassa, medio-bassa, medio-alta, alta), tenendo anche conto delle eventuali esperienze maturate o di titoli di studio conseguiti.
Condizione preliminare per fruire della Garanzia è che i giovani, disoccupati o inattivi ma disponibili a lavorare, si registrino al programma (fase di registrazione), compilando un modulo online raggiungibile anche attraverso il portale: http://www.garanziagiovani.gov.it o i siti attivati dagli enti intermedi;
i giovani già registrati su cliclavoro non devono invece effettuare ulteriori iscrizioni. Il giovane indica
anche le regioni o province autonome alle cui iniziative vorrebbe aderire (fase dell’adesione). Entro 60
giorni dall’adesione la Regione o Provincia autonoma contatterà i giovani per indirizzarli a un Servizio
per l’impiego (Centro per l’impiego, Agenzia di lavoro o altro Ente accreditato per i Servizi di lavoro)
dove concordare un percorso personalizzato per l’inserimento al lavoro o l’avvio di un’iniziativa di
formazione. La fase di presa in carico si riferisce ai giovani per i quali è stato effettuato il colloquio presso
i Centri per l’impiego, identificato il “profilo” e firmato il Patto di servizio; una volta che il giovane
91
viene preso in carico da una Regione o Provincia autonoma, l’eventuale sua adesione a iniziative offerte altrove viene cancellata d’ufficio.
MISURE
Finalità
1
Accoglienza, presa in carico
orientamento
Fornire informazioni e raccogliere dati per individuare il percorso scolastico o professionale più idoneo per i giovani che si iscrivono.
2
Formazione
Definizione di iniziative di formazione orientate all'inserimento lavorativo o al reinserimento nei percorsi formativi se hai un'età inferiore ai 19 anni.
3
Accompagnamento al lavoro
Progettazione e attivazione di strumenti di inserimento lavorativo.
4
Apprendistato
Avviamento con contratti di apprendistato secondo una delle seguenti finalità: (a) per la
qualifica e per il diploma professionale (età compresa tra i 15 e i 25 anni);
(b) professionalizzante (età compresa tra i 18 e i 29 anni); (c) per l'Alta formazione e la
Ricerca (età tra i 18 e i 29 anni).
5
Tirocinio extra curriculare,
anche in mobilità geografica
Consentire l'avviamento di un tirocinio presso una realtà lavorativa, anche fuori dalla
regione di residenza o all'estero, per l'acquisizione di una prima esperienza, oppure per il
reinserimento di un lavoratore che ha perduto un'occupazione.
6
Servizio civile
Favorire un'esperienza formativa all'interno di progetti di solidarietà, cooperazione e
assistenza, finalizzate all'acquisizione di competenze trasversali quali: il lavoro in gruppo,
le dinamiche di gruppo e il problem solving. Le iniziative possono essere effettuate sulla
base di progetti presentati all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (servizio civile nazionale) o ai competenti Uffici regionali (servizio civile regionale).
7
Sostegno all'autoimpiego e
all'autoimprenditorialità
Fornitura di un servizio personalizzato per giovani che intendono avviare un'attività in
proprio. Sono previste attività di formazione, assistenza nella redazione di un business
plan, supporto all'accesso al credito e alla finanziabilità, servizi a sostegno della costituzione dell'impresa, sostegno allo start up.
8
Mobilità professionale transnazionale e territoriale
Fornitura di informazioni sulle possibilità di lavoro in Italia e in Europa, nonché di supporto alla ricerca dei posti di lavoro e/o di assistenza nelle pratiche di assunzione.
9
Bonus occupazionale
Promuovere l'inserimento occupazionale dei giovani fornendo agevolazioni per le imprese che li assumono, qualora venga stipulato: (a) un contratto a tempo determinato anche
a scopo di somministrazione per 6-12 mesi; (b) un contratto a tempo determinato anche
a scopo di somministrazione superiore a 12 mesi; (c) un contratto a tempo indeterminato
(anche a scopo di somministrazione). Il bonus è erogato dall’INPS e non dalle Regioni o
Province autonome.
Per l’attuazione della garanzia, sono stati complessivamente stanziati a livello nazionale circa
1.513 milioni di euro, rispettivamente tratti: dal Fondo sociale europeo (FSE, per 567 milioni); dal
programma europeo Youth Employment Initiative (YEI, per altri 567 milioni), un canale di fondi complementare al FSE riservato a paesi dell’UE che hanno almeno una regione con un tasso di disoccupazione superiore al 25 per cento; dal co-finanziamento nazionale (per 379 milioni, pari al 40 per cento
dello stanziamento complessivo al netto dell’ammontare a carico del FSE). Per accelerare l’avvio del
programma, nel biennio 2014-15 i fondi dei programmi nazionali sono stati integrati da quelli provenienti dal programma YEI, che devono tuttavia essere impegnati entro la fine del 2015; le somme impegnate potranno poi essere spese anche nel periodo 2016-18. Nel piano è stato previsto che la quasi
totalità delle risorse stanziate (circa 1.413 milioni di euro) sia direttamente gestita dalle Regioni o dalle
Province autonome e che i rimanenti 100 milioni siano riservati alla competenza del MLPS; le Regioni
e le Province autonome possono peraltro integrare queste risorse con altri stanziamenti a valere sui
rispettivi bilanci. Ciascuna Regione o Provincia autonoma (a eccezione di Bolzano) ha deciso
l’assegnazione delle somme rispetto alle singole misure, ufficializzandola attraverso la stipula di convenzioni con il Ministero. La ripartizione delle somme tra le misure può essere modificata dalle Regioni o Province autonome, senza tuttavia incidere sull’ammontare complessivo loro assegnato; il riparto
alla base del grafico inserito nel riquadro è quello del 21 aprile 2015 (cfr. nel sito:
http://www.garanziagiovani.gov.it/Pagine/IlRuoloDelleRegioni.aspx). La Raccomandazione UE prevede anche che i paesi membri effettuino un monitoraggio periodico dello stato di attuazione della
garanzia. A tale scopo, il MLPS pubblica settimanalmente un Report di monitoraggio e un’appendice
statistica, liberamente fruibili al sito: http://www.garanziagiovani.gov.it/Monitoraggio/Pagine/
default.aspx. I dati presentati nel riquadro (relativi alle registrazioni, adesioni, prese in carico e agli
impegni in rapporto agli stanziamenti) sono aggiornati al 14 maggio 2015.
92
Figg. 3.3, 3.7, tavv. a17, a20, a21
Indagine Istat sulle condizioni di vita delle famiglie
L’indagine sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie nasce all’interno di un più ampio progetto denominato Statistics on Income and Living Conditions (EU-SILC) deliberato dal Parlamento europeo
e coordinato da Eurostat. Viene condotta annualmente su un campione di circa 19 mila famiglie in
Italia. Per convenzione, l’anno di riferimento è quello nel quale si è svolta l’indagine. I dati sui redditi e
sull’intensità di lavoro sono riferiti all’anno precedente. Il reddito familiare equivalente, calcolato a
partire dai redditi familiari (al netto delle imposte personali e contributi sociali e di altre voci; cfr. il
documento: “Reddito e condizioni di vita: anno 2013” del 30 ottobre 2014, scaricabile dal sito internet
dell’Istat alla pagina: http://www.istat.it/it/archivio/136932), rappresenta una misura pro capite resa
confrontabile sulla base della “scala di equivalenza OCSE modificata”, ovvero un insieme di coefficienti definiti in modo da tenere conto del numero e dell’età dei componenti. In base a tale scala di
equivalenza, al reddito del capofamiglia viene applicato un coefficiente unitario, mentre agli altri componenti della famiglia vengono applicati coefficienti di entità minore (per maggiori dettagli cfr. il documento: http://www.oecd.org/eco/growth/OECD-Note-EquivalenceScales.pdf).
Secondo la definizione adottata nell’ambito della Strategia Europa 2020, un cittadino europeo
viene definito povero o escluso socialmente se incorre in una delle seguenti tre situazioni: vive in una
famiglia a rischio di povertà o in stato di grave deprivazione materiale o a bassa intensità di lavoro. Le
persone a rischio di povertà sono quelle che vivono in famiglie con reddito familiare equivalente inferiore
al 60 per cento di quello mediano dello stesso paese. Sono esclusi i fitti imputati. La soglia di povertà
relativa è stata calcolata per l’intera popolazione residente in Italia; nel 2012 era pari a 9.439,7 euro, nel
2007 a 9.381,2 euro. Le persone in stato di grave deprivazione materiale sono quelle che vivono in famiglie
che presentano almeno quattro dei seguenti nove aspetti di disagio: i) non poter sostenere spese impreviste, ii) non potersi permettere una settimana di ferie, iii) avere arretrati per il mutuo, l’affitto, le
bollette o per altri debiti; iv) non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni; v) non poter
riscaldare adeguatamente l’abitazione e non potersi permettere: vi) la lavatrice, vii) la televisione a colori, viii) il telefono, ix) l’automobile. Le famiglie a intensità di lavoro molto bassa sono quelle in cui, in media, i componenti di età 18–59 anni (esclusi gli studenti con meno di 25 anni) lavorano meno di un
quinto del tempo disponibile.
Per il calcolo del contributo delle pensioni sulla percentuale di persone a rischio di povertà nelle
famiglie, sono state considerate le pensioni di vecchiaia, di anzianità e quelle dei superstiti; sono state
escluse le pensioni assistenziali (invalidità, ecc..). Sono stati considerati i nuclei familiari che comprendono almeno un pensionato e almeno una persona con meno di 60 anni, con l’eccezione delle famiglie
composte da soli pensionati o da coppie composte da un pensionato e dal coniuge (o convivente) con
meno di 60 anni.
La percentuali di persone a rischio di povertà con e in assenza il reddito da pensioni sono state calcolate sul territorio di riferimento con medie ponderate. La ponderazione contiene sia il peso
campionario delle famiglie, sia il numero dei componenti i nuclei familiari al netto dei percettori di
pensione.
Fig. 3.4, tav. a18
L’Osservatorio INPS sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti
Nell’Osservatorio sono riportate le informazioni relative alle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali dei lavoratori dipendenti privati non agricoli assicurati presso l’INPS. Le retribuzioni non
comprendono gli assegni familiari, l’indennità di maternità, malattia, cassa integrazione guadagni.
Nel caso in cui il lavoratore abbia cambiato qualifica o abbia più di un rapporto di lavoro la
classificazione ha privilegiato la modalità relativa all’ultimo rapporto di lavoro non cessato; nel caso
di più di un rapporto di lavoro non cessato è stata scelta la modalità di quello prevalente, cioè di
durata maggiore.
93
Fig. 3.5
Le statistiche INPS sui pensionati
I dati, desunti dall’archivio amministrativo del Casellario centrale per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati e degli elementi relativi ai titolari di trattamenti pensionistici, consentono di
quantificare il numero di pensioni vigenti e di soggetti percettori.
Le pensioni di invalidità, vecchiaia e ai superstiti e quelle indennitarie comprendono: i) pensioni
di vecchiaia, anzianità e prepensionamenti; ii) pensioni e assegni di invalidità, pensioni di inabilità, rendite per infortuni sul lavoro e per malattia professionale (dirette e indirette); iii) pensioni ai superstiti e
pensioni di reversibilità. Le pensioni assistenziali comprendono: i) pensioni di guerra (dirette e indirette); ii) pensioni, assegni e indennità a favore dei non vedenti civili, dei non udenti civili e degli invalidi
civili e a favore dei cittadini ultrasessantacinquenni con redditi insufficienti; iii) assegni vitalizi agli ex
combattenti, insigniti dell’ordine di Vittorio Veneto, e assegni di Medaglia e Croce al valore militare.
Le prime tre tipologie di pensione (invalidità, vecchiaia e ai superstiti) sono corrisposte in conseguenza dell’attività lavorativa del beneficiario al raggiungimento di determinati limiti di età anagrafica,
di anzianità contributiva o in presenza di una ridotta capacità di lavoro (pensioni dirette). La maggior
parte delle pensioni è erogata dall’INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale) per il settore privato e dall’INPDAP (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche) per quello pubblico. Le pensioni indennitarie sono costituite da rendite per infortuni sul lavoro o
malattie professionali. La finalità di queste pensioni è di indennizzare la persona per una menomazione, secondo il livello della stessa, o per morte (in tal caso la prestazione è erogata ai suoi superstiti)
conseguente ad un fatto accaduto nello svolgimento di un’attività lavorativa. Esse sono erogate
dall’INAIL. Nell’ambito delle pensioni assistenziali sono comprese le prestazioni erogate a favore di
soggetti con gravi handicap fisici e psichici o in situazioni di disagio economico. La funzione principale di queste pensioni è di garantire un reddito minimo a persone incapaci di procurarselo a causa di
menomazioni congenite o sopravvenute o semplicemente per età avanzata. Si tratta di pensioni non
collegate ad alcun sistema di contribuzione, finanziate con la fiscalità generale ed erogate dal Ministero
dell’economia, dall’INPS e da altre amministrazioni pubbliche centrali e locali.
Ai fini dell’elaborazione dei dati, l’importo annuo della pensione è quello rilevato al 31 dicembre
di ciascun anno al lordo delle eventuali trattenute fiscali e contributive ed è costituito dalle seguenti
componenti: importo base, incremento collegato alla variazione dell’indice del costo della vita e alla
dinamica delle retribuzioni ed eventuali altri assegni e indennità. L’importo annuo del reddito pensionistico è costituito dalla somma degli importi annui di ciascuna prestazione percepita dal pensionato.
Fig. 3.6, tav. a19
L’Indagine Istat sui consumi delle famiglie
L’indagine sui consumi delle famiglie è condotta annualmente dall’Istat su un campione di oltre
20 mila famiglie residenti. Oggetto della rilevazione è la spesa mensile sostenuta per acquistare beni e
servizi destinati al diretto soddisfacimento dei propri bisogni (consumo). Tiene conto anche degli autoconsumi, dei compensi in natura e dei fitti figurativi. L’unità di rilevazione è la famiglia, intesa come
insieme di persone coabitanti e legate da vincoli affettivi, di matrimonio, parentela, affinità, adozione e
tutela. Sono considerate appartenenti alla famiglia tutte le persone che, a qualsiasi titolo, convivono
abitualmente con essa. Per ulteriori informazioni cfr. Istat – Indagine sui consumi delle famiglie
(http://www.istat.it/it/archivio/4021).
Le spese delle famiglie sono state rese confrontabili tra loro utilizzando la scala di equivalenza
Carbonaro come fattore di correzione che tiene conto delle economie derivanti dalla coabitazione. Il
consumo familiare è stato, quindi, diviso per un coefficiente che tiene conto del numero dei componenti. Alla famiglia composta da due persone viene assegnato un valore unitario (gli altri coefficienti
sono: 1 persona: 0,6; 3 persone: 1,33; 4 persone: 1,63; 5 persone: 1,90; 6 persone: 2,16; 7 o più persone: 2,40).
La spesa a prezzi 2013 è stata ottenuta utilizzando il deflatore della spesa per i consumi delle famiglie ricavato dai Conti economici territoriali per il periodo 2002-2012; il dato del 2013 è stato ricavato dai Conti nazionali ed è uguale per tutte le regioni.
94
La soglia di povertà assoluta corrisponde al valore monetario di un paniere di beni e servizi essenziali ottenuto per somma diretta dei valori monetari delle diverse componenti. Per costruzione, la
soglia di povertà assoluta varia per tipologia familiare (dimensione ed età dei componenti della famiglia), per ripartizione geografica e per dimensione del comune di residenza. Le famiglie con spesa per
consumi inferiore o pari al valore della soglia sono classificate come assolutamente povere.
L’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
Le informazioni relative all’intermediazione finanziaria derivano da elaborazioni aggiornate al 15
maggio 2015, a eccezione di quelle riportate nelle tavole 4.2 e a24, aggiornate al 20 maggio.
Tavv. 4.1, 4.3, figg. 4.1, 4.2, 4.6(a), 4.8, 4.10, tavv. a22, a23, a28
Le segnalazioni di vigilanza delle banche
I dati sono tratti dalle segnalazioni statistiche di vigilanza richieste dalla Banca d’Italia alle banche
in forza dell’art. 51 del D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia). Fino a novembre 2008 vengono utilizzate le informazioni della III sezione della Matrice dei
conti; da dicembre 2008, a seguito della riforma degli schemi segnaletici, si utilizzano i dati della I sezione della Matrice. Dal 1995 anche gli ex istituti e sezioni di credito speciale inviano segnalazioni
identiche a quelle delle altre banche; le informazioni statistiche delle ex sezioni sono confluite, alla
medesima data, nelle segnalazioni delle rispettive case madri. I settori di controparte escludono le banche e le altre istituzioni finanziarie monetarie; per informazioni sulla classificazione della clientela per
attività economica si rinvia al Glossario del Bollettino Statistico della Banca d’Italia (voci “settori” e
“comparti”). Nella presente pubblicazione sono escluse dalle famiglie consumatrici le istituzioni senza
scopo di lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili e non classificate.
I dati in consistenza sono di fine periodo; le informazioni, salvo diversa indicazione, si riferiscono alla residenza della controparte. Dagli enti segnalanti sono escluse le Poste spa, mentre viene inclusa la Cassa depositi e prestiti a partire da giugno 2011. Eventuali differenze nelle consistenze totali
rispetto alla somma degli importi riportati nelle tavole sono dovute agli arrotondamenti.
Definizione di alcune voci:
Depositi: comprendono i depositi a vista e overnight, i conti correnti, i depositi con durata prestabilita e quelli rimborsabili con preavviso, gli assegni circolari, le operazioni pronti contro termine
passive. I depositi in conto corrente – la cui serie è stata rivista e allineata alla definizione armonizzata
europea – non comprendono i conti correnti vincolati ma comprendono i depositi a vista, overnight e
gli assegni circolari. I depositi con durata prestabilita includono i certificati di deposito, i conti correnti
vincolati e i depositi a risparmio vincolati. I depositi rimborsabili con preavviso comprendono i depositi a risparmio liberi e altri depositi non utilizzabili per pagamenti al dettaglio.
Prestiti: comprendono gli impieghi vivi e le sofferenze. Gli impieghi vivi sono costituiti dai finanziamenti in euro e valuta a clientela ordinaria residente nelle seguenti forme tecniche: anticipi su effetti,
altri titoli di credito e documenti s.b.f., conti correnti, mutui, carte di credito, prestiti contro cessione
dello stipendio, prestiti personali, operazioni di factoring, leasing finanziario, pronti contro termine
attivi e altri finanziamenti. A partire da dicembre 2008 sono inclusi i prestiti subordinati. Fino a novembre 2008 i prestiti a breve termine hanno una scadenza fino a 18 mesi; quelli a medio e a lungo
termine hanno una scadenza oltre i 18 mesi. A partire da dicembre 2008 i prestiti a breve termine hanno una scadenza fino a 12 mesi; quelli a medio e a lungo termine hanno una scadenza oltre i 12 mesi.
Sofferenze: crediti nei confronti di soggetti in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili. Sono esclusi gli effetti insoluti e al protesto.
Titoli di Stato: titoli obbligazionari del Tesoro italiano. Attualmente comprendono i Prestiti della
Repubblica, emessi sui mercati esteri, e le seguenti tipologie di titoli emessi sul mercato interno: BOT,
BTP e alcune tipologie di Certificati del Tesoro.
Obbligazioni: titoli di debito che impegnano l’emittente al rimborso del capitale e alla corresponsione degli interessi, di ammontare fisso o variabile nell’arco della durata prestabilita.
95
Obbligazioni bancarie: titoli di debito che impegnano la banca emittente al rimborso del capitale e
alla corresponsione degli interessi, di ammontare fisso o variabile nell’arco della durata prestabilita. La
normativa di vigilanza prescrive che la durata media di una emissione non possa essere inferiore a 24
mesi. L’eventuale rimborso anticipato non può avvenire prima di 18 mesi e deve essere esplicitamente
previsto dal regolamento di emissione.
Quote di OICR: parti di Organismi di investimento collettivo del risparmio di diritto italiano o di
altri Stati. Gli OICR comprendono i fondi comuni di investimento e le Società di investimento a capitale variabile (Sicav).
Gestioni di patrimoni mobiliari: servizi svolti dagli intermediari autorizzati ai sensi del Testo unico in
materia d’intermediazione finanziaria (banche, SIM, SGR e altri soggetti abilitati), volti a gestire patrimoni mobiliari sia di singoli individui o istituzioni (gestione di portafogli) sia di OICR (gestione collettiva del risparmio).
Tavv. 4.1, 4.3, figg. 4.1, 4.2
Metodologia di calcolo dei tassi di crescita dei prestiti bancari corretti per le cartolarizzazioni
Fino a maggio 2010 la correzione per le cartolarizzazioni viene attuata calcolando i valori St, le
consistenze dei prestiti alla fine del mese t, come segue:
n
St = L t +
∑
Zt-j (1 – x)j
j =0
dove:
Lt è il livello delle consistenze così come indicato nelle segnalazioni statistiche di vigilanza;
Zt-j è il flusso di crediti cartolarizzati nel mese t-j a partire da luglio 2000;
x è il tasso di rimborso mensile dei prestiti cartolarizzati.
Il tasso di rimborso x è stimato sulla base dei rimborsi dei prestiti bancari per settore ed è costante nel tempo.
A partire da giugno 2010 le consistenze dei prestiti cartolarizzati vengono tratte direttamente
dalle segnalazioni statistiche di vigilanza.
Tavv. 4.1, 4.3, figg. 4.1, 4.2, 4.8, tav. a28
Metodologia di calcolo dei tassi di crescita dei prestiti e dei depositi bancari corretti per le
riclassificazioni
I tassi di variazione dei prestiti e dei depositi bancari sono calcolati sulle differenze mensili nelle
consistenze corrette per tenere conto delle riclassificazioni e, per i prestiti, degli aggiustamenti di valore (ad esempio svalutazioni di crediti) e a partire da giugno 2010 delle cessioni diverse dalle cartolarizzazioni. Indicando con Lt le consistenze alla fine del mese t (nel caso dei prestiti precedentemente corrette per le cartolarizzazioni), con RicltM la correzione dovuta a riclassificazione alla fine del mese t e
con CesstM e RetttM rispettivamente le cessioni nette di credito diverse dalle cartolarizzazioni effettuate
nel mese t e le svalutazioni di crediti, si definiscono le transazioni FtM nel mese t come:
Ft M = ( Lt − Lt −1 ) − RicltM + CesstM − Re tt tM
I tassi di variazione sui dodici mesi at sono calcolati secondo la seguente formula:
 11 
FM  
at = ∏ 1 + t − i  − 1 × 100
 i = 0  Lt −1− i  
96
Salvo diversa indicazione, i tassi di variazione sui dodici mesi si riferiscono alla fine del periodo
indicato. I dati relativi alla Cassa depositi e prestiti sono inclusi nel calcolo dei tassi di variazione a partire da ottobre 2007 per i prestiti e da settembre 2010 per i depositi. Le variazioni dei prestiti escludono i pronti contro termine attivi nei confronti delle controparti centrali di mercato (quali Monte Titoli,
Cassa di Compensazione e Garanzia, ecc.).
Fig. 4.2
La definizione di banche locali
Si definiscono “locali” le banche di piccole dimensioni (“piccole” o “minori” secondo la classificazione dimensionale della Banca d’Italia, cfr. il glossario della Relazione annuale, voce “Banche”) che
non appartengono ai primi 5 gruppi o ad altri gruppi di grande dimensione, presentano una significativa attività di prestito a famiglie e imprese (rispetto alla loro operatività complessiva) e sono attive prevalentemente in un’area territorialmente circoscritta.
Più precisamente, sono state preliminarmente considerate banche “locali”: (a) le BCC e i loro
istituti centrali di categoria; (b) le banche popolari, anche se trasformate in spa, e le ex casse di risparmio, purché di piccole dimensioni, indipendenti o appartenenti a gruppi piccoli. Sono state preliminarmente considerate “non locali”: (c) le banche di grandi dimensioni e quelle che, indipendentemente
dalla loro dimensione, appartengono a un gruppo grande; (d) le filiali e le filiazioni di banche estere.
I criteri (a)-(d) non consentono di classificare alcune banche italiane. Al fine di ripartire anche
questi istituti, è stata condotta un’analisi multivariata lineare discriminante, basata sui seguenti tre indicatori: (1) la dimensione del gruppo di appartenenza (o della banca nel caso di banche non appartenenti a gruppi), espressa in termini di logaritmo del totale attivo; (2) il rapporto tra prestiti a famiglie e
imprese sul totale dell’attivo; (3) l’incidenza sul portafoglio crediti dei prestiti a famiglie e imprese erogati nella provincia in cui la banca ha sede.
Il numero di banche classificate secondo questo criterio statistico è compreso tra le 60 e le 80
unità per ciascun anno; tali intermediari incidono sul totale dei prestiti a famiglie e imprese per una
quota tra il 3 e il 4 per cento. La validità del criterio è stata valutata riclassificando gli intermediari assegnati a priori all’una o all’altra categoria e rilevando una percentuale di errore pari a circa il 2 per
cento. La tavola seguente riporta, per il 2014, la numerosità e rilevanza delle banche appartenenti a
ciascuna classe che risulta dall’applicazione di questa classificazione.
Classificazione degli intermediari relativa al 2014 (1)
(numero di banche e quota percentuale)
Numero
Quota sul totale dei prestiti
a famiglie e imprese (2)
479
17,0
380
9,5
29
3,1
3
0,3
18
49
167
3,0
1,1
83,0
Filiali e filiazioni di banche estere
79
75
73,7
7,0
Altro (banche classificate in base all’analisi discriminante)
13
2,4
CLASSE DI BANCA
Banche locali
BCC e i loro istituti centrali di categoria
Banche popolari piccole o minori (o appartenenti a gruppi piccoli o
minori)
Ex banche popolari piccole o minori (o appartenenti a gruppi piccoli
o minori) trasformate in spa
Ex casse di risparmio piccole o minori (o appartenenti a gruppi piccoli o minori) trasformate in spa
Altro (banche classificate in base all’analisi discriminante)
Banche non locali
Banche maggiori, grandi o medie (o appartenenti a gruppi maggiori, grandi o medi)
(1) La classificazione esclude la Cassa Depositi e Prestiti e le banche che a fine 2014 non segnalavano prestiti a imprese e famiglie. –
(2) Eventuali mancate quadrature sono dovute agli arrotondamenti.
97
Figg. r3, r4, 4.9
Regional Bank Lending Survey
La Banca d’Italia svolge due volte l’anno una rilevazione su un campione di circa 400 banche
(Regional Bank Lending Survey, RBLS). L’indagine riguarda le condizioni di offerta praticate dalle banche
e quelle della domanda di credito di imprese e famiglie. A partire dall’indagine relativa al primo semestre del 2011, svolta nel mese di marzo, sono stati introdotti nuovi quesiti concernenti la raccolta delle
banche e la domanda di prodotti finanziari da parte delle famiglie consumatrici. Le risposte sono differenziate, per le banche che operano in più aree, in base alla macroarea di residenza della clientela. Le
informazioni sullo stato del credito nelle diverse regioni e sull’andamento della raccolta vengono ottenute ponderando le risposte fornite dalle banche in base alla loro quota di mercato nelle singole regioni. A partire dalla presente edizione della rilevazione, la metodologia di ponderazione delle risposte è
stata modificata per allinearla a quella adottata nel documento La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale, pubblicato nella collana Economie regionali.
Il campione regionale è costituito da circa 130 intermediari che operano in Emilia-Romagna e
che rappresentano l’88 per cento dell’attività nei confronti delle imprese e famiglie residenti e l’86 per
cento della raccolta diretta e indiretta effettuata nella regione.
Nella stessa indagine di febbraio sono state rilevate anche informazioni strutturali sulle caratteristiche dei finanziamenti alle famiglie consumatrici. Le risposte fornite dalle banche del campione regionale sono state aggregate ponderando in base alla loro quota di mercato nella regione.
L’indice di espansione/contrazione della domanda di credito (o della domanda di prodotti finanziari) è stato
costruito aggregando le risposte, sulla base delle frequenze ponderate con le quote di mercato delle
banche nella regione, secondo la seguente modalità: 1=notevole espansione, 0,5=moderata espansione, 0=sostanziale stabilità, -0,5=moderata contrazione, -1=notevole contrazione. Valori positivi (negativi) segnalano l’espansione (contrazione) della domanda di credito (o di prodotti finanziari).
L’indice di irrigidimento/allentamento dell’offerta di credito è stato costruito aggregando le risposte, sulla base delle frequenze ponderate con le quote di mercato delle banche nella regione, secondo la seguente modalità: 1=notevole irrigidimento delle condizioni di offerta, 0,5=moderato irrigidimento,
0=sostanziale stabilità, -0,5=moderato allentamento, -1=notevole allentamento. Valori positivi (negativi) segnalano una restrizione (allentamento) dei criteri di offerta.
Per maggiori informazioni, si veda La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale, in Economie regionali, n. 44, 2014.
Tav. 4.2, figg. 4.3, 4.4, 4.7, 4.10, r5, r7, tavv. a24, a25, a26, a27
Le segnalazioni alla Centrale dei rischi
La Centrale dei rischi rileva tutte le posizioni di rischio delle banche, delle società finanziarie di
cui all’articolo 106 del testo unico bancario, iscritte nell’albo e/o nell’elenco speciale di cui agli articoli,
rispettivamente, 64 e 107 del medesimo TUB e delle società per la cartolarizzazione dei crediti, per le
quali l’importo accordato o utilizzato o delle garanzie rilasciate superi la soglia di 75.000 euro (fino a
dicembre 2008) ovvero di 30.000 euro (da gennaio 2009). Le sofferenze sono censite a prescindere
dall’importo.
A inizio 2015 l’anagrafe dei soggetti censiti nella Centrale dei rischi è stata aggiornata in adeguamento al nuovo Sistema Europeo dei Conti (SEC 2010). Per questo motivo, oltre che per eventuali
rettifiche, i dati riportati nelle tavole potrebbero differire rispetto a quelli diffusi in precedenza.
Definizione di alcune voci:
Credito scaduto: un credito è da considerarsi scaduto quando da oltre 90 giorni è trascorso il termine previsto contrattualmente per il pagamento o presenta uno sconfinamento in via continuativa.
Credito incagliato: esposizione nei confronti di soggetti in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo.
Credito ristrutturato: rapporto contrattuale modificato o acceso nell'ambito di un’operazione di ristrutturazione, cioè di un accordo con il quale un intermediario o un pool di intermediari, a causa del
deterioramento delle condizioni economico-finanziarie del debitore, acconsente a modifiche delle ori-
98
ginarie condizioni contrattuali (ad esempio, riscadenzamento dei termini, riduzione del debito e/o
degli interessi) che diano luogo a una perdita.
Sconfinamento: differenza positiva tra fido utilizzato, escluse le sofferenze, e fido accordato
operativo.
Inadempienza probabile: esposizione creditizia, diversa dalle sofferenze, per la quale la banca giudichi improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia
integralmente (in linea capitale e/o interessi) alle sue obbligazioni creditizie.
Esposizione scaduta e/o sconfinante: esposizione, diversa da quelle classificate tra le sofferenze o le
inadempienze probabili, che, alla data di riferimento della segnalazione, è scaduta e/o sconfinante da
oltre 90 giorni.
Sofferenze: esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendente dalle eventuale previsioni di perdita formulate dall’intermediario.
Sofferenze rettificate: esposizione complessiva per cassa di un affidato verso il sistema finanziario,
quando questi viene segnalato alla Centrale dei rischi:
– in sofferenza dall’unico intermediario che ha erogato il credito;
– in sofferenza da un intermediario e tra gli sconfinamenti dell’unico altro intermediario esposto;
– in sofferenza da un intermediario e l’importo della sofferenza è almeno il 70 per cento dell’esposizione complessiva verso il sistema finanziario o vi siano sconfinamenti pari o superiori al 10 per
cento;
– in sofferenza da almeno due intermediari per importi pari o superiori al 10 per cento del credito
utilizzato complessivo per cassa.
Nuove sofferenze: posizioni di rischio che fanno ingresso nella condizione di sofferenza rettificata.
Figg. 4.3, r5, r6, tav. a25
Mobilità delle imprese sul mercato dei prestiti
Flussi lordi di credito alle imprese e mobilità delle imprese sul mercato dei prestiti
La variazione del credito bancario alle imprese osservata in un periodo – il flusso “netto” di credito – può essere scomposta nella differenza tra due flussi “lordi”: da una parte le concessioni di nuovi
prestiti o l’ampliamento di crediti esistenti (saldi positivi) e dall’altra le contrazioni o cancellazioni di
prestiti (saldi negativi). Un flusso netto può essere compatibile con una molteplicità di combinazioni di
flussi lordi positivi e negativi.
I flussi di credito sono stati analizzati attraverso i dati della Centrale dei rischi (CR), l’unità di
analisi è il rapporto impresa-banca, la variabile considerata è il totale del credito utilizzato per cassa,
senza distinzione per forma tecnica. Il periodo di riferimento è l’anno solare (per il 2009 i flussi sono
riferiti al periodo gennaio 2009-gennaio 2010, per tenere conto della modifica nella soglia di censimento dei prestiti in CR il 1° gennaio 2009). Sono state incluse anche le società finanziarie oggetto, nel
corso dell’anno di riferimento, di operazioni straordinarie che hanno coinvolto banche e sono stati
ricondotti alla banca originaria i crediti cartolarizzati o ceduti. I dati sono stati corretti per le operazioni di fusione e acquisizione intervenute in corso d’anno e gli enti segnalanti appartenenti a uno stesso
gruppo bancario sono stati considerati unitariamente.
In termini formali, la variazione del credito 𝑐 dell’impresa 𝑖 nei confronti della banca 𝑏 al tempo
+
) può dipendere da
𝑡 è data da: ∆𝑐𝑖,𝑏,𝑡 = 𝑐𝑖,𝑏,𝑡 − 𝑐𝑖,𝑏,𝑡−1 . Una variazione positiva del credito (∆𝑐𝑖,𝑏,𝑡
finanziamenti concessi a nuove imprese o da nuove linee di credito o ampliamenti di quelli esistenti a
−
) può dipendere, al contrario, dalla
imprese già affidate. Una variazione negativa del credito (∆𝑐𝑖,𝑏,𝑡
chiusura o dal ridimensionamento delle linee di credito a imprese precedentemente affidate.
I saldi positivi (negativi) totali, relativi al totale delle imprese residenti in una certa area, sono dati
+
−
; ∆𝑆𝑡− = ∑𝑖,𝑏�∆𝑐𝑖,𝑏,𝑡
�. La vadalla somma delle singole variazioni positive (negative): ∆𝑆𝑡+ = ∑ ∆𝑐𝑖,𝑏,𝑡
+
−
riazione del credito tra 𝑡 e 𝑡 − 1 è data dalla differenza tra ∆𝑆𝑡 e ∆𝑆𝑡 in rapporto allo stock del credito a 𝑡 − 1.
99
Alcune variazioni sono associate alla riallocazione del credito delle imprese tra i diversi intermediari, fenomeno che definisce la mobilità delle imprese sul mercato del credito. Perché si definisca una riallocazione di credito (switching di un’impresa tra banche diverse) è necessario che un’impresa abbia accresciuto il proprio debito almeno verso una banca e simultaneamente ridotto il proprio debito almeno
verso un’altra banca, nel corso dell’anno di riferimento. Le imprese che possono essere interessate da
una riallocazione, pertanto, sono quelle presenti in CR sia all’inizio sia alla fine di ciascun anno. Definiamo che l’impresa 𝑖 ha riallocato il proprio credito se nel corso dell’anno 𝑡 registra almeno un saldo
positivo con una banca appartenente al gruppo 𝑏 (∆𝑐𝑖,𝑏,𝑡 > 0) e un saldo negativo con una banca
appartenente al gruppo 𝑘 ≠ 𝑏 (∆𝑐𝑖,𝑘,𝑡 < 0). La quantità di credito riallocata dalla singola impresa è
definita come il minimo tra la somma dei singoli saldi positivi e la somma, in valore assoluto, dei saldi
+
−
; �∆𝑆𝑖,𝑡
��. A livello
negativi verso ciascuna banca con cui ha relazioni creditizie: 𝑀𝑀𝑀𝑖,𝑡 = 𝑚𝑚𝑚�∆𝑆𝑖,𝑡
aggregato, l’intensità della mobilità del credito è dato dalla somma di 𝑀𝑀𝑀𝑖,𝑡 per tutte le imprese residenti in una certa area, in rapporto allo stock del credito a inizio periodo.
Per ricostruire i flussi di credito tra le singole banche con saldi negativi e quelle con saldi positivi,
la quantità di credito 𝑀𝑀𝑀𝑖,𝑡 è scomposta in proporzione alle quote delle singole banche con saldi
negativi sul totale degli stessi e alle quote delle singole banche con saldi positivi sul totale degli stessi
(attribuzione dei flussi pro-quota).
Caratteristiche delle imprese
Le imprese sono state classificate in una delle seguenti tre categorie sulla base della loro mobilità
sul mercato del credito bancario in ciascun anno del periodo 2006-2014: (i) imprese che hanno riallocato meno del 5 per cento del loro credito nell’anno; (ii) imprese che hanno riallocato almeno il 5 per
cento del loro credito; (iii) imprese che, in aggiunta, hanno anche chiuso/aperto un rapporto con almeno un istituto. Le caratteristiche degli affidati si riferiscono alla fine dell’anno precedente a quello
della classificazione (per l’anno 2009, al 31 gennaio dell’anno stesso; vedi sopra). Il credito utilizzato
per cassa è riferito a tutte le forme tecniche, incluse le sofferenze; sono state escluse le imprese i cui
importi complessivamente registrati in CR erano inferiori al limite di censimento vigente nell’anno di
riferimento. Le medie calcolate sono medie semplici dei valori ottenuti per anno.
Definizioni:
- Banca principale di un affidato: banca con la quota maggiore di affidamento all’inizio dell’anno;
- Percentuale di credito garantito: rapporto tra il credito garantito con garanzie di terzi e il credito utilizzato;
- Default rettificato: un affidato è in default, secondo il criterio del nuovo quadro delle disposizioni prudenziali (cosiddetto Basilea 2), se si trova, in ordine di priorità, in una delle seguenti situazioni: (a) il
totale dell’utilizzato per cassa netto dei rapporti in sofferenza è maggiore del 10 per cento
dell’esposizione complessiva netta per cassa sul sistema (sofferenza); (b) il totale dell’utilizzato per
cassa netto dei rapporti in sofferenza o incaglio è maggiore del 20 per cento dell’esposizione complessiva netta per cassa sul sistema (incaglio); (c) il totale dell’utilizzato per cassa netto dei rapporti in
sofferenza, incaglio o ristrutturati è maggiore del 20 per cento dell’esposizione complessiva netta per
cassa sul sistema (ristrutturato); (d) il totale dell’utilizzato per cassa netto dei rapporti in sofferenza,
incaglio, ristrutturati o past-due deteriorati è maggiore del 50 per cento dell’esposizione complessiva
netta per cassa sul sistema (past-due).
Vantaggi in termini di costo del credito
Per calcolare, sebbene in modo approssimato, l’eventuale vantaggio in termini di costo del credito per le imprese che hanno riallocato significativamente i loro finanziamenti in un anno rispetto alle
altre imprese, sono stati impiegati i dati della Rilevazione analitica dei tassi d’interesse (cfr., in questa
sezione, l’apposita voce). Si è fatto riferimento ai soli tassi attivi su operazioni a revoca delle imprese
presenti nel campione sia all’inizio sia alla fine di ciascun anno, in quanto questi permettono un confronto più immediato tra i costi sostenuti dalle imprese, anche se i soggetti che hanno riallocato il loro
credito in modo significativo sono stati individuati sulla base del loro comportamento in termini di
credito complessivo. Si è calcolato il tasso medio ponderato applicato a ciascuna impresa da tutte le
banche segnalanti all’inizio e alla fine dell’anno. Sono state quindi individuate, utilizzando la definizione di cui sopra, le imprese che hanno riallocato il credito per almeno il 5 per cento e si è calcolata la
differenza tra i tassi applicati a queste ultime e quelli riconosciuti alle altre imprese all’inizio e alla fine
100
dell’anno; l’indice riportato in figura è pari alla variazione di tale differenza nel corso dell’anno di riferimento.
Tavv. 4.2, a24
I prestiti alle imprese per forma tecnica e branca
Le informazioni, tratte dalle segnalazioni alla Centrale dei rischi, riguardano tutti gli intermediari
finanziari segnalanti e comprendono le posizioni in sofferenza. La classificazione per branche delle
imprese si basa, secondo l’attività produttiva prevalente, sulla classificazione ATECO 2007 pubblicata
dall’ISTAT. La natura delle segnalazioni non permette di ricondurre le posizioni in sofferenza alle
rispettive forme tecniche, le cui variazioni sono di conseguenza calcolate sui soli prestiti in bonis.
Definizione delle forme tecniche:
Factoring: contratto di cessione, pro soluto (con rischio di credito a carico del cessionario) o pro
solvendo (con rischio di credito a carico del cedente), di crediti commerciali a banche o a società specializzate, ai fini di gestione e di incasso, al quale può essere associato un finanziamento in favore del
cedente. I crediti per factoring comprendono gli anticipi concessi a fronte di crediti già sorti o futuri.
Sono escluse le posizioni scadute anche laddove non ricorrano i presupposti per il passaggio a sofferenza.
Anticipi, altri crediti autoliquidanti e cessioni diverse dal factoring: operazioni caratterizzate da una fonte
di rimborso predeterminata (ad esempio lo sconto di portafoglio).
Aperture di credito in conto corrente: finanziamenti concessi per elasticità di cassa – con o senza una
scadenza prefissata – per i quali l’intermediario si sia riservato la facoltà di recedere indipendentemente
dall’esistenza di una giusta causa.
Rischi a scadenza: finanziamenti con scadenza fissata contrattualmente e privi di una fonte di rimborso predeterminata.
Leasing finanziario: Contratto con il quale il locatore (società di leasing) concede al locatario il godimento di un bene per un tempo determinato. Il locatario, al termine della locazione, ha facoltà di
acquistare la proprietà del bene a condizioni prefissate. Il bene viene preventivamente acquistato o
fatto costruire dal locatore su scelte e indicazioni del locatario. I crediti per locazione finanziaria sono
dati dai crediti impliciti (somma delle quote capitale dei canoni a scadere e del prezzo di riscatto desumibile dal piano di ammortamento) maggiorati, in caso di inadempimento dell’utilizzatore, dei canoni
(quota capitale e interessi) scaduti e non rimborsati e dei relativi oneri e spese di carattere accessorio,
purché non ricorrano i presupposti per il passaggio a sofferenza. Nel caso di leasing avente a oggetto
beni in costruzione, sono incluse le spese sostenute dall’intermediario per la costruzione del bene (c.d.
oneri di prelocazione) al netto dei canoni eventualmente anticipati.
Fig. 4.5
Le obbligazioni emesse dalle imprese
L'Anagrafe Titoli è l'archivio informatico che raccoglie informazioni anagrafiche sugli strumenti
finanziari oggetto delle segnalazioni che gli intermediari creditizi e finanziari e le altre società sono
tenuti a indirizzare alla Banca d'Italia. La base dati fornisce dati completi sulle obbligazioni emesse da
imprese non finanziarie residenti in Italia. L’archivio riporta le emissioni di titoli sul mercato interno
da parte di entità residenti (sono esclusi i titoli che non hanno circolazione e per i quali non viene richiesto il codice ISIN) e include i titoli negoziati su mercati esteri se detenuti da banche o altri intermediari italiani.
Tav. 4.3
I prestiti alle famiglie consumatrici
Le società finanziarie considerate sono quelle iscritte nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del
D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) che esercitano
(anche in forma non prevalente) l’attività di credito al consumo, che comprende i finanziamenti concessi, ai sensi dell’art. 121 dello stesso Decreto, a persone fisiche che agiscono per scopi estranei
101
all’attività di impresa, inclusi i crediti relativi all’utilizzo di carte di credito che prevedono un rimborso
rateale.
I prestiti bancari per l’acquisto di abitazioni includono le ristrutturazioni. Le categorie di credito
bancario diverse dall’acquisto di abitazioni e dal credito al consumo, incluse nel solo totale, riguardano
principalmente le aperture di credito in conto corrente e i mutui diversi da quelli per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di unità immobiliari a uso abitativo.
Le variazioni percentuali di banche e società finanziarie sono corrette per tenere conto
dell’effetto delle cartolarizzazioni e riclassificazioni (cfr. Metodologia di calcolo dei tassi di crescita dei prestiti
bancari corretti per le cartolarizzazioni e Metodologia di calcolo dei tassi di crescita dei prestiti e dei depositi bancari
corretti per le riclassificazioni), ma non delle rettifiche di valore.
Figg. 4.7b, r6, tav. a29
Le rilevazioni sui tassi di interesse attivi e passivi
La rilevazione campionaria trimestrale sui tassi di interesse attivi e passivi è stata profondamente
rinnovata dal marzo 2004; è stato ampliato il numero di banche segnalanti e lo schema segnaletico è
stato integrato e modificato. I due gruppi di banche, che comprendono le principali istituzioni creditizie a livello nazionale, sono composti da circa 200 unità per i tassi attivi e 100 per i tassi passivi (rispettivamente 70 e 60 nella rilevazione precedente).
Le informazioni sui tassi attivi (effettivi) sono rilevate distintamente per ciascun cliente: sono
oggetto di rilevazione i finanziamenti per cassa concessi alla clientela ordinaria relativi a ciascun nominativo per il quale, alla fine del trimestre di riferimento, la somma dell’accordato o dell’utilizzato segnalata alla Centrale dei rischi sia pari o superiore a 75.000 euro. Per le nuove operazioni a scadenza, le
banche segnalano il tasso di interesse annuo effettivo globale (TAEG) e l’ammontare del finanziamento concesso: le informazioni sui tassi a medio e a lungo termine si riferiscono alle operazioni non agevolate accese nel trimestre con durata superiore a un anno.
I dati relativi ai mutui erogati sono stati costruiti a partire dalle segnalazioni sulle nuove operazioni a scadenza. A livello nazionale alle banche segnalanti a fine 2014 faceva capo l’81 per cento
dell’ammontare complessivo delle erogazioni di prestiti a famiglie consumatrici per l’acquisto di abitazioni tratto dalle Segnalazioni di Vigilanza. L’effetto della soglia di rilevazione incide per circa il 15 per
cento dell’importo totale dei mutui concessi dalle banche partecipanti. Le informazioni rilevate includono la data di concessione, la banca, l’importo, il tasso d’interesse praticato, la durata e il tipo di tasso. Sono disponibili le seguenti caratteristiche dei mutuatari: localizzazione geografica, sesso, età e
paese di nascita. Per ogni rapporto creditizio si conosce, infine, l’esistenza di eventuali situazioni di
anomalia nei confronti del sistema bancario.
Le informazioni sui tassi passivi sono raccolte su base statistica: sono oggetto di rilevazione le
condizioni applicate ai depositi in conto corrente a vista di clientela ordinaria in essere alla fine del
trimestre. Sono inclusi i conti correnti con assegni a copertura garantita.
Tav. r2
Il debito e la vulnerabilità delle famiglie consumatrici
Il progetto EU-SILC (Statistics on Income and Living Conditions, Regolamento del Parlamento europeo, n. 1177/2003) costituisce una delle principali fonti di dati per i rapporti periodici dell’Unione
Europea sulla situazione sociale e sulla diffusione della povertà nei paesi membri. Il nucleo informativo di EU-SILC riguarda principalmente le tematiche del reddito e dell’esclusione sociale. Il progetto è
ispirato a un approccio multidimensionale al problema della povertà, con una particolare attenzione
agli aspetti di deprivazione materiale.
L’Italia partecipa al progetto con un’indagine, condotta dall’Istat ogni anno a partire dal 2004, sul
reddito e le condizioni di vita delle famiglie, fornendo statistiche sia a livello trasversale, sia longitudinale (le famiglie permangono nel campione per quattro anni consecutivi). Sebbene il Regolamento
EU-SILC richieda solamente la produzione di indicatori a livello nazionale, in Italia l’indagine è stata
disegnata per assicurare stime affidabili anche a livello regionale. Le famiglie sono estratte casualmente
dalle liste anagrafiche dei comuni campione, secondo un disegno campionario che le rende statistica-
102
mente rappresentative della popolazione residente in Italia. Per l’indagine 2013, l’ultima resa disponibile in ordine di tempo dall’Istat, la numerosità campionaria delle famiglie intervistate è pari a 18.487.
Nelle elaborazioni sono sempre utilizzati i pesi campionari per riportare all’universo il dato calcolato
sul campione delle famiglie. L’indagine è svolta nel quarto trimestre dell’anno di riferimento. Alcune
domande (reddito e rata del mutuo, in particolare) sono riferite all’ultimo anno precedente.
Per il reddito disponibile delle famiglie è stato considerato un concetto di reddito “monetario”,
pari al reddito al lordo degli oneri finanziari, ma al netto degli affitti imputati. Per le modalità di rilevazione dell’indagine EU-SILC il reddito, la rata e l’ importo residuo del mutuo e gli indicatori che utilizzano tali informazioni (servizio del debito, quota famiglie vulnerabili, mutuo residuo su reddito e durata residua del mutuo) sono riferiti all’anno precedente a quello dell’anno in cui viene svolta l’indagine.
Il mutuo residuo è stimato sulla base della rata annua, ipotizzando un metodo di ammortamento a rata
costante. Nel calcolo del servizio del debito non sono stati considerati i valori superiori al 99° percentile.
I quartili di reddito in cui viene suddiviso il campione sono calcolati a livello nazionale per ogni
anno dell’indagine sulla base del reddito equivalente delle famiglie; questa misura tiene conto di ampiezza e composizione della famiglia adottando la scala di equivalenza OCSE, impiegata dall’Eurostat
per il calcolo degli indicatori di disuguaglianza nelle statistiche ufficiali UE. Per l’indagine 2013, i quartili della distribuzione del reddito familiare equivalente sono i seguenti: primo quartile: fino a 10.657
euro; secondo quartile: da 10.657 a 15.865 euro; terzo quartile: da 15.865 a 22.318 euro; quarto quartile: oltre 22.318 euro.
Nell’indagine EU-SILC una famiglia è considerata in arretrato anche quando il ritardo nel rimborso di un prestito (per un mutuo o per scopi di consumo) è di un solo giorno. L’indicatore, pertanto, non è direttamente confrontabile con analoghi indicatori, ad esempio quelli tratti da segnalazioni
creditizie o dall’Indagine sui Bilanci delle Famiglie della Banca d’Italia.
Fig. r7, tav. a26
Le garanzie sui prestiti alle imprese
Le garanzie sono vincoli di natura giuridica posti su determinati beni (“garanzie reali”) ovvero
impegni personali che vengono presi da soggetti diversi dal debitore principale (“garanzie personali”) e
rappresentano uno degli strumenti con i quali le banche e le società finanziarie cercano di mitigare il
rischio creditizio. Nell’analisi sono state utilizzate le segnalazioni alla Centrale dei rischi effettuate da
banche e società finanziarie; è stata utilizzata la categoria di censimento “garanzie ricevute”, dove
l’importo garantito è pari al minore tra il valore della garanzia e l’importo dell’utilizzato alla data della
segnalazione. Nelle elaborazioni sono stati neutralizzati sia gli effetti delle operazioni societarie avvenute tra gli intermediari segnalanti, sia quelli derivanti dal cambiamento della soglia segnaletica, passata
nel gennaio 2009 da 75.000 a 30.000 euro. Rispetto ai dati pubblicati in precedenza, quelli riportati nel
presente documento potrebbero mostrare variazioni per effetto dell’adeguamento dell’anagrafe dei
soggetti censiti nella Centrale dei rischi al nuovo Sistema Europeo dei Conti (SEC 2010).
Le garanzie collettive sono quelle rilasciate dai confidi iscritti nell’elenco generale ai sensi dell’art.
155, comma 4, del Testo unico in materia bancaria e creditizia (TUB) ovvero nell’elenco speciale di cui
all’art. 107 del TUB; quelle pubbliche sono riferibili alle società finanziarie regionali di garanzia (escluse quelle che rivestono la qualifica di confidi) e al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di
cui alla legge 23 dicembre 1996, n. 662. Quest’ultimo a partire dal 2009 ha ampliato la propria operatività anche grazie al beneficio della garanzia dello Stato disposta con il decreto legge del 29 novembre
2008, n. 185 (convertito con la legge del 28 gennaio 2009, n. 2). Il Fondo può operare concedendo
garanzie direttamente a favore degli intermediari finanziatori (cosiddetta “garanzia diretta”) oppure a
favore di un confidi (“controgaranzia”); nelle elaborazioni i dati sono stati depurati da tali controgaranzie al fine di evitare duplicazioni.
Tav. a28
Metodologia di calcolo dei tassi di crescita dei titoli a custodia semplice e amministrata
I tassi di variazione sono calcolati sulle differenze trimestrali nelle consistenze corrette per tenere
conto delle riclassificazioni.
103
Indicando con Lt le consistenze alla fine del trimestre t e con RicltM la correzione dovuta a riclassificazione alla fine del trimestre t, si definiscono le transazioni FtM nel trimestre t come:
Ft M = ( Lt − Lt −1 ) − RicltM
I tassi di variazione sui dodici mesi at sono calcolati secondo la seguente formula:
 3 
FM  
at = ∏ 1 + t −i  − 1 × 100
 i =0  Lt −1−i  
Salvo diversa indicazione, i tassi di variazione sui dodici mesi si riferiscono alla fine del periodo
indicato.
Fig. 4.10, tav. a30
Gli archivi anagrafici degli intermediari
Le informazioni di tipo anagrafico relative agli intermediari creditizi e finanziari sono desunte da
appositi albi o elenchi tenuti in osservanza delle leggi vigenti dalla Banca d’Italia o dalla Consob. Eventuali difformità rispetto alle informazioni già pubblicate nelle precedenti edizioni del rapporto sono da
imputare all’aggiornamento degli archivi anagrafici in seguito a operazioni straordinarie degli intermediari.
Definizione di alcune voci:
POS: apparecchiatura automatica mediante la quale è possibile effettuare il pagamento di beni o
servizi presso il loro fornitore utilizzando carte di pagamento. L’apparecchiatura consente il trasferimento delle informazioni necessarie per l’autorizzazione e la registrazione, in tempo reale o differito,
del pagamento.
ATM (Automated Teller Machine): apparecchiatura automatica per l’effettuazione da parte della
clientela di operazioni quali prelievo di contante, versamento di contante o assegni, richiesta di informazioni sul conto, bonifici, pagamento di utenze, ricariche telefoniche, ecc. Il cliente attiva il terminale
introducendo una carta e digitando il codice personale di identificazione.
Società di intermediazione mobiliare (SIM): imprese – diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del Testo unico bancario – autorizzate a svolgere servizi o
attività di investimento ai sensi del Testo unico in materia d’intermediazione finanziaria. Per servizi e
attività di investimento si intendono le seguenti attività aventi per oggetto strumenti finanziari: la negoziazione per conto proprio; l’esecuzione di ordini per conto dei clienti; il collocamento; la gestione
di portafogli; la ricezione e trasmissione di ordini; la consulenza in materia di investimenti; la gestione
di sistemi multilaterali di negoziazione. Le SIM sono sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia e
della Consob.
Società di gestione del risparmio (SGR), Società di investimento a capitale variabile (Sicav) e Società di investimento a capitale fisso (Sicaf): le SGR sono società per azioni alle quali è riservata la possibilità di prestare
congiuntamente il servizio di gestione collettiva e individuale di patrimoni. Le SGR sono autorizzate a:
gestire fondi comuni di propria istituzione e patrimoni di Sicav o Sicaf; prestare il servizio di gestione
di portafogli; prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti; prestare il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di Fondi di investimento alternativi (FIA). I FIA sono fondi comuni che investono in strumenti finanziari e attività immobiliari caratterizzati da un minor grado di liquidità rispetto agli altri fondi comuni di investimento (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari – OICVM). Le Sicav e le Sicaf sono organismi di
investimento collettivo del risparmio costituiti in forma societaria, introdotti nel nostro ordinamento
rispettivamente dal decreto legislativo 84/1992 e dal decreto legislativo 44/2014 e attualmente disciplinati dal Testo Unico della Finanza (TUF). Gli investitori nel patrimonio di una Sicav possono in
qualunque momento ottenere il rimborso del loro investimento; gli investitori nel patrimonio di una
Sicaf sono vincolati a mantenere il loro investimento per tutta la durata della società.
Società finanziarie ex art. 107 del Testo unico bancario: intermediari finanziari iscritti, in base ai criteri
fissati dal Ministro dell’Economia e delle finanze, nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del Testo
unico in materia bancaria e creditizia, e sottoposti ai controlli della Banca d’Italia.
104
Istituti di pagamento: imprese, diverse dalle banche e dagli Istituti di moneta elettronica, autorizzati
a prestare i servizi di pagamento e disciplinati dal D.lgs. 27.1.2010, n. 11.
Istituti di moneta elettronica: imprese, diverse dalle banche, che svolgono in via esclusiva l’attività di
emissione di Moneta elettronica. Possono anche svolgere attività connesse e strumentali a quella esercitata in esclusiva e offrire servizi di pagamento. È preclusa loro l’attività di concessione di crediti in
qualunque forma.
LA FINANZA PUBBLICA DECENTRATA
Tav. a31
Spesa pubblica delle Amministrazioni locali al netto della spesa per interessi
Le Amministrazioni locali (AALL) comprendono gli enti territoriali (Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, Province, Comuni), gli enti produttori di servizi sanitari (Aziende sanitarie locali e Aziende ospedaliere), gli enti locali produttori di servizi economici e di regolazione
dell’attività (ad esempio, Camere di commercio) e quelli produttori di servizi locali, assistenziali, ricreativi e culturali (ad esempio, università ed enti lirici). Le Amministrazioni pubbliche (AAPP) sono costituite, oltre che dalle AALL, dalle Amministrazioni centrali e dagli Enti di previdenza. Le Regioni a
statuto speciale (RSS) sono le seguenti: Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Sardegna e Sicilia. Le Province autonome di Trento e di Bolzano sono equiparate alle RSS.
La spesa delle AALL riportata in questa tavola è al netto della spesa per interessi e delle partite
finanziarie (partecipazioni azionarie e conferimenti; concessioni di crediti). Essa deriva dal consolidamento del bilancio dell’ente Regione con i conti economici delle Aziende sanitarie locali (ASL) e delle
Aziende ospedaliere (AO) e con i bilanci degli altri enti delle AALL.
Tav. a34
Costi del servizio sanitario
Fino all’anno 2010, la banca dati NSIS riporta i costi totali al netto della voce ammortamenti; per
omogeneità di confronto, anche i costi totali per gli anni successivi al 2010 sono riportati nella tavola
al netto degli ammortamenti. In particolare, per il 2011 l’ammontare degli ammortamenti è definito
secondo le regole stabilite dal Tavolo tecnico di verifica del 24 marzo del 2011; per il 2012 e il 2013 si
è considerato l’ammontare complessivo degli ammortamenti risultante dal Conto Economico.
Sempre per questioni di comparabilità con gli anni precedenti, nel 2012 i costi totali riportati nella tavola non comprendono la voce svalutazioni. Seguendo l’applicazione dei criteri contabili uniformi
previsti dal D. lgs. 23 giugno 2011, n. 118, le svalutazioni sono calcolate includendo le seguenti fattispecie: svalutazione crediti, svalutazione delle attività finanziarie, perdite su crediti e svalutazione delle
immobilizzazioni.
Fig. 5.1
Distribuzione delle strutture sanitarie regionali per classi di performance in base agli indicatori di esito
La figura utilizza i dati elaborati dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas)
sulla base delle informazioni riportate nelle schede di dimissione ospedaliere di oltre 1.300 strutture
ospedaliere pubbliche e private presenti sul territorio nazionale. In particolare, nell’ambito del Programma Nazionale Esiti (PNE), l’Agenas pubblica, a partire dal 2008 e per ciascuna struttura, molteplici indicatori di esito e di volume di attività (131 nell’ultimo aggiornamento) con riferimento alle
seguenti aree cliniche: cardiovascolare; procedure chirurgiche; cerebrovascolare; digerente; muscoloscheletrico; perinatale; respiratorio; urogenitale e malattie infettive (per approfondimenti, cfr.
http://www.agenas.it).
Per l’analisi riportata nel testo sono stati utilizzati i dati riferiti al periodo 2010-13 (questi ultimi
ancora provvisori). Per consentire confronti temporali omogenei si è considerato un campione chiuso
di 1.016 strutture presenti in tutto il periodo preso in esame, correggendo per chiusure e accorpamen-
105
ti; la selezione non ha comportato una perdita di informazioni sostanziale né ha modificato
l’interpretazione dei risultati finali.
Gli indicatori di esito riportati nel grafico si riferiscono al rischio aggiustato, elaborato
dall’Agenas solo per le strutture che presentavano volumi di attività superiori ai 50 casi (150 per i parti
cesarei), in modo da correggere per l’effetto di possibili disomogeneità nelle popolazioni studiate (dovute ad età, genere, gravità della patologia in studio, presenza di comorbidità croniche, etc).
Il grafico riporta, per ciascun indicatore, il valore medio regionale calcolato ponderando il dato
riferito a ogni struttura con l’incidenza del rispettivo volume di attività sul totale regionale. La distribuzione per classi di performance delle strutture ubicate in regione è stata costruita, per ciascun indicatore, utilizzando quali soglie i quintili della distribuzione nazionale pesata del 2012.
Ad ogni struttura, e per ogni indicatore, è stato assegnato un valore da 1 a 5 a seconda della classe di appartenenza; l’ordinamento delle classi è stato definito secondo un criterio di performance decrescenti delle strutture (la classe 1 individua le strutture con valori di performance ottimali, la classe 2
quelle con valori di performance buoni, la classe 3 quelle con valori medi, la classe 4 quelle con valori
scarsi, la classe 5 infine delimita le strutture con una performance scadente).
Per ciascun indicatore si è calcolato a livello regionale il numero e il peso delle strutture nelle
cinque classi, in base ai parametri di seguito riportati.
CLASSI
Tasso di mortalità a 30
giorni per Infarto
Miocardico Acuto
(IMA)
Proporzione
di parti cesarei
primari
(cesarei)
Proporzione di interventi
per colecistectomia
laparoscopica con
degenza post operatoria
inferiore a 3 giorni
(colecistectomia)
Proporzione di fratture
del femore in anziani
con più di 65 anni
operate entro 48 ore
(frattura femore)
1=ottima
<=7,56
<=15,38
>=82,56
>=60,0
2=buona
7,57-9,28
15,39-20,47
82,57-70,92
60,01-44,15
9,29-11,36
20,48-28,11
70,93-57,80
44,16-30,17
11,37-14,36
28,12-33,97
57,81-38,93
30,18-17,49
>14,36
>33,97
<38,93
<17,49
3=intermedia
4=scarsa
5=carente
La proporzione di parti cesarei primari e le fratture di femore operate entro 48 ore sono anche
monitorati nell’ambito della procedura di valutazione dei LEA, che ha individuato quali soglie di riferimento per l’erogazione dei LEA nel 2012 una quota di tagli cesarei primari inferiore al 20 per cento e
una quota di fratture del femore trattate entro 48 ore superiore al 50 per cento. Nel 2014, con riferimento a quanto stabilito nel Regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, la proporzione massima di tagli cesarei primari è
stata posta al 15 per cento per le strutture con meno di mille parti all’anno e al 25 per cento per quelle
più grandi, mentre per le fratture del femore la proporzione di interventi entro 48 ore è stata fissata in
almeno il 60 per cento. È stata inoltre individuata una soglia minima ottimale per la colecistectomia
con degenza post-operatoria inferiore a tre giorni (il terzo degli indicatori riportati nel grafico), pari al
70 per cento.
Tav. a38
Entrate tributarie correnti degli enti territoriali
Le entrate tributarie di Regioni, Province e Comuni sono riportate nel titolo I dei rispettivi bilanci. In tale categoria rientrano sia tributi il cui gettito è interamente assegnato agli enti territoriali (si
tratta di tributi istituiti con legge dello Stato e con riferimento ai quali gli enti possono avere facoltà di
variare le aliquote entro soglie prestabilite), sia quote di tributi erariali devolute agli enti secondo percentuali fissate dalla legge.
106
I principali tributi di competenza delle Regioni sono: l’imposta regionale sulle attività produttive,
l’addizionale all’Irpef, la tassa automobilistica e di circolazione, il tributo speciale per il deposito in
discarica dei rifiuti, la tassa per il diritto allo studio universitario, la tassa sulle concessioni regionali, le
imposte sulle concessioni dei beni demaniali, la tassa per l’abilitazione professionale, l’imposta sulla
benzina per autotrazione, l’addizionale all’imposta sostitutiva sul gas metano.
A tali risorse si aggiungono quelle derivanti da quote di compartecipazione al gettito di alcuni
tributi erariali: in particolare, alle RSO è attribuita una compartecipazione sia al gettito erariale dell’IVA
sia a quello dell’accisa sulla benzina; dal 2013 le compartecipazioni alle accise sui carburanti sono confluite nel fondo nazionale per il trasporto pubblico locale.
Alle RSS è invece devoluta una parte del gettito dei principali tributi erariali riscossi sul loro territorio, secondo le quote indicate negli statuti (o nelle relative norme di attuazione) e riepilogate nella
seguente tabella.
VOCI
Valle
d’Aosta
Regione
TrentinoAlto Adige
Province
autonome
di Trento e
di Bolzano
FriuliVenezia
Giulia
Sicilia
Sardegna
IRPEF
10/10
-
9/10
6/10
10/10
7/10
Imposta sui redditi delle società
10/10
-
9/10
4,5/10
10/10
7/10
IVA sui consumi
10/10
2/10
7/10
9,1/10
10/10
9/10
IVA sulle importazioni
10/10
-
9/10
-
-
-
Ritenute su interessi e redditi di capitale
10/10
-
9/10
-
10/10
7/10
-
10/10
9/10
-
10/10
9/10
Tasse sulle concessioni governative
9/10
-
Tasse automobilistiche
10/10
-
Imposta su successioni e donazioni
9/10
tributo proprio
10/10
9/10
-
-
10/10
5/10
Imposta di bollo e di registro
9/10
-
9/10
-
10/10
9/10
Imposte ipotecarie
9/10
10/10
-
-
10/10
9/10
Imposte fabbricazione
9/10
-
9/10
-
-
9/10
Imposta energia elettrica
10/10
-
10/10
9/10
10/10
9/10
Imposta gas metano per autotrazione
10/10
-
9/10
-
-
-
Canoni utilizzazione acque pubbliche
9/10
-
9/10
9/10
10/10
10/10
10/10
-
9/10
9/10
-
9/10
Proventi del lotto al netto delle vincite
Accise benzine e gasolio a uso autotrazione
9/10
9/10
-
-
7/10
-
-
9/10
Altri tributi comunque denominati
- (1)
-
9/10 (2)
Imposta consumo tabacchi
29,75 e
30,34%
-
-
-
10/10(3)
7/10(4)
Fonte: Statuti delle RSS e Province autonome e norme di attuazione.
(1) È prevista una compartecipazione, nella misura di 10/10, alle imposte sugli intrattenimenti (10/10), alle imposte di assicurazione
diverse dalla responsabilità civile (10/10), alle ritenute sui premi e le vincite (10/10) e alla sovrimposta di confine (9/10). – (2) Ad eccezione dei tributi che spettano alla Regione Trentino-Alto Adige o ad altri enti pubblici. – (3) Sono riservate in ogni caso allo Stato le imposte di fabbricazione e le entrate di tabacchi e lotto. nonché le imposte il cui gettito è espressamente riservato allo Stato dalla legge. – (4)
Ad eccezione dei tributi spettanti ad altri enti pubblici.
Fra le entrate tributarie del titolo I dei bilanci delle Province rientrano: l’imposta provinciale di
trascrizione, l’imposta sulle assicurazioni Rc auto, il tributo per l’esercizio delle funzioni di igiene ambientale, la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, il tributo per il deposito in discarica dei
rifiuti, l’addizionale sul consumo di energia elettrica (fino al 2011); per gli enti delle RSO, è inclusa la
compartecipazione al gettito erariale dell’Irpef (fino al 2011) e una quota del Fondo sperimentale di
riequilibrio (dal 2012).
Fra le entrate tributarie del titolo I dei bilanci dei Comuni rientrano: l’imposta sulla proprietà
immobiliare (ICI nel 2010 e 2011, Imu nel 2012 e nel 2013 per quest’ultima si è tenuto conto dei criteri di contabilizzazione previsti dal D.L. 6 marzo 2014, n. 16), la tassa per l’occupazione di spazi e aree
pubbliche, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l’imposta comunale sulla pubblicità, i
107
diritti sulle pubbliche affissioni, l’addizionale sul consumo di energia elettrica (fino al 2011),
l’addizionale all’imposta personale sul reddito, l’addizionale sui diritti d’imbarco dei passeggeri delle
aeromobili, l’imposta di soggiorno presso alcuni Comuni località turistiche; per gli enti delle RSO, è
inclusa anche una compartecipazione al gettito erariale dell’Irpef (fino al 2010), al gettito dell’IVA (nel
2011) e una quota del Fondo sperimentale di riequilibrio (nel 2011 e nel 2012; dal 2013 denominato
Fondo di solidarietà comunale).
Con riguardo all’autonomia impositiva degli enti territoriali, le Regioni possono aumentare fino a
0,92 punti percentuali la misura base dell’aliquota dell’IRAP (pari al 3,9 per cento), prevedendo anche
differenziazioni in base all’attività svolta dal soggetto passivo; dal 2013 possono anche disporre di ridurla fino al suo azzeramento, purché non siano state deliberate maggiorazioni dell’addizionale regionale all’Irpef superiori a 0,5 punti percentuali. Per l’aliquota dell’addizionale regionale all’Irpef, pari
all’1,23, il margine di aumento è pari a 1,1 punti percentuali (2,1 a partire dal 2015), con possibilità di
differenziare le aliquote in base al reddito. Le Regioni con Piano di rientro per disavanzi sanitari elevati
(Piano) sono tenute ad applicare le predette aliquote nella misura massima consentita (4,82 per cento
per l’IRAP ordinaria e 2,33 per cento per l’addizionale regionale all’Irpef) e, in caso di commissariamento o mancato rispetto del Piano, ad applicare una maggiorazione automatica di 0,15 e di 0,30 punti
percentuali, rispettivamente, per l’IRAP e per l’addizionale all’Irpef; dal 2013, tuttavia, se negli ultimi
anni di esecuzione del Piano il disavanzo sanitario di competenza ante-coperture è inferiore al gettito
derivante dalle maggiorazioni applicate, è consentita la riduzione delle stesse o, in alternativa, l’utilizzo
del relativo gettito per il finanziamento dei servizi pubblici essenziali o del pagamento dei debiti commerciali.
I margini di manovra delle Province riguardano la facoltà di maggiorare fino a un massimo del
30 per cento l’importo dell’IPT rispetto alla tariffa base prevista dal decreto ministeriale 27 novembre
1998, n. 435; dal 2011, per effetto del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68, possono variare fino a 3,5 punti
percentuali l’aliquota base dell’imposta sull’assicurazione Rc auto (pari al 12,5 per cento).
Con riferimento ai Comuni l’autonomia impositiva riguarda l’addizionale comunale all’Irpef, per
la quale essi hanno sia la facoltà di istituire il tributo sia di variare l’aliquota nei limiti dello 0,8 per cento, e le imposte immobiliari, la cui disciplina è mutata a decorrere dal 2014. Esse comprendono la Tasi
(tributo sui servizi indivisibili), l’Imu (imposta municipale propria) e la Tari (tassa sui rifiuti). La Tasi
riguarda tutti gli immobili e grava sia sui proprietari sia sugli eventuali locatari (i Comuni scelgono la
quota dell’imposta a carico di questi ultimi, per una percentuale compresa fra il 10 e il 30 per cento).
La base imponibile è la rendita catastale rivalutata, l’aliquota base è pari all’1 per mille; non è previsto
un sistema di detrazioni uniforme per tutti gli enti. I Comuni possono modificare l’entità del prelievo
purché la somma fra l’aliquota della Tasi e quella dell’Imu non ecceda il 6 per mille per le abitazioni
principali, il 10,6 per gli altri immobili (cfr. legge 27 dicembre 2013, n. 147). Ulteriori vincoli relativi al
2014 hanno stabilito che: i) l’aliquota massima della Tasi sulle abitazioni principali non può superare il
2,5 per mille; ii) gli enti hanno facoltà di applicare un ulteriore incremento pari a 0,8 per mille (complessivamente, ossia considerando sia l’aliquota sulle abitazioni principali sia quella sugli altri immobili)
purché a fronte dell’introduzione di agevolazioni per la prima casa (cfr. legge 2 maggio 2014, n. 68, che
ha convertito il DL 6.3.2014, n. 16). La legge di stabilità per il 2015 ha confermato questi ulteriori vincoli anche per il 2015 (cfr. legge 23 dicembre 2014, n. 190). L’Imu è applicata sulle sole abitazioni
principali di lusso e su tutte le altre tipologie di immobili. La base imponibile è la rendita catastale rivalutata; l’aliquota base è pari a 7,6 millesimi, con facoltà per i Comuni di apportare variazioni in aumento (o in diminuzione) fino a ulteriori 3 millesimi. La terza componente del prelievo immobiliare comunale è la Tari, anch’essa introdotta a decorrere dal 2014 (in sostituzione della Tares) e dedicata alla
gestione dei rifiuti urbani. Il tributo è commisurato alla superficie dell’immobile ed è determinato dai
Comuni in modo da assicurare la copertura integrale dei costi del servizio di raccolta e di smaltimento
dei rifiuti urbani; in prospettiva gli enti dovranno dotarsi di sistemi di misurazione idonei
all’applicazione di una tariffa puntuale, che rifletta l’effettiva quantità di rifiuti conferiti al servizio
pubblico.
108
Fig. r8, tav. a39
Il prelievo fiscale locale per le famiglie residenti nei capoluoghi emiliano-romagnoli
Il prelievo fiscale locale è definito con riferimento ai tributi di competenza degli enti territoriali;
si tratta di tributi per i quali l’individuazione delle aliquote e di altri elementi rilevanti per la determinazione del debito d’imposta ricade nella sfera di responsabilità locale. La ricostruzione considera una
famiglia con caratteristiche prefissate (figura-tipo), residente in un dato comune capoluogo di provincia: per tale famiglia, il prelievo fiscale locale è rappresentato dalla somma dei tributi applicati dalla
regione, dalla provincia e dal comune. Per le province con più comuni capoluogo, si è considerato
quello più popoloso. I valori per l’Italia, le RSO, le RSS e per le singole regioni sono medie aritmetiche
dei sottostanti dati comunali, ciascuno ponderato per la popolazione residente al 1° gennaio del 2014.
Le figure-tipo utilizzate presentano le seguenti caratteristiche:
- famiglia A: composta da due adulti lavoratori dipendenti con reddito annuo complessivo imponibile
ai fini Irpef di 43.000 euro annui (importo pari al doppio del reddito medio di un lavoratore dipendente secondo le Dichiarazioni dei redditi riferiti all’anno 2012 pubblicate dal MEF) e due figli minorenni,
proprietaria dell’abitazione di residenza di 100 metri quadri (valore medio secondo l’indagine della
Banca d’Italia su I bilanci delle famiglie italiane 2012) e di una Fiat Punto 1.368 cc a benzina, Euro 6, e
con 57 kw (la Fiat Punto è l’auto più venduta nel segmento utilitarie nel periodo 2003-2014 in base ai
dati dell’Unione nazionale rappresentanti veicoli esteri - UNRAE);
- famiglia B: composta da due adulti e un figlio minore; si è assunto inoltre un reddito complessivo
imponibile di 113.000 euro annui, per il 60 per cento circa derivante da libera professione (i redditi
ipotizzati per i singoli percettori collocano il lavoratore autonomo e quello dipendente di questa famiglia nell’ultimo e nel penultimo quintile delle rispettive distribuzioni degli imponili ai fini Irpef pubblicate dal MEF); la famiglia è proprietaria dell’abitazione di residenza di 140 metri quadri, di un box
auto di 15 metri quadri e di una BMW Serie 3 station wagon 1.995 cc diesel, Euro 5, 135 kw (la BMW
Serie 3 è l’auto più venduta nel segmento medio-grandi nel periodo 2003-2014 in base ai dati
dell’UNRAE);
- famiglia C: costituita da un pensionato con un reddito annuo imponibile ai fini Irpef di 18.000 euro
(dato prossimo al reddito medio per questa tipologia di percettore secondo i dati del MEF delle Dichiarazioni dei redditi 2013), proprietario di un’abitazione di 100 metri quadri e privo di automobile.
L’entità del prelievo locale su ciascuna tipologia di famiglia e per ciascun comune capoluogo di
provincia è stata ricostruita per il triennio 2012-14. Per ogni famiglia sono stati mantenuti fissi la dimensione dell’abitazione di residenza, le caratteristiche dell’auto e del guidatore ma la base imponibile
(rendita catastale rivalutata, consumo di gas e premio assicurativo) di alcuni tributi (imposta patrimoniale, imposta provinciale sull’Rc auto e addizionale regionale sul gas metano) varia tra territori (è fissa
però nel tempo). Le caratteristiche delle auto, necessarie per calcolare alcuni dei tributi successivi, sono
state prese dal sito internet di Quattroruote (http://www.quattroruote.it). L’importo dei singoli tributi
è stato calcolato come segue.
Tributi sul reddito
Addizionale regionale e comunale all’Irpef: per le tipologie familiari con due percettori di reddito (A e
B) sono stati ipotizzati imponibili distinti per ciascun percettore. In particolare per la famiglia A le
ipotesi effettuate sono di circa 23.500 euro per il primo e di 19.500 euro (un rapporto non dissimile a
quello osservato nel reddito di lavoratori dipendenti maschio e femmina in base all’Indagine della
Banca d’Italia su I bilanci delle famiglie nell’anno 2012). I figli minori sono fiscalmente a carico di ciascun genitore per il 50 per cento. Per la determinazione delle imposte le basi imponibili sono state
moltiplicate per le aliquote regionali e comunali pubblicate dall’Agenzia delle entrate, tenendo conto
delle eventuali detrazioni e agevolazioni previste a livello territoriale.
Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP): l’imposta è dovuta sul reddito derivante dall’attività
libero professionale svolta da uno dei componenti della famiglia B. L’onere è calcolato con riferimento
a una base imponibile di 74.000 euro da cui sono sottratte eventuali deduzioni disposte dai governi
locali con legge regionale o provinciale (per Trento e Bolzano); nei casi in cui le realtà regionali hanno
previsto agevolazioni in funzione del volume d’affari, tale volume è stato considerato inferiore a
120.000 euro. È stata applicata l’aliquota fissata dalle regioni tenendo conto di eventuali agevolazioni,
laddove previste, pubblicate dall’Agenzia delle entrate.
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Tributi sui consumi
Addizionale regionale all’imposta sostitutiva sul gas metano: questo tributo è applicabile nelle sole RSO.
Per il calcolo del debito d’imposta si sono considerati i consumi di gas per uso domestico in ciascun
comune indicati da Elettragas (http://www.elettragas.it/consumi.asp), in base alla composizione familiare e all’ampiezza dell’abitazione.
Imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA): questo tributo è applicabile nelle sole RSO.
Nei casi in cui la regione abbia adottato differenti misure tariffarie in corso d’anno, quella annuale è
stata posta pari alla media delle tariffe mensili ponderata con i mesi in cui ciascuna è rimasta in vigore.
Per ottenere una stima del consumo annuale di carburante si è ipotizzato un chilometraggio di 15.000
km (famiglia A) e si è considerato un consumo di 5,7 litri di benzina ogni 100 km. L’imposta non grava sulla famiglia B che ha un’auto diesel.
Tributi sull’abitazione
Imposta immobiliare comunale: per il 2012 e il 2013 è stata considerata l’imposta municipale propria
(Imu) e per il 2014 la Tassa sui servizi indivisibili (Tasi). La base imponibile è stata calcolata moltiplicando la superficie dell’abitazione per la rendita catastale media al mq desumibile, per ciascun comune
capoluogo di provincia, dai dati pubblicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI)
dell’Agenzia delle entrate riferiti al 2012 per il complesso degli immobili di categoria A2; il valore in tal
modo ottenuto è stato rivalutato del 5 per cento, come previsto dalla legge. Per la famiglia B è stata
aggiunta la rendita stimata del garage (categoria C6).
Tributi sui servizi
Imposte sui rifiuti: tali imposte comprendono: per il 2012 la tassa sui rifiuti solidi urbani (Tarsu),
comprensiva delle addizionali ex ECA ed ex MECA, e la tariffa di igiene ambientale (TIA); per il 2013
la Tassa sui rifiuti e servizi comunali (Tares); per il 2014 la tassa sui rifiuti (Tari). Il prelievo è stato
ricostruito tenendo conto delle tariffe deliberate da ciascun comune in relazione alla superficie
dell’abitazione, alla composizione del nucleo familiare ed eventualmente alle quantità prodotte di rifiuti. Nei comuni in cui la tariffa dipende dalla quantità di rifiuti, questa si è ipotizzata pari al livello minimo. Al tributo comunale è stato aggiunto quello provinciale previsto per l’esercizio delle funzioni
ambientali (TEFA).
Tributi sull’auto
Imposta provinciale sull’Rc auto: per il calcolo dell’imposta l’auto si assume intestata al percettore
maschio, ipotizzando classe di merito CU1, clausola Bonus-Malus, guida esperta e nessun incidente
negli ultimi cinque anni. Per ciascuna combinazione di famiglia e provincia, il premio assicurativo lordo è la media aritmetica semplice di quelli simulati, a livello di singola compagnia, nel mese di novembre del 2014 sul sito gestito dall’Ivass e dal Ministero dello Sviluppo economico
(www.tuopreventivatore.it). Su tali premi, al netto di imposte e contributi, sono state applicate le aliquote deliberate dalle province per ciascun anno (nel caso di variazioni in corso d’anno si è considerata una media delle tariffe applicate, ognuna ponderata per il numero di mesi in cui è rimasta in vigore).
Tassa automobilistica regionale: le tariffe, che variano in base alla potenza del veicolo e
all’omologazione anti inquinamento, sono quelle comunicate all’ACI, per le Regioni convenzionate, e
quelle desumibili dai siti istituzionali per le altre.
Imposta provinciale di trascrizione (IPT): le aliquote sono quelle presenti nella base dati dell’ACI alla
data del 1° gennaio di ogni anno. L’imposta è calcolata moltiplicando l’aliquota della maggiorazione
provinciale al numero dei chilowattora e alla tariffa base (3,5119 euro); questo metodo si applica per le
auto con oltre 53 kw, come quelle ipotizzate.
Tav. a40
Il debito delle Amministrazioni locali
Il debito delle Amministrazioni locali è calcolato in coerenza con i criteri metodologici definiti
nel regolamento del Consiglio dell’Unione europea n. 479/2009, sommando le passività finanziarie
(valutate al valore facciale) afferenti alle seguenti categorie: monete e depositi, titoli diversi dalle azioni,
prestiti. Il debito è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività che costituiscono attività, nei medesimi strumenti, di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche. Nella tavola si riporta
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per memoria anche il debito non consolidato, che include anche le passività delle Amministrazioni
locali detenute da altre Amministrazioni pubbliche (Amministrazioni centrali ed Enti di previdenza e
assistenza). I prestiti sono attribuiti alle Amministrazioni locali solo se il debitore effettivo, ossia l’ente
che è tenuto al rimborso, appartiene a tale sottosettore; non sono pertanto inclusi i mutui erogati in
favore di Amministrazioni locali con rimborso a carico dello Stato.
Sulla base di specifiche decisioni dell’Eurostat, il debito include anche: a) le passività commerciali cedute a intermediari finanziari con clausola pro soluto; b) le operazioni di partenariato pubblicoprivato (PPP) che, in base alle linee guida dell’Eurostat del febbraio 2004, devono essere consolidate
nei conti delle Amministrazioni pubbliche; c) i pagamenti upfront ricevuti dalle Amministrazioni locali
nell’ambito di contratti derivati; d) le operazioni di cartolarizzazione considerate come prestito secondo i criteri indicati dall’Eurostat.
Per ulteriori informazioni cfr. Supplementi al Bollettino Statistico – Indicatori monetari e finanziari: Debito delle Amministrazioni Locali, alla sezione: Appendice metodologica
(www.bancaditalia.it/statistiche).
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