voyage that never ends 34 rassegna di nuova musica

A cura di
Gianluca Gentili
Con la collaborazione di
Maresa Bonugli Scodanibbio
Consulenza artistica
Tonino Tesei
Direttore di palcoscenico
Elisabetta Salvatori
Registrazioni audio e sito web
Andrea Lambertucci
Ringraziamenti
Luciano Messi
Sovrintendente dell’Associazione
Arena Sferisterio
Fabio Tiberi
Direttore artistico FORM
Paola Taddei
Direttrice dell’Accademia di Belle
Arti di Macerata
Si ringraziano inoltre
Fabrizio Ottaviucci
Marina Mentoni
Grafica
Simona Castellani
Amministrazione
Maria Sara Rastelli
Roberta Spernanzoni
Rosa Silvestri
Segreteria
Paola Pierucci
34
rassegna
di nuova
musica
teatro
lauro rossi
macerata
11 12 13 14
aprile 2016
voyage
that never
ends
www.rassegnadinuovamusica.com
associazione
nuova musica
34 rassegna
di nuova musica
programma
teatro lauro rossi
macerata
Ho conosciuto Stefano
Scodanibbio nel 1986.
La prima cosa che mi ha colpito di lui
e della sua musica era il suo essere un
giovane uomo determinato, altrettanto abile
come contrabbassista che come compositore,
fatto raro nel mondo della musica di oggi.
Il suo stile era molto personale, non seguiva le tendenze
d’avanguardia tradizionali, ma indagava in un modo suo,
del tutto particolare, il mondo dei suoni armonici. Questo
approccio speciale di contrabbassista/compositore lo portava,
da un lato, ad esplorare ulteriormente il suo strumento,
dall’altro contribuiva a stimolare le sue composizioni.
Il risultato è stato un numero di straordinarie opere per
il contrabbasso che hanno arricchito di nuove possibilità
il repertorio di questo strumento ed apportato invenzioni
musicali nelle sue composizioni per quartetto d’archi.
Nel 1983 Stefano ha fondato la Rassegna di Nuova Musica
di cui è stato direttore artistico per 30 anni, programmando,
anno dopo anno, un rilevante numero di opere di nuova
musica. Sempre curioso e di vasti interessi Stefano invitava
al Festival icone della musica contemporanea che ammirava,
come Berio, Donatoni, Sciarrino e Stockhausen, ma amava
anche improvvisare con Terry Riley, Markus Stockhausen e
Rohan de Saram, esperienze di fondamentale importanza
per la sua creatività.
Viaggiare è stata un’altra fonte di ispirazione per il suo
pensiero musicale, per le sue originali composizioni e per
le “reinvenzioni” per quartetto d’archi di alcune canzoni
tradizionali del Messico, un paese che amava e dove ha
scelto di finire i suoi giorni.
L’Arditti String Quartet partecipò per la prima volta al Festival
di Macerata nel 1987, interpretando due concerti e suonando,
in prima assoluta, il primo movimento di Visas, prima
composizione di Stefano per quartetto d’archi.
Nel 2000 tornammo a Macerata e presentammo in anteprima
il secondo Movimento e nel 2001 eseguimmo l’opera
completa alla Biennale di Venezia.
In totale Stefano ha
completato quattro
composizioni per quartetti
d’archi e in anni più recenti
parlammo dell’idea di
inciderle.
Purtroppo questa idea
non si è concretizzata nel
corso della vita di Stefano,
ma io sono più che felice
di avere l’opportunità,
durante i concerti di Forlì
e Macerata del prossimo
aprile in cui questi pezzi
saranno inclusi, di realizzare
tale progetto discografico
che rappresenterà una
testimonianza della sua
eredità nel repertorio per
quartetto d’archi.
Come compositore Stefano
è stato una voce unica
nel mondo della musica
contemporanea. Era un
amico e un collega e
mancherà molto a noi e
a tutti coloro che l’hanno
conosciuto.
Irvine Arditti
dicembre 2015
lunedì 11 aprile
György Ligeti
String Quartet No. 2
Stefano Scodanibbio
Mas Lugares
Stefano Scodanibbio
Visas
Franco Donatoni
La souris sans sourire
Arditti Quartet
martedì 12 aprile
Conlon Nancarrow
String Quartet No. 3
Stefano Scodanibbio
Altri Visas
Stefano Scodanibbio
Lugares que pasan
Helmut Lachenmann
Grido
Arditti Quartet
mercoledì 13 aprile
Stefano Scodanibbio
Voyage That Never Ends
Dario Calderone
contrabbasso
Silvia Borzelli
own pace (amnesia 3)
Dario Calderone
contrabbasso
Manuel Zurria
flauto
giovedì 14 aprile
Yan Maresz
Circumambulation
per flauto
Salvatore Sciarrino
Autostrada prima di Babilonia
per flauto
(prima esecuzione italiana)
Juste Janulyte
Psalms
per flauto basso e nastro
Michel van der Aa
Rekindle
per flauto e nastro
Manuel Zurria
flauto
Philip Glass
Music in Similar Motion
Manuel Zurria
flauto
Form Ensemble
note ai brani
György Ligeti
String Quartet No. 2 (1968)
Dedicato al Quartetto LaSalle, che lo eseguì per la prima volta a Baden Baden nel 1969,
il Quartetto n. 2 di Ligeti è composto da cinque movimenti:
1. Allegro nervoso
2. Sostenuto, molto calmo
3. Come un meccanismo di precisione
4. Presto furioso, brutale, tumultuoso
5. Allegro con delicatezza
In un’ intervista del 1978, Ligeti afferma che il Quartetto n. 2 è probabilmente l’opera
strumentale che riflette le sue idee nel modo più chiaro, una sorta di summa delle tecniche da
lui utilizzate. La composizione compendia inevitabilmente le esperienze di un quindicennio, in
cui Ligeti conosce le maggiori correnti avanguardistiche musicali e aggiorna il suo linguaggio
trovando la propria voce indipendente. La vitalità ritmica e melodica fatta di scale rapide,
mutazioni continue e improvvise di ritmo ed accento, di dinamiche, uso di quarti di tono
richiede agli interpreti un grande virtuosismo, ma non di tipo tonale tradizionale, è soprattutto
un virtuosismo di apertura mentale e di concentrazione su un mondo sonoro riconquistato.
Stefano Scodanibbio
Mas lugares (2003)
L’idea di trascrizione (da ...a) implica e contempla quella di adattamento (da...per) ma, in
un contesto odierno, può anche abbracciare quella di reinvenzione (da...verso). Del resto
già Berio, anni fa, parlava di diversi approcci, tutti necessariamente coesistenti, a un testo
storicizzato. In questo caso i vari livelli obbediscono tutti, in primis, a un principio strumentale,
nel senso che sono gli aspetti costitutivi degli stessi strumenti ad arco utilizzati a suggerire e
fornire le differenti soluzioni timbriche, melodiche e armoniche. Si esplorano dunque diversi
gradi di aderenza al testo con collegamenti che evidenziano l’aspetto di passeggiata, come tra
quadri di un’esposizione. Diversi sono i madrigali utilizzati, alcuni solo in forma di frammento.
Quelli citati integralmente, sono tutti dal IV Libro:
Io mi son giovinetta
Quel augellin, che canta
Che se tu sè ‘l cor mio
Il brano è stato scritto in memoria di Luciano Berio.
Stefano Scodanibbio
Visas (1985/1987)
I Episodio: al Quartetto Arditti
II Episodio: alla compagna di viaggio
III Episodio: Vittorio Reta in memoriam
Questo quartetto di Stefano Scodanibbio sollecita l’ascoltatore attraverso la qualità della
materia sonora: la vasta partitura è tutta intessuta nella trama filiforme dei suoni armonici ma
la metamorfosi del suono costituisce qui soltanto il punto di partenza. La struttura è ampia
e minuziosamente articolata in ogni dettaglio, al punto che l’ascoltatore ha l’impressione
di attraversare un’architettura dalle pareti traslucide ma concepita con un disegno
incredibilmente preciso.
Enzo Restagno
Franco Donatoni
La souris sans sourire (1988)
Parlando di La souris sans sourire Franco Donatoni racconta con tono apparentemente
svagato “Mi è sempre piaciuta l’immagine, in Alice nel paese delle meraviglie, del gatto che
scompare ma di cui resta il sorriso”. Poi mi è venuta in mente la frase in cui Adorno afferma
che chi sorride è il potere. Dunque se il gatto sorride, il gatto è il potere, ma il topo cacciato e
mangiato dal gatto non sorride affatto e quindi è un topo senza sorriso, un souris sans sourire.
Il tono è, si diceva, svagato, ma con La souris sans sourire Donatoni è arrivato al suo sesto
quartetto per archi che funziona, dice ancora l’autore, “come un indicatore del mio procedere
attuale più sciolto e sereno, un procedere in cui i codici agiscono semplicemente come mezzi
di ordinamento compositivo.”
Enzo Restagno
Conlon Nancarrow
String Quartet No. 3 (1987)
Il terzo quartetto di Nancarrow palesa, ancora una volta, l’ossessione dell’autore per i canoni
e le intrigate relazioni temporali tra gli strumenti. Infatti le parti sono scritte con tempi differenti
secondo il modulo 3:4:5:6, cosicché ciascun strumento suona materiale simile ma ad una
velocità differente. Ci sono sezioni che suonano come melodie, altre in cui gli strumenti
sembrano dialogare tra di loro, a volte niente lascia presupporre che i quattro musicisti stiano
suonando la stessa linea. È straordinario come una tale intricata e dettagliata tessitura di note
scaturisca da una rigorosa tecnica di scrittura che richiede ai musicisti una tremenda disciplina
dando, nel contempo, l’impressione di grande libertà.
Stefano Scodanibbio
Altri Visas (2000)
Tre episodi per quartetto d’archi
Para llegar a la Montego Bay (cfr. Lezama Lima) è il titolo del primo episodio di questa nuova
serie di Visas dopo quella scritta a metà degli anni ’80. Se il titolo denota i tentativi di arrivare
a un luogo, per altro realmente raggiunto, il brano scava invece nelle pulsioni immaginarie
tipiche dell’errare compositivo intorno ad una idea fissa.
Il secondo episodio è di altra natura: è l’affanno di spostarsi continuamente, di andare “oltre
un’India splendida e torbida”. Au seul souci de voyager (da Mallarmé) era un titolo poi non
più utilizzato di Fernando Mencherini e a lui, grande viaggiatore “da fermo”, questa musica
è dedicata. L’ultimo episodio, Kennst du das Land? (da Goethe), affonda in territori antichi
(e assai battuti): ma altri strumenti di osservazione sono stati introdotti, altri aiuti sono stati
chiesti. Alleati. Anime gemelle. Alla fine non si è che all’inizio perché la terra che si credeva di
conoscere, forse, è tutta da esplorare.
Stefano Scodanibbio
Lugares que pasan (1998/1999)
Matehuala - Real de Catorce - Boca de Iguanas - Barra de Navidad - Santa Cruz de Tenerife La Habana - Varadero - Cienfuegos - Trinidad - La Habana Miramar - Tulum - Cancun - Agua
Amarga.
Agosto 1998 / Maggio 1999
Stefano Scodanibbio
Helmut Lachenmann
Grido (2001)
Il compositiore tedesco Helmut Lachenmann è famoso per creare musica da suoni normalmente
sgradevoli: rumori del respiro e delle chiavi negli strumenti a fiato o il raschiamento dell’archetto
sulle corde degli strumenti, per esempio. Egli chiama questo principio “musica strumentale
concreta”, ciò significa pensare lo strumento musicale come un compositore elettroacustico
utilizza il rumore del traffico o lo sbattere di una porta, un suono astratto tolto dal suo contesto;
creare una musica energica, ma fatta di ombre e fantasmi, come una lampada al plasma
piena di scintille elettriche. Il timbro rimane il focus di tutta la composizione, le note emergono
come conseguenze di tali timbri, quasi come un inevitabile accidente della frizione dell’arco
sulle corde. Per riuscire ad entrare in questa dimensione lo stesso Lachenmann suggerisce
semplicemente di “guardare” alla sua musica “come si guarda un temporale, un formicaio”.
Il brano è stato commissionato dall’Arditti Quartet, il titolo deriva infatti da un acronimo che
omaggia i componenti del celebre quartetto, esecutori della prima assoluta.
Voyage That Never Ends
(1979/1997) Anticipazione e prima stesura di quello che sarà, forse, un giorno, il (mio)
romanzo del contrabbasso, Voyage That Never Ends raccoglie, modifica e amplia alcuni miei
precedenti lavori (Oriente/ Occidente, Strumentale, Studio n. 6) in una prospettiva nuova di
concerto globale.
Stefano Scodanibbio
Silvia Borzelli
own pace (amnesia 3) (2011)
own pace è il mio terzo lavoro attorno al concetto di amnesia.
Tutti i pezzi del ciclo rappresentano diverse modalità di tendere o di opporsi all’oblio; ciò che
maggiormente li accomuna è l’uso della ripetizione nella medio-forma che funziona come
percorso reiterato ma ogni volta accidentato, soggetto a deviazioni, interruzioni o incantamenti.
In own pace (amnesia 3), flauto e contrabbasso camminano insieme nella codifica e ricodifica
continua di un materiale di partenza che rappresenta un frammento di ciò che non si ricorda
più. È questo processo di ricodifica che mi interessa: la rielaborazione e la ricollocazione
del frammento che non è andato perduto, la sua riduzione o la sua ridondanza.
In un manoscritto antico parzialmente distrutto o deteriorato, questo processo di ricodifica
permetterebbe di completare l’informazione mancante, mentre in own pace non è la ricostruzione
di ciò che si è perso ad essere importante bensì il procedere dei due strumenti verso di essa:
senza intralciarsi, sempre in ascolto, lasciano che la loro andatura sia il viaggio e la méta. Silvia Borzelli
Yan Maresz
Circumambulation (1993, revisione 1996)
Composto nel 1993 nello spirito di uno studio che comportava un problema di scrittura da
risolvere (in senso matematico), questo breve pezzo gioca sulla percezione di tipo polifonico
di uno strumento monofonico come il flauto. Una delle possibili risposte a questo problema
è di natura poliritmica: per questo ho contrapposto due materiali musicali contrastanti,
cercando di conciliarli in un discorso continuo di elaborazione tra un tessuto percussivo con
impulso costante, quasi metronomico, e una scrittura melodica più tradizionale il cui naturale
dispiegamento nello spazio è limitato dalla sua coesistenza con l’altro. La tensione creata da
questo dualismo fa emergere la sensazione inaspettata e graduale di una natura incantatoria
accentuata dall’impulso palpitante che fornisce al pezzo il suo aspetto rituale. Le principali
sfide di implementazione risiedono nella stabilità del tempo, nella precisione dell’articolazione
ritmica generale e nella particolare attenzione che si richiede in ogni momento alla
differenziazione timbrica delle due voci.
Il pezzo è stato eseguito in prima esecuzione assoluta al Festival Emergenze, Istituto Svizzero
di Roma il 16 Gennaio 1998 da Manuel Zurria.
Yan Maresz
Salvatore Sciarrino
Autostrada prima di Babilonia (2015)
Emblema precoce delle megalopoli, sinonimo di confusione: Babilonia, detta anche Babele
(quasi a Bagdad) è mito fra i più resistenti e frequentati del nostro immenso immaginario.
Fuori degli odierni abitati, cosa ne rimarrà in siti sbriciolati dal tempo, invasi forse di
immondizia e dai bossoli di guerre perenni? Rovina mescolata a rovina. E sabbia, sabbia:
la storia umana consiste in letture parziali e soggettive, mentre la vita non lascia che detriti.
L’uso consuma le cose, pure il respiro consuma. Certo anche uno sguardo. Ma nella nostra
mente i nomi fermentano, e splendono ancor più di quelle porte di smalto, divine, sottratte
ai deserti babilonesi e rimontate tristemente al chiuso dei musei d’Europa. Dunque il titolo di
questa musica non è per evadere e sognare, al contrario, è impastato con alcune impurità del
quotidiano. Vorrei offrire ogni volta spunti che attirino l’attenzione e ci mettano in discussione
con noi stessi. (…) Salvatore Sciarrino
Juste Janulyte
Psalms (2014)
Questo pezzo è il risultato di versioni differenti (suonate dallo stesso o da diversi musicisti)
di un’unica linea musicale. Il risultato di queste varianti “verticali” ricorda l’effetto di voci
differenti che leggono silenziosamente lo stesso identico testo o che recitano una preghiera,
un salmo o un mantra con intonazioni, timbri e tempi individuali, creando così una polifonia di
interpretazioni che si avvicinano o si allontanano vicendevolmente tra loro nel corso del tempo.
Psalms è stato commissionato dall’Huddersfield Contemporary Music Festival (2008)
e originalmente composto per violoncello e suoni pre-registrati di violoncelli. La versione
per 8 flauti bassi è stata arrangiata e registrata da Manuel Zurria a maggio del 2014.
La prima esecuzione di questa versione risale all’11 Luglio 2014 per il Festival Bartòk,
a Szombathely (Ungheria).
Michel Van der Aa
Rekindle (2010)
Continuando sulla linea dei brani per strumento solo e nastro magnetico (Auburn, Oog e
Just Before), Rekindle integra il gioco dello scambio dei punti di vista tra il suono dal vivo
e quello pre-registrato. Rekindle è un dialogo tra il flauto e il nastro magnetico, dove i due
elementi “si accendono” uno nel materiale dell’altro. Il nastro prende appunti dal flauto dal vivo,
deformandolo o prolungandolo in nuovi gesti e all’interno di accordi risonanti. Il flauto a sua
volta reagisce d’impulso a questi suoni elettronici. Dal momento che il materiale è analizzato
e presentato avanti e indietro continuamente, i ritmi pulsanti nel nastro creano un modello
ritmico per un dialogo sempre più serrato e virtuosistico.
Al culmine del lavoro, la parte elettronica prende il controllo, costringendo il flautista ad una
raffica di esplosioni in sequenza. Michel Van der Aa
Philip Glass
Music in Similar Motion (1969)
Music in Similar Motion, scritta nel 1969 per il Philip Glass Ensemble, è una delle prime
composizioni minimaliste del compositore statunitense. Incisa nel 1973 con un organico
composto da tre tastiere, due sassofoni e un flauto può essere eseguita da qualsiasi gruppo
strumentale. È composta da 34 pattern di varia lunghezza ripetuti ad libitum dagli esecutori.
“…Music in Similar Motion inizia con una voce, poi se ne aggiunge un’altra che suona una
quarta sopra la linea originale, poi un’altra ancora alla quarta sotto, infine ne entra, dirompente,
un’ultima che completa l’impatto sonoro. Ad ogni nuova voce che entra la musica cambia
in maniera evidente” Philip Glass
compositori
interpreti
Michel van der Aa
(Olanda 1970).
È veramente una figura
poliedrica nella musica
contemporanea. Unisce la
composizione musicale con
la regia teatrale e la scrittura
di testi; strumenti classici,
voci, suoni elettronici,
attori, teatro e video sono
tutti estensioni del suo
vocabolario musicale.
Di lui il Süddeutsche Zeitung
ha scritto: “Non si tratta di
avanguardismo che senza
pietà spaventa lo spettatore, né di dirompente
neo-Romanticismo; piuttosto ci troviamo di fronte ad uno
strenuo ricercatore del significato della vita che combina
sonorità austere con ritmi incalzanti e intense atmosfere
tonali”. Interessato alla multidisciplinarietà ha lavorato con
interpreti classici come Barbara Hannigan, con la cantante di
fado Ana Moura, la cantante pop Kate Miller-Heidke, noti attori
europei come Klaus Maria Brandauer e João Reis e con lo
scrittore inglese David Mitchell.
Nel 1999 è stato il primo compositore olandese a vincere
il prestigioso International Gaudeamus Prize. Ulteriori
riconoscimenti includono Siemens Composer Grant (2005),
Paul Hindemit Prize (2006) e Kagel Prize (2013).
Nel 2012 ha sviluppato Disquiet TV un auditorium virtuale
online per la trasmissione di eventi musicali sperimentali.
Silvia Borzelli
Nasce a Roma. Attualmente
vive e risiede ad Amsterdam.
Ha studiato in Italia
(Conservatorio O.
Respighi) dove ottiene il
diploma in pianoforte e in
composizione, in Svezia
(Malmö Musikhögskolan) e
nei Paesi Bassi (Den Haag
Koninklijk Conservatory)
dove consegue un Master
in Composizione. Ha
partecipato a masterclass e
corsi di formazione quali Voix
Nouvelles, Bartòk Seminar,
De Musica, Impuls etc.
Molto importante per il
suo percorso artistico
l’opportunità di incontrare e studiare con compositori come
Bryan Ferneyhough, Luca Francesconi, Beat Furrer, Bernhard
Lang, Yannis Kyriakides e Francesco Filidei. Compone
musica strumentale, vocale ed elettronica. É interessata alla
relazione tra musica e concetti extra-musicali, al loro dialogo
e distanza con suono, forma e percezione; è interessata
a meccanismi poetici, alla perseveranza delle idee, a
materiali musicali capaci di comportarsi come “statements”.
Ha lavorato ad un ciclo (2009-2013) attorno al concetto di
amnesia e, più in generale, sui processi di trasformazione e
ricodificazione della memoria. Ha ricevuto commissioni ed
esecuzioni da musicisti ed ensemble come ASKO/Schönberg,
Nieuw ensemble, Umze Ensemble, Ensemble 2e2m,
Ensemble L’Arsenale, Ensemble Klang, in festivals come
Nuova Consonanza (Roma), Biennale di Venezia, music@
villaromana (Firenze), Festival L’Arsenale (Treviso), La Via
Lattea (Lugano), Voix Nouvelles, Festival de Royaumont
(Royaumont), Festival Musica (Strasburgo), Italian Academy
at the Columbia University, Gaudeamus Muziekweek New
York (New York City).
Franco Donatoni
(Verona, 9.6.1927
Milano, 17.8.2000). La maturità artistica di
Donatoni giunge intorno ai
cinquant’anni, frutto di una
lunga ricerca di percorsi
alternativi. La sua riflessione
sull’operare artistico lo
conduce a teorizzare il
ribaltamento del tradizionale
rapporto creatoreopera, la demitizzazione
dell’atto creativo, la
rappresentazione di una
specie di autonegazione
nell’“abbandono al
materiale”: prima attraverso
Philip Glass
(Baltimora 1937).
Allievo della Juilliard School
e poi a Parigi di Nadia
Boulanger, nel 1966 ha
mutato radicalmente il suo
stile compositivo, rinnegando
la produzione precedente,
dopo aver lavorato a Parigi
con il compositore e sitarista
indiano Ravi Shankar. Lo
studio della musica indiana ha
influenzato i suoi procedimenti
ritmici, sottoposti a costanti
ampliamenti e contrazioni,
come pure le composizioni
l’uso dell’indeterminazione, aprendo le sue composizioni
ad aspetti aleatori; poi riducendo l’attività del comporre a
sistemi automatici di elaborazione e trasformazione del
materiale. Viene invitato a tenere seminari in molte parti del
mondo. Le musiche di Donatoni sono interpretate da grandi
solisti, gruppi e direttori. Tra le composizioni scritte negli anni
Novanta, si segnalano Sweet Basil (1993) per trombone e
Big Band, Portal (1995) per clarinetto basso, clarinetto in Sib,
clarinetto piccolo e orchestra, In Cauda II (1996), e In Cauda
III (1996). Sempre nel 1996 completa il ciclo (iniziato nel
1983) delle Françoise Variationen per pianoforte; mentre nel
settembre 1998, nell’ambito dei Festival Musica di Strasburgo,
rappresenta la breve operina comica Alfred, Alfred. Gli ultimi
suoi lavori orchestrali Esa (In Cauda V), voluta dalla L.A.
Philharmonic e dedicata al direttore d’orchestra e suo allievo
Esa-Pekka Salonen, e Prom, su incarico dei BBC Proms,
sono eseguiti postumi rispettivamente nel febbraio e nel
maggio del 2001.
di Terry Riley (In C), con l’insistenza sulla ripetizione degli
stessi schemi, solo gradualmente e lentamente trasformati.
L’interesse prevalente per il ritmo, effetti psico-acustici, sonorità
fortissime analoghe a quelle del rock, caratterizzano la sua
musica. Nel 1968, insoddisfatto dei tradizionali strumenti di
diffusione della nuova musica, fonda il Philip Glass Ensemble
(adottando le tecniche di amplificazione del suono alle tastiere,
alle voci e agli strumenti a fiato, per i quali utilizza il mixer)
e per il suo gruppo crea la maggior parte delle sue opere
giovanili (Music With Changing Parts, Music in Twelve Parts) e
lo storico Einstein on the Beach realizzato a quattro mani con
Bob Wilson. Ha collaborato con vari artisti della scena ambient
(tra cui Brian Eno) e pop-rock (tra cui David Bowie, di cui ha
adottato i temi di Heroes per comporre l’omonima sinfonia). Nel
2015 ha pubblicato la sua autobiografia: Words without music.
Justė Janulytė
(Vilnius 1982).
Studia composizione alla
Lithuanian Academy of
Music and Theatre, poi al
Conservatorio Giuseppe
Verdi di Milano con
Alessandro Solbiati e segue
diverse masterclass con
Luca Francesconi, Helena
Tuelve ecc. La musica di
Janulytė viene eseguita
in Europa, USA, Canada,
Australia da interpreti di
fama internazionali come:
Orchestra Teatro La Fenice
di Venezia, Gothenburg
Opera Symphony Orchestra, BBC National Orchestra of
Wales, Polish National Philharmonic, Brno Philharmonic, Riga
Sinfonietta, Orchestrutopica (Lisbona), Estonian Philharmonic.
I suoi lavori sono inclusi nelle programmazioni di importanti
festival come Sydney Festival, Schleswig-Holstein Festival,
Biennale di Venezia, Holland Festival (Amsterdam), Warsaw
Autumn, Huddersfield Contemporary Music Festival,
Maerzmusik (Berlino). La ricerca e la visionarietà dei suoi
lavori le hanno valso una notorietà internazionale e nel
suo Paese il conferimento, nel 2011, da parte del Ministero
delle Cultura Lituano, del Young Artist’s Prize. Combinando
minimalismo, musica spettrale e drone music, Justė
Janulytė compone metafore acustiche di percezioni ottiche
(Silence of the Falling Snow, Pendulums, Observation of
Clouds) e ricerca l’aspetto visivo di esperienze musicali
in lavori dove suono ed immagini si fondono insieme
(BreathingMusic, Eclipse, Sandglasses).
Conlon Nancarrow
(Arkansas, 1912- Città del
Messico, 1997).
Dopo aver studiato al
Conservatorio di Cincinnati,
nel 1937 si unisce
all’Abraham Lincon Brigata
per combattere in Spagna
con le forze repubblicane.
Al suo ritorno negli Stati
Uniti, nel 1939, frequenta
l’ambiente della nuova
musica newyorkese
insieme a Elliott Carter e
Aaron Copland. Le sue
convinzioni politiche gli
rendono impossibile la vita negli Stati Uniti, tanto che quando
chiede il rinnovo del passaporto gli viene negato. Indignato, si
trasferisce nel 1940 a Città del Messico assumendo nel 1956
la cittadinanza messicana e qui muore nel 1997. Nel 1982
la MacArthur Foundation di Chicago gli aveva conferito un
importante riconoscimento per meriti artistici.
L’interesse di Nancarrow per il ritmo quale elemento
fondamentale della composizione musicale lo ha spinto a
dedicarsi quasi completamente alla creazione di brani per
pianoforte meccanico, brani che egli non si cura di notare
su pentagramma o in qualsiasi altro modo, avendo ideato
un metodo che gli consente di comporre direttamente sul
rullo di pianola mediante un particolare tipo di perforatrice.
In questo modo Nancarrow elabora strutture armoniche
contrappuntistiche e ritmiche estremamente complesse,
non altrimenti eseguibili che tramite il rullo perforato.
Arditti Quartet
L’Arditti Quartet è il quartetto d’archi più importante attualmente attivo. Gode di fama mondiale
per la classe interpretativa e la tecnica raffinatissima. Centinaia di composizioni per quartetto
d’archi e per musica da camera sono state scritte per l’ensemble fin dalla sua fondazione,
avvenuta per merito del primo violino Irvine Arditti, nel 1974. Molte di queste opere hanno
lasciato un segno nel repertorio del ventesimo secolo e hanno dato all’Arditti Quartet un
posto fisso nella storia della musica. Le prime esecuzioni mondiali di compositori come Adès,
Andriessen, Aperghis, Birtwistle, Britten, Cage, Carter, Denisov, Dufourt, Dusapin, Fedele,
Ferneyhough, Francesconi, Gubaidulina, Guerrero, Harvey, Hosokawa, Kagel, Kurtag,
Lachenmann, Ligeti, Maderna, Manoury, Nancarrow, Reynolds, Rihm, Scelsi, Sciarrino,
Scodanibbio, Stockhausen, Xenakis e moltissimi altri, valgono più di qualsiasi descrizione della
vastità ed ecletticità del repertorio dell’Arditti Quartet. La stretta collaborazione con i compositori
viene ritenuta dall’ensemble fondamentale per il processo di interpretazione della musica
contemporanea, così come il ruolo educativo, ragion per cui svolge innumerevoli masterclass
e laboratori per giovani musicisti e compositori di tutto il mondo.Sterminata la discografia, che
include attualmente più di 200 cd.Il quartetto ha registrato per più di 20 etichette e l’insieme
di tutti i cd incisi è la più ampia discografia di contemporanea disponibile per quartetto d’archi
degli ultimi 42 anni. Negli ultimi 30 anni, l’ensemble ha ricevuto diversi riconoscimenti. Ha vinto
il Deutsche Schallplattenpreis diverse volte e il Gramophone Award per la migliore registrazione
di musica contemporanea nel 1999 (Elliott Carter) e nel 2002 (Harrison Birtwistle). Nel 2004
ha ricevuto il ​​premio Coup de Coeur dalla Académie Charles Cros in Francia per l’eccezionale
contributo alla diffusione della musica contemporanea. Il prestigioso Premio Ernst von Siemens
è stato assegnato al Quartetto nel 1999 per il ruolo fondamentale svolto nel mondo musicale.
Restano, ad oggi, l’unico ensemble ad averlo ricevuto.L’archivio completo dell’Arditti Quartet è
ospitato dalla Fondazione Sacher di Basilea, in Svizzera.
Irvine Arditti, violino - Ashot Sarkissjan, violino - Ralf Ehlers, viola - Lucas Fels, violoncello
Helmut Lachenmann
(Stoccarda, 1935).
Dal 1958 al 1960 studia
composizione a Venezia con
Luigi Nono. Al 1962 risale
la sua prima apparizione
come compositore alla
Biennale di Venezia e agli
Internationalen Ferienkurse
für Neue Musik di Darmstadt,
per i quali diventerà, nel
1972, coordinatore dei corsi
di composizione.
Nel 2008 ha ricevuto
il Berliner Kunstpreis e
il Leone d’oro alla carriera
alla Biennale di Venezia.
È stato compositore ‘in residenza’ al Festival di Lucerna nel
2005, e nel 2007 al Festival di Nuova Musica a Brücken. Nel
2008 è stato visiting professor all’Università di Harvard. Dal
2010 è professore ospite al Conservatorio di Basilea. La sua
musica trova massima risonanza, in Germania e all’estero, in
festival importanti. ad Amsterdam (Holland Festival), Anversa,
Brema, Bruxelles (Ars Musica), Chicago, Francoforte, Graz
(Steirischer Herbst), Colonia (Musik der Zeit), Londra, Oslo,
Parigi (Festival d’Automne), Saarbrücken (Musik im 20.
Jahrhundert), Stoccarda (Tage für Neue Musik), Vienna (Wien
modern), Witten (Tage für neue Kammermusik) e Zurigo
(Tage für Neue Musik). Lachenmann è membro di numerose
accademie artistiche, tra le quali la prestigiosa Akademie
der Kunst di Berlino e quelle di Amburgo, Lipsia, Mannheim
e Monaco, e ancora, l’Académie Royale des Sciences, des
Lettres et des Beaux-arts de Belgique.
György Ligeti
(Dicsöszentmárton,
Transilvania, 1923
Vienna, 2006).
La maturazione dello stile
più originale di Ligeti, dopo
gli esordi bartókiani, è
legata al suo rapporto con la
neoavanguardia: la notorietà
internazionale gli venne nel
1960-61 dall’esecuzione di
Apparitions (1958-59) per
orchestra e soprattutto di
Atmosphères (1961) per
orchestra, dove si definisce
una scrittura basata su dense
fasce cromatiche lentamente cangianti.
L’altro aspetto determinante dello stile maturo di Ligeti si
colloca all’opposto di questa estrema staticità, puntando su
una mobilissima e frantumata “micro polifonia”: un reticolo
di linee polifoniche minutamente addensate in un tessuto
inestricabile e variegato. Gli aspetti fondamentali dello stile
di Ligeti si affrancano e combinano variamente nei suoi
lavori maggiori, fra i quali si ricordano: Requiem per soprano,
due cori e orchestra (1963-65), Concerto per violoncello e
orchestra (1966), Lontano per orchestra (1967), Quartetto
n. 2 per archi (1968), Ramifications per archi (1968-69),
Kammerkonzert per 13 strumentisti (1968-70). Da segnalare
infine che diverse musiche di Ligeti sono state utilizzate
da alcuni registi come colonne sonore di famose opere
cinematografiche, tra le quali si ricordano 2001: Odissea nello
spazio, Shining e Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.
Yan Maresz
(Principato di Monaco,1966).
Compositore francese inizia
gli studi musicali di piano
e percussioni nella sua
città natale, dedicandosi da
autodidatta anche allo studio
della chitarra jazz fino al
suo incontro con John Mc
Laughlin. Prosegue lo studio
del jazz al Berklee College of
Music di Boston dal 1984 al
1986 passando poi agli studi
di composizione presso la
Juilliard School di New York
con David Diamond, grazie
ad una borsa di studio della
Princess Grace Foundation
di Monaco. Nel 1994 segue i corsi di composizione e
musicologia all’IRCAM di Parigi, dove partecipa al corso
tenuto da Tristan Murail. Ha ricevuto diversi premi tra cui
quello della Città di Trieste (1991) e il premio Dugardin
Hervé Sacem (1995). Dal 1995 al 1997 è stato compositore
residente all’Accademia Francese Villa Medici di Roma,
nel 2004 all’Europäisches Kolleg der Künste di Berlino e al
conservatorio di Strasburgo, in occasione del festival Musica
del 2004/2005; è stato anche professore alla McGill University
a Montreal. Collabora con l’IRCAM come professore e
ricercatore e tiene regolarmente masterclass in Europa
e negli Stati Uniti. Nel 2006 ha insegnato composizione
elettroacustica al Consevatoire National Supérieur de
Musique di Parigi. Le sue composizioni sono eseguite
da numerosi ensemble nei maggiori festival internazionali.
Un cd con i suoi lavori, eseguiti dall’Ensemble
Intercontemporain, è stato pubblicato dall’etichetta Accord /
Universal.
Salvatore Sciarrino
(Palermo, 1947).
Ha cominciato a comporre
dodicenne, da autodidatta;
primo concerto pubblico,
1962. Ma Sciarrino considera
apprendistato acerbo i lavori
anteriori al 1966, perché è
allora che si rivela il suo stile
personale. C’è qualcosa di
veramente particolare che
caratterizza questa musica:
essa induce un diverso modo
di ascoltare, un’emozionante
presa di coscienza della
realtà e di sé. Si tratta di una
squisita rivoluzione musicale:
al centro viene posto non più
l’autore o la partitura bensì
l’ascoltatore.
E dopo cinquant’anni
il gigantesco catalogo delle
composizioni di Sciarrino è
tuttora in una fase
di sorprendente sviluppo creativo.
Ha composto fra l’altro per: Teatro alla Scala, Accademia
di Santa Cecilia, RAI, Maggio Musicale Fiorentino, Biennale
di Venezia, Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Carlo Felice
di Genova, Arena di Verona, Opéra National de Paris,
Staatstheater Stuttgart, Oper Frankfurt, Nationaltheater
Mannheim,Wuppertaler Bühnen, Concertgebouw Amsterdam,
London Symphony Orchestra, Suntory Hall Tokyo;
per i festival di: Domain Musical di Parigi, Schwetzingen,
Donaueschingen, Lucerna, Witten, Salisburgo,
New York, Wien Modern, Wiener Festwochen, Ensemble
Intercontemporain, Berliner Festspiele Musik Biennale,
Holland Festival, Alborough, Festival d’Automne di Parigi,
Ultima di Oslo, Beethovenfest di Bonn.
Accademico di Santa Cecilia (Roma), Accademico delle
Belle Arti della Baviera e Accademico delle Arti (Berlino),
Laurea honoris causa in Musicologia Università di Palermo,
fra gli ultimi premi conferiti a Sciarrino vanno citati: Prince
Pierre de Monaco (2003), Premio Internazionale Feltrinelli
(2003), Musikpreis Salzburg (2006), premio internazionale
di composizione istituito dal Land di Salisburgo, Premio
Frontiere della Conoscenza per la musica (2011) della BBVA
Fondation, Premio Una vita per la musica (2014) Teatro
La Fenice - Associazione Rubenstein di Venezia.
Stefano Scodanibbio
(Macerata, Italia, 18.6.1956
Cuernavaca, Mexico,
8.1.2012).
Contrabbassista e
compositore, il suo nome
è legato alla rinascita del
contrabbasso negli anni ‘80
e ‘90; ha infatti suonato nei
maggiori festival di musica
contemporanea numerosi
pezzi scritti appositamente
per lui da compositori
quali Bussotti, Donatoni,
Estrada, Ferneyhough, Frith,
Globokar, Sciarrino, Xenakis.
Ha collaborato a lungo con
Luigi Nono (“arco mobile
à la Stefano Scodanibbio”
è scritto nella partitura del
Prometeo) e Giacinto Scelsi.
John Cage, in una delle sue
ultime interviste, ha detto
di lui:
“Stefano Scodanibbio is
amazing, I haven’t heard
better double bass playing
than Scodanibbio’s.
I was just amazed.
And I think everyone who heard him was amazed. He is really
extraordinary. His performance was absolutely magic”.
Ha suonato regolarmente in duo con Rohan de Saram
e Markus Stockhausen. Nel 1996 è stato insegnante di
contrabbasso ai Darmstadt Ferienkurse, inoltre ha impartito
masterclass e seminari in diversi luoghi: Rice University di
Houston, Berkeley University, Stanford University, Oberlin
College, Musikhochschule Stuttgart, Conservatoire de Paris,
Conservatorio di Milano, ecc. Ha composto più di 50 lavori
principalmente per strumenti ad arco e per quattro volte le
sue composizioni sono state selezionate dalla SIMC, Società
Internazionale di Musica Contemporanea (Oslo 1990, Città
del Messico 1993, Hong Kong 2002, Stoccarda 2006).
Nel giugno 2004 ha interpretato la prima esecuzione della
Sequenza XIVb di Luciano Berio, una propria versione per
contrabbasso dall’originale Sequenza XIV per violoncello.
Attivo nella Danza e nel Teatro ha lavorato con coreografi
e danzatori come Virgilio Sieni, Hervé Diasnas e Patricia
Kuypers e con il regista Rodrigo García.
Il suo lavoro di Teatro Musicale Il cielo sulla terra, con le
scene di Gianni Dessì e la drammaturgia di Giorgio Agamben,
è stata eseguito a Stoccarda nel giugno 2006, replicato a
Tolentino nel luglio dello stesso anno e a Città del Messico
nell’agosto del 2008.
Ha registrato per Montaigne Auvidis, col legno, Mode, New
Albion, Dischi di Angelica, Ricordi, Stradivarius, Wergo, ECM.
Di particolare rilievo le sue collaborazioni con Terry Riley e
con Edoardo Sanguineti. Nel 1983 ha fondato e diretto per
trent’anni la Rassegna di Nuova Musica di Macerata.
Dario Calderone
Dario Calderone ha studiato con Massimo Giorgi, Franco Petracchi e Stefano Scodanibbio.
Tra il 2001 e il 2007 ha collaborato con varie orchestre rivestendo il ruolo di primo
contrabbasso. Dal 2007 si dedica principalmente alla diffusione della musica composta negli
ultimi 40 anni. Ha collaborato con molti compositori tra cui Salvatore Sciarrino, Bernhard Lang,
Louis Andriessen, Robert Ashley, Christian Marclay e Yannis Kyriakides, ispirandoli nella
creazione di pezzi scritti specialmente per le sue caratteristiche strumentali. La sua attività
spazia dal solismo alla musica da camera, ed è regolarmente invitato dai maggiori festival
del mondo di musica contemporanea. Suona con il Nieuw ensemble, NAP e Atlas Ensemble;
nel 2013 fonda insieme ad Ann La Berge, Reinier van Houdt, Yannis Kyriakides, Gareth
Davis e Wiek Hijmans, l’ensemble MAZE, un gruppo dedito alla sperimentazione e ai lavori
più concettuali. Nel 2002 vince il primo premio assoluto al concorso W. Benzi, e nel 2006 lo
Stipendiumpreiz dell’ IMD di Darmstadt. Ha inciso per Stradivarius, Attaca records, Wergo
and Unsounds. Tiene regolarmente masterclass presso il conservatorio di Amsterdam e il
conservatorio di Tashkent (Uzbekistan); dal 2015 insegna presso l’accademia Impuls di Graz
per l’esecuzione della musica contemporanea.
Manuel Zurria
È nato a Catania nel 1962 e vive a Roma dal 1980. Ha collaborato con alcuni tra i più importanti
compositori italiani tra i quali Francesco Pennisi, Sylvano Bussotti, Adriano Guarnieri, Aldo
Clementi, Franco Donatoni e Fabio Vacchi presentandone lavori in prima assoluta. Di rilievo
la sua collaborazione con Salvatore Sciarrino e Alvin Lucier. Recentemente ha collaborato con
Arvo Pärt, Philip Glass, Terry Riley, Gavin Bryars, Giya Kancheli, Toshio Hosokawa, László
Sáry, Sofia Gubaidulina, Peter Eötvös, György Kurtág, Howard Skempton, Kaija Saariaho, Alvin
Curran, e Frederic Rzewski. Ha ispirato un’intera generazione di compositori per la creazione
di nuove opere: Yan Maresz, Alvin Lucier, James Saunders, Bernhard Lang, Laurence Crane,
Matthew Shlomowitz, Fausto Romitelli, Mary Jane Leach, Jacob TV, Luca Francesconi, Claude
Lenners, Xu Yi, Yoshihisa Taira, Rytis Mazulis, Lucia Ronchetti, Stefano Scodanibbio e Philip
Corner hanno concepito lavori appositamente per lui. Ha partecipato alla Biennale Musica di
Venezia, Pacific Music Festival (Sapporo-Japan), Festival Musica (Strasbourg), Beethovenhalle
(Bonn), Settembre Musica (Torino), De Yjsbreker (Amsterdam), IRCAM - Festival Agorà (Paris),
Rachmaninov Hall (Moscow), Festival d’Automne (Paris), Rikskonserter (Stockholm), Illkhom
Theatre (Tashkent-Uzbekistan), Takefu Festival (Japan), Akademie der Künste (Berlin), Maerz
Musik (Berlin), The Warehouse (London), Festival Archipel (Geneve), NUMUS (Aarhus),
ULTIMA (Oslo), Bartók Festival (Szómbathély), Ensem (Valencia), Wien Modern (Vienna),
Jauna Muzika (Vilnius), Berliner Philarmonie (Berlin), Huddersfield Contemporary Music
Festival (UK), New Directions (Lulea-Sweden), Centro Cultural São Paulo (Brazil).
Nel 1990 è stato tra i fondatori di Alter Ego. La sua discografia comprende circa 30
pubblicazioni per BMG-Ricordi, Capstone Records, EdiPan, Stradivarius, Die Schachtel,
Mazagran Records, Mode Records, Megadisc, Atopos e Touch.
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Fondata nell’anno 1985 ed oggi gestita dalla Fondazione Orchestra Regionale delle Marche
(FORM), è una delle tredici Istituzioni Concertistiche Orchestrali italiane (ICO) riconosciute
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Attualmente il M° Donato Renzetti ne è il Direttore
Principale ed Artistico. Formata per la maggior parte da valenti musicisti marchigiani, fra
cui molti giovani, l’Orchestra Filarmonica Marchigiana affronta con notevole flessibilità il
repertorio sia lirico, sia sinfonico, distinguendosi di conseguenza per una particolare duttilità
sul piano artistico interpretativo, come rilevato da tutti gli interpreti e i direttori d’orchestra che
con essa hanno collaborato. Nel corso della sua attività, consistente principalmente nella
realizzazione della Stagione Sinfonica in ambito regionale e nella partecipazione alle più
importanti manifestazioni a carattere lirico delle Marche (Teatro Pergolesi di Jesi, Sferisterio
Opera Festival di Macerata, Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro delle Muse di Ancona), si è
esibita con grandi interpreti come Gidon Kremer, Natalia Gutman, Vladimir Ashkenazy, Andrea
Bacchetti, Alessandro Carbonare, I solisti della Scala, Ivo Pogorelich, avvalendosi della guida
di direttori di prestigio internazionale, quali Gustav Kuhn (Direttore Principale dal 1997 al
2003), Woldemar Nelsson (Direttore Principale Ospite dal 2004 al 2006), Daniel Oren, Donato
Renzetti, Bruno Campanella, Corrado Rovaris, Anton Nanut, Hubert Soudant.
Rivolge una particolare attenzione alla valorizzazione dei compositori marchigiani del passato,
soprattutto Pergolesi, Rossini e Spontini, promuovendo nel contempo anche l’attività dei
maggiori compositori marchigiani contemporanei. Nel 2005 è stata invitata dal Presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad eseguire, in collaborazione con il Coro Lirico
Marchigiano “V. Bellini”, il tradizionale Concerto di Fine Anno al Quirinale sotto la direzione del
Maestro Donato Renzetti, riscuotendo apprezzamenti critici e un grande successo di pubblico.
Nel Natale del 2006, sotto la direzione di Corrado Rovaris, ha eseguito in tournée a Roma,
Betlemme e Gerusalemme il Concerto per la Vita e per la Pace, con il soprano Cinzia Forte e il
violoncellista Enrico Dindo.
Form Ensemble: Simone Grizi, violino - Ladislao Vieni, viola - Alessandro Culiani, violoncello
Michele Scipioni, clarinetto - Giacomo Piermatti, contrabbasso - Gianpaolo Antongirolami,
sassofono - Paolo F. Bragaglia, sintetizzatori