Appunti Lezione 1 - Pdf

annuncio pubblicitario
Lezione I
Le interpretazioni idealistiche di Rosmini
Parole chiave: G. Gentile, A. Del Noce, U. Spirito, Idealismo.
Parlare di Rosmini nel Novecento italiano significa confrontarsi con diverse e importanti esperienze
del pensiero filosofico, in particolare con gli idealismi che si affermano tra fine Ottocento e inizio
Novecento. Tutti i grandi idealisti italiani, dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima metà del
Novecento, si devono confrontare con il pensiero rosminiano: gli idealisti di tradizione hegeliana,
da B. Spaventa a D. Jaja, da G. Gentile a U. Spirito, ma anche quelli estranei al neohegelismo o ad
esso avversi, come P. Carabellese (ontologismo critico), B. Varisco (idealismo trascendente) e P.
Martinetti (idealismo monistico). Non solo: non si può dimenticare che proprio a partire dalla seconda metà degli anni trenta del Novecento avviene l’incontro del pensiero cattolico con Rosmini,
nell’opera e nella infaticabile attività di organizzatore culturale di M. F. Sciacca. Con quest’ultimo
si ha una riappropriazione del rosminianesimo al pensiero cattolico e un ritorno alle intenzioni e al
senso originali dell’opera del Roveretano.
Noi abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione su due grandi interpretazioni novecentesche di Rosmini, quella di G. Gentile e quella di A. Del Noce. Perché? Il pensiero gentiliano si
colloca nella seconda fase degli studi rosminiani (la definizione delle quattro fasi della storiografia
rosminiana è del Prof. M. Krienke), quella dominata dalle interpretazioni neoidealistiche, la filosofia delnociana, invece, nella terza, caratterizzata dalla riscoperta cattolica di Rosmini nella seconda
metà del Novecento. Tra queste due interpretazioni vi è un’opposizione radicale, nel senso che la
prima, quella gentiliana, costituisce l’espressione più alta della trascendentalizzazione del pensiero
rosminiano, della sua trasvalutazione in senso idealistico (kantiano e hegeliano, insieme), la seconda, quella delnociana, invece, segna un recupero della dimensione metafisica e ontologica del rosminianesimo, della sua potente riabilitazione post-idealistica della dimensione dell’oggettività e
della intenzionalità ontologica del pensiero. Questa opposizione costituisce un vero e proprio conflitto sull’eredità speculativa di Rosmini, decisivo non solo per l’interpretazione del pensiero rosminiano, ma anche per la definizione del senso della filosofia, della cultura e della storia contemporanee. Infatti, il conflitto sull’eredità speculativa di Rosmini è anche un conflitto sull’idea di Risorgimento, inteso sia da Gentile che da Del Noce come categoria filosofico-politica e non solo come
momento storico determinato, e sull’interpretazione della storia contemporanea come storia filosofica, cioè come storia mossa e guidata da una causalità ideale, cioè dal farsi storia di concezioni filosofiche.
1
Non a caso le due opere che aprono e chiudono la vicenda interpretativa che stiamo delineando, da Gentile a Del Noce, rimandano, fin dal loro titolo, al problema della storia. Il libro, nel
quale Gentile delinea la sua lettura delle filosofie di Rosmini e di Gioberti, è la tesi di laurea, scritta
nel 1897, sotto la guida di D. Jaja, e pubblicata l’anno successivo. Esso si intitola Rosmini e Gioberti, ma dalla seconda edizione, che Gentile stesso approntò nel 1943, senza riuscire, però, a mandarla
in tipografia, a causa della morte, ha anche un importante sottotitolo: Saggio storico sulla filosofia
italiana del Risorgimento. L’ultima opera di Del Noce, pubblicata postuma nel 1990 (Del Noce morì il 30 dicembre del 1989), è dedicata a Giovanni Gentile e intitolata Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea. Si tratta di un volume quasi completamente
approntato da Del Noce prima di morire, il cui nucleo speculativo è contenuto nei saggi dedicati a
Gentile negli anni 1964-69. Questa osservazione ci consente di sottolineare un secondo importante
aspetto delle interpretazioni gentiliana e delnociana di Rosmini: la loro circolarità. Il Del Noce interprete di Rosmini è anche il Del Noce fine e profondo interprete di Gentile. Di più: nel pensiero
delnociano l’interpretazione di Rosmini e quella del pensiero gentiliano si intrecciano profondamente, in quanto, per Del Noce, l’attualità di Rosmini emerge proprio dallo scacco dell’attualismo e
dalla crisi della sua interpretazione del rosminianesimo e in generale della storia della filosofia ed
europea.
Come abbiamo detto tutti i grandi idealisti italiani, eccetto, potremmo dire, B. Croce, si confrontano con Rosmini. È ciò che sottolinea nella relazione di apertura del Congresso Internazionale
di Filosofia “Antonio Rosmini” (Stresa-Rovereto), organizzato da M. F. Sciacca nel 1955, U. Spirito, grande ed inquieto allievo di G. Gentile. La relazione si intitola Le interpretazioni idealistiche di
Rosmini. Scrive Spirito: «è certo che esso [il pensiero rosminiano] si muove nell’ambito di una problematica moderna, tra empirismo e criticismo, sia pure per prendere posizione nei suoi confronti,
aderendo e confutando. Il giudizio degli idealisti potrà perciò essere errato, ma non nel senso più
grave di attribuire a Rosmini interessi e problemi che non sono i suoi» (U. Spirito, Le interpretazioni idealistiche di Rosmini, in Atti del Congresso Internazionale di Filosofia Antonio Rosmini, Stresa-Rovereto 20-26 luglio 1955, 2 voll., a cura di M. F. Sciacca, Sansoni, Firenze 1957, vol. I, pp. 45). E ancora: «Tutto Rosmini è calato nel pensiero moderno […] Tutto Rosmini è tra Locke e Kant»
(p. 5).
Come Rosmini ha inciso nel pensiero successivo? Qual è l’ambito della sua Wirkungsgeschichte? Esso non è certo, secondo Spirito, nella storia del pensiero e della filosofia cattolici, che
non hanno risentito del suo influsso e dei suoi problemi, così mancando un’occasione preziosa per
confrontarsi con la modernità. Rosmini, per Spirito, appartiene alla storia dell’idealismo. In un certo
senso, Spirito ha ragione, almeno per ciò che riguarda il periodo che arriva fino alla metà del Nove2
cento. La stessa storia interpretativa che passa attraverso l’opera di Sciacca e di Del Noce è storia di
un incontro nuovo per il pensiero cattolico: l’incontro con Rosmini. Questo vuol dire che effettivamente il pensiero del Roveretano era restato estraneo alla tradizione ufficiale cattolica.
Nonostante la sua influenza sui grandi protagonisti della storia risorgimentale (Manzoni,
Gioberti, Mamiani, Tommaseo), nonostante il formarsi di una scuola rosminiana, «Rosmini e i rosminiani sono rimasti affatto isolati e la storia della filosofia cattolica ha proceduto per la sua strada
senza prendere atto dei problemi posti dal roveretano» (Spirito, p. 6). L’unico filosofo cattolico che
ha sentito l’influenza di Rosmini è stato Gioberti, il cui cattolicesimo era però eterodosso. Scrive
Spirito: «la storia del pensiero cattolico fa a meno di Rosmini e Gioberti» (Spirito, p. 7). Questo vale per il neotomismo della seconda metà dell’Ottocento, vale per il modernismo, per la neoscolastica (dove faranno eccezione, ma Spirito non poteva prevederlo, I. Mancini e R. Nebuloni, ma non
certo Maritain o Gilson, che non danno rilievo alla storia della filosofia italiana), e anche per
l’esistenzialismo cattolico. Finanche il positivismo e l’idealismo, sottolinea Spirito, hanno inciso sul
pensiero cattolico più di Rosmini, di cui si torna a parlare nell’ambito dello spiritualismo cristiano
con Sciacca, che, però, fu spinto a studiare Rosmini da G. Gentile, quindi nell’ambito degli studi attualistici, per la preparazione, nel 1935, di due volumi di estratti dalle opere morali rosminiane
nell’ambito della “Collana di Letture Filosofiche” della Sansoni. Perciò, Spirito può scrivere che
l’interpretazione idealistica di Rosmini è stata «promossa dai cattolici», che ne hanno respinto il
pensiero intendendolo come idealismo, fenomenismo o addirittura ontologismo, prima di essere degli idealisti.
La grandezza speculativa del Roveretano sta nel contributo che egli ha dato «alla formazione
e allo sviluppo dell’idealismo italiano» (Spirito, p. 9). Spirito dimostra questa tesi ripercorrendo alcune tappe fondamentali della ricostruzione idealistica della filosofia italiana del Risorgimento, partendo proprio dall’interpretazione del suo Maestro, Giovanni Gentile. Per Gentile, la pubblicazione
del Nuovo Saggio di Rosmini segna l’inizio del risorgimento filosofico italiano, pur essendo preceduto da un’altra opera importante per il riavvicinamento della filosofia italiana a quella europea,
cioè il Saggio filosofico sulla critica della conoscenza del filosofo calabrese Pasquale Galluppi, il
cui primo volume viene pubblicato nel 1819 (l’ultimo, il sesto, esce nel 1832). Tra Galluppi e Rosmini ha luogo anche uno scambio epistolare, tra il 1827 e il 1830, a cui proprio Gentile dà rilievo.
La comune esigenza, che unisce Galluppi e Rosmini, è quella di «riallacciare con piena consapevolezza il proprio pensiero a quello dei filosofi precedenti, in una visione storica che ne motivasse il
sorgere e lo svilupparsi» (Spirito, p. 9). Le Lettere filosofiche di Galluppi (I ed. 1827, II ed. 1838,
con una quattordicesima lettera in cui si discute, tra l’altro, il pensiero rosminiano) e il Nuovo Saggio di Rosmini sono le prime opere italiane in cui ci si confronta con la storia della filosofia, con il
3
pensiero moderno e contemporaneo e «in cui Kant entra nel vivo del discorso della filosofia italiana» (Spirito, p. 9). Rosmini e Galluppi sono convinti entrambi di combattere il kantismo, inteso
come soggettivismo e scetticismo, «ma il criticismo, intanto, è divenuto il problema comune e la ragion d’essere del loro filosofare» (Spirito, p. 10). Nel Nuovo Saggio, secondo Spirito, il problema
kantiano è dominante, perché lo è il problema gnoseologico, per quanto diretto, secondo le intenzioni di Rosmini, a porre le basi di una nuova metafisica. Per il Roveretano, «pensare è giudicare»,
cioè è sintesi apriori. Facendo, così, proprio il principio fondamentale del kantismo, Rosmini sarebbe il Kant italiano. Più precisamente, Rosmini sarebbe «contro kant, ma per rifare Kant e andare oltre» (Spirito, p. 10).
Per Spirito, come per tutti gli idealisti italiani di tradizione neohegeliana, con Galluppi Rosmini e Gioberti «l’idealismo tedesco fa il suo ingresso nel nostro paese» (Spirito, p. 10). Chi raccoglie l’eredità di questi grandi pensatori del nostro Risorgimento? Per primo, il Maestro ideale di
Giovanni Gentile, l’hegeliano Bertrando Spaventa, che in un primo momento sottovaluta i pensatori
italiani dell’Ottocento, considerandoli di gran lunga lontani dal livello speculativo raggiunto dal
pensiero europeo con la filosofia classica tedesca, da Kant a Hegel, poi sente la necessità di ancorare il proprio idealismo, al di là delle fonti tedesche, nella tradizione italiana dal Rinascimento alla
filosofia risorgimentale. Spirito definisce Spaventa «filosofo in quanto storico», perché egli mira a
raggiungere una visione della storia, e in particolare della storia della filosofia, che faccia «tutt’uno
con la sua concezione speculativa» (Spirito, p. 11). Nasce così la tesi spaventiana della circolazione
europea della filosofia italiana, che il filosofo napoletano espone nella Prolusione al Corso di Storia
della Filosofia “Carattere e sviluppo della filosofia italiana dal sec. XVI fino al nostro tempo” (Università di Bologna, 10 maggio 1860) e in Prolusione e introduzione alle lezioni di filosofia nella
Università di Napoli, 23 novembre - 23 dicembre 1861, pubblicato a Napoli nel 1862 e poi ripubblicato da Gentile con il titolo La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea. La
tesi fondamentale di Spaventa è che, dopo aver dato al mondo le prime grandi intuizioni della filosofia moderna, cioè la scoperta dell’autocoscienza e della spontaneità, attività e autonomia dello
spirito e del pensiero con T. Campanella e dell’infinità di Dio, inteso come realtà e natura, con G.
Bruno, precursori italiani di Cartesio e Spinoza, il pensiero italiano, schiacciato dal peso della Controriforma, si sarebbe inabissato e ridotto al silenzio. Solo con Vico, che anticipa Kant e la sua rivoluzione copernicana, individuando nella storia e nelle idee umane il vero tema della filosofia e nel
concetto di sviluppo il suo centro, il pensiero italiano riemergerebbe, per poi tornare, dopo un’altra
parentesi di sterilità, al livello della filosofia europea solo con Galluppi con Rosmini e, soprattutto,
con Gioberti, risvegliato alla sua originalità speculativa dall’impatto fecondo con il trascendentalismo kantiano e con la filosofia tedesca.
4
Questa tesi spaventiana viene fatta propria, rielaborata e approfondita da Gentile, allievo a
Pisa di un altro grande idealista e studioso di Rosmini, Donato Jaja, autore di un prezioso volume
sulla Teosofia, Studio critico sulle categorie e forme dell’essere di A. Rosmini, pubblicato a Bologna nel 1878.
Spirito non manca, nella sua relazione su Le interpretazioni idealistiche di Rosmini, di ricordare i contribuiti decisivi degli idealisti italiani non hegeliani all’interpretazione di Rosmini e
l’importanza della riflessione su Rosmini di un altro singolare e originalissimo allievo di Gentile,
Gaetano Chiavacci, sottolineando, ancora, come «l’esigenza cristiana del Rosmini sia riconosciuta e
fatta propria da correnti di pensiero che vivono fuori della storia del pensiero cattolico ortodosso»
(Spirito, p. 17).
La relazione di Spirito si chiude con una riflessione di grande acutezza e onestà intellettuale
sul senso e l’attualità contemporanei (siamo, lo ricordiamo, nel 1955) di Rosmini. Per Spirito, come, poi vedremo, anche per Del Noce, l’attualità di Rosmini è legata alla crisi dell’attualismo, prodotta dal venire meno, nella seconda metà del Novecento, della «fede nella possibilità di una concezione immanentistica assoluta» (Spirito, p. 18). La riduzione della realtà all’io non sembra più accettabile e «l’esigenza di una realtà trascendente mette capo alla coscienza di un mistero verso cui si
volge l’ulteriore ricerca» (p. 19). Riemerge, intorno alla metà del secolo scorso, il senso problematico della vita e del pensiero e l’attenzione si «volge ai filosofi di più complessa e aperta problematica» (Spirito, p. 19). Tra questi ultimi, per Spirito, c’è il Rosmini. Rinasce perciò l’interesse per la
sua opera e per alcune sue dottrine, come quella del sentimento fondamentale e quella dell’idea
dell’essere, con le sue valenze logico-gnoseologiche, ma anche ontologico-metafisiche.
5
Scarica