Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di Economia Corso di laurea in Economia delle istituzioni e dei mercati finanziari Tesi in Ragioneria “La valutazione delle Internet Company” Il Relatore Il laureando Chiar.mo Prof. Angela Magistro Firma Cristina D’Amicis firma Anno accademico 2000/01 Indice Introduzione…………………………………………………….. VI-XII Parte I: I metodi di valutazione delle imprese “tradizionali” Cap 1: La determinazione del valore delle imprese 1.1 Valutazione d’impresa: nascita e sviluppo………………… 2 1.2 Perchè si valuta un’azienda?…………………………….... 3 1.3 Valore comune, valore speciale e stima ufficiale………….. 5 1.4 Caratteristiche essenziali per le stime analitiche…………… 7 1.5 Valore stock e valore flusso……………………………….. 8 1.6 Approccio alla valutazione………………………………… 10 1.6.1 Analisi storica………………………………………….. 11 1.6.2 Analisi ambientale…………………………….……….. 12 1.6.3 Analisi dei concorrenti…………………………………. 13 Cap 2: Principali metodi di valutazione aziendale 2.1 Metodi di valutazione diretti ed indiretti…………………… 14 2.2 Metodi indiretti basati sui flussi: reddituali e finanziari…… 16 2.3 Metodi reddituali…………………………………………… 17 2.3.1 Il reddito da attualizzare……………………………. 19 2.3.2 Il periodo di attualizzazione………………………… 22 II 2.3.3 La scelta del tasso di attualizzazione……………….. 23 2.3.4 Limiti del metodo reddituale……………………….. 27 2.4 Metodi finanziari…………………………………………… 27 2.4.1 Unlevered Discounted Cash Flow………………….. 31 2.4.2 Limiti del metodo finanziario………………………. 33 2.5 Metodi indiretti basati su grandezze stock: patrimoniali…... 34 2.5.1 Metodo patrimoniale semplice………………………. 36 2.5.2 Metodo patrimoniale complesso…………………….. 41 2.5.3 Limiti teorici e pratici dei metodi patrimoniali……… 43 2.6 Metodi indiretti basati su flusso-stock: misti………………. 44 2.6.1 Limiti dei metodi misti……………………………… 47 2.7 Metodi diretti……………………………………………….. 48 2.8 Come scegliere tra le varie metodologie…………………… 54 Parte II: La valutazione delle Internet Company Cap 3: Internet e la New Economy 3.1 La storia di Internet………………………………………. 58 3.2 Sviluppo di Internet in Italia e all’estero…………………. 60 3.3 Il futuro di Internet……………………………………….. 62 3.4 Internet come strumento di business……………………… 65 3.4.1 La legge dei rendimenti crescenti……………………. 67 3.5 I segmenti della New Economy…………………………… 69 3.5.1 Tecnologia Internet…………………………………… 70 3.5.2 Internet Service Provider (ISP) ……………………… III 72 3.5.3 I portali ………………………………………………. 74 3.5.4 E-Commerce…………………………………………. 77 3.5.5 Sviluppo del commercio elettronico in Italia……….... 82 3.5.6 Vantaggi del commercio elettronico…………………. 83 3.5.7 Ostacoli alla diffusione dell’e-commerce……………. 86 3.6 Gli innovatori di sistema………………………………….. 87 3.7 Classificazione delle aziende nella web economy………... 88 3.8 Conclusioni………………………………………………... 90 Cap 4. La valutazione delle Internet Company 4.1 Come valutare una Internet Company: introduzione………. 95 4.2 Il metodo dei multipli di mercato………………………….. 99 4.2.1 Rapporto Cap/Sales (C/S)……………………………. 102 4.2.2 Rapporto Cap/Customer.…………………………….. 103 4.2.3 Rapporto cap/User e Cap/Stickiness………………… 106 4.2.4 Rapporto Spese di marketing/Clienti………………… 108 4.2.5 Multipli particolari per imprese che gestiscono pagine web…………………………………………………… 109 4.3 Metodi analitici: il Discounted Cash Flow………………… 116 4.3.1 Il processo di formazione dei flussi di cassa………… 119 4.4 Il metodo delle opzioni…………………………………….. 122 4.5 Le quotazioni “pazze” dei titoli Internet…………………… 126 4.6 Conclusioni………………………………………………… 135 Conclusioni…………………………………………………………… 139 IV Bibliografia…………………………………………………………… 142 Indice delle Tabelle………………………………………………….. 153 V Introduzione Il mondo sta attraversando una fase di cambiamento che può essere paragonata all’avvento della macchina a vapore che circa due secoli fa’ diede impulso alla rivoluzione industriale. Il cambiamento epocale cui stiamo assistendo ha inizio con la nascita di Internet. Questo nuovo mezzo di comunicazione è rappresentato da un insieme di reti fra di loro collegate che individuano una rete di comunicazione mondiale capace, grazie alla sua pervasività ed estensione, di mettere in comunicazione persone lontane. La grande rete abbatte le barriere di spazio e di tempo perchè diventa possibile comunicare nello stesso tempo e allo stesso costo indipendentemente dalla distanza esistente tra fonte e ricevente. Internet è inoltre una riserva informativa globale, la più grande biblioteca del mondo. La caratteristica di essere una rete non proprietaria e la liberalizzazione dell’uso di Internet ha permesso la sua espansione a velocità elevatissime. Difficile è oggi dire se l’impatto di Internet e della rete sarà superiore a quello di altre grandi innovazioni che si sono manifestate durante i secoli nel campo della comunicazione, dall’invenzione della stampa sino a quella della televisione. L’unica cosa certa è che non si tratta di una moda passeggera ma è una realtà che anno dopo anno sta trovando una propria identità adattandosi nello sviluppo e nell’uso della tecnologia a ciò che la gente e le aziende vogliono fare di essa. E’ opinione condivisa da molti che tutte le attività economiche e sociali saranno profondamente influenzate dalla grande rete che coinvolgerà in successione tutti i continenti del paese. La progressiva espansione delle reti di informazione in Internet ha favorito lo sviluppo del commercio elettronico ossia della vendita per via VI telematica di beni e servizi. Il commercio elettronico rappresenta un fenomeno in rapida e costante diffusione destinato a produrre evoluzioni tecniche e organizzative nell’impresa. Il mondo dei microprocessori sta rivoluzionando le imprese proprio come la macchina a vapore ha decretato la nascita della moderna industria. In Internet l’azienda si trova dinanzi ad un potenziale enorme di utenti e ha la possibilità di penetrare in mercati lontani ad un costo molto contenuto, irrisorio se paragonato ai normali costi per la comunicazione. Ogni azienda, anche di piccole dimensioni, se dotata di capacità, creatività e intuito potrà scoprire nuovi mercati e nuovi rapporti con i clienti. E’ quindi possibile accedere, a basso costo, ad un ambiente di comunicazione universale. Internet consente l’avvio di una new age della qualità e del valore, implica una nuova filosofia produttiva e distributiva che è legata al potere incondizionato del cliente. L’utente non svolge più un ruolo passivo di cliente, ma assume una funzione nuova e dinamica nella società. Per la prima volta i clienti hanno la possibilità di interagire con le imprese, trasmettendo a queste ultime tutte quelle informazioni che le possono servire per accrescere il gradimento dei clienti versi i prodotti. Si aumenta così di molto la probabilità che i clienti siano soddisfatti del risultato finale poichè hanno in parte collaborato nella creazione del prodotto. La forte diffusione delle reti telematiche e la crescita esponenziale dell’e-commerce richiedono però un tempestivo adeguamento delle imprese ai nuovi scenari tecnologici. Le nuove tecnologie di trasmissione e condivisione dell’informazione aprono la strada a nuovi modelli di business che necessitano di essere compresi e soprattutto valutati. Infatti, mentre l’economia è cambiata modificando profondamente le imprese, i principi contabili sono rimasti in larga parte quelli storici. Il tema che abbiamo VII deciso di trattare, per la sua originalità e per la curiosità che è in grado di destare, è appunto quello della valutazione delle imprese Internet. Per determinare il capitale economico di una società i tradizionali metodi di valutazione utilizzano grandezze quali gli utili, il patrimonio netto e i flussi di cassa, che nella Nuova Economia spesso non sono presenti. E’ allora logico chiedersi come imprese che hanno appena avviato la propria attività, che hanno un grande potenziale di sviluppo, ma che non sono ancora in grado di produrre utili, possano essere valutate. Le Internet Company sono, infatti, società che nella maggior parte dei casi chiudono i bilanci in perdita, e non generano ancora flussi di cassa. Per tale ragione i metodi di valutazione reddituali e finanziari, largamente utilizzati nella valutazione delle imprese “tradizionali”, risultano inapplicabili alla valutazione delle aziende.com. Inoltre le imprese Internet sono società che vantano patrimoni irrisori poichè gli asset tradizionali rappresentano solo una piccola parte del loro reale valore che è invece maggiormente rappresentato dai beni intangibili. Le misure contabili tradizionali, ed in particolar modo il metodo patrimoniale, escludono dai bilanci annuali gli asset intangibili e risultano perciò inidonee a rappresentare la performance realizzata dall’impresa che opera sul web. Anche i metodi diretti, secondo i quali il prezzo delle azioni rappresenta il valore della società emittente, non possono essere presi in considerazione poichè lo sbilanciamento esistente tra domanda e offerta di titoli Internet determina una sopravvalutazione delle imprese. Si tratta di titoli dotati di ampia volatilità a causa del ristretto numero di società quotate e dell’appartenenza a settori innovativi a grande crescita. La variazione delle probabilità con cui una impresa possa risultare “winner”, ed accaparrarsi la grande fetta di mercato, o “loser” comportano giornalmente delle variazioni di prezzo a volte ingenti. VIII La nuova realtà impone, dunque, un adeguamento delle analisi e degli strumenti valutativi che devono essere maggiormente orientati ai nuovi modelli di business che stanno emergendo. Bisogna però, prima di tutto, tenere ben presente che le Internet Company, poiché operanti in un mercato altamente competitivo, saranno sottoposte ad un duro processo di selezione nel corso dei prossimi anni. Molte di esse non riusciranno a sopravvivere, altre saranno oggetto di fusioni o acquisizioni, altre ancora consolideranno il loro potere. L’individuazione di metodi per la valutazione delle imprese Internet ci sarà utile anche per capire quali imprese riusciranno a sopravvivere a questo fenomeno di selezione naturale. E’ opinione diffusa che tale processo porterà, nel corso del tempo, alla convergenza delle imprese della New Economy con quelle della Old Economy. In tal caso i metodi di valutazione tradizionali, ed in particolar modo quelli dei flussi di cassa, potranno essere utilizzati anche nella valutazione delle imprese che operano sul web. I metodi individuati nella prassi per la valutazione delle imprese Internet sono tre: i multipli di mercato, i flussi di cassa e le opzioni reali. Si tratta di metodi che non possono essere applicati ad ogni tipo di impresa Internet ma che si adattano solo a società che operano in determinati segmenti di mercato o ad imprese dotate di determinate caratteristiche. Ogni società avrà un metodo di valutazione preferito agli altri secondo l’attività che svolge e da quanto tempo la svolge. Naturalmente sarà preferibile utilizzare anche gli altri metodi di valutazione, in modo da poterli confrontare con quello favorito. La tesi propone un percorso che parte dalla descrizione dei tradizionali metodi di valutazione aziendale per passare poi ad illustrare le caratteristiche principali della Net Economy e terminare analizzando i più innovativi criteri di valutazione delle imprese Internet. Il volume è stato IX diviso in due parti. Nella prima, composta di due capitoli, sono illustrati i principali metodi di valutazione aziendale “tradizionali” (così definiti per distinguerli da quelli delle Internet Company) e nella seconda parte, anche questa composta di due capitoli, ci si concentra sulle imprese Internet. Il Capitolo 1 illustra la nascita e lo sviluppo al livello mondiale della valutazione aziendale e le ragioni che rendono necessaria la determinazione del capitale economico di una società. Viene poi posto l’accento sulla necessità di un’analisi di tipo qualitativo all’interno di una corretta valutazione aziendale. Nel Capitolo 2 vengono descritti tutti i principali metodi quantitativi di determinazione del capitale economico. Sono trattati in maniera approfondita sia i metodi diretti sia quelli indiretti di valutazione specificando per ognuno di essi i pregi ed i limiti. Inoltre viene fatta una panoramica mondiale sull’utilizzo di tali metodi nella prassi durante gli anni. Il Capitolo 3 è volto a presentare il nuovo scenario della Net Economy e delle imprese Internet. Dopo aver parlato della nascita, dello sviluppo e del futuro di Internet, viene approfondito il discorso della New Economy e dell’impatto di Internet e della nuova tecnologia digitale sull’economia reale. In particolare si analizzano i differenti segmenti di mercato in cui operano le aziende.com e per ognuno di essi vengono fatte analisi sulla possibilità o meno di espansione futura. Tale analisi viene fatta in dettaglio perché una buona comprensione della peculiarità di un segmento e di come la società si colloca all’interno di esso, è una delle chiavi per una corretta valutazione delle Internet Company. Per valutare le imprese Internet e farsi un’idea sul loro futuro potenziale di profitti si devono prima di tutto esaminare alcuni fondamentali aspetti dell’ambiente in cui l’impresa vive. Ecco perchè per ogni settore viene analizzata la concorrenza, le prospettive X di sviluppo del segmento di appartenenza dell’impresa e le barriere all’ingresso sul mercato, ossia l’insieme di ostacoli che costellano la via delle aziende quando vogliono inserirsi in un determinato settore commerciale. Sappiamo bene che una corretta analisi valutativa aziendale non può prescindere dall’analisi qualitativa del settore in cui opera la società e dall’individuazione dei punti di forza e di debolezza della stessa e dei concorrenti all’interno di questo segmento. L’analisi di mercato rappresenta, infatti, un elemento fondamentale su cui poggia l’affidabilità e la credibilità degli scenari previsionali necessari alla valutazione. Successivamente viene dato particolare risalto al commercio elettronico, poichè è l’espressione più ampia della New Economy, e alla sua suddivisione in Business to Business, Business to Consumer e Consumer to Consumer. Il Capitolo 4 è dedicato ai differenti metodi di valutazione delle imprese Internet alla luce dei limiti dei metodi tradizionali. Ricordiamo che non si è alla ricerca di nuovi principi e criteri di apprezzamento del valore, quanto piuttosto al perfezionamento dell’esistente per rispondere alle caratteristiche di volatilità delle aziende.com. Il primo metodo esposto è quello dei multipli di mercato perchè risulta il più utilizzato nella prassi. Tale metodo si basa sull’assunto generale che i prezzi di mercato rappresentano la migliore approssimazione del valore dell’impresa. Naturalmente non si tratta dei multipli “tradizionali” ma di una serie di indici speciali che possono essere usati anche da imprese che non conseguono ancora utili. I multipli di mercato sono frequentemente applicati poichè sono semplici da calcolare e permettono immediati confronti tra i titoli delle diverse imprese. Un paragrafo è dedicato in particolare ai multipli utilizzati nella valutazione delle imprese che gestiscono le pagine web. XI Successivamente viene analizzato il metodo del Discounted Cash Flow o meglio dei flussi di cassa. Tale metodo non può essere utilizzato nella valutazione di tutte le imprese Internet ma solo per determinare il valore di imprese mature che operano in determinati settori del mercato. Il Discounted Cash Flow assieme ai multipli di mercato risultano i metodi di valutazione più utilizzati nella prassi. Viene inoltre illustrato il procedimento di formazione dei flussi di cassa per una impresa tradizionale e per una Internet Company evidenziando come essi seguano percorsi differenti. Il terzo metodo indicato nel capitolo è quello delle opzioni reali. Si tratta di una teoria della finanza moderna che è emersa di recente. Le opzioni reali e i titoli internet godono, a causa della loro estrema volatilità, di una somiglianza empirica che consente di utilizzare tale metodo anche nella valutazione delle imprese Internet. Inoltre è un metodo che tiene in ampia considerazione i beni intangibili di cui l’azienda.com è per la maggior parte costituita. In seguito si cerca di capire perchè le quotazioni dei titoli Internet hanno inizialmente assunto valori astronomici per poi subire ampi ridimensionamenti. Si tratta di una bolla speculativa o di analisi povere? Sono stati costruiti dei grafici che mostrano l’andamento borsistico di alcuni titoli Internet quotati al Nuovo Mercato, da cui si evince la sopravvalutazione di cui sono stati oggetto tali azioni. Il capitolo si conclude con l’indicazione di una serie di step logici che è necessario seguire nella valutazione di una impresa internet. Nelle Conclusioni riportiamo infine i risultati di questa nostra ricerca. XII PARTE PRIMA I METODI DI VALUTAZIONE DELLE AZIENDE “TRADIZIONALI” 1 CAPITOLO 1 LA DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLE IMPRESE 1.1 Valutazione d’impresa: nascita e sviluppo La misurazione del valore di un’azienda è un problema che esiste dalla nascita dell’impresa capitalistica, ma che acquista particolare importanza solo dagli anni ’80 quando diventa necessario non solo ai fini delle operazioni di finanza straordinaria, ma anche come orientamento nella gestione delle aziende. Il fenomeno si accentua nei primi anni ’90, in seguito ai processi di privatizzazione di attività produttive svolte dagli Stati e da altri Enti pubblici allo scopo di ridurre i deficit e per incrementare l’efficienza delle aziende. Queste grandi trasformazioni centrate sul passaggio dal pubblico al privato, hanno richiesto un massiccio intervento di esperti per assistere gli enti pubblici nelle varie fasi in cui si articola il processo di privatizzazione ed in particolare nella fase di valutazione delle imprese coinvolte nelle ristrutturazioni. Tra i problemi posti dalle privatizzazioni il più rilevante è certamente la scelta del prezzo, per la trattativa o per il lancio di un’offerta pubblica e, quindi l’individuazione di un valore che costituisca la base di tale scelta. In Europa invece, l’attenzione al tema cresce a partire dagli anni ’80 principalmente per il 2 diffondersi dei processi di acquisizione/fusione di imprese ed in generale per le crescenti negoziazioni di capitale, sia di controllo sia di semplice partecipazione 1. Ad incrementare il numero di operazioni di gestione straordinaria è soprattutto la crisi manifestatasi in alcuni settori industriali che spinge le aziende a effettuare azioni di integrazione tra società al fine di conseguire economie di scala e per beneficiare di sinergie. Una spinta alla diffusione del tema è dovuta anche alla scarsa fiducia riposta nella pura misura contabile utilizzata per valutare la performance delle società. 1.2 Perché si valuta una azienda? Varie possono essere le ragioni che spingono a valutare il capitale economico di un’impresa, però le teorie ed i metodi applicati per la misurazione del valore appaiono oggi specialmente rilevanti in tre ambiti 2: - L’ambito delle garanzie societarie, con particolare riferimento alla tutela dei soci specie nelle cosiddette operazioni di finanza straordinaria. - L’ambito delle strategie di sviluppo, d’integrazione e di ristrutturazione, messe in atto principalmente mediante i processi di acquisizione/fusione, di ristrutturazione, di concentrazione, di cessione di società e di aree d’affari e di quotazione dei titoli ai pubblici mercati. - L’ambito delle stime di performance delle imprese, necessarie agli imprenditori e ai manager per la definizione dell’orientamento 1 Luigi Guatri, La valutazione delle aziende: Teoria e pratica dei Paesi avanzati a confronto, EGEA, Milano, 1990, Cap. 1. 2 La classificazione di seguito riportata trae spunto dal volume di Luigi Guatri sull’argomento intitolato Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, EGEA, 1998 p. 21 e ss. 3 strategico-gestionale e utili per giudicare l’efficacia del comportamento dei manager. La misurazione del valore risulta essenziale nelle operazioni di finanza straordinaria, ossia in tutte le operazioni che necessitano, per un fine prevalentemente di garanzia, della determinazione del valore di un’azienda. La valutazione si rende necessaria o almeno opportuna poiché tali operazioni regolano rapporti tra i soci attuali, o tra soci attuali e potenziali e danno garanzie formali sull’esistenza di un certo valore di capitale sia ai soci, sia ai mercati finanziari. Varie sono le situazioni in cui si richiedono ad esperti indipendenti, giudizi sul valore della società, in forme più o meno vincolanti e più o meno formalizzate: fusioni, scissioni, trasformazioni, aumenti di capitale, scorpori, scelta del prezzo iniziale di quotazione, fissazione dei prezzi-base per le offerte pubbliche, cessioni all’interno dello stesso gruppo, ecc. L’estimatore deve effettuare un calcolo di convenienza economica determinando lo specifico valore limite, il valore di decisione, per offrire una guida alle operazioni di gestione straordinaria. In quasi tutti i Paesi la pratica delle valutazioni aziendali nasce storicamente da queste funzioni di garanzia. Il secondo ambito è principalmente caratterizzato da operazioni di acquisizioni e fusioni di imprese. Sono operazioni che negli anni’80 e ’90 entrano a far parte delle strategie aziendali. L’attenzione ai problemi valutativi è principalmente dovuta al timore delle società di essere sottovalutate dal mercato, di subire scalate, oppure dalla crescente attenzione dedicata al rischio di acquisizioni a prezzi eccessivi. Bisogna però anche tener conto della necessità di verificare periodicamente la convenienza a mantenere aree d’affari o società controllate che producono 4 scarso rilievo e la necessità di calcolare il prezzo massimo attribuibile all’impresa da acquistare. Il terzo ambito della misura del valore è legato alla mancanza di fiducia nelle misure puramente contabili dei risultati di periodo per la stima della performance effettivamente realizzata dalle imprese. Le ragioni di tale discredito possono essere ritrovate nella giurisprudenza che condiziona pesantemente i risultati di bilancio, ma anche nel fatto che i risultati sono inevitabilmente orientati al passato, trascurano cioè l’aspetto di continuità tipico dell’impresa in funzionamento. 1.3 Valore comune, valore speciale e stima ufficiale Nella dottrina aziendalistica italiana con il termine capitale economico si indica il valore del capitale d’impresa. Il capitale economico è un valore determinato sulla base della capacità di reddito della gestione e della consistenza patrimoniale del complesso aziendale oggetto di valutazione 3. Il valore globale di un’azienda sarà dunque composto dal valore dei beni materiali ed immateriali della società, indicato sinteticamente con il termine di patrimonio, e dalla sua capacità reddituale, cioè dalla sua attitudine a produrre reddito. “La capacità di generare un reddito, dell’insieme dei beni e diritti, costituisce dunque una condizione sine qua non per la formazione di ogni valore patrimoniale” 4. Il capitale d’impresa è però una quantità astratta, che assume connotazione diversa secondo l’obiettivo che si intende perseguire e del procedimento valutativo che viene utilizzato per la stima. Il valore di stima 3 G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, Giuffrè, Milano, 1957, tomo II, p. 474. Vedi anche P. Onida, Le dimensioni del capitale di impresa, Giuffrè, Milano, 1951, p. 161. 4 Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, Pg.. 37-39. 5 può, dunque, assumere connotazione diversa secondo l’ottica valutativa utilizzata dall’esperto chiamato ad esprimere la valutazione. L’esperto può esprimere un valore comune dell’azienda, un valore speciale ed un valore ufficiale 5. Il primo, prescinde dalle motivazioni dello scambio e dalle convenienze specifiche delle parti contraenti. Tale valore è detto valore comune poiché riflette il punto di vista di un generico investitore, non identificabile in nessuno dei contraenti. Il secondo è invece un valore che riflette il punto di vista personale di una singola parte contraente. Può trattarsi ad esempio del valore di cessione o di acquisizione. Il terzo, infine, è una stima ufficiale dell'azienda, vincolante per le parti contraenti. Il codice civile impone la redazione di stime ufficiali per tutte le operazioni che vanno a modificare la composizione del capitale sociale o la sua misura, come fusioni e scissioni. E’ prevista dal codice la nomina di un esperto da parte del tribunale, che attesti in una perizia la congruità dei valori sottostanti all’operazione, essenzialmente per cautelare coloro che potrebbero venire in qualche modo danneggiati nei propri interessi (soci di minoranza, clienti, fornitori ed altri soggetti interessati all’operazione). Dunque “non esistono valori assoluti, poichè non sono le cose che ci impongono il loro valore, ma è l’uomo che attribuisce ad esse determinati valori” 6. Con ciò’ si vuol dire che occorre sempre avere ben presente la ragione della valutazione, lo scopo per il quale essa viene richiesta ed effettuata, poichè questi motivi incidono fortemente sul risultato della stima. Poichè molteplici possono essere le finalità della stima, ne consegue che diverse sono le configurazioni del capitale d’azienda. Possiamo ricordarne alcune tra le principali 7: 5 Sul tema cfr. par. 1.4 del volume di Osvaldo Paganelli, Valutazione delle aziende. Principi e procedimenti, Torino, UTET, 1990. 6 Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, p.36. 7 Cfr. Gianfranco Zanda, Casi ed applicazioni di valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1996, 2. 6 - capitale di costituzione, riferito al momento della nascita dell’azienda; - capitale di stralcio, stimato ai fini della liquidazione dell’attività imprenditoriale; - capitale di funzionamento, volto a misurare il capitale d’azienda in funzionamento; - capitale di trasferimento, stimato ai fini del trasferimento dell’attività. 1.4 Caratteristiche essenziali per le stime analitiche La stima del capitale economico non si fonda su dati obiettivi ma comporta il ricorso a stime, ipotesi e congetture; è naturale che tali elementi di soggettività debbano essere esaminati alla luce di fondamentali requisiti. Tutti i metodi che andremo ad illustrare presentano dunque quale comune denominatore quattro requisiti 8 che sono fondamentali per un’attendibile metodologia di stima del capitale economico: - La razionalità: il valore deve essere ottenuto mediante l’applicazione di uno schema logico, chiaro e condivisibile. Il metodo deve essere valido concettualmente e dotato di consistenza teorica; - L’obiettività e dimostrabilità: i valori presi a riferimento per la valutazione devono essere il più possibile oggettivi e devono avere un accettabile grado d’attendibilità; 8 Luigi Guatri, La valutazione elle aziende. Teoria e pratica dei paesi avanzati a confronto, Milano, 1994, p.12. 7 - La generalità: i metodi utilizzati devono poter essere applicati in qualsiasi circostanza, devono prescindere dalle esigenze delle parti e dalla forza contrattuale delle stesse. - La stabilità: i metodi devono rifuggire dagli aspetti di provvisorietà e d’instabilità. La stima del capitale deve guardare con molta cautela a situazioni contingenti che possono per brevi periodi esaltare o deprimere il valore delle aziende. Esiste però un principio base, indicato dall’U.E.C. (Union Europpènne des Experts Comptables Economiques et Financiares) su cui va fondata la valutazione dell’azienda: la “relatività” 9 del valore aziendale, ossia l’individuazione di un valore differente a seconda delle diverse occasioni o finalità valutative. Poichè nessuna metodologia di stima del capitale economico è in grado di soddisfare contemporaneamente e pienamente i suddetti requisiti, bisognerà volta per volta essere coscienti dei limiti e dei vantaggi insiti nelle metodologie applicate. 1.5Valore stock e valore flusso Prima di passare ad esporre in dettaglio i principali metodi di valutazione bisogna fare una fondamentale distinzione tra due espressioni del "valore": il valore come fondo o stock ed il valore come flusso 10 . Con la prima locuzione s’intende una misura del valore alla quale si perviene analizzando gli stock, cioè gli elementi o aggregati d’elementi del capitale 9 Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, p. 4. Cfr. Giovanni Gasperoni, Valutazione d’azienda: i principali metodi, Studio Tomasin Commercialisti, www.studiotomasin.it 10 8 di funzionamento dell’impresa, considerati in un determinato istante temporale. Trattasi quindi di un concetto di valore statico perché legato al patrimonio dell’azienda, il quale non è altro che il frutto dei risultati conseguiti nel passato. Il flusso rappresenta invece la variazione intervenuta in un determinato periodo di tempo negli stock che costituiscono il capitale dell’impresa, pertanto se si considera il valore in quest’accezione, si porrà l’attenzione sulla capacità dell’azienda di produrre, nel breve-medio termine, determinati flussi di cassa oppure di reddito, a seconda che il metodo di valutazione utilizzato sia, come vedremo, di tipo finanziario o reddituale. Nel panorama dottrinale e professionale odierno si propongono due fondamentali espressioni del “valore-flusso”: il valore del capitale economico; il valore potenziale del capitale. La prima definizione esprime un concetto che è stato a lungo l’asse portante delle perizie di stima e, in generale, delle costruzioni teoriche nella tradizione professionale europea, cioè la prevalenza, se non l’esclusività del valore espresso in termini di capitale economico. Il capitale economico, esprime dichiaratamente una valutazione, razionale, dimostrabile, generale e stabile con ciò avvicinandosi molto alle caratteristiche che debbono contraddistinguere un’efficace e significativa valutazione del capitale. Risulta dunque un’importante formula valutativa, ma non la sola utile e significativa. Esso è semplicemente il solo che sa meglio combinare e ottimizzare le caratteristiche giudicate positive ai fini della stima. L’idea di valore potenziale di capitale trova origine nell’osservazione che due imprese, pur simili per i risultati che conseguono, per le prospettive reddituali a breve termine e per i rischi che sopportano, possono peraltro presentare capacità e prospettive a lungo termine molto diverse e quindi avere un differente valore potenziale. La debolezza di tale concetto di valore risiede nel fatto di 9 essere legato appunto ad attese di flussi a medio e lungo termine svincolati sostanzialmente da rapporti coi risultati del passato. In tal modo si accede ad una determinazione incerta del valore, essendo quest’ultimo connesso ai diversi scenari che possono essere assunti per rappresentarne le attese: l’obiettività citata nel § 1.4 è pertanto disattesa da scelte che sono per loro natura necessariamente soggettive. Giova a questo punto sottolineare un’ulteriore categoria del concetto di valore che prescinde da entrambi i concetti di valore-flusso e di valorestock, ma che non per questo assume valenza residuale: il valore secondo "i prezzi probabili". Tale definizione di valore non dà luogo a valutazioni analitiche, bensì a prezzi ragionevolmente raggiungibili o negoziabili alla vendita o all’acquisto, dedotti da osservazioni di mercato, con riferimento appunto ad esperienze omogenee e paragonabili. Trattasi di un’idea di valore che ha assunto nel tempo uno spessore sempre maggiore, in quanto i metodi di stima ad essa relativi - spesso indicati come "metodi dei moltiplicatori" 11 - sono sovente utilizzati come criteri di controllo delle valutazioni analitiche. 1.6 Approccio alla valutazione La valutazione delle aziende non è mai un’applicazione meccanica di criteri e di formule. Per comporre una valutazione credibile bisogna disporre, oltre che di una serie di strumenti concettuali e d'informazioni, della capacità di “capire" l’azienda e di saperla inquadrare nel sistema in cui opera. In futuro il giudizio di valutazione sarà sempre più integrato nella conoscenza della gestione, dell’efficacia con cui essa viene condotta e dei miglioramenti 11 Vedi § 2.7. 10 realizzabili in termini di crescita. E’ del pari evidente l’importanza di conoscere e prevedere il quadro macroeconomico del Paese o dei Paesi in cui l’impresa vive oltre che le caratteristiche del settore cui appartiene. Infatti, in alcuni Paesi, le condizioni generali influenzano il valore più degli stessi comportamenti delle imprese, che ne sono del resto pesantemente condizionati. Un corretto approccio alla valutazione deve dunque prevedere 12 : - analisi storica; - analisi ambientale; - analisi dei concorrenti. 1.6.1 Analisi storica Il primo passo verso la valutazione d’azienda è costituito dall’analisi dei dati storici registrati dall’impresa. I risultati raggiunti dall’impresa nel passato sono descritti nel bilancio, che costituisce il primo e basilare elemento conoscitivo della realtà aziendale. Tuttavia, i dati in esso contenuti sono spesso troppo sintetici ed aggregati e vanno analizzati con l’aiuto di altre fonti informative, quali la contabilità industriale, il budget e i piani di investimento. Obiettivo dell’analisi è di individuare informazioni dettagliate e rilevanti ai fini della valutazione. Preliminare all’analisi vera e propria è la riclassificazione del bilancio, al fine di disporre di dati omogenei, e quindi confrontabili. L’analisi dei dati temporali va condotta in un ampio arco temporale (di solito tra i 5 e i 10 anni) per meglio comprendere fenomeni quali la ciclicità del settore, la risposta dell’impresa 12 Cfr. M. Cattaneo, M. Sala, Valutare l’azienda, IPSOA Editore, 1997 p 17-24. 11 a mutamenti ambientali e il grado di variabilità dei margini operativi. Con l’analisi storica si valutano le prestazioni dell’impresa nel corso della sua storia, si identificano i fattori di rischio, i punti di forza e di debolezza nella gestione operativa e finanziaria, si formulano ragionevoli previsioni sull’evoluzione dei risultati economici e finanziari aziendali. 1.6.2 Analisi ambientale Il processo di valutazione aziendale richiede una preliminare definizione e un’attenta analisi del contesto ambientale nel quale opera l’impresa. Infatti, l’analisi di mercato rappresenta un elemento fondamentale su cui poggia l’affidabilità e la credibilità degli scenari previsionali necessari alla valutazione. Per formulare previsioni circa il comportamento dell’impresa occorre prima effettuare un’indagine generale dell’habitat entro il quale essa agisce e si evolve 13 . Si tratta di analizzare fattori sociali e culturali, come i caratteri demografici, di scolarizzazione, di sensibilità ecologica nei confronti dell’ambiente, ed elementi di carattere politico-istituzionale relativi alla nazione di origine dell’impresa. Non possono essere ignorati dall’analisi aziendale gli elementi di carattere monetario, bancario e finanziario che concorrono a definire l’habitat naturale dell’impresa. Né vanno trascurati gli elementi di carattere giuridico e fiscale. Si tratta di variabili ambientali espressive dello scenario mondiale le quali hanno assunto un peso progressivamente crescente in relazione all’ormai consolidato processo di globalizzazione dei mercati. Successivamente si passa a valutare le caratteristiche e le prospettive del settore di riferimento, nonché la posizione strategica dell’impresa 13 Bettina Campedelli, Analisi aziendale: strumenti concettuali, metodologici e di valutazione dell’impresa, Giappichelli, Torino, 1998, p. 63-66. 12 all’interno dello stesso. Il settore di appartenenza influenza notevolmente l’operato dell’impresa attraverso una serie di opportunità e di vincoli specifici, come la presenza di un concorrente di rilevanti dimensioni, l’introduzione di prodotti sostitutivi o di nuova tecnologia, l’introduzione di nuove tariffe o norme restrittive che possono seriamente compromettere lo sviluppo dell’impresa. Di seguito sono indicati alcuni aspetti del settore che vanno necessariamente analizzati: - trend storico - vincoli normativi e legislativi; - grado di concentrazione - barriere all’entrata e all’uscita del settore. 1.6.3 Analisi dei concorrenti L’analisi dei concorrenti, basata sui bilanci e su altre fonti informative, permette di formulare utili giudizi. Si scoprono analogie e differenze tra le combinazioni produttive dell’impresa e dei concorrenti, punti di forza e di debolezza dell'azienda, strategie e comportamenti passati dei concorrenti e previsioni delle loro possibili mosse strategiche future. Naturalmente vanno scelte imprese concorrenti che presentino caratteristiche omogenee e comparabili in termini di prodotti, mercati e, per quanto possibile, tecnologie e processi produttivi. A questo punto è possibile valutare la posizione strategica dell’impresa nel settore. Solo ora si hanno a disposizione le informazioni necessarie per formulare gli scenari futuri dell’impresa in esame e valutare i rischi concorrenziali. 13 CAPITOLO 2 PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE AZIENDALE 2.1 Metodi di valutazione diretti ed indiretti La dottrina economico-aziendale e la pratica hanno messo a punto diversi procedimenti per la valutazione dell’azienda. Solitamente i criteri di valutazione delle aziende vengono distinti in diretti ed indiretti 14 . Si dicono diretti quei criteri che stimano il valore del capitale economico sulla base dei prezzi (o dei moltiplicatori) espressi dal mercato per l’azienda considerata o per aziende simili a quella oggetto di valutazione. La frequente impossibilità pratica di disporre di prezzi di mercato per valutare le aziende, unita alla scarsa significatività di tali prezzi quando disponibili, rende necessario percorrere altre vie per la determinazione del valore. Si qualificano invece con il termine indiretti quei metodi che derivano il valore del capitale economico da altre grandezze aziendali (flussi finanziari, reddito, consistenza del patrimonio, ecc..). Le metodologie indirette danno origine a tre classi di criteri di valutazione: 14 Francesco Lambertini, La valutazione dei gruppi di imprese, Pàtron Editore, Bologna 1995, pp. 73-77. 14 1) Metodi fondati sui flussi: reddituali, pongono in primo piano la presumibile redditività futura dell’azienda oggetto di valutazione; finanziari, attribuiscono primaria importanza ai flussi finanziari disponibili in futuro per l’investitore. 2) Metodi fondati su grandezze stock: patrimoniali, attribuiscono primaria importanza alla struttura analitica del patrimonio aziendale. 3) Metodi costruiti su grandezze flusso-stock: misti, risultano cioè’ da una combinazione degli elementi considerati nei metodi precedenti. Facendo un breve excursus storico possiamo affermare che dagli anni ’50 ad oggi si è rilevato, in ambito nazionale ed internazionale, un generale cambiamento nella scelta dei metodi di valutazione del capitale d’impresa. Si passa dall’impiego di metodologie basate su grandezze stock, all’utilizzo di criteri fondati su grandezze flusso, in particolar modo dei metodi finanziari. Al livello europeo la prassi nella valutazione d’azienda è stata fortemente influenzata dalla posizione assunta dall’U.E.C., Unione Europea degli Esperti Contabili Economici e Finanziari. Il primo interessamento dall’U.E.C alla questione della stima del capitale economico d’impresa avvenne nel 1955 quando venne istituita una Commissione con il compito di affrontare la problematica della valutazione d’azienda. Le metodologie raccomandate dalla Commissione nel primo scritto, pubblicato nel 1961, raccomandavano l’utilizzo dei criteri misti15 per la determinazione del valore d’impresa. Non vi furono ulteriori interventi della U.E.C. in forma organica come avvenne per il primo testo base. Solo nel dicembre dell’80 l’U.E.C. tornò ad occuparsi del problema nello scritto “Procedure to be 15 UEC, La valutazione delle aziende e delle parti d’azienda, ETAS KOMPASS, Milano, 1961, p. 32. 15 followed by Accountatnts in valuing an Undertaking as a Going Concern” con lo scopo di aggiornare la sua posizione e puntualizzare le metodologie. Dal testo risulta evidente che il metodo ritenuto maggiormente corretto per la determinazione del valore economico di un’impresa è il metodo finanziario fondato sull’attualizzazione dei flussi di cassa attesi 16 . Oggigiorno metodi diversi sono diffusi ed utilizzati in sistemi caratterizzati da tratti economico-giuridici differenti. E’ possibile affermare che nei paesi anglosassoni le valutazioni sono principalmente effettuate con metodi finanziari, mentre nel contesto europeo continentale ed in molti paesi asiatici, si sono imposte metodologie reddituali e patrimoniali. Una diversa struttura del mercato dei capitali giustifica la diffusione di prassi valutative differenti. Ci occuperemo prima dei metodi indiretti, maggiormente conosciuti e applicati, per poi accennare a quelli diretti. 2.2 Metodi indiretti basati sui flussi: reddituali e finanziari Con l’espressione metodi basati sui flussi s’intendono indicare due soluzioni valutative per il capitale d’impresa: quella reddituale e quella finanziaria. Sono gli unici metodi ritenuti razionali e universali, poiché guardano ai risultati futuri delle aziende e sono in grado di attualizzare tali risultati. La loro superiorità è dimostrata dalla loro ampia diffusione in tutti i Paesi e presso tutti gli esperti e dalla possibilità di essere utilizzati per tutti i fini e gli obiettivi attinenti alla valutazione del capitale d’impresa. Particolarmente interessati alla valutazione delle aziende tramite i metodi 16 U.E.C. Procedure to be followed by Accountatnts in valuing an Undertaking as a Going Concern, 1980, p. 3. 16 dei flussi sono: gli anglosassoni, orientati ai flussi finanziari; i tedeschi, orientati ai flussi reddituali; gli italiani che prediligono i metodi reddituali ma non escludono il metodo finanziario. 2.3 Metodi reddituali I metodi reddituali permettono di esprimere il valore di un’azienda in funzione dei redditi che essa è in grado di generare in futuro. In altri termini il metodo reddituale giunge a definire un valore odierno, che possa essere considerato equivalente ai flussi di reddito che l’impresa produrrà in futuro. Riformulando il concetto appena espresso in termini matematici, è possibile considerare il valore dell’azienda come una funzione di redditi attesi 17 : W = f (R) [1] dove: W = valore dell’azienda; R = reddito generabile dalla “normale” gestione. Questa relazione di tipo generale esige una serie di precisazioni in merito a: 1) Il tipo di funzione che lega W a R; 2) La definizione dei parametri della funzione scelta; 3) Il modo secondo il quale R deve essere definito e misurato. 17 Maurizio Dallocchio, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Milano, EGEA, 1995, pp. 666-670. Anche nel prosieguo del § 2.3.1 seguiremo il pensiero dell’Autore che si distingue per la sintesi e la chiarezza espositiva. 17 Quanto al primo punto, si tratta di una funzione di capitalizzazione o d’attualizzazione, nel senso che la grandezza W s’intende formata dalla serie dei valori attuali dei redditi futuri dell’impresa. Ovviamente la funzione presenterà apprezzabili differenze secondo se i redditi si presumano: - di durata indefinita; - di durata limitata nel tempo; Nel primo caso la funzione coinciderà con quella che la matematica finanziaria chiama rendita perpetua, cioè: R W= [2] i dove i è un tasso d’attualizzazione opportunamente prescelto. Nel secondo caso si limitano le osservazione a n anni, ritenendo troppo aleatorio proiettare i flussi di reddito per periodi più prolungati. Si assume così il valore attuale della rendita annua posticipata di futura a n anni: W = R an dove a n ¬i [3] ¬i rappresenta il fattore di attualizzazione dei redditi di ciascuno degli anni considerati, sempre al tasso i. Il ricorso alla rendita perpetua è molto frequente ed è la soluzione generalmente preferita ovunque, poiché l’azienda è un istituto economico destinato a durare nel tempo e perché l’attribuzione di una durata probabile 18 alla vita di un’azienda suscita spesso gravi difficoltà. Inoltre la differenza tra il valore attuale di una rendita limitata a n anni ed il valore della rendita perpetua diventa trascurabile oltre un certo numero d’anni. Una volta definite le funzioni utilizzabili, è ora necessario analizzare le singole componenti che concorrono a determinare il valore reddituale, ossia il reddito da attualizzare (R), il numero di anni per cui attualizzare il reddito (n), il tasso di attualizzazione (i). 2.3.1 Il reddito da attualizzare Il metodo reddituale è un metodo di valutazione sintetico, in quanto perviene al valore di un’azienda senza considerare analiticamente le sue componenti patrimoniali, bensì scegliendo il reddito quale unico indicatore di sintesi della composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio aziendale e della attitudine del patrimonio stesso a produrre risultati economici positivi 18 . Il valore di un’azienda calcolato con il metodo reddituale è funzione diretta dei suoi redditi. La determinazione di questo reddito futuro è un argomento complesso che tiene conto di diverse componenti 19, per ciascuna delle quali si pongono varie alternative: 1) La prima serie di alternative riguarda il fatto che questo reddito futuro sia inteso come: - la serie di redditi annuali, puntualmente attesi per un certo periodo di tempo; 18 Si veda P. Jovinetti, Valore dell’impresa, Pirola, Milano, 1990, p. 46. Per approfondimenti Luigi Guatri, La valutazione delle aziende. Teoria e pratica dei Paesi avanzati a confronto, Milano 1994, pp. 108 e ss. 19 19 - il valore emergente da una media aritmetica di tali redditi. La scelta è effettuata in funzione della regolarità dei redditi considerati e della maggiore o minore necessità di mediare eventuali oscillazioni rilevanti. In proposito dottrina e prassi concordano nell’assegnare alla seconda alternativa una maggiore affidabilità oltre a un’oggettiva, semplicità di applicazione. La misurazione puntuale dei redditi annui potrà essere realizzata solo in particolari circostanze, laddove sia presente un’elevata prevedibilità dei risultati d’esercizio. 2) La seconda serie di alternative riguarda le tecniche di previsione del reddito futuro. Quest’ultimo potrà essere calcolato 20: - con il metodo dei risultati storici, ossia supponendo il permanere dei risultati storicamente ottenuti in tempi recenti. Il reddito futuro viene definito in base ai risultati economici conseguiti negli anni passati; - con il metodo di proiezione dei risultati storici, proiettando i risultati storici nel futuro, in funzione dell’ipotizzabile comportamento di alcune variabili. La validità del metodo dipende dal grado di accuratezza e dalla fondatezza delle ipotesi su cui riposano le proiezioni; - con il metodo dei risultati programmati, cioè attualizzando i risultati economici espressi nei budget e nei piani aziendali per definiti periodi futuri; - con il metodo dell’innovazione, ossia definendo nuove condizioni di gestione futura, e valutandone le probabili conseguenze in termini di reddito. 20 A. G. Mauri, La valutazione delle aziende nelle operazioni di gestione straordinaria, ISDAF, Pavia, 1996, p. 136-140. 20 La scelta tra le diverse tecniche di previsione del reddito da prendere in considerazione per la valutazione, è funzione sia del sistema informativo aziendale, sia del permanere di condizioni di omogeneità e prevedibilità per tutto il periodo preso in considerazione. 3) La terza serie di alternative riguarda le possibili figure di reddito utilizzabili. Si tratta in sostanza di scegliere tra: - reddito contabile - reddito normalizzato, depurato da componenti straordinarie o non ricorrenti rispetto alla gestione ordinaria dell’azienda; - reddito prelevabile, cioè quella parte di reddito che può essere distribuita dai soci senza compromettere la capacità di prosecuzione e sviluppo dell’azienda. La seconda alternativa è normalmente privilegiata in sede applicativa. Il criterio del reddito normalizzato è infatti adatto a rappresentare fedelmente l’andamento economico dell’azienda da valutare poiché elimina l’influenza distorcente derivante da situazioni di carattere straordinario, e dunque non sistematicamente riferibili agli accadimenti di gestione. Il processo di “normalizzazione” del reddito si svolge generalmente eliminando proventi e costi straordinari, proventi e costi estranei alla gestione caratteristica, se non ricorrenti, e gli effetti derivanti dalle cosiddette “politiche di bilancio”. In sostanza sono cancellate dal reddito di esercizio quelle componenti di natura non ripetitiva, che non possono essere inquadrate nell’ambito di una normale gestione aziendale. Il reddito rettificato così ottenuto si presta perfettamente ad essere utilizzato nella formula della rendita perpetua, che presuppone il permanere indefinito del reddito da attualizzare. 21 2.3.2 Il periodo di attualizzazione La scelta del periodo di attualizzazione (n) che può andare da alcuni anni , 5 o 7, per arrivare all’infinito è spesso influenzata dai dati disponibili in relazione ai redditi da attualizzare. E’ in genere piuttosto difficoltoso poter disporre di dati attendibili quando le proiezioni inserite nei piani si spingono oltre un certo numero di anni. Questo soprattutto se si vogliono attualizzare i redditi dei singoli esercizi futuri. Va d’altra parte considerato il fatto che in condizioni di normale gestione, appare piuttosto arbitrario limitare ad un periodo predefinito il numero di anni in cui l’azienda sarà in grado di generare risultati economici. Ciò è particolarmente vero per quelle entità di non recente fondazione che operano in comparti in cui il rischio è ragionevolmente prevedibile e che non manifestano intense variazioni degli indici di redditività nel tempo. In questi casi in particolare, ma in generale in tutte le situazioni nelle quali è ragionevolmente prevedibile il permanere dell’attività nel tempo, coerentemente con i più comuni obiettivi della gestione d’impresa, tanto dottrina quanto la prassi valutativa privilegiano l’utilizzo della formula della rendita perpetua. Esistono tuttavia delle situazioni, quali ad esempio le fattispecie relative a piani di ristrutturazione, a possibili riorganizzazioni aziendali o a progetti di uscita da contingenze di segno negativo, per le quali è ragionevole pensare di calcolare puntualmente i redditi previsti per alcuni anni, e solo in un secondo momento (dopo 3-5 anni in prevalenza) passare ad una condizione normale adottando la formula della rendita perpetua. Naturalmente il valore derivante dall’applicazione della formula in questione andrà attualizzato al momento in cui accade la valutazione. 22 2.3.3 La scelta del tasso di attualizzazione Metodi reddituali e metodi finanziari hanno in comune il problema della scelta del tasso di attualizzazione, che intende riferire al momento attuale i valori dei flussi attesi nel corso di vita dell’impresa. Si sottolinea l’assoluta delicatezza di tale operazione, in quanto anche lievi variazioni di tale parametro possono portare a notevoli differenze nella determinazione del capitale economico. Nella pratica le espressioni tasso di capitalizzazione e tasso di attualizzazione sono spesso usate in modo intercambiabile, ma sono concetti e misure diverse. Chiameremo i tasso di capitalizzazione, inteso come divisore che applicato ad un numero espressivo di un flusso annuale atteso e perciò incerto determina l’equivalente certo, cioè il capitale economico W al momento della stima. Esiste un solo tasso di capitalizzazione i, poiché l’unica grandezza cui esso è applicabile è il reddito medio annuo atteso. Mentre con il simbolo i’ chiameremo il tasso di attualizzazione, ossia il tasso destinato a riportare al momento della stima una serie di flussi incerti f1, f2 …. fn che si prevedono ottenibili ai momenti t1, t2 …. tn, della quale il capitale economico W rappresenta l’equivalente certo al momento t0. Il tasso di capitalizzazione o di attualizzazione è notoriamente costituito da due componenti 21 : - il compenso per il decorrere del tempo (componente finanziaria); - il compenso del rischio (componente specifica). Questo principio si traduce nella seguente espressione concettuale: 21 Osvaldo Paganelli, Valutazione delle aziende. Principi e procedimenti, Torino, UTET, 1990, pp. 3641. Per approfondimenti sull’argomento Luigi Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, EGEA, 1998, pp. 76 e ss. 23 i=r+s [4] dove: r = tasso di attualizzazione “puro”; s = remunerazione per il rischio generale d’impresa. Il tasso puro di interesse r, è la remunerazione finanziaria di investimenti "senza rischio", legata al solo decorrere del tempo. E’ un tasso determinabile con buona attendibilità, infatti come termine di riferimento significativo si assume, nella pratica, il rendimento dei Titoli del debito pubblico. Questo tasso deve essere “reale” cioè va depurato dalla componente inflazionistica, se presente. Il tasso puro di interesse va poi maggiorato del premio per il rischio generale d’impresa (s), ossia il premio per il rischio legato all’investimento nell’azienda specifica. Questo rischio è rappresentato dall’eventualità di subire perdite di gestione che intacchino il capitale proprio. I fattori del rischio sono molteplici, ma quelli più significativi sono: - fattori generali: riguardanti la situazione politico-sociale del Paese dove l’azienda opera, la congiuntura economica, l’inflazione in atto, ecc.; - fattori settoriali: ossia la struttura del settore produttivo di appartenenza, la condotta di mercato dei concorrenti, condizioni varie di instabilità del settore, ecc.; - fattori aziendali: la variabilità dei risultati operativi dell’azienda da valutare, la solidità patrimoniale, il livello e la composizione dell’indebitamento, la situazione di liquidità, ecc.; - fattori speciali: stati giuridici particolari dell’azienda, regime vincolistico dei prezzi, ecc. 24 La maggiorazione da applicare al tasso puro di interesse va dunque commisurata all’intensità del rischio generale d’impresa gravante sul capitale proprio. Il discorso più complesso della scelta del tasso attiene alla quantificazione di s, che nonostante vari tentativi non trova ancora soluzioni pienamente soddisfacenti. Per quantificare il rischio sono stati seguiti vari approcci di tipo sintetico-soggettivi ed analitico-quantitativi. La valutazione soggettiva è desunta da un apprezzamento complessivo del rischio generale d’impresa basato sulla cultura, sull’intuito e sull’esperienza del valutatore. La valutazione analitico-quantitativa consiste invece nell’individuazione delle principali componenti del rischio generale d’impresa, nella loro misurazione per zone di variabilità e quindi nella sintesi di tali misurazioni attribuendo ad esse appropriati pesi. Tra questi ultimi approcci menzioniamo quello classico del Capital Asset Pricing Model (CAPM) 22. Il modello del CAPM approfondisce le relazioni fra rendimento e rischio negli investimenti evidenziando il fatto che gli investitori richiedono rendimenti crescenti all’aumentare del rischio dell’investimento. In dettaglio il rischio connesso all’investimento di un’impresa può essere scomposto in due tipi di rischio: il rischio specifico e il rischio sistematico. Il rischio specifico è connesso allo svolgimento dell’attività di una determinata impresa e quindi ai suoi risultati competitivi, mentre il rischio sistematico si collega a fenomeni di carattere macro-economico e in particolare alla congiuntura economica generale. Secondo questa teoria il tasso di attualizzazione deriva da: i = r + β (rm – r) 22 [5] Cfr. Poli. A. Il costo del capitale. Teoria della finanza e mercati finanziari, ETAS Libri, 1997, pp. 67 e ss., A. G. Mauri, La valutazione delle aziende nelle operazioni di gestione straordinaria, ISDAF, Pavia, 1996, 152-156. 25 dove: β = volatilità del rendimento del titolo della azienda da valutare; rm = rendimento di un portafoglio rappresentativo del mercato; (rm – r) = premio per il rischio di mercato. La componente di rischio s è dedotta direttamente dal mercato e risulta composta dalla maggiorazione per il rischio azionario (rm – r) moltiplicata per il beta (β) di ogni specifica società. Il valore ottimale di β sarebbe quello prospettico ma numerosi studi ed analisi hanno attestato la validità dell’utilizzo di dati storici come stima attendibile dei valori futuri. In proposito sono disponibili in tutti i mercati i cosiddetti “Beta book”, pubblicazioni che riportano per tutte le società quotate i beta rilevanti e le loro variazioni. Nel caso di società non quotate si prendono in considerazione i β del settore di appartenenza dell’azienda, rettificato in funzione della società. In luogo del CAPM sono a volte consigliati procedimenti alternativi, pure a base quantitativa, quale l’Arbitrage Pricing Model (APM) 23. L’approccio sintetico-soggettivo, anche se indimostrabile e influenzato da chi compone la valutazione, risulta il più adottato nella pratica europea. E’ la soluzione più diffusa anche se priva di ogni supporto oggettivo. Ciò si deve al fatto che i metodi analitico-quantitativi esigono una massa di dati di riferimento che in alcuni paesi non esistono, dall’eccessivo impegno da impiegare rispetto ai risultati modesti (difficoltà di calcolo) e dal credito insufficiente sulla esattezza di tali teorie. Si ricorda anche che in questo 23 Per approfondimenti cfr. A. Damodaran, Manuale di valutazione finanziaria, McGraw-Hill, Milano, 1996, p. 38-40. 26 approccio la scelta, la quantificazione e la ponderazione dei componenti di rischio si basano su ipotesi arbitrarie. 2.3.4 Limiti del metodo reddituale Il metodo reddituale si fa apprezzare per la fondatezza dei criteri generali assunti a base della valutazione. I maggiori limiti di questo metodo risiedono nelle incertezze e difficoltà presenti nelle successive fasi di elaborazione, come la stima del reddito normalizzato, espressione di durevole redditività del capitale proprio e la scelta del tasso di capitalizzazione. Nelle pagine precedenti sono emerse le incertezze e le difficoltà di determinazione di questi parametri e la frequente necessità di ricorrere a soluzioni empiriche, utili ma sempre discutibili. Inoltre il metodo reddituale è applicabile solo ad aziende funzionanti e in grado di conseguire risultati economici tendenzialmente positivi, essendo il suo utilizzo privo di significato in presenza di ripetute perdite di esercizio passate, presenti e future. In questi casi sarà meglio optare per metodi patrimoniali o per metodi misti patrimoniali-reddituali. 2.4 Metodi finanziari Il metodo finanziario, molto diffuso nei paesi anglosassoni ma poco in Europa continentale, porta ad esprimere il valore del capitale economico di un’impresa in funzione del valore attuale dei flussi di cassa che un’azienda è in grado di rendere disponibili. Questo metodo di valutazione ha trovato in Italia un’applicazione ancor più limitata di quanto non sia avvenuto nel 27 contesto europeo, a causa della aleatorietà e soggettività insite nella stima dei flussi di cassa riferiti a periodi temporali prolungati. Solo di recente, sia la dottrina che la prassi, sembrano inclini a riconoscere una validità a tale criterio. L’impresa è considerata pari ad un investimento, il cui valore è dato dai flussi di cassa attesi della gestione operativa, attualizzati al tasso di rendimento offerto da investimenti alternativi omogenei e quindi confrontabili. Tale valore non risulta completamente oggettivo poiché il tasso di attualizzazione scelto per attualizzare i flussi di cassa futuri viene scelto dal soggetto che effettua la valutazione e quindi assume un carattere soggettivo. In tale ambito risulta particolarmente indicato il criterio del Valore Attuale Netto (VAN) 24 , criterio base per la valutazione degli investimenti. La relazione matematica utilizzata per calcolare il valore del capitale economico dell’azienda con questo metodo finanziario è: n W=Σ Ft __________ [6] t=1 (1 + r)t dove: W = valore dell’investimento; Ft = flussi finanziari di ciascuno degli n anni considerati nelle proiezioni; r = tasso di attualizzazione. All’interno di questa logica si possono riscontrare due approcci che implicano scelte metodologiche diverse 25: 24 Tale criterio è anche conosciuto con le seguenti denominazioni: REA (Risultato economico attualizzato); EVA (Eccedenza di valore netto attualizzato); NPV (Net present value). 25 A. Damodaran, Damodaran on valuation, J. Wiley & Sons, New York, 1994, p. 10 e ss. 28 - la valutazione del capitale d’azienda (equity valuation); - la valutazione dell’investimento complessivo aziendale (firm valuation). Il primo approccio si fonda sull’attualizzazione dei flussi di cassa al netto di oneri finanziari, imposte e altri oneri, i quali vengono scontati ad un tasso di attualizzazione che è pari al costo del capitale proprio. Il flusso di cassa netto complessivo può essere determinato sommando all’utile netto dell’esercizio gli ammortamenti e sottraendo quella parte di risorse finanziarie che vengono impiegate in investimenti in capitale circolante netto e capitale fisso (Vedi Tabella 2.1). Il secondo metodo prevede invece l’attualizzazione di flussi di cassa operativi (lordi di oneri finanziari o unlevered) i quali vengono attualizzati al costo medio ponderato del capitale. In questo caso si tiene conto degli effetti della gestione finanziaria esclusivamente nella determinazione del tasso di attualizzazione e non nei flussi di cassa. ( Vedi Tabella 2.2). 29 Tabella 2.1 Determinazione del flusso di cassa netto complessivo. Fatturato - Costi operativi = Reddito operativo - Oneri finanziari = Utile ante imposte - Imposte pagate = Utile netto + Ammortamenti = Flusso di capitale circolante ± Impieghi di capitale circolante ± Investimenti fissi ± Accensione/Rimborso debiti = Flusso di cassa netto complessivo Tabella 2.2 Determinazione del flusso di cassa al lordo di oneri finanziari. Fatturato - Costi operativi = Reddito operativo - Imposte (sul reddito operativo) = Reddito operativo netto di imposte + Ammortamenti = Flusso di capitale circolante ± Impieghi di capitale circolante ± Investimenti fissi = Flusso di cassa lordo di oneri finanziari 30 In entrambi i metodi la stima dei flussi di cassa avviene su base annuale per un certo periodo di anni (da 5 a 10). Al valore determinato sulla base dell’attualizzazione dei flussi annuali viene poi sommato un secondo addendo che rappresenta il valore finale dell’azienda Vn al termine del periodo di valutazione dei flussi anno per anno, il quale a sua volta deve essere attualizzato. Il valore dell’azienda è dunque determinato dalla seguente formula: n W=Σ Ft __________ t=1 (1 + r)t Vn + _____________ [7] (1 + r)t Il valore finale, Vn, assume spesso un peso molto significativo nella determinazione di W, soprattutto quando l’indisponibilità di informazioni attendibili per periodo molto lunghi (nei paesi anglosassoni non sono rare valutazioni dei flussi per periodi anche superiori a 10 anni) impone di avvicinare la realizzazione alla data della valutazione. La prassi indica diverse alternative per calcolare il valore residuo, tra cui: il valore di liquidazione dell’attivo, al netto dei debiti residui; il valore corrispondente all’attualizzazione illimitata del reddito operativo netto o del flusso finanziario prospettico medio; l’impiego di moltiplicatori empirici, come il Price/ earning, che moltiplicati per il reddito operativo netto ci forniscono tale valore. 2.4.1 Unlevered Discounted Cash Flow Nell’ambito dei metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa al lordo degli oneri finanziari si colloca quello dell’Unlevered Discounted 31 Cash Flow 26. Il metodo prevede che i flussi di cassa Ft siano calcolati al netto degli oneri finanziari e di qualsiasi componente estraneo alla gestione caratteristica. La tabella 2.3 riporta sinteticamente il calcolo che consente di pervenire al così detto Unlevered Discounted Cash Flow (UCF): Tabella 2.3 Determinazione del flusso di cassa annuo. Fatturato - Costo del venduto = EBIT (utile prima degli interessi e delle imposte) + Ammortamenti su beni materiali ed immateriali = EBITDA (utile prima degli interessi, delle imposte e degli ammortamenti) - Imposte pagate + Accantonamenti ± D Capitale circolante operativo ± D Capitale fisso operativo = Unlevered Cash Flow (flusso monetario netto della gestione caratteristica) I flussi UCF rappresentano gli importi annui resi disponibili dalla sola attività operativa dell’azienda. Chiameremo VAL la sommatoria attualizzata dei flussi di cassa. Per determinare il valore della società sarà necessario detrarre da VAL l’ammontare del valore attuale dei debiti finanziari (DEB) e risommare le attività accessorie e non operative (ACC). Il valore emergente dall’applicazione del metodo finanziario, secondo l’approccio dell’Unlevered Discounted Cash Flow, risulterà dunque pari a: 26 Vedi A. Rappaport, La strategia del valore, F. Angeli, Milano 1989, p. 64 e ss. 32 W = VAL – DEB + ACC [8] Esistono anche altri criteri che possono costituire valide alternative al metodo presentato 27. 2.4.2 Limiti del metodo finanziario La critica più decisa ai metodi finanziari riguarda la scelta del valore da attualizzare: si chiede perché sia necessario attualizzare i flussi di cassa e non, per esempio, il reddito di esercizio come nei metodi reddituali. Il metodo finanziario DCFA si fonda sull’assunzione che il reddito d’esercizio non determina utilità per l’azionista fino a quando non si traduce in cassa, ossia in liquidità disponibile per l’azionista stesso. Se un’azienda ottiene redditi economici elevati nello stesso momento in cui si verificano elevati fabbisogni finanziari per sostenere le spese d’investimento, l’impresa potrà trovarsi nella situazione di generare reddito ma non di cassa. In questa situazione, la valutazione col metodo finanziario porterà a risultati meno favorevoli rispetto a quella effettuata con il metodo reddituale. Un secondo genere di critiche riguardano la difficoltà di effettuare previsioni per periodi lunghi e la forte influenza esercitata da componenti soggettive e arbitrarie, specie nella determinare proiezioni e tasso di sconto. Infatti la definizione quantitativa di molti elementi che entrano nel calcolo dei flussi monetari è caratterizzata da elevati gradi di astrazione. Il DCFA rappresenta però la “metodologia più valida dal punto di vista teorico ed 27 Per approfondimenti si veda T. Copeland, T. Koller, J. Murrin, Valuation: measuring and managing the value of companies, Second edition, John Wiley and Sons, 1994. 33 esauriente dal punto di vista pratico, [...] in grado di riflettere gli sviluppi futuri della società invece di focalizzarsi sui dati storici” 28. Infine un’ultima considerazione. Con l’utilizzo del metodo finanziario, l’attenzione dell’analista si sposta dal conto economico e dallo stato patrimoniale sul terzo dei tre fondamentali prospetti di bilancio, il rendiconto finanziario. Sarà quindi fondamentale la corretta costruzione del rendiconto finanziario, sia al livello prospettico sia storico, cosa che spesso non avviene poiché viene costruito per aggregazione di dati economici e per differenze di saldi patrimoniali, compresi i dati non finanziari, mentre dovrebbe evidenziare solo i reali movimenti di voci finanziarie, quelli che danno luogo ad accadimenti di natura monetaria. 2.5 Metodi indiretti basati su grandezze stock: Patrimoniali Trattando dei metodi di valutazione patrimoniale occorre effettuare una considerazione preliminare in merito alla diffusione che tali metodologie hanno sempre avuto tra gli operatori del nostro paese. Le motivazioni alla base del successo di queste metodologie in Italia sono sostanzialmente di natura storica 29. La preponderanza del sistema bancario rispetto al mercato azionario, come fonte di finanziamento delle società, è probabilmente la principale ragione della fortuna incontrata dai metodi patrimoniali. L’assenza di un mercato azionario sviluppato ha indirizzato le società verso le banche per la ricerca di fonti di finanziamento. L’ottica in cui viene valutata un’azienda da parte di una banca è totalmente diversa da quella utilizzata da un investitore azionario. L’istituto di credito ha come primo 28 Riportiamo il pensiero di Antonio Isola, Valutare l’azienda, IPSOA Editore, 1997, p.110. Luigi Guatri, La valutazione delle aziende. Teoria e pratica dei Paesi avanzati a confronto, Egea, Milano 1994, Cap.1. 34 29 obiettivo il recupero dei finanziamenti erogati e la riscossione periodica degli interessi maturati. Per ottenere ciò è necessario che la società abbia una struttura patrimoniale in grado, in ipotesi di liquidazione, di far fronte ai propri impegni verso i creditori. Nel corso degli anni la centralità del sistema bancario italiano ha fatto sì che la pratica valutativa da esso privilegiata, imperniata sull’applicazione dei metodi patrimoniali, venisse accolta dagli operatori. Laddove i mercati azionari hanno, invece, rappresentato una credibile alternativa all’indebitamento bancario (principalmente nei paesi anglosassoni), la pratica valutativa si è orientata maggiormente verso metodologie basate su concetti che rispecchiano l’ottica dell’investitore azionario. Per un azionista il valore della società dipende dalla ricchezza che essa sapra’ produrre nel futuro, espressa in flussi di cassa o di reddito. I metodi patrimoniali sono ancora tra i più adottai anche se, sempre più spesso, sono affiancati da metodi di valutazione che prendono in considerazione gli aspetti economicofinanziari prospettici della società. I metodi patrimoniali di valutazione sono quei metodi che giungono al calcolo del valore economico del capitale di un’azienda attraverso la determinazione del valore corrente delle singole componenti patrimoniali. Le stime di carattere patrimoniale sottintendono l’ipotesi della possibilità di disaggregazione e di riaggregazione del patrimonio aziendale. Infatti ciascun componente patrimoniale viene valutato come se dovesse costituire oggetto di separato trasferimento rispetto al resto dell’impresa. Così facendo si ignora il vincolo di destinazione dei vari elementi di patrimonio, che sono legati tra loro da intense interrelazioni e che costituiscono un insieme complesso organizzato e, non si considera la ricchezza in termini di flussi di risultato che tale complesso è in grado di produrre. A seconda 35 delle tipologie di beni patrimoniali che vengono inclusi nella stima, i metodi patrimoniali di valutazione possono essere distinti in: - metodo patrimoniale semplice, che comprende nell’attivo solo i beni materiali; - metodo patrimoniale complesso, analitici od empirici, che invece includono nella stima anche i beni immateriali. Per i motivi illustrati in precedenza, il metodo patrimoniale molto raramente si presta ad essere assunto come criterio valutativo esclusivo o comunque principale, anche se tra i metodi di valutazione delle aziende è quello dotato di maggiore oggettività, in quanto legato a condizioni e fatti effettivi ed attuali e non a previsioni che possono risultare più o meno fondate. 2.5.1 Metodo patrimoniale semplice Il criterio patrimoniale semplice esamina l’azienda come un insieme di attività e di passività, di cui il patrimonio netto costituisce, sul piano contabile, la somma algebrica. Il valore dell’azienda è rappresentato dunque dal suo patrimonio netto rettificato ossia dalla differenza tra le attività e le passività dello stato patrimoniale e dalle rettifiche apportate al valore dei singoli elementi patrimoniali. Tali rettifiche che derivano dalla differenza tra il valore di stima dei singoli elementi patrimoniali e il valore iscritto in bilancio, possono essere incrementative oppure sottrattive. Le prime si verificano quando il valore di stima risulta maggiore rispetto al valore di del bilancio e danno origine a plusvalenze; le rettifiche sottrattive 36 si hanno quando il valore di stima è inferiore a quello contabile e fanno sorgere minusvalenze. Ogniqualvolta il valore di stima coincide con il valore inscritto in bilancio non si deve apportare alcuna rettifica al capitale netto contabile. In formule 30: W = K’ [9] dove: W = capitale economico dell’azienda; K’ = patrimonio netto rettificato. La determinazione del patrimonio netto rettificato consta di quattro fasi 31: 1) la revisione contabile degli elementi attivi e passivi di bilancio; 2) la determinazione del capitale netto contabile; 3) la riespressione a valori correnti degli elementi attivi e passivi di patrimonio con l’evidenziazione di plusvalenze o minusvalenze; 4) il calcolo del capitale netto rettificato, ossia del valore d’impresa secondo il metodo patrimoniale. Gli elementi attivi e passivi del patrimonio devono necessariamente corrispondere a corretti principi contabili, poichè la contabilità aziendale viene presa come base di ogni ulteriore elaborazione e quindi anche come base informativa fondamentale per intraprendere l’attività valutativa. Dalla revisione contabile può derivare una serie di rettifiche in aumento o in 30 Gianfranco Zanda, Casi ed applicazioni di valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1996, pp. 47 31 A.G. Mauri, La valutazione delle aziende nelle operazioni di gestione straordinaria, ISDAF, Pavia, 1996, p. 84-101. 37 diminuzione dei valori patrimoniali rettificati. Le rettifiche più rilevanti solitamente riguardano: - i crediti versi i clienti, poichè non tutti saranno onorati; - i ratei attivi, ossia la quota di competenza economica dell’esercizio in esame di quei ricavi la cui riscossione avverrà nell’esercizio successivo. Sarà necessario procedere ad una ripartizione proporzionale al tempo di utilizzazione relativo a ciascun esercizio; - i titoli, (azionari , obbligazionari, di Stato) che vengono valutati a fine esercizio al loro valore di mercato; - le partecipazioni ordinarie, valutate secondo “il prudente apprezzamento degli amministratori e dei sindaci”32 ed in base all’ultimo bilancio approvato dalla società le cui azioni si riferiscono; - le rimanenze di merci e scorte, valutate generalmente al valore di costo (d’acquisto, di mercato, ecc...). Una volta determinato il valore dell’attivo bisognerà detrarre a questo il valore delle passività per ottenere il patrimonio netto contabile. Il capitale netto contabile rappresenta la ricchezza che l’impresa ha a sua disposizione in un determinato momento. La fase successiva, ossia la terza, consiste nella riespressione a valori correnti dei vari elementi patrimoniali che costituiscono l’azienda e quindi nella determinazione delle plusvalenze e minusvalenze. Si procede confrontando il valore corrente di stima di ciascuna attività con il valore contabile. Prima di operare questo confronto introduciamo alcune categorie di valore utilizzate nella valutazione delle attività 33: 32 Art. 2425 del Codice civile. Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, pp. 64-73. Vedi anche Marcello Orefice, Estimo, UTET, Torino, 1996, pp. 5-6. Riportiamo il pensiero dell’Orefice anche nel resto del §. 33 38 - valore al costo d’acquisto; - valore di bilancio; - valore al costo di produzione; - valore al costo di sostituzione; - valore di liquidazione. Il valore di costo è basato sul prezzo di acquisto del bene verificatosi nel passato, mentre il valore di bilancio o contabile si riferisce al valore di costo al netto degli ammortamenti effettuati. Il costo di produzione corrisponde alle spese di fabbricazione dedotti i deprezzamenti effettivamente intervenuti e il costo di riproduzione o sostituzione è fondato sui costi di riacquisto del bene decurtato della riduzione di valore dovuta all’uso del bene (valore attuale di mercato). Infine per valore di liquidazione si intende il valore di quei beni dell’attivo che, non essendo necessari allo sfruttamento, hanno un valore diverso dal valore sostanziale. Passiamo ora a considerare i criteri valutativi utilizzati per le principali categorie dell’attivo patrimoniale. Magazzini e scorte La valutazione delle scorte detenute dall’impresa richiede criteri valutativi appropriati a seconda che queste siano rappresentate da materie prime, semilavorati o prodotti finiti. Per quanto riguarda la valutazione delle materie prime questa va fatta al valore corrente desunto dal valore di mercato includendo anche degli oneri accessori. 39 I semilavorati devono essere valutati in base al costo di produzione, tenuto conto dello stato di avanzamento della lavorazione. I prodotti finiti, infine, possono essere valutati al prezzo medio di vendita o più prudenzialmente al costo di produzione. Valutazione speciale va fatta per i beni obsoleti che devono essere valutati al prezzo di probabile realizzo. Immobilizzazioni Bisogna fare una distinzione tra le immobilizzazioni tecniche e quelle civili. Le prime sono investimenti strumentali all’attività produttiva dell’impresa e vanno distinte in beni che hanno un valore di mercato e beni che non lo hanno. I beni che hanno un valore di mercato (fabbricati, automezzi, ecc...) sono stimati in base al prezzo vigente sul mercato, tenuto conto del loro deperimento fisico. Gli altri beni (ad es. quelli superati tecnologicamente) vanno invece valutati in base al costo di ricostruzione o, quando ciò sia possibile, al costo di sostituzione. Le immobilizzazioni civili, fabbricati e terreni, vanno invece valutate in base al loro valore di mercato desumibile dal riferimento a beni analoghi a quelli oggetto di stima. Titoli obbligazionari I titoli obbligazionari quotati sono valutati in base al loro corso borsistico. Quelli non quotati vanno invece considerati al valore nominale se il loro rendimento è i linea con quello espresso dal mercato, altrimenti il valore nominale deve essere opportunamente rettificato. Si da origine ad una minusvalenza quando il tasso di riferimento dell’obbligazione risulta inferiore ai tassi correnti. Viceversa quando il tasso di rendimento 40 dell’obbligazione è superiore a quello di mercato si dovrà rilevare una plusvalenza. Partecipazioni societarie Bisogna distinguere le partecipazioni societarie in base alla loro rilevanza. Nel caso di partecipazioni che assicurano il controllo totalitario della società partecipata, il valore della partecipazione è dato dal valore dell’azienda. Quando la partecipazione è maggioritaria bisognerà valutare il valore dell’azienda e successivamente il valore del pacchetto di controllo. Per quanto concerne le partecipazioni in società non controllate occorre distinguere quelle non di rilievo da quelle di rilievo. Nel primo caso, se le azioni sono quotate si potrà fare riferimento alle quotazioni borsistiche, ma se manca il requisito della quotazione il valore della partecipazione può essere determinato moltiplicando la percentuale di partecipazione per il capitale netto contabile dell’azienda partecipata. Nel caso di partecipazioni di rilievo sarà opportuno ricorrere a valutazioni autonome del capitale economico delle aziende partecipate, anche quando la società sia quotata in borsa. 2.5.2 Metodo patrimoniale complesso Nel metodo patrimoniale semplice il processo di rettifica del patrimonio netto d’azienda non prende in considerazione i beni immateriali. L’obiettivo del metodo patrimoniale complesso è appunto quello di integrare il valore del capitale economico dell’azienda, risultante dall’applicazione del metodo patrimoniale semplice, con una stima del 41 plusvalore che i fattori immateriali (o invisibili) possono dare alla società valutata. I beni immateriali si sono dimostrati, specie negli ultimi tempi, una componente assai importante nella gestione dell’impresa, in quanto essi concorrono in buona misura al successo dell’impresa e alla capacità di sopravvivenza dell’impresa nel lungo termine. Nella pratica però risulta particolarmente difficile qualificare e ancor più quantificare tali componenti. I metodi patrimoniali complessi possono essere analitici o empirici. I metodi analitici prevedono la valorizzazione motivata e documentata dei beni immateriali detenuti dall’impresa. Le caratteristiche che un bene immateriale deve possedere, affinché esso sia suscettibile di una autonoma valutazione sono: - utilità pluriennale; - trasferibilità; - misurabilità. E’ evidente come l’accoglimento di questi criteri di selezione restringa notevolmente l’area dei beni immateriali. Ne rimangono infatti esclusi, per esempio il Know how aziendale e i costi per la formazione del personale. I metodi patrimoniali complessi empirici sono invece caratterizzati dal ricorso, ai fini della valorizzazione dei beni immateriali dell’impresa, a parametri espressi dal mercato, sono cioè desunti dall’osservazione di transazioni intervenute sul mercato. Tali metodi non hanno una validità definitiva, a causa della mutevolezza delle condizioni di mercato. In situazioni di forte turbolenza ambientale ed elevato dinamismo la loro significatività tende a risultare minima. I metodi patrimoniali complessi 42 empirici hanno dunque una validità contingente che limita di molto il loro utilizzo nella prassi. “Certamente il metodo patrimoniale complesso è apprezzabile in quanto, rispetto al metodo patrimoniale semplice, può essere visto come un ulteriore sforzo volto a rendere obiettiva la valutazione dell’azienda, legandola per quanto possibile ad elementi specifici. Questo però non deve portare ad includere nella valutazione poste che rappresentano mere ‘aspettative di utili’, perché così facendo si finirebbe per snaturare lo stesso procedimento” 34. 2.5.3 Limiti teorici e pratici dei metodi patrimoniali Determinare il valore di una società sulla base di un saldo algebrico dei valori di attività e passività significa osservare solo il passato della società, ipotizzando che la capacità di generazione futura di reddito sia nulla. Si tratta quindi di giudicare un’impresa nell’ipotesi in cui essa stessa venga posta in liquidazione. E per valutare un’azienda che continui a svolgere la proprietà produttiva e a conseguire risultati economici? A tale limite insito nel metodo patrimoniale analitico la teoria ha dato una prima risposta con lo sviluppo dei metodi patrimoniali misti. Altro limite deriva dalle difficoltà pratiche che si incontrano nella valutazione delle attività e passività, poiché non tutte trovano espressione contabile nello stato patrimoniale e nella individuazione di elementi da considerare nel calcolo. 34 Osvaldo Paganelli, Valutazione delle aziende. Principi e procedimenti, UTET, Torino, 1990, pp. 23-24. 43 2.6 I metodi indiretti basati su flusso-stock: misti I metodi che ci accingiamo a esaminare uniscono i criteri informatori delle stime patrimoniali con quelli reddituali visti in precedenza, per questo sono detti metodi misti. Si considerano congiuntamente per la valutazione l’assetto patrimoniale della società e la sua redditività futura, al fine di usare un metodo obiettivo e verificabile (caratteristiche proprie del metodo patrimoniale) senza trascurare le attese reddituali, che sono una componente primaria del valore del capitale economico. Il metodo misto patrimoniale-reddituale è stato considerato per vari decenni, un tipico prodotto della cultura mittel-europea in tema di valutazione delle aziende, ma è noto ed applicato anche in Usa, soprattutto per la stima delle piccole aziende, ed in Giappone ma solo nelle valutazioni per transazioni interne. Nella teoria e nella prassi italiana il metodo in esame è considerato tra i più utilizzati e razionali 35. Tale pensiero è supportato anche da Onida secondo il quale “La corretta valutazione dell’azienda [...] deve cercare fondamento in due grandi ordini d’indagini riguardanti, rispettivamente, le prospettive economico-finanziarie d’esercizio e lo stato del patrimonio d’azienda” 36. Inoltre dal 1961 al 1980 i metodi misti sono stati oggetto delle raccomandazioni da parte dell’Unione Europea degli Esperti Contabili Economici e Finanziari. Il valore della società viene determinato rettificando il patrimonio netto e sommando ad esso l’avviamento o Goodwill, definito come surplus (o deficit, a seconda che sia positivo o negativo) di reddito che il capitale investito nell’azienda può generare rispetto al reddito normale atteso per il settore e per il tipo di azienda considerata. Nella valutazione del patrimonio si devono considerare gli elementi che partecipano al processo produttivo 35 36 Secondo Luigi Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano 1998, p. 280. P. Onida, Economia d’azienda, UTET, Torino, 1971, p. 645. 44 del reddito, separandoli dai beni accessori non strettamente necessari allo svolgimento dell’attività aziendale. Si ottiene così il patrimonio netto rettificato, utilizzato nei metodi misti. Gli elementi oggettivamente valutabili vengono stimati all’interno del capitale rettificato mentre l’avviamento, inteso come differenza fra il valore residuale ed il patrimonio così considerato, costituirà una stima complessiva ed indiretta del contributo alla formazione del reddito di tutti gli altri elementi difficilmente definibili, ma che traggono il loro valore dalle relazioni che si instaurano fra l’impresa ed il mercato 37. Si suole individuare generalmente due varianti operative dei metodi misti: - il metodo della stima autonoma del Goodwill (con capitalizzazione limitata e illimitata); - il metodo del valore medio. Il metodo della stima autonoma del Goodwill è certamente il più diffuso. Secondo tale criterio quando la verifica reddituale conduce a valori sensibilmente diversi rispetto a quelli derivanti dalle stime patrimoniali, sia in senso positivo che negativo, si pone il problema della correzione reddituale. Si tratta in sintesi di aggiungere/detrarre al valore patrimoniale quello che si definisce un Goodwill/Badwill. Il processo può essere esposto nella seguente formula: W = K + (R – iK) a n ¬i’ [10] 37 Fabio Giulio Grandis, I metodi misti nella valutazione delle aziende: un’analisi comparativa, Giappichelli, Torino, p. 21. 45 dove: K = capitale netto rettificato; R = reddito medio normale atteso; n = numero definito di anni; (R – iK) = Sovra Reddito o Sotto Reddito; i = tasso di rendimento normale rispetto al tipo di investimento; i’ = tasso di attualizzazione del sovra/sotto reddito, cioè la differenza (R – iK); a n¬i’ = tasso di attualizzazione per n anni al tasso i’ di un flusso di redditi pari ad (R – iK). Ricordiamo che tale metodo veniva spesso denominato metodo UEC, per richiamarne la formulazione e raccomandazione espressa fin dal 1961 dall’Unione Europea degli esperti contabili, economici e finanziari (UEC). Il contenuto tra parentesi esprime il confronto tra il reddito medio atteso dall’entità valutata ed il rendimento offerto da investimenti di uguale dimensione (K), effettuati nello stesso settore e con simile grado di rischiosità. Applicando questo criterio si ottiene il valore dell’esistente (patrimonio netto rettificato) e delle potenzialità reddituali, anche alla luce delle performance di settore. Come accennato, una seconda variante, caratterizzata dalla capitalizzazione illimitata del profitto medio, definisce il valore dell’azienda come somma del patrimonio netto rettificato (K) e del Goodwill inteso come rendita illimitata del profitto (R - iK); la formulazione è perciò la seguente: 46 (R – iK) W = K + ___________ [11] i’ L’ipotesi accolta è pertanto che il sovrareddito si produca indefinitamente nel tempo. Il secondo metodo, del valor medio, contempla la stima indiretta dell'avviamento come differenza tra il valore patrimoniale semplice e quello reddituale puro. La formula utilizzata in tal caso è la seguente: 1 W = ___ (K + R / i ) [12] 2 oppure: 1 W = K + ___ [(R / i) – K ] [13] 2 In questo modo il capitale rettificato (K) viene aggiornato di metà del Goodwill. 2.6.1 Limiti dei metodi misti I metodi misti rappresentano soluzioni di compromesso, discutibili concettualmente ma dotati di una loro validità pratica. Con l’utilizzo di tali criteri non vengono meno, infatti, le difficoltà tipiche dei metodi reddituali 47 riguardanti la determinazione del reddito medio prospettico e del tasso di capitalizzazione. Va pero’ detto che assumono rilevanza minore nella determinazione del valore dell’impresa poichè tali metodi intervengono nella sola stima del secondo addendo della formula. 2.7 Metodi diretti I metodi diretti sono quei procedimenti valutativi che stimano il capitale economico di un’impresa assumendo come riferimento i valori di mercato dell’azienda stessa o di aziende similari. Il prezzo che deriva da tali procedimenti è il risultato dell’incontro tra domanda e offerta e si riferisce all’ammontare dei mezzi monetari pattuito dalle parti per acquistare un bene. Tali metodi si distinguono in 38 : - metodi diretti in senso stretto; - metodi diretti fondati su moltiplicatori economici (Comparison Approach). Il primo metodo di stima individua il valore economico del capitale d’impresa sulla base dei valori delle quotazioni ufficiali di mercato dell’azienda oggetto di stima, ove questa sia quotata, oppure, nel caso di azienda non quotata, sui prezzi conclusi in sede di trasferimento di aziende ad essa simili per dimensioni, redditività, struttura patrimoniale, ecc (c.d. comparable acquisition approach). Nella prima ipotesi il valore del 38 Cfr. Gianfranco Zanda, Casi ed applicazioni di valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1996, p. 10. Cfr. anche G. Zanda, M. Lacchini, O.Onesti, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1997, p. 27 e ss. 48 capitale economico è dato dal prodotto tra il prezzo di mercato di una azione per il numero di azioni della società in circolazione 39: n W = Σ (Pi * mi) [14] i=1 dove: W = valore del capitale economico; Pi = prezzo di Borsa di un’azione; mi = numero delle azioni che formano il capitale sociale della società. Se, invece, l’impresa oggetto della valutazione non è quotata nei mercati ufficiali, si farà ricorso, per la stima del valore economico del capitale, ai prezzi fatti in transazioni di mercato relativi ad imprese assimilabili a quella da valutare. Questo metodo per essere proficuamente impiegato necessita di un campione di aziende simili a quella da valutare, costituito da società che possiedono effettivamente caratteristiche qualitative (settore di appartenenza, area geografica di operatività) e quantitative (dimensioni, redditività, struttura finanziaria) simili all’azienda oggetto di stima. I metodi diretti in senso stretto presentano significativi limiti che ne sconsigliano l’applicazione, almeno quali unici criteri di stima del capitale economico dell’azienda. Esistono infatti ostacoli di tipo operativo, come la scelta del prezzo da utilizzare nella determinazione del capitale economico (quotazione giornaliera, media mensile, trimestrale, annuale, ecc.) e dubbi 39 D’Amico, Laghi, Le metodologie di stima del capitale economico delle aziende. Un raffronto tra la teoria e la prassi italiana e quella dei Paesi di lingua anglosassone. Il caso delle banche, Edizioni Kappa, 1996, p.73 e ss. Faremo riferimento al pensiero dell’autore anche nel resto del §. 49 sulla razionalità del criterio in quanto principalmente applicabile solo alle società quotate. Inoltre spesso, e soprattutto a causa di fenomeni speculativi, i prezzi delle azioni mal riflettono il valore economico delle aziende quotate. I metodi di mercato fondati sui moltiplicatori empirici o Comparison Approach invece, stimano l’entità del capitale economico d’azienda con riguardo ai valori espressi per aziende similari. Tali metodi si distinguono, a loro volta, a seconda che trovino fondamento sul valore economico del capitale netto aziendale o sul valore economico dell’attivo lordo aziendale, in metodi basati sull’equity approach e metodi fondati sull’entity approach. I primi stimano il valore del capitale economico come prodotto tra un moltiplicatore di mercato desunto, appunto, dal mercato e una grandezza espressiva del valore economico del capitale d’impresa (reddito, cash flow, patrimonio netto). In formule: molt v = molt s [15] dove: molt v = moltiplicatore dell’azienda oggetto della valutazione, costruito iscrivendo al numeratore il valore economico dell’impresa (incognito) e al denominatore una grandezza espressiva del valore d’impresa (utile, fatturato, cash flow, ecc...); molt s = moltiplicatore di mercato di un campione di imprese simili per caratteristiche qualitative e quantitative a quella valutanda, individuato ponendo a rapporto il prezzo di mercato di tali imprese con la medesima grandezza impiegata nel moltiplicatore dell’impresa oggetto di valutazione. Il valore economico dell’impresa risulta così calcolato: 50 (W / k) t = (P / k) s [16] dove: (W / k) t = moltiplicatore che esprime il rapporto tra il valore del capitale economico dell’azienda oggetto di stima (da determinare) e la grandezza espressiva di detto valore (reddito, cash flow, patrimonio netto); (P / k) s = moltiplicatore riferito al campione di aziende quotate similari, dato dal rapporto tra la media dei prezzi e la tessa grandezza k considerata ai fini della valutazione. Ne discende che il valore del capitale economico dell’azienda può essere determinato, in via immediata, sulla base della seguente formula: W = ( P/k) s * k t [17] dove tutti i simboli assumono i significati espressi in precedenza. Una volta scelto il campione d’imprese simili a quella oggetto di valutazione, da effettuarsi nel modo più oggettivo possibile, si passa alla scelta della grandezza k. Molteplici sono le grandezze utilizzabili come denominatore del moltiplicatore di mercato. Nella pratica i moltiplicatori più impiegati sono: - il price/earning (P/E), dove al denominatore compare l’utile netto medio; 51 - il price/cash flow (P/CF), il cui denominatore è rappresentato dal flusso di cassa netto (levered) o lordo (unlevered) 40; - il price/book value (P/BV), nel quale il denominatore è dato dal valore contabile del patrimonio netto. La scelta del moltiplicatore dipende da due fattori: la possibilità di reperire i dati relativi al campione di aziende selezionato e l’attendibilità della grandezza assunta al denominatore del moltiplicatore. Il price/earning è il moltiplicatore più utilizzato nella pratica, grazie al facile reperimento dei dati utili alla sua determinazione. Viceversa, non sempre risultano accessibili le informazioni contabili necessarie per determinare gli altri due moltiplicatori. Anche se è il più diffuso presenta dei gravi limiti dovuti principalmente al fatto che il reddito d’esercizio è una quantità astratta variamente configurabile nel suo valore in funzione delle congetture e stime prese a fondamento per il suo calcolo. Viene così meno il requisito di attendibilità, necessario affinché il processo di valutazione sia in grado di offrire risultati soddisfacenti. Anche per il price/book value valgono le considerazioni poc’anzi effettuate, in quanto i singoli elementi attivi e passivi che compongono il patrimonio netto sono sottoposti alla valutazioni soggettive da parte dei redattori del bilancio. Tali riserve non sussistono invece per il price/cash flow che presenta però la difficoltà nella determinazione dei flussi di cassa in quanto dotati di maggiore variabilità rispetto al reddito. E’ per tali ragioni che il rapporto P/E viene sempre più spesso sostituito dal rapporto tra il prezzo di mercato e l’EBITD (utile anteinteressi e imposte) o dall’EBITDA (EBITD al netto degli ammortamenti), grandezze che a differenza del reddito subiscono in misura assai inferiore l’influenza delle valutazioni di bilancio. 40 Vedi § 2.4.1. 52 Passiamo ora a spiegare i metodi indiretti basati sul c.d. entity approach to valuation. Le formule di valutazione utilizzate da questo metodo determinano il valore del capitale in via mediata, ossia come differenza tra il valore economico delle attività lorde aziendali (firm value) e il valore economico dei debiti. In formule: (W + D) t / k t = (P + D) s / k s [18] dove: Dt = rappresenta il valore di mercato dei debiti assunti dall’azienda oggetto di stima; Ds = rappresenta il valor medio di mercato dei debiti del campione di aziende selezionato. Ne discende che il valore economico delle attività lorde dell’azienda (firm value) può essere così determinato: (W + D) t = [(P + D)s / k s] * k t [19] dove i simboli assumono i significati noti. In definitiva il valore del capitale economico dell’azienda viene stimato per differenza tra il firm value e il valore di mercato dei debiti: W t = {[(P + D)s / k s] * k t } - D t [20] dove i simboli sono noti. Anche per questo metodo, come per quello basato sull’equity approach, restano valide le considerazioni effettuate in precedenza, in ordine 53 all’individuazione del moltiplicatore riferito al campione di aziende simili a quella oggetto di stima e alla definizione delle grandezze Dt e kt riferita all’azienda valutanda. Più precisamente per quanto riguarda il primo parametro, si osserva che i moltiplicatori più usati nell’ambito delle metodologie “entity” sono: - firm value/earning before interest and tax (EBIT, margine operativo netto); - firm value/earning before interest, tax, deprecation and amortization (EBITDA, margine operativo lordo). 2.8 Come scegliere tra le varie metodologie? Quali elementi vanno considerati per scegliere tra i vari criteri disponibili per svolgere la valutazione? Assai numerosi sono gli elementi che potrebbero essere riportati, ma restringiamo l’elenco a poche voci 41: - la localizzazione: esistono due grandi raggruppamenti territoriali, nei quali prevalgono criteri differenti. Nel contesto europeo continentale si prediligono i metodi basati sull’apprezzamento della solidità patrimoniale delle aziende, mentre i paesi di lingua e cultura anglosassone tendono a preferire i criteri poggiati sulle capacità prospettiche di generazione dei flussi di cassa. - Il settore di operatività: aziende di servizi a elevato contenuto di natura professionale o che poggiano la propria performance su componenti per 41 Maurizio Dallocchio, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Milano, EGEA, 1995, pp. 662-664. 54 lo più di natura intangibile (marchi, tecnologie, ecc.… potranno essere valutate osservando i dati reddituali o finanziari, passati e prospettici, mentre un impresa industriale caratterizzata dalla presenza di immobili, impianti e attrezzature di varia natura, se in presenta una redditività in linea con quella del settore di appartenenza, non potrà essere valutata senza tener conto la dimensione del patrimonio accumulato. - Attendibilità dei dati: prima della scelta dei criteri bisogna tenere in debita considerazione anche l’attendibilità e l’accuratezza dei dati prospettici. Se un’azienda dispone di documenti previsionali attendibili e dettagliati, vi sono dei presupposti per adottare metodologie alimentate anche in base a dati previsionali, siano essi di natura reddituale o finanziaria. In presenza di informazioni scarse, inaffidabili e poco attendibili in fase di proiezione, restano preferibili i criteri orientati all’apprezzamento del valore del capitale attuale. - Lo status di società quotata o meno: in presenza di aziende quotate non si può ignorare la valutazione esplicitamente espressa dal mercato, attraverso il prezzo delle azioni. 55 METODI INDIRETTI METODI DIRETTI GRANDEZZE STOCK GRANDEZZE FLUSSOSTOCK GRANDEZZE FLUSSO COMPARISON APPROACH METODI DIRETTI IN SENSO STRETTO PATRIMONIALI COMPLESSI PATRIMONIALI SEMPLICI FINANZIARI REDDITUALI ENTITY APPROACH EQUITY APPROACH TAB. 2.4 I principali metodi di valutazione del capitale economico delle imprese “tradizionali” PARTE SECONDA LA VALUTAZIONE DELLE INTERNET COMPANY 57 CAPITOLO 3 INTERNET E LA NEW ECONOMY 3.1 La storia di Internet Il 4 ottobre del 1957, in piena “guerra fredda”, l’URSS aveva messo in orbita lo Sputnik, il primo satellite artificiale della storia in grado di trasmettere velocemente informazioni e di spiare. Gli Stati Uniti decisero allora di creare, in risposta al successo conseguito dall’Unione Sovietica, un’agenzia di ricerca, l’Advanced Research Projects Agency (ARPA) per ristabilire la leadership degli Stati Uniti nel campo della scienza e della tecnologia, con particolare riguardo al settore militare. Nel 1969 l’Arpa diede vita ad una prima rete telematica, denominata Arpanet, per consentire agli organismi governativi, nel caso in cui eventi bellici avessero reso indisponibili le normali reti di comunicazione, di disporre comunque di un’efficace alternativa per la trasmissione delle 58 informazioni. Il progetto diventerà Internet 42. L’ossessione più ricorrente era la domanda: "Come resistere ad un attacco nucleare ?". Infatti, sarebbe bastato far saltare la rete di comunicazione per mettere in ginocchio tutta la nazione. L’Arpa riuscì a costruire una rete particolarmente robusta nei confronti delle possibili aggressioni esterne, caratterizzata dal sistema di trasmissione packet switching, ossia dall’assenza di percorsi predeterminati per l’invio di messaggi, potendo i diversi “pacchetti” da cui essi erano composti, viaggiare secondo percorsi diversi, per poi essere riassemblati al loro arrivo alla destinazione finale. Ogni nodo avrebbe dovuto essere indipendente in maniera che colpendo un nodo la rete non sarebbe collassata. Nel 1971 Arpanet collega 23 calcolatori in 15 nodi: è l’inizio di Internet. Negli anni settanta, con la crescita di Arpanet diede origine a decine di sottoreti e ad una nuova serie di protocolli destinati all’incremento dell’affidabilità nonché all’indirizzamento diretto delle risorse in rete. In questo contesto fu sviluppato il protocollo TCP che divenne lo standard militare. Negli anni ottanta Internet si rese accessibile ancor più agli enti governativi, alla ricerca e agli ambienti universitari per consentire il trasferimento di file e posta elettronica. Successivamente si espanse notevolmente fino a creare una rete mondiale unica, composta da un numero enorme di ramificazioni e da decine di migliaia di computer client. Nel 1993 un altro importantissimo passo avanti fu compiuto dal Centro Europeo di ricerche nucleari (CERN) di Ginevra che diede vita a quello che oggi rappresenta, forse, l’elemento di maggior valore, anche commerciale, dell’universo Internet, il World Wide Web, sistema basato su ipertesti per accedere alle risorse su Internet e organizzarle. Chiunque disponga anche di 42 Cfr. Ettighoffer, L’impresa virtuale, Muzzio, Padova, p. 3-5. Vedi anche Maiocchi, Internet per l’azienda, Il Sole 24 Ore, Milano, p. 3-4. 59 un semplice PC è in grado di collegarsi alla Rete e di navigare sfogliando pagine ipertestuali, scaricando file audio-video, ecc. Alla fine del 1994, quando Arpanet-Internet celebrava il primo quarto di secolo della sua esistenza, gli utenti della rete avevano raggiunto i 3,8 milioni, evidenziando così un trend di sviluppo esponenziale, destinato a mantenersi tale negli anni successivi. Alla fine del millennio il problema più grande dei grandi sistemi informatici collegati fra di loro sembrava essere un ‘errore’ di programmazione fatto sulla numerazione delle date. Quando si è iniziata la programmazione il problema principale era risparmiare spazio. Per questo la data è stata composta di sei cifre due per il giorno, due per il mese, ma due anche per l’anno. Le date servivano principalmente per ordinare le operazioni fatte nei grandi data base (banche dati) e erano ordinate al contrario (anno/mese/giorno) per costituire un ordine numerale quantitativo, più facilmente ordinabile, ma mettendo in ordine di quantità crescente, la data più recente risulterà essere la più grande. Se prendo il primo gennaio del 2000 (000101) e cerco di ordinarlo, questo risulterà un numero più piccolo di tutti e sarà quindi messo per ultimo. Nei calcoli per differenza dal 31 dicembre del 1999 al primo gennaio del 2000 risulteranno essere passati quasi 100 anni, creando così problemi a tutto il sistema. Questo è stato chiamato il virus del millennio o "millenniumbug", ed è stata la più grande preoccupazione, di fine millennio. 3.2 Sviluppo di Internet in Italia e all’estero Negli ultimi anni è stata dedicata molta attenzione da parte dei governi europei allo sviluppo di Internet, evidenziando una sostanziale presa di 60 coscienza del cambiamento in atto nell’economia mondiale. In particolare la vecchia Europa sembra aver preso atto dell’incremento del gap che la separa dagli Stati Uniti, si tratta di un ritardo di almeno due anni. La velocità di penetrazione di Internet è stata superiore rispetto a quella delle principali innovazioni tecnologiche. Ad esempio, per raggiungere i 100 milioni di utenti la radio ha impiegato 60 anni, la televisione 30 ed Internet solamente 7. (Rapporto Federcomin 30 ottobre 2000). In meno di cinque anni il possesso di personal computer in Italia passa dal 14% al 32%, e l'Internet da zero al 16%. L'Internet cresce del 135% annuo. Negli Stati Uniti la penetrazione di Internet nelle famiglie ha raggiunto il 48,7% (maggio 2000). In Italia la penetrazione è inferiore rispetto a quella dei principali paesi europei. L'arretratezza è in parte dovuta al ritardo accumulato dal comparto dei personal computer, ora in fase di recupero. In Italia il 32% dei nuclei familiari possiede un personal computer. E' indicativo sapere che, degli oltre 7.000.000 di utilizzatori abituali di Internet, ben 4.100.000 lo usano da casa (57%), oltre 2.500.000 lo usano dall'ufficio (35%), mentre solo 540.000 (8%) lo adoperano a scuola. A livello mondiale, si stima che gli utenti di Internet siano quasi 360 milioni (luglio 2000). In Europa il numero di utenti salirà dagli attuali 95 milioni circa a 140 milioni nel 2003, pari all'80% della popolazione. L'utente domestico italiano appartiene alla fascia d'età compresa fra i 21 ed i 49 anni, ha una buona scolarità ed una professione qualificata. Negli Stati Uniti invece il profilo degli utenti si sta modificando. Come accade con l'introduzione di ogni nuova tecnologia, da fenomeno di "élite" Internet si sta diffondendo fra gli strati della popolazione con più modesto reddito e bassa scolarità. Contrariamente a quanto avviene per le altre nuove tecnologie, il progressivo diffondersi dell’uso di Internet sembra meno collegato allo status sociale di appartenenza. Secondo una recente stima 61 dell’ISTAT nel 1997 in Italia gli utilizzatori di Internet erano in maggioranza famiglie con persona di riferimento ad alta qualifica professionale (dirigente, imprenditore, libero professionista) rispetto a quelle di operai, con un rapporto 13 a 1, nel 2000 tale rapporto è sceso a 5 a 1. Tuttavia, anche se l’utilizzo di Internet risulta in crescita, non investe nella stessa misura le diverse generazioni e zone del paese. Internet è maggiormente utilizzato nel Centro-nord, dai giovani e dagli uomini. I giovanissimi ne fanno un uso legato soprattutto allo svago e allo studio, mentre tra le persone tra i 25 e i 54 anni di età prevalgono i motivi di lavoro. Inoltre, è in aumento il numero di donne che utilizza la rete, infatti in pochi anni passano dal 10% al 32% nell'uso di Internet e dal 25% al 40% nell'uso del PC. 3.3 Il futuro di Internet Secondo il rapporto Eito 2000 le potenzialità di sviluppo offerte da Internet sono immense. A fine 2002 i navigatori del web saranno in Europa 136 milioni contro i 63 di fine 1999, con un tasso di crescita annuo del 28,8%. Circa 34 milioni di utenti utilizzerà la Rete per fare acquisti contro i 9 milioni del 1999, con un tasso di crescita annuo del 54,3%. Il giro d’affari europeo dell’e-commerce schizzerà dai 7,6 miliardi di euro del 1999 ai 77,6 del 2002, decuplicandosi nell’arco di un triennio. La rete Internet, sempre più diffusa nel mondo, è continuamente spinta ai limiti delle sue capacità e la qualità della connessione, anche in previsione della crescita del numero di accessi, non è ancora ottimale. Servono dunque provvedimenti per evitare di portare la rete al collasso. Il futuro di Internet è legato, necessariamente, alla realizzazione di una nuova rete, in grado di 62 assorbire il prevedibile volume di traffico degli anni a venire. Di questo problema si sono resi ben conto il governo americano e le grandi aziende di hardware e software, che stanno investendo per superare questa sfida e costituire la base per l’Internet di domani, una rete che sarà 1000 volte più potente dell’attuale e molto versatile. Al momento attuale sono tre i progetti in fase di più avanzata realizzazione che hanno la possibilità di rimpiazzare Internet, e sono 43 : a) il progetto per Internet2; b) la Next Generation Internet Initiative (NGI Initiative); c) il progetto per il very high-speed Backone Network Service (vBNS). Questi progetti mirano ad un unico obiettivo che è quello della realizzazione di un’infrastruttura comunicativa in grado di affrontare, senza difficoltà, almeno il primo decennio degli anni 2000. a) Internet2 Internet2 è un consorzio di oltre 100 istituzioni universitarie, di enti noprofit, di agenzie governative e di industrie, che ha l’obiettivo di sviluppare e rendere operativi nuovi servizi in rete e nuove applicazioni, in particolare nel settore della ricerca e dell’istruzione universitaria, soprattutto per ciò che riguarda la formazione permanente e l’insegnamento a distanza. Essa utilizzerà dei “punti di presenza “ (POP) sul territorio al fine di rendere possibile l’instradamento, ad alta velocità, lungo la rete di pacchetti componenti i messaggi trasmessi. Una delle esigenze che Internet2 deve soddisfare è quella di minimizzare i costi di interconnessione dei campus 43 Morelli, Internet: l’impresa in rete, FrancoAngeli, Milano, 1998, p. 142 e ss. 63 universitari sia a Internet che a Internet2. Va sottolineato che Internet2 non è una rete separata, bensì un miglioramento di quella già esistente, per quanto riguarda specificatamente, il settore universitario. Ci si attende che in tal modo anche Internet possa acquisire rapidamente i risultati ottenuti in Internet2 per accrescere le proprie capacità operative. b) La NGI Initiative E’ un progetto del governo degli Stati Uniti fortemente voluto da Bill Clinton e da Al Gore, basato sugli studi delle diverse agenzie governative. Questo progetto dovrebbe gettare le basi per la realizzazione di reti più potenti e flessibili. Il progetto è coordinato dal National Science and Technology Council e prevede tre precisi obiettivi: - la possibilità di collegare almeno 100 sedi universitarie a velocità 100 volte superiori a quella che è oggi propria di Internet e una decina di sedi a 1.000 volte superiore a quella attuale; - promuovere la sperimentazione della tecnologia della prossima generazione per accelerare l’introduzione di nuovi servizi commerciali e incrementare il numero di utilizzatori di internet; - implementare nuove generazioni di applicazioni per supportare ricerca scientifica, sicurezza nazionale, educazione a distanza, monitoraggio dell’ambiente, sanità… c) Il progetto vBNS Il progetto ha per obiettivo di creare un backbone sperimentale per una rete estesa che dovrebbe supportare il traffico di dati, voce e video ad una 64 velocità di 2,5 Gbps. Il progetto è patrocinato dalla National Science Foundation ed è realizzato dalla MCI. 3.4 Internet come strumento di business L’aspetto più radicale della rivoluzione legata ad Internet riguarda i temi economici, macroeconomici e aziendali. Con Internet infatti cambia radicalmente l’uso che delle comunicazioni di massa viene fatto nella società e nel business. Lo sviluppo della rete sta determinando il superamento di vecchi schemi sociali, aziendali e manageriali. Le reti, grazie alla loro pervasività ed espansione sono in grado di metterci in comunicazione con persone a migliaia di chilometri, scambiare con loro informazioni, trattare affari, sviluppare rapporti di collaborazione e lavorare, il tutto a costi notevolmente bassi. Tempo e spazio diventano virtualmente comprimibili tanto da far sì che i partecipanti alla comunicazione si sentano spesso nello stesso luogo e nello stesso momento. L’utilizzo di Internet, fino a poco tempo fa, era stato riservato ad una “navigazione” che aveva per obiettivo, essenzialmente, una ricerca di informazioni, per fini di lavoro, di studio, di intrattenimento e di aggiornamento. Oggi invece sta definendo meglio il suo ruolo e le sue finalità, soprattutto per ciò che riguarda il settore del commercio e della comunicazione d’impresa. Il mondo dei microprocessori sta rivoluzionando le imprese esattamente come la macchina a vapore ha decretato la fine della produzione artigianale e la nascita della moderna industria. Questo cambiamento porta il nome di New Economy o Net Economy o ancora economia della rete e serve per descrivere lo spostamento dei sistemi economici dalla produzione industriale di beni fisici verso la fornitura di servizi basati sulla conoscenza e di prodotti immateriali con un elevato 65 contenuto di conoscenza. Ma la Net economy non è fatta solo di nuovi prodotti e nuovi servizi, è anche caratterizzata dalla presenza di vecchi prodotti che incorporano elevate quantità di idee innovative e di nuove tecnologie che ne hanno modificato i sistemi di produzione, di distribuzione, di assistenza, di personalizzazione, ecc. Molti dibattono oggi se la New Economy sia una moda, un’esagerazione, una bolla speculativa del mercato azionario, ma secondo molti si tratta di una rivoluzione di ampia portata paragonabile alla rivoluzione industriale. Secondo Michael Livian si tratta di una “rivoluzione la cui portata è tale da sradicare tutti i principi tradizionali, da scuotere le stanze del potere e creare un nuovo ordine dove il consumatore globale sarà sovrano e la democrazia si esprimerà nelle sue forme più alte 44. L’aspetto più interessante della New Economy, dove cioè risiedono le maggiori aspettative, è il commercio elettronico, poichè modificherà il potere del consumatore ponendolo al centro dell’attività economica e sarà causa dei mutamenti nella gestione dei processi aziendali delle aziende. Con l’espressione di commercio elettronico (e-commerce o e-business degli anglosassoni) si intende indicare lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e attività diverse quali la commercializzazione di beni e servizi, la distribuzione di contenuti digitali, l'effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa, ecc. Il Commercio Elettronico non si esaurisce quindi nella semplice conduzione della transazione bensì può anche abbracciare altre fasi ed altri aspetti che riguardano un rapporto commerciale: da quelli di ricerca ed individuazione dell'interlocutore-partner, a quelli di trattativa e negoziazione, da quelli degli adempimenti e delle scritture formali a quelli dei pagamenti e della 44 Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000, p.10. 66 consegna fisica o elettronica del bene/servizio acquistato o venduto. In pratica, il termine e-commerce descrive lo spostamento dei sistemi economici dalla produzione industriale di beni fisici, verso la fornitura di servizi basati sulla conoscenza e di prodotti immateriali con un elevato contenuto di conoscenza. Elemento peculiare della rete che contribuisce al suo esplosivo sviluppo è l’assenza di “padroni” in Internet. Non esiste un responsabile globale della sua gestione, non appartiene né ad un governo, né ad un privato, né ad una cooperativa di utenti. Tutti possono trarre vantaggio dalla rete, vantaggi che i più bravi, intelligenti e fortunati trasformano in grandi business. La sopravvivenza e lo sviluppo del commercio elettronico è quindi enormemente favorito dalla crescita esponenziale di Internet, dal numero di persone che utilizzano la rete. 3.4.1 La legge dei rendimenti crescenti Alla base dell’economia tradizionale è posta la legge dei rendimenti decrescenti che pone dei limiti alla crescita dell’attività delle imprese. Le società non possono espandersi all’infinito perchè prima o poi arriveranno a un punto di equilibrio in cui i costi marginali saranno superiori ai ricavi marginali. L’economia in rete obbedisce invece alla legge dei rendimenti crescenti. Nella letteratura questi rendimenti sono sempre esistiti al livello teorico, ma in passato sono stati considerati come un’anomalia che sarebbe durata molto poco. Nella Net economy, i rendimenti crescenti non sono né rari né effimeri al contrario di come si è sempre pensato se rapportati ad un contesto economico tradizionale. Si tratta di meccanismi di auto-rinforzo positivi, per cui ciò che cresce è destinato a continuare a crescere sempre 67 più, mentre l’insuccesso genera altro insuccesso. I rendimenti crescenti si generano quando un’impresa sostiene notevoli investimenti costituiti da costi fissi di sviluppo di un nuovo prodotto o servizio, mentre il costo marginale di produzione di ogni unità incrementale di prodotto o servizio è minimo o addirittura nullo. Le strutture industriali tradizionali sono caratterizzate dalla presenza di economie di scala mentre le imprese che operano nell’ambito della Net economy sono dominate da quelle che si potrebbero chiamare economie di rete. Il valore che ciascun utente assegna alla connessione alla rete dipende dal numero di altre persone che già vi fanno parte e alla possibilità di interagire con loro. Questo principio è conosciuto come effetto di rete. In tale contesto il fenomeno dell’auto-rinforzo positivo innesca circoli virtuosi o viziosi autorinforzanti, che nelle forme estreme possono condurre alla situazione in cui il vincitore prende tutto il mercato. La teoria di Bob Metcalfe, inventore della rete localizzata chiamata Ethernet, è alla base delle esternalità di rete. Secondo questa legge il valore totale di una rete cresce con la stessa velocità del quadrato dei suoi membri. L’effetto principale che deriva dalla rete di relazioni e interconnessioni che hanno gli individui tra di loro è che maggiori sono le unità di prodotto o servizio effettivamente utilizzate, maggiore diventa il loro valore unitario. Un esempio molto interessante si può ricavare dall’esperienza della società di software americana Microsoft che ha sfruttato al meglio il potenziale dei rendimenti crescenti delle reti ovvero dell’idea che più persone vi partecipano più aumenta il valore complessivo. Secondo la Microsoft maggiore era il numero di imprese che partecipavano alla rete utilizzando il software Windows, maggiore diventava l’utilità per gli acquirenti di computer e più elevato era il numero di sistemi operativi Microsoft venduti. Quando prodotti di questo genere riescono ad assumere una diffusione 68 universale, diventano standard de facto e innescano un effetto di rete che diviene schiacciante. 3.5 I segmenti della New Economy All’interno della New Economy si possono individuare diversi segmenti di mercato aventi caratteristiche strutturali e competitive differenti legate alla nascita e allo sviluppo di tale settore. Sarà nostro compito analizzarli in dettaglio perché una buona comprensione della peculiarità di un segmento e di come la società si colloca all’interno di esso, è una delle chiavi per una corretta valutazione delle Internet Companies. Infatti per valutare le imprese Internet e farsi un’idea sul loro futuro potenziale di profitti si devono prima di tutto esaminare alcuni fondamentali aspetti dell’ambiente in cui l’impresa vive. Tra i più importanti ci sono: la concorrenza del settore in cui opera la società, o meglio la capacità di tenere testa a lungo a tale concorrenza; le prospettive di sviluppo del settore di appartenenza dell’impresa, che devono risultare positive e tali da generare in futuro tassi di sviluppo superiori alla media; le barriere all’ingresso sul mercato, ossia l’insieme di ostacoli che costellano la via delle imprese quando vogliono inserirsi in un determinato settore commerciale. La New Economy può essere divisa in cinque segmenti che noi analizzeremo sulla base della evoluzione che la New Economy ha avuto nel corso degli anni 45: 1. Tecnologie internet; 2. Fornitori di accesso alla rete (ISP); 3. Portali e contenuti web; 45 La classificazione trae spunto da quella riportata da Michael Livian nel libro, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000, p.19. 69 4. Commercio elettronico; 5. Innovatori di sistema. L’evoluzione della New economy inizia con le internet venture capitalist, società che finanziarono lo sviluppo delle tecnologie e delle infrastrutture Internet. Queste imprese hanno il compito di prendere delle partecipazioni ordinarie in imprese ad alto rischio ma con un elevato potenziale di crescita allo scopo di sostenerne la crescita. Le venture capital forniscono le competenze manageriali per gestire lo sviluppo e la rete di contatti strategici necessari per far crescere le iniziative. I venture capital concentrarono i propri investimenti in Internet poichè era un settore di investimento in forte crescita che attraverso la partecipazione al capitale di rischio di un’azienda in rapida espansione permetteva di ottenere ricchi e veloci guadagni. Con il diffondersi dell’uso del personal computer, non solo al livello aziendale ma anche al livello familiare, nacquero gli Internet Service Provider (ISP), operatori telefonici e imprese indipendenti che iniziarono a fornire l’accesso in Rete agli utenti. Molte imprese, visto il traffico notevole esistente sulla rete, decisero di entrare nel web inizialmente per dedicarsi allo sviluppo e all’aggregazione di contenuti della Rete per poi, una volta creatasi la massa di visitatori, orientarsi al commercio elettronico ossia alla vendita di beni e servizi in Rete. 3.5.1 Tecnologie internet Sarà bene distinguere all’interno del segmento delle tecnologie internet due segmenti sottostanti: le infrastrutture (hardware) e i software. 70 Le infrastrutture della rete sono rappresentate materialmente da cavi e fibre ottiche che collegano i vari server permettendo a tutti i “nodi” di comunicare e trasmettere dati e file. I software permettono invece ai vari computer di utilizzare la rete. La caratteristica principale del segmento delle tecnologie è che spesso solo una di esse si impone sulle altre e diventa uno standard comune, fino a quando uno shock tecnologico non cambia radicalmente la situazione. Le imprese che riescono ad imporre la propria tecnologia, o meglio il proprio standard tecnologico in un mercato in ipercrescita, riescono a lucrare per periodi molto lunghi margini molto elevati senza permettere che questi vengano erosi dalla concorrenza. Un termine molto efficace per individuare tali società è stato coniato da Moore che nel suo libro denomina tali aziende con il termine di imprese “Gorilla”46. Tali società per essere leader in questo segmento devono possedere un’architettura aperta, ossia in grado di far produrre e diffondere da società a valle, prive però della proprietà su tale tecnologia, sottoprodotti legati all’architettura principale in modo da incrementare il valore della tecnologia principale (Es. Il sistema operativo Windows di Microsoft, ormai divenuto uno standard.). Non appena una tecnologia diventa standard le imprese leader cercano in tutti i modi di rendere difficile per il cliente passare da quella tecnologia ad un’altra. In questo segmento ci sono barriere all’entrata molto elevate che molto spesso scoraggiano l’entrata di nuove società. In tal modo si riduce ad un livello piuttosto limitato il livello di competitività e si determinano margini di guadagno molto elevati per le società leader. Tutto ciò fa capire che le imprese leader in questo segmento hanno modelli di business imbattibili, sicuri e remunerativi, in grado di offrire buoni ritorni agli investitori. 46 Moore, The Gorilla Game, HarperBusiness, New York, 1998. 71 3.5.2 Internet Service Provider (ISP) Gli Internet Service Provider sono società che permettono agli utenti di accedere alla Rete. Un fornitore di connessione ad Internet offre ai propri clienti la possibilità di collegarsi a speciali calcolatori, detti server, con l’aiuto di modem o adattatori ISDN, attraverso il cavo della linea telefonica, dopodiché i server stabiliscono la connessione con internet. Gli ISP possono essere classificati in base alla tipologia di clientela in ISP business e ISP consumer. I primi offrono accessi ad alta velocità alle imprese contro il pagamenti di canoni costosi. Alcuni ISP business, oltre a svolgere questa attività aiutano le imprese nella gestione e nella manutenzione dei siti e garantiscono la sicurezza e l’integrità dei dati (ASP, Application Service Providers). Queste società mettono i loro sevizi a disposizione delle società commerciali. Ad esempio se l’utente ha bisogno di un programma per un certo scopo, lo richiede alla società che gli invia attraverso la rete, e per un periodo di tempo, concordato preventivamente dalle parti, il software in cambio di un pagamento. L’utente in questo modo non è costretto ad acquistare il software e può limitarsi ad ordinare solo la parte di programma che gli occorre. I secondi, gli ISP consumer, forniscono gli accessi in Rete ai clienti, inizialmente dietro pagamento di canoni e attualmente a titolo gratuito. Originariamente, sia in Europa che in Usa, gli ISP offrivano contratti a canoni periodici e gli utenti erano tenuti inoltre a pagare anche il costo delle telefonate in proporzione al tempo di connessione. Nel 1996 in Usa l’ISP America On Line (AOL) introdusse la cosiddetta flate rate ossia un canone mensile fisso che permetteva all’utente di accedere illimitatamente 72 alla Rete, a qualsiasi ora del giorno e per tutto il tempo desiderato. In Europa l’intensificazione della competizione ha permesso il diffondersi del cosiddetto accesso gratuito, che abolisce il canone di abbonamento agli ISP ma conserva il pagamento della tariffa da interconnessione. Da poco tempo in Usa, ma anche in Europa, si sta diffondendo la pratica di ISP, che grazie agli introiti pubblicitari, riescono ad offrire accessi gratuiti alla Rete, senza alcun canone di abbonamento e telefonate a costo zero. L’abbattimento dei costi di accesso alla Rete permetterebbe, da una parte la diffusione dell’uso di internet tra tutti i cittadini, con un conseguente sviluppo del commercio elettronico, e dall’altra una contrazione drastica dei margini di profitto per gli ISP. Possiamo classificare gli ISP anche in base alla loro struttura gerarchica. Parleremo allora di NSP o Network Service Provider, di ISP nazionali e di ISP locali. I primi gestiscono al livello globale l’infrastruttura internazionale, vale a dire grandi reti dorsali che coprono vaste superfici. Sono operatori internazionali di grandi dimensioni in grado di sostenere ingenti investimenti infrastrutturali e dotati di ottime competenze tecniche specifiche. La difficoltà nel reperire ingenti capitali crea barriere all’entrata molto elevate e riduce la competizione all’interno del segmento. Proprio per tali ragioni gli NSP riescono ad ottenere margini economici elevati e stabili nel tempo. I ricavi degli NSP sono direttamente proporzionali alla crescita del traffico di internet e rappresentano perciò un segmento sicuro. Infatti data l’esplosione prevista del numero di utenti , nei prossimi anni la richiesta di accessi ad internet aumenterà in misura enorme. Gli ISP nazionali sono i più diffusi e forniscono principalmente l’accesso ai clienti privati. In questo sub-segmento esistono barriere all’entrata molto basse, poichè qualsiasi impresa con un minimo investimento iniziale riesce 73 ad offrire accessi alla Rete. Ciò rende il settore altamente competitivo. Gli ISP hanno generalmente un basso potere negoziale nei confronti dei clienti che possono passare con estrema facilità all’uso dei servizi dei concorrenti. Per consolidare la propria posizione gli ISP dovrebbero orientarsi verso modelli di business più remunerativi come l’introduzione di contenuti web, l’introduzione di nuove tecnologie di accesso e l’acquisizione di altri operatori di dimensioni minori per incrementare la massa di utenti. Gli ISP locali forniscono accesso a livello locale nelle diverse città o regioni. Questi prendono in affitto sezioni regionali delle reti egli NSP, collegando alla rete piccole aziende, scuole e abitazioni private 47. Oggi ne esistono una molteplicità per l’assenza di barriere all’entrata e la schiacciante concorrenza con gli ISP nazionali. Dubbia è la sopravvivenza di tali società che al momento presentano margini negativi e in progressiva contrazione. Accanto alle società che offrono ai loro clienti soltanto la connessione con Internet, esistono i cosiddetti information service provider definiti anche commercial online service. I servizi online offrono ai clienti servizi supplementari di informazione e intrattenimento come chat session, posta elettronica, notizie sportive, ecc. 3.5.2I portali Con il termine portale si suole generalmente indicare qualsiasi sito che fornisca al visitatore dei contenuti, come informazioni, servizi, ecc. Il portale rappresenta una evoluzione dei cosiddetti motori di ricerca, vediamo come. I motori di ricerca sono programmi utilizzati per la 47 Schlutz J., Azioni Internet: guida agli investimenti nel mercato del futuro, UTET, Torino, 2000, p. 46. 74 consultazione del web. Spesso gli utenti si trovano di fronte al problema di non conoscere l’indirizzo del dominio di un altro utente col quale vorrebbero stabilire un contatto. La via più comoda per raggiungere la home page, senza conoscere l’indirizzo esatto, consiste nel passare attraverso un motore di ricerca. Basta digitare una o più parole chiave per ottenere sullo schermo dei link che consentono di collegarsi a tutte le pagine contenenti quella parola. Ma questa è solo una presentazione approssimativa dei servizi offerti dai motori di ricerca, le cui prestazioni possono distinguersi in 48: - Motori di ricerca in senso stretto. Si tratta di programmi che utilizzano enormi banche dati, aggiornate continuamente da dei robot che sono continuamente impegnati nella ricerca di nuovi siti sul web. Le banche dati sono gratuitamente a disposizione di tutti gli utenti di Internet che possono utilizzarle per compiervi ricerche; - Cataloghi. La maggior parte dei siti web esistenti vengono valutati da alcuni redattori e memorizzati in archivi web; - Metamotori di ricerca. Si tratta di programmi che inviano contemporaneamente una richiesta a vari motori di ricerca. Si ottengono in tal modo risultati degni di nota. Molte società iniziarono la propria attività fornendo gratuitamente ai propri visitatori il servizio di motore di ricerca. I primi ricavi di queste società furono dovuti alle inserzioni pubblicitarie che gli inserzionisti decisero di inserire nel sito, visto l’ingente numero di utenti che utilizzava tale servizio. Ogni giorno infatti, i motori di ricerca vengono utilizzati da milioni di utenti di Internet e quindi per le società che cercano di farsi 48 La classificazione è tratta dal libro di Schlutz J., Azioni Internet: guida agli investimenti nel mercato del futuro, UTET, Torino, 2000, p. 50. 75 pubblicità sono molto più interessanti di altri siti web. Le tariffe pubblicitarie venivano però calcolate in base al numero di visitatori del sito e in base al numero di pagine che gli stessi visitavano. Le società , quando si accorsero che il servizio del motore di ricerca attirava si’ i visitatori ma li dirottava immediatamente su altri siti, riducendo gli introiti pubblicitari, decisero di passare ai contenuti web. Le imprese che offrivano i motori di ricerca si sono trasformate con l’intento di stabilire una relazione più duratura con i visitatori. Gli utenti dei portali tendono a visitare un gran numero di pagine del sito e a passarvi molto tempo, generando sostanziosi introiti pubblicitari. Il termine portale indica che il visitatore non vi passa semplicemente attraverso, ma si ferma. Il pacchetto di servizi offerto dai portali rende fedeli i clienti. I contenuti o servizi più comunemente offerti dai portali sono: - le caselle di posta elettronica gratuite (e-mail); - le chat e le comunità virtuali; - notizie di cronaca e politica, informazioni su borse e titoli, meteo, oroscopi, giochi, ecc; Esistono due tipi di portali: orizzontali e verticali. I primi offrono informazioni generali di tutti i tipi (sport, politica, finanza, ecc..) mentre i secondi sono monotematici. La competitività tra i portali è forte e molti ritengono che vi sarà una forte selezione in tale settore che porterà a farne sopravvivere solo pochi. Le maggiori chance di sopravvivenza ce l’hanno i first mover, ossia coloro che sono entrati nel settore per primi e che per tale motivo hanno il maggior numero di utenti. Le barriere all’entrata presenti in questo settore sono i costi di switching e le economie di scala. Gli switching costs sono i 76 costi che gli utilizzatori di un sito devono sostenere per passare ad un altro sito simile. Si tratta principalmente di un onere legato al tempo necessario per registrarsi su un altro sito e per prendere dimestichezza con un’altra interfaccia. La seconda barriera all’entrata è rappresentata dalle economie di scala, ossia all’aumentare del numero degli utenti il costo per utente scende mentre i relativi ricavi crescono. Le società che presentano dei costi di switching elevati e una buona diffusione del loro nome hanno margini economici superiori e destinati ad aumentare, per tutte le altre imprese la redditività sarà in pericolo. Attualmente molti portali hanno margini negativi a causa degli ingenti costi per la pubblicizzazione del loro nome. Il modello di business dei portali e dei contenuti web originariamente si basava sui ricavi della pubblicità, oggi si orienta alle maggiori potenzialità del commercio elettronico. 3.5.3 E-Commerce L’E-Commerce è il settore della New Economy che fa riferimento ad una pluralità di modelli operativi di vendita di prodotti e servizi on-line. Vediamo ora i modelli più diffusi: a) Business to Consumer, commercio elettronico orientato direttamente al consumatore (B2C); b) Business to Business, cioè infrastrutturale fra azienda e fornitori e partner (B2B); c) Consumer to Consumer (C2C) modelli in cui la vendita e l’acquisto sono effettuati da clienti finali tramite un intermediario. 77 a) Business to Consumer L’Internet retail o Business to Consumer è la vendita online diretta al consumatore di beni e servizi. E’ essenzialmente vendita di contenuti del Web, prodotti digitalizzabili come informazione, accesso a base di dati, prodotti di intrattenimento e vendita di beni e servizi materiali. Un buon punto di partenza per chiarire gli aspetti principali è quello di suddividere i prodotti in due grandi categorie significative per il commercio elettronico: i beni materiali e i beni immateriali. Non ci riferiamo alla tradizionale classificazione utilizzata nel marketing, nella quale i beni immateriali sono tipicamente i servizi o i prodotti che non hanno bisogno di un supporto fisico. Nel nuovo ambiente digitale la veste di prodotto immateriale bene si adatta anche a tutti quei beni che possono essere facilmente convertiti in formato digitale, cioè in sequenze di bit da inviare sulla rete grazie alle normali linee telefoniche e al normale hardware. Acquistare ad esempio un pacchetto software nel cybermercato, non implica che la confezione contenente i floppy disk debba essere recapitata a casa dell'utente: il software può essere più semplicemente inviato sul computer del cliente grazie a programmi appositi di trasferimento file, come File Transfer Protocol (FTP). Lo stesso sistema può essere utilizzato per commercializzare audio, video, libri, immagini e tutto ciò che può essere digitalizzato. Le imprese per operare con successo in questo mercato non devono mai perdere di vista tre leve fondamentali: - i contenuti, che sono il mezzo più efficace per attirare i visitatori e convertirli in acquirenti; 78 - il senso di comunità, l’utilizzo di chat, newsgroup per alzare il grado di fidelizzazione dei clienti e spingerli ad acquisti ripetuti; - il commercio, nel senso puro del termine ossia la vendita di prodotti/servizi della propria società sul web (e-commerce diretto) o di altre società (e-commerce indiretto). Bisogna inoltre tener presente che il B2C diventa molto interessante quando il mercato tradizionale relativo al prodotto venduto è inefficiente. Altro aspetto da non sottovalutare è la sensibilità degli acquirenti al prezzo del prodotto: per prodotti price-sensitive il cliente sarà orientato ad acquistare il prodotto che, a parità di qualità, ha un prezzo inferiore; per prodotti meno price-sensitive, come i beni di lusso, la competizione non sarà molto forte e il cliente baserà la scelta dell’acquisto non solo sul prezzo d’acquisto migliore ma anche sul sito che gli offre maggiore affidabilità e un miglior servizio. Lo sviluppo di un sito di vendita è alla portata di tutti ed è per questo che le barriere all’entrata in questo mercato sono molto basse. Il B2C e’ un mercato molto rischioso e rappresenta un’ottima opportunità solo per poche imprese, quelle in grado di costruire appropriate barriere all’entrata. b) Business to Business La webeconomy sarà fortemente basata sul commercio Business to Business, modello in cui le imprese fornitrici vendono direttamente in Rete alle imprese acquirenti. Le relazioni economiche avvengono solo tra aziende e non ci sono consumatori finali. Si afferma il modello dell’Extended Enterprise, azienda estesa capace di costruire relazioni 79 significative con una rete di partner che aggiungono valore al bene destinato al consumatore finale. Nell’azienda del futuro la capacità di collaborazione sarà il meccanismo chiave per la stessa sopravvivenza dell’impresa. In questo tipo di transazioni l'efficienza e l'efficacia del processo logistico sono, rispetto al caso del settore consumer, ancora più determinanti per il successo competitivo aziendale. Questo è per lo più dovuto al fatto che le aziende oggi operano in un mercato allargato e dinamico, di dimensione mondiale e con struttura reticolare. Esiste un grandissimo numero di interconnessioni tra aziende, fornitori, partner e clienti, un fenomeno che non ha mai avuto luogo nel passato. Le transazioni Business to Business si svolgono tra una molteplicità di attori, distribuiti lungo tutta la catena di creazione del valore del prodotto, e proprio la complessità di tali relazioni porta a ritenere che il miglioramento dell'assetto logistico sia fondamentale per la strategia competitiva delle aziende. Questo nuovo approccio alla filiera aziendale ha al suo centro una nuova entità: l'informazione. Spesso, infatti, è proprio la movimentazione delle informazioni a rivelarsi il punto critico nella fornitura di un servizio di alta qualità: è stato infatti calcolato che la quantità di documentazione richiesta per spostare delle merci da una parte all'altra del globo richiede frequentemente tempi più lunghi della stessa movimentazione fisica. Da questo punto di vista, Internet può far conseguire alle aziende grandi vantaggi, rendendo possibile la trasmissione di informazioni, dati e documenti in tempo reale. In questo mercato esiste un discreto livello di competitività, a seconda dei settori e delle categorie merceologiche. Ciò è dovuto alla presenza di forti barriere all’entrata principalmente rappresentate dalla rete di relazioni commerciali che le imprese hanno sviluppato nel tempo e che costituiscono un vantaggio iniziale non indifferente rispetto ai nuovi entrati. Questo 80 segmento è uno dei più attraenti nella New Economy ed è caratterizzato da rischi molto bassi e da margini elevati e stabili o crescenti. c) Consumer to Consumer Il segmento C2C riguarda tutte le transazioni effettuate dai consumatori finali tra di loro. E’ tipicamente il mercato delle aste on-line. Internet è un mezzo eccezionalmente efficace per consentire a strati sempre più vasti della popolazione l’accesso ad aste di oggetti preziosi, come opere d’arte e oggetti d’antiquariato e di oggetti di semplice uso comune. Nella aste online chiunque può offrire articoli e chiunque può fare offerte di acquisto. E’ un tipo di commercio che si sviluppa principalmente tra semplici utenti della rete e che permette di eliminare barriere geografiche e sociali. Tutti gli interessati possono partecipare o semplicemente assistere alle aste che si svolgono sette giorni su sette e ventiquattr’ore su ventiquattro. Il venditore fissa un prezzo minimo e il compratore rilancia. L’articolo viene aggiudicato a chi fa l’offerta più alta. L’utente può anche partecipare ad un tipo particolare di asta chiamata reverse auction o asta al rovescio. Questo significa che venditore e acquirente si scambiano i ruoli: è l’acquirente a proporre i prezzi per determinati prodotti o servizi e non il venditore. Bisogna semplicemente indicare cosa si vuole acquistare e a quale prezzo per poi attendere che qualcuno accetti l’offerta. Le Internet Companies hanno rivolto la loro attenzione a questo segmento di mercato per i margini molto alti che si possono ottenere rispetto al commercio elettronico diretto. Infatti questo genere di business presenta costi operativi molto contenuti, in quanto si opera da semplice 81 intermediario tra i vari utenti del sito e non ci sono costi di magazzino, distribuzione, ecc. 3.5.4 Sviluppo del commercio elettronico in Italia Alcuni richiami quantitativi possono essere utili per capire la dimensione del fenomeno dell’E-Commerce. Il commercio elettronico nell’Europa Occidentale ha raggiunto i 17 miliardi di euro nell’intero 1999. Complessivamente il B2B ha coperto il 71% dell’Internet commerce del 1999. Secondo il Rapporto Federcomin "Arcipelago internet" presentato a Vicenza il 30 ottobre 2000 la penetrazione di Internet nella grande impresa ha raggiunto quota 100% nel 1999, mentre circa il 75% delle PMI è attualmente collegato. La maggior parte delle imprese ha utilizzato inizialmente l'accesso a Internet solo per la posta elettronica non soggetta ai lunghi tempi di attesa che comporta la navigazione vera e propria. La posta elettronica rimane ancora il principale servizio utilizzato dalle imprese sotto i 10 addetti. Tra le imprese con più di 10 addetti l'installazione di siti web e di servizi di commercio elettronico ha subito una forte accelerazione nel corso del 1999. Circa il 20% di esse ha già un sito web e ben 12.000 imprese (pari al 6,2%) prevedono di avere un sito e-commerce entro i prossimi due anni. Tra le PMI è attualmente diffusa l'installazione di siti vetrina grazie all'ampia offerta di pacchetti di apertura di siti web chiavi in mano a costi bassissimi. I settori della finanza, dei servizi pubblici e dei servizi professionali trainano la diffusione dell'accesso ad Internet e dei servizi legati al commercio elettronico. Il tasso di collegamento delle PMI sfiora, infatti, il 90% nel settore dei servizi alle imprese, mentre la quota 82 più bassa (poco più del 60%) è riportata dal settore dell'edilizia. Le imprese con più di 10 dipendenti hanno aumentato notevolmente gli investimenti in reti Intranet ed Extranet per sfruttare i vantaggi di un collegamento fra le diverse sedi. Il mercato dei servizi Intranet ha generato un giro d'affari quasi 4 volte superiore a quello dei servizi per l'accesso del mercato business nel 1999. Il tasso di crescita previsto per i servizi Intranet è enorme in quanto oltrepasserà i 2.700 mld di lire nel 2003, mentre il mercato dell'accesso per il settore business raggiungerà i 560 miliardi di lire. Le stime per il mercato dell’Europa Occidentale relative al 2002 evidenziano una fortissima crescita, da 17 a 199 miliardi di euro, con il B2B che copre il 77% del commercio totale. 3.5.6 Vantaggi del commercio elettronico Ma quali sono le ragioni del successo dell’e-commerce? Quali vantaggi traggono i consumatori e gli imprenditori dal commercio elettronico? Vediamo innanzitutto le ragioni che spingono le aziende ad operare nel mercato virtuale 49: - Le imprese traggono un notevole vantaggio dalla diminuzione radicale dei costi di comunicazione sia interna che esterna e dall’aumento della loro velocità; - Si registra una riduzione dei cicli di acquisto-produzione dei beni, con conseguenti notevoli risparmi per quanto riguarda, ad esempio lo stoccaggio delle merci e gli immobilizzi finanziari conseguenti alla produzione di queste ultime; 49 Si veda Walter Scott, Il commercio elettronico, pp. 13-16. Vedi anche Morelli, Internet: l’impresa in rete, FrancoAngeli, Milano, 1998, p. 76-78. 83 - L’abbattimento praticamente totale, dei costi per la realizzazione dei punti vendita, essendo questi costituiti da siti Web, per la cui realizzazione sono richiesti investimenti assolutamente modesti. Non vi sono in sostanza barriere tecnologiche all’entrata di nuovi concorrenti; - Un più stretto e tempestivo collegamento fra clienti e fornitori, essendo tra l’altro possibile un costante aggiornamento dei cataloghi presentabili sul Web; - La possibilità di ampliare, in modo pressoché illimitato, i mercati in cui operare, senza che ciò comporti la necessità di investimenti particolari, come sarebbe indispensabile se ciò dovesse avvenire nel modo tradizionale. La rete, per sua definizione estesa su tutto il globo, porta l’offerta commerciale a clienti ovunque localizzati, realizzando in pratica, un’espansione automatica del mercato di competenza di ciascuna impresa. Il commercio elettronico rappresenta la migliore concretizzazione della globalizzazione dei mercati; - La riduzione dei costi dei prodotti e l’aumento dei margini di profitto, potendosi effettuare transazioni commerciali senza la necessità di intermediazioni, dato che il produttore, in questo caso, vende direttamente i prodotti ai clienti finali; - Lo scambio immediato di informazioni e dati tra partner di affari; - Un costo estremamente limitato delle comunicazioni necessarie per lo sviluppo delle diverse attività commerciali. E dalla parte dei consumatori possiamo invece considerare: - la riduzione dei costi, conseguente alla già citata eliminazione di qualsiasi forma di intermediazione; 84 - l’eliminazione dei limiti geografici per l’individuazione di beni e servizi più confacenti, di volta in volta, alle specifiche esigenze del consumatore; il consumatore ha la possibilità di prendere in esame una gamma pressoché illimitata di prodotti attuando in modo concreto quello che è il mercato globale. Il consumatore ha a disposizione una vetrina planetaria ma al tempo stesso ha il problema della scelta. Qui nasce un paradosso: il tempo guadagnato superando il concetto di spazio viene impiegato nella scelta e nella selezione delle informazioni.; - la possibilità di compiere in modo rapido ed esteso, verifiche e raffronti sulla qualità, costi, disponibilità dei prodotti, indirizzando gli acquisti in modo ragionato e convinto, senza che ciò comporti comunque dispendio di tempo o di altre risorse, come accadrebbe se si volesse operare nel sistema commerciale tradizionale; - l’accessibilità continua e immediata ai luoghi di vendita, non più condizionata da orari di apertura e chiusura come avviene invece con i normali negozi, con le banche, con i grandi magazzini; - La possibilità di dialogare con il fornitore per ottenere un servizio “su misura” o la fornitura di prodotti ad hoc per soddisfare determinate, specifiche esigenze (prodotti su misura ecc.) 50; - il miglioramento delle prestazioni di quello che possiamo definire il “servizio al cliente”, reso attuabile non solo dall’interattività della rete, ma dall’accessibilità costante ai fornitori e dalla loro potenziale disponibilità nei riguardi del cliente, praticamente senza le altrimenti necessarie interruzioni nell’arco delle 24 ore o dei giorni della settimana. 50 Per approfondimenti cfr. Mandelli, Internet marketing, McGraw-Hill, Milano, 1998, p. 215 e ss. 85 I vantaggi appena elencati portano con se evidenti motivi di aumento di efficienza, di competitività delle imprese, e di accessibilità ai nuovi mercati con nuovi prodotti. Tutto ciò significa e motiva l’utilizzo della “grande rete” per accedere al nuovo modo di fare comunicazione, di fare marketing, di vendere. 3.5.7 Ostacoli alla diffusione dell’e-commerce Oltre ai fattori che favoriscono lo sviluppo del commercio elettronico, esistono tutta una serie di ostacoli alla diffusione dell’e-commerce. Le aziende specializzate sono concentrate maggiormente nella risoluzione di questi problemi 51: - la sicurezza del sistema. Per poter diffondere il sistema dell’ECommerce è necessario che ci sia fiducia da parte degli operatori. La lealtà reciproca e la trasparenza del sistema, pur nella garanzia della privacy, sono fondamentali per mantenere elevato il grado di accettazione dell’e-commerce. Bisogna garantire sicurezza nelle transazioni, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di effettuare movimenti di denaro (per esempio pagare gli acquisti fatti online) con la certezza che esso giunga soltanto ai destinatari corretti e a loro soltanto. Necessità la capacità di evitare truffe, di identificarle e neutralizzarle evitandone le conseguenze negative per gli operatori. La soluzione a questo complesso aspetto del funzionamento della rete, risiede nella realizzazione i sistemi sicuri per l’autenticazione degli utenti, per garantire adeguata riservatezza ai messaggi scambiati e certezza sulla loro autenticità, per l’autenticazione dei destinatari dei messaggi e delle 51 Marcandalli, Il commercio elettronico, Masson, Milano, p. 5-15. 86 transazioni. La fiducia non può essere inculcata, ma deve essere promossa, e solo il tempo e la prova dal vero possono farla maturare. Si prevede un tempo di maturazione abbastanza lungo, al limite di una generazione, perché l’abitudine all’uso dei sistemi elettronici e di Internet e la presa di coscienza della loro affidabilità permettano il superamento di questi ostacoli. Si deve comunque tener presente la resistenza al cambiamento, fatto di costume che ci impedisce di forzare la trasformazione del sistema attuale di commercio a quello del commercio elettronico e che ci fa lasciare aperta la strada tradizionale in considerazione del fatto che non tutti sono disposti ad accettare il cambiamento. Giocano motivi di abitudine e consuetudini stabilite ma anche capacità d’uso del nuovo sistema; - i limiti dell’attuale tecnologia e delle infrastrutture comunicative che sono alla base del funzionamento di internet, soprattutto per quanto riguarda le problematiche della velocità di trasmissione e dell’accesso alla rete; - l’eccessivo costo dei collegamenti telefonici in Italia dovuti alla tariffazione a tempo della rete. Questo problema è comune ai paesi europei, mentre in Usa il costo della connessione è a tariffa fissa; - La scarsa diffusione e conoscenza del personal computer da parte degli acquirenti potenziali e la scarsa conoscenza della lingua inglese, lingua dominante in Internet (80% delle pagine). 3.6 Gli innovatori di sistema Gli innovatori di sistema sono delle imprese di servizi che offrono consulenza e assistenza nella costruzione di sistemi e procedure che permettano di operare sulla Rete. Non sono semplici imprese di consulenza 87 web ma offrono un servizio integrato in cui vengono definiti gli obiettivi che le imprese desiderano perseguire sul web e le modalità per raggiungerli. Esistono integratori di sistema a connotazione tecnologica, oppure orientati al marketing e alla comunicazione. I ricavi di queste imprese sono direttamente legati allo sviluppo e alla diffusione di Internet. 3.7 Classificazione delle aziende nella web-economy Non esiste ancora un orientamento univoco per indicare i diversi attori della Net economy. Per tale ragione riporteremo di seguito tre tipi di classificazioni delle Internet company. Secondo alcuni studiosi nella New Economy si possono individuare due tipologie di imprese 52: - Le Internet-based, imprese in cui l’esistenza di internet rappresenta la ragion d’essere. Si tratta di società nate e sviluppate sfruttando la rete, il cui fatturato deriva interamente da attività legate ad essa. Sono società che senza la rete non sarebbero mai esistite (motori di ricerca, portali, ecc..); - Le Internet-related, imprese in cui Internet costituisce, almeno per il momento, un semplice periferal. Sono imprese per la maggior parte esistenti già prima dell’avvento della rete, che hanno visto nel Web un’opportunità nuova e un modo innovativo per ampliare la loro attività tradizionale verso nuovi mercati e nuovi segmenti di clientela. Si può anticipare che la loro attività tenderà a divenire sempre più on-line. La 52 Francesco Perrini, E-valuation: valutare le imprese Internet, Mc Graw Hill, Milano 2000, p. 4-5. 88 tendenza futura vedrà perciò le imprese Internet-related divenire in modo incrementale Internet-based. Secondo altri analizzando l’atteggiamento delle imprese nei confronti dei progressi tecnologici si possono individuare quattro tipi di imprese 53: - Attendiste, che aspettano prima di adottare una nuova tecnologia. Sono imprese disorientate dalle novità e incapaci di cogliere con immediatezza i vantaggi derivanti dalla nuova tecnologia. Sono imprese che riescono a sopravvivere solo in settori maturi o di prodotti standardizzati; - Conservatrici, che hanno caratteristiche simili alle imprese attendiste ma possono operare solo in settori poco dinamici. Queste imprese a differenza delle precedenti utilizzano le novità tecnologiche ma sono caratterizzate da un basso grado di velocità utilizzo dell’innovazione; - Frenetiche, che presentano una elevata velocità di utilizzo delle innovazioni ma un basso grado del loro utilizzo. Sono attratte ma non hanno individuato le potenzialità; - Anticipatrici, che utilizzano solo le tecnologie appena introdotte. Sono veloci nell’adozione dell’innovazione e dotate di un elevato grado di utilizzo. Riescono a sfruttare in pieno le potenzialità incorporate nella tecnologia. Sono le imprese protagoniste nella digital economy, protagoniste di Internet. Secondo altri ancora le aziende che operano nella New economy possono essere distinte a seconda si tratti di aziende coinvolte nello sviluppo e aziende coinvolte dallo sviluppo. Si tratta di: 53 Delia-Russell, Di Mascio, E-Finance: strategie e valutazione delle imprese finanziarie on line, Il Sole 24 Ore, Milano 2000, p. 37-38 e 71-72. 89 - aziende old-old, società tradizionali attive in settori lontani a Internet che non risentono in alcun modo della diffusione di Internet; - aziende old-new, imprese tradizionali che producono beni e/o servizi che possono essere in qualche influenzate dalla crescita di Internet; - aziende new-old, società nate sulla scia di Internet ma che hanno un core business correlato ad un settore tradizionale, come ad esempio quelle di vendita online di libri o cd. - aziende new-new, imprese nate dall’avvento di Internet che operano in settori assolutamente correlati e connessi con la Rete, come le imprese che producono software. 3.8 Conclusioni Il top management per capire il valore della propria azienda deve dare una risposta ad alcune domande fondamentali, che poi verranno analizzate dagli analisti finanziari per scegliere il modello di valutazione più adatto alla società. Le domande sono 54: - dov’è l’azienda?; - quali sono le potenzialità di crescita del mercato?; - come l’azienda può partecipare a questa crescita?; - come l’azienda può creare valore ed essere leader?. Come abbiamo più volte detto in precedenza l’analisi qualitativa e la conoscenza della storia societaria sono alla base di qualsiasi valutazione 54 Per la classificazione cfr. Delia-Russell, Di Mascio, E-Finance: strategie e valutazione delle imprese finanziarie on line, Il Sole 24 Ore, Milano 2000, p. 232-238. 90 aziendale. Per capire dov’è l’azienda bisogna per prima cosa individuare il core business della stessa. La Net economy cresce a ritmi straordinari ed è fortemente influenzata da innovazioni tecnologiche che possono far facilmente perdere di vista alla società il proprio core business. Per questa ragione risulta necessario avere una chiara visione del proprio business e monitorare la varie fasi di crescita della società. Il management deve inoltre avere ben presente il tipo di cliente a cui intende rivolgersi per individuare la combinazione migliore tra prodotto-cliente-margine. La Net economy da la possibilità a tutti o quasi di crescere, ma premia soprattutto i leader di mercato. La nostra società è leader o follower? Avere la risposta a questa domanda aiuta molto la gestione aziendale. Bisogna inoltre chiedersi com’è la redditività della nostra azienda, ossia la composizione dei ricavi per correggere le eventuali anomalie. Conoscere se stessi è il primo passo, il secondo è conoscere gli altri o meglio le potenzialità di crescita del mercato in cui si opera. Intuire le potenzialità di crescita del settore aiuta ad affrontare la selezione e sapere come sfruttarle aiuta a superarla. Il punto fondamentale per il successo nella Net economy è avere la capacità di individuare le opzioni di business potenziali, di anticipare i movimenti del mercato riuscendo a sfruttare il vantaggio competitivo, di essere i primi ad esercitare queste opzioni ed entrare nei nuovi business potenziali, se non addirittura crearli. Per conoscere a pieno il mercato bisogna avere ben presente il grado di concorrenza del settore per capire se ci sono spazi sufficienti per operare e se si può diventare leader. Da quanto precedentemente detto possiamo affermare che i segmenti considerati più interessanti dal mercato e migliori sotto il profilo di rischio/rendimento sono quello delle tecnologie e delle infrastrutture Internet, insieme a quello del B2B e degli NSP. Meno apprezzate dal mercato, poichè più rischiose, sono invece le imprese B2C, i 91 portali verticali e gli ISP locali. Nel settore dei servizi e dell’E-Commerce, le barriere sono ridotte al minimo e ciò implica una minor prospettiva di ricavare degli utili poiché vi sarà una forte concorrenza a ridurre il giro d’affari. Nel settore delle infrastrutture invece si incontrano barriere molto alte poiché lo sviluppo di hardware e software è molto costoso e la produzione in serie di componenti essenziali di Internet richiede capitali enormi. Hanno ottime possibilità di crescita anche le società attive su Internet che presentano idee promettenti, infatti chi fa la prima mossa viene premiato, mentre chi rimane indietro spesso riamane a bocca asciutta. Nel mondo di Internet regna una concorrenza spietata e le società con il potenziale più alto di sopravvivenza sono quelle con un notevole giro d’affari, vale a dire quelle che godono di una vasta notorietà sul mercato poiché si sono guadagnate la fama di “gorilla”, si sono cioè create una nicchia nel mercato imponendo il proprio standard. Essenziale nella valutazione di una impresa Internet è inoltre la qualità del management, soprattutto nel caso di società giovani e in rapida crescita in cui le idee migliori e più redditizie provengono da giovani dirigenti aggressivi e capaci di guardare avanti, ma nello stesso tempo dotati di una ottima competenza professionale. La terza domanda serve per individuare il posizionamento strategico dell’azienda. Nella Net economy solo con un management preparato si può aprire la porta del successo. Essere consapevoli della propria visione strategica e dei propri limiti manageriali consente all’impresa di divenire leader. Non si deve assolutamente commettere l’errore di adagiarsi sui propri successi, bisogna saper sempre mantenere la capacità competitiva. L’ultima risposta necessaria per avere una corretta visione qualitativa dell’azienda è se la società può o meno essere leader. Le società che operano su internet devono avere come imperativo la conquista di posizioni 92 dominanti di mercato nel più breve tempo possibile. E’ infatti fondamentale cercare di ottenere fin da subito una posizione di leadership perchè quando il fenomeno decollerà definitivamente non lascerà spazio ai numeri tre. I fattori principali per diventare leader sono: - conoscere la propria mission. Fondamentale per qualsiasi impresa è avere un chiaro disegno strategico, avere una pianificazione strategica a priori del tipo di presenza e del tipo di ruolo che si vuole ricoprire in internet; - essere in grado di migliorare la propria redditività; - avere una architettura tecnologica adeguata. Possedere la tecnologia appropriata al momento giusto non basta per assicurare la sostenibilità del vantaggio competitivo nel tempo. L’impresa deve perciò continuamente generare l’innovazione necessaria per restare nell’arena competitiva anche quando sono entrati in campo nuovi giocatori; - avere un vantaggio competitivo sui concorrenti; - avere una bundling strategy, ossia un’offerta ampia di beni e servizi. Il valore di un’azienda è funzione di una molteplicità di parametri. Nella Net economy il valore si identifica principalmente con la strategia e gli asset immateriali, ossia la capacità di adattarsi al continuo cambiamento. Il procedimento di valutazione di una Internet company non deve perciò trascurare l’analisi della flessibilità e della scalability della società. Per flessibilità si intende la capacità dell’azienda di adattarsi al mondo esterno, di reagire alla crescente competizione, di sapersi innovare e di capire le esigenze della clientela. Le società che decidono di operare su Internet devono riuscire a convivere e accettare un contesto che cambia e che si evolve in continuazione. La scalability è invece la capacità di generare una 93 domanda incrementale e soprattutto di saperla soddisfare in modo efficiente e di fidelizzarla. Ma la flessibilità e la scalability senza una bundling strategy non hanno senso, poichè solo insieme hanno un effetto esponenziale sul valore unitario per cliente. 94 CAPITOLO 4 LA VALUTAZIONE DELLE INTERNET COMPANY 4.1 Come valutare una Internet Company: introduzione Negli ultimi tempi sono nate molte società Internet oriented caratterizzate da un business dedicato alla Rete o ai sistemi telematici, telefonici o comunque tecnologici. Altre società sono state convertite ad Internet modificando l'attività principale per creare sistemi e applicazioni di ecommerce sempre più richiesti dalla grande e dalla piccola media impresa. Queste aziende vengono valutate in borsa migliaia di miliardi di lire a fronte di ricavi molto esigui e con esercizi in costante perdita. Molti investitori sono quindi interessati a sapere se i metodi di valutazione stabiliti dal Codice civile e dai principi contabili possano essere ancora utilizzati per queste società. Mentre per le imprese operanti nell'economia tradizionale, la maggior parte dei metodi di valutazione può essere ricondotta a grandezze quali gli utili, il patrimonio netto e i flussi di cassa, nella Nuova Economia spesso queste variabili non sono utilizzabili, il capitale investito, infatti, è in genere modesto ed i flussi di cassa sono 95 prevalentemente negativi. Ciononostante il mercato le premia: imprese in perdita nate da pochi mesi, vengono quotate in Borsa o acquisite da altre imprese a prezzi da fare invidia ai maggiori gruppi industriali globali. Queste società nella maggior parte dei casi chiudono i bilanci in perdita, vantano patrimoni irrisori e non generano ancora flussi di cassa. Tutti gli operatori iniziano perciò a interrogarsi sul reale valore delle nuove società. Gli asset tradizionali (impianti, macchinari, giacenze, crediti) rappresentano soltanto il 20% del valore di Borsa delle società quotate. Questo dato impone la necessità di valutare quegli asset che, al contrario, incidono realmente sull'effettivo valore di impresa. Mi riferisco a tutto ciò che nelle aziende comincia a rappresentare la principale fonte di vantaggio competitivo: i beni intangibili che, seppur ignorati dai bilanci contabili, rappresentano ormai l'80% del valore di Borsa delle e-company. Le Internet Company, poiché’ operanti in un mercato altamente competitivo, saranno sottoposte ad un duro processo di selezione nel corso dei prossimi anni. Molte di esse non riusciranno a sopravvivere, altre saranno oggetto di fusioni o acquisizioni, altre ancora consolideranno il loro potere. Il cambiamento delle abitudini e l’incremento della competizione si ripercuoteranno direttamente sulle strategie aziendali e questo determinerà un’opportunità per alcuni settori e un pericolo per altri. Per individuare le poche imprese che riusciranno a sopravvivere a questo fenomeno di selezione naturale bisognerà tentare di individuare il valore intrinseco di ogni società. Il tema della valutazione quantitativa delle aziende è una delle questioni più controverse della finanza moderna. Ciò deriva dal fatto che i prezzi di mercato dei titoli internet siano altamente sopravalutati e non derivino dai fondamenti delle società quotate bensì dallo sbilanciamento esistente tra domanda e offerta di titoli 1. Le forti 1 Per approfondimenti vedi § 4.5. 96 oscillazioni dei titoli sono determinate dal ristretto numero di società quotate e dal fatto che si tratta appunto di settori innovativi a grande crescita, in fase di start-up. Come si valutano queste società? Come vanno valutate quelle imprese che hanno appena avviato la propria attività, che hanno un grande potenziale di sviluppo, ma che non sono ancora in grado di produrre utili? Risultano indispensabili nuovi metodi di valutazione che consentano di dare valore alle strategie, pur in assenza di profitti, non perdano contatto con la realtà economica, siano in grado di dare valore alla flessibilità e siano utilizzabili in condizioni di incertezza. La Net Economy non ha imposto un nuovo modo di creare valore, quest’ultimo è infatti rimasto immutato. Non si è alla ricerca di nuovi principi e criteri di apprezzamento del valore, quanto piuttosto al perfezionamento dell’esistente per rispondere alle caratteristiche di volatilità e proiezione nel futuro dei risultati tipiche delle imprese Internet-based. Di fronte a queste molteplici problematiche legate alla valutazione delle Internet company è forte la tentazione di assumere un atteggiamento rinunciatario nei confronti del tema "valore" e di affidarsi incondizionatamente alla “mano invisibile del mercato” che determina i prezzi. Ma è ben noto che il prezzo è cosa diversa dal valore poiché esso è definito dall’incontro tra domanda e offerta. Tale approccio risulta perciò insoddisfacente. Vediamo allora come reagiscono gli operatori di fronte al tema valutazione delle società Internet. Un primo gruppo di investitori assume un atteggiamento scettico sulla possibilità di poter valutare in maniera razionale e quantitativa queste aziende; si parla spesso di bolle speculative e di tecniche di valutazione prevalentemente qualitative basate sul potenziale strategico del mercato e del prodotto di riferimento, sul posizionamento della società nell'arena competitiva e sulla capacità del management di operare con risposte idonee 97 e tempestive in un mercato in cui le opportunità e le minacce si misurano in bit e secondi. La maggior parte degli analisti finanziari e banchieri d'affari utilizzano, invece, il metodo empirico dei multipli di mercato: in particolare è molto diffusa la valutazione attraverso i multipli del fatturato (p/sales) e del numero di utenti (p/user) nelle loro diverse forme ed applicazioni. Mentre per le imprese dell'economia tradizionale i multipli più diffusi sono quelli del prezzo sugli utili per azione (Eps) o sul risultato operativo al lordo degli ammortamenti e delle svalutazioni (Ebitda), quando si esaminano le Internet company esse raramente vantano degli Eps o Ebitda positivi e pertanto si osserva una propensione ad accontentarsi dei multipli del fatturato. Un gruppo più ristretto di osservatori si avventura nell'utilizzo di metodi più analitici come lo sconto dei flussi di cassa (discounted cash flows o Dcf). Le proiezioni economico-finanziarie sulle quali si basano questi metodi fanno ricorso a ipotesi spesso eroiche (tassi di crescita del fatturato nell'ordine del 500% annuo) e, essendo assenti i flussi di cassa nei primi periodi, spesso gran parte della valutazione viene ricondotta ad un ambizioso ma molto incerto valore finale dell'azienda (terminal value). Inoltre un'ulteriore complicazione nella valutazione è rappresentata dalla determinazione del costo del capitale di queste imprese, non esistendo serie storiche adeguate e società comparabili è piuttosto complicato determinare in maniera attendibile il costo del capitale, soprattutto quello di rischio. Altra metodologia, con una riconosciuta dignità accademica e utilizzata operativamente da società di venture capital e da alcune grandi imprese, particolarmente idonea per la valutazione di queste società e che spiega molto di quello che sta succedendo sui mercati azionari è quella delle opzioni reali (derivazione della teoria delle opzioni finanziarie). Le opzioni reali sono uno strumento accreditato sia per la 98 valutazione degli intangibles che delle opportunità di crescita e degli startup. Passiamo ora ad illustrare in dettaglio questi metodi di valutazione delle Internet Company. 4.2 Il metodo dei multipli di mercato Le metodologie tradizionali di valutazione delle imprese (basate sugli utili, sul patrimonio netto e sui flussi di cassa) sono difficilmente applicabili alle società Internet poichè finora molte di queste società non hanno conseguito profitti. Gli operatori hanno dunque scelto di adottare le metodologie dirette o empiriche nella valutazione delle aziende internet data l’evidente difficoltà nell’utilizzo di quelle analitiche. Si tratta di metodologie molto semplici e spesso inficiate da errori concettuali, ma in grado di fornire le basi per la valutazione. Nel mondo anglosassone il metodo dei multipli risulta essere il più diffuso e quello che meglio rappresenta il valore intrinseco delle imprese. Il metodo dei multipli si basa sull’assunto generale che i prezzi di mercato rappresentano la migliore approssimazione del valore dell’impresa. In generale l’approccio di mercato ai multipli può essere distinto tra metodi che utilizzano i prezzi di quotazione nel mercato ufficiale regolamentato e quelli che utilizzano i prezzi determinati sulla base dei valori delle recenti transazioni di M&A. Nel primo caso si ricorre ad un dato pubblicamente disponibile che indica direttamente il valore di una quota del capitale di rischio investito nell’impresa, nel secondo casi si fa riferimento ai valori stimati in occasione di operazioni diffusione ed acquisizione aventi per 99 oggetto imprese simili a quella da valutare. Esistono vari tipi di multipli di mercato: - multipli storici, ottenuti confrontando i prezzi correnti di borsa con i risultati dell’ultimo bilancio disponibile; - multipli trailing, ottenuti confrontando i prezzi correnti di borsa con i risultati riferibili ai dodici mesi precedenti la data di riferimento della stima; - multipli leading, ottenuti confrontando i prezzi correnti di borsa con i risultati attesi per il prossimo esercizio (o con una media dei risultati attesi per i prossimi due/tre esercizi). La prassi prevalente in Europa continentale è in genere orientata all’impiego dei multipli storici o trailing per ragioni di obbiettività di stima. Il richiamo del prezzo di borsa non è mai effettuato con riguardo al prezzo tratto da una singola seduta di borsa, bensì dal calcolo di una media di prezzi rilevati nel corso di un periodo giudicato significativo (tre mesi sei mesi o un anno). L’utilizzo dei multipli descritti nel § 2.7, risultano inapplicabili alle Internet company per i motivi sopra esposti e quindi gli analisti si sono orientati verso i multipli di fatturato. Il fatturato è il primo indicatore economico dell’attività d’impresa. Vediamo allora quali sono le principali fonti di guadagno per le imprese internet 2: - ricavi da fornitura di accessi, connettività, tipici degli ISP; - proventi della pubblicità; 2 La classificazione trae spunto dal libro di Schlutz, J. Azioni Internet: guida agli investimenti nel mercato del futuro, UTET, Torino, 2000, p. 130. 100 - ricavi dalle transazioni del commercio elettronico, derivanti da vendita di prodotti e servizi online; La prima fonte di guadagno va distinta a seconda si tratti di fornitura di connettività consumer o business. Nella maggior parte dei casi i rapporti tra le società internet e la clientela sono a titolo gratuito mentre i rapporti con la clientela business sono generalmente a pagamento poichè mirati a soddisfare esigenze differenti e ad offrire servizi di alta qualità. La pubblicità è una voce di ricavo molto importante nei bilanci delle imprese internet. Ci sono varie forme di pubblicità su internet: i buttons, bottoni; i banners, striscioni pubblicitari; i pop-ups, apertura automatica di finestre pubblicitarie. I ricavi dalla vendita di beni e servizi online può essere distinta in vendita diretta ed indiretta. Si parla di vendita diretta nel caso in cui la società vende attraverso il proprio sito web e gestisce direttamente il rapporto con il cliente. Nel caso di vendita indiretta invece il venditore decide di raggiungere la clientela utilizzando altri siti. Si stipulano accordi di ripartizione dei ricavi tra venditore e rivenditore. Queste due forme di transazioni online non si escludono a vicenda, anzi spesso sono utilizzate entrambe. I multipli di mercato sono quelli più frequentemente applicati nelle comunità finanziarie dato che sono semplici da calcolare e permettono immediati confronti tra i titoli delle diverse imprese. Secondo Michael Livian tali multipli avranno con il tempo una funzione sempre minore, infatti quando le società Internet saranno in grado di generare utili tali metodi verranno sostituiti con quelli analitici 3. 3 Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000, p.135. 101 4.2.1 Rapporto Cap/Sales (C/S) Il multiplo di mercato più utilizzato nella valutazione delle Internet Company è sicuramente il rapporto tra la capitalizzazione di borsa della società per il fatturato, (in inglese Capitalization/Sales) conosciuto anche come rapporto prezzo/fatturato 4. Appare subito evidente la somiglianza con un altro indice fondamentale, il rapporto prezzo/utile che non viene utilizzato per la valutazione delle imprese internet in quanto spesso prive di utili. Si utilizza allora quest’altro indice che indica quanti anni gli azionisti devono attendere per recuperare il capitale iniziale, ipotizzando che il fatturato sia costante nel tempo. In genere, un titolo è tanto più conveniente quanto più basso è il rapporto C/S. Facciamo un esempio: Cap / sales = (100.000 x 10.000£) / 200.000.000£ = 5 dove: capitale sociale della società X = 100.000 azioni prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£ fatturato della società X = 200.000.000£ La quotazione di Borsa vale cinque volte il fatturato. Ipotizzando un fatturato costante ogni anno, gli azionisti devono attendere cinque anni per recuperare il capitale investito. Per le imprese Internet è più importante nella fase iniziale del proprio sviluppo aumentare il fatturato più che i profitti, al fine di consolidare il proprio marchio. Dunque il multiplo sulle vendite è il più utilizzato nella Net Economy tra gli indicatori fondati su grandezze economiche. 4 Per approfondimenti vedi Damodaran A. Manuale di valutazione finanziaria, Mc Graw Hill , Milano, 1996, pp. 268-289. 102 Solitamente si costruiscono i multipli utilizzando i dati di mercato rapportati al fatturato prospettico. Viene preso in considerazione un periodo di tempo relativo a due esercizi successivi a quello attuale, anche se sarebbe opportuno fare riferimento al fatturato del periodo in cui l’impresa opererà in situazione di normalità. Il rapporto prezzo fatturato prospettico viene utilizzato dagli analisti in due diversi modi: - può essere confrontato con il multiplo medio del segmento di mercato, per vedere se il titolo è sopra o sotto valutato. E’ un approccio che ha alla base una forte limitazione cioè presuppone che i multipli convergano verso la media del settore; - si può applicare un multiplo prezzo/fatturato prospettico medio del settore al fatturato atteso della società in esame. In tal modo si perviene al valore della società in una data futura. Scontando a oggi tale valore si ricava il valore attuale della società. I multipli del fatturato prospettico sono gli indicatori più utilizzati nella pratica per valutare le imprese internet. Molti autori sostengono che in mercati in iper-crescita come quelli legati alla rete, il moltiplicatore C/S sia migliore di altri multipli di borsa, dal momento che il successo dell’azienda dipende in larga misura dalla quota di mercato che esse riescono a guadagnare e dalla crescita dei loro fatturati. 4.2.2 Rapporto Cap /Customer Internet può essere considerato anche come un nuovo “media” e proprio per questo gli analisti utilizzano alcune tecniche di valutazione dei media tradizionali per valutare le Internet Company. Il rapporto Cap/Customer è il 103 multiplo empirico più utilizzato per questo genere di valutazioni. Ma non tutte le società hanno quale caratteristica fondamentale della loro attività quella mediatica, così bisognerà per prima cosa delineare il tipo di attività dell’impresa per poter utilizzare correttamente i multipli degli utenti. Tale indice infatti viene solitamente utilizzato nella valutazione degli Internet Service Provider e dei portali verticali e orizzontali, mentre sono meno interessanti nel caso del B2B. Il rapporto tra la capitalizzazione di borsa della società (Capitalization) e il numero dei clienti (in inglese customer) rappresenta il valore che gli operatori attribuiscono ad ogni singolo cliente della società. Facendo un esempio: Cap / customer = (100.000 x 10.000£) / 80.000 = 12.500£ dove: capitale sociale della società X = 100.000 azioni prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£ numero dei clienti della società X = 80.000 Per customer si intende qualsiasi utilizzatore del Web che è inscritto al sito e che si suppone utilizzi abitualmente i servizi di accesso e di contenuto dello stesso. Per calcolare questi multipli risulta indispensabile stimare il numero degli utenti della società, ma altrettanto indispensabile è la stima delle numero di utenti futuri e del loro tasso di crescita. Nella New Economy infatti, per ovvie ragioni, gli analisti tendono a basarsi molto più sui dati prospettici che su quelli attuali, scarsamente significativi. Il valore che viene preso come base di riferimento non è un dato storico ma un valore atteso costruito su previsioni elaborate dalle imprese stesse. 104 Una volta calcolato il valore per utente questo va confrontato con quello medio di settore per verificare se l’impresa e sopra o sotto valutata rispetto al mercato. Gli analisti finanziari sono i principali utilizzatori di questo indicatore poichè attraverso questo multiplo possono implementare strategie di buy, hold e sell informandone i propri clienti. Altra applicazione di tale multiplo consiste nel calcolare il multiplo medio di settore e moltiplicarlo per il numero di utenti che la società vanta di stimare, per ottenere il valore teorico della società oggetto di valutazione. Il numero di utenti è un fattore molto importante ma, se non è supportato da un sano modello di business, non consentirà all’impresa di sopravvivere a lungo. Con l’avvento della Net Economy sta aumentando l’attenzione che le imprese rivolgono al comportamento dei clienti. L’evoluzione delle forme di concorrenza, la progressiva saturazione di molti mercati, e le strutturali modificazioni dei processi di scambio stanno obbligando le imprese ad adottare una prospettiva di prioritario orientamento allo sviluppo e al consolidamento della relazione con i clienti. Le imprese che sono in grado di sviluppare solide relazioni con i propri clienti producono un valore potenziale molto elevato. Il valore di mercato di molte imprese è fondato proprio sul numero di clienti in portafoglio, per ciascuno dei quali viene riconosciuto all’impresa un valore. La maggior parte delle imprese Internet-based e related oggi è giudicata sulla base della “capacità di generare traffico”, considerata il driver del valore fondamentale per la valutazione. Occorre però determinare la reale capacità dell’impresa di trasformare i visitatori in ricavi, traducendo il semplice contatto in fatturato derivante da pubblicità, offerta di servizi a pagamento, connessione, e-commerce. La crescita del numero di visitatori è rilevante anche perchè permette di innescare un circolo virtuoso: ad un 105 primo aumento dei contatti, se la navigazione è risultata positiva, seguirà un successivo incremento del numero di soggetti che potenzialmente possono acquistare prodotti e sevizi on-line. L’impresa diventerà così sempre più nota sulla Rete. Il numero dei clienti è un indicatore non troppo preciso dal momento che ogni utilizzatore tende ad iscriversi a più siti contemporaneamente, soprattutto da quando sono proliferati siti con registrazione gratuita. E’ un indicatore che non è in grado di esprimere la loyalty del singolo abbonato al servizio offerto. Per ovviare a questo inconveniente sono proliferati nuovi indicatori in grado di esprimere il numero delle visite dell’utente, il tempo di permanenza medio nei diversi siti visitati e altre informazioni. 4.2.3 Rapporto Cap/User e Cap/Stickiness Un indice molto simile al precedente è il Cap/User che è dato dal rapporto tra la capitalizzazione di borsa e il numero di utenti. Il numero di utenti preso a riferimento è solitamente quello su base mensile. In questo caso si prende in considerazione il numero di utenti o anche di contatti relativi ad un sito Web, anziché il numero di clienti. Questo multiplo può essere utilizzato per la valutazione di tutti i siti che sono esposti a contatti regolari da parte dei clienti, specie per i motori di ricerca e le case d’asta. I contatti infatti sono particolarmente importanti per certe società che ricavano le loro entrate esclusivamente dalle pagine pubblicitarie, poichè più le pagine sono frequentate, maggiori saranno i ricavi da entrate pubblicitarie. Il rapporto Cap/User va interpretato in modo analogo a quello Cap/Customer, ovvero quanto pagano gli azionisti per ogni utente? Più il numero è elevato, 106 più il prezzo del titolo è alto e quindi maggiori sono le aspettative di ricavarne degli utili. Facendo un esempio: Cap / user = (100.000 x 10.000£) / 20.000 = 50.000£ (al mese per utente) dove: capitale sociale della società X = 100.000 azioni prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£ numero di utenti che hanno visitato il sito della società X in un mese = 20.000. Altro multiplo importante nella valutazione delle internet companies è il rapporto Cap/Stickiness che si ottiene dal rapporto tra la capitalizzazione di borsa e la “fedeltà” al sito, o meglio la durata media del contatto (in inglese, stickiness). L’importanza di tale multiplo deriva dal fatto che i proventi della pubblicità non sono determinati solo dalla frequenza dei contatti ma anche dalla durata della connessione con un determinato sito web. Maggiore è l’attaccamento di un cliente al sito e maggiore sarà il potenziale fatturato che si potrà ricavare dalla pubblicità. Più il rapporto Cap/Stickiness sale e più il prezzo del titolo risulterà alto in confronto a quello degli altri siti web. Cap / stickiness = (100.000x10.000£) / (20.000x35) = 1.428,57 (al minuto) dove: capitale sociale della società X = 100.000 azioni 107 prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£ numero di utenti che hanno visitato il sito della società X in un mese = 20.000 durata media del contatto per ogni utente = 35 minuti In linea di principio questo rapporto dovrebbe avere una efficacia superiore a quella del Cap/User in quanto la durata media del contatto fornisce dati sull’effettiva intensità della frequenza su un sito web. Eppure in America questo multiplo non ha alcuna importanza poichè tenere aperta una pagina un’ora o tutto il giorno ha sempre lo stesso costo, grazie alla tariffa forfettaria vigente nel paese. 4.2.4 Rapporto Spese di marketing/Clienti Un altro indice importante utilizzato nella valutazione delle internet company, ma non finalizzato alla determinazione del valore aziendale, è il valore delle spese di marketing per unità di cliente. Più una società spende per farsi una clientela e tenerla legata a se, più viene giudicata positivamente dagli analisti. Per esempio: Spese di marketing / clienti = 500.000.000£ / 15.000 = =33.333£ dove: spese annue per pubblicizzare il sito della società X = 500.000.000£ numero di clienti della società X = 15.000 In un anno la società X ha speso per ogni cliente 33.333£ in pubblicità. 108 Nella valutazione delle società gli operatori spesso si chiedono quali sforzi vengano intrapresi dalla società per aumentarne in futuro la notorietà. Nei settori dei servizi internet e del commercio elettronico il brand o meglio la notorietà del marchio aziendale è fondamentale. Le società che operano su Internet devono adottare tutte le misure utili per aumentare la notorietà di un sito e farne conoscere il dominio (indirizzo internet della Home page), poichè il successo di un sito web dipende inevitabilmente dal numero di contatti. Nel mondo di Internet regna una elevata concorrenza e le aziende che hanno maggiori possibilità di sopravvivere sono quelle con un notevole giro d’affari, vale a dire quelle che godono i una vasta notorietà sul mercato. I siti web che si trovano nella fase iniziale di affermazione avranno spese di marketing molto elevate rispetto ai siti già affermati, ai cosiddetti first mover. 4.2.5 Multipli particolari per imprese che gestiscono pagine web Andiamo ad analizzare alcuni multipli di mercato utilizzati esclusivamente nella valutazione delle aziende web che hanno come asset principale la gestione del sito web e delle relative pagine web. I metodi di valutazione tradizionali incontrano dei limiti di applicabilità se utilizzati nella determinazione del valore di questo genere di società. Se si utilizzano i metodi reddituali risulterà particolarmente difficile la stima attendibile dei redditi futuri della società e la scelta del tasso di attualizzazione, dovuta alla particolare rischiosità d’impresa nel settore internet. I metodi patrimoniali invece incontrano i limiti degli assets poichè il valore economico di queste aziende è per la maggior parte costituito da elementi 109 immateriali non iscritti in bilancio. Proprio per questi motivi vengono proposti questi tre metodi 5: a) metodo semplificato delle page view; b) metodo semplificato delle page view e degli utenti registrati; c) metodo misto complesso (page view, utenti registrati , tempo di visita). a) Con il termine page view si intende indicare la quantità di pagine richieste dagli utenti. Si tratta di un buon indicatore della qualità del sito. Un alto numero di pagine, infatti, indica completezza delle informazioni fornite e una buona visibilità del sito. Considerando che ciascuna pagina può essere completata da un banner, sponsorizzazioni e inserzioni pubblicitarie, è facile dedurre che il gran numero di pagine consultate di un sito costituisce un presupposto della sua redditività. Il modello per il calcolo del valore economico dell’azienda applicando questo metodo è: W = m * k * PV [21] dove: W = capitale economico della società; PV = numero di pagine viste annue del sito; k = fattore costante di capitalizzazione delle pagine viste pari a 1.000; m = fattore moltiplicativo delle page view. Dipende dalle caratteristiche del sito web con particolare riferimento al target di utenza. 5 Dalla rivista Scienza & Business 2000, Il web site value, pg. 16-20 o sul sito http://www.aldobattista.it/lavori/valutazione.htm. 110 Il rapporto tra il numero di page view e il numero di utenti del sito esprime il numero medio di pagine consultate per ogni utente: Pv = PV / US [22] dove: Pv = pagine viste per utente; PV = numero di page view annue del sito; US = numero di utenti annuo del sito. Considerando anche il numero di utenti, il modello delle page view diventa: W = M * k * PV [23] dove: W = capitale economico della società; M = fattore moltiplicativo delle page view che considera l’effetto delle page view per utente; PV = numero delle page view annue del sito; k = fattore costante di capitalizzazione delle page view pari a 1.000. Il valore del numero di pagine visitate medio per utente (Pv) influenza positivamente il valore economico della società. Un valore elevato di Pv esprime la capacità del sito di trattenere il visitatore nella navigazione al suo interno e quindi esprime ricchezza e qualità di contenuti. 111 Si deve sottolineare che PV, Pv e US sono valori stimati e previsti dall’azienda in relazione alla futura capacità di conseguire page view. Detti valori possono essere determinati con metodi storici, frutto di analisi degli andamenti passati, o su modelli prospettici basati su attendibili e ragionevoli previsioni degli andamenti futuri. In entrambi i casi le previsioni non possono superare l’arco temporale di due esercizi a causa del forte decadimento della stima oltre tale limite di tempo. b) Gli utenti registrati sono costituiti dai navigatori che hanno registrato i propri dati presso il sito internet al fine di ottenere particolari sevizi previsti. La funzione della registrazione è quella di conoscere il surfer, le sue esigenze il suo profilo. In questa maniera l’azienda riesce a definire e conoscere meglio il target al quale si rivolge e nello stesso tempo a fidelizzare l’utente. Il modello delle page view e degli utenti registrati si esprime così: W = Mr * k * PV [24] dove: PV = numero delle page view annue del sito; k = fattore costante di capitalizzazione delle page view pari a 1.000; Mr = fattore moltiplicativo delle page view che considera l’effetto degli utenti registrati. Il fattore Mr dipende dalle caratteristiche del sito web con particolare riferimento al rapporto tra utenti registrati e visitatori. Questo rapporto indica quanta parte degli utenti che accedono al sito sono rappresentati da 112 utenti registrati. Si ricorda che detto rapporto è frutto di stime e congetture sulle capacità future dell’azienda e pertanto le stime non possono spingersi oltre i due anni. c) Il metodo misto complesso considera per la stima del valore economico dell’azienda, il periodo di tempo medio in cui il visitatore ha navigato all’interno del sito web. Un sito con una elevata durata di sessione per utente manifesta l’elevata esistenza di qualità di contenuti del sito. Al contrario la presenta di un elevato numero di pagine viste per utente e un basso valore di tempo medio evidenzia l’esistenza di pagine non lette dal navigatore. Possiamo tradurre il fattore tempo in page view, applicando sistemi di reload delle pagine che ricaricano la pagina trascorso un intervallo di timeout di visita. Se decidiamo di non applicare questo sistema dovremmo correggere il valore PV rapportando il numero dei minuti di visita delle pagine con tempo medio superiore al timeout rispetto ai minuti del timeout di visita: PV = pv + (M tot / T out) [25] dove: PV = numero di pagine viste annue del sito; pv = numero di page view annue con tempo di visita inferiore al timeout; M tot = numero di minuti annui di visita delle pagine con tempo di visita superiore al timeout; Tout = numero di minuti del timeout (generalmente compreso tra 15 e 30 minuti). 113 Il valore così determinato deve essere applicato nel metodo delle page view semplificato e nel metodo degli utenti registrati per il calcolo del valore economico dell’azienda. Tabella 4.1 Range di valutazione del fattore m Range di m Profilo Tipologia di pagine 0,9 – 1,5 Low Utenza generica con bassa identificazione del target 1,6 – 2,4 Medium Utenza generica e targettizzata 2,5 – 4,2 High Utenza specifica 114 Tabella 4.2 Range di variazione del fattore M Rapporto Range di M Pv 1 – 2,5 1,05m – 1,15m 2,6 - 6 1,15m – 1,25m Oltre 6 1,25m – 1,5m Profilo Tipologia di pagine Ciascun utente visita in media fino 2,5 pagine Ciascun utente Medium visita in media da 2,6 a 6 pagine Ciascun utente High visita in media oltre 6 pagine Low Tabella 4.3 Effetto moltiplicativo determinato dal valore di Pv Valore di Pv Effetto moltiplicativo Basso 5% - 15% Medio 15% - 25% Alto 25% - 50% 115 Tabella 4.4 Range di variazione del fattore Mr Utenti reg./ visit. Range di Mr Profilo 0 – 5% 1,05m – 1,15m Low 6% - 15% 1,15m – 1,25m Medium 16% - 100% 1,25m – 1,5m High Tipologia di pagine Gli utenti registrati rappresentano fino al 5% dei visitatori annui Gli utenti registrati rappresentano dal 6% al 15% dei visitatori annui Gli utenti registrati rappresentano dal 16% alla totalità dei visitatori annui 4.3 Metodi analitici: il Discounted Cash Flow Il discounted cash flow è il metodo analitico formalmente più corretto per la valutazione di qualsiasi impresa. Proviamo allora ad applicare questo metodo anche nella valutazione delle società internet. Il metodo finanziario, insieme ai multipli, è il metodo cui è dato maggiore credito anche nella Net Economy. Attualmente però gli analisti preferiscono valutare le imprese Internet tramite l’utilizzo dei moltiplicatori viste le numerose difficoltà che s’incontrano nell’utilizzo degli altri metodi di valutazione, compresi quelli finanziari. La situazione ideale per l’utilizzo del DCF è quella in cui i flussi di cassa siano positivi e stimabili con attendibilità e con loro anche il costo del capitale. Proprio la necessaria presenza di questi tre aspetti comporta una serie di difficoltà nell’applicazione del metodo alla New Economy. 116 Iniziamo la nostra analisi descrivendo il tipo di società che può essere valutato con questo metodo e perché 6. Il DCF risulta applicabile solo alle imprese che hanno raggiunto un certo grado di maturità poichè sono quasi sicuramente in grado di generare flussi di cassa. Nel caso di società neonate l’applicazione di tale metodo risulta inutile poiché i flussi di cassa tendono ad essere negativi e la loro stima inattendibile. Il metodo del DCF risulta inoltre adeguato soprattutto per la stima delle società che hanno una clientela di tipo business (B2B), poichè si tratta di un tipo di clientela contraddistinta da un maggior livello di stabilità e fedeltà e dotata di una maggiore propensione a stabilire rapporti economici duraturi. Queste caratteristiche si traducono in una stima più attendibile dei flussi di cassa della società, cosa non possibile per le società con clientela di tipo consumer (B2C e C2C) caratterizzata da comportamenti instabili. Altro fattore importante nella scelta del metodo di valutazione risulta la componente contenutistica del servizio offerto dalla società. La stima dei flussi di cassa risulta meno attendibile nel caso di società ad elevato carattere contenutistico (portali, B2C) poichè tale tipo di servizio non permette di raggiungere un legame economico stabile e duraturo in grado di garantire delle stime economiche ragionevoli. In sintesi, il metodo del discounted cash flow risulta particolarmente idoneo per la valutazione di imprese mature, con una clientela di tipo business e una componente contenutistica ridotta. Per le imprese neonate, con clientela consumer e con una componete contenutistica elevata è consigliabile l’uso del metodo delle opzioni reali che tratteremo successivamente. 6 Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000, p.153-157. 117 La formula dei flussi di cassa che viene utilizzata per valutare le Internet Companies è uguale a quella che abbiamo illustrato nel § 2.4 per la valutazione delle imprese di tipo “tradizionale”. Risultano però diversi il metodo di stima dei flussi di cassa, la determinazione dell’orizzonte temporale e la stima del costo del capitale. Nei modelli finanziari la stima dei flussi di cassa si basa sulla domanda, ovvero sui ricavi stimati per le imprese e sulla loro proiezione nel tempo. Nelle imprese di tipo tradizionale la determinazione della domanda avviene tramite l’analisi delle serie storiche, delle regressioni delle variabili macroeconomiche e su considerazioni di tipo qualitativo. Nella New Economy invece la stima risulta assai più complessa poichè la crescita della domanda segue i modelli tipici delle innovazioni tecnologiche che sono di difficile valutazione. Per una corretta determinazione dei flussi di cassa sarà quindi opportuno fare un’attenta analisi della domanda e del mercato potenziale in cui l’impresa Internet opera. La stima dell’orizzonte temporale entro cui fare la valutazione dipende in larga misura dalla capacità di stimare in modo attendibile i flussi di cassa. Nell’economia tradizionale l’orizzonte temporale è in genere di 5-8 anni mentre nella nuova economia gli analisti nella prassi adottano due tipi di scelte. Utilizzano orizzonti temporali di 3-5 anni quando ritengono inattendibile la stima dei flussi di cassa per periodi superiori oppure scelgono orizzonti temporali più lunghi di quelli tradizionali, 8-10 anni, quando ritengono che i flussi dei primi anni siano talmente scarsi da rendere insoddisfacente tale tipo di stima. Per quanto riguarda la stima del costo del capitale dobbiamo affermare che non è corretto ipotizzare un costo del capitale costante per tutto l’orizzonte della valutazione dell’impresa Internet. L’ipotesi di costanza nelle valutazioni tradizionali risulta sufficiente ma per le internet 118 companies bisogna tener presente che il rendimento richiesto dagli azionisti di una start-up è notevolmente superiore a quello richiesto per il finanziamento della stessa impresa quando ha raggiunto la maturità. Bisognerà quindi ipotizzare costi del capitale differenti per ogni periodo della valutazione e decrescenti in funzione della maturità dell’impresa. Una volta raggiunta la maturità le imprese internet avranno costi del capitale simili alle impresa dell’economia tradizionale. Il processo di convergenza tra la New economy e l’economia tradizionale renderà questo metodo sempre più adeguato alla valutazione delle imprese internet. 4.3.1 Il processo di formazione dei flussi di cassa Per comprendere al meglio come valutare le Internet Companies con il Dcf occorre identificare il modo in cui esse producono i flussi di cassa e le principali differenze con le imprese tradizionali. Partiamo dall’assunto che il flusso totale dell’impresa è dato dalla somma algebrica del cash earning e del cash investment. Il primo tipo di flusso è generato dall’impresa sotto forma di reddito operativo al netto delle tasse mentre il secondo rappresenta il flusso generato dall’impresa disinvestendo o investendo nei fixed asset, dilatando o restringendo il capitale circolante netto oppure derivante da fusioni e acquisizioni. Dallo studio dell’andamento del cash earning e cash investment si può costruire una matrice che individua quattro diverse modalità di generare cash flow in cui collocare le imprese 7: 7 Francesco Perrini, E-valuation: valutare le imprese internet, Mc Graw Hill, Milano 2000, pg. 197-205. 119 - I° Quadrante - Imprese a crescita tradizionale, che operano in business remunerativi ma che necessitano di investimenti per rimanere competitive ed espandersi; - II° Quadrante - Start up e distruttori di valore, imprese caratterizzate da flussi di cassa negativi che stanno distruggendo valore; - III° Quadrante - Imprese in ristrutturazione o emergenti efficienti, che si trovano in una situazione transitoria con cash flow positivi ma prodotti non tramite il proprio core business; - IV° Quadrante - Super cash flow, situazione in cui sono positivi sia i flussi operativi che quelli da investimento. Una volta riconosciuti i flussi di cassa totali si può individuare in che quadrante l’impresa si trova. Le imprese internet si distinguono per generare cash flow in maniera completamente nuova rispetto alle imprese tradizionali. Per tale motivo è importante utilizzare modelli di valutazione che tengano conto della struttura temporale dei costi e dei ricavi, come è quello della Dcf. Nella prima fase le imprese Internet effettuano investimenti in immobilizzazioni materiali di piccola entità e da ingenti investimenti in tecnologie. Ciò porta a perdite di cassa non controbilanciate dai ricavi. Solo successivamente, le imprese riescono a controbilanciare le perdite di cassa, grazie all’aumento in misura considerevole del numero di utenti e alla struttura rigida dei costi. Nell’ultima fase evolutiva si registrano ampi flussi di cassa positivi in relazione sia alla penetrazione del prodotto/servizio nel mercato sia al pieno utilizzo delle potenzialità offerte dalla Net Economy. Vediamo ora il percorso per le imprese operanti in settori tradizionali. Nella fase di start up le imprese tradizionali producono flussi di cassa totali negativi dovuti agli ingenti investimenti iniziai e alla scarsa redditività. 120 Successivamente la necessità di investimenti tende a diminuire e l’affermarsi dell’impresa sul mercato fa crescere il reddito operativo fino a che i cash earning superano i cash investment (Vedi Tabella 4.5). Tabella 4.5 Produzione del cash flow per le imprese tradizionali e le imprese Internet (Fonte: Francesco Perrini, E-valuation: valutare le imprese internet, Mc Graw Hill, Milano 2000, pg. 200). IV° Super Cash Flow Imprese Tradizionali Cash Flow Positivo Flussi in entrata Imprese Internet Cash Earning Flussi in uscita Cash Flow Negativo I° START UP Incrementi investimenti Cash investment 121 Decrementi investimenti 4.4 Il metodo delle opzioni La teoria delle opzioni reali nasce e si sviluppa nei primi anni Ottanta come strumento di valutazione di progetti di investimento caratterizzati da elevata complessità e incertezza, per i quali gli strumenti classici come il DCF si dimostravano inadeguati. Numerosi sono i motivi che inducono gli operatori a ritenere che la valutazione delle azioni internet possa essere fatta attraverso il metodo di valutazione delle opzioni. Chi in genere acquista un’azione Internet fa una scommessa sul futuro successo della società che opera sulla Rete. Le azioni Internet vengono acquistate a mani basse dagli investitori, convinti del fatto che tra le nuove società che approdano ai listini ve ne saranno soltanto alcune vincitrici sul mercato. Ecco dunque la necessità per gli investitori di effettuare delle scommesse, il cui ritorno è dato da elevatissimi guadagni per i pochi titoli vincenti e dalla perdita dell'intero investimento negli altri casi. Si è dunque fatta strada, tra gli addetti ai lavori, una scuola di pensiero che pone al centro della valutazione delle società tecnologiche la teoria delle opzioni reali. La somiglianza tra opzioni e azioni internet è rafforzata soprattutto dall’evidenza empirica. Esaminando la volatilità delle azioni della New Economy possiamo, infatti, riscontrare una somiglianza con le opzioni. Un’altra evidenza empirica è rappresentata dal legame valore/rischio dei titoli azionari e delle opzioni. Nella valutazione tradizionale dei titoli azionari la relazione tra queste due grandezze è sempre inversa, ossia, all’aumentare del rischio scende il valore dell’azione poichè aumenta il costo del capitale che va a ridurre il valore attuale dei flussi di cassa dell’impresa e quindi del valore dell’impresa stessa. Per quanto riguarda le opzioni finanziarie invece il valore intrinseco di un’opzione è 122 positivamente correlato alla volatilità del titolo sottostante poichè la maggiore incertezza sugli esiti futuri rende il diritto più appetibile in quanto offre maggiori possibilità. Lo stesso vale per le aziende Internet che all'incremento della volatilità fanno corrispondere generalmente un rialzo del prezzo di Borsa. Secondo Alberto Micalizzi, docente di finanza all'università Bocconi e director del Real Options group, un gruppo di alto livello accademico che su scala internazionale si occupa di valutazione delle aziende hi-tech “le opzioni reali sono uno strumento utile sia per la valutazione degli asset immateriali sia delle opportunità di crescita degli start-up” 8. Quello che il mercato sta cercando di fare in questo momento è guardare oltre i flussi di cassa, valutando un’azienda nella sua componente più strategica vista la crescente tendenza del mercato finanziario a scontare nel prezzo di titoli azionari il valore prospettico derivante soprattutto dagli asset di natura intangibile (brevetti, know-how, ecc..) nella prospettiva di flussi di cassa attesi. Il mercato vede le imprese Internet come un portafoglio di opzioni che possono essere esercitate coerentemente con l’evoluzione delle condizioni di scenario. Il mercato ha dimostrato di premiare l’abilità del management di ricercare, creare ed esercitare queste opzioni. L’attività di ricerca e creazione del valore si deve tradurre nella ricerca e nella gestione da parte del management di un portafoglio di attività strategiche che vengono esercitate sulla base dell’evoluzione degli scenari competitivi. Queste opportunità vengono denominate opzioni di sviluppo. Mediante la Real Option Valuation (ROV) il valore di un asset può essere espresso dalla seguente formula: 8 Articolo di Francesca Douglas Flaminio, Le armi segrete degli analisti per orientarsi tra i titoli Internet, Il Sole 24 Ore, 27 Marzo 2000. 123 W = Valore attuale asset in place + valore attuale opzioni di sviluppo [26] Nel caso delle imprese Internet il valore delle opzioni determina la maggior parte del valore complessivo. Questa teoria si propone di valutare un progetto di investimento alla luce delle opportunità di assumere determinati comportamenti futuri che derivano all’impresa proprio per aver intrapreso quel determinato progetto. All’atto della valutazione di imprese Internet, caratterizzate dalla presenza in portafoglio di opportunità strategiche, un criterio valido è quello che tiene in considerazione il valore attuale delle attività in essere, ma che a esso aggiunge anche il valore delle opzioni di sviluppo. Ma cosa sono le opzioni reali? Le opzioni reali sono titoli derivati, che derivano appunto il loro valore da un’attività sottostante. Un’opzione fornisce al suo possessore il diritto di acquistare (opzione call) o di vendere (opzione put) una determinata quantità di bene o di un titolo ad un determinato prezzo (prezzo d’esercizio) e ad una determinata data dietro il pagamento di un prezzo (premio). Dal momento che si tratta di un diritto e non di un obbligo, il possessore può scegliere di non esercitare il diritto e di lasciarlo scadere. Si parlerà di opzione europea se la data in cui è possibile esercitare il diritto è una sola, di opzione americana se il diritto può essere esercitato in un arco temporale. Le opzioni reali sono una derivazione delle opzioni finanziarie e si distinguono perché’ impiegate nella valutazione degli assets reali delle imprese invece dei prodotti finanziari negoziati sui mercati. Si tratta di una metodologia studiata a partire da metà degli anni '80 in ambito accademico e utilizzata a partire da metà degli anni '90 dalle società di consulenza, che solo quest'anno è stata sperimentata anche dalle banche d'affari. Negli ultimi venticinque anni le tecniche di valutazione delle opzioni si sono evolute enormemente, in modo particolare dopo lo 124 sviluppo del modello di Black e Scholes (1972). Questo modello, matematicamente molto complesso, non è il solo valido per valutare un’opzione, esiste, infatti, un modello alternativo basato sulla stessa logica ma di più semplice applicazione chiamato binomiale 9. Entrambe i modelli valutano le opzioni creando dei portafogli equivalenti composti dall’attività sottostante e da operazioni di finanziamento o di prestito prive di rischio e si prestano alla valutazione di tutte quelle attività che presentano caratteristiche simili alle opzioni. Per valutare un titolo gli analisti generalmente usano due diversi approcci. Nell'approccio bottom-up si parte dal portafoglio di opzioni reali di crescita, intese come opportunità di crescita in nuovi business, di espansione e di alleanze sul mercato nazionale e su quelli esteri, si analizzano le diverse aree di business, derivando il discounted cash flow. C'è poi un approccio top-down, nel quale si parte invece dalla valutazione delle dimensioni del mercato nel suo complesso, cioè dalle dimensioni globali dell'industria. Stabilito, per ipotesi, qual è il valore dell'e-commerce per il mercato italiano, valutiamo la posizione dell'azienda. Incrociando poi i risultati ottenuti dai diversi scenari, si viene a determinare un valore del titolo. Non esiste un solo metodo delle opzioni reali in quanto ogni analista può modellare le variabili come vuole per spiegare la formazione del valore nella New Economy. Normalmente, alle opzioni di esercizio, tipiche dei mercati finanziari si aggiungono altre opzioni reali: - opzioni di crescita, connesse a scelte e decisioni strategiche che possono dar luogo a un’espansione della società come l’acquisto di un’azienda dello steso settore, il lancio di nuovi prodotti e servizi, l’acquisto di 9 Per approfondimenti vedi Damodaran A. Manuale di valutazione finanziaria, Mc Graw Hill , Milano, 1996, pp. 353-375 125 un’azienda di un altro segmento per espandere la capacità d creare prodotti innovativi; - opzioni di flessibilità, relative a decisioni che non possono influenzare il risultato ma il modo e il tempo con il quale esso viene raggiunto; - opzioni di abbandono. Il differire o abbandonare un progetto ha un valore economico che deve essere riflesso nel valore aziendale. Il metodo delle opzioni reali è un metodo analitico e non empirico basato su valutazioni di tipo oggettivo, ricavate dai mercati finanziari, in cui non compaiono ipotesi soggettive utilizzate invece negli altri metodi di valutazione. E’ inoltre uno strumento di valutazione aziendale assai indicato nelle situazioni di elevata incertezza, dovuta principalmente all’ambiente in cui opera l’impresa. Si ricorda che tale metodo risulta particolarmente indicato nella valutazione di imprese che sono in uno stadio iniziale della loro vita e che sono fortemente orientate alla clientela di tipo consumer e ai contenuti. 4.5 Le quotazioni “pazze” dei titoli internet Le quotazioni dei titoli Internet hanno sempre destato curiosità e stupore. I prezzi dei titoli Internet, infatti, hanno ribaltato qualunque parametro di valutazione: aziende con poco fatturato e senza profitti valgono sul mercato più di vecchie multinazionali. Non è più chiaro cosa occorre salvare dei vecchi approcci tradizionali che si proponevano di dare trasparenza al mercato, imponendo la pubblicazione di parametri di riferimento quali profitti, vendite, rapporto prezzo/utili e tutti gli elementi fondamentali delle teorie economiche classiche. Il valore di borsa non è rapportato all’utile di 126 esercizio delle società, ma al loro volume d’affari: nella maggior parte dei casi, le suddette società non producono un utile bensì una perdita. Molti analisti avvertivano di una possibile bolla speculativa sui titoli tecnologici quotati nelle Borse di tutto il mondo e la domanda che circolava con maggiore insistenza tra gli addetti ai lavori era: quando scoppierà la bolla? Ma cosa si intende per bolla speculativa? Siamo in presenza di una bolla speculativa in un mercato quando i prezzi di un certo bene salgono molto più di quello che il suo valore intrinseco o le condizioni stesse del mercato giustificherebbero. Per i titoli finanziari il verificarsi di bolle e successive violente correzioni è un evento abbastanza frequente: gli investitori in periodi di generalizzata euforia acquistano i titoli di una o più società spinti soprattutto dalla convinzione che le loro quotazioni saliranno nell’immediato futuro. Ma se numerosi investitori sono convinti che il titolo X salirà nel giro di pochi giorni, allora saranno disposti ad acquistarlo anche a prezzi molto alti. Quando il prezzo del titolo, spinto da questa forte domanda, crescerà, come ci si può facilmente attendere, gli investitori penseranno di aver avuto ragione e magari lo consiglieranno ad amici e conoscenti, oppure altri investitori si lasceranno convincere ad acquistarlo e allora il prezzo del titolo salirà ancora di più. Come e perché i prezzi dei titoli tecnologici e soprattutto di quelli Internet possono essere stati coinvolti da un’euforia tanto generalizzata quanto irrazionale? E’ facile lasciarsi prendere da un facile entusiasmo quando nessuno sa quanto vale realmente un bene, come nel caso delle azioni Internet, o meglio quali frutti porterà nel futuro, specie dopo aver visto una piccola società di telecomunicazioni come Tiscali raggiungere nel primo giorno di quotazione una capitalizzazione di Borsa di 2 mila miliardi di lire, a fronte di un capitale sociale di 1,2 miliardi. Una curiosità: la prima bolla speculativa della storia si è verificata in Olanda nel 1636 e ha riguardato 127 non beni finanziari o proprietà immobiliari bensì i tulipani, anzi, più precisamente i bulbi di tale pianta, arrivati a valere al culmine di quella fase, indicata come Tulipanomania, dai 25 mila ai 50 mila dollari attuali a seconda del colore del fiore. Perché i tulipani furono al centro di tale febbre speculativa? La risposta è semplice: importati in Europa solo alla fine del 1500, rappresentavano una novità assoluta per il Vecchio Continente proprio come lo sono le Internet company oggi. Nei mercati finanziari, ciò che conta e che realmente attrae è solo il futuro, filtrato all’interno dei prezzi attraverso le aspettative degli investitori, e nel nostro futuro Internet occuperà un posto sempre più importante. I mercati finanziari sono attratti dai titoli delle società innovative per gli elevati rendimenti attesi e creano appositi listini destinati ad accoglierle, indici speciali per rappresentarne l’andamento e particolari facilitazioni economiche per invogliare le società a quotarsi. Molte società di recente cercano l’accesso ai mercati finanziari al fine di trovare i capitali necessari per attuare le proprie strategie di sviluppo. E’ difficile, infatti, che società giovani, senza un grosso patrimonio alle spalle, riescano ad accedere a prestiti bancari. Così molte start-up si rivolgono in prima battuta a società di venture capital che le finanziano in cambio di una percentuale di utili e soprattutto di una partecipazione nella società da liquidarsi con la successiva quotazione della stessa. Il venture capitalist investe, a suo rischio nelle società di nuova costituzione che presentano alti margini di crescita e parallelamente elevati rischi di fallimento. Nel passato era impensabile che nuove società potessero accedere in tempi brevi al mercato azionario, infatti, in media passavano 30 anni dalla creazione dell’azienda alla sua quotazione. Le società dovevano presentare come minimo alcuni bilanci con utili di esercizio prima di poter essere ammesse a quotazione. La situazione è radicalmente mutata con l’introduzione sulle principali 128 piazze finanziarie di speciali listini che accolgono società innovative con tassi di crescita superiori alla media senza il necessario requisito di aver già raggiunto un profitto dalla propria attività. In questo modo è lasciato agli investitori individuare le società con le basi più solide e destinate al successo. Se, in generale, investire non è mai un compito banale, nel caso specifico delle società tecnologiche richiede sforzi considerevoli, soprattutto quando si considerano società che non presentano utili. Tuttavia una regola dei mercati finanziari a cui nessun investitore può sottrarsi è che a elevati rendimenti attesi sono sempre associati altrettanto elevati rischi. In termini finanziari il rischio si misura spesso usando il concetto di volatilità. Le azioni di imprese innovative, quali le società Internet, presentano spesso variazioni di prezzo molto accentuate perché all’interno del loro valore hanno un peso importante le attese degli investitori sul futuro della società: date le elevate quotazioni raggiunte, bastano un giudizio negativo da parte di un analista, una crescita meno veloce del previsto oppure un semplice cambio di opinione da parte della maggioranza per determinare pesanti ripercussioni sul prezzo del titolo. Un ulteriore fattore che accentua la volatilità dei titoli tecnologici è costituito dal loro scarso flottante, ossia il numero di azioni effettivamente negoziabili sul mercato. Infine l’accentuata volatilità delle società Internet è sintomatica anche del fatto che nessuno sa quanto valgano realmente le Net stock e molti dei titoli high growth. Ma da cosa derivano le quotazioni astronomiche dei titoli Internet? Gli esperti calcolano che tra cinque anni le transazioni concluse su internet a livello globale si aggireranno intorno ai 2.000 miliardi di dollari. Entro quel termine, il numero degli utenti di Internet, potrebbe salire a parecchie centinaia di milioni di persone, appartenenti a tutte le fasce di età. Di qui gli analisti deducono giustamente un tasso di crescita superiore alla media 129 per giro d’affari e utili, fenomeno che dovrebbe interessare tutte le società attive su Internet. La capitalizzazione elevata migliora inoltre la posizione sul mercato delle Internet company. Le aziende Internet approfitteranno dei loro straordinari valori di borsa per cominciare la fase di consolidamento, infatti, la quotazione elevata le protegge dai tentativi di assorbimento da parte di concorrenti e facilità il compito di dare scalata ad altre società. Un’elevata valutazione conferisce, infatti, all’impresa maggiori risorse finanziarie da investire a fronte di una contenuta cessione di quote dell’azienda e un elevato potere di scambio che consente di effettuare acquisizioni mediante concambio di azioni, in modo estremamente efficace. Ed ogni acquisizione se giudicata positivamente dal mercato, può generare nuovi rialzi e un nuovo potere di scambio, innescando così una spirale evolutiva virtuosa. Alcune società hanno sfruttato appieno questo meccanismo descritto per portare a compimento una serie di acquisizioni e alleanze volte a rafforzarle geograficamente e nelle principali aree di business in cui esse operano senza dover incorrere in enormi esborsi di liquidità. Possiamo individuare alcune fasi salienti del rapporto tra Borsa e "Internet stocks". La vera rivoluzione di Internet sulle Borse americane risale a circa cinque anni fa con il debutto di Netscape quando il primo giorno di quotazione il titolo ha guadagnato in borsa il 108%. Questa fase di euforia ha portato i titoli delle società.net a quotazioni astronomiche. Ed ecco sorgere i cosiddetti fenomeni dot.com: giovani società start up valorizzate dal mercato come solide e ben reputate imprese con anni di successo alle spalle. Imprese con prospettive di mesi di ragguardevoli perdite essere oggetto di vere e proprie dispute fra gli investitori, con quotazioni imprevedibili e inspiegabili se riportate ai criteri tradizionali. Solo successivamente, con il ridimensionarsi dei corsi azionari, l’attenzione 130 è andata spostandosi verso la valutazione del vero potenziale delle imprese Internet-based. Al momento si sta cercando di selezionare, se non i singoli titoli, perlomeno i settori all'interno della new economy, che costituiscono le promesse per il futuro. Il mercato europeo non è ancora entrato nel pieno della rivoluzione. Secondo alcuni esperti, tra cui Warburg Dillon Read, sarebbe sbagliato attendersi uno sviluppo della rete identico all'esperienza Usa, ciò per una serie di motivi tra cui 10 : la disomogenea penetrazione del personal computer nei diversi Paesi continentali; il differente utilizzo di Internet; le diverse preferenze circa lo strumento con cui navigare (tv o pc, connessione alla linea fissa o mobile); la lingua (per raggiungere il 70% della popolazione del Vecchio continente occorrerebbe la traduzione in almeno cinque lingue differenti); il quadro normativo e tariffario frammentato (negli Usa le telefonate locali sono gratuite). In Italia il boom in borsa dei titoli Internet coincide con il lancio del Web iniziato nel marzo '99 con l'offerta dell'Internet service provider Tiscali della connessione gratuita alla Rete. Quest’operazione, seguita poi da altri operatori, ha creato un effetto volano sulle aspettative di Internet in Italia. La scarsa offerta di titoli internet sul mercato ha così giustificato l'euforia e i rialzi borsistici successivi che hanno portato i titoli internet a quotazioni esasperate. In questa fase grave è stato l’errore di non utilizzare alcun modello di valutazione che fosse legato alle componenti patrimoniali e reddituali delle imprese.net. Ciò ha contribuito a creare un circolo vizioso che nei momenti di euforia non aveva alcun limite al rialzo, mentre nei momenti di panic selling negava qualsiasi valore economico alle singole realtà industriali. Successivamente la New economy è stata caratterizzata da una maggiore selettività di imprese e di iniziative, paragonata da molti 10 Articolo di Antonella Olivieri, Internet, scommessa aperta, Il Sole 24 Ore, 28 Gennaio 2000. 131 alla selezione naturale di Darwin. L’economia contemporanea mostra una formidabile convergenza della old economy verso Internet e le società .com cominciano a imparare alcune regole base del business che troppo affrettatamente erano state liquidate. Tra qualche anno la distinzione tra old e new economy sarà pronta per essere consegnata ai libri di storia. E’ innegabile che l’atteggiamento attuale degli investitori nei confronti delle azioni Internet sia diventato più diffidente e scettico, anche se bisognerebbe fare delle distinzioni tra i vari settori connessi alla Rete. Per esempio gli ISP sono maggiormente penalizzati dei produttori di software e in generale delle società coinvolte nel B2B. Il ridimensionamento dei prezzi dei titoli Internet è stato sicuramente salutare perché ha indotto i mercati a una maggiore selettività e rigore nel valutare le singole società. C’era, infatti sul mercato una forte componente speculativa che toglieva razionalità alle analisi. Possiamo dire che si è sgonfiata la bolla ma non il fenomeno Internet, destinato a crescere nei prossimi anni in quantità e soprattutto valore, con un coinvolgimento sempre maggiore delle imprese e in particolare dei grandi nomi della old economy. 132 Tabella 4.6 Quotazioni di alcune Internet Company quotate sul Nuovo Mercato (Fonte dati: Teleborsa S.r.l.). Tiscali Txt-Solution 140 120 120 100 80 Prezzo Prezzo 100 60 80 60 40 40 20 20 0 dic-00 mar-01 0 ott99 giu-01 gen00 apr00 lug00 gen01 apr01 Acotel OnBanca 250 ott00 180 160 150 Prezzo Prezzo 200 100 50 100 80 60 40 20 0 0 lug-00 140 120 ott-00 gen-01 ago-00 apr-01 nov-00 250 Prezzo Prezzo 200 150 100 50 giu-00 set-00 dic-00 mag-01 I.Net E.Biscom 300 0 mar-00 feb-01 mar-01 giu-01 133 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 apr-00 lug-00 ott-00 gen-01 apr-01 lug-01 Tabella 4.7 Andamento dell’indice Numtel e del Nasdaq100 (Fonte dati: Teleborsa S.r.l.). NUMTEL 6000 5500 5000 4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 gen-01 feb-01 mar-01 apr-01 mag-01 giu-01 lug-01 NASDAQ100 5500 5000 4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 gen-99 lug-99 gen-00 134 lug-00 gen-01 lug-01 4.6 Conclusioni Qualsiasi valutazione d’azienda richiede vari step logici. In primo luogo è necessario effettuare un’analisi qualitativa del settore e dei punti di criticità dell’azienda. Solo dopo questa prima fase è possibile passare alla valutazione quantitativa utilizzando i metodi sopra citati. Non possono dunque essere trascurati i seguenti aspetti qualitativi: - Il profilo di business oggetto di valutazione dovrebbe essere analizzato sulla base del mix di servizi offerti (fornitori di accesso, portali, ecommerce, tecnologie) e in funzione delle tipologie di clienti serviti (B2B, B2C). A ciascuno dei profili aziendali corrispondono una diversa natura dei ricavi e dei costi, differenti prospettive di crescita e scenari competitivi con logiche, tempi e intensità differenti; - Occorre valutare la pressione competitiva cui l'azienda è soggetta e identificarne il ruolo (first mover, second best o follower). Il vantaggio di essere un first mover assume un significato particolarmente rilevante nella new economy, in cui il raggiungimento della notorietà e di una massa critica di utenti/clienti prima dell'ingresso di nuovi concorrenti consente di beneficiare di un circolo virtuoso alimentato da un "effetto Rete" che tende ad aggregare nuovi clienti a velocità "esponenziale", da una conseguente maggiore attrazione suscitata sugli acquirenti di spazi pubblicitari sul Web e dalla creazione di un "brand-name" di riferimento che rappresenta la più rilevante barriera all'entrata nel sistema competitivo dell'economia online; - É importante conferire centralità al fattore umano e adottarlo a base delle considerazioni valutative. Nella new economy sono gli utenti i veri artefici del successo di un'impresa, che deve avere grandi orecchie, 135 saperli ascoltare e costruire un brand legato alla soluzione completa di specifiche esigenze. Il cliente è il possessore delle informazioni e decide autonomamente influenzando le scelte del produttore; - Il capitale umano. Mai come nel mondo della new economy gli aspetti relativi alle qualità del management hanno ricoperto un'importanza così significativa. Il mix di caratteristiche del management di una dot.com è cruciale non solo a causa di un contesto nel quale creatività, tempestività delle decisioni e flessibilità ai mutamenti ambientali e competitivi costituisce il principale fattore critico per il successo di un’iniziativa imprenditoriale, ma anche per il fatto che molte dot.com sono costituite da business nella fase di start-up, in cui il perseguimento degli obiettivi è strettamente legato alla visione strategica dei fondatori. Nell’era digitale i veri punti di forza sono il management e le sue idee, gli uomini con la loro creatività, la loro strategia, la loro conoscenza e caparbietà; - É necessario effettuare un attento esame critico dei business plan predisposti dal management. Le proiezioni economiche e finanziarie delle dot.com sono spesso contraddistinte da tassi di crescita estremamente elevati. Un corretto processo di valutazione comporta un esame approfondito delle ipotesi sottostanti le performance attese, con particolare attenzione alla presenza di una domanda potenziale che giustifichi le proiezioni di vendita, all'effettiva capacità del business di soddisfare in modo efficiente la porzione "incrementale" della domanda e alla verifica della corretta determinazione della variabile finanziaria; - Occorre perseguire un duplice approccio analitico ed empirico. Le dot.com sono state oggetto di approcci valutativi essenzialmente basati sui moltiplicatori di Borsa. Tuttavia l'utilizzo di metodologie analitiche consente l'identificazione di valori di riferimento che aiutino a limitare 136 l'effetto dei fattori contingenti e riacquista un ruolo fondamentale per evitare casi di "sopravvalutazione" delle aziende; - Vanno effettuate scelte ragionate e diversificate nell'applicazione di criteri valutativi di mercato. L'andamento dei prezzi di Borsa delle dot.com e la corrispondente instabilità dei multipli di riferimento obbligano a una valutazione basata sull'utilizzo di più moltiplicatori, a una scelta accurata delle aziende comparabili, pur in un contesto di modelli di business e di prospettive delle aziende molto differenziati; Secondo Michael Livian 11 la Net Economy è in piena evoluzione e proprio per questo la valutazione delle imprese internet è un tema ancora per molti versi irrisolto. Il suo consiglio è di utilizzare diversi metodi di valutazione, scegliendone uno come principale ed uno come verifica. 11 Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000, p.213- 214. 137 OPZIONI REALI DISCOUNTED CASH FLOW MULTIPLI DI FATTURATO Page view Cap / Stickiness Cap / User Cap / Customer Cap / Sales ISP Portali B2C ISP consumer B2C Portali Start-up - ISP business B2B Imprese mature Tecnologie - Aziende con asset principale la gestione di siti web - TAB. 4.8 PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE DELLE INTERNET COMPANY Conclusioni Da qualche anno a questa parte gli studiosi e i professionisti in ambito internazionale stavano convergendo quasi unicamente su un principio: il valore di una società è funzione diretta dei flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare. Il metodo dei flussi di cassa veniva in tal modo riconosciuto come il più appropriato per effettuare una corretta valutazione aziendale. Gli altri metodi (diretti, reddituali, patrimoniali e misti) permanevano in qualche contesto, ma sempre più frequentemente ad integrazione del criterio portante. Accademici esperti su tale tema, come Copeland, Guatri, Damodaran e Massari, si sono da qualche tempo indirizzati verso un linguaggio comune, dopo un lungo periodo di natura dialettica fra gli approcci europei e nord-americani. Questo equilibrio viene spezzato con la nascita delle imprese internet: giovani società start-up valorizzate dal mercato come solide imprese con anni di successo alle spalle. Si tratta di imprese con prospettive di mesi ed addirittura anni di ragguardevoli perdite con quotazioni imprevedibili ed inspiegabili se riportate ai criteri tradizionali, alle metodologie fondate sui principi finalmente condivisi da studiosi e professionisti del contesto internazionale. La prima domanda alla quale si è cercato di dare una risposta in questa tesi è se per la Net economy valgono gli stessi metodi valutativi utilizzati per le imprese “tradizionali” o se si necessita di nuove regole. Da una prima analisi si evidenzia una profonda diversità tra le imprese della Old e quelle della New economy che non ci permette di utilizzare i metodi di determinazione del capitale economico “tradizionali” per la valutazione delle imprese Internet. Questi metodi risultano inapplicabili alle 139 aziende.com in quanto vengono a mancare i principali dati su cui si basano tali stime di valore. Ci riferiamo principalmente agli utili ed ai flussi di cassa che imprese in fase di sviluppo, come le Internet Company, non sono ancora in grado di generare. Secondo alcuni esperti tra non molto si potranno utilizzare i metodi tradizionali anche per valutare le aziende.com. La New Economy, infatti, non ha imposto un nuovo modo di creare valore perciò bisognerà solo attendere che le imprese.net inizino a generare flussi di cassa positivi e a produrre utili. Quando la convergenza della New Economy verso la Old Economy sarà terminata probabilmente scompariranno i problemi legati alla valutazioni delle Internet Company. Nel frattempo quali metodi utilizzare per la stima del capitale economico delle aziende.com? In questo volume si è tentato di fornire una visione generale su come affrontare il tema della valutazione nella Net Economy. Il processo suggerito inizia con l’analizzare il segmento di mercato in cui l’impresa si colloca, poichè l’analisi strutturale fornisce delle prime indicazioni sul potenziale di crescita della società e sui suoi futuri margini. L’analisi ambientale serve anche per giudicare se la società Internet entrerà a far parte di quel gruppo eletto di aziende.com destinate a permanere nel tempo e crescere di valore o se destinata a scomparire nel processo di selezione naturale della Net Economy. Solo in un secondo tempo è possibile tentare di attribuire un valore al capitale economico di queste imprese utilizzando le diverse metodologie illustrate nel testo. Le tecniche quantitative individuate sono: il metodo dei multipli, il Discounted Cash Flow e il metodo delle opzioni reali. L’utilizzazione di tali metodi avviene però in base ai settori in cui l’impresa oggetto di valutazione opera. Il multipli di mercato sono i più frequentemente applicati nelle comunità finanziarie dato che sono semplici da calcolare e permettono immediati confronti tra i titoli delle diverse imprese. Oltre ai già conosciuti multipli di 140 fatturato si utilizzano indici speciali costruiti specificatamente per la valutazione delle imprese Internet. I multipli vengono applicati in base al segmento di mercato di appartenenza della società. Ad esempio il rapporto tra capitalizzazione di borsa e vendite (Cap/Sales) è particolarmente indicato per le società che operano nel segmento del B2C mentre il rapporto tra la capitalizzazione di borsa e il numero di membri registrati al sito (Cap/Member) è maggiormente indicato per i portali. Secondo Michael Livian tali multipli avranno con il tempo una funzione sempre minore, infatti quando le società saranno in grado di generare utili tali metodi verranno sostituiti con quelli analitici. Il secondo metodo proposto è quello del Discounted Cash Flow che risulta particolarmente idoneo per imprese mature che hanno avviato l’attività già da tempo e che sono in grado di generare flussi di cassa positivi. Tale metodo è indicato particolarmente nella valutazione delle società che producono hardware, negli Isp business, e per le imprese che si occupano di B2B. L’ultimo metodo illustrato, ossia quello delle opzioni reali, è di recente utilizzo e viene applicato nella determinazione del capitale di società in fase di start-up, con elevate prospettive di crescita, in contesti di elevata incertezza e in tutte quelle circostanze in cui la determinazione dei flussi di cassa sia poco significativa. Questo metodo, inoltre, è particolarmente indicato per la valutazione degli intangibles. Il suggerimento proposto dalla maggior parte degli studiosi è di utilizzare diversi metodi di valutazione, di sceglierne uno principale ed uno di verifica, con la consapevolezza che nell’era digitale la valutazione quantitativa lascia il tempo che trova. 141 BIBLIOGRAFIA AIAF, La dinamica dei sistemi ed il suo apporto alla valutazione d'impresa nella Old e nella New Economy, Collana quaderni Aiaf (nuova serie) n. 102/2000. Aldobattista, “ Il web site value”, Scienza & Business 2000, III-IV, 16-20. Bini M, “Molte supervalutazioni finanziarie sono il risultato di analisi povere”, Il Sole 24 Ore-Manager & Impresa, 19 maggio 2000. Bredt Otto, (1991), La Valutazione delle aziende, Etas, Milano. Cagnoli Giovanni, “Non tutto Internet ha lo stesso valore: nuovi criteri per valutare i titoli web”, Il Sole 24 Ore, 2 aprile 2000. Campedelli Bettina, (1998), Analisi aziendale: strumenti concettuali, metodologici e di valutazione dell'impresa, Giappichelli, Torino. 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