Filosofia dell`uomo

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INTRODUZIONE
Il Seicento
Solitamente il Seicento viene considerato un secolo di crisi a causa del profondo
malessere, che caratterizza la vita politica, sociale ed economica e che è determinato
dalle numerose guerre e movimenti insurrezionali in varie parti del Continente
Europeo1 nei decenni centrali del scolo, dalla frequenza e gravità delle carestie ed
epidemie (ricordiamo la peste degli anni 30 del secolo XVII) e dal conseguente calo
demografico2. Peste fame e guerra infierirono tutti sulla maggior parte dell’Europa,
operando spesso in combinazione e determinando un calo demografico, che stentava
ad essere colmato a causa di un aumento dell’età del matrimonio e alla conseguente
riduzione del numero dei figli. Le rivolte e i conflitti politici, in parecchi Paesi Europei,
sono stati preceduti e seguiti da altre agitazioni e sommosse di minori proporzioni,
determinate dalla tendenza a mettere in discussione le gerarchie sociali tradizionali e
dal tentativo di combattere la pressione tributaria vigente, affermando un nuovo
concetto di libertà.
1
Dal punto di vista storico si può, tuttavia notare, la diversità di esperienze nelle varie Aree Europee:
al declino degli Stati, che si affacciano sul Mediterraneo, fanno riscontro le trasformazioni e lo
sviluppo in atto di Paesi come Olanda e Inghilterra. Al proposito Cf. CAPRA C. –CHITTOLINI G –
DELLA PERUTA F., Storia Moderna, Le Monnier, Firenze 1995, Volume 2, p. 179.
2
Sono state inoltre prese in considerazione le variazioni climatiche, che hanno determinato una sorta
di “piccola glaciazione”, cioè un abbassamento della temperatura media di circa un grado, con
inverni rigidi ed estati umide, che si sarebbe ripercosso sfavorevolmente sui racconti in gran parte
del pianeta. IBIDEM, p. 165.
1
Su questo sfondo di rivolte3 è noto che progredì la struttura assolutistica delle
Monarchie Europee, sebbene non dobbiamo dimenticare che a tale avanzamento si
affianca l’ascesa della nuova élite intellettuale: la borghesia.
Questa classe sociale, formata da persone indipendenti dal controllo feudale ed
ecclesiastico, basava il proprio potere sulla ricchezza e sul lavoro accentuando, rispetto
alla tradizione, il ruolo della ragione e l’iniziativa personale4.
Dal punto di vista culturale, non pochi autori, tra cui lo stesso Cartesio, oggetto
del presente lavoro, cercarono di trovare un metodo che consentisse loro di realizzare
il più completo dominio sulla natura, ponendo la propria fiducia sulla forza e il potere
della mente umana, contribuendo alla nascita e allo sviluppo della scienza moderna e
del conseguente metodo sperimentale, che l’ha caratterizzata. Accanto a tali elementi
laici e spesso lontani da valori spirituali, ne troviamo, però, altri di carattere più
strettamente religioso. Difatti accanto a personaggi come Bacone, Campanella, Galilei,
Cartesio e Hobbes, capisaldi della laicità e “modernità”, troviamo Suarez, Bellarmino e
Mariana, difensori instancabili del pensiero cattolico. Possiamo quindi affermare che la
cultura seicentesca ha visto l’incontro tra la tematica religiosa e laica. Senza dilungarsi
troppo, bisogna accennare al fatto che il Seicento è stato il secolo di transizione alla
modernità, il secolo della scienza (pensiamo alla Rivoluzione Copernicana, alle leggi di
Keplero, a Galileo, a Newton, a Harvey e Boyle) e di una rivoluzione intellettuale, che
ha inaugurato l’epoca moderna.
3
4
Per un esauriente quadro storico inerente il secolo XVII, Cf. IBIDEM, pp. 164 - 315.
Cf. DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, La Nuova Italia, Firenze 1994, Volume 2, p.90.
2
Non possiamo, d’altra parte, dimenticare che il XVII secolo è stato anche un
periodo storico alquanto superstizioso e colmo di credenze pagane, come le festività
profane, il carnevale, le danze, i culti agrari per la fertilità dei campi, il sabba:
“Soprattutto nelle campagne era diffusa la convinzione che certi individui
possedessero poteri soprannaturali, come la capacità di predire il futuro o di influire
per vie misteriose sugli esseri umani così come sulle cose inanimate. Fin dal basso
Medioevo le attività di questi individui erano state messe in rapporto con la presenza
del Maligno nel mondo; si credeva che streghe e stregoni dovessero i loro poteri a un
patto stipulato con il diavolo, che si recassero a volo di notte a convegni notturni detti
sabba, che si prestassero a riti sacrileghi e a parodie blasfeme delle funzioni religiosi”5.
La cosiddetta caccia alle streghe6 raggiunse il culmine tra il 1580 e il 1660 e le
aree in cui si diffuse maggiormente furono quelle dove i contrasti religiosi, tra Cattolici
e Protestanti, erano molto intensi: Francia, Svizzera, Germania. Nei Paesi Mediterranei
e nell’Europa del Nord il clima era decisamente più disteso7. Spesso i processi, a causa
del clima di paura, sospetto e intolleranza, si concludevano con la condanna
dell’accusato ma non dobbiamo dimenticare anche il fatto che i giudici, sia laici che
ecclesiastici (Tribunale dell’Inquisizione8) erano fermamente convinti della realtà dei
fenomeni soprannaturali da loro valutati.
5
CAPRA C. –CHITTOLINI G – DELLA PERUTA F., Storia Moderna,…Op. Cit., pp. 172-173.
Ricordiamo il Malleus maleficarum, scritto da due domenicani tedeschi e pubblicato nel 1486.
7
Al proposito Cf. ROMEO G., Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della Controriforma, Santoni,
Firenze 1990.
8
E’ d’obbligo sottolineare il fatto che un determinato tipo di storiografia ha, sin dal XVIII secolo,
descritto in maniera imparziale e tendenziosa, l’operato dell’Inquisizione, sia Medievale che
Spagnola, evidenziandone aspetti esclusivamente repressivi, autoritari e oppressivi, sebbene in
realtà non sia così. Cito al proposito ciò che afferma lo storico F. Pappalardo in merito
all’Inquisizione Spagnola e alla caccia alle streghe: “La relativa mitezza dei tribunali inquisitoriali
emerge anche dall'atteggiamento tollerante tenuto nei confronti della stregoneria, proprio nel
periodo in cui dilagava in Europa la fobia antistregonica, legata direttamente alla diffusione
dell'occultismo e del pensiero magico nel Rinascimento e alla psicosi del demoniaco, indotta dalla
Pseudo-Riforma protestante. È ormai certo che in Spagna fu proprio l'Inquisizione - dopo una prima
incontrollata diffusione di timori popolari e di repressione statale - a impedire lo sviluppo di una
vera e propria caccia alle streghe, così come è poco noto che a Roma l'Inquisizione fece giustiziare
6
3
Il Seicento, in conclusione, è caratterizzato da:
-
Guerre, carestie, epidemie e pestilenze
-
Clima di intolleranza e paure
-
Avanzamento dell’Assolutismo Monarchico
-
Ascesa della borghesia
-
Sviluppo della Scienza e nascita del metodo sperimentale.
E’ in questo secolo, pieno di contraddizioni, che si inserisce l’opera di Descartes,
il quale distinse nettamente la conoscenza del mondo spirituale, basata sulla coscienza
che l’uomo ha di se stesso (Cogito, ergo sum), dalla conoscenza della realtà materiale,
concepita in termini rigorosamente meccanicistici.
per stregoneria una sola persona, nel 1424. È significativo, inoltre, che furono i principi più legati ai
valori cavallereschi e feudali ad attestarsi su posizioni di moderazione e di scetticismo verso i
supposti poteri delle streghe, mentre la parte più "progressista" della cultura ufficiale sposò la
causa dell'intolleranza e della persecuzione in nome del progresso della ragione. Da parte loro, i
Pontefici raccomandarono sempre agli inquisitori di limitare il loro interesse per gli stregoni ai soli
casi in cui fossero presenti elementi sacrileghi o idolatrici, cioè quando, alla superstizione,
potessero essere attribuiti con evidenza i caratteri dell'eresia”. Il testo di Pappalardo è tratto da
Voci per un “Dizionario del pensiero forte” a cura dell'I.D.I.S., l'Istituto per la Dottrina e
l'Informazione Sociale.
4
CARTESIO: LA VITA E LE OPERE9
René Descartes (latinizzato Cartesio) nacque il 31 marzo del 1596 a La Haye, in
Turenna, da una famiglia di piccola nobiltà, terzo figlio di Joachim Descartes 10, avvocato
e consigliere al Parlamento di Bretagna a Rennes e di Jeanne Brochard. Alla morte della
madre, René venne affidato alla nonna materna. Di salute delicata, imparò a leggere
ed a scrivere in casa, sotto la guida di un precettore privato.
Nel 1605 entrò nel collegio dei gesuiti di La Fléche, dove restò fino al 1613
compiendo studi di grammatica, retorica e filosofia, i quali comprendevano anche
insegnamenti di logica, dottrine umanistiche, fisica, metafisica e matematica con
elementi di teoria musicale. Uscito dal collegio, seguendo i voleri del padre, frequentò
l’università di Poitiers e nel 1616 fu nominato baccelliere e licenziato in diritto. Nel
1618 lasciò la Francia ed entrò come volontario nell’esercito del principe Maurizio di
Orange - Nassau11, che aveva raccolto l’armata a Breda, in Olanda al fine di rivendicare
l’indipendenza dei Paesi Bassi nei confronti della Spagna. A Breda Cartesio incontrò
Isaac Beeckman12, scienziato olandese, che lo incoraggiò alla ricerca nel campo delle
applicazioni della matematica alla fisica. I due studiosi si dedicarono alla discussione di
9
Per riportare le notizie in merito alla vita e alle opere di Cartesio, mi sono servita del manuale di
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia della filosofia, Laterza, Roma-Bari 1981, Volume II, pp.
165-184 e del sito WEB http://biografieonline.it .
10
Il padre è insignito del titolo di escuyer, primo grado della nobiltà.
11
Al proposito Cf. CAPRA C. –CHITTOLINI G – DELLA PERUTA F., Storia Moderna,…Op. Cit., pp. 188-205,
dove è ripercorsa a grandi linee la Guerra dei Trent’Anni, che caratterizzò l’Europa tra il 1618 e il
1648.
12
Studioso olandese, addottorato in medicina e rettore della scuola latina di Dordrecht. Egli fu un
uomo molto colto e, tra il 1604 e il 1634, tenne un diario delle sue osservazioni scientifiche e
matematiche e dei suoi incontri. Nel Diario vengono appuntati anche gli incontri dello scienziato
con Cartesio.
5
questioni di geometria e di fisica e studiarono la legge della caduta dei corpi gravi 13.
Sviluppando queste ricerche, Cartesio sostenne di aver trovato una scienza nuova, che
consisteva nel fare una trattazione rigorosamente matematica di tutti i problemi
matematici, fisici14, filosofici e teologici (delle ultime due questioni si occupò in
seguito). A Beeckman Cartesio dedicò il Compendium musicae, opera nella quale sono
considerati i rapporti matematici che regolano le consonanze, le tonalità, le
dissonanze.
Nel 1619 Cartesio lasciò l’Olanda e, dopo un breve soggiorno in Danimarca e in
Germania, si recò ad Ulma, dove decise di dedicarsi a quella che egli definisce una
scienza mirabile (Discorso sul metodo), cioè lo studio di se stesso. Per fare questo,
Cartesio affermò che non bisognava tanto affidarsi ai libri o alle affermazioni degli altri
quanto dare libero corso all’iniziativa personale e individuale:
“la scienza che così scaturisce dall’animo è anche esplicazione della ragione e della
personalità dell’uomo; lo studio di se stesso è un atto di fiducia nelle possibilità della
ragione; il far capo a se stesso che altra volta gli era potuto sembrare atto di orgoglio,
gli appare ora come un impegno che trova la sua base nei semi di saggezza che sono
nello spirito e che hanno origine divina. Cartesio pensa così ad una scienza unitaria di
tutte le conoscenze umane, costruita da una sola persona per il benessere
dell’umanità”15.
Negli anni successivi a tale svolta, Cartesio si dedicò innanzitutto a studiare il
metodo della nuova scienza, applicandolo nella soluzione dei problemi di algebra,
geometria e ottica; solo in seguito provò ad applicare la nuova metodologia scientifica
alla filosofia.
13
Al proposito, Cartesio sostenne che la velocità aumentava in proporzione allo spazio percorso.
Cartesio si propose, senza riuscirvi, di scrivere un trattato di geometria e uno di meccanica.
15
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit.,p. 124.
14
6
Nel 1622 Cartesio tornò in Francia per sbrigare affari patrimoniali e, dopo la
vendita di alcune terre di sua proprietà, si recò in Italia, soggiornando, tra il 1623 e
1625, a Venezia, Roma e Firenze. Nel 1627 tornò in Francia e qui entrò in contatto con
eminenti studiosi come il matematico Claude Mydorge e il teologo Marin Mersenne. In
collaborazione con Claude Midorge si dedicò a studi matematici in relazione a
problemi di fisica e di ottica. Nell’autunno dello stesso anno espose, in casa del nunzio
apostolico Guidi di Bagno, alcuni temi riguardanti la sua filosofia, accolta
favorevolmente dai presenti, in particolare dal cardinale Pierre Brulle16, il maggiore
esponente della spiritualità cattolica in Francia, il quale lo incoraggiò ad approfondire
le riflessioni filosofiche, in particolare quella sulla divinità. La vita a Parigi non gli
consentì la concentrazione necessaria per le sue ricerche, quindi Cartesio si ritirò,
durante l'inverno del 1628, in campagna, probabilmente in una sua proprietà a
Igrandes, nei pressi di Chatellerault.
Prima di dedicarsi a questioni filosofiche, Cartesio scrisse, tra il 1627 e il 1628,
le Regulae ad directionem ingenii (incompiute), al fine di dare forma ai principi del
nuovo metodo scientifico. In questa opera egli svolse alcuni temi, che poi saranno
ripresi nel Discorso sul metodo (1637), muovendo dal concetto dell’unità del sapere:
“Tutte le scienze – scrive nelle Regulae – non sono altro che l’umano sapere, il quale
permane sempre uno e identico, per quanti siano gli oggetti cui si applica” 17. L’unità
del sapere è determinata dal fatto che esso risale alla mente umana, la quale è unità.
Nelle Regulae ha importanza fondamentale la regola dell’evidenza, secondo la quale
16
17
Pierre Brulle (1575-1629), fondatore della Congregazione dell’Oratorio di Parigi nel 1611.
La citazione, tratta dall’opera cartesiana, è presa da DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit.,p. 124.
7
ogni scienza è una conoscenza certa ed evidente, che non dà adito ad alcun dubbio.
L’evidenza della scienza si raggiunge con l’intuito, atto tramite il quale è dato cogliere
la verità, e si completa con la deduzione, procedimento logico che Cartesio definisce
come “movimento continuo ed interrotto del pensiero che intuisce con evidenza le
singole cose tra loro connesse in serie”18. Sulla base dell’intuito e della deduzione è
possibile, secondo Cartesio, individuare la scienza dell’ordine, il cui scopo, dal
momento che contiene i primi rudimenti della ragione umana ed è fonte delle altre
scienze, è quello di stabilire l’ordine in cui le varie conoscenze vanno disposte, tenendo
conto del legame, che le fa dipendere le une dalle altre. La scienza dell’ordine, la quale
coincide con la scienza della ragione umana, è la matematica universale, disciplina che
si attiene rigorosamente all’ordine considerandolo da un punto di vista universale. Ad
essa devono fare capo tutte le altre scienze.19
Nel 1629, dopo una sofferta rottura con Beeckman, forse da attribuirsi al fatto
che questi intendeva appropriarsi delle teorie insite nel Compendium musicae, Cartesio
si stabilì in Olanda e frequentò i corsi di matematica a Leida e cominciò a scrivere, nel
1630, il trattato di fisica Il Mondo20 (incompiuto e non pubblicato).
18
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia, …Op. Cit.,p. 168.
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit.,pp. 125-126: “Per chiarire in che cosa consista l’ordine razionale
Cartesio distingue le nature semplici e quelle composte; le prime non si possono ulteriormente
scomporre e si possono intuire per se stesse; le altre risultano dall’unione di più nature semplici;
l’ordine razionale vuole appunto che per comprendere una natura derivata e composta si risalga
alle nature semplici che la compongono...Questo metodo dell’ordine razionale può condurre a
comprendere tutto quello che può essere conosciuto dalla mente umana, anche con riferimento a
noi stessi o al rapporto fra noi stessi e Dio”.
20
Ne Il Mondo, cui fece seguito un ulteriore trattato L’Uomo (basato sugli stessi principi della fisica
meccanicistica: il corpo fisico-organico soggiace alle stesse leggi meccaniche del mondo fisico),
Cartesio espose i temi centrali della sua fisica meccanicistica, che rifiuta nettamente le forme, le
essenze, le qualità della filosofia scolastica e vuole trovare fondamento in nozioni chiare ed
evidenti. La scienza fisica, per Cartesio, è una rigorosa ricostruzione razionale del mondo, la quale
19
8
Abbandonato, dunque, il progetto di pubblicazione del Il Mondo, in seguito alla
condanna del Galilei nel 1633, Cartesio pensò di dare alle stampe tre saggi, La
Diottrica, Le Meteore e La Geometria, scrivendo come prefazione ad essi il famoso
Discorso sul metodo, in cui, oltre ad esporre i principi fondamentali della propria
filosofia, offrì elementi indispensabili per comprendere il suo cammino spirituale. Se
con i tre trattati che accompagnano il Discorso il filosofo francese presentò i motivi
dominanti della sua concezione meccanicistica della natura ed esplicò la geometria
analitica come teoria generale della quantità, con il Discorso sul metodo, egli intese
dare un quadro più completo sia del nuovo metodo scientifico sia delle sue
applicazioni. Formulando una critica serrata al sapere tradizionale21, fondato sul
principio di autorità (in primo luogo sulla filosofia di Aristotele) e sulla persuasività
della tradizione, elaborò un nuovo metodo d'indagine che consentisse di distinguere il
vero dal falso in ogni campo della conoscenza, anche nella vita pratica. Tale metodo è
21
rifiuta ogni raffronto con la cosmologia biblica e la teologia scolastica. Secondo la cosmologia
cartesiana, Dio ha creato la materia come pura estensione e ad essa ha impresso il movimento,
retto da tre leggi: 1. Principio di inerzia (ogni parte della materia conserva sempre il suo stato fino a
quando le altre non la costringano a cambiarlo). 2. Quando un corpo ne spinge un altro non può
trasmettergli né sottrargli alcun movimento, senza perderne o acquistarne una quantità uguale. 3.
Quando un corpo si muove, tende sempre a continuare il proprio movimento in linea retta.
Secondo Cartesio, quindi, il mondo era costituito in base a questi semplici principi e retto da leggi
meccaniche. Attraverso il movimento, la materia, che è estensione, si separa in parti che
costituiscono i tre elementi fondamentali, fuoco, aria e terra, la cui diversità è costituita solo dalla
struttura quantitativa delle varie particelle di materia e dal movimento di cui sono dotate. Dagli
elementi in movimento sono nati i mondi innumerevoli (Ricordiamo che Cartesio sosteneva come
Galileo, la teoria eliocentrica).
In merito a questo, Cartesio affermò nel Discorso sul metodo: “Avevo studiato un po’ quando ero
più giovane, tra le parti della filosofia, la logica, e, tra le matematiche, l’analisi geometrica e
l’algebra: tre arti o scienze, dalle quali speravo cavar qualche aiuto per il mio disegno. Ma,
nell’esaminarle, mi accorsi che m’ero ingannato. I sillogismi e la maggior parte dei precetti della
logica servono piuttosto a spiegare agli altri le cose che già si sanno… E quanto all’analisi degli
antichi e all’algebra dei moderni, oltre che riguardano materie astrattissime e di poco uso in
pratica, è da notare che la prima è così legata alla considerazione delle figure che non può
esercitare l’intelligenza senza stancare molto l’immaginazione, e la seconda s’è talmente
assoggettata a certe regole e a certe cifre da apparire un’arte confusa e oscura per imbarazzare
l’intelligenza piuttosto che una scienza per coltivarla. Bisognava, dunque, che io cercassi un altro
metodo…”. Le citazioni tratte dal Discorso sul metodo sono ricavate da ADORNO F – GREGORY T. –
VERRA V., Storia,…Op. Cit.,pp. 192-194.
9
da lui ricercato nella matematica universale, la quale unisce il criterio dell'evidenza
intuitiva con il rigore della deduzione22, e riassunto in quattro precetti fondamentali:
a. L’evidenza: “La prima era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi
esser tale con evidenza: di evitare, cioè, accuratamente la precipitazione e la
prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi nulla di più di quello che si
presentava così chiaramente e distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni
possibilità di dubbio”.
b. L’analisi: “La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare i tante parti
minori, quanto fosse possibile e necessario per meglio risolverlo”.
c. La sintesi: “La terza, di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli
oggetti più semplici e più facili da conoscere, per salire a poco a poco, come per
gradi, sino alla conoscenza dei più complessi; e supponendo un ordine anche tra
quelli di cui gli uni non precedono naturalmente gli altri”.
d. L’enumerazione: “L’ultima, di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni
così generali da esser sicuro di non aver omesso nulla”.
Il Discorso sul metodo si divide in sei parti:
a. Critica di Cartesio al tipo di cultura impartitagli nel collegio di La Fléche, in quanto
rivolta eccessivamente allo studio degli antichi, fossilizzata nell’apprendimento
formale della retorica e della poesia, troppo poco teorica in campo matematico e
incerta nelle questioni filosofiche.
22
Per via dell'importanza assegnata alla ragione nella fondazione dell'intero sapere, e per il ruolo
subordinato assegnato all'esperienza, Cartesio è considerato l’iniziatore del razionalismo nella
filosofia moderna.
10
b. Risoluzione di Cartesio, mentre era in Germania nel 1619, di liberarsi del pensiero
giovanile e rielaborare l’intero suo sapere in base ad un rigoroso esame razionale
che lo rendesse padrone delle sue esperienze.
c. Formulazione di alcune massime di una morale provvisoria, al fine di guidare la
condotta alla ricerca della verità: “La prima richiede l’obbedienza alle leggi e
costumi dei paesi in cui si è nati, l’osservanza della religione in cui si è stati allevati
e l’adesione alle opinioni moderate della società in cui si vive… La seconda
prescrive di essere risoluti nelle proprie azioni, anche quando si è incerti sulle
opinioni da seguire… La terza regola consiglia di cercare sempre di vincere piuttosto
noi stessi che la fortuna, e di essere pronti a cambiare i nostri desideri piuttosto che
l’ordine del mondo”23.
d. Compendio di metafisica cartesiana (ampliato nelle Meditazioni Metafisiche).
e. Argomentazioni di fisica già sviluppate dal filosofo ne Il Mondo.
f. Osservazioni in merito allo sviluppo della sua ricerca.
Nel Discorso sul metodo, Cartesio avanzò l'esigenza di dare una giustificazione
del suo metodo, così come di tutte le conoscenze che, sia in campo matematico che
fisico, potevano essere ottenute attraverso di esso. A questo fine ritenne doveroso
rimettere in discussione ogni conoscenza comunemente accettata24, fino a giungere a
un principio ultimo verso il quale il cosiddetto dubbio metodico non potesse aver
presa.
23
24
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,p. 173.
L’unico patrimonio di verità, di cui Cartesio non intese disfarsi, fu quello del comportamento morale e
delle verità di fede.
11
La filosofia cartesiana intraprese quindi tutta la revisione critica del sapere
tradizionale, attraverso il dubitare di tutto ciò che non avesse apparenza di essere
solidamente fondato, al fine di giungere a trovare un sicuro fondamento per la
ricostruzione del vero sapere. Tutto ciò verrà da Cartesio sviluppato e ampliato nelle
Meditationes de prima philosophia, pubblicate a Parigi nel 164125.
Nel 1644, Cartesio pubblicò i Principia philosophiae26, anche se il periodo non
era dei più felici per il nostro autore, in quanto le sue dottrine, diffuse in Olanda27,
furono condannate come atee dal calvinista Girbert Voet28 (1589 – 1676) e
dall’università di Utrecht.
Tra il 1647 e il 1648 Cartesio scrisse le Primae cogitationes circa generationem
animalium e la Description du corps humain, pubblicate postume, inoltre pubblicò,
contro il Regius, con il quale il filosofo francese si era trovato in disaccordo, le Notae in
Programma quoddam. Nel 1649 furono edite le Passioni dell’anima, alle quali
seguirono le Lettere, opere entrambe di argomento etico.
Una nuova condanna della filosofia cartesiana, accusata di pelagianesimo, fu
emessa dall’università di Leida.
Chiamato a Stoccolma, nel 1649, da Cristina di Svezia, Cartesio vi si recò per
iniziare la regina alla sua filosofia, ma morì l’anno successivo di polmonite (1650).
25
Le Meditazioni metafisiche furono pubblicate nel 1641 a Parigi e nel 1642 ad Amsertdam con le
Obiectiones di vari autori e le Responsiones di Cartesio. Nel 1647 venne pubblicata a Parigi, per
volere dell’autore, la traduzione francese delle Meditationes.
26
In questa opera Cartesio raccolse una trattazione sistematica e scolastica di tutte le parti della sua
riflessione, a partire da quelli che egli chiama i capisaldi della sua metafisica, per passare ai principi
delle cose materiali fissati non in base ai pregiudizi dei sensi ma in base all’uso della ragione, quindi
alla costruzione dell’universo e, infine, alla Terra e ai suoi fenomeni.
27
Le dottrine di Cartesio furono diffuse in Olanda da Henrick de Roy (Regius, 1598-1679).
28
Cartesio si difese da Voet con un’Epistola.
12
LE MEDITAZIONI METAFISICHE: STRUTTURA GNERALE DELL’OPERA
Cartesio si interessò di Metafisica sin dagli anni della sua giovinezza, sin da
quando si stabilì in Olanda, tra il 1628 e il 1629, stendendone una prima redazione.
Sappiamo che la stesura definitiva venne pubblicata nel 1641 con il titolo Meditationes
de prima philosophia. Come già espresso nelle pagine precedenti, l’interesse del
filosofo francese da un lato si rivolse verso le scienze applicate come la meccanica e la
medicina, le quali, secondo lo stesso, permettono all’uomo di dominare la natura,
dall’altro considerò la metafisica come fondamento delle discipline teoriche quali la
matematica e la fisica; in questo modo Cartesio collegò tutto il suo pensiero scientifico
alla tradizione religiosa, sebbene la rielaborasse alla luce del nuovo metodo scientifico:
“Il primo passo della metafisica è il dubbio metodico, rivolto a togliere di mezzo tutte
le opinioni ed a metterci in possesso di una verità indubitabile; dobbiamo dubitare di
quanto ci attestano i sensi sia perché a volte i sensi ci ingannano, sia perché non
abbiamo un criterio assoluto per distinguere il sogno dalla veglia e sappiamo che nel
sogno ci accade di essere persuasi di avere delle sensazioni che, per contro, non
rispondono a verità”29.
Secondo la dottrina cartesiana, dunque, l’intero mondo sensibile può svanire
come un sogno oppure essere supposto tale; infatti, niente di ciò che sta al di fuori di
noi potrebbe essere reale. La stessa cosa vale per discipline quali la matematica, che,
in apparenza, sembrerebbero indipendenti dal mondo sensibile ma che in realtà non lo
sono, in quanto, secondo Cartesio, è possibile che Dio non solo abbia impresso in noi
immagini di una realtà inesistente ma che abbia voluto che l’uomo si ingannasse anche
nelle conoscenze caratterizzate dall’evidenza immediata:
29
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit., pp. 132-133.
13
“Il dubbio viene qui a mettere in crisi la stessa ragione, poiché in tanto è possibile in
quanto suppone che Dio abbia creato l’uomo tale da sbagliare sempre: è un dubbio
tanto radicale che Descartes subito lo accantona, per mettere al posto dell’ipotesi del
Dio ingannatore, l’ipotesi di un genio maligno”30.
Cartesio supponeva che una sorta di genio malefico volesse espressamente
ingannare l’uomo, facendogli apparire una realtà falsa, che non esiste. Il genio
maligno, però, non avrebbe mai avuto il potere di ottenere l’assenso da parte
dell’uomo a questo suo inganno; di fatto, è sempre possibile sospendere il giudizio e
non accettare nulla come vero. Di conseguenza il dubbio metodico aiuta l’essere
umano a non aderire ad un inganno e ad una illusione e lascia sempre intatta
l’autonomia e la capacità della stessa ragione31:
“Supporrò dunque che, anziché un Dio ottimo, fonte di verità, vi sia un genio malvagio,
che, sommamente potente ed astuto, ce la metta tutta per ingannarmi. Riterrò quindi
che cielo, aria, terra, colori, figure, suoni e tutto il resto di esterno a me non siano che
illusioni oniriche con cui quel genio tenda trappole alla mia credulità; considererò me
stesso come se non avessi mani, occhi, carne, sangue, né alcun senso, e quindi falsa
l’opinione di avere queste cose. Rimarrò ostinatamente fermo in questa supposizione;
e in tal modo non sarò certo in grado di conoscere alcunché di vero, ma in compenso
mi guarderò con risolutezza dall’assentire al falso – poiché questo, invece, dipende
senz’altro da me – ed è così che eviterò anche di rimanere vittima di un simile
ingannatore, per quanto potente e astuto fosse”32.
Da questa condizione di dubbio, di sospensione di giudizio, Cartesio ricava un
principio certo e indubitabile: la propria esistenza, il cogito (penso, dunque esisto). Il
cogito è indubitabile sotto qualsiasi condizione, perché nasce dallo stesso dubbio: io
dubito, quindi esisto. In che modo quindi si può uscire dal dubbio? Con il rendersi
30
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,pp. 174-175.
La capacità della ragione era messa in crisi dall’ipotesi di un Dio ingannatore. Invece, l’ipotesi di un
genio maligno servì a Cartesio per impedire che fosse dato l’assenso a conoscenze prive di
fondamento evidente e per liberare la mente dagli inganni dei sensi.
32
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche, a cura di LANDUCCI S., Laterza, Roma- Bari 2001, p. 35.
31
14
conto della propria esistenza, dal momento che se un uomo dubita o sospende il
proprio giudizio, esiste. Se l’ipotetico genio maligno inganna qualcuno, significa che
questo qualcuno esiste: “In effetti, è tanto manifesto che sono io a dubitare, ad
intendere, a volere, che non c’è neanche modo di trovare come renderlo ancora più
chiaro attraverso una qualche spiegazione”33.
La propria esistenza, tra tutte le conoscenze, è la conoscenza prima e
certissima, la quale si presenta all’intelletto con una tale evidenza da affermarsi
necessariamente come vera: “Con il cogito noi cogliamo intuitivamente la prima realtà
della cui esistenza non si può dubitare. Così, dopo aver messo in dubbio tutto quello
che aveva fin qui creduto come esistente, Descartes, attraverso il cogito, giunge ad
affermare l’esistenza dell’io che pensa”34.
L’auto evidenza del pensiero, secondo Cartesio, fa in modo che l’io si colga con
certezza, sebbene permangano dubbi sia sull’esistenza di Dio, sia sul mondo esterno,
compreso il corpo dello stesso io che pensa. Per fondare la certezza dell’esistenza di
Dio e del mondo esterno, è necessario procedere dal nostro stesso spirito, dal nostro
stesso io, dal cogito: “conosco palesemente che niente può essere percepito da me
con maggior facilità ed evidenza che la mia mente”35. Il pensiero è un attributo dell’io,
il quale diviene res cogitans, cioè una sostanza, che è soggetto del pensiero, è l’io, la
mente, l’anima, lo spirito, l’intelletto, la ragione. Quindi, per pensare, è necessario
essere.
33
IBIDEM, p. 47.
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,p. 176.
35
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 55.
34
15
A questo punto della sua indagine, Cartesio valutò se fosse possibile uscire dalla
sfera del cogito, al fine di recuperare la realtà al di fuori di esso e partì in questa sua
ricerca analizzando le idee, i contenuti del pensiero. Il filosofo francese distinse tre tipi
di idee: innate, avventizie (paiono venir dal di fuori), fattizie (fatte e inventate dall’io).
Tra queste idee, quelle relative alla realtà esterna e che sembrano derivare da questa
non offrono all’uomo alcuna garanzia, perché le si possa ritenere corrispondenti ad
una realtà extramentale che esse paiono rappresentare. Difatti, si può ancora supporre
che il genio maligno inganni in merito al mondo oppure pensare che tali idee siano
inventate dall’uomo stesso come accade per le fattizie. Al fine di stabilire se le idee
sono prodotto unicamente umano oppure indicative dell’esistenza di una realtà
esterna, è necessario rivelare che ogni idea ha un contenuto rappresentativo maggiore
o minore, cioè un grado maggiore o minore di realtà rappresentativa; ad esempio,
“l’idea di Dio possiede un grado maggiore di realtà rappresentativa che non l’idea di un
corpo qualsiasi”36. L’idea, in quanto ha un grado di realtà rappresentata, non può
derivare dal nulla e deve avere una causa:
“Per esempio, non soltanto è impossibile che una pietra prima inesistente cominci ora
ad essere, a meno che non sia prodotta da qualcosa in cui sia già presente,
formalmente oppure eminentemente, tutto quanto si trovi poi nella pietra; e non
soltanto è impossibile che in un oggetto ancora non caldo venga immesso del calore,
se non da qualcosa che sia d’un livello almeno altrettanto perfetto quanto lo è il
calore…”37.
36
37
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit., p. 133.
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 67.
16
Quindi, l’idea come rappresentazione di una certa realtà deve essere spiegata
con una causa esterna, nella quale si dovrà trovare almeno tanta realtà formale (di
fatto) quanta realtà oggettiva (intenzionale) è contenuta nell’idea.
Cartesio considerò, poi, l’idea di Dio presente nell’uomo, idea di una sostanza
infinita, eterna, immutabile, indipendente, onnisciente, onnipotente, la quale non può
essere prodotta dall’uomo, essere finito, che non è in grado di causare l’idea di infinito.
Ciò significa che l’idea di Dio è innata e deve avere la sua causa adeguata in un essere
infinito, che l’ha messa nell’uomo: “Infatti, in me c’è certamente l’idea di sostanza, per
il fatto stesso che io sono una sostanza; però, dal momento che sono finito, l’idea di
una sostanza infinita non sarebbe in me se non mi venisse da una sostanza che infinita
lo sia effettivamente”38. E questa sostanza è Dio. Dopo la prima prova dell’esistenza di
Dio (Dio come causa dell’idea di Dio che è in noi), Cartesio ne aggiunse altre due: la
prima la ricavò ricercando da chi derivi la nostra esistenza finita, dal momento che
l’uomo non può essere la causa di se stesso, altrimenti si sarebbe creato perfetto, con
tutte quelle perfezioni, che si trovano nell’idea di Dio: “Ma, se di esistere io lo dovessi
a me stesso, non dubiterei, non desidererei, perché non mi mancherebbe
assolutamente niente, in quanto mi sarei dato tutte le perfezioni di cui ci sia in me
un’idea, e così proprio io sarei Dio…per il solo fatto che io esisto e che in me c’è l’idea
di un ente perfettissimo, ossia di Dio, è dimostrato con la maggior evidenza che anche
Dio esiste”39; con la seconda, affine alla prova ontologica40 di Anselmo d’Aosta, Cartesio
38
IBIDEM, p. 75.
IBIDEM, p. 83.
40
Essenzialmente l’argomento ontologico di Anselmo si fonda su due punti:
39
17
dimostrò come in Dio esistenza ed essenza coincidano, come in Lui l’esistenza
appartenga necessariamente alla essenza, quindi l’essere assolutamente perfetto
esiste ed è autore della nostra esistenza: “…proprio il Dio del quale ho in me l’idea, e
cioè dotato di tutte quelle perfezioni che ho detto né soggetto assolutamente ad alcun
difetto…”41. Ovviamente, stabilito che Dio esiste, è impossibile che ci inganni, poiché
nell’inganno c’è imperfezione: “riconosco che non può accadere che Dio mi inganni
mai; ché in ogni frode o inganno si trova un qualche genere di imperfezione” 42.
Secondo Cartesio, quindi, Dio è garante della verità e la certezza della sua
esistenza elimina il dubbio che l’uomo possa essere stato fatto in maniera d’ingannarsi,
anche in quelle cose maggiormente evidenti e certe:
“Resta così fondato direttamente su Dio quel criterio delle idee chiare e distinte che
Cartesio aveva posto fin dall’inizio alla base del suo nuovo metodo di costruzione del
sapere umano. E’ in base allo stesso criterio che Cartesio aveva configurato la nostra
conoscenza del mondo materiale… Sicché l’esistenza di Dio, fondata sull’evidenza dl
cogito e sulla dottrina delle idee, fonda a sua volta l’esistenza del mondo esterno43 e ci
fa conseguire al certezza della realtà dei corpi44-45.
Le Meditazioni metafisiche di Cartesio sono sei e sviluppano lo schema
seguente46:
 I Meditazione. Cartesio (come già nel «Discorso sul metodo») si pose il problema di
ottenere conoscenze certe, chiare e distinte. Quindi, per ottenere una fondazione
- ciò che esiste in realtà è maggiore, cioè più perfetto, di ciò che esiste solo nell’intelletto;
- negare che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista in realtà, significa contraddirsi,
perché significa ammettere nello stesso tempo che si può pensarlo maggiore, cioè esistente in
realtà.
41
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 55.
42
IBIDEM, pp. 88-89.
43
L’esistenza di Dio, essenziale per dare valore assoluto alla regola dell’evidenza, è la verità che fa in
modo che il mondo esterno esista e corrisponda alle idee, che lo rappresentano.
44
Constatato che Dio non può ingannare, si può stabilire la reale esistenza della res extensa, sostanza
estesa, di cui in precedenza si aveva solamente l’idea.
45
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit., pp. 134-135.
46
Al proposito Cf. il sito http://digilander.libero.it/fabioutili/cartes.html.
18
rigorosa, decise di sottoporre ad un dubbio metodico tutte le sue conoscenze,
iniziando da quelle in cui qualche volta è stato ingannato (cioè tutte quelle relative
direttamente o meno al mondo esterno); per maggiore sicurezza ipotizzò l'esistenza
di un genio maligno che renda false anche tutte le conoscenze matematiche.
 II Meditazione. Il dubbio si trasforma in origine di certezza: l'unico elemento su cui
non è dato di dubitare è il dubbio stesso. Quindi, dubitando io penso, e se penso
esisto almeno come res cogitans.
Il risultato della seconda meditazione è il cogito
come certezza ed ente metafisico, il quale non è e non può essere qualcosa di
materiale, ma solo pensiero e certezza del pensiero.
 III Meditazione. Cartesio analizzò il cogito stesso: al suo interno ci sono idee di tipo
diverso. L'idea innata dell'esistenza di Dio deve essere vera, perché non è mai
possibile che un effetto abbia minore realtà della sua causa e l'idea di Dio è causata
in me da Dio stesso; ugualmente le altre idee innate (di tipo fisico, le proprietà
generali dei corpi estesi, e le leggi matematiche) sono poste da Dio in ciascun uomo
prima della sua nascita e il Dio, che crea me e le mie idee, non può essere un
ingannatore. Le idee avventizie sono quelle che ho di oggetti esterni, ma ancora
non posso affermare che questi esistano, quindi esse di fatto sono ancora
sottoposte al dubbio. A maggior ragione sono sottoposte al dubbio le idee fattizie:
quelle che io stesso costruisco con la mia immaginazione, mettendo assieme
elementi di altre idee, ma che io (come res cogitans) comunque distinguo da quelle
avventizie.
 IV Meditazione. Viene spiegato l'origine dell'errore: esso non può essere dovuto a
19
Dio, ma alla mia volontà di affermare di più di quel che potrei, in base alla evidenza
e alla verità. C'è sempre un’origine pratica dell'errore.
 V Meditazione. Cartesio puntò l’attenzione sulle idee delle cose: con l'intellezione
ho idee certe, tanto che posso dimostrare teoremi anche su figure geometriche
tanto complesse da non potere essere immaginate; mentre con l'immaginazione,
pur non avendo certezze, mi rivolgo al corpo.
La conclusione che se ne può trarre
è che dalle idee delle cose ho la possibilità della loro esistenza, mentre
dall'immaginazione ne ho la probabilità.
Tuttavia, prima di applicare il dubbio, io
ero certo anche dell'esistenza del mondo e soprattutto di avere percezioni: il
dubbio è stato più volte confutato (col cogito e con tutte le idee innate) quindi
posso recuperare almeno la certezza più chiara relativa al mondo, quella di avere un
corpo, quella di essere, oltre che res cogitans, anche res extensa.
 VI Meditazione. Si afferma che Dio, oltre che creatore della res cogitans e della res
extensa, deve essere allo stesso modo creatore e garante dell'esistenza di tutte le
cose del mondo.
20
II MEDITAZIONE METAFISICA
La II Meditazione metafisica di Cartesio, intitolata La mente47 umana, e come la
si conosca meglio che i corpi48, può essere schematizzata come segue49:
o
Prima certezza: il cogito, “Io penso, dunque esisto”, e la mia esistenza è l’unica
cosa sulla quale non posso dubitare. Questa certezza non è frutto di un sillogismo,
non è una verità che è colta col ragionamento bensì con l’intuizione.
o
Realtà del pensiero: l’unica cosa, della quale sono certo, è quella di essere
pensiero, di essere soggetto pensante.
o
Maggiore conoscenza e certezza in merito alle cose spirituali: Sono spinto a
credere che le cose corporee si conoscano meglio di quelle spirituali; in realtà è
più facile la conoscenza di me come soggetto pensante. L’idea o concetto, ovvero
ciò che appartiene al pensiero (o allo spirito), si conosce più chiaramente e
distintamente delle cose materiali.
Con il termine cogito si suole indicare la proposizione composta “Io penso,
dunque esisto”. Il cogito è la prima certezza, che si scopre, nella ricerca della verità e
non lascia adito ad alcun dubbio, proprio perché nasce all’interno dello stesso:
“Dubito, dunque esito”50. Si esce dal dubbio, proprio perché il cogito non vi può
rientrare: “Mi sono bensì persuaso che non esiste proprio nulla al mondo, né cielo né
47
Cartesio considerava la mente, non come una parte dell’anima, bensì come l’anima tutta intera.
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 39.
49
Al proposito Cf.:
http://www.lumsa.it/LUMSA/Portals/docenti/Sorondo/59641716256181526712356589963557cartesio2.pdf
50
Il dubitare è un modo di pensare.
48
21
terra né menti né corpi; ma per ciò anche che non esisto neppure io? No di certo!
Esistevo di certo, se mi sono persuaso di qualcosa”51. Difatti, il dubbio dell’esistenza di
chi dubiti si rivela impossibile, proprio perché si dubita e, di conseguenza, si pensa e si
esiste.
Nella II Meditazione metafisica, il cogito è tradotto, non con la formula
standard “Penso, dunque sono” ma con: “Mi sono persuaso che al mondo non esista
nulla; ma io esisto di certo, se mi persuado di qualcosa”, e ancora: “Qualcuno mi
inganna? Ma io esito di certo, se qualcuno mi inganna”52. Queste due formulazioni
sono equivalenti al cogito standard, la cui struttura53 è la seguente:
-
necessariamente se X pensa, allora X esiste
-
io penso
-
dunque, io esisto.
“…l’asserto io esisto è impossibile che non sia vero, ogniqualvolta io lo pronunci
o lo concepisca mentalmente”54.
La ricerca di Cartesio continuò con il considerare l’essenza o natura del cogito,
ovvero in che cosa consista la cosa che pensa. Da questa questione è emerso che il
pensare non costituisce una funzione tra le altre, bensì la natura stessa dell’io, proprio
perché senza il cogito l’io non esisterebbe. Dunque l’io è una cosa pensante, che
Cartesio chiamava mente:
51
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 41.
IBIDEM.
53
IBIDEM, p. XXVI.
54
IBIDEM, p. 41.
52
22
“…è il pensiero ciò che cercavo, ché questo solo non può essere separato da me. Io
esisto, è certo; ma fino a quando? Finché penso, di certo; ché, se mai cessassi di
pensare, potrebbe darsi che con ciò stesso cessassi interamente di esistere… sono
dunque, precisamente, soltanto una cosa che pensa, e cioè una mente, o un animo, o
un intelletto, o una ragione… Sono quindi una cosa vera, veramente esistente… una
cosa che pensa”55.
In merito alle cose materiali il filosofo francese scrisse:
“E’ bensì vero che tali cose che suppongo che non esistano, ancora non le conosco; e
non potrebbe darsi, allora, che in realtà non siano differenti da quel me che già
conosco? Ebbene, questo non lo so, e per ora non ne discuto, ché posso giudicare
soltanto di quel che conosco. Quel che sono venuto a conoscere è che esisto, ora sto
ricercando che cosa sia, io che già so di esistere; e non c’è alcun dubbio che la
conoscenza di me stesso, considerato così precisamente, non può dipendere da cose
che io non so ancora neppure se esistano o no”56.
Cartesio continuò, attraverso l’intero corpus delle Meditazioni, a questionare in
merito alla mente e al corpo, a riflettere sul fatto se la natura pensante sia diversa
oppure no dalla natura corporea, se la mente sia materiale o spirituale, arrivando,
nella VI Meditazione, alla dimostrazione della distinzione reale tra la mente e il corpo,
ossia di come la mente e il corpo siano due sostanze, ognuna delle quali, per esistere,
non ha bisogno dell’altra:
“Pertanto, dal fatto stesso che so di esistere e nel contempo mi rendo conto che alla
mia natura, o essenza, non appartiene assolutamente nient’altro se non che io sono
una cosa che pensa. E, benché… io abbia un corpo a me congiunto molto strettamente,
tuttavia, poiché da una parte ho un’idea chiara e distinta di me stesso in quanto
soltanto una cosa che pensa e non estesa, e, dall’altra parte, un’idea distinta del corpo
in quanto soltanto una cosa estesa e non pensante, è certo che io sono distinto
realmente dal mio corpo, e che posso esistere senza di esso”57.
Nella II Meditazione, in merito alla conoscenza dei corpi, Cartesio suppose che
esistessero, solamente per dimostrare che la conoscenza di essi era decisamente
55
IBIDEM, p. 45.
IBIDEM.
57
IBIDEM, p. 129.
56
23
inferiore al cogito, cioè a noi stessi in quanto pensiamo. Difatti, anche nella vita
quotidiana, i corpi sono conosciuti, non con il senso, ma con l’intelletto. Le stesse
sensibilità e immaginazione sono, per Cartesio, attività della mente e non del corpo:
“E nondimeno ancora mi sembra che le cose corporee – si tratti solo di immagini
formate col pensiero oppure vengano anche colte con i sensi, qui non fa differenza –
siano conosciute molto più distintamente di quel non so che, di me, che invece non
cade sotto l’immaginazione… Di tutte le cose, consideriamo dunque quelle che
comunemente si ritiene di comprendere più distintamente, e cioè i corpi che
tocchiamo e vediamo” 58.
L’esempio del pezzo di cera, che non può essere conosciuto né con i sensi né
con l’immaginazione, è alquanto significativo. Quel che sia un pezzo di cera – affermò
Cartesio nella II Meditazione – non lo si potrà mai sapere con l’aiuto di facoltà sensibili
o immaginative. Infatti, quando un pezzo di cera si scioglie, passa per un numero
infinito di forme geometriche diverse, in quanto la liquefazione è un movimento
continuo e ininterrotto. Di conseguenza esso è precluso ai sensi e all’immaginazione
ma accessibile all’intelletto. Tutto ciò che ha a che fare con l’infinito è materia
intellettiva e non sensibile. L’uomo non è in grado di vedere la cera in sé, la sua
sostanza, la sua essenza, ma è consapevole del fatto che quell’oggetto è un pezzo di
cera dalla consistenza, dal colore, dalla figura e così via. La percezione umana è limitata
ai modi, cioè agli accidenti, di conseguenza non è in grado di cogliere la cosa in sé, e se
gli esseri umani credono di cogliere la sostanza di una cosa è perché confondono la
percezione con l’inferenza, la quale è attività intellettuale, non sensibile, e la sua
conclusione è un giudizio:
58
IBIDEM, p. 49.
24
“Ed eccomi arrivato alla conclusione cui volevo arrivare: ora che so, infatti, che, a
parlare propriamente, neppure i corpi vengono percepiti con i sensi o con la facoltà
immaginativa, bensì soltanto con l’intelletto, ossia non già perché toccati o visti, bensì
soltanto perché concepiti appunto con l’intelletto, conosco palesemente che niente
può essere percepito da me con maggiore facilità ed evidenza che la mia mente”59.
59
IBIDEM, p. 55.
25
IL DUALISMO CARTESIANO
Attraverso l’appello ad un Dio non ingannatore, Cartesio pose l’esistenza della
res extensa, sostanza estesa (i corpi materiali), di cui all’inizio della sua ricerca, aveva
unicamente l’idea. La res extensa si oppone alla res cogitans, come ciò che è esteso e
divisibile all’infinito, e cioè il corpo, a ciò che è in esteso e indivisibile, cioè lo spirito.
Le due sostanze, extensa e cogitans, nettamente divise tra loro costituiscono il
cosiddetto dualismo cartesiano, punto cardine del pensiero del filosofo francese, il
quale si propose di spiegare quale fosse il rapporto tra le due res. Nell’uomo, ad
esempio, pare realizzata l’unione tra anima e corpo ma in realtà – affermava Cartesio –
tale unione non è sostanziale (come nella tradizione aristotelica), perché ciascuna res è
del tutto indipendente e completa rispetto all’altra e non può esserci alcun tipo di
rapporto tra i moti del corpo e quelli dell’anima. Nel trattato sull’Uomo, Cartesio aveva
dato una spiegazione meccanicistica riguardo ai movimenti del corpo umano, poiché
nel corpo dell’uomo come negli animali non si hanno sensazioni ma solo azioni e
reazioni meccaniche come in una macchina60. Ma allora, quale relazione tra le due
sostanze? Come è possibile che un moto meccanico della res extensa produca una
modificazione sulla res cogitans e viceversa?
60
Al proposito Cf. GUTELBERT A., L. C., Microcosmo ed Enigma, APRA, Roma 2001: “…la sensazione
esterna non è un processo meramente fisico… In una macchina fotografica, il risultato è sempre
proporzionale allo stimolo: un medesimo stimolo, nella medesima macchina, dalla medesima
prospettiva e con la stessa messa a fuoco, produrrà sempre lo stesso risultato: una fotografia
identica. Nei nostri sensi non è così. L’impressione che uno stimolo produce nella nostra coscienza
è diversa a seconda se noi poniamo più attenzione ad esso o, secondo l’abitudine che abbiamo
sviluppato, a percepire con più dettagli certe cose… il corpo umano è una dimensione inseparabile
da un unico soggetto umano. Lo stesso soggetto umano è colui che pensa astrattamente, che sente
e che si muove nello spazio”.
26
“La soluzione che Descartes ritiene di poter indicare è quella dell’azione degli spiriti
(particelle sottili di materia, veicoli di movimento dei nervi) che attraverso la ghiandola
pineale farebbero risentire all’anima i moti corporali stimolando in essa le sensazioni
corrispondenti, sensazioni che solo l’anima è capace di avere; e sempre attraverso
questa ghiandola l’anima metterebbe in movimento gli spiriti che producono i moti del
corpo”61.
La soluzione della ghiandola pineale, proposta da Cartesio, lascia comunque
aperto il problema della relazione tra mens e corpo, in quanto, il filosofo francese
confutò se stesso. Collocando la res cogitans nella ghiandola pineale, egli rigettò la
propria tesi secondo cui la collocazione nello spazio sarebbe una proprietà della res
extensa e non del pensiero.
Riassumendo il discorso sul dualismo cartesiano, possiamo dire che il filosofo
francese ritenne la mente una sostanza puramente pensante (res cogitans) e il corpo
una sostanza puramente materiale (res extensa), una mera estensione materiale
all’interno della quale la mente opera. Questa assunzione di partenza indusse Cartesio
ad una concezione meccanicistica del corpo, a tal punto che egli considerò gli animali
come delle pure e semplici macchine. Partendo dal cogito, Cartesio ha dimostrato la
certezza della propria esistenza in quanto attività mentale, ma non la certezza
dell’esistenza del proprio corpo. Di conseguenza, l’esistenza della mente risulta
indipendente dall’esistenza del corpo, e l’esistenza degli esseri viventi dipende
unicamente dal fatto che pensano, in quanto sono mens. Il corpo non è nient’altro che
una macchina, materia estesa (res extensa) che serve come veicolo e strumento della
mente: “L’aspetto problematico di questa argomentazione consiste nel fatto che non è
61
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,p. 182.
27
detto che, semplicemente per il fatto che non possiamo dubitare del fatto che stiamo
pensando mentre possiamo dubitare di avere un corpo, ciò significa che possiamo
esistere indipendentemente dal nostro corpo. Cartesio sembra sostenere che,
semplicemente per il fatto che possiamo dubitare di qualcosa, questo qualcosa abbia
uno statuto d’esistenza inferiore a ciò di cui non possiamo dubitare. Cartesio sembra
commettere l’errore di usare il dubbio come una qualche forma di verifica definitiva
non solo della verità, bensì anche della falsità di una tesi”62.
Cartesio, tuttavia, non si preoccupò granché di difendere la propria tesi
dualista, che fu del resto ben presto rifiutata da altri grandi filosofi, anche da quanti si
definirono, in seguito, cartesiani o razionalisti.
62
http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/autori/cartesio-scheda.htm.
28
CONCLUSIONE
Volendo ripercorrere, a grandi linee, lo sviluppo del presente lavoro, possiamo
schematizzarlo come segue:
-
Paragrafo introduttivo sul periodo storico in cui si è inserita l’opera cartesiana,
al fine di una maggiore comprensione della filosofia e del pensiero del nostro
autore, il quale non può e non deve essere estrapolato dal secolo in cui visse.
-
Sezione dedicata alla vita, alle opere e al pensiero di Cartesio, al fine di
introdurre la metafisica cartesiana nei suoi aspetti principali.
-
Ricostruzione della struttura generale delle Meditazioni Metafisiche, che ha
permesso di porre l’attenzione sul dubbio metodico e sulla rivelazione
cartesiana del cogito (tematica ampliata nella sezione successiva dedicata alla II
Meditazione).
-
L’ultimo capitolo ha esposto il dualismo cartesiano, dualismo che contrappone
la mens e il corpo in maniera netta e decisa, considerando la res extensa in
funzione esclusivamente meccanicista. In questa parte sono stati messi in
evidenza i limiti del dualismo cartesiano, che nega l’essere umano quale spirito
incarnato, rifiuta la conoscenza sensitiva e riduce il la sostanza estesa, cioè i
corpi, unicamente macchine sofisticate.
Al contrario di Cartesio, è d’obbligo affermare, con le parole di Gutberlet, che
“il corpo umano è una dimensione inseparabile da un unico soggetto umano. Lo stesso
soggetto umano è colui che pensa astrattamente, che sente e che si muove nello
spazio”63.
63
GUTELBERT A., L. C., Microcosmo,… Op. Cit., p. 19.
29
INDICE
Introduzione ………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Il Seicento ………………………………………...………………………………………………………………………………………………..
pag.
"
1
1
Cartesio: la vita e le opere ………………………………………………………………………………………………………………….
"
5
Le meditazioni metafisiche: struttura generale dell'opera ………………………………………….
"
13
II meditazione metafisica …………………………………………………………………………………………………………………..
"
21
Il dualismo Cartesiano …………………….......……………………………………………………………………………………………..
"
26
Conclusione …..............................…………………………….…………………………………………………………………………………..
"
29
Bibliografia ………………………………….................................………………………………………………………………………………..
"
31
30
BIBLIOGRAFIA
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia della filosofia, Laterza, Roma-Bari 1981, Volume II.
CAPRA C. –CHITTOLINI G – DELLA PERUTA F., Storia Moderna, Le Monnier, Firenze 1995,
Volume 2.
DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, La Nuova Italia, Firenze 1994, Volume 2.
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche, a cura di LANDUCCI S., Laterza, Roma- Bari 2001.
GUTELBERT A., L. C., Microcosmo ed Enigma, APRA, Roma 2001.
ROMEO G., Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della Controriforma, Santoni, Firenze 1990.
http://biografieonline.it
http://digilander.libero.it/fabioutili/cartes.html
http://www.lumsa.it/LUMSA/Portals/docenti/Sorondo/59641716256181526712356589963
557-cartesio2.pdf
http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/autori/cartesio-scheda.htm
31
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