A cura di Gianluca Gentili Con la collaborazione di Maresa Bonugli Scodanibbio Consulenza artistica Tonino Tesei Direttore di palcoscenico Elisabetta Salvatori Registrazioni audio e sito web Andrea Lambertucci Ringraziamenti Luciano Messi Sovrintendente dell’Associazione Arena Sferisterio Fabio Tiberi Direttore artistico FORM Paola Taddei Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Macerata Si ringraziano inoltre Fabrizio Ottaviucci Marina Mentoni Grafica Simona Castellani Amministrazione Maria Sara Rastelli Roberta Spernanzoni Rosa Silvestri Segreteria Paola Pierucci 34 rassegna di nuova musica teatro lauro rossi macerata 11 12 13 14 aprile 2016 voyage that never ends www.rassegnadinuovamusica.com associazione nuova musica 34 rassegna di nuova musica programma teatro lauro rossi macerata Ho conosciuto Stefano Scodanibbio nel 1986. La prima cosa che mi ha colpito di lui e della sua musica era il suo essere un giovane uomo determinato, altrettanto abile come contrabbassista che come compositore, fatto raro nel mondo della musica di oggi. Il suo stile era molto personale, non seguiva le tendenze d’avanguardia tradizionali, ma indagava in un modo suo, del tutto particolare, il mondo dei suoni armonici. Questo approccio speciale di contrabbassista/compositore lo portava, da un lato, ad esplorare ulteriormente il suo strumento, dall’altro contribuiva a stimolare le sue composizioni. Il risultato è stato un numero di straordinarie opere per il contrabbasso che hanno arricchito di nuove possibilità il repertorio di questo strumento ed apportato invenzioni musicali nelle sue composizioni per quartetto d’archi. Nel 1983 Stefano ha fondato la Rassegna di Nuova Musica di cui è stato direttore artistico per 30 anni, programmando, anno dopo anno, un rilevante numero di opere di nuova musica. Sempre curioso e di vasti interessi Stefano invitava al Festival icone della musica contemporanea che ammirava, come Berio, Donatoni, Sciarrino e Stockhausen, ma amava anche improvvisare con Terry Riley, Markus Stockhausen e Rohan de Saram, esperienze di fondamentale importanza per la sua creatività. Viaggiare è stata un’altra fonte di ispirazione per il suo pensiero musicale, per le sue originali composizioni e per le “reinvenzioni” per quartetto d’archi di alcune canzoni tradizionali del Messico, un paese che amava e dove ha scelto di finire i suoi giorni. L’Arditti String Quartet partecipò per la prima volta al Festival di Macerata nel 1987, interpretando due concerti e suonando, in prima assoluta, il primo movimento di Visas, prima composizione di Stefano per quartetto d’archi. Nel 2000 tornammo a Macerata e presentammo in anteprima il secondo Movimento e nel 2001 eseguimmo l’opera completa alla Biennale di Venezia. In totale Stefano ha completato quattro composizioni per quartetti d’archi e in anni più recenti parlammo dell’idea di inciderle. Purtroppo questa idea non si è concretizzata nel corso della vita di Stefano, ma io sono più che felice di avere l’opportunità, durante i concerti di Forlì e Macerata del prossimo aprile in cui questi pezzi saranno inclusi, di realizzare tale progetto discografico che rappresenterà una testimonianza della sua eredità nel repertorio per quartetto d’archi. Come compositore Stefano è stato una voce unica nel mondo della musica contemporanea. Era un amico e un collega e mancherà molto a noi e a tutti coloro che l’hanno conosciuto. Irvine Arditti dicembre 2015 lunedì 11 aprile György Ligeti String Quartet No. 2 Stefano Scodanibbio Mas Lugares Stefano Scodanibbio Visas Franco Donatoni La souris sans sourire Arditti Quartet martedì 12 aprile Conlon Nancarrow String Quartet No. 3 Stefano Scodanibbio Altri Visas Stefano Scodanibbio Lugares que pasan Helmut Lachenmann Grido Arditti Quartet mercoledì 13 aprile Stefano Scodanibbio Voyage That Never Ends Dario Calderone contrabbasso Silvia Borzelli own pace (amnesia 3) Dario Calderone contrabbasso Manuel Zurria flauto giovedì 14 aprile Yan Maresz Circumambulation per flauto Salvatore Sciarrino Autostrada prima di Babilonia per flauto (prima esecuzione italiana) Juste Janulyte Psalms per flauto basso e nastro Michel van der Aa Rekindle per flauto e nastro Manuel Zurria flauto Philip Glass Music in Similar Motion Manuel Zurria flauto Form Ensemble note ai brani György Ligeti String Quartet No. 2 (1968) Dedicato al Quartetto LaSalle, che lo eseguì per la prima volta a Baden Baden nel 1969, il Quartetto n. 2 di Ligeti è composto da cinque movimenti: 1. Allegro nervoso 2. Sostenuto, molto calmo 3. Come un meccanismo di precisione 4. Presto furioso, brutale, tumultuoso 5. Allegro con delicatezza In un’ intervista del 1978, Ligeti afferma che il Quartetto n. 2 è probabilmente l’opera strumentale che riflette le sue idee nel modo più chiaro, una sorta di summa delle tecniche da lui utilizzate. La composizione compendia inevitabilmente le esperienze di un quindicennio, in cui Ligeti conosce le maggiori correnti avanguardistiche musicali e aggiorna il suo linguaggio trovando la propria voce indipendente. La vitalità ritmica e melodica fatta di scale rapide, mutazioni continue e improvvise di ritmo ed accento, di dinamiche, uso di quarti di tono richiede agli interpreti un grande virtuosismo, ma non di tipo tonale tradizionale, è soprattutto un virtuosismo di apertura mentale e di concentrazione su un mondo sonoro riconquistato. Stefano Scodanibbio Mas lugares (2003) L’idea di trascrizione (da ...a) implica e contempla quella di adattamento (da...per) ma, in un contesto odierno, può anche abbracciare quella di reinvenzione (da...verso). Del resto già Berio, anni fa, parlava di diversi approcci, tutti necessariamente coesistenti, a un testo storicizzato. In questo caso i vari livelli obbediscono tutti, in primis, a un principio strumentale, nel senso che sono gli aspetti costitutivi degli stessi strumenti ad arco utilizzati a suggerire e fornire le differenti soluzioni timbriche, melodiche e armoniche. Si esplorano dunque diversi gradi di aderenza al testo con collegamenti che evidenziano l’aspetto di passeggiata, come tra quadri di un’esposizione. Diversi sono i madrigali utilizzati, alcuni solo in forma di frammento. Quelli citati integralmente, sono tutti dal IV Libro: Io mi son giovinetta Quel augellin, che canta Che se tu sè ‘l cor mio Il brano è stato scritto in memoria di Luciano Berio. Stefano Scodanibbio Visas (1985/1987) I Episodio: al Quartetto Arditti II Episodio: alla compagna di viaggio III Episodio: Vittorio Reta in memoriam Questo quartetto di Stefano Scodanibbio sollecita l’ascoltatore attraverso la qualità della materia sonora: la vasta partitura è tutta intessuta nella trama filiforme dei suoni armonici ma la metamorfosi del suono costituisce qui soltanto il punto di partenza. La struttura è ampia e minuziosamente articolata in ogni dettaglio, al punto che l’ascoltatore ha l’impressione di attraversare un’architettura dalle pareti traslucide ma concepita con un disegno incredibilmente preciso. Enzo Restagno Franco Donatoni La souris sans sourire (1988) Parlando di La souris sans sourire Franco Donatoni racconta con tono apparentemente svagato “Mi è sempre piaciuta l’immagine, in Alice nel paese delle meraviglie, del gatto che scompare ma di cui resta il sorriso”. Poi mi è venuta in mente la frase in cui Adorno afferma che chi sorride è il potere. Dunque se il gatto sorride, il gatto è il potere, ma il topo cacciato e mangiato dal gatto non sorride affatto e quindi è un topo senza sorriso, un souris sans sourire. Il tono è, si diceva, svagato, ma con La souris sans sourire Donatoni è arrivato al suo sesto quartetto per archi che funziona, dice ancora l’autore, “come un indicatore del mio procedere attuale più sciolto e sereno, un procedere in cui i codici agiscono semplicemente come mezzi di ordinamento compositivo.” Enzo Restagno Conlon Nancarrow String Quartet No. 3 (1987) Il terzo quartetto di Nancarrow palesa, ancora una volta, l’ossessione dell’autore per i canoni e le intrigate relazioni temporali tra gli strumenti. Infatti le parti sono scritte con tempi differenti secondo il modulo 3:4:5:6, cosicché ciascun strumento suona materiale simile ma ad una velocità differente. Ci sono sezioni che suonano come melodie, altre in cui gli strumenti sembrano dialogare tra di loro, a volte niente lascia presupporre che i quattro musicisti stiano suonando la stessa linea. È straordinario come una tale intricata e dettagliata tessitura di note scaturisca da una rigorosa tecnica di scrittura che richiede ai musicisti una tremenda disciplina dando, nel contempo, l’impressione di grande libertà. Stefano Scodanibbio Altri Visas (2000) Tre episodi per quartetto d’archi Para llegar a la Montego Bay (cfr. Lezama Lima) è il titolo del primo episodio di questa nuova serie di Visas dopo quella scritta a metà degli anni ’80. Se il titolo denota i tentativi di arrivare a un luogo, per altro realmente raggiunto, il brano scava invece nelle pulsioni immaginarie tipiche dell’errare compositivo intorno ad una idea fissa. Il secondo episodio è di altra natura: è l’affanno di spostarsi continuamente, di andare “oltre un’India splendida e torbida”. Au seul souci de voyager (da Mallarmé) era un titolo poi non più utilizzato di Fernando Mencherini e a lui, grande viaggiatore “da fermo”, questa musica è dedicata. L’ultimo episodio, Kennst du das Land? (da Goethe), affonda in territori antichi (e assai battuti): ma altri strumenti di osservazione sono stati introdotti, altri aiuti sono stati chiesti. Alleati. Anime gemelle. Alla fine non si è che all’inizio perché la terra che si credeva di conoscere, forse, è tutta da esplorare. Stefano Scodanibbio Lugares que pasan (1998/1999) Matehuala - Real de Catorce - Boca de Iguanas - Barra de Navidad - Santa Cruz de Tenerife La Habana - Varadero - Cienfuegos - Trinidad - La Habana Miramar - Tulum - Cancun - Agua Amarga. Agosto 1998 / Maggio 1999 Stefano Scodanibbio Helmut Lachenmann Grido (2001) Il compositiore tedesco Helmut Lachenmann è famoso per creare musica da suoni normalmente sgradevoli: rumori del respiro e delle chiavi negli strumenti a fiato o il raschiamento dell’archetto sulle corde degli strumenti, per esempio. Egli chiama questo principio “musica strumentale concreta”, ciò significa pensare lo strumento musicale come un compositore elettroacustico utilizza il rumore del traffico o lo sbattere di una porta, un suono astratto tolto dal suo contesto; creare una musica energica, ma fatta di ombre e fantasmi, come una lampada al plasma piena di scintille elettriche. Il timbro rimane il focus di tutta la composizione, le note emergono come conseguenze di tali timbri, quasi come un inevitabile accidente della frizione dell’arco sulle corde. Per riuscire ad entrare in questa dimensione lo stesso Lachenmann suggerisce semplicemente di “guardare” alla sua musica “come si guarda un temporale, un formicaio”. Il brano è stato commissionato dall’Arditti Quartet, il titolo deriva infatti da un acronimo che omaggia i componenti del celebre quartetto, esecutori della prima assoluta. Voyage That Never Ends (1979/1997) Anticipazione e prima stesura di quello che sarà, forse, un giorno, il (mio) romanzo del contrabbasso, Voyage That Never Ends raccoglie, modifica e amplia alcuni miei precedenti lavori (Oriente/ Occidente, Strumentale, Studio n. 6) in una prospettiva nuova di concerto globale. Stefano Scodanibbio Silvia Borzelli own pace (amnesia 3) (2011) own pace è il mio terzo lavoro attorno al concetto di amnesia. Tutti i pezzi del ciclo rappresentano diverse modalità di tendere o di opporsi all’oblio; ciò che maggiormente li accomuna è l’uso della ripetizione nella medio-forma che funziona come percorso reiterato ma ogni volta accidentato, soggetto a deviazioni, interruzioni o incantamenti. In own pace (amnesia 3), flauto e contrabbasso camminano insieme nella codifica e ricodifica continua di un materiale di partenza che rappresenta un frammento di ciò che non si ricorda più. È questo processo di ricodifica che mi interessa: la rielaborazione e la ricollocazione del frammento che non è andato perduto, la sua riduzione o la sua ridondanza. In un manoscritto antico parzialmente distrutto o deteriorato, questo processo di ricodifica permetterebbe di completare l’informazione mancante, mentre in own pace non è la ricostruzione di ciò che si è perso ad essere importante bensì il procedere dei due strumenti verso di essa: senza intralciarsi, sempre in ascolto, lasciano che la loro andatura sia il viaggio e la méta. Silvia Borzelli Yan Maresz Circumambulation (1993, revisione 1996) Composto nel 1993 nello spirito di uno studio che comportava un problema di scrittura da risolvere (in senso matematico), questo breve pezzo gioca sulla percezione di tipo polifonico di uno strumento monofonico come il flauto. Una delle possibili risposte a questo problema è di natura poliritmica: per questo ho contrapposto due materiali musicali contrastanti, cercando di conciliarli in un discorso continuo di elaborazione tra un tessuto percussivo con impulso costante, quasi metronomico, e una scrittura melodica più tradizionale il cui naturale dispiegamento nello spazio è limitato dalla sua coesistenza con l’altro. La tensione creata da questo dualismo fa emergere la sensazione inaspettata e graduale di una natura incantatoria accentuata dall’impulso palpitante che fornisce al pezzo il suo aspetto rituale. Le principali sfide di implementazione risiedono nella stabilità del tempo, nella precisione dell’articolazione ritmica generale e nella particolare attenzione che si richiede in ogni momento alla differenziazione timbrica delle due voci. Il pezzo è stato eseguito in prima esecuzione assoluta al Festival Emergenze, Istituto Svizzero di Roma il 16 Gennaio 1998 da Manuel Zurria. Yan Maresz Salvatore Sciarrino Autostrada prima di Babilonia (2015) Emblema precoce delle megalopoli, sinonimo di confusione: Babilonia, detta anche Babele (quasi a Bagdad) è mito fra i più resistenti e frequentati del nostro immenso immaginario. Fuori degli odierni abitati, cosa ne rimarrà in siti sbriciolati dal tempo, invasi forse di immondizia e dai bossoli di guerre perenni? Rovina mescolata a rovina. E sabbia, sabbia: la storia umana consiste in letture parziali e soggettive, mentre la vita non lascia che detriti. L’uso consuma le cose, pure il respiro consuma. Certo anche uno sguardo. Ma nella nostra mente i nomi fermentano, e splendono ancor più di quelle porte di smalto, divine, sottratte ai deserti babilonesi e rimontate tristemente al chiuso dei musei d’Europa. Dunque il titolo di questa musica non è per evadere e sognare, al contrario, è impastato con alcune impurità del quotidiano. Vorrei offrire ogni volta spunti che attirino l’attenzione e ci mettano in discussione con noi stessi. (…) Salvatore Sciarrino Juste Janulyte Psalms (2014) Questo pezzo è il risultato di versioni differenti (suonate dallo stesso o da diversi musicisti) di un’unica linea musicale. Il risultato di queste varianti “verticali” ricorda l’effetto di voci differenti che leggono silenziosamente lo stesso identico testo o che recitano una preghiera, un salmo o un mantra con intonazioni, timbri e tempi individuali, creando così una polifonia di interpretazioni che si avvicinano o si allontanano vicendevolmente tra loro nel corso del tempo. Psalms è stato commissionato dall’Huddersfield Contemporary Music Festival (2008) e originalmente composto per violoncello e suoni pre-registrati di violoncelli. La versione per 8 flauti bassi è stata arrangiata e registrata da Manuel Zurria a maggio del 2014. La prima esecuzione di questa versione risale all’11 Luglio 2014 per il Festival Bartòk, a Szombathely (Ungheria). Michel Van der Aa Rekindle (2010) Continuando sulla linea dei brani per strumento solo e nastro magnetico (Auburn, Oog e Just Before), Rekindle integra il gioco dello scambio dei punti di vista tra il suono dal vivo e quello pre-registrato. Rekindle è un dialogo tra il flauto e il nastro magnetico, dove i due elementi “si accendono” uno nel materiale dell’altro. Il nastro prende appunti dal flauto dal vivo, deformandolo o prolungandolo in nuovi gesti e all’interno di accordi risonanti. Il flauto a sua volta reagisce d’impulso a questi suoni elettronici. Dal momento che il materiale è analizzato e presentato avanti e indietro continuamente, i ritmi pulsanti nel nastro creano un modello ritmico per un dialogo sempre più serrato e virtuosistico. Al culmine del lavoro, la parte elettronica prende il controllo, costringendo il flautista ad una raffica di esplosioni in sequenza. Michel Van der Aa Philip Glass Music in Similar Motion (1969) Music in Similar Motion, scritta nel 1969 per il Philip Glass Ensemble, è una delle prime composizioni minimaliste del compositore statunitense. Incisa nel 1973 con un organico composto da tre tastiere, due sassofoni e un flauto può essere eseguita da qualsiasi gruppo strumentale. È composta da 34 pattern di varia lunghezza ripetuti ad libitum dagli esecutori. “…Music in Similar Motion inizia con una voce, poi se ne aggiunge un’altra che suona una quarta sopra la linea originale, poi un’altra ancora alla quarta sotto, infine ne entra, dirompente, un’ultima che completa l’impatto sonoro. Ad ogni nuova voce che entra la musica cambia in maniera evidente” Philip Glass compositori interpreti Michel van der Aa (Olanda 1970). È veramente una figura poliedrica nella musica contemporanea. Unisce la composizione musicale con la regia teatrale e la scrittura di testi; strumenti classici, voci, suoni elettronici, attori, teatro e video sono tutti estensioni del suo vocabolario musicale. Di lui il Süddeutsche Zeitung ha scritto: “Non si tratta di avanguardismo che senza pietà spaventa lo spettatore, né di dirompente neo-Romanticismo; piuttosto ci troviamo di fronte ad uno strenuo ricercatore del significato della vita che combina sonorità austere con ritmi incalzanti e intense atmosfere tonali”. Interessato alla multidisciplinarietà ha lavorato con interpreti classici come Barbara Hannigan, con la cantante di fado Ana Moura, la cantante pop Kate Miller-Heidke, noti attori europei come Klaus Maria Brandauer e João Reis e con lo scrittore inglese David Mitchell. Nel 1999 è stato il primo compositore olandese a vincere il prestigioso International Gaudeamus Prize. Ulteriori riconoscimenti includono Siemens Composer Grant (2005), Paul Hindemit Prize (2006) e Kagel Prize (2013). Nel 2012 ha sviluppato Disquiet TV un auditorium virtuale online per la trasmissione di eventi musicali sperimentali. Silvia Borzelli Nasce a Roma. Attualmente vive e risiede ad Amsterdam. Ha studiato in Italia (Conservatorio O. Respighi) dove ottiene il diploma in pianoforte e in composizione, in Svezia (Malmö Musikhögskolan) e nei Paesi Bassi (Den Haag Koninklijk Conservatory) dove consegue un Master in Composizione. Ha partecipato a masterclass e corsi di formazione quali Voix Nouvelles, Bartòk Seminar, De Musica, Impuls etc. Molto importante per il suo percorso artistico l’opportunità di incontrare e studiare con compositori come Bryan Ferneyhough, Luca Francesconi, Beat Furrer, Bernhard Lang, Yannis Kyriakides e Francesco Filidei. Compone musica strumentale, vocale ed elettronica. É interessata alla relazione tra musica e concetti extra-musicali, al loro dialogo e distanza con suono, forma e percezione; è interessata a meccanismi poetici, alla perseveranza delle idee, a materiali musicali capaci di comportarsi come “statements”. Ha lavorato ad un ciclo (2009-2013) attorno al concetto di amnesia e, più in generale, sui processi di trasformazione e ricodificazione della memoria. Ha ricevuto commissioni ed esecuzioni da musicisti ed ensemble come ASKO/Schönberg, Nieuw ensemble, Umze Ensemble, Ensemble 2e2m, Ensemble L’Arsenale, Ensemble Klang, in festivals come Nuova Consonanza (Roma), Biennale di Venezia, music@ villaromana (Firenze), Festival L’Arsenale (Treviso), La Via Lattea (Lugano), Voix Nouvelles, Festival de Royaumont (Royaumont), Festival Musica (Strasburgo), Italian Academy at the Columbia University, Gaudeamus Muziekweek New York (New York City). Franco Donatoni (Verona, 9.6.1927 Milano, 17.8.2000). La maturità artistica di Donatoni giunge intorno ai cinquant’anni, frutto di una lunga ricerca di percorsi alternativi. La sua riflessione sull’operare artistico lo conduce a teorizzare il ribaltamento del tradizionale rapporto creatoreopera, la demitizzazione dell’atto creativo, la rappresentazione di una specie di autonegazione nell’“abbandono al materiale”: prima attraverso Philip Glass (Baltimora 1937). Allievo della Juilliard School e poi a Parigi di Nadia Boulanger, nel 1966 ha mutato radicalmente il suo stile compositivo, rinnegando la produzione precedente, dopo aver lavorato a Parigi con il compositore e sitarista indiano Ravi Shankar. Lo studio della musica indiana ha influenzato i suoi procedimenti ritmici, sottoposti a costanti ampliamenti e contrazioni, come pure le composizioni l’uso dell’indeterminazione, aprendo le sue composizioni ad aspetti aleatori; poi riducendo l’attività del comporre a sistemi automatici di elaborazione e trasformazione del materiale. Viene invitato a tenere seminari in molte parti del mondo. Le musiche di Donatoni sono interpretate da grandi solisti, gruppi e direttori. Tra le composizioni scritte negli anni Novanta, si segnalano Sweet Basil (1993) per trombone e Big Band, Portal (1995) per clarinetto basso, clarinetto in Sib, clarinetto piccolo e orchestra, In Cauda II (1996), e In Cauda III (1996). Sempre nel 1996 completa il ciclo (iniziato nel 1983) delle Françoise Variationen per pianoforte; mentre nel settembre 1998, nell’ambito dei Festival Musica di Strasburgo, rappresenta la breve operina comica Alfred, Alfred. Gli ultimi suoi lavori orchestrali Esa (In Cauda V), voluta dalla L.A. Philharmonic e dedicata al direttore d’orchestra e suo allievo Esa-Pekka Salonen, e Prom, su incarico dei BBC Proms, sono eseguiti postumi rispettivamente nel febbraio e nel maggio del 2001. di Terry Riley (In C), con l’insistenza sulla ripetizione degli stessi schemi, solo gradualmente e lentamente trasformati. L’interesse prevalente per il ritmo, effetti psico-acustici, sonorità fortissime analoghe a quelle del rock, caratterizzano la sua musica. Nel 1968, insoddisfatto dei tradizionali strumenti di diffusione della nuova musica, fonda il Philip Glass Ensemble (adottando le tecniche di amplificazione del suono alle tastiere, alle voci e agli strumenti a fiato, per i quali utilizza il mixer) e per il suo gruppo crea la maggior parte delle sue opere giovanili (Music With Changing Parts, Music in Twelve Parts) e lo storico Einstein on the Beach realizzato a quattro mani con Bob Wilson. Ha collaborato con vari artisti della scena ambient (tra cui Brian Eno) e pop-rock (tra cui David Bowie, di cui ha adottato i temi di Heroes per comporre l’omonima sinfonia). Nel 2015 ha pubblicato la sua autobiografia: Words without music. Justė Janulytė (Vilnius 1982). Studia composizione alla Lithuanian Academy of Music and Theatre, poi al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano con Alessandro Solbiati e segue diverse masterclass con Luca Francesconi, Helena Tuelve ecc. La musica di Janulytė viene eseguita in Europa, USA, Canada, Australia da interpreti di fama internazionali come: Orchestra Teatro La Fenice di Venezia, Gothenburg Opera Symphony Orchestra, BBC National Orchestra of Wales, Polish National Philharmonic, Brno Philharmonic, Riga Sinfonietta, Orchestrutopica (Lisbona), Estonian Philharmonic. I suoi lavori sono inclusi nelle programmazioni di importanti festival come Sydney Festival, Schleswig-Holstein Festival, Biennale di Venezia, Holland Festival (Amsterdam), Warsaw Autumn, Huddersfield Contemporary Music Festival, Maerzmusik (Berlino). La ricerca e la visionarietà dei suoi lavori le hanno valso una notorietà internazionale e nel suo Paese il conferimento, nel 2011, da parte del Ministero delle Cultura Lituano, del Young Artist’s Prize. Combinando minimalismo, musica spettrale e drone music, Justė Janulytė compone metafore acustiche di percezioni ottiche (Silence of the Falling Snow, Pendulums, Observation of Clouds) e ricerca l’aspetto visivo di esperienze musicali in lavori dove suono ed immagini si fondono insieme (BreathingMusic, Eclipse, Sandglasses). Conlon Nancarrow (Arkansas, 1912- Città del Messico, 1997). Dopo aver studiato al Conservatorio di Cincinnati, nel 1937 si unisce all’Abraham Lincon Brigata per combattere in Spagna con le forze repubblicane. Al suo ritorno negli Stati Uniti, nel 1939, frequenta l’ambiente della nuova musica newyorkese insieme a Elliott Carter e Aaron Copland. Le sue convinzioni politiche gli rendono impossibile la vita negli Stati Uniti, tanto che quando chiede il rinnovo del passaporto gli viene negato. Indignato, si trasferisce nel 1940 a Città del Messico assumendo nel 1956 la cittadinanza messicana e qui muore nel 1997. Nel 1982 la MacArthur Foundation di Chicago gli aveva conferito un importante riconoscimento per meriti artistici. L’interesse di Nancarrow per il ritmo quale elemento fondamentale della composizione musicale lo ha spinto a dedicarsi quasi completamente alla creazione di brani per pianoforte meccanico, brani che egli non si cura di notare su pentagramma o in qualsiasi altro modo, avendo ideato un metodo che gli consente di comporre direttamente sul rullo di pianola mediante un particolare tipo di perforatrice. In questo modo Nancarrow elabora strutture armoniche contrappuntistiche e ritmiche estremamente complesse, non altrimenti eseguibili che tramite il rullo perforato. Arditti Quartet L’Arditti Quartet è il quartetto d’archi più importante attualmente attivo. Gode di fama mondiale per la classe interpretativa e la tecnica raffinatissima. Centinaia di composizioni per quartetto d’archi e per musica da camera sono state scritte per l’ensemble fin dalla sua fondazione, avvenuta per merito del primo violino Irvine Arditti, nel 1974. Molte di queste opere hanno lasciato un segno nel repertorio del ventesimo secolo e hanno dato all’Arditti Quartet un posto fisso nella storia della musica. Le prime esecuzioni mondiali di compositori come Adès, Andriessen, Aperghis, Birtwistle, Britten, Cage, Carter, Denisov, Dufourt, Dusapin, Fedele, Ferneyhough, Francesconi, Gubaidulina, Guerrero, Harvey, Hosokawa, Kagel, Kurtag, Lachenmann, Ligeti, Maderna, Manoury, Nancarrow, Reynolds, Rihm, Scelsi, Sciarrino, Scodanibbio, Stockhausen, Xenakis e moltissimi altri, valgono più di qualsiasi descrizione della vastità ed ecletticità del repertorio dell’Arditti Quartet. La stretta collaborazione con i compositori viene ritenuta dall’ensemble fondamentale per il processo di interpretazione della musica contemporanea, così come il ruolo educativo, ragion per cui svolge innumerevoli masterclass e laboratori per giovani musicisti e compositori di tutto il mondo.Sterminata la discografia, che include attualmente più di 200 cd.Il quartetto ha registrato per più di 20 etichette e l’insieme di tutti i cd incisi è la più ampia discografia di contemporanea disponibile per quartetto d’archi degli ultimi 42 anni. Negli ultimi 30 anni, l’ensemble ha ricevuto diversi riconoscimenti. Ha vinto il Deutsche Schallplattenpreis diverse volte e il Gramophone Award per la migliore registrazione di musica contemporanea nel 1999 (Elliott Carter) e nel 2002 (Harrison Birtwistle). Nel 2004 ha ricevuto il premio Coup de Coeur dalla Académie Charles Cros in Francia per l’eccezionale contributo alla diffusione della musica contemporanea. Il prestigioso Premio Ernst von Siemens è stato assegnato al Quartetto nel 1999 per il ruolo fondamentale svolto nel mondo musicale. Restano, ad oggi, l’unico ensemble ad averlo ricevuto.L’archivio completo dell’Arditti Quartet è ospitato dalla Fondazione Sacher di Basilea, in Svizzera. Irvine Arditti, violino - Ashot Sarkissjan, violino - Ralf Ehlers, viola - Lucas Fels, violoncello Helmut Lachenmann (Stoccarda, 1935). Dal 1958 al 1960 studia composizione a Venezia con Luigi Nono. Al 1962 risale la sua prima apparizione come compositore alla Biennale di Venezia e agli Internationalen Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, per i quali diventerà, nel 1972, coordinatore dei corsi di composizione. Nel 2008 ha ricevuto il Berliner Kunstpreis e il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia. È stato compositore ‘in residenza’ al Festival di Lucerna nel 2005, e nel 2007 al Festival di Nuova Musica a Brücken. Nel 2008 è stato visiting professor all’Università di Harvard. Dal 2010 è professore ospite al Conservatorio di Basilea. La sua musica trova massima risonanza, in Germania e all’estero, in festival importanti. ad Amsterdam (Holland Festival), Anversa, Brema, Bruxelles (Ars Musica), Chicago, Francoforte, Graz (Steirischer Herbst), Colonia (Musik der Zeit), Londra, Oslo, Parigi (Festival d’Automne), Saarbrücken (Musik im 20. Jahrhundert), Stoccarda (Tage für Neue Musik), Vienna (Wien modern), Witten (Tage für neue Kammermusik) e Zurigo (Tage für Neue Musik). Lachenmann è membro di numerose accademie artistiche, tra le quali la prestigiosa Akademie der Kunst di Berlino e quelle di Amburgo, Lipsia, Mannheim e Monaco, e ancora, l’Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-arts de Belgique. György Ligeti (Dicsöszentmárton, Transilvania, 1923 Vienna, 2006). La maturazione dello stile più originale di Ligeti, dopo gli esordi bartókiani, è legata al suo rapporto con la neoavanguardia: la notorietà internazionale gli venne nel 1960-61 dall’esecuzione di Apparitions (1958-59) per orchestra e soprattutto di Atmosphères (1961) per orchestra, dove si definisce una scrittura basata su dense fasce cromatiche lentamente cangianti. L’altro aspetto determinante dello stile maturo di Ligeti si colloca all’opposto di questa estrema staticità, puntando su una mobilissima e frantumata “micro polifonia”: un reticolo di linee polifoniche minutamente addensate in un tessuto inestricabile e variegato. Gli aspetti fondamentali dello stile di Ligeti si affrancano e combinano variamente nei suoi lavori maggiori, fra i quali si ricordano: Requiem per soprano, due cori e orchestra (1963-65), Concerto per violoncello e orchestra (1966), Lontano per orchestra (1967), Quartetto n. 2 per archi (1968), Ramifications per archi (1968-69), Kammerkonzert per 13 strumentisti (1968-70). Da segnalare infine che diverse musiche di Ligeti sono state utilizzate da alcuni registi come colonne sonore di famose opere cinematografiche, tra le quali si ricordano 2001: Odissea nello spazio, Shining e Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick. Yan Maresz (Principato di Monaco,1966). Compositore francese inizia gli studi musicali di piano e percussioni nella sua città natale, dedicandosi da autodidatta anche allo studio della chitarra jazz fino al suo incontro con John Mc Laughlin. Prosegue lo studio del jazz al Berklee College of Music di Boston dal 1984 al 1986 passando poi agli studi di composizione presso la Juilliard School di New York con David Diamond, grazie ad una borsa di studio della Princess Grace Foundation di Monaco. Nel 1994 segue i corsi di composizione e musicologia all’IRCAM di Parigi, dove partecipa al corso tenuto da Tristan Murail. Ha ricevuto diversi premi tra cui quello della Città di Trieste (1991) e il premio Dugardin Hervé Sacem (1995). Dal 1995 al 1997 è stato compositore residente all’Accademia Francese Villa Medici di Roma, nel 2004 all’Europäisches Kolleg der Künste di Berlino e al conservatorio di Strasburgo, in occasione del festival Musica del 2004/2005; è stato anche professore alla McGill University a Montreal. Collabora con l’IRCAM come professore e ricercatore e tiene regolarmente masterclass in Europa e negli Stati Uniti. Nel 2006 ha insegnato composizione elettroacustica al Consevatoire National Supérieur de Musique di Parigi. Le sue composizioni sono eseguite da numerosi ensemble nei maggiori festival internazionali. Un cd con i suoi lavori, eseguiti dall’Ensemble Intercontemporain, è stato pubblicato dall’etichetta Accord / Universal. Salvatore Sciarrino (Palermo, 1947). Ha cominciato a comporre dodicenne, da autodidatta; primo concerto pubblico, 1962. Ma Sciarrino considera apprendistato acerbo i lavori anteriori al 1966, perché è allora che si rivela il suo stile personale. C’è qualcosa di veramente particolare che caratterizza questa musica: essa induce un diverso modo di ascoltare, un’emozionante presa di coscienza della realtà e di sé. Si tratta di una squisita rivoluzione musicale: al centro viene posto non più l’autore o la partitura bensì l’ascoltatore. E dopo cinquant’anni il gigantesco catalogo delle composizioni di Sciarrino è tuttora in una fase di sorprendente sviluppo creativo. Ha composto fra l’altro per: Teatro alla Scala, Accademia di Santa Cecilia, RAI, Maggio Musicale Fiorentino, Biennale di Venezia, Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Carlo Felice di Genova, Arena di Verona, Opéra National de Paris, Staatstheater Stuttgart, Oper Frankfurt, Nationaltheater Mannheim,Wuppertaler Bühnen, Concertgebouw Amsterdam, London Symphony Orchestra, Suntory Hall Tokyo; per i festival di: Domain Musical di Parigi, Schwetzingen, Donaueschingen, Lucerna, Witten, Salisburgo, New York, Wien Modern, Wiener Festwochen, Ensemble Intercontemporain, Berliner Festspiele Musik Biennale, Holland Festival, Alborough, Festival d’Automne di Parigi, Ultima di Oslo, Beethovenfest di Bonn. Accademico di Santa Cecilia (Roma), Accademico delle Belle Arti della Baviera e Accademico delle Arti (Berlino), Laurea honoris causa in Musicologia Università di Palermo, fra gli ultimi premi conferiti a Sciarrino vanno citati: Prince Pierre de Monaco (2003), Premio Internazionale Feltrinelli (2003), Musikpreis Salzburg (2006), premio internazionale di composizione istituito dal Land di Salisburgo, Premio Frontiere della Conoscenza per la musica (2011) della BBVA Fondation, Premio Una vita per la musica (2014) Teatro La Fenice - Associazione Rubenstein di Venezia. Stefano Scodanibbio (Macerata, Italia, 18.6.1956 Cuernavaca, Mexico, 8.1.2012). Contrabbassista e compositore, il suo nome è legato alla rinascita del contrabbasso negli anni ‘80 e ‘90; ha infatti suonato nei maggiori festival di musica contemporanea numerosi pezzi scritti appositamente per lui da compositori quali Bussotti, Donatoni, Estrada, Ferneyhough, Frith, Globokar, Sciarrino, Xenakis. Ha collaborato a lungo con Luigi Nono (“arco mobile à la Stefano Scodanibbio” è scritto nella partitura del Prometeo) e Giacinto Scelsi. John Cage, in una delle sue ultime interviste, ha detto di lui: “Stefano Scodanibbio is amazing, I haven’t heard better double bass playing than Scodanibbio’s. I was just amazed. And I think everyone who heard him was amazed. He is really extraordinary. His performance was absolutely magic”. Ha suonato regolarmente in duo con Rohan de Saram e Markus Stockhausen. Nel 1996 è stato insegnante di contrabbasso ai Darmstadt Ferienkurse, inoltre ha impartito masterclass e seminari in diversi luoghi: Rice University di Houston, Berkeley University, Stanford University, Oberlin College, Musikhochschule Stuttgart, Conservatoire de Paris, Conservatorio di Milano, ecc. Ha composto più di 50 lavori principalmente per strumenti ad arco e per quattro volte le sue composizioni sono state selezionate dalla SIMC, Società Internazionale di Musica Contemporanea (Oslo 1990, Città del Messico 1993, Hong Kong 2002, Stoccarda 2006). Nel giugno 2004 ha interpretato la prima esecuzione della Sequenza XIVb di Luciano Berio, una propria versione per contrabbasso dall’originale Sequenza XIV per violoncello. Attivo nella Danza e nel Teatro ha lavorato con coreografi e danzatori come Virgilio Sieni, Hervé Diasnas e Patricia Kuypers e con il regista Rodrigo García. Il suo lavoro di Teatro Musicale Il cielo sulla terra, con le scene di Gianni Dessì e la drammaturgia di Giorgio Agamben, è stata eseguito a Stoccarda nel giugno 2006, replicato a Tolentino nel luglio dello stesso anno e a Città del Messico nell’agosto del 2008. Ha registrato per Montaigne Auvidis, col legno, Mode, New Albion, Dischi di Angelica, Ricordi, Stradivarius, Wergo, ECM. Di particolare rilievo le sue collaborazioni con Terry Riley e con Edoardo Sanguineti. Nel 1983 ha fondato e diretto per trent’anni la Rassegna di Nuova Musica di Macerata. Dario Calderone Dario Calderone ha studiato con Massimo Giorgi, Franco Petracchi e Stefano Scodanibbio. Tra il 2001 e il 2007 ha collaborato con varie orchestre rivestendo il ruolo di primo contrabbasso. Dal 2007 si dedica principalmente alla diffusione della musica composta negli ultimi 40 anni. Ha collaborato con molti compositori tra cui Salvatore Sciarrino, Bernhard Lang, Louis Andriessen, Robert Ashley, Christian Marclay e Yannis Kyriakides, ispirandoli nella creazione di pezzi scritti specialmente per le sue caratteristiche strumentali. La sua attività spazia dal solismo alla musica da camera, ed è regolarmente invitato dai maggiori festival del mondo di musica contemporanea. Suona con il Nieuw ensemble, NAP e Atlas Ensemble; nel 2013 fonda insieme ad Ann La Berge, Reinier van Houdt, Yannis Kyriakides, Gareth Davis e Wiek Hijmans, l’ensemble MAZE, un gruppo dedito alla sperimentazione e ai lavori più concettuali. Nel 2002 vince il primo premio assoluto al concorso W. Benzi, e nel 2006 lo Stipendiumpreiz dell’ IMD di Darmstadt. Ha inciso per Stradivarius, Attaca records, Wergo and Unsounds. Tiene regolarmente masterclass presso il conservatorio di Amsterdam e il conservatorio di Tashkent (Uzbekistan); dal 2015 insegna presso l’accademia Impuls di Graz per l’esecuzione della musica contemporanea. Manuel Zurria È nato a Catania nel 1962 e vive a Roma dal 1980. Ha collaborato con alcuni tra i più importanti compositori italiani tra i quali Francesco Pennisi, Sylvano Bussotti, Adriano Guarnieri, Aldo Clementi, Franco Donatoni e Fabio Vacchi presentandone lavori in prima assoluta. Di rilievo la sua collaborazione con Salvatore Sciarrino e Alvin Lucier. Recentemente ha collaborato con Arvo Pärt, Philip Glass, Terry Riley, Gavin Bryars, Giya Kancheli, Toshio Hosokawa, László Sáry, Sofia Gubaidulina, Peter Eötvös, György Kurtág, Howard Skempton, Kaija Saariaho, Alvin Curran, e Frederic Rzewski. Ha ispirato un’intera generazione di compositori per la creazione di nuove opere: Yan Maresz, Alvin Lucier, James Saunders, Bernhard Lang, Laurence Crane, Matthew Shlomowitz, Fausto Romitelli, Mary Jane Leach, Jacob TV, Luca Francesconi, Claude Lenners, Xu Yi, Yoshihisa Taira, Rytis Mazulis, Lucia Ronchetti, Stefano Scodanibbio e Philip Corner hanno concepito lavori appositamente per lui. Ha partecipato alla Biennale Musica di Venezia, Pacific Music Festival (Sapporo-Japan), Festival Musica (Strasbourg), Beethovenhalle (Bonn), Settembre Musica (Torino), De Yjsbreker (Amsterdam), IRCAM - Festival Agorà (Paris), Rachmaninov Hall (Moscow), Festival d’Automne (Paris), Rikskonserter (Stockholm), Illkhom Theatre (Tashkent-Uzbekistan), Takefu Festival (Japan), Akademie der Künste (Berlin), Maerz Musik (Berlin), The Warehouse (London), Festival Archipel (Geneve), NUMUS (Aarhus), ULTIMA (Oslo), Bartók Festival (Szómbathély), Ensem (Valencia), Wien Modern (Vienna), Jauna Muzika (Vilnius), Berliner Philarmonie (Berlin), Huddersfield Contemporary Music Festival (UK), New Directions (Lulea-Sweden), Centro Cultural São Paulo (Brazil). Nel 1990 è stato tra i fondatori di Alter Ego. La sua discografia comprende circa 30 pubblicazioni per BMG-Ricordi, Capstone Records, EdiPan, Stradivarius, Die Schachtel, Mazagran Records, Mode Records, Megadisc, Atopos e Touch. Orchestra Filarmonica Marchigiana Fondata nell’anno 1985 ed oggi gestita dalla Fondazione Orchestra Regionale delle Marche (FORM), è una delle tredici Istituzioni Concertistiche Orchestrali italiane (ICO) riconosciute dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Attualmente il M° Donato Renzetti ne è il Direttore Principale ed Artistico. Formata per la maggior parte da valenti musicisti marchigiani, fra cui molti giovani, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana affronta con notevole flessibilità il repertorio sia lirico, sia sinfonico, distinguendosi di conseguenza per una particolare duttilità sul piano artistico interpretativo, come rilevato da tutti gli interpreti e i direttori d’orchestra che con essa hanno collaborato. Nel corso della sua attività, consistente principalmente nella realizzazione della Stagione Sinfonica in ambito regionale e nella partecipazione alle più importanti manifestazioni a carattere lirico delle Marche (Teatro Pergolesi di Jesi, Sferisterio Opera Festival di Macerata, Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro delle Muse di Ancona), si è esibita con grandi interpreti come Gidon Kremer, Natalia Gutman, Vladimir Ashkenazy, Andrea Bacchetti, Alessandro Carbonare, I solisti della Scala, Ivo Pogorelich, avvalendosi della guida di direttori di prestigio internazionale, quali Gustav Kuhn (Direttore Principale dal 1997 al 2003), Woldemar Nelsson (Direttore Principale Ospite dal 2004 al 2006), Daniel Oren, Donato Renzetti, Bruno Campanella, Corrado Rovaris, Anton Nanut, Hubert Soudant. Rivolge una particolare attenzione alla valorizzazione dei compositori marchigiani del passato, soprattutto Pergolesi, Rossini e Spontini, promuovendo nel contempo anche l’attività dei maggiori compositori marchigiani contemporanei. Nel 2005 è stata invitata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad eseguire, in collaborazione con il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, il tradizionale Concerto di Fine Anno al Quirinale sotto la direzione del Maestro Donato Renzetti, riscuotendo apprezzamenti critici e un grande successo di pubblico. Nel Natale del 2006, sotto la direzione di Corrado Rovaris, ha eseguito in tournée a Roma, Betlemme e Gerusalemme il Concerto per la Vita e per la Pace, con il soprano Cinzia Forte e il violoncellista Enrico Dindo. Form Ensemble: Simone Grizi, violino - Ladislao Vieni, viola - Alessandro Culiani, violoncello Michele Scipioni, clarinetto - Giacomo Piermatti, contrabbasso - Gianpaolo Antongirolami, sassofono - Paolo F. Bragaglia, sintetizzatori