Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

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Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Facoltà di Economia
Corso di laurea in Economia delle istituzioni e dei mercati finanziari
Tesi in Ragioneria
“La valutazione delle Internet Company”
Il Relatore
Il laureando
Chiar.mo Prof. Angela Magistro
Firma
Cristina D’Amicis
firma
Anno accademico 2000/01
Indice
Introduzione……………………………………………………..
VI-XII
Parte I: I metodi di valutazione delle imprese “tradizionali”
Cap 1: La determinazione del valore delle imprese
1.1 Valutazione d’impresa: nascita e sviluppo…………………
2
1.2 Perchè si valuta un’azienda?……………………………....
3
1.3 Valore comune, valore speciale e stima ufficiale…………..
5
1.4 Caratteristiche essenziali per le stime analitiche……………
7
1.5 Valore stock e valore flusso………………………………..
8
1.6 Approccio alla valutazione…………………………………
10
1.6.1 Analisi storica…………………………………………..
11
1.6.2 Analisi ambientale…………………………….………..
12
1.6.3 Analisi dei concorrenti………………………………….
13
Cap 2: Principali metodi di valutazione aziendale
2.1 Metodi di valutazione diretti ed indiretti…………………… 14
2.2 Metodi indiretti basati sui flussi: reddituali e finanziari……
16
2.3 Metodi reddituali…………………………………………… 17
2.3.1 Il reddito da attualizzare…………………………….
19
2.3.2 Il periodo di attualizzazione………………………… 22
II
2.3.3 La scelta del tasso di attualizzazione……………….. 23
2.3.4 Limiti del metodo reddituale………………………..
27
2.4 Metodi finanziari…………………………………………… 27
2.4.1 Unlevered Discounted Cash Flow…………………..
31
2.4.2 Limiti del metodo finanziario……………………….
33
2.5 Metodi indiretti basati su grandezze stock: patrimoniali…...
34
2.5.1 Metodo patrimoniale semplice………………………. 36
2.5.2 Metodo patrimoniale complesso……………………..
41
2.5.3 Limiti teorici e pratici dei metodi patrimoniali………
43
2.6 Metodi indiretti basati su flusso-stock: misti……………….
44
2.6.1 Limiti dei metodi misti………………………………
47
2.7 Metodi diretti………………………………………………..
48
2.8 Come scegliere tra le varie metodologie……………………
54
Parte II: La valutazione delle Internet Company
Cap 3: Internet e la New Economy
3.1 La storia di Internet……………………………………….
58
3.2 Sviluppo di Internet in Italia e all’estero………………….
60
3.3 Il futuro di Internet………………………………………..
62
3.4 Internet come strumento di business……………………… 65
3.4.1 La legge dei rendimenti crescenti…………………….
67
3.5 I segmenti della New Economy…………………………… 69
3.5.1 Tecnologia Internet…………………………………… 70
3.5.2 Internet Service Provider (ISP) ………………………
III
72
3.5.3 I portali ………………………………………………. 74
3.5.4 E-Commerce…………………………………………. 77
3.5.5 Sviluppo del commercio elettronico in Italia……….... 82
3.5.6 Vantaggi del commercio elettronico…………………. 83
3.5.7 Ostacoli alla diffusione dell’e-commerce……………. 86
3.6 Gli innovatori di sistema………………………………….. 87
3.7 Classificazione delle aziende nella web economy………... 88
3.8 Conclusioni………………………………………………... 90
Cap 4. La valutazione delle Internet Company
4.1 Come valutare una Internet Company: introduzione……….
95
4.2 Il metodo dei multipli di mercato…………………………..
99
4.2.1 Rapporto Cap/Sales (C/S)……………………………. 102
4.2.2 Rapporto Cap/Customer.…………………………….. 103
4.2.3 Rapporto cap/User e Cap/Stickiness………………… 106
4.2.4 Rapporto Spese di marketing/Clienti………………… 108
4.2.5 Multipli particolari per imprese che gestiscono pagine
web……………………………………………………
109
4.3 Metodi analitici: il Discounted Cash Flow………………… 116
4.3.1 Il processo di formazione dei flussi di cassa………… 119
4.4 Il metodo delle opzioni…………………………………….. 122
4.5 Le quotazioni “pazze” dei titoli Internet…………………… 126
4.6 Conclusioni………………………………………………… 135
Conclusioni…………………………………………………………… 139
IV
Bibliografia…………………………………………………………… 142
Indice delle Tabelle………………………………………………….. 153
V
Introduzione
Il mondo sta attraversando una fase di cambiamento che può essere
paragonata all’avvento della macchina a vapore che circa due secoli fa’
diede impulso alla rivoluzione industriale. Il cambiamento epocale cui
stiamo assistendo ha inizio con la nascita di Internet. Questo nuovo mezzo
di comunicazione è rappresentato da un insieme di reti fra di loro collegate
che individuano una rete di comunicazione mondiale capace, grazie alla sua
pervasività ed estensione, di mettere in comunicazione persone lontane. La
grande rete abbatte le barriere di spazio e di tempo perchè diventa possibile
comunicare nello stesso tempo e allo stesso costo indipendentemente dalla
distanza esistente tra fonte e ricevente. Internet è inoltre una riserva
informativa globale, la più grande biblioteca del mondo. La caratteristica di
essere una rete non proprietaria e la liberalizzazione dell’uso di Internet ha
permesso la sua espansione a velocità elevatissime. Difficile è oggi dire se
l’impatto di Internet e della rete sarà superiore a quello di altre grandi
innovazioni che si sono manifestate durante i secoli nel campo della
comunicazione, dall’invenzione della stampa sino a quella della
televisione. L’unica cosa certa è che non si tratta di una moda passeggera
ma è una realtà che anno dopo anno sta trovando una propria identità
adattandosi nello sviluppo e nell’uso della tecnologia a ciò che la gente e le
aziende vogliono fare di essa. E’ opinione condivisa da molti che tutte le
attività economiche e sociali saranno profondamente influenzate dalla
grande rete che coinvolgerà in successione tutti i continenti del paese.
La progressiva espansione delle reti di informazione in Internet ha
favorito lo sviluppo del commercio elettronico ossia della vendita per via
VI
telematica di beni e servizi. Il commercio elettronico rappresenta un
fenomeno in rapida e costante diffusione destinato a produrre evoluzioni
tecniche e organizzative nell’impresa. Il mondo dei microprocessori sta
rivoluzionando le imprese proprio come la macchina a vapore ha decretato
la nascita della moderna industria. In Internet l’azienda si trova dinanzi ad
un potenziale enorme di utenti e ha la possibilità di penetrare in mercati
lontani ad un costo molto contenuto, irrisorio se paragonato ai normali costi
per la comunicazione. Ogni azienda, anche di piccole dimensioni, se dotata
di capacità, creatività e intuito potrà scoprire nuovi mercati e nuovi rapporti
con i clienti. E’ quindi possibile accedere, a basso costo, ad un ambiente di
comunicazione universale. Internet consente l’avvio di una new age della
qualità e del valore, implica una nuova filosofia produttiva e distributiva
che è legata al potere incondizionato del cliente. L’utente non svolge più un
ruolo passivo di cliente, ma assume una funzione nuova e dinamica nella
società. Per la prima volta i clienti hanno la possibilità di interagire con le
imprese, trasmettendo a queste ultime tutte quelle informazioni che le
possono servire per accrescere il gradimento dei clienti versi i prodotti. Si
aumenta così di molto la probabilità che i clienti siano soddisfatti del
risultato finale poichè hanno in parte collaborato nella creazione del
prodotto.
La forte diffusione delle reti telematiche e la crescita esponenziale
dell’e-commerce richiedono però un tempestivo adeguamento delle
imprese ai nuovi scenari tecnologici. Le nuove tecnologie di trasmissione e
condivisione dell’informazione aprono la strada a nuovi modelli di business
che necessitano di essere compresi e soprattutto valutati. Infatti, mentre
l’economia è cambiata modificando profondamente le imprese, i principi
contabili sono rimasti in larga parte quelli storici. Il tema che abbiamo
VII
deciso di trattare, per la sua originalità e per la curiosità che è in grado di
destare, è appunto quello della valutazione delle imprese Internet.
Per determinare il capitale economico di una società i tradizionali metodi
di valutazione utilizzano grandezze quali gli utili, il patrimonio netto e i
flussi di cassa, che nella Nuova Economia spesso non sono presenti. E’
allora logico chiedersi come imprese che hanno appena avviato la propria
attività, che hanno un grande potenziale di sviluppo, ma che non sono
ancora in grado di produrre utili, possano essere valutate. Le Internet
Company sono, infatti, società che nella maggior parte dei casi chiudono i
bilanci in perdita, e non generano ancora flussi di cassa. Per tale ragione i
metodi di valutazione reddituali e finanziari, largamente utilizzati nella
valutazione delle imprese “tradizionali”, risultano inapplicabili alla
valutazione delle aziende.com. Inoltre le imprese Internet sono società che
vantano patrimoni irrisori poichè gli asset tradizionali rappresentano solo
una piccola parte del loro reale valore che è invece maggiormente
rappresentato dai beni intangibili. Le misure contabili tradizionali, ed in
particolar modo il metodo patrimoniale, escludono dai bilanci annuali gli
asset intangibili e risultano perciò inidonee a rappresentare la performance
realizzata dall’impresa che opera sul web. Anche i metodi diretti, secondo i
quali il prezzo delle azioni rappresenta il valore della società emittente, non
possono essere presi in considerazione poichè lo sbilanciamento esistente
tra domanda e offerta di titoli Internet determina una sopravvalutazione
delle imprese. Si tratta di titoli dotati di ampia volatilità a causa del ristretto
numero di società quotate e dell’appartenenza a settori innovativi a grande
crescita. La variazione delle probabilità con cui una impresa possa risultare
“winner”, ed accaparrarsi la grande fetta di mercato, o “loser” comportano
giornalmente delle variazioni di prezzo a volte ingenti.
VIII
La nuova realtà impone, dunque, un adeguamento delle analisi e degli
strumenti valutativi che devono essere maggiormente orientati ai nuovi
modelli di business che stanno emergendo. Bisogna però, prima di tutto,
tenere ben presente che le Internet Company, poiché operanti in un mercato
altamente competitivo, saranno sottoposte ad un duro processo di selezione
nel corso dei prossimi anni. Molte di esse non riusciranno a sopravvivere,
altre saranno oggetto di fusioni o acquisizioni, altre ancora consolideranno
il loro potere. L’individuazione di metodi per la valutazione delle imprese
Internet ci sarà utile anche per capire quali imprese riusciranno a
sopravvivere a questo fenomeno di selezione naturale. E’ opinione diffusa
che tale processo porterà, nel corso del tempo, alla convergenza delle
imprese della New Economy con quelle della Old Economy. In tal caso i
metodi di valutazione tradizionali, ed in particolar modo quelli dei flussi di
cassa, potranno essere utilizzati anche nella valutazione delle imprese che
operano sul web.
I metodi individuati nella prassi per la valutazione delle imprese Internet
sono tre: i multipli di mercato, i flussi di cassa e le opzioni reali. Si tratta di
metodi che non possono essere applicati ad ogni tipo di impresa Internet
ma che si adattano solo a società che operano in determinati segmenti di
mercato o ad imprese dotate di determinate caratteristiche. Ogni società
avrà un metodo di valutazione preferito agli altri secondo l’attività che
svolge e da quanto tempo la svolge. Naturalmente sarà preferibile utilizzare
anche gli altri metodi di valutazione, in modo da poterli confrontare con
quello favorito.
La tesi propone un percorso che parte dalla descrizione dei tradizionali
metodi di valutazione aziendale per passare poi ad illustrare le
caratteristiche principali della Net Economy e terminare analizzando i più
innovativi criteri di valutazione delle imprese Internet. Il volume è stato
IX
diviso in due parti. Nella prima, composta di due capitoli, sono illustrati i
principali metodi di valutazione aziendale “tradizionali” (così definiti per
distinguerli da quelli delle Internet Company) e nella seconda parte, anche
questa composta di due capitoli, ci si concentra sulle imprese Internet.
Il Capitolo 1 illustra la nascita e lo sviluppo al livello mondiale della
valutazione aziendale e le ragioni che rendono necessaria la determinazione
del capitale economico di una società. Viene poi posto l’accento sulla
necessità di un’analisi di tipo qualitativo all’interno di una corretta
valutazione aziendale.
Nel Capitolo 2 vengono descritti tutti i principali metodi quantitativi di
determinazione del capitale economico. Sono trattati in maniera
approfondita sia i metodi diretti sia quelli indiretti di valutazione
specificando per ognuno di essi i pregi ed i limiti. Inoltre viene fatta una
panoramica mondiale sull’utilizzo di tali metodi nella prassi durante gli
anni.
Il Capitolo 3 è volto a presentare il nuovo scenario della Net Economy e
delle imprese Internet. Dopo aver parlato della nascita, dello sviluppo e del
futuro di Internet, viene approfondito il discorso della New Economy e
dell’impatto di Internet e della nuova tecnologia digitale sull’economia
reale. In particolare si analizzano i differenti segmenti di mercato in cui
operano le aziende.com e per ognuno di essi vengono fatte analisi sulla
possibilità o meno di espansione futura. Tale analisi viene fatta in dettaglio
perché una buona comprensione della peculiarità di un segmento e di come
la società si colloca all’interno di esso, è una delle chiavi per una corretta
valutazione delle Internet Company. Per valutare le imprese Internet e farsi
un’idea sul loro futuro potenziale di profitti si devono prima di tutto
esaminare alcuni fondamentali aspetti dell’ambiente in cui l’impresa vive.
Ecco perchè per ogni settore viene analizzata la concorrenza, le prospettive
X
di sviluppo del segmento di appartenenza dell’impresa e le barriere
all’ingresso sul mercato, ossia l’insieme di ostacoli che costellano la via
delle aziende quando vogliono inserirsi in un determinato settore
commerciale. Sappiamo bene che una corretta analisi valutativa aziendale
non può prescindere dall’analisi qualitativa del settore in cui opera la
società e dall’individuazione dei punti di forza e di debolezza della stessa e
dei concorrenti all’interno di questo segmento. L’analisi di mercato
rappresenta, infatti, un elemento fondamentale su cui poggia l’affidabilità e
la credibilità degli scenari previsionali necessari alla valutazione.
Successivamente viene dato particolare risalto al commercio elettronico,
poichè è l’espressione più ampia della New Economy,
e alla sua
suddivisione in Business to Business, Business to Consumer e Consumer to
Consumer.
Il Capitolo 4 è dedicato ai differenti metodi di valutazione delle imprese
Internet alla luce dei limiti dei metodi tradizionali. Ricordiamo che non si è
alla ricerca di nuovi principi e criteri di apprezzamento del valore, quanto
piuttosto
al
perfezionamento
dell’esistente
per
rispondere
alle
caratteristiche di volatilità delle aziende.com.
Il primo metodo esposto è quello dei multipli di mercato perchè risulta il
più utilizzato nella prassi. Tale metodo si basa sull’assunto generale che i
prezzi di mercato rappresentano la migliore approssimazione del valore
dell’impresa. Naturalmente non si tratta dei multipli “tradizionali” ma di
una serie di indici speciali che possono essere usati anche da imprese che
non conseguono ancora utili. I multipli di mercato sono frequentemente
applicati poichè sono semplici da calcolare e permettono immediati
confronti tra i titoli delle diverse imprese. Un paragrafo è dedicato in
particolare ai multipli utilizzati nella valutazione delle imprese che
gestiscono le pagine web.
XI
Successivamente viene analizzato il metodo del Discounted Cash Flow o
meglio dei flussi di cassa. Tale metodo non può essere utilizzato nella
valutazione di tutte le imprese Internet ma solo per determinare il valore di
imprese mature che operano in determinati settori del mercato. Il
Discounted Cash Flow assieme ai multipli di mercato risultano i metodi di
valutazione più utilizzati nella prassi. Viene inoltre illustrato il
procedimento di formazione dei flussi di cassa per una impresa tradizionale
e per una Internet Company evidenziando come essi seguano percorsi
differenti.
Il terzo metodo indicato nel capitolo è quello delle opzioni reali. Si
tratta di una teoria della finanza moderna che è emersa di recente. Le
opzioni reali e i titoli internet godono, a causa della loro estrema volatilità,
di una somiglianza empirica che consente di utilizzare tale metodo anche
nella valutazione delle imprese Internet. Inoltre è un metodo che tiene in
ampia considerazione i beni intangibili di cui l’azienda.com è per la
maggior parte costituita.
In seguito si cerca di capire perchè le quotazioni dei titoli Internet hanno
inizialmente
assunto
valori
astronomici
per
poi
subire
ampi
ridimensionamenti. Si tratta di una bolla speculativa o di analisi povere?
Sono stati costruiti dei grafici che mostrano l’andamento borsistico di
alcuni titoli Internet quotati al Nuovo Mercato, da cui si evince la
sopravvalutazione di cui sono stati oggetto tali azioni. Il capitolo si
conclude con l’indicazione di una serie di step logici che è necessario
seguire nella valutazione di una impresa internet.
Nelle Conclusioni riportiamo infine i risultati di questa nostra ricerca.
XII
PARTE PRIMA
I METODI DI VALUTAZIONE DELLE AZIENDE
“TRADIZIONALI”
1
CAPITOLO 1
LA DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLE IMPRESE
1.1 Valutazione d’impresa: nascita e sviluppo
La misurazione del valore di un’azienda è un problema che esiste dalla
nascita dell’impresa capitalistica, ma che acquista particolare importanza
solo dagli anni ’80 quando diventa necessario non solo ai fini delle
operazioni di finanza straordinaria, ma anche come orientamento nella
gestione delle aziende. Il fenomeno si accentua nei primi anni ’90, in
seguito ai processi di privatizzazione di attività produttive svolte dagli Stati
e da altri Enti pubblici allo scopo di ridurre i deficit e per incrementare
l’efficienza delle aziende. Queste grandi trasformazioni centrate sul
passaggio dal pubblico al privato, hanno richiesto un massiccio intervento
di esperti per assistere gli enti pubblici nelle varie fasi in cui si articola il
processo di privatizzazione ed in particolare nella fase di valutazione delle
imprese coinvolte nelle ristrutturazioni. Tra i problemi posti dalle
privatizzazioni il più rilevante è certamente la scelta del prezzo, per la
trattativa o per il lancio di un’offerta pubblica e, quindi l’individuazione di
un valore che costituisca la base di tale scelta. In Europa invece,
l’attenzione al tema cresce a partire dagli anni ’80 principalmente per il
2
diffondersi dei processi di acquisizione/fusione di imprese ed in generale
per le crescenti negoziazioni di capitale, sia di controllo sia di semplice
partecipazione 1. Ad incrementare il numero di operazioni di gestione
straordinaria è soprattutto la crisi manifestatasi in alcuni settori industriali
che spinge le aziende a effettuare azioni di integrazione tra società al fine di
conseguire economie di scala e per beneficiare di sinergie. Una spinta alla
diffusione del tema è dovuta anche alla scarsa fiducia riposta nella pura
misura contabile utilizzata per valutare la performance delle società.
1.2 Perché si valuta una azienda?
Varie possono essere le ragioni che spingono a valutare il capitale
economico di un’impresa, però le teorie ed i metodi applicati per la
misurazione del valore appaiono oggi specialmente rilevanti in tre ambiti 2:
- L’ambito delle garanzie societarie, con particolare riferimento alla tutela
dei soci specie nelle cosiddette operazioni di finanza straordinaria.
- L’ambito delle strategie di sviluppo, d’integrazione e di ristrutturazione,
messe in atto principalmente mediante i processi di acquisizione/fusione,
di ristrutturazione, di concentrazione, di cessione di società e di aree
d’affari e di quotazione dei titoli ai pubblici mercati.
- L’ambito delle stime di performance delle imprese, necessarie agli
imprenditori e ai manager per la definizione dell’orientamento
1
Luigi Guatri, La valutazione delle aziende: Teoria e pratica dei Paesi avanzati a confronto, EGEA,
Milano, 1990, Cap. 1.
2
La classificazione di seguito riportata trae spunto dal volume di Luigi Guatri sull’argomento intitolato
Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, EGEA, 1998 p. 21 e ss.
3
strategico-gestionale e utili per giudicare l’efficacia del comportamento
dei manager.
La misurazione del valore risulta essenziale nelle operazioni di finanza
straordinaria, ossia in tutte le operazioni che necessitano, per un fine
prevalentemente di garanzia, della determinazione del valore di un’azienda.
La valutazione si rende necessaria o almeno opportuna poiché tali
operazioni regolano rapporti tra i soci attuali, o tra soci attuali e potenziali e
danno garanzie formali sull’esistenza di un certo valore di capitale sia ai
soci, sia ai mercati finanziari. Varie sono le situazioni in cui si richiedono
ad esperti indipendenti, giudizi sul valore della società, in forme più o
meno vincolanti e più o meno formalizzate: fusioni, scissioni,
trasformazioni, aumenti di capitale, scorpori, scelta del prezzo iniziale di
quotazione, fissazione dei prezzi-base per le offerte pubbliche, cessioni
all’interno dello stesso gruppo, ecc. L’estimatore deve effettuare un calcolo
di convenienza economica determinando lo specifico valore limite, il
valore di decisione, per offrire una guida alle operazioni di gestione
straordinaria. In quasi tutti i Paesi la pratica delle valutazioni aziendali
nasce storicamente da queste funzioni di garanzia.
Il secondo ambito è principalmente caratterizzato da operazioni di
acquisizioni e fusioni di imprese. Sono operazioni che negli anni’80 e ’90
entrano a far parte delle strategie aziendali. L’attenzione ai problemi
valutativi è principalmente dovuta al timore delle società di essere
sottovalutate dal mercato, di subire scalate, oppure dalla crescente
attenzione dedicata al rischio di acquisizioni a prezzi eccessivi. Bisogna
però anche tener conto della necessità di verificare periodicamente la
convenienza a mantenere aree d’affari o società controllate che producono
4
scarso rilievo e la necessità di calcolare il prezzo massimo attribuibile
all’impresa da acquistare.
Il terzo ambito della misura del valore è legato alla mancanza di fiducia
nelle misure puramente contabili dei risultati di periodo per la stima della
performance effettivamente realizzata dalle imprese. Le ragioni di tale
discredito possono essere ritrovate nella giurisprudenza che condiziona
pesantemente i risultati di bilancio, ma anche nel fatto che i risultati sono
inevitabilmente orientati al passato, trascurano cioè l’aspetto di continuità
tipico dell’impresa in funzionamento.
1.3 Valore comune, valore speciale e stima ufficiale
Nella dottrina aziendalistica italiana con il termine capitale economico si
indica il valore del capitale d’impresa. Il capitale economico è un valore
determinato sulla base della capacità di reddito della gestione e della
consistenza patrimoniale del complesso aziendale oggetto di valutazione 3.
Il valore globale di un’azienda sarà dunque composto dal valore dei beni
materiali ed immateriali della società, indicato sinteticamente con il
termine di patrimonio, e dalla sua capacità reddituale, cioè dalla sua
attitudine a produrre reddito. “La capacità di generare un reddito,
dell’insieme dei beni e diritti, costituisce dunque una condizione sine qua
non per la formazione di ogni valore patrimoniale” 4.
Il capitale d’impresa è però una quantità astratta, che assume
connotazione diversa secondo l’obiettivo che si intende perseguire e del
procedimento valutativo che viene utilizzato per la stima. Il valore di stima
3
G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, Giuffrè, Milano, 1957, tomo II, p. 474. Vedi
anche P. Onida, Le dimensioni del capitale di impresa, Giuffrè, Milano, 1951, p. 161.
4
Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, Pg.. 37-39.
5
può, dunque, assumere connotazione diversa secondo l’ottica valutativa
utilizzata dall’esperto chiamato ad esprimere la valutazione. L’esperto può
esprimere un valore comune dell’azienda, un valore speciale ed un valore
ufficiale 5. Il primo, prescinde dalle motivazioni dello scambio e dalle
convenienze specifiche delle parti contraenti. Tale valore è detto valore
comune poiché riflette il punto di vista di un generico investitore, non
identificabile in nessuno dei contraenti. Il secondo è invece un valore che
riflette il punto di vista personale di una singola parte contraente. Può
trattarsi ad esempio del valore di cessione o di acquisizione. Il terzo, infine,
è una stima ufficiale dell'azienda, vincolante per le parti contraenti. Il
codice civile impone la redazione di stime ufficiali per tutte le operazioni
che vanno a modificare la composizione del capitale sociale o la sua
misura, come fusioni e scissioni. E’ prevista dal codice la nomina di un
esperto da parte del tribunale, che attesti in una perizia la congruità dei
valori sottostanti all’operazione, essenzialmente per cautelare coloro che
potrebbero venire in qualche modo danneggiati nei propri interessi (soci di
minoranza, clienti, fornitori ed altri soggetti interessati all’operazione).
Dunque “non esistono valori assoluti, poichè non sono le cose che ci
impongono il loro valore, ma è l’uomo che attribuisce ad esse determinati
valori” 6.
Con ciò’ si vuol dire che occorre sempre avere ben presente la ragione
della valutazione, lo scopo per il quale essa viene richiesta ed effettuata,
poichè questi motivi incidono fortemente sul risultato della stima.
Poichè molteplici possono essere le finalità della stima, ne consegue che
diverse sono le configurazioni del capitale d’azienda. Possiamo ricordarne
alcune tra le principali 7:
5
Sul tema cfr. par. 1.4 del volume di Osvaldo Paganelli, Valutazione delle aziende. Principi e
procedimenti, Torino, UTET, 1990.
6
Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, p.36.
7
Cfr. Gianfranco Zanda, Casi ed applicazioni di valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1996, 2.
6
- capitale di costituzione, riferito al momento della nascita dell’azienda;
- capitale di stralcio, stimato ai fini della liquidazione dell’attività
imprenditoriale;
- capitale di funzionamento, volto a misurare il capitale d’azienda in
funzionamento;
- capitale di trasferimento, stimato ai fini del trasferimento dell’attività.
1.4 Caratteristiche essenziali per le stime analitiche
La stima del capitale economico non si fonda su dati obiettivi ma comporta
il ricorso a stime, ipotesi e congetture; è naturale che tali elementi di
soggettività debbano essere esaminati alla luce di fondamentali requisiti.
Tutti i metodi che andremo ad illustrare presentano dunque quale comune
denominatore quattro requisiti
8
che sono fondamentali per un’attendibile
metodologia di stima del capitale economico:
- La razionalità: il valore deve essere ottenuto mediante l’applicazione di
uno schema logico, chiaro e condivisibile. Il metodo deve essere valido
concettualmente e dotato di consistenza teorica;
- L’obiettività e dimostrabilità: i valori presi a riferimento per la
valutazione devono essere il più possibile oggettivi e devono avere un
accettabile grado d’attendibilità;
8
Luigi Guatri, La valutazione elle aziende. Teoria e pratica dei paesi avanzati a confronto, Milano, 1994,
p.12.
7
- La generalità: i metodi utilizzati devono poter essere applicati in
qualsiasi circostanza, devono prescindere dalle esigenze delle parti e dalla
forza contrattuale delle stesse.
- La stabilità: i metodi devono rifuggire dagli aspetti di provvisorietà e
d’instabilità. La stima del capitale deve guardare con molta cautela a
situazioni contingenti che possono per brevi periodi esaltare o deprimere
il valore delle aziende.
Esiste però un principio base, indicato dall’U.E.C. (Union Europpènne
des Experts Comptables Economiques et Financiares) su cui va fondata la
valutazione dell’azienda: la “relatività”
9
del valore aziendale, ossia
l’individuazione di un valore differente a seconda delle diverse occasioni o
finalità valutative. Poichè nessuna metodologia di stima del capitale
economico è in grado di soddisfare contemporaneamente e pienamente i
suddetti requisiti, bisognerà volta per volta essere coscienti dei limiti e dei
vantaggi insiti nelle metodologie applicate.
1.5Valore stock e valore flusso
Prima di passare ad esporre in dettaglio i principali metodi di valutazione
bisogna fare una fondamentale distinzione tra due espressioni del "valore":
il valore come fondo o stock ed il valore come flusso
10
. Con la prima
locuzione s’intende una misura del valore alla quale si perviene
analizzando gli stock, cioè gli elementi o aggregati d’elementi del capitale
9
Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, p. 4.
Cfr. Giovanni Gasperoni, Valutazione d’azienda: i principali metodi, Studio Tomasin Commercialisti,
www.studiotomasin.it
10
8
di funzionamento dell’impresa, considerati in un determinato istante
temporale. Trattasi quindi di un concetto di valore statico perché legato al
patrimonio dell’azienda, il quale non è altro che il frutto dei risultati
conseguiti nel passato. Il flusso rappresenta invece la variazione
intervenuta in un determinato periodo di tempo negli stock che
costituiscono il capitale dell’impresa, pertanto se si considera il valore in
quest’accezione, si porrà l’attenzione sulla capacità dell’azienda di
produrre, nel breve-medio termine, determinati flussi di cassa oppure di
reddito, a seconda che il metodo di valutazione utilizzato sia, come
vedremo, di tipo finanziario o reddituale.
Nel panorama dottrinale e professionale odierno si propongono due
fondamentali espressioni del “valore-flusso”: il valore del capitale
economico; il valore potenziale del capitale. La prima definizione esprime
un concetto che è stato a lungo l’asse portante delle perizie di stima e, in
generale, delle costruzioni teoriche nella tradizione professionale europea,
cioè la prevalenza, se non l’esclusività del valore espresso in termini di
capitale economico. Il capitale economico, esprime dichiaratamente una
valutazione, razionale, dimostrabile, generale e stabile con ciò
avvicinandosi molto alle caratteristiche che debbono contraddistinguere
un’efficace e significativa valutazione del capitale.
Risulta dunque
un’importante formula valutativa, ma non la sola utile e significativa. Esso
è semplicemente il solo che sa meglio combinare e ottimizzare le
caratteristiche giudicate positive ai fini della stima. L’idea di valore
potenziale di capitale trova origine nell’osservazione che due imprese, pur
simili per i risultati che conseguono, per le prospettive reddituali a breve
termine e per i rischi che sopportano, possono peraltro presentare capacità e
prospettive a lungo termine molto diverse e quindi avere un differente
valore potenziale. La debolezza di tale concetto di valore risiede nel fatto di
9
essere legato appunto ad attese di flussi a medio e lungo termine svincolati
sostanzialmente da rapporti coi risultati del passato. In tal modo si accede
ad una determinazione incerta del valore, essendo quest’ultimo connesso ai
diversi scenari che possono essere assunti per rappresentarne le attese:
l’obiettività citata nel § 1.4 è pertanto disattesa da scelte che sono per loro
natura necessariamente soggettive.
Giova a questo punto sottolineare un’ulteriore categoria del concetto di
valore che prescinde da entrambi i concetti di valore-flusso e di valorestock, ma che non per questo assume valenza residuale: il valore secondo "i
prezzi probabili". Tale definizione di valore non dà luogo a valutazioni
analitiche, bensì a prezzi ragionevolmente raggiungibili o negoziabili alla
vendita o all’acquisto, dedotti da osservazioni di mercato, con riferimento
appunto ad esperienze omogenee e paragonabili. Trattasi di un’idea di
valore che ha assunto nel tempo uno spessore sempre maggiore, in quanto i
metodi di stima ad essa relativi - spesso indicati come "metodi dei
moltiplicatori"
11
- sono sovente utilizzati come criteri di controllo delle
valutazioni analitiche.
1.6 Approccio alla valutazione
La valutazione delle aziende non è mai un’applicazione meccanica di criteri
e di formule. Per comporre una valutazione credibile bisogna disporre, oltre
che di una serie di strumenti concettuali e d'informazioni, della capacità di
“capire" l’azienda e di saperla inquadrare nel sistema in cui opera. In futuro
il giudizio di valutazione sarà sempre più integrato nella conoscenza della
gestione, dell’efficacia con cui essa viene condotta e dei miglioramenti
11
Vedi § 2.7.
10
realizzabili in termini di crescita. E’ del pari evidente l’importanza di
conoscere e prevedere il quadro macroeconomico del Paese o dei Paesi in
cui l’impresa vive oltre che le caratteristiche del settore cui appartiene.
Infatti, in alcuni Paesi, le condizioni generali influenzano il valore più degli
stessi comportamenti delle imprese, che ne sono del resto pesantemente
condizionati. Un corretto approccio alla valutazione deve dunque prevedere
12
:
- analisi storica;
- analisi ambientale;
- analisi dei concorrenti.
1.6.1 Analisi storica
Il primo passo verso la valutazione d’azienda è costituito dall’analisi dei
dati storici registrati dall’impresa. I risultati raggiunti dall’impresa nel
passato sono descritti nel bilancio, che costituisce il primo e basilare
elemento conoscitivo della realtà aziendale. Tuttavia, i dati in esso
contenuti sono spesso troppo sintetici ed aggregati e vanno analizzati con
l’aiuto di altre fonti informative, quali la contabilità industriale, il budget e
i piani di investimento. Obiettivo dell’analisi è di individuare informazioni
dettagliate e rilevanti ai fini della valutazione. Preliminare all’analisi vera e
propria è la riclassificazione del bilancio, al fine di disporre di dati
omogenei, e quindi confrontabili. L’analisi dei dati temporali va condotta
in un ampio arco temporale (di solito tra i 5 e i 10 anni) per meglio
comprendere fenomeni quali la ciclicità del settore, la risposta dell’impresa
12
Cfr. M. Cattaneo, M. Sala, Valutare l’azienda, IPSOA Editore, 1997 p 17-24.
11
a mutamenti ambientali e il grado di variabilità dei margini operativi. Con
l’analisi storica si valutano le prestazioni dell’impresa nel corso della sua
storia, si identificano i fattori di rischio, i punti di forza e di debolezza nella
gestione operativa e finanziaria, si formulano ragionevoli previsioni
sull’evoluzione dei risultati economici e finanziari aziendali.
1.6.2 Analisi ambientale
Il processo di valutazione aziendale richiede una preliminare definizione e
un’attenta analisi del contesto ambientale nel quale opera l’impresa. Infatti,
l’analisi di mercato rappresenta un elemento fondamentale su cui poggia
l’affidabilità e la credibilità degli scenari previsionali necessari alla
valutazione. Per formulare previsioni circa il comportamento dell’impresa
occorre prima effettuare un’indagine generale dell’habitat entro il quale
essa agisce e si evolve
13
. Si tratta di analizzare fattori sociali e culturali,
come i caratteri demografici, di scolarizzazione, di sensibilità ecologica nei
confronti dell’ambiente, ed elementi di carattere politico-istituzionale
relativi alla nazione di origine dell’impresa. Non possono essere ignorati
dall’analisi aziendale gli elementi di carattere monetario, bancario e
finanziario che concorrono a definire l’habitat naturale dell’impresa. Né
vanno trascurati gli elementi di carattere giuridico e fiscale. Si tratta di
variabili ambientali espressive dello scenario mondiale le quali hanno
assunto un peso progressivamente crescente in relazione all’ormai
consolidato processo di globalizzazione dei mercati.
Successivamente si passa a valutare le caratteristiche e le prospettive del
settore di riferimento, nonché la posizione strategica dell’impresa
13
Bettina Campedelli, Analisi aziendale: strumenti concettuali, metodologici e di valutazione
dell’impresa, Giappichelli, Torino, 1998, p. 63-66.
12
all’interno dello stesso. Il settore di appartenenza influenza notevolmente
l’operato dell’impresa attraverso una serie di opportunità e di vincoli
specifici, come la presenza di un concorrente di rilevanti dimensioni,
l’introduzione di prodotti sostitutivi o di nuova tecnologia, l’introduzione
di nuove tariffe o norme restrittive che possono seriamente compromettere
lo sviluppo dell’impresa. Di seguito sono indicati alcuni aspetti del settore
che vanno necessariamente analizzati:
- trend storico
- vincoli normativi e legislativi;
- grado di concentrazione
- barriere all’entrata e all’uscita del settore.
1.6.3 Analisi dei concorrenti
L’analisi dei concorrenti, basata sui bilanci e su altre fonti informative,
permette di formulare utili giudizi. Si scoprono analogie e differenze tra le
combinazioni produttive dell’impresa e dei concorrenti, punti di forza e di
debolezza dell'azienda, strategie e comportamenti passati dei concorrenti e
previsioni delle loro possibili mosse strategiche future. Naturalmente vanno
scelte imprese concorrenti che presentino caratteristiche omogenee e
comparabili in termini di prodotti, mercati e, per quanto possibile,
tecnologie e processi produttivi. A questo punto è possibile valutare la
posizione strategica dell’impresa nel settore. Solo ora si hanno a
disposizione le informazioni necessarie per formulare gli scenari futuri
dell’impresa in esame e valutare i rischi concorrenziali.
13
CAPITOLO 2
PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE AZIENDALE
2.1 Metodi di valutazione diretti ed indiretti
La dottrina economico-aziendale e la pratica hanno messo a punto diversi
procedimenti per la valutazione dell’azienda. Solitamente i criteri di
valutazione delle aziende vengono distinti in diretti ed indiretti
14
. Si
dicono diretti quei criteri che stimano il valore del capitale economico sulla
base dei prezzi (o dei moltiplicatori) espressi dal mercato per l’azienda
considerata o per aziende simili a quella oggetto di valutazione. La
frequente impossibilità pratica di disporre di prezzi di mercato per valutare
le aziende, unita alla scarsa significatività di tali prezzi quando disponibili,
rende necessario percorrere altre vie per la determinazione del valore. Si
qualificano invece con il termine indiretti quei metodi che derivano il
valore del capitale economico da altre grandezze aziendali (flussi
finanziari, reddito, consistenza del patrimonio, ecc..). Le metodologie
indirette danno origine a tre classi di criteri di valutazione:
14
Francesco Lambertini, La valutazione dei gruppi di imprese, Pàtron Editore, Bologna 1995, pp. 73-77.
14
1) Metodi fondati sui flussi: reddituali, pongono in primo piano la
presumibile redditività futura dell’azienda oggetto di valutazione;
finanziari, attribuiscono primaria importanza ai flussi finanziari disponibili
in futuro per l’investitore.
2) Metodi fondati su grandezze stock: patrimoniali, attribuiscono primaria
importanza alla struttura analitica del patrimonio aziendale.
3) Metodi costruiti su grandezze flusso-stock: misti, risultano cioè’ da una
combinazione degli elementi considerati nei metodi precedenti.
Facendo un breve excursus storico possiamo affermare che dagli anni
’50 ad oggi si è rilevato, in ambito nazionale ed internazionale, un generale
cambiamento nella scelta dei metodi di valutazione del capitale d’impresa.
Si passa dall’impiego di metodologie basate su grandezze stock, all’utilizzo
di criteri fondati su grandezze flusso, in particolar modo dei metodi
finanziari. Al livello europeo la prassi nella valutazione d’azienda è stata
fortemente influenzata dalla posizione assunta dall’U.E.C., Unione Europea
degli Esperti Contabili Economici e Finanziari. Il primo interessamento
dall’U.E.C alla questione della stima del capitale economico d’impresa
avvenne nel 1955 quando venne istituita una Commissione con il compito
di affrontare la problematica della valutazione d’azienda. Le metodologie
raccomandate dalla Commissione nel primo scritto, pubblicato nel 1961,
raccomandavano l’utilizzo dei criteri misti15 per la determinazione del
valore d’impresa. Non vi furono ulteriori interventi della U.E.C. in forma
organica come avvenne per il primo testo base. Solo nel dicembre dell’80
l’U.E.C. tornò ad occuparsi del problema nello scritto “Procedure to be
15
UEC, La valutazione delle aziende e delle parti d’azienda, ETAS KOMPASS, Milano, 1961, p. 32.
15
followed by Accountatnts in valuing an Undertaking as a Going Concern”
con lo scopo di aggiornare la sua posizione e puntualizzare le metodologie.
Dal testo risulta evidente che il metodo ritenuto maggiormente corretto per
la determinazione del valore economico di un’impresa è il metodo
finanziario fondato sull’attualizzazione dei flussi di cassa attesi
16
.
Oggigiorno metodi diversi sono diffusi ed utilizzati in sistemi caratterizzati
da tratti economico-giuridici differenti. E’ possibile affermare che nei paesi
anglosassoni le valutazioni sono principalmente effettuate con metodi
finanziari, mentre nel contesto europeo continentale ed in molti paesi
asiatici, si sono imposte metodologie reddituali e patrimoniali. Una diversa
struttura del mercato dei capitali giustifica la diffusione di prassi valutative
differenti.
Ci occuperemo prima dei metodi indiretti, maggiormente conosciuti e
applicati, per poi accennare a quelli diretti.
2.2 Metodi indiretti basati sui flussi: reddituali e finanziari
Con l’espressione metodi basati sui flussi s’intendono indicare due
soluzioni valutative per il capitale d’impresa: quella reddituale e quella
finanziaria. Sono gli unici metodi ritenuti razionali e universali, poiché
guardano ai risultati futuri delle aziende e sono in grado di attualizzare tali
risultati. La loro superiorità è dimostrata dalla loro ampia diffusione in tutti
i Paesi e presso tutti gli esperti e dalla possibilità di essere utilizzati per tutti
i fini e gli obiettivi attinenti alla valutazione del capitale d’impresa.
Particolarmente interessati alla valutazione delle aziende tramite i metodi
16
U.E.C. Procedure to be followed by Accountatnts in valuing an Undertaking as a Going Concern,
1980, p. 3.
16
dei flussi sono: gli anglosassoni, orientati ai flussi finanziari; i tedeschi,
orientati ai flussi reddituali; gli italiani che prediligono i metodi reddituali
ma non escludono il metodo finanziario.
2.3 Metodi reddituali
I metodi reddituali permettono di esprimere il valore di un’azienda in
funzione dei redditi che essa è in grado di generare in futuro. In altri
termini il metodo reddituale giunge a definire un valore odierno, che possa
essere considerato equivalente ai flussi di reddito che l’impresa produrrà in
futuro. Riformulando il concetto appena espresso in termini matematici, è
possibile considerare il valore dell’azienda come una funzione di redditi
attesi 17 :
W = f (R)
[1]
dove:
W = valore dell’azienda;
R = reddito generabile dalla “normale” gestione.
Questa relazione di tipo generale esige una serie di precisazioni in merito a:
1) Il tipo di funzione che lega W a R;
2) La definizione dei parametri della funzione scelta;
3) Il modo secondo il quale R deve essere definito e misurato.
17
Maurizio Dallocchio, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Milano,
EGEA, 1995, pp. 666-670. Anche nel prosieguo del § 2.3.1 seguiremo il pensiero dell’Autore che si
distingue per la sintesi e la chiarezza espositiva.
17
Quanto al primo punto, si tratta di una funzione di capitalizzazione o
d’attualizzazione, nel senso che la grandezza W s’intende formata dalla
serie dei valori attuali dei redditi futuri dell’impresa. Ovviamente la
funzione presenterà apprezzabili differenze secondo se i redditi si
presumano:
- di durata indefinita;
- di durata limitata nel tempo;
Nel primo caso la funzione coinciderà con quella che la matematica
finanziaria chiama rendita perpetua, cioè:
R
W= 
[2]
i
dove i è un tasso d’attualizzazione opportunamente prescelto.
Nel secondo caso si limitano le osservazione a n anni, ritenendo troppo
aleatorio proiettare i flussi di reddito per periodi più prolungati. Si assume
così il valore attuale della rendita annua posticipata di futura a n anni:
W = R an
dove a n
¬i
[3]
¬i rappresenta il fattore di attualizzazione dei redditi di ciascuno
degli anni considerati, sempre al tasso i.
Il ricorso alla rendita perpetua è molto frequente ed è la soluzione
generalmente preferita ovunque, poiché l’azienda è un istituto economico
destinato a durare nel tempo e perché l’attribuzione di una durata probabile
18
alla vita di un’azienda suscita spesso gravi difficoltà. Inoltre la differenza
tra il valore attuale di una rendita limitata a n anni ed il valore della rendita
perpetua diventa trascurabile oltre un certo numero d’anni.
Una volta definite le funzioni utilizzabili, è ora necessario analizzare le
singole componenti che concorrono a determinare il valore reddituale, ossia
il reddito da attualizzare (R), il numero di anni per cui attualizzare il
reddito (n), il tasso di attualizzazione (i).
2.3.1 Il reddito da attualizzare
Il metodo reddituale è un metodo di valutazione sintetico, in quanto
perviene al valore di un’azienda senza considerare analiticamente le sue
componenti patrimoniali, bensì scegliendo il reddito quale unico indicatore
di sintesi della composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio
aziendale e della attitudine del patrimonio stesso a produrre risultati
economici positivi
18
. Il valore di un’azienda calcolato con il metodo
reddituale è funzione diretta dei suoi redditi. La determinazione di questo
reddito futuro è un argomento complesso che tiene conto di diverse
componenti 19, per ciascuna delle quali si pongono varie alternative:
1) La prima serie di alternative riguarda il fatto che questo reddito futuro
sia inteso come:
- la serie di redditi annuali, puntualmente attesi per un certo periodo di
tempo;
18
Si veda P. Jovinetti, Valore dell’impresa, Pirola, Milano, 1990, p. 46.
Per approfondimenti Luigi Guatri, La valutazione delle aziende. Teoria e pratica dei Paesi avanzati a
confronto, Milano 1994, pp. 108 e ss.
19
19
- il valore emergente da una media aritmetica di tali redditi.
La scelta è effettuata in funzione della regolarità dei redditi considerati e
della maggiore o minore necessità di mediare eventuali oscillazioni
rilevanti. In proposito dottrina e prassi concordano nell’assegnare alla
seconda alternativa una maggiore affidabilità oltre a un’oggettiva,
semplicità di applicazione. La misurazione puntuale dei redditi annui potrà
essere realizzata solo in particolari circostanze, laddove sia presente
un’elevata prevedibilità dei risultati d’esercizio.
2) La seconda serie di alternative riguarda le tecniche di previsione del
reddito futuro. Quest’ultimo potrà essere calcolato 20:
- con il metodo dei risultati storici, ossia supponendo il permanere dei
risultati storicamente ottenuti in tempi recenti. Il reddito futuro viene
definito in base ai risultati economici conseguiti negli anni passati;
- con il metodo di proiezione dei risultati storici, proiettando i risultati
storici nel futuro, in funzione dell’ipotizzabile comportamento di alcune
variabili. La validità del metodo dipende dal grado di accuratezza e dalla
fondatezza delle ipotesi su cui riposano le proiezioni;
- con il metodo dei risultati programmati, cioè attualizzando i risultati
economici espressi nei budget e nei piani aziendali per definiti periodi
futuri;
- con il metodo dell’innovazione, ossia definendo nuove condizioni di
gestione futura, e valutandone le probabili conseguenze in termini di
reddito.
20
A. G. Mauri, La valutazione delle aziende nelle operazioni di gestione straordinaria, ISDAF, Pavia,
1996, p. 136-140.
20
La scelta tra le diverse tecniche di previsione del reddito da prendere in
considerazione per la valutazione, è funzione sia del sistema informativo
aziendale, sia del permanere di condizioni di omogeneità e prevedibilità per
tutto il periodo preso in considerazione.
3) La terza serie di alternative riguarda le possibili figure di reddito
utilizzabili. Si tratta in sostanza di scegliere tra:
- reddito contabile
- reddito normalizzato, depurato da componenti straordinarie o non
ricorrenti rispetto alla gestione ordinaria dell’azienda;
- reddito prelevabile, cioè quella parte di reddito che può essere distribuita
dai soci senza compromettere la capacità di prosecuzione e sviluppo
dell’azienda.
La seconda alternativa è normalmente privilegiata in sede applicativa. Il
criterio del reddito normalizzato è infatti adatto a rappresentare fedelmente
l’andamento economico dell’azienda da valutare poiché elimina l’influenza
distorcente derivante da situazioni di carattere straordinario, e dunque non
sistematicamente riferibili agli accadimenti di gestione. Il processo di
“normalizzazione” del reddito si svolge generalmente eliminando proventi
e costi straordinari, proventi e costi estranei alla gestione caratteristica, se
non ricorrenti, e gli effetti derivanti dalle cosiddette “politiche di bilancio”.
In sostanza sono cancellate dal reddito di esercizio quelle componenti di
natura non ripetitiva, che non possono essere inquadrate nell’ambito di una
normale gestione aziendale. Il reddito rettificato così ottenuto si presta
perfettamente ad essere utilizzato nella formula della rendita perpetua, che
presuppone il permanere indefinito del reddito da attualizzare.
21
2.3.2 Il periodo di attualizzazione
La scelta del periodo di attualizzazione (n) che può andare da alcuni anni ,
5 o 7, per arrivare all’infinito è spesso influenzata dai dati disponibili in
relazione ai redditi da attualizzare. E’ in genere piuttosto difficoltoso poter
disporre di dati attendibili quando le proiezioni inserite nei piani si
spingono oltre un certo numero di anni. Questo soprattutto se si vogliono
attualizzare i redditi dei singoli esercizi futuri. Va d’altra parte considerato
il fatto che in condizioni di normale gestione, appare piuttosto arbitrario
limitare ad un periodo predefinito il numero di anni in cui l’azienda sarà in
grado di generare risultati economici. Ciò è particolarmente vero per quelle
entità di non recente fondazione che operano in comparti in cui il rischio è
ragionevolmente prevedibile e che non manifestano intense variazioni degli
indici di redditività nel tempo. In questi casi in particolare, ma in generale
in tutte le situazioni nelle quali è ragionevolmente prevedibile il permanere
dell’attività nel tempo, coerentemente con i più comuni obiettivi della
gestione d’impresa, tanto dottrina quanto la prassi valutativa privilegiano
l’utilizzo della formula della rendita perpetua. Esistono tuttavia delle
situazioni, quali ad esempio le fattispecie relative a piani di ristrutturazione,
a possibili riorganizzazioni aziendali o a progetti di uscita da contingenze
di segno negativo, per le quali è ragionevole pensare di calcolare
puntualmente i redditi previsti per alcuni anni, e solo in un secondo
momento (dopo 3-5 anni in prevalenza) passare ad una condizione normale
adottando la formula della rendita perpetua. Naturalmente il valore
derivante dall’applicazione della formula in questione andrà attualizzato al
momento in cui accade la valutazione.
22
2.3.3 La scelta del tasso di attualizzazione
Metodi reddituali e metodi finanziari hanno in comune il problema della
scelta del tasso di attualizzazione, che intende riferire al momento attuale i
valori dei flussi attesi nel corso di vita dell’impresa. Si sottolinea l’assoluta
delicatezza di tale operazione, in quanto anche lievi variazioni di tale
parametro possono portare a notevoli differenze nella determinazione del
capitale economico. Nella pratica le espressioni tasso di capitalizzazione e
tasso di attualizzazione sono spesso usate in modo intercambiabile, ma
sono concetti e misure diverse. Chiameremo i tasso di capitalizzazione,
inteso come divisore che applicato ad un numero espressivo di un flusso
annuale atteso e perciò incerto determina l’equivalente certo, cioè il
capitale economico W al momento della stima. Esiste un solo tasso di
capitalizzazione i, poiché l’unica grandezza cui esso è applicabile è il
reddito medio annuo atteso. Mentre con il simbolo i’ chiameremo il tasso di
attualizzazione, ossia il tasso destinato a riportare al momento della stima
una serie di flussi incerti f1, f2 …. fn che si prevedono ottenibili ai momenti
t1, t2 …. tn, della quale il capitale economico W rappresenta l’equivalente
certo al momento t0. Il tasso di capitalizzazione o di attualizzazione è
notoriamente costituito da due componenti
21
:
- il compenso per il decorrere del tempo (componente finanziaria);
- il compenso del rischio (componente specifica).
Questo principio si traduce nella seguente espressione concettuale:
21
Osvaldo Paganelli, Valutazione delle aziende. Principi e procedimenti, Torino, UTET, 1990, pp. 3641. Per approfondimenti sull’argomento Luigi Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano,
EGEA, 1998, pp. 76 e ss.
23
i=r+s
[4]
dove:
r = tasso di attualizzazione “puro”;
s = remunerazione per il rischio generale d’impresa.
Il tasso puro di interesse r, è la remunerazione finanziaria di investimenti
"senza rischio", legata al solo decorrere del tempo. E’ un tasso
determinabile con buona attendibilità, infatti come termine di riferimento
significativo si assume, nella pratica, il rendimento dei Titoli del debito
pubblico. Questo tasso deve essere “reale” cioè va depurato dalla
componente inflazionistica, se presente. Il tasso puro di interesse va poi
maggiorato del premio per il rischio generale d’impresa (s), ossia il premio
per il rischio legato all’investimento nell’azienda specifica. Questo rischio
è rappresentato dall’eventualità di subire perdite di gestione che intacchino
il capitale proprio. I fattori del rischio sono molteplici, ma quelli più
significativi sono:
- fattori generali: riguardanti la situazione politico-sociale del Paese
dove l’azienda opera, la congiuntura economica, l’inflazione in atto,
ecc.;
- fattori
settoriali:
ossia
la
struttura
del
settore
produttivo
di
appartenenza, la condotta di mercato dei concorrenti, condizioni varie di
instabilità del settore, ecc.;
- fattori aziendali: la variabilità dei risultati operativi dell’azienda da
valutare, la solidità patrimoniale, il livello e la composizione
dell’indebitamento, la situazione di liquidità, ecc.;
- fattori speciali: stati giuridici particolari dell’azienda, regime vincolistico
dei prezzi, ecc.
24
La maggiorazione da applicare al tasso puro di interesse va dunque
commisurata all’intensità del rischio generale d’impresa gravante sul
capitale proprio. Il discorso più complesso della scelta del tasso attiene alla
quantificazione di s, che nonostante vari tentativi non trova ancora
soluzioni pienamente soddisfacenti. Per quantificare il rischio sono stati
seguiti vari approcci di tipo sintetico-soggettivi ed analitico-quantitativi. La
valutazione soggettiva è desunta da un apprezzamento complessivo del
rischio
generale
d’impresa
basato
sulla
cultura,
sull’intuito
e
sull’esperienza del valutatore. La valutazione analitico-quantitativa consiste
invece nell’individuazione delle principali componenti del rischio generale
d’impresa, nella loro misurazione per zone di variabilità e quindi nella
sintesi di tali misurazioni attribuendo ad esse appropriati pesi.
Tra questi ultimi approcci menzioniamo quello classico del Capital Asset
Pricing Model (CAPM) 22. Il modello del CAPM approfondisce le relazioni
fra rendimento e rischio negli investimenti evidenziando il fatto che gli
investitori richiedono rendimenti crescenti all’aumentare del rischio
dell’investimento. In dettaglio il rischio connesso all’investimento di
un’impresa può essere scomposto in due tipi di rischio: il rischio specifico
e il rischio sistematico. Il rischio specifico è connesso allo svolgimento
dell’attività di una determinata impresa e quindi ai suoi risultati
competitivi, mentre il rischio sistematico si collega a fenomeni di carattere
macro-economico e in particolare alla congiuntura economica generale.
Secondo questa teoria il tasso di attualizzazione deriva da:
i = r + β (rm – r)
22
[5]
Cfr. Poli. A. Il costo del capitale. Teoria della finanza e mercati finanziari, ETAS Libri, 1997, pp. 67 e
ss., A. G. Mauri, La valutazione delle aziende nelle operazioni di gestione straordinaria, ISDAF, Pavia,
1996, 152-156.
25
dove:
β = volatilità del rendimento del titolo della azienda da valutare;
rm = rendimento di un portafoglio rappresentativo del mercato;
(rm – r) = premio per il rischio di mercato.
La componente di rischio s è dedotta direttamente dal mercato e risulta
composta dalla maggiorazione per il rischio azionario (rm – r) moltiplicata
per il beta (β) di ogni specifica società. Il valore ottimale di β sarebbe
quello prospettico ma numerosi studi ed analisi hanno attestato la validità
dell’utilizzo di dati storici come stima attendibile dei valori futuri. In
proposito sono disponibili in tutti i mercati i cosiddetti “Beta book”,
pubblicazioni che riportano per tutte le società quotate i beta rilevanti e le
loro variazioni. Nel caso di società non quotate si prendono in
considerazione i β del settore di appartenenza dell’azienda, rettificato in
funzione della società. In luogo del CAPM sono a volte consigliati
procedimenti alternativi, pure a base quantitativa, quale l’Arbitrage Pricing
Model (APM) 23.
L’approccio sintetico-soggettivo, anche se indimostrabile e influenzato
da chi compone la valutazione, risulta il più adottato nella pratica europea.
E’ la soluzione più diffusa anche se priva di ogni supporto oggettivo. Ciò si
deve al fatto che i metodi analitico-quantitativi esigono una massa di dati di
riferimento che in alcuni paesi non esistono, dall’eccessivo impegno da
impiegare rispetto ai risultati modesti (difficoltà di calcolo) e dal credito
insufficiente sulla esattezza di tali teorie. Si ricorda anche che in questo
23
Per approfondimenti cfr. A. Damodaran, Manuale di valutazione finanziaria, McGraw-Hill, Milano,
1996, p. 38-40.
26
approccio la scelta, la quantificazione e la ponderazione dei componenti di
rischio si basano su ipotesi arbitrarie.
2.3.4 Limiti del metodo reddituale
Il metodo reddituale si fa apprezzare per la fondatezza dei criteri generali
assunti a base della valutazione. I maggiori limiti di questo metodo
risiedono nelle incertezze e difficoltà presenti nelle successive fasi di
elaborazione, come la stima del reddito normalizzato, espressione di
durevole redditività del capitale proprio e la scelta del tasso di
capitalizzazione. Nelle pagine precedenti sono emerse le incertezze e le
difficoltà di determinazione di questi parametri e la frequente necessità di
ricorrere a soluzioni empiriche, utili ma sempre discutibili.
Inoltre il metodo reddituale è applicabile solo ad aziende funzionanti e in
grado di conseguire risultati economici tendenzialmente positivi, essendo il
suo utilizzo privo di significato in presenza di ripetute perdite di esercizio
passate, presenti e future. In questi casi sarà meglio optare per metodi
patrimoniali o per metodi misti patrimoniali-reddituali.
2.4 Metodi finanziari
Il metodo finanziario, molto diffuso nei paesi anglosassoni ma poco in
Europa continentale, porta ad esprimere il valore del capitale economico di
un’impresa in funzione del valore attuale dei flussi di cassa che un’azienda
è in grado di rendere disponibili. Questo metodo di valutazione ha trovato
in Italia un’applicazione ancor più limitata di quanto non sia avvenuto nel
27
contesto europeo, a causa della aleatorietà e soggettività insite nella stima
dei flussi di cassa riferiti a periodi temporali prolungati. Solo di recente, sia
la dottrina che la prassi, sembrano inclini a riconoscere una validità a tale
criterio. L’impresa è considerata pari ad un investimento, il cui valore è
dato dai flussi di cassa attesi della gestione operativa, attualizzati al tasso di
rendimento offerto da investimenti alternativi omogenei e quindi
confrontabili. Tale valore non risulta completamente oggettivo poiché il
tasso di attualizzazione scelto per attualizzare i flussi di cassa futuri viene
scelto dal soggetto che effettua la valutazione e quindi assume un carattere
soggettivo. In tale ambito risulta particolarmente indicato il criterio del
Valore Attuale Netto (VAN)
24
, criterio base per la valutazione degli
investimenti. La relazione matematica utilizzata per calcolare il valore del
capitale economico dell’azienda con questo metodo finanziario è:
n
W=Σ
Ft
__________
[6]
t=1 (1 + r)t
dove:
W = valore dell’investimento;
Ft = flussi finanziari di ciascuno degli n anni considerati nelle proiezioni;
r = tasso di attualizzazione.
All’interno di questa logica si possono riscontrare due approcci che
implicano scelte metodologiche diverse 25:
24
Tale criterio è anche conosciuto con le seguenti denominazioni: REA (Risultato economico
attualizzato); EVA (Eccedenza di valore netto attualizzato); NPV (Net present value).
25
A. Damodaran, Damodaran on valuation, J. Wiley & Sons, New York, 1994, p. 10 e ss.
28
- la valutazione del capitale d’azienda (equity valuation);
- la valutazione dell’investimento complessivo aziendale (firm valuation).
Il primo approccio si fonda sull’attualizzazione dei flussi di cassa al
netto di oneri finanziari, imposte e altri oneri, i quali vengono scontati ad
un tasso di attualizzazione che è pari al costo del capitale proprio. Il flusso
di cassa netto complessivo può essere determinato sommando all’utile netto
dell’esercizio gli ammortamenti e sottraendo quella parte di risorse
finanziarie che vengono impiegate in investimenti in capitale circolante
netto e capitale fisso (Vedi Tabella 2.1).
Il secondo metodo prevede invece l’attualizzazione di flussi di cassa
operativi (lordi di oneri finanziari o unlevered) i quali vengono attualizzati
al costo medio ponderato del capitale. In questo caso si tiene conto degli
effetti della gestione finanziaria esclusivamente nella determinazione del
tasso di attualizzazione e non nei flussi di cassa. ( Vedi Tabella 2.2).
29
Tabella 2.1 Determinazione del flusso di cassa netto
complessivo.
Fatturato
- Costi operativi
= Reddito operativo
- Oneri finanziari
= Utile ante imposte
- Imposte pagate
= Utile netto
+ Ammortamenti
= Flusso di capitale circolante
± Impieghi di capitale circolante
± Investimenti fissi
± Accensione/Rimborso debiti
= Flusso di cassa netto complessivo
Tabella 2.2 Determinazione del flusso di cassa al lordo
di oneri finanziari.
Fatturato
- Costi operativi
= Reddito operativo
- Imposte (sul reddito operativo)
= Reddito operativo netto di imposte
+ Ammortamenti
= Flusso di capitale circolante
± Impieghi di capitale circolante
± Investimenti fissi
= Flusso di cassa lordo di oneri finanziari
30
In entrambi i metodi la stima dei flussi di cassa avviene su base annuale
per un certo periodo di anni (da 5 a 10). Al valore determinato sulla base
dell’attualizzazione dei flussi annuali viene poi sommato un secondo
addendo che rappresenta il valore finale dell’azienda Vn al termine del
periodo di valutazione dei flussi anno per anno, il quale a sua volta deve
essere attualizzato.
Il valore dell’azienda è dunque determinato dalla seguente formula:
n
W=Σ
Ft
__________
t=1 (1 + r)t
Vn
+
_____________
[7]
(1 + r)t
Il valore finale, Vn, assume spesso un peso molto significativo nella
determinazione di W, soprattutto quando l’indisponibilità di informazioni
attendibili per periodo molto lunghi (nei paesi anglosassoni non sono rare
valutazioni dei flussi per periodi anche superiori a 10 anni) impone di
avvicinare la realizzazione alla data della valutazione. La prassi indica
diverse alternative per calcolare il valore residuo, tra cui: il valore di
liquidazione dell’attivo, al netto dei debiti residui; il valore corrispondente
all’attualizzazione illimitata del reddito operativo netto o del flusso
finanziario prospettico medio; l’impiego di moltiplicatori empirici, come il
Price/ earning, che moltiplicati per il reddito operativo netto ci forniscono
tale valore.
2.4.1 Unlevered Discounted Cash Flow
Nell’ambito dei metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa al
lordo degli oneri finanziari si colloca quello dell’Unlevered Discounted
31
Cash Flow 26. Il metodo prevede che i flussi di cassa Ft siano calcolati al
netto degli oneri finanziari e di qualsiasi componente estraneo alla gestione
caratteristica. La tabella 2.3 riporta sinteticamente il calcolo che consente di
pervenire al così detto Unlevered Discounted Cash Flow (UCF):
Tabella 2.3 Determinazione del flusso di cassa annuo.
Fatturato
- Costo del venduto
= EBIT (utile prima degli interessi e delle imposte)
+ Ammortamenti su beni materiali ed immateriali
= EBITDA (utile prima degli interessi, delle imposte e
degli ammortamenti)
- Imposte pagate
+ Accantonamenti
± D Capitale circolante operativo
± D Capitale fisso operativo
= Unlevered Cash Flow (flusso monetario netto della
gestione caratteristica)
I flussi UCF rappresentano gli importi annui resi disponibili dalla sola
attività
operativa
dell’azienda. Chiameremo VAL la sommatoria
attualizzata dei flussi di cassa. Per determinare il valore della società sarà
necessario detrarre da VAL l’ammontare del valore attuale dei debiti
finanziari (DEB) e risommare le attività accessorie e non operative (ACC).
Il valore emergente dall’applicazione del metodo finanziario, secondo
l’approccio dell’Unlevered Discounted Cash Flow, risulterà dunque pari a:
26
Vedi A. Rappaport, La strategia del valore, F. Angeli, Milano 1989, p. 64 e ss.
32
W = VAL – DEB + ACC
[8]
Esistono anche altri criteri che possono costituire valide alternative al
metodo presentato 27.
2.4.2 Limiti del metodo finanziario
La critica più decisa ai metodi finanziari riguarda la scelta del valore da
attualizzare: si chiede perché sia necessario attualizzare i flussi di cassa e
non, per esempio, il reddito di esercizio come nei metodi reddituali. Il
metodo finanziario DCFA si fonda sull’assunzione che il reddito
d’esercizio non determina utilità per l’azionista fino a quando non si
traduce in cassa, ossia in liquidità disponibile per l’azionista stesso. Se
un’azienda ottiene redditi economici elevati nello stesso momento in cui si
verificano
elevati
fabbisogni
finanziari
per
sostenere
le
spese
d’investimento, l’impresa potrà trovarsi nella situazione di generare reddito
ma non di cassa. In questa situazione, la valutazione col metodo finanziario
porterà a risultati meno favorevoli rispetto a quella effettuata con il metodo
reddituale.
Un secondo genere di critiche riguardano la difficoltà di effettuare
previsioni per periodi lunghi e la forte influenza esercitata da componenti
soggettive e arbitrarie, specie nella determinare proiezioni e tasso di sconto.
Infatti la definizione quantitativa di molti elementi che entrano nel calcolo
dei flussi monetari è caratterizzata da elevati gradi di astrazione. Il DCFA
rappresenta però la “metodologia più valida dal punto di vista teorico ed
27
Per approfondimenti si veda T. Copeland, T. Koller, J. Murrin, Valuation: measuring and managing the
value of companies, Second edition, John Wiley and Sons, 1994.
33
esauriente dal punto di vista pratico, [...] in grado di riflettere gli sviluppi
futuri della società invece di focalizzarsi sui dati storici” 28.
Infine un’ultima considerazione. Con l’utilizzo del metodo finanziario,
l’attenzione dell’analista si sposta dal conto economico e dallo stato
patrimoniale sul terzo dei tre fondamentali prospetti di bilancio, il
rendiconto finanziario. Sarà quindi fondamentale la corretta costruzione del
rendiconto finanziario, sia al livello prospettico sia storico, cosa che spesso
non avviene poiché viene costruito per aggregazione di dati economici e
per differenze di saldi patrimoniali, compresi i dati non finanziari, mentre
dovrebbe evidenziare solo i reali movimenti di voci finanziarie, quelli che
danno luogo ad accadimenti di natura monetaria.
2.5 Metodi indiretti basati su grandezze stock: Patrimoniali
Trattando dei metodi di valutazione patrimoniale occorre effettuare una
considerazione preliminare in merito alla diffusione che tali metodologie
hanno sempre avuto tra gli operatori del nostro paese. Le motivazioni alla
base del successo di queste metodologie in Italia sono sostanzialmente di
natura storica 29. La preponderanza del sistema bancario rispetto al mercato
azionario, come fonte di finanziamento delle società, è probabilmente la
principale ragione della fortuna incontrata dai metodi patrimoniali.
L’assenza di un mercato azionario sviluppato ha indirizzato le società verso
le banche per la ricerca di fonti di finanziamento. L’ottica in cui viene
valutata un’azienda da parte di una banca è totalmente diversa da quella
utilizzata da un investitore azionario. L’istituto di credito ha come primo
28
Riportiamo il pensiero di Antonio Isola, Valutare l’azienda, IPSOA Editore, 1997, p.110.
Luigi Guatri, La valutazione delle aziende. Teoria e pratica dei Paesi avanzati a confronto, Egea,
Milano 1994, Cap.1.
34
29
obiettivo il recupero dei finanziamenti erogati e la riscossione periodica
degli interessi maturati. Per ottenere ciò è necessario che la società abbia
una struttura patrimoniale in grado, in ipotesi di liquidazione, di far fronte
ai propri impegni verso i creditori. Nel corso degli anni la centralità del
sistema bancario italiano ha fatto sì che la pratica valutativa da esso
privilegiata, imperniata sull’applicazione dei metodi patrimoniali, venisse
accolta dagli operatori. Laddove i mercati azionari hanno, invece,
rappresentato
una
credibile
alternativa
all’indebitamento
bancario
(principalmente nei paesi anglosassoni), la pratica valutativa si è orientata
maggiormente verso metodologie basate su concetti che rispecchiano
l’ottica dell’investitore azionario. Per un azionista il valore della società
dipende dalla ricchezza che essa sapra’ produrre nel futuro, espressa in
flussi di cassa o di reddito. I metodi patrimoniali sono ancora tra i più
adottai anche se, sempre più spesso, sono affiancati da metodi di
valutazione che prendono in considerazione gli aspetti economicofinanziari prospettici della società.
I metodi patrimoniali di valutazione sono quei metodi che giungono al
calcolo del valore economico del capitale di un’azienda attraverso la
determinazione del valore corrente delle singole componenti patrimoniali.
Le stime di carattere patrimoniale sottintendono l’ipotesi della possibilità di
disaggregazione e di riaggregazione del patrimonio aziendale. Infatti
ciascun componente patrimoniale viene valutato come se dovesse costituire
oggetto di separato trasferimento rispetto al resto dell’impresa. Così
facendo si ignora il vincolo di destinazione dei vari elementi di patrimonio,
che sono legati tra loro da intense interrelazioni e che costituiscono un
insieme complesso organizzato e, non si considera la ricchezza in termini
di flussi di risultato che tale complesso è in grado di produrre. A seconda
35
delle tipologie di beni patrimoniali che vengono inclusi nella stima, i
metodi patrimoniali di valutazione possono essere distinti in:
- metodo patrimoniale semplice, che comprende nell’attivo solo i beni
materiali;
- metodo patrimoniale complesso, analitici od empirici, che invece
includono nella stima anche i beni immateriali.
Per i motivi illustrati
in precedenza, il metodo patrimoniale molto
raramente si presta ad essere assunto come criterio valutativo esclusivo o
comunque principale, anche se tra i metodi di valutazione delle aziende è
quello dotato di maggiore oggettività, in quanto legato a condizioni e fatti
effettivi ed attuali e non a previsioni che possono risultare più o meno
fondate.
2.5.1 Metodo patrimoniale semplice
Il criterio patrimoniale semplice esamina l’azienda come un insieme di
attività e di passività, di cui il patrimonio netto costituisce, sul piano
contabile, la somma algebrica. Il valore dell’azienda è rappresentato
dunque dal suo patrimonio netto rettificato ossia dalla differenza tra le
attività e le passività dello stato patrimoniale e dalle rettifiche apportate al
valore dei singoli elementi patrimoniali. Tali rettifiche che derivano dalla
differenza tra il valore di stima dei singoli elementi patrimoniali e il valore
iscritto in bilancio, possono essere incrementative oppure sottrattive. Le
prime si verificano quando il valore di stima risulta maggiore rispetto al
valore di del bilancio e danno origine a plusvalenze; le rettifiche sottrattive
36
si hanno quando il valore di stima è inferiore a quello contabile e fanno
sorgere minusvalenze. Ogniqualvolta il valore di stima coincide con il
valore inscritto in bilancio non si deve apportare alcuna rettifica al capitale
netto contabile. In formule 30:
W = K’
[9]
dove:
W = capitale economico dell’azienda;
K’ = patrimonio netto rettificato.
La determinazione del patrimonio netto rettificato consta di quattro fasi 31:
1) la revisione contabile degli elementi attivi e passivi di bilancio;
2) la determinazione del capitale netto contabile;
3) la riespressione a valori correnti degli elementi attivi e passivi di
patrimonio con l’evidenziazione di plusvalenze o minusvalenze;
4) il calcolo del capitale netto rettificato, ossia del valore d’impresa
secondo il metodo patrimoniale.
Gli elementi attivi e passivi del patrimonio devono necessariamente
corrispondere a corretti principi contabili, poichè la contabilità aziendale
viene presa come base di ogni ulteriore elaborazione e quindi anche come
base informativa fondamentale per intraprendere l’attività valutativa. Dalla
revisione contabile può derivare una serie di rettifiche in aumento o in
30
Gianfranco Zanda, Casi ed applicazioni di valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1996, pp.
47
31
A.G. Mauri, La valutazione delle aziende nelle operazioni di gestione straordinaria, ISDAF, Pavia,
1996, p. 84-101.
37
diminuzione dei valori patrimoniali rettificati. Le rettifiche più rilevanti
solitamente riguardano:
- i crediti versi i clienti, poichè non tutti saranno onorati;
- i ratei attivi, ossia la quota di competenza economica dell’esercizio in
esame di quei ricavi la cui riscossione avverrà nell’esercizio successivo.
Sarà necessario procedere ad una ripartizione proporzionale al tempo di
utilizzazione relativo a ciascun esercizio;
- i titoli, (azionari , obbligazionari, di Stato) che vengono valutati a fine
esercizio al loro valore di mercato;
- le partecipazioni ordinarie, valutate secondo “il prudente apprezzamento
degli amministratori e dei sindaci”32 ed in base all’ultimo bilancio
approvato dalla società le cui azioni si riferiscono;
- le rimanenze di merci e scorte, valutate generalmente al valore di costo
(d’acquisto, di mercato, ecc...).
Una volta determinato il valore dell’attivo bisognerà detrarre a questo il
valore delle passività per ottenere il patrimonio netto contabile. Il capitale
netto contabile rappresenta la ricchezza che l’impresa ha a sua disposizione
in un determinato momento. La fase successiva, ossia la terza, consiste
nella riespressione a valori correnti dei vari elementi patrimoniali che
costituiscono l’azienda e quindi nella determinazione delle plusvalenze e
minusvalenze. Si procede confrontando il valore corrente di stima di
ciascuna attività con il valore contabile.
Prima di operare questo confronto introduciamo alcune categorie di
valore utilizzate nella valutazione delle attività 33:
32
Art. 2425 del Codice civile.
Otto Bredt, La valutazione delle aziende, ETAS, Milano, 1991, pp. 64-73. Vedi anche Marcello
Orefice, Estimo, UTET, Torino, 1996, pp. 5-6. Riportiamo il pensiero dell’Orefice anche nel resto del §.
33
38
- valore al costo d’acquisto;
- valore di bilancio;
- valore al costo di produzione;
- valore al costo di sostituzione;
- valore di liquidazione.
Il valore di costo è basato sul prezzo di acquisto del bene verificatosi nel
passato, mentre il valore di bilancio o contabile si riferisce al valore di
costo al netto degli ammortamenti effettuati. Il costo di produzione
corrisponde alle spese di fabbricazione dedotti i deprezzamenti
effettivamente intervenuti e il costo di riproduzione o sostituzione è
fondato sui costi di riacquisto del bene decurtato della riduzione di valore
dovuta all’uso del bene (valore attuale di mercato). Infine per valore di
liquidazione si intende il valore di quei beni dell’attivo che, non essendo
necessari allo sfruttamento, hanno un valore diverso dal valore sostanziale.
Passiamo ora a considerare i criteri valutativi utilizzati per le principali
categorie dell’attivo patrimoniale.
Magazzini e scorte
La valutazione delle scorte detenute dall’impresa richiede criteri valutativi
appropriati a seconda che queste siano rappresentate da materie prime,
semilavorati o prodotti finiti.
Per quanto riguarda la valutazione delle materie prime questa va fatta al
valore corrente desunto dal valore di mercato includendo anche degli oneri
accessori.
39
I semilavorati devono essere valutati in base al costo di produzione,
tenuto conto dello stato di avanzamento della lavorazione. I prodotti finiti,
infine, possono essere valutati al prezzo medio di vendita o più
prudenzialmente al costo di produzione. Valutazione speciale va fatta per i
beni obsoleti che devono essere valutati al prezzo di probabile realizzo.
Immobilizzazioni
Bisogna fare una distinzione tra le immobilizzazioni tecniche e quelle
civili. Le prime sono investimenti strumentali all’attività produttiva
dell’impresa e vanno distinte in beni che hanno un valore di mercato e beni
che non lo hanno. I beni che hanno un valore di mercato (fabbricati,
automezzi, ecc...) sono stimati in base al prezzo vigente sul mercato, tenuto
conto del loro deperimento fisico. Gli altri beni (ad es. quelli superati
tecnologicamente) vanno invece valutati in base al costo di ricostruzione o,
quando ciò sia possibile, al costo di sostituzione.
Le immobilizzazioni civili, fabbricati e terreni, vanno invece valutate in
base al loro valore di mercato desumibile dal riferimento a beni analoghi a
quelli oggetto di stima.
Titoli obbligazionari
I titoli obbligazionari quotati sono valutati in base al loro corso borsistico.
Quelli non quotati vanno invece considerati al valore nominale se il loro
rendimento è i linea con quello espresso dal mercato, altrimenti il valore
nominale deve essere opportunamente rettificato. Si da origine ad una
minusvalenza quando il tasso di riferimento dell’obbligazione risulta
inferiore ai tassi correnti. Viceversa quando il tasso di rendimento
40
dell’obbligazione è superiore a quello di mercato si dovrà rilevare una
plusvalenza.
Partecipazioni societarie
Bisogna distinguere le partecipazioni societarie in base alla loro rilevanza.
Nel caso di partecipazioni che assicurano il controllo totalitario della
società partecipata, il valore della partecipazione è dato dal valore
dell’azienda. Quando la partecipazione è maggioritaria bisognerà valutare il
valore dell’azienda e successivamente il valore del pacchetto di controllo.
Per quanto concerne le partecipazioni in società non controllate occorre
distinguere quelle non di rilievo da quelle di rilievo. Nel primo caso, se le
azioni sono quotate si potrà fare riferimento alle quotazioni borsistiche, ma
se manca il requisito della quotazione il valore della partecipazione può
essere determinato moltiplicando la percentuale di partecipazione per il
capitale netto contabile dell’azienda partecipata. Nel caso di partecipazioni
di rilievo sarà opportuno ricorrere a valutazioni autonome del capitale
economico delle aziende partecipate, anche quando la società sia quotata in
borsa.
2.5.2 Metodo patrimoniale complesso
Nel metodo patrimoniale semplice il processo di rettifica del patrimonio
netto d’azienda non prende in considerazione i beni immateriali.
L’obiettivo del metodo patrimoniale complesso è appunto quello di
integrare il valore del capitale economico dell’azienda, risultante
dall’applicazione del metodo patrimoniale semplice, con una stima del
41
plusvalore che i fattori immateriali (o invisibili) possono dare alla società
valutata. I beni immateriali si sono dimostrati, specie negli ultimi tempi,
una componente assai importante nella gestione dell’impresa, in quanto
essi concorrono in buona misura al successo dell’impresa e alla capacità di
sopravvivenza dell’impresa nel lungo termine. Nella pratica però risulta
particolarmente difficile qualificare e ancor più quantificare tali
componenti.
I metodi patrimoniali complessi possono essere analitici o empirici. I
metodi analitici prevedono la valorizzazione motivata e documentata dei
beni immateriali detenuti dall’impresa. Le caratteristiche che un bene
immateriale deve possedere, affinché esso sia suscettibile di una autonoma
valutazione sono:
- utilità pluriennale;
- trasferibilità;
- misurabilità.
E’ evidente come l’accoglimento di questi criteri di selezione restringa
notevolmente l’area dei beni immateriali. Ne rimangono infatti esclusi, per
esempio il Know how aziendale e i costi per la formazione del personale.
I metodi patrimoniali complessi empirici sono invece caratterizzati dal
ricorso, ai fini della valorizzazione dei beni immateriali dell’impresa, a
parametri espressi dal mercato, sono cioè desunti dall’osservazione di
transazioni intervenute sul mercato. Tali metodi non hanno una validità
definitiva, a causa della mutevolezza delle condizioni di mercato. In
situazioni di forte turbolenza ambientale ed elevato dinamismo la loro
significatività tende a risultare minima. I metodi patrimoniali complessi
42
empirici hanno dunque una validità contingente che limita di molto il loro
utilizzo nella prassi.
“Certamente il metodo patrimoniale complesso è apprezzabile in quanto,
rispetto al metodo patrimoniale semplice, può essere visto come un
ulteriore sforzo volto a rendere obiettiva la valutazione dell’azienda,
legandola per quanto possibile ad elementi specifici. Questo però non deve
portare ad includere nella valutazione poste che rappresentano mere
‘aspettative di utili’, perché così facendo si finirebbe per snaturare lo stesso
procedimento” 34.
2.5.3 Limiti teorici e pratici dei metodi patrimoniali
Determinare il valore di una società sulla base di un saldo algebrico dei
valori di attività e passività significa osservare solo il passato della società,
ipotizzando che la capacità di generazione futura di reddito sia nulla. Si
tratta quindi di giudicare un’impresa nell’ipotesi in cui essa stessa venga
posta in liquidazione. E per valutare un’azienda che continui a svolgere la
proprietà produttiva e a conseguire risultati economici? A tale limite insito
nel metodo patrimoniale analitico la teoria ha dato una prima risposta con
lo sviluppo dei metodi patrimoniali misti.
Altro limite deriva dalle difficoltà pratiche che si incontrano nella
valutazione delle attività e passività, poiché non tutte trovano espressione
contabile nello stato patrimoniale e nella individuazione di elementi da
considerare nel calcolo.
34
Osvaldo Paganelli, Valutazione delle aziende. Principi e procedimenti, UTET, Torino, 1990, pp. 23-24.
43
2.6 I metodi indiretti basati su flusso-stock: misti
I metodi che ci accingiamo a esaminare uniscono i criteri informatori delle
stime patrimoniali con quelli reddituali visti in precedenza, per questo sono
detti metodi misti. Si considerano congiuntamente per la valutazione
l’assetto patrimoniale della società e la sua redditività futura, al fine di
usare un metodo obiettivo e verificabile (caratteristiche proprie del metodo
patrimoniale) senza trascurare le attese reddituali, che sono una
componente primaria del valore del capitale economico. Il metodo misto
patrimoniale-reddituale è stato considerato per vari decenni, un tipico
prodotto della cultura mittel-europea in tema di valutazione delle aziende,
ma è noto ed applicato anche in Usa, soprattutto per la stima delle piccole
aziende, ed in Giappone ma solo nelle valutazioni per transazioni interne.
Nella teoria e nella prassi italiana il metodo in esame è considerato tra i più
utilizzati e razionali 35. Tale pensiero è supportato anche da Onida secondo
il quale “La corretta valutazione dell’azienda [...] deve cercare fondamento
in due grandi ordini d’indagini riguardanti, rispettivamente, le prospettive
economico-finanziarie d’esercizio e lo stato del patrimonio d’azienda” 36.
Inoltre dal 1961 al 1980 i metodi misti sono stati oggetto delle
raccomandazioni da parte dell’Unione Europea degli Esperti Contabili
Economici e Finanziari.
Il valore della società viene determinato rettificando il patrimonio netto e
sommando ad esso l’avviamento o Goodwill, definito come surplus (o
deficit, a seconda che sia positivo o negativo) di reddito che il capitale
investito nell’azienda può generare rispetto al reddito normale atteso per il
settore e per il tipo di azienda considerata. Nella valutazione del patrimonio
si devono considerare gli elementi che partecipano al processo produttivo
35
36
Secondo Luigi Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano 1998, p. 280.
P. Onida, Economia d’azienda, UTET, Torino, 1971, p. 645.
44
del reddito, separandoli dai beni accessori non strettamente necessari allo
svolgimento dell’attività aziendale. Si ottiene così il patrimonio netto
rettificato, utilizzato nei metodi misti. Gli elementi oggettivamente
valutabili vengono stimati all’interno del capitale rettificato mentre
l’avviamento, inteso come differenza fra il valore residuale ed il patrimonio
così considerato, costituirà una stima complessiva ed indiretta del
contributo alla formazione del reddito di tutti gli altri elementi difficilmente
definibili, ma che traggono il loro valore dalle relazioni che si instaurano
fra l’impresa ed il mercato 37.
Si suole individuare generalmente due varianti operative dei metodi
misti:
- il metodo della stima autonoma del Goodwill (con capitalizzazione
limitata e illimitata);
- il metodo del valore medio.
Il metodo della stima autonoma del Goodwill è certamente il più diffuso.
Secondo tale criterio quando la verifica reddituale conduce a valori
sensibilmente diversi rispetto a quelli derivanti dalle stime patrimoniali, sia
in senso positivo che negativo, si pone il problema della correzione
reddituale. Si tratta in sintesi di aggiungere/detrarre al valore patrimoniale
quello che si definisce un Goodwill/Badwill. Il processo può essere esposto
nella seguente formula:
W = K + (R – iK) a n
¬i’
[10]
37
Fabio Giulio Grandis, I metodi misti nella valutazione delle aziende: un’analisi comparativa,
Giappichelli, Torino, p. 21.
45
dove:
K = capitale netto rettificato;
R = reddito medio normale atteso;
n = numero definito di anni;
(R – iK) = Sovra Reddito o Sotto Reddito;
i = tasso di rendimento normale rispetto al tipo di investimento;
i’ = tasso di attualizzazione del sovra/sotto reddito, cioè la differenza (R –
iK);
a n¬i’ = tasso di attualizzazione per n anni al tasso i’ di un flusso di redditi
pari ad (R – iK).
Ricordiamo che tale metodo veniva spesso denominato metodo UEC, per
richiamarne la formulazione e raccomandazione espressa fin dal 1961
dall’Unione Europea degli esperti contabili, economici e finanziari (UEC).
Il contenuto tra parentesi esprime il confronto tra il reddito medio atteso
dall’entità valutata ed il rendimento offerto da investimenti di uguale
dimensione (K), effettuati nello stesso settore e con simile grado di
rischiosità. Applicando questo criterio si ottiene il valore dell’esistente
(patrimonio netto rettificato) e delle potenzialità reddituali, anche alla luce
delle performance di settore.
Come
accennato,
una
seconda
variante,
caratterizzata
dalla
capitalizzazione illimitata del profitto medio, definisce il valore
dell’azienda come somma del patrimonio netto rettificato (K) e del
Goodwill inteso come rendita illimitata del profitto (R - iK); la
formulazione è perciò la seguente:
46
(R – iK)
W = K + ___________
[11]
i’
L’ipotesi accolta è pertanto che il sovrareddito si produca indefinitamente
nel tempo.
Il secondo metodo, del valor medio, contempla la stima indiretta
dell'avviamento come differenza tra il valore patrimoniale semplice e
quello reddituale puro. La formula utilizzata in tal caso è la seguente:
1
W = ___ (K + R / i )
[12]
2
oppure:
1
W = K + ___ [(R / i) – K ]
[13]
2
In questo modo il capitale rettificato (K) viene aggiornato di metà del
Goodwill.
2.6.1 Limiti dei metodi misti
I metodi misti rappresentano soluzioni di compromesso, discutibili
concettualmente ma dotati di una loro validità pratica. Con l’utilizzo di tali
criteri non vengono meno, infatti, le difficoltà tipiche dei metodi reddituali
47
riguardanti la determinazione del reddito medio prospettico e del tasso di
capitalizzazione. Va pero’ detto che assumono rilevanza minore nella
determinazione del valore dell’impresa poichè tali metodi intervengono
nella sola stima del secondo addendo della formula.
2.7 Metodi diretti
I metodi diretti sono quei procedimenti valutativi che stimano il capitale
economico di un’impresa assumendo come riferimento i valori di mercato
dell’azienda stessa o di aziende similari. Il prezzo che deriva da tali
procedimenti è il risultato dell’incontro tra domanda e offerta e si riferisce
all’ammontare dei mezzi monetari pattuito dalle parti per acquistare un
bene. Tali metodi si distinguono in 38 :
- metodi diretti in senso stretto;
- metodi diretti fondati su moltiplicatori economici (Comparison
Approach).
Il primo metodo di stima individua il valore economico del capitale
d’impresa sulla base dei valori delle quotazioni ufficiali di mercato
dell’azienda oggetto di stima, ove questa sia quotata, oppure, nel caso di
azienda non quotata, sui prezzi conclusi in sede di trasferimento di aziende
ad essa simili per dimensioni, redditività, struttura patrimoniale, ecc (c.d.
comparable acquisition approach). Nella prima ipotesi il valore del
38
Cfr. Gianfranco Zanda, Casi ed applicazioni di valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 1996,
p. 10. Cfr. anche G. Zanda, M. Lacchini, O.Onesti, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino,
1997, p. 27 e ss.
48
capitale economico è dato dal prodotto tra il prezzo di mercato di una
azione per il numero di azioni della società in circolazione 39:
n
W = Σ (Pi * mi)
[14]
i=1
dove:
W = valore del capitale economico;
Pi = prezzo di Borsa di un’azione;
mi = numero delle azioni che formano il capitale sociale della società.
Se, invece, l’impresa oggetto della valutazione non è quotata nei mercati
ufficiali, si farà ricorso, per la stima del valore economico del capitale, ai
prezzi fatti in transazioni di mercato relativi ad imprese assimilabili a
quella da valutare. Questo metodo per essere proficuamente impiegato
necessita di un campione di aziende simili a quella da valutare, costituito da
società che possiedono effettivamente caratteristiche qualitative (settore di
appartenenza, area geografica di operatività) e quantitative (dimensioni,
redditività, struttura finanziaria) simili all’azienda oggetto di stima. I
metodi diretti in senso stretto presentano significativi limiti che ne
sconsigliano l’applicazione, almeno quali unici criteri di stima del capitale
economico dell’azienda. Esistono infatti ostacoli di tipo operativo, come la
scelta del prezzo da utilizzare nella determinazione del capitale economico
(quotazione giornaliera, media mensile, trimestrale, annuale, ecc.) e dubbi
39
D’Amico, Laghi, Le metodologie di stima del capitale economico delle aziende. Un raffronto tra la
teoria e la prassi italiana e quella dei Paesi di lingua anglosassone. Il caso delle banche, Edizioni
Kappa, 1996, p.73 e ss. Faremo riferimento al pensiero dell’autore anche nel resto del §.
49
sulla razionalità del criterio in quanto principalmente applicabile solo alle
società quotate. Inoltre spesso, e soprattutto a causa di fenomeni
speculativi, i prezzi delle azioni mal riflettono il valore economico delle
aziende quotate.
I metodi di mercato fondati sui moltiplicatori empirici o Comparison
Approach invece, stimano l’entità del capitale economico d’azienda con
riguardo ai valori espressi per aziende similari. Tali metodi si distinguono,
a loro volta, a seconda che trovino fondamento sul valore economico del
capitale netto aziendale o sul valore economico dell’attivo lordo aziendale,
in metodi basati sull’equity approach e metodi fondati sull’entity approach.
I primi stimano il valore del capitale economico come prodotto tra un
moltiplicatore di mercato desunto, appunto, dal mercato e una grandezza
espressiva del valore economico del capitale d’impresa (reddito, cash flow,
patrimonio netto). In formule:
molt v = molt s
[15]
dove:
molt v = moltiplicatore dell’azienda oggetto della valutazione, costruito
iscrivendo al numeratore il valore economico dell’impresa (incognito) e al
denominatore una grandezza espressiva del valore d’impresa (utile,
fatturato, cash flow, ecc...);
molt s = moltiplicatore di mercato di un campione di imprese simili per
caratteristiche qualitative e quantitative a quella valutanda, individuato
ponendo a rapporto il prezzo di mercato di tali imprese con la medesima
grandezza impiegata nel moltiplicatore dell’impresa oggetto di valutazione.
Il valore economico dell’impresa risulta così calcolato:
50
(W / k) t = (P / k) s
[16]
dove:
(W / k) t = moltiplicatore che esprime il rapporto tra il valore del capitale
economico dell’azienda oggetto di stima (da determinare) e la grandezza
espressiva di detto valore (reddito, cash flow, patrimonio netto);
(P / k) s = moltiplicatore riferito al campione di aziende quotate similari,
dato dal rapporto tra la media dei prezzi e la tessa grandezza k considerata
ai fini della valutazione.
Ne discende che il valore del capitale economico dell’azienda può essere
determinato, in via immediata, sulla base della seguente formula:
W = ( P/k) s * k t
[17]
dove tutti i simboli assumono i significati espressi in precedenza.
Una volta scelto il campione d’imprese simili a quella oggetto di
valutazione, da effettuarsi nel modo più oggettivo possibile, si passa alla
scelta della grandezza k. Molteplici sono le grandezze utilizzabili come
denominatore del moltiplicatore di mercato. Nella pratica i moltiplicatori
più impiegati sono:
- il price/earning (P/E), dove al denominatore compare l’utile netto
medio;
51
- il price/cash flow (P/CF), il cui denominatore è rappresentato dal flusso
di cassa netto (levered) o lordo (unlevered) 40;
- il price/book value (P/BV), nel quale il denominatore è dato dal valore
contabile del patrimonio netto.
La scelta del moltiplicatore dipende da due fattori: la possibilità di
reperire i dati relativi al campione di aziende selezionato e l’attendibilità
della grandezza assunta al denominatore del moltiplicatore. Il price/earning
è il moltiplicatore più utilizzato nella pratica, grazie al facile reperimento
dei dati utili alla sua determinazione. Viceversa, non sempre risultano
accessibili le informazioni contabili necessarie per determinare gli altri due
moltiplicatori. Anche se è il più diffuso presenta dei gravi limiti dovuti
principalmente al fatto che il reddito d’esercizio è una quantità astratta
variamente configurabile nel suo valore in funzione delle congetture e
stime prese a fondamento per il suo calcolo. Viene così meno il requisito di
attendibilità, necessario affinché il processo di valutazione sia in grado di
offrire risultati soddisfacenti. Anche per il price/book value valgono le
considerazioni poc’anzi effettuate, in quanto i singoli elementi attivi e
passivi che compongono il patrimonio netto sono sottoposti alla valutazioni
soggettive da parte dei redattori del bilancio. Tali riserve non sussistono
invece
per il price/cash flow che presenta però la difficoltà nella
determinazione dei flussi di cassa in quanto dotati di maggiore variabilità
rispetto al reddito. E’ per tali ragioni che il rapporto P/E viene sempre più
spesso sostituito dal rapporto tra il prezzo di mercato e l’EBITD (utile anteinteressi e imposte) o dall’EBITDA (EBITD al netto degli ammortamenti),
grandezze che a differenza del reddito subiscono in misura assai inferiore
l’influenza delle valutazioni di bilancio.
40
Vedi § 2.4.1.
52
Passiamo ora a spiegare i metodi indiretti basati sul c.d. entity approach
to valuation. Le formule di valutazione utilizzate da questo metodo
determinano il valore del capitale in via mediata, ossia come differenza tra
il valore economico delle attività lorde aziendali (firm value) e il valore
economico dei debiti. In formule:
(W + D) t / k t = (P + D) s / k s
[18]
dove:
Dt = rappresenta il valore di mercato dei debiti assunti dall’azienda oggetto
di stima;
Ds = rappresenta il valor medio di mercato dei debiti del campione
di aziende selezionato.
Ne discende che il valore economico delle attività lorde dell’azienda
(firm value) può essere così determinato:
(W + D) t = [(P + D)s / k s] * k t
[19]
dove i simboli assumono i significati noti.
In definitiva il valore del capitale economico dell’azienda viene stimato
per differenza tra il firm value e il valore di mercato dei debiti:
W t = {[(P + D)s / k s] * k t } - D t
[20]
dove i simboli sono noti.
Anche per questo metodo, come per quello basato sull’equity approach,
restano valide le considerazioni effettuate in precedenza, in ordine
53
all’individuazione del moltiplicatore riferito al campione di aziende simili a
quella oggetto di stima e alla definizione delle grandezze Dt e kt riferita
all’azienda valutanda. Più precisamente per quanto riguarda il primo
parametro, si osserva che i moltiplicatori più usati nell’ambito delle
metodologie “entity” sono:
- firm value/earning before interest and tax (EBIT, margine operativo
netto);
- firm value/earning before interest, tax, deprecation and amortization
(EBITDA, margine operativo lordo).
2.8 Come scegliere tra le varie metodologie?
Quali elementi vanno considerati per scegliere tra i vari criteri disponibili
per svolgere la valutazione? Assai numerosi sono gli elementi che
potrebbero essere riportati, ma restringiamo l’elenco a poche voci 41:
- la localizzazione: esistono due grandi raggruppamenti territoriali, nei
quali prevalgono criteri differenti. Nel contesto europeo continentale si
prediligono
i
metodi
basati
sull’apprezzamento
della
solidità
patrimoniale delle aziende, mentre i paesi di lingua e cultura
anglosassone tendono a preferire i criteri poggiati sulle capacità
prospettiche di generazione dei flussi di cassa.
- Il settore di operatività: aziende di servizi a elevato contenuto di natura
professionale o che poggiano la propria performance su componenti per
41
Maurizio Dallocchio, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Milano,
EGEA, 1995, pp. 662-664.
54
lo più di natura intangibile (marchi, tecnologie, ecc.… potranno essere
valutate osservando i dati reddituali o finanziari, passati e prospettici,
mentre un impresa industriale caratterizzata dalla presenza di immobili,
impianti e attrezzature di varia natura, se in presenta una redditività in
linea con quella del settore di appartenenza, non potrà essere valutata
senza tener conto la dimensione del patrimonio accumulato.
- Attendibilità dei dati: prima della scelta dei criteri bisogna tenere in
debita considerazione anche l’attendibilità e l’accuratezza dei dati
prospettici. Se un’azienda dispone di documenti previsionali attendibili e
dettagliati, vi sono dei presupposti per adottare metodologie alimentate
anche in base a dati previsionali, siano essi di natura reddituale o
finanziaria. In presenza di informazioni scarse, inaffidabili e poco
attendibili in fase di proiezione, restano preferibili i criteri orientati
all’apprezzamento del valore del capitale attuale.
- Lo status di società quotata o meno: in presenza di aziende quotate non
si può ignorare la valutazione esplicitamente espressa dal mercato,
attraverso il prezzo delle azioni.
55
METODI INDIRETTI
METODI DIRETTI
GRANDEZZE STOCK
GRANDEZZE FLUSSOSTOCK
GRANDEZZE FLUSSO
COMPARISON
APPROACH
METODI DIRETTI IN
SENSO STRETTO
PATRIMONIALI
COMPLESSI
PATRIMONIALI
SEMPLICI
FINANZIARI
REDDITUALI
ENTITY
APPROACH
EQUITY
APPROACH
TAB. 2.4 I principali metodi di valutazione del capitale economico delle imprese “tradizionali”
PARTE SECONDA
LA VALUTAZIONE DELLE INTERNET COMPANY
57
CAPITOLO 3
INTERNET E LA NEW ECONOMY
3.1 La storia di Internet
Il 4 ottobre del 1957, in piena “guerra fredda”, l’URSS aveva messo in
orbita lo Sputnik, il primo satellite artificiale della storia in grado di
trasmettere velocemente informazioni e di spiare. Gli Stati Uniti decisero
allora di creare, in risposta al successo conseguito dall’Unione Sovietica,
un’agenzia di ricerca, l’Advanced Research Projects Agency (ARPA) per
ristabilire la leadership degli Stati Uniti nel campo della scienza e della
tecnologia, con particolare riguardo al settore militare.
Nel 1969 l’Arpa diede vita ad una prima rete telematica, denominata
Arpanet, per consentire agli organismi governativi, nel caso in cui eventi
bellici avessero reso indisponibili le normali reti di comunicazione, di
disporre comunque di un’efficace alternativa per la trasmissione delle
58
informazioni. Il progetto diventerà Internet 42. L’ossessione più ricorrente
era la domanda: "Come resistere ad un attacco nucleare ?". Infatti, sarebbe
bastato far saltare la rete di comunicazione per mettere in ginocchio tutta la
nazione. L’Arpa riuscì a costruire una rete particolarmente robusta nei
confronti delle possibili aggressioni esterne, caratterizzata dal sistema di
trasmissione packet switching, ossia dall’assenza di percorsi predeterminati
per l’invio di messaggi, potendo i diversi “pacchetti” da cui essi erano
composti, viaggiare secondo percorsi diversi, per poi essere riassemblati al
loro arrivo alla destinazione finale. Ogni nodo avrebbe dovuto essere
indipendente in maniera che colpendo un nodo la rete non sarebbe
collassata.
Nel 1971 Arpanet collega 23 calcolatori in 15 nodi: è l’inizio di Internet.
Negli anni settanta, con la crescita di Arpanet diede origine a decine di
sottoreti e ad una nuova serie di protocolli destinati all’incremento
dell’affidabilità nonché all’indirizzamento diretto delle risorse in rete. In
questo contesto fu sviluppato il protocollo TCP che divenne lo standard
militare.
Negli anni ottanta Internet si rese accessibile ancor più agli enti
governativi, alla ricerca e agli ambienti universitari per consentire il
trasferimento di file e posta elettronica. Successivamente si espanse
notevolmente fino a creare una rete mondiale unica, composta da un
numero enorme di ramificazioni e da decine di migliaia di computer client.
Nel 1993 un altro importantissimo passo avanti fu compiuto dal Centro
Europeo di ricerche nucleari (CERN) di Ginevra che diede vita a quello che
oggi rappresenta, forse, l’elemento di maggior valore, anche commerciale,
dell’universo Internet, il World Wide Web, sistema basato su ipertesti per
accedere alle risorse su Internet e organizzarle. Chiunque disponga anche di
42
Cfr. Ettighoffer, L’impresa virtuale, Muzzio, Padova, p. 3-5. Vedi anche Maiocchi, Internet per
l’azienda, Il Sole 24 Ore, Milano, p. 3-4.
59
un semplice PC è in grado di collegarsi alla Rete e di navigare sfogliando
pagine ipertestuali, scaricando file audio-video, ecc. Alla fine del 1994,
quando Arpanet-Internet celebrava il primo quarto di secolo della sua
esistenza, gli utenti della rete avevano raggiunto i 3,8 milioni, evidenziando
così un trend di sviluppo esponenziale, destinato a mantenersi tale negli
anni successivi.
Alla fine del millennio il problema più grande dei grandi sistemi
informatici collegati fra di loro sembrava essere un ‘errore’ di
programmazione fatto sulla numerazione delle date. Quando si è iniziata la
programmazione il problema principale era risparmiare spazio. Per questo
la data è stata composta di sei cifre due per il giorno, due per il mese, ma
due anche per l’anno. Le date servivano principalmente per ordinare le
operazioni fatte nei grandi data base (banche dati) e erano ordinate al
contrario
(anno/mese/giorno)
per
costituire
un
ordine
numerale
quantitativo, più facilmente ordinabile, ma mettendo in ordine di quantità
crescente, la data più recente risulterà essere la più grande. Se prendo il
primo gennaio del 2000 (000101) e cerco di ordinarlo, questo risulterà un
numero più piccolo di tutti e sarà quindi messo per ultimo. Nei calcoli per
differenza dal 31 dicembre del 1999 al primo gennaio del 2000 risulteranno
essere passati quasi 100 anni, creando così problemi a tutto il sistema.
Questo è stato chiamato il virus del millennio o "millenniumbug", ed è stata
la più grande preoccupazione, di fine millennio.
3.2 Sviluppo di Internet in Italia e all’estero
Negli ultimi anni è stata dedicata molta attenzione da parte dei governi
europei allo sviluppo di Internet, evidenziando una sostanziale presa di
60
coscienza del cambiamento in atto nell’economia mondiale. In particolare
la vecchia Europa sembra aver preso atto dell’incremento del gap che la
separa dagli Stati Uniti, si tratta di un ritardo di almeno due anni.
La velocità di penetrazione di Internet è stata superiore rispetto a quella
delle principali innovazioni tecnologiche. Ad esempio, per raggiungere i
100 milioni di utenti la radio ha impiegato 60 anni, la televisione 30 ed
Internet solamente 7. (Rapporto Federcomin 30 ottobre 2000). In meno di
cinque anni il possesso di personal computer in Italia passa dal 14% al
32%, e l'Internet da zero al 16%. L'Internet cresce del 135% annuo. Negli
Stati Uniti la penetrazione di Internet nelle famiglie ha raggiunto il 48,7%
(maggio 2000). In Italia la penetrazione è inferiore rispetto a quella dei
principali paesi europei. L'arretratezza è in parte dovuta al ritardo
accumulato dal comparto dei personal computer, ora in fase di recupero. In
Italia il 32% dei nuclei familiari possiede un personal computer. E'
indicativo sapere che, degli oltre 7.000.000 di utilizzatori abituali di
Internet, ben 4.100.000 lo usano da casa (57%), oltre 2.500.000 lo usano
dall'ufficio (35%), mentre solo 540.000 (8%) lo adoperano a scuola.
A livello mondiale, si stima che gli utenti di Internet siano quasi 360
milioni (luglio 2000). In Europa il numero di utenti salirà dagli attuali 95
milioni circa a 140 milioni nel 2003, pari all'80% della popolazione.
L'utente domestico italiano appartiene alla fascia d'età compresa fra i 21 ed
i 49 anni, ha una buona scolarità ed una professione qualificata. Negli Stati
Uniti invece il profilo degli utenti si sta modificando. Come accade con
l'introduzione di ogni nuova tecnologia, da fenomeno di "élite" Internet si
sta diffondendo fra gli strati della popolazione con più modesto reddito e
bassa scolarità. Contrariamente a quanto avviene per le altre nuove
tecnologie, il progressivo diffondersi dell’uso di Internet sembra meno
collegato allo status sociale di appartenenza. Secondo una recente stima
61
dell’ISTAT nel 1997 in Italia gli utilizzatori di Internet erano in
maggioranza famiglie con persona di riferimento ad alta qualifica
professionale (dirigente, imprenditore, libero professionista) rispetto a
quelle di operai, con un rapporto 13 a 1, nel 2000 tale rapporto è sceso a 5 a
1. Tuttavia, anche se l’utilizzo di Internet risulta in crescita, non investe
nella stessa misura le diverse generazioni e zone del paese. Internet è
maggiormente utilizzato nel Centro-nord, dai giovani e dagli uomini. I
giovanissimi ne fanno un uso legato soprattutto allo svago e allo studio,
mentre tra le persone tra i 25 e i 54 anni di età prevalgono i motivi di
lavoro. Inoltre, è in aumento il numero di donne che utilizza la rete, infatti
in pochi anni passano dal 10% al 32% nell'uso di Internet e dal 25% al 40%
nell'uso del PC.
3.3 Il futuro di Internet
Secondo il rapporto Eito 2000 le potenzialità di sviluppo offerte da Internet
sono immense. A fine 2002 i navigatori del web saranno in Europa 136
milioni contro i 63 di fine 1999, con un tasso di crescita annuo del 28,8%.
Circa 34 milioni di utenti utilizzerà la Rete per fare acquisti contro i 9
milioni del 1999, con un tasso di crescita annuo del 54,3%. Il giro d’affari
europeo dell’e-commerce schizzerà dai 7,6 miliardi di euro del 1999 ai 77,6
del 2002, decuplicandosi nell’arco di un triennio.
La rete Internet, sempre più diffusa nel mondo, è continuamente spinta ai
limiti delle sue capacità e la qualità della connessione, anche in previsione
della crescita del numero di accessi, non è ancora ottimale. Servono dunque
provvedimenti per evitare di portare la rete al collasso. Il futuro di Internet
è legato, necessariamente, alla realizzazione di una nuova rete, in grado di
62
assorbire il prevedibile volume di traffico degli anni a venire. Di questo
problema si sono resi ben conto il governo americano e le grandi aziende di
hardware e software, che stanno investendo per superare questa sfida e
costituire la base per l’Internet di domani, una rete che sarà 1000 volte più
potente dell’attuale e molto versatile.
Al momento attuale sono tre i progetti in fase di più avanzata
realizzazione che hanno la possibilità di rimpiazzare Internet, e sono
43
:
a) il progetto per Internet2;
b) la Next Generation Internet Initiative (NGI Initiative);
c) il progetto per il very high-speed Backone Network Service (vBNS).
Questi progetti mirano ad un unico obiettivo che è quello della
realizzazione di un’infrastruttura comunicativa in grado di affrontare, senza
difficoltà, almeno il primo decennio degli anni 2000.
a) Internet2
Internet2 è un consorzio di oltre 100 istituzioni universitarie, di enti noprofit, di agenzie governative e di industrie, che ha l’obiettivo di sviluppare
e rendere operativi nuovi servizi in rete e nuove applicazioni, in particolare
nel settore della ricerca e dell’istruzione universitaria, soprattutto per ciò
che riguarda la formazione permanente e l’insegnamento a distanza. Essa
utilizzerà dei “punti di presenza “ (POP) sul territorio al fine di rendere
possibile l’instradamento, ad alta velocità, lungo la rete di pacchetti
componenti i messaggi trasmessi. Una delle esigenze che Internet2 deve
soddisfare è quella di minimizzare i costi di interconnessione dei campus
43
Morelli, Internet: l’impresa in rete, FrancoAngeli, Milano, 1998, p. 142 e ss.
63
universitari sia a Internet che a Internet2. Va sottolineato che Internet2 non
è una rete separata, bensì un miglioramento di quella già esistente, per
quanto riguarda specificatamente, il settore universitario. Ci si attende che
in tal modo anche Internet possa acquisire rapidamente i risultati ottenuti in
Internet2 per accrescere le proprie capacità operative.
b) La NGI Initiative
E’ un progetto del governo degli Stati Uniti fortemente voluto da Bill
Clinton e da Al Gore, basato sugli studi delle diverse agenzie governative.
Questo progetto dovrebbe gettare le basi per la realizzazione di reti più
potenti e flessibili. Il progetto è coordinato dal National Science and
Technology Council e prevede tre precisi obiettivi:
- la possibilità di collegare almeno 100 sedi universitarie a velocità 100
volte superiori a quella che è oggi propria di Internet e una decina di sedi a
1.000 volte superiore a quella attuale;
- promuovere la sperimentazione della tecnologia della prossima
generazione per accelerare l’introduzione di nuovi servizi commerciali e
incrementare il numero di utilizzatori di internet;
- implementare nuove generazioni di applicazioni per supportare ricerca
scientifica, sicurezza nazionale, educazione
a distanza, monitoraggio
dell’ambiente, sanità…
c) Il progetto vBNS
Il progetto ha per obiettivo di creare un backbone sperimentale per una rete
estesa che dovrebbe supportare il traffico di dati, voce e video ad una
64
velocità di 2,5 Gbps. Il progetto è patrocinato dalla National Science
Foundation ed è realizzato dalla MCI.
3.4 Internet come strumento di business
L’aspetto più radicale della rivoluzione legata ad Internet riguarda i temi
economici, macroeconomici e aziendali. Con Internet infatti cambia
radicalmente l’uso che delle comunicazioni di massa viene fatto nella
società e nel business. Lo sviluppo della rete sta determinando il
superamento di vecchi schemi sociali, aziendali e manageriali. Le reti,
grazie alla loro pervasività ed espansione sono in grado di metterci in
comunicazione con persone a migliaia di chilometri, scambiare con loro
informazioni, trattare affari, sviluppare rapporti di collaborazione e
lavorare, il tutto a costi notevolmente bassi. Tempo e spazio diventano
virtualmente comprimibili tanto da far sì che i partecipanti alla
comunicazione si sentano spesso nello stesso luogo e nello stesso
momento. L’utilizzo di Internet, fino a poco tempo fa, era stato riservato ad
una “navigazione” che aveva per obiettivo, essenzialmente, una ricerca di
informazioni, per fini di lavoro, di studio, di intrattenimento e di
aggiornamento. Oggi invece sta definendo meglio il suo ruolo e le sue
finalità, soprattutto per ciò che riguarda il settore del commercio e della
comunicazione d’impresa. Il mondo dei microprocessori sta rivoluzionando
le imprese esattamente come la macchina a vapore ha decretato la fine della
produzione artigianale e la nascita della moderna industria. Questo
cambiamento porta il nome di New Economy o Net Economy o ancora
economia della rete e serve per descrivere lo spostamento dei sistemi
economici dalla produzione industriale di beni fisici verso la fornitura di
servizi basati sulla conoscenza e di prodotti immateriali con un elevato
65
contenuto di conoscenza. Ma la Net economy non è fatta solo di nuovi
prodotti e nuovi servizi, è anche caratterizzata dalla presenza di vecchi
prodotti che incorporano elevate quantità di idee innovative e di nuove
tecnologie che ne hanno modificato i sistemi di produzione, di
distribuzione, di assistenza, di personalizzazione, ecc.
Molti dibattono oggi se la New Economy sia una moda, un’esagerazione,
una bolla speculativa del mercato azionario, ma secondo molti si tratta di
una rivoluzione di ampia portata paragonabile alla rivoluzione industriale.
Secondo Michael Livian si tratta di una “rivoluzione la cui portata è tale da
sradicare tutti i principi tradizionali, da scuotere le stanze del potere e
creare un nuovo ordine dove il consumatore globale sarà sovrano e la
democrazia si esprimerà nelle sue forme più alte 44.
L’aspetto più interessante della New Economy, dove cioè risiedono le
maggiori aspettative, è il commercio elettronico, poichè modificherà il
potere del consumatore ponendolo al centro dell’attività economica e sarà
causa dei mutamenti nella gestione dei processi aziendali delle aziende.
Con l’espressione di commercio elettronico (e-commerce o e-business
degli anglosassoni) si intende indicare lo svolgimento di attività
commerciali e di transazioni per via elettronica e attività diverse quali la
commercializzazione di beni e servizi, la distribuzione di contenuti digitali,
l'effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa, ecc. Il Commercio
Elettronico non si esaurisce quindi nella semplice conduzione della
transazione bensì può anche abbracciare altre fasi ed altri aspetti che
riguardano un rapporto commerciale: da quelli di ricerca ed individuazione
dell'interlocutore-partner, a quelli di trattativa e negoziazione, da quelli
degli adempimenti e delle scritture formali a quelli dei pagamenti e della
44
Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000,
p.10.
66
consegna fisica o elettronica del bene/servizio acquistato o venduto. In
pratica, il termine e-commerce descrive lo spostamento dei sistemi
economici dalla produzione industriale di beni fisici, verso la fornitura di
servizi basati sulla conoscenza e di prodotti immateriali con un elevato
contenuto di conoscenza.
Elemento peculiare della rete che contribuisce al suo esplosivo sviluppo
è l’assenza di “padroni” in Internet. Non esiste un responsabile globale
della sua gestione, non appartiene né ad un governo, né ad un privato, né ad
una cooperativa di utenti. Tutti possono trarre vantaggio dalla rete,
vantaggi che i più bravi, intelligenti e fortunati trasformano in grandi
business. La sopravvivenza e lo sviluppo del commercio elettronico è
quindi enormemente favorito dalla crescita esponenziale di Internet, dal
numero di persone che utilizzano la rete.
3.4.1 La legge dei rendimenti crescenti
Alla base dell’economia tradizionale è posta la legge dei rendimenti
decrescenti che pone dei limiti alla crescita dell’attività delle imprese. Le
società non possono espandersi all’infinito perchè prima o poi arriveranno
a un punto di equilibrio in cui i costi marginali saranno superiori ai ricavi
marginali. L’economia in rete obbedisce invece alla legge dei rendimenti
crescenti. Nella letteratura questi rendimenti sono sempre esistiti al livello
teorico, ma in passato sono stati considerati come un’anomalia che sarebbe
durata molto poco. Nella Net economy, i rendimenti crescenti non sono né
rari né effimeri al contrario di come si è sempre pensato se rapportati ad un
contesto economico tradizionale. Si tratta di meccanismi di auto-rinforzo
positivi, per cui ciò che cresce è destinato a continuare a crescere sempre
67
più, mentre l’insuccesso genera altro insuccesso. I rendimenti crescenti si
generano quando un’impresa sostiene notevoli investimenti costituiti da
costi fissi di sviluppo di un nuovo prodotto o servizio, mentre il costo
marginale di produzione di ogni unità incrementale di prodotto o servizio è
minimo o addirittura nullo.
Le strutture industriali tradizionali sono caratterizzate dalla presenza di
economie di scala mentre le imprese che operano nell’ambito della Net
economy sono dominate da quelle che si potrebbero chiamare economie di
rete. Il valore che ciascun utente assegna alla connessione alla rete dipende
dal numero di altre persone che già vi fanno parte e alla possibilità di
interagire con loro. Questo principio è conosciuto come effetto di rete. In
tale contesto il fenomeno dell’auto-rinforzo positivo innesca circoli virtuosi
o viziosi autorinforzanti, che nelle forme estreme possono condurre alla
situazione in cui il vincitore prende tutto il mercato. La teoria di Bob
Metcalfe, inventore della rete localizzata chiamata Ethernet, è alla base
delle esternalità di rete. Secondo questa legge il valore totale di una rete
cresce con la stessa velocità del quadrato dei suoi membri. L’effetto
principale che deriva dalla rete di relazioni e interconnessioni che hanno gli
individui tra di loro è che maggiori sono le unità di prodotto o servizio
effettivamente utilizzate, maggiore diventa il loro valore unitario. Un
esempio molto interessante si può ricavare dall’esperienza della società di
software americana Microsoft che ha sfruttato al meglio il potenziale dei
rendimenti crescenti delle reti ovvero dell’idea che più persone vi
partecipano più aumenta il valore complessivo. Secondo la Microsoft
maggiore era il numero di imprese che partecipavano alla rete utilizzando il
software Windows, maggiore diventava l’utilità per gli acquirenti di
computer e più elevato era il numero di sistemi operativi Microsoft venduti.
Quando prodotti di questo genere riescono ad assumere una diffusione
68
universale, diventano standard de facto e innescano un effetto di rete che
diviene schiacciante.
3.5 I segmenti della New Economy
All’interno della New Economy si possono individuare diversi segmenti di
mercato aventi caratteristiche strutturali e competitive differenti legate alla
nascita e allo sviluppo di tale settore. Sarà nostro compito analizzarli in
dettaglio perché una buona comprensione della peculiarità di un segmento
e di come la società si colloca all’interno di esso, è una delle chiavi per una
corretta valutazione delle Internet Companies. Infatti per valutare le
imprese Internet e farsi un’idea sul loro futuro potenziale di profitti si
devono prima di tutto esaminare alcuni fondamentali aspetti dell’ambiente
in cui l’impresa vive. Tra i più importanti ci sono: la concorrenza del
settore in cui opera la società, o meglio la capacità di tenere testa a lungo a
tale concorrenza; le prospettive di sviluppo del settore di appartenenza
dell’impresa, che devono risultare positive e tali da generare in futuro tassi
di sviluppo superiori alla media; le barriere all’ingresso sul mercato, ossia
l’insieme di ostacoli che costellano la via delle imprese quando vogliono
inserirsi in un determinato settore commerciale. La New Economy può
essere divisa in cinque segmenti che noi analizzeremo sulla base della
evoluzione che la New Economy ha avuto nel corso degli anni 45:
1. Tecnologie internet;
2. Fornitori di accesso alla rete (ISP);
3. Portali e contenuti web;
45
La classificazione trae spunto da quella riportata da Michael Livian nel libro, Valutazioni.com:
strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000, p.19.
69
4. Commercio elettronico;
5. Innovatori di sistema.
L’evoluzione della New economy inizia con le internet venture
capitalist, società che finanziarono lo sviluppo delle tecnologie e delle
infrastrutture Internet. Queste imprese hanno il compito di prendere delle
partecipazioni ordinarie in imprese ad alto rischio ma con un elevato
potenziale di crescita allo scopo di sostenerne la crescita. Le venture
capital forniscono le competenze manageriali per gestire lo sviluppo e la
rete di contatti strategici necessari per far crescere le iniziative. I venture
capital concentrarono i propri investimenti in Internet poichè era un settore
di investimento in forte crescita che attraverso la partecipazione al capitale
di rischio di un’azienda in rapida espansione permetteva di ottenere ricchi e
veloci guadagni. Con il diffondersi dell’uso del personal computer, non
solo al livello aziendale ma anche al livello familiare, nacquero gli Internet
Service Provider (ISP), operatori telefonici e imprese indipendenti che
iniziarono a fornire l’accesso in Rete agli utenti. Molte imprese, visto il
traffico notevole esistente sulla rete, decisero di entrare nel web
inizialmente per dedicarsi allo sviluppo e all’aggregazione di contenuti
della Rete per poi, una volta creatasi la massa di visitatori, orientarsi al
commercio elettronico ossia alla vendita di beni e servizi in Rete.
3.5.1 Tecnologie internet
Sarà bene distinguere all’interno del segmento delle tecnologie internet due
segmenti sottostanti: le infrastrutture (hardware) e i software.
70
Le infrastrutture della rete sono rappresentate materialmente da cavi e
fibre ottiche che collegano i vari server permettendo a tutti i “nodi” di
comunicare e trasmettere dati e file. I software permettono invece ai vari
computer di utilizzare la rete. La caratteristica principale del segmento
delle tecnologie è che spesso solo una di esse si impone sulle altre e diventa
uno standard comune, fino a quando uno shock tecnologico non cambia
radicalmente la situazione. Le imprese che riescono ad imporre la propria
tecnologia, o meglio il proprio standard tecnologico in un mercato in
ipercrescita, riescono a lucrare per periodi molto lunghi margini molto
elevati senza permettere che questi vengano erosi dalla concorrenza. Un
termine molto efficace per individuare tali società è stato coniato da Moore
che nel suo libro denomina tali aziende con il termine di imprese
“Gorilla”46. Tali società per essere leader in questo segmento devono
possedere un’architettura aperta, ossia in grado di far produrre e diffondere
da società a valle, prive però della proprietà su tale tecnologia, sottoprodotti
legati all’architettura principale in modo da incrementare il valore della
tecnologia principale (Es. Il sistema operativo Windows di Microsoft,
ormai divenuto uno standard.). Non appena una tecnologia diventa standard
le imprese leader cercano in tutti i modi di rendere difficile per il cliente
passare da quella tecnologia ad un’altra. In questo segmento ci sono
barriere all’entrata molto elevate che molto spesso scoraggiano l’entrata di
nuove società. In tal modo si riduce ad un livello piuttosto limitato il livello
di competitività e si determinano margini di guadagno molto elevati per le
società leader. Tutto ciò fa capire che le imprese leader in questo segmento
hanno modelli di business imbattibili, sicuri e remunerativi, in grado di
offrire buoni ritorni agli investitori.
46
Moore, The Gorilla Game, HarperBusiness, New York, 1998.
71
3.5.2 Internet Service Provider (ISP)
Gli Internet Service Provider sono società che permettono agli utenti di
accedere alla Rete. Un fornitore di connessione ad Internet offre ai propri
clienti la possibilità di collegarsi a speciali calcolatori, detti server, con
l’aiuto di modem o adattatori ISDN, attraverso il cavo della linea
telefonica, dopodiché i server stabiliscono la connessione con internet. Gli
ISP possono essere classificati in base alla tipologia di clientela in ISP
business e ISP consumer.
I primi offrono accessi ad alta velocità alle imprese contro il pagamenti
di canoni costosi. Alcuni ISP business, oltre a svolgere questa attività
aiutano le imprese nella gestione e nella manutenzione dei siti e
garantiscono la sicurezza e l’integrità dei dati (ASP, Application Service
Providers). Queste società mettono i loro sevizi a disposizione delle società
commerciali. Ad esempio se l’utente ha bisogno di un programma per un
certo scopo, lo richiede alla società che gli invia attraverso la rete, e per un
periodo di tempo, concordato preventivamente dalle parti, il software in
cambio di un pagamento. L’utente in questo modo non è costretto ad
acquistare il software e può limitarsi ad ordinare solo la parte di
programma che gli occorre.
I secondi, gli ISP consumer, forniscono gli accessi in Rete ai clienti,
inizialmente dietro pagamento di canoni e attualmente a titolo gratuito.
Originariamente, sia in Europa che in Usa, gli ISP offrivano contratti a
canoni periodici e gli utenti erano tenuti inoltre a pagare anche il costo
delle telefonate in proporzione al tempo di connessione. Nel 1996 in Usa
l’ISP America On Line (AOL) introdusse la cosiddetta flate rate ossia un
canone mensile fisso che permetteva all’utente di accedere illimitatamente
72
alla Rete, a qualsiasi ora del giorno e per tutto il tempo desiderato. In
Europa l’intensificazione della competizione ha permesso il diffondersi del
cosiddetto accesso gratuito, che abolisce il canone di abbonamento agli ISP
ma conserva il pagamento della tariffa da interconnessione. Da poco tempo
in Usa, ma anche in Europa, si sta diffondendo la pratica di ISP, che grazie
agli introiti pubblicitari, riescono ad offrire accessi gratuiti alla Rete, senza
alcun canone di abbonamento e telefonate a costo zero. L’abbattimento dei
costi di accesso alla Rete permetterebbe, da una parte la diffusione dell’uso
di internet tra tutti i cittadini, con un conseguente sviluppo del commercio
elettronico, e dall’altra una contrazione drastica dei margini di profitto per
gli ISP.
Possiamo classificare gli ISP anche in base alla loro struttura gerarchica.
Parleremo allora di NSP o Network Service Provider, di ISP nazionali e di
ISP locali.
I primi gestiscono al livello globale l’infrastruttura internazionale, vale a
dire grandi reti dorsali che coprono vaste superfici. Sono operatori
internazionali di grandi dimensioni in grado di sostenere ingenti
investimenti infrastrutturali e dotati di ottime competenze tecniche
specifiche. La difficoltà nel reperire ingenti capitali crea barriere all’entrata
molto elevate e riduce la competizione all’interno del segmento. Proprio
per tali ragioni gli NSP riescono ad ottenere margini economici elevati e
stabili nel tempo. I ricavi degli NSP sono direttamente proporzionali alla
crescita del traffico di internet e rappresentano perciò un segmento sicuro.
Infatti data l’esplosione prevista del numero di utenti , nei prossimi anni la
richiesta di accessi ad internet aumenterà in misura enorme.
Gli ISP nazionali sono i più diffusi e forniscono principalmente l’accesso
ai clienti privati. In questo sub-segmento esistono barriere all’entrata molto
basse, poichè qualsiasi impresa con un minimo investimento iniziale riesce
73
ad offrire accessi alla Rete. Ciò rende il settore altamente competitivo. Gli
ISP hanno generalmente un basso potere negoziale nei confronti dei clienti
che possono passare con estrema facilità all’uso dei servizi dei concorrenti.
Per consolidare la propria posizione gli ISP dovrebbero orientarsi verso
modelli di business più remunerativi come l’introduzione di contenuti web,
l’introduzione di nuove tecnologie di accesso e l’acquisizione di altri
operatori di dimensioni minori per incrementare la massa di utenti.
Gli ISP locali forniscono accesso a livello locale nelle diverse città o
regioni. Questi prendono in affitto sezioni regionali delle reti egli NSP,
collegando alla rete piccole aziende, scuole e abitazioni private 47. Oggi ne
esistono una molteplicità per l’assenza di barriere all’entrata e la
schiacciante concorrenza con gli ISP nazionali. Dubbia è la sopravvivenza
di tali società che al momento presentano margini negativi e in progressiva
contrazione.
Accanto alle società che offrono ai loro clienti soltanto la connessione
con Internet, esistono i cosiddetti information service provider definiti
anche commercial online service. I servizi online offrono ai clienti servizi
supplementari di informazione e intrattenimento come chat session, posta
elettronica, notizie sportive, ecc.
3.5.2I portali
Con il termine portale si suole generalmente indicare qualsiasi sito che
fornisca al visitatore dei contenuti, come informazioni, servizi, ecc. Il
portale rappresenta una evoluzione dei cosiddetti motori di ricerca,
vediamo come. I motori di ricerca sono programmi utilizzati per la
47
Schlutz J., Azioni Internet: guida agli investimenti nel mercato del futuro, UTET, Torino, 2000, p. 46.
74
consultazione del web. Spesso gli utenti si trovano di fronte al problema di
non conoscere l’indirizzo del dominio di un altro utente col quale
vorrebbero stabilire un contatto. La via più comoda per raggiungere la
home page, senza conoscere l’indirizzo esatto, consiste nel passare
attraverso un motore di ricerca. Basta digitare una o più parole chiave per
ottenere sullo schermo dei link che consentono di collegarsi a tutte le
pagine contenenti quella parola. Ma questa è solo una presentazione
approssimativa dei servizi offerti dai motori di ricerca, le cui prestazioni
possono distinguersi in 48:
- Motori di ricerca in senso stretto. Si tratta di programmi che utilizzano
enormi banche dati, aggiornate continuamente da dei robot che sono
continuamente impegnati nella ricerca di nuovi siti sul web. Le banche
dati sono gratuitamente a disposizione di tutti gli utenti di Internet che
possono utilizzarle per compiervi ricerche;
- Cataloghi. La maggior parte dei siti web esistenti vengono valutati da
alcuni redattori e memorizzati in archivi web;
- Metamotori
di
ricerca.
Si
tratta
di
programmi
che
inviano
contemporaneamente una richiesta a vari motori di ricerca. Si ottengono
in tal modo risultati degni di nota.
Molte società iniziarono la propria attività fornendo gratuitamente ai
propri visitatori il servizio di motore di ricerca. I primi ricavi di queste
società furono dovuti alle inserzioni pubblicitarie che gli inserzionisti
decisero di inserire nel sito, visto l’ingente numero di utenti che utilizzava
tale servizio. Ogni giorno infatti, i motori di ricerca vengono utilizzati da
milioni di utenti di Internet e quindi per le società che cercano di farsi
48
La classificazione è tratta dal libro di Schlutz J., Azioni Internet: guida agli investimenti nel mercato
del futuro, UTET, Torino, 2000, p. 50.
75
pubblicità sono molto più interessanti di altri siti web. Le tariffe
pubblicitarie venivano però calcolate in base al numero di visitatori del sito
e in base al numero di pagine che gli stessi visitavano. Le società , quando
si accorsero che il servizio del motore di ricerca attirava si’ i visitatori ma li
dirottava immediatamente su altri siti, riducendo gli introiti pubblicitari,
decisero di passare ai contenuti web. Le imprese che offrivano i motori di
ricerca si sono trasformate con l’intento di stabilire una relazione più
duratura con i visitatori. Gli utenti dei portali tendono a visitare un gran
numero di pagine del sito e a passarvi molto tempo, generando sostanziosi
introiti pubblicitari. Il termine portale indica che il visitatore non vi passa
semplicemente attraverso, ma si ferma. Il pacchetto di servizi offerto dai
portali rende fedeli i clienti. I contenuti o servizi più comunemente offerti
dai portali sono:
- le caselle di posta elettronica gratuite (e-mail);
- le chat e le comunità virtuali;
- notizie di cronaca e politica, informazioni su borse e titoli, meteo,
oroscopi, giochi, ecc;
Esistono due tipi di portali: orizzontali e verticali. I primi offrono
informazioni generali di tutti i tipi (sport, politica, finanza, ecc..) mentre i
secondi sono monotematici.
La competitività tra i portali è forte e molti ritengono che vi sarà una
forte selezione in tale settore che porterà a farne sopravvivere solo pochi.
Le maggiori chance di sopravvivenza ce l’hanno i first mover, ossia coloro
che sono entrati nel settore per primi e che per tale motivo hanno il
maggior numero di utenti. Le barriere all’entrata presenti in questo settore
sono i costi di switching e le economie di scala. Gli switching costs sono i
76
costi che gli utilizzatori di un sito devono sostenere per passare ad un altro
sito simile. Si tratta principalmente di un onere legato al tempo necessario
per registrarsi su un altro sito e per prendere dimestichezza con un’altra
interfaccia. La seconda barriera all’entrata è rappresentata dalle economie
di scala, ossia all’aumentare del numero degli utenti il costo per utente
scende mentre i relativi ricavi crescono.
Le società che presentano dei costi di switching elevati e una buona
diffusione del loro nome hanno margini economici superiori e destinati ad
aumentare, per tutte le altre imprese la redditività sarà in pericolo.
Attualmente molti portali hanno margini negativi a causa degli ingenti costi
per la pubblicizzazione del loro nome.
Il modello di business dei portali e dei contenuti web originariamente si
basava sui ricavi della pubblicità, oggi si orienta alle maggiori potenzialità
del commercio elettronico.
3.5.3 E-Commerce
L’E-Commerce è il settore della New Economy che fa riferimento ad una
pluralità di modelli operativi di vendita di prodotti e servizi on-line.
Vediamo ora i modelli più diffusi:
a) Business to Consumer, commercio elettronico orientato direttamente al
consumatore (B2C);
b) Business to Business, cioè infrastrutturale fra azienda e fornitori e
partner (B2B);
c) Consumer to Consumer (C2C) modelli in cui la vendita e l’acquisto sono
effettuati da clienti finali tramite un intermediario.
77
a) Business to Consumer
L’Internet retail o Business to Consumer è la vendita online diretta al
consumatore di beni e servizi. E’ essenzialmente vendita di contenuti del
Web, prodotti digitalizzabili come informazione, accesso a base di dati,
prodotti di intrattenimento e vendita di beni e servizi materiali. Un buon
punto di partenza per chiarire gli aspetti principali è quello di suddividere i
prodotti in due grandi categorie significative per il commercio elettronico: i
beni materiali e i beni immateriali. Non ci riferiamo alla tradizionale
classificazione utilizzata nel marketing, nella quale i beni immateriali sono
tipicamente i servizi o i prodotti che non hanno bisogno di un supporto
fisico. Nel nuovo ambiente digitale la veste di prodotto immateriale bene si
adatta anche a tutti quei beni che possono essere facilmente convertiti in
formato digitale, cioè in sequenze di bit da inviare sulla rete grazie alle
normali linee telefoniche e al normale hardware. Acquistare ad esempio un
pacchetto software nel cybermercato, non implica che la confezione
contenente i floppy disk debba essere recapitata a casa dell'utente: il
software può essere più semplicemente inviato sul computer del cliente
grazie a programmi appositi di trasferimento file, come File Transfer
Protocol
(FTP).
Lo
stesso
sistema
può
essere
utilizzato
per
commercializzare audio, video, libri, immagini e tutto ciò che può essere
digitalizzato.
Le imprese per operare con successo in questo mercato non devono mai
perdere di vista tre leve fondamentali:
- i contenuti, che sono il mezzo più efficace per attirare i visitatori e
convertirli in acquirenti;
78
- il senso di comunità, l’utilizzo di chat, newsgroup per alzare il grado di
fidelizzazione dei clienti e spingerli ad acquisti ripetuti;
- il commercio, nel senso puro del termine ossia la vendita di
prodotti/servizi della propria società sul web (e-commerce diretto) o di
altre società (e-commerce indiretto).
Bisogna inoltre tener presente che il B2C diventa molto interessante
quando il mercato tradizionale relativo al prodotto venduto è inefficiente.
Altro aspetto da non sottovalutare è la sensibilità degli acquirenti al prezzo
del prodotto: per prodotti price-sensitive il cliente sarà orientato ad
acquistare il prodotto che, a parità di qualità, ha un prezzo inferiore; per
prodotti meno price-sensitive, come i beni di lusso, la competizione non
sarà molto forte e il cliente baserà la scelta dell’acquisto non solo sul
prezzo d’acquisto migliore ma anche sul sito che gli offre maggiore
affidabilità e un miglior servizio.
Lo sviluppo di un sito di vendita è alla portata di tutti ed è per questo che
le barriere all’entrata in questo mercato sono molto basse. Il B2C e’ un
mercato molto rischioso e rappresenta un’ottima opportunità solo per poche
imprese, quelle in grado di costruire appropriate barriere all’entrata.
b) Business to Business
La webeconomy sarà fortemente basata sul commercio Business to
Business, modello in cui le imprese fornitrici vendono direttamente in Rete
alle imprese acquirenti. Le relazioni economiche avvengono solo tra
aziende e non ci sono consumatori finali. Si afferma il modello
dell’Extended Enterprise, azienda estesa capace di costruire relazioni
79
significative con una rete di partner che aggiungono valore al bene
destinato al consumatore finale. Nell’azienda del futuro la capacità di
collaborazione sarà il meccanismo chiave per la stessa sopravvivenza
dell’impresa. In questo tipo di transazioni l'efficienza e l'efficacia del
processo logistico sono, rispetto al caso del settore consumer, ancora più
determinanti per il successo competitivo aziendale. Questo è per lo più
dovuto al fatto che le aziende oggi operano in un mercato allargato e
dinamico, di dimensione mondiale e con struttura reticolare. Esiste un
grandissimo numero di interconnessioni tra aziende, fornitori, partner e
clienti, un fenomeno che non ha mai avuto luogo nel passato. Le
transazioni Business to Business si svolgono tra una molteplicità di attori,
distribuiti lungo tutta la catena di creazione del valore del prodotto, e
proprio la complessità di tali relazioni porta a ritenere che il miglioramento
dell'assetto logistico sia fondamentale per la strategia competitiva delle
aziende. Questo nuovo approccio alla filiera aziendale ha al suo centro una
nuova entità: l'informazione. Spesso, infatti, è proprio la movimentazione
delle informazioni a rivelarsi il punto critico nella fornitura di un servizio
di alta qualità: è stato infatti calcolato che la quantità di documentazione
richiesta per spostare delle merci da una parte all'altra del globo richiede
frequentemente tempi più lunghi della stessa movimentazione fisica. Da
questo punto di vista, Internet può far conseguire alle aziende grandi
vantaggi, rendendo possibile la trasmissione di informazioni, dati e
documenti in tempo reale.
In questo mercato esiste un discreto livello di competitività, a seconda
dei settori e delle categorie merceologiche. Ciò è dovuto alla presenza di
forti barriere all’entrata principalmente rappresentate dalla rete di relazioni
commerciali che le imprese hanno sviluppato nel tempo e che costituiscono
un vantaggio iniziale non indifferente rispetto ai nuovi entrati. Questo
80
segmento è uno dei più attraenti nella New Economy ed è caratterizzato da
rischi molto bassi e da margini elevati e stabili o crescenti.
c) Consumer to Consumer
Il segmento C2C riguarda tutte le transazioni effettuate dai consumatori
finali tra di loro. E’ tipicamente il mercato delle aste on-line. Internet è un
mezzo eccezionalmente efficace per consentire a strati sempre più vasti
della popolazione l’accesso ad aste di oggetti preziosi, come opere d’arte e
oggetti d’antiquariato e di oggetti di semplice uso comune. Nella aste
online chiunque può offrire articoli
e chiunque
può fare offerte di
acquisto. E’ un tipo di commercio che si sviluppa principalmente tra
semplici utenti della rete e che permette di eliminare barriere geografiche e
sociali. Tutti gli interessati possono partecipare o semplicemente assistere
alle aste che si svolgono sette giorni su sette e ventiquattr’ore su
ventiquattro. Il venditore fissa un prezzo minimo e il compratore rilancia.
L’articolo viene aggiudicato a chi fa l’offerta più alta. L’utente può anche
partecipare ad un tipo particolare di asta chiamata reverse auction o asta
al rovescio. Questo significa che venditore e acquirente si scambiano i
ruoli: è l’acquirente a proporre i prezzi per determinati prodotti o servizi e
non il venditore. Bisogna semplicemente indicare cosa si vuole acquistare e
a quale prezzo per poi attendere che qualcuno accetti l’offerta.
Le Internet Companies hanno rivolto la loro attenzione a questo
segmento di mercato per i margini molto alti che si possono ottenere
rispetto al commercio elettronico diretto. Infatti questo genere di business
presenta costi operativi molto contenuti, in quanto si opera da semplice
81
intermediario tra i vari utenti del sito e non ci sono costi di magazzino,
distribuzione, ecc.
3.5.4 Sviluppo del commercio elettronico in Italia
Alcuni richiami quantitativi possono essere utili per capire la dimensione
del fenomeno dell’E-Commerce. Il commercio elettronico nell’Europa
Occidentale ha raggiunto i 17 miliardi di euro nell’intero 1999.
Complessivamente il B2B ha coperto il 71% dell’Internet commerce del
1999.
Secondo il Rapporto Federcomin "Arcipelago internet" presentato a
Vicenza il 30 ottobre 2000 la penetrazione di Internet nella grande impresa
ha raggiunto quota 100% nel 1999, mentre circa il 75% delle PMI è
attualmente collegato. La maggior parte delle imprese ha utilizzato
inizialmente l'accesso a Internet solo per la posta elettronica non soggetta ai
lunghi tempi di attesa che comporta la navigazione vera e propria. La posta
elettronica rimane ancora il principale servizio utilizzato dalle imprese
sotto i 10 addetti. Tra le imprese con più di 10 addetti l'installazione di siti
web e di servizi di commercio elettronico ha subito una forte accelerazione
nel corso del 1999. Circa il 20% di esse ha già un sito web e ben 12.000
imprese (pari al 6,2%) prevedono di avere un sito e-commerce entro i
prossimi due anni. Tra le PMI è attualmente diffusa l'installazione di siti
vetrina grazie all'ampia offerta di pacchetti di apertura di siti web chiavi in
mano a costi bassissimi. I settori della finanza, dei servizi pubblici e dei
servizi professionali trainano la diffusione dell'accesso ad Internet e dei
servizi legati al commercio elettronico. Il tasso di collegamento delle PMI
sfiora, infatti, il 90% nel settore dei servizi alle imprese, mentre la quota
82
più bassa (poco più del 60%) è riportata dal settore dell'edilizia. Le imprese
con più di 10 dipendenti hanno aumentato notevolmente gli investimenti in
reti Intranet ed Extranet per sfruttare i vantaggi di un collegamento fra le
diverse sedi. Il mercato dei servizi Intranet ha generato un giro d'affari
quasi 4 volte superiore a quello dei servizi per l'accesso del mercato
business nel 1999. Il tasso di crescita previsto per i servizi Intranet è
enorme in quanto oltrepasserà i 2.700 mld di lire nel 2003, mentre il
mercato dell'accesso per il settore business raggiungerà i 560 miliardi di
lire.
Le stime per il mercato dell’Europa Occidentale relative al 2002
evidenziano una fortissima crescita, da 17 a 199 miliardi di euro, con il
B2B che copre il 77% del commercio totale.
3.5.6 Vantaggi del commercio elettronico
Ma quali sono le ragioni del successo dell’e-commerce? Quali vantaggi
traggono i consumatori e gli imprenditori dal commercio elettronico?
Vediamo innanzitutto le ragioni che spingono le aziende ad operare nel
mercato virtuale 49:
- Le imprese traggono un notevole vantaggio dalla diminuzione radicale
dei costi di comunicazione sia interna che esterna e dall’aumento della
loro velocità;
- Si registra una riduzione dei cicli di acquisto-produzione dei beni,
con conseguenti notevoli
risparmi per quanto riguarda, ad esempio
lo stoccaggio delle merci e gli immobilizzi finanziari conseguenti
alla produzione di queste ultime;
49
Si veda Walter Scott, Il commercio elettronico, pp. 13-16. Vedi anche Morelli, Internet: l’impresa in
rete, FrancoAngeli, Milano, 1998, p. 76-78.
83
- L’abbattimento praticamente totale, dei costi per la realizzazione dei
punti vendita, essendo questi costituiti da siti Web, per la
cui realizzazione sono richiesti investimenti assolutamente modesti. Non
vi sono in sostanza barriere tecnologiche
all’entrata di nuovi
concorrenti;
- Un più stretto e tempestivo collegamento fra clienti e fornitori, essendo
tra l’altro possibile un costante aggiornamento dei cataloghi
presentabili sul Web;
- La possibilità di ampliare, in modo pressoché illimitato, i mercati in cui
operare, senza che ciò comporti la necessità di investimenti particolari,
come
sarebbe
indispensabile
se
ciò
dovesse
avvenire
nel
modo tradizionale. La rete, per sua definizione estesa su tutto il globo,
porta l’offerta commerciale a clienti ovunque localizzati, realizzando in
pratica, un’espansione automatica del mercato di competenza di
ciascuna impresa. Il commercio elettronico rappresenta la migliore
concretizzazione della globalizzazione dei mercati;
- La riduzione dei costi dei prodotti e l’aumento dei margini di
profitto, potendosi effettuare transazioni commerciali senza la necessità
di intermediazioni, dato che il produttore, in questo caso, vende
direttamente i prodotti ai clienti finali;
- Lo scambio immediato di informazioni e dati tra partner di affari;
- Un costo estremamente limitato delle comunicazioni necessarie per
lo sviluppo delle diverse attività commerciali.
E dalla parte dei consumatori possiamo invece considerare:
- la riduzione dei costi, conseguente alla già citata eliminazione di
qualsiasi forma di intermediazione;
84
- l’eliminazione dei limiti geografici per l’individuazione di beni e
servizi più confacenti, di volta in volta, alle specifiche esigenze del
consumatore; il consumatore ha la possibilità di prendere in esame
una gamma pressoché illimitata di prodotti attuando in modo
concreto quello che è il mercato globale. Il consumatore ha a
disposizione una vetrina planetaria ma al tempo stesso ha il problema
della scelta. Qui nasce un paradosso: il tempo guadagnato superando il
concetto di spazio viene impiegato nella scelta e nella selezione delle
informazioni.;
- la possibilità di compiere in modo rapido ed esteso, verifiche e raffronti
sulla qualità, costi, disponibilità dei prodotti, indirizzando gli acquisti in
modo ragionato e convinto, senza che ciò comporti comunque
dispendio di tempo o di altre risorse, come accadrebbe se si volesse
operare nel sistema commerciale tradizionale;
- l’accessibilità continua e immediata ai luoghi di vendita, non più
condizionata da orari di apertura e chiusura come avviene invece con
i normali negozi, con le banche, con i grandi magazzini;
- La possibilità di dialogare con il fornitore per ottenere un servizio “su
misura”
o
la
fornitura
di
prodotti
ad
hoc
per
soddisfare
determinate, specifiche esigenze (prodotti su misura ecc.) 50;
- il miglioramento delle prestazioni di quello che possiamo definire
il “servizio al cliente”, reso attuabile non solo dall’interattività della
rete, ma dall’accessibilità costante ai fornitori e dalla loro potenziale
disponibilità
nei
riguardi
del
cliente,
praticamente
senza
le
altrimenti necessarie interruzioni nell’arco delle 24 ore o dei giorni della
settimana.
50
Per approfondimenti cfr. Mandelli, Internet marketing, McGraw-Hill, Milano, 1998, p. 215 e ss.
85
I vantaggi appena elencati portano con se evidenti motivi di aumento di
efficienza, di competitività delle imprese, e di accessibilità ai nuovi mercati
con nuovi prodotti. Tutto ciò significa e motiva l’utilizzo della “grande
rete” per accedere al nuovo modo di fare comunicazione, di fare marketing,
di vendere.
3.5.7 Ostacoli alla diffusione dell’e-commerce
Oltre ai fattori che favoriscono lo sviluppo del commercio elettronico,
esistono tutta una serie di ostacoli alla diffusione dell’e-commerce. Le
aziende specializzate sono concentrate maggiormente nella risoluzione di
questi problemi 51:
- la sicurezza del sistema. Per poter diffondere il sistema dell’ECommerce è necessario che ci sia fiducia da parte degli operatori. La
lealtà reciproca e la trasparenza del sistema, pur nella garanzia della
privacy, sono fondamentali per mantenere elevato il grado di
accettazione dell’e-commerce. Bisogna garantire sicurezza nelle
transazioni, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di effettuare
movimenti di denaro (per esempio pagare gli acquisti fatti online) con la
certezza che esso giunga soltanto ai destinatari corretti e a loro soltanto.
Necessità la capacità di evitare truffe, di identificarle e neutralizzarle
evitandone le conseguenze negative per gli operatori. La soluzione a
questo complesso aspetto del funzionamento della rete, risiede nella
realizzazione i sistemi sicuri per l’autenticazione degli utenti, per
garantire adeguata riservatezza ai messaggi scambiati e certezza sulla
loro autenticità, per l’autenticazione dei destinatari dei messaggi e delle
51
Marcandalli, Il commercio elettronico, Masson, Milano, p. 5-15.
86
transazioni. La fiducia non può essere inculcata, ma deve essere
promossa, e solo il tempo e la prova dal vero possono farla maturare. Si
prevede un tempo di maturazione abbastanza lungo, al limite di una
generazione, perché l’abitudine all’uso dei sistemi elettronici e di
Internet e la presa di coscienza della loro affidabilità permettano il
superamento di questi ostacoli. Si deve comunque tener presente la
resistenza al cambiamento, fatto di costume che ci impedisce di forzare
la trasformazione del sistema attuale di commercio a quello del
commercio elettronico e che ci fa lasciare aperta la strada tradizionale in
considerazione del fatto che non tutti sono disposti ad accettare il
cambiamento. Giocano motivi di abitudine e consuetudini stabilite ma
anche capacità d’uso del nuovo sistema;
- i limiti dell’attuale tecnologia e delle infrastrutture comunicative che
sono alla base del funzionamento di internet, soprattutto per quanto
riguarda le problematiche della velocità di trasmissione e dell’accesso
alla rete;
- l’eccessivo costo dei collegamenti telefonici in Italia dovuti alla
tariffazione a tempo della rete. Questo problema è comune ai paesi
europei, mentre in Usa il costo della connessione è a tariffa fissa;
- La scarsa diffusione e conoscenza del personal computer da parte degli
acquirenti potenziali e la scarsa conoscenza della lingua inglese, lingua
dominante in Internet (80% delle pagine).
3.6 Gli innovatori di sistema
Gli innovatori di sistema sono delle imprese di servizi che offrono
consulenza e assistenza nella costruzione di sistemi e procedure che
permettano di operare sulla Rete. Non sono semplici imprese di consulenza
87
web ma offrono un servizio integrato in cui vengono definiti gli obiettivi
che le imprese desiderano perseguire sul web e le modalità per
raggiungerli. Esistono integratori di sistema a connotazione tecnologica,
oppure orientati al marketing e alla comunicazione.
I ricavi di queste imprese sono direttamente legati allo sviluppo e alla
diffusione di Internet.
3.7 Classificazione delle aziende nella web-economy
Non esiste ancora un orientamento univoco per indicare i diversi attori
della Net economy. Per tale ragione riporteremo di seguito tre tipi di
classificazioni delle Internet company. Secondo alcuni studiosi nella New
Economy si possono individuare due tipologie di imprese 52:
- Le Internet-based, imprese in cui l’esistenza di internet rappresenta la
ragion d’essere. Si tratta di società nate e sviluppate sfruttando la rete, il
cui fatturato deriva interamente da attività legate ad essa. Sono società
che senza la rete non sarebbero mai esistite (motori di ricerca, portali,
ecc..);
- Le Internet-related, imprese in cui Internet costituisce, almeno per il
momento, un semplice periferal. Sono imprese per la maggior parte
esistenti già prima dell’avvento della rete, che hanno visto nel Web
un’opportunità nuova e un modo innovativo per ampliare la loro attività
tradizionale verso nuovi mercati e nuovi segmenti di clientela. Si può
anticipare che la loro attività tenderà a divenire sempre più on-line. La
52
Francesco Perrini, E-valuation: valutare le imprese Internet, Mc Graw Hill, Milano 2000, p. 4-5.
88
tendenza futura vedrà perciò le imprese Internet-related divenire in modo
incrementale Internet-based.
Secondo altri analizzando l’atteggiamento delle imprese nei confronti dei
progressi tecnologici si possono individuare quattro tipi di imprese 53:
- Attendiste, che aspettano prima di adottare una nuova tecnologia. Sono
imprese disorientate dalle novità e incapaci di cogliere con immediatezza
i vantaggi derivanti dalla nuova tecnologia. Sono imprese che riescono a
sopravvivere solo in settori maturi o di prodotti standardizzati;
- Conservatrici, che hanno caratteristiche simili alle imprese attendiste ma
possono operare solo in settori poco dinamici. Queste imprese a
differenza delle precedenti utilizzano le novità tecnologiche ma sono
caratterizzate da un basso grado di velocità utilizzo dell’innovazione;
- Frenetiche, che presentano una elevata velocità di utilizzo delle
innovazioni ma un basso grado del loro utilizzo. Sono attratte ma non
hanno individuato le potenzialità;
- Anticipatrici, che utilizzano solo le tecnologie appena introdotte. Sono
veloci nell’adozione dell’innovazione e dotate di un elevato grado di
utilizzo. Riescono a sfruttare in pieno le potenzialità incorporate nella
tecnologia. Sono le imprese protagoniste nella digital economy,
protagoniste di Internet.
Secondo altri ancora le aziende che operano nella New economy
possono essere distinte a seconda si tratti di aziende coinvolte nello
sviluppo e aziende coinvolte dallo sviluppo. Si tratta di:
53
Delia-Russell, Di Mascio, E-Finance: strategie e valutazione delle imprese finanziarie on line, Il Sole
24 Ore, Milano 2000, p. 37-38 e 71-72.
89
- aziende old-old, società tradizionali attive in settori lontani a Internet che
non risentono in alcun modo della diffusione di Internet;
- aziende old-new, imprese tradizionali che producono beni e/o servizi che
possono essere in qualche influenzate dalla crescita di Internet;
- aziende new-old, società nate sulla scia di Internet ma che hanno un core
business correlato ad un settore tradizionale, come ad esempio quelle di
vendita online di libri o cd.
- aziende new-new, imprese nate dall’avvento di Internet che operano in
settori assolutamente correlati e connessi con la Rete, come le imprese
che producono software.
3.8 Conclusioni
Il top management per capire il valore della propria azienda deve dare una
risposta ad alcune domande fondamentali, che poi verranno analizzate dagli
analisti finanziari per scegliere il modello di valutazione più adatto alla
società. Le domande sono 54:
- dov’è l’azienda?;
- quali sono le potenzialità di crescita del mercato?;
- come l’azienda può partecipare a questa crescita?;
- come l’azienda può creare valore ed essere leader?.
Come abbiamo più volte detto in precedenza l’analisi qualitativa e la
conoscenza della storia societaria sono alla base di qualsiasi valutazione
54
Per la classificazione cfr. Delia-Russell, Di Mascio, E-Finance: strategie e valutazione delle imprese
finanziarie on line, Il Sole 24 Ore, Milano 2000, p. 232-238.
90
aziendale. Per capire dov’è l’azienda bisogna per prima cosa individuare il
core business della stessa. La Net economy cresce a ritmi straordinari ed è
fortemente influenzata da innovazioni tecnologiche che possono far
facilmente perdere di vista alla società il proprio core business. Per questa
ragione risulta necessario avere una chiara visione del proprio business e
monitorare la varie fasi di crescita della società. Il management deve inoltre
avere ben presente il tipo di cliente a cui intende rivolgersi per individuare
la combinazione migliore tra prodotto-cliente-margine. La Net economy da
la possibilità a tutti o quasi di crescere, ma premia soprattutto i leader di
mercato. La nostra società è leader o follower? Avere la risposta a questa
domanda aiuta molto la gestione aziendale. Bisogna inoltre chiedersi com’è
la redditività della nostra azienda, ossia la composizione dei ricavi per
correggere le eventuali anomalie.
Conoscere se stessi è il primo passo, il secondo è conoscere gli altri o
meglio le potenzialità di crescita del mercato in cui si opera. Intuire le
potenzialità di crescita del settore aiuta ad affrontare la selezione e sapere
come sfruttarle aiuta a superarla. Il punto fondamentale per il successo
nella Net economy è avere la capacità di individuare le opzioni di business
potenziali, di anticipare i movimenti del mercato riuscendo a sfruttare il
vantaggio competitivo, di essere i primi ad esercitare queste opzioni ed
entrare nei nuovi business potenziali, se non addirittura crearli. Per
conoscere a pieno
il mercato bisogna avere ben presente il grado di
concorrenza del settore per capire se ci sono spazi sufficienti per operare e
se si può diventare leader. Da quanto precedentemente detto possiamo
affermare che i segmenti considerati più interessanti dal mercato e migliori
sotto il profilo di rischio/rendimento sono quello delle tecnologie e delle
infrastrutture Internet, insieme a quello del B2B e degli NSP. Meno
apprezzate dal mercato, poichè più rischiose, sono invece le imprese B2C, i
91
portali verticali e gli ISP locali. Nel settore dei servizi e dell’E-Commerce,
le barriere sono ridotte al minimo e ciò implica una minor prospettiva di
ricavare degli utili poiché vi sarà una forte concorrenza a ridurre il giro
d’affari. Nel settore delle infrastrutture invece si incontrano barriere molto
alte poiché lo sviluppo di hardware e software è molto costoso e la
produzione in serie di componenti essenziali di Internet richiede capitali
enormi. Hanno ottime possibilità di crescita anche le società attive su
Internet che presentano idee promettenti, infatti chi fa la prima mossa viene
premiato, mentre chi rimane indietro spesso riamane a bocca asciutta. Nel
mondo di Internet regna una concorrenza spietata e le società con il
potenziale più alto di sopravvivenza sono quelle con un notevole giro
d’affari, vale a dire quelle che godono di una vasta notorietà sul mercato
poiché si sono guadagnate la fama di “gorilla”, si sono cioè create una
nicchia nel mercato imponendo il proprio standard. Essenziale nella
valutazione di una impresa Internet è inoltre la qualità del management,
soprattutto nel caso di società giovani e in rapida crescita in cui le idee
migliori e più redditizie provengono da giovani dirigenti aggressivi e
capaci di guardare avanti, ma nello stesso tempo dotati di una ottima
competenza professionale.
La terza domanda serve per individuare il posizionamento strategico
dell’azienda. Nella Net economy solo con un management preparato si può
aprire la porta del successo. Essere consapevoli della propria visione
strategica e dei propri limiti manageriali consente all’impresa di divenire
leader. Non si deve assolutamente commettere l’errore di adagiarsi sui
propri successi, bisogna saper sempre mantenere la capacità competitiva.
L’ultima risposta necessaria per avere una corretta visione qualitativa
dell’azienda è se la società può o meno essere leader. Le società che
operano su internet devono avere come imperativo la conquista di posizioni
92
dominanti di mercato nel più breve tempo possibile. E’ infatti fondamentale
cercare di ottenere fin da subito una posizione di leadership perchè quando
il fenomeno decollerà definitivamente non lascerà spazio ai numeri tre. I
fattori principali per diventare leader sono:
- conoscere la propria mission. Fondamentale per qualsiasi impresa è
avere un chiaro disegno strategico, avere una pianificazione strategica a
priori del tipo di presenza e del tipo di ruolo che si vuole ricoprire in
internet;
- essere in grado di migliorare la propria redditività;
- avere una architettura tecnologica adeguata. Possedere la tecnologia
appropriata al momento giusto non basta per assicurare la sostenibilità
del vantaggio competitivo nel tempo. L’impresa deve perciò
continuamente generare l’innovazione necessaria per restare nell’arena
competitiva anche quando sono entrati in campo nuovi giocatori;
- avere un vantaggio competitivo sui concorrenti;
- avere una bundling strategy, ossia un’offerta ampia di beni e servizi.
Il valore di un’azienda è funzione di una molteplicità di parametri. Nella
Net economy il valore si identifica principalmente con la strategia e gli
asset immateriali, ossia la capacità di adattarsi al continuo cambiamento. Il
procedimento di valutazione di una Internet company non deve perciò
trascurare l’analisi della flessibilità e della scalability della società. Per
flessibilità si intende la capacità dell’azienda di adattarsi al mondo esterno,
di reagire alla crescente competizione, di sapersi innovare e di capire le
esigenze della clientela. Le società che decidono di operare su Internet
devono riuscire a convivere e accettare un contesto che cambia e che si
evolve in continuazione. La scalability è invece la capacità di generare una
93
domanda incrementale e soprattutto di saperla soddisfare in modo efficiente
e di fidelizzarla. Ma la flessibilità e la scalability senza una bundling
strategy non hanno senso, poichè solo insieme hanno un effetto
esponenziale sul valore unitario per cliente.
94
CAPITOLO 4
LA VALUTAZIONE DELLE INTERNET COMPANY
4.1 Come valutare una Internet Company: introduzione
Negli ultimi tempi sono nate molte società Internet oriented caratterizzate
da un business dedicato alla Rete o ai sistemi telematici, telefonici o
comunque tecnologici. Altre società sono state convertite ad Internet
modificando l'attività principale per creare sistemi e applicazioni di ecommerce sempre più richiesti dalla grande e dalla piccola media impresa.
Queste aziende vengono valutate in borsa migliaia di miliardi di lire a
fronte di ricavi molto esigui e con esercizi in costante perdita. Molti
investitori sono quindi interessati a sapere se i metodi di valutazione
stabiliti dal Codice civile e dai principi contabili possano essere ancora
utilizzati per queste società. Mentre per le imprese operanti nell'economia
tradizionale, la maggior parte dei metodi di valutazione può essere
ricondotta a grandezze quali gli utili, il patrimonio netto e i flussi di cassa,
nella Nuova Economia spesso queste variabili non sono utilizzabili, il
capitale investito, infatti, è in genere modesto ed i flussi di cassa sono
95
prevalentemente negativi. Ciononostante il mercato le premia: imprese in
perdita nate da pochi mesi, vengono quotate in Borsa o acquisite da altre
imprese a prezzi da fare invidia ai maggiori gruppi industriali globali.
Queste società nella maggior parte dei casi chiudono i bilanci in perdita,
vantano patrimoni irrisori e non generano ancora flussi di cassa. Tutti gli
operatori iniziano perciò a interrogarsi sul reale valore delle nuove società.
Gli
asset
tradizionali
(impianti,
macchinari,
giacenze,
crediti)
rappresentano soltanto il 20% del valore di Borsa delle società quotate.
Questo dato impone la necessità di valutare quegli asset che, al contrario,
incidono realmente sull'effettivo valore di impresa. Mi riferisco a tutto ciò
che nelle aziende comincia a rappresentare la principale fonte di vantaggio
competitivo: i beni intangibili che, seppur ignorati dai bilanci contabili,
rappresentano ormai l'80% del valore di Borsa delle e-company.
Le Internet Company, poiché’ operanti in un mercato altamente
competitivo, saranno sottoposte ad un duro processo di selezione nel corso
dei prossimi anni. Molte di esse non riusciranno a sopravvivere, altre
saranno oggetto di fusioni o acquisizioni, altre ancora consolideranno il
loro potere. Il cambiamento delle abitudini e l’incremento della
competizione si ripercuoteranno direttamente sulle strategie aziendali e
questo determinerà un’opportunità per alcuni settori e un pericolo per altri.
Per individuare le poche imprese che riusciranno a sopravvivere a questo
fenomeno di selezione naturale bisognerà tentare di individuare il valore
intrinseco di ogni società. Il tema della valutazione quantitativa delle
aziende è una delle questioni più controverse della finanza moderna. Ciò
deriva dal fatto che i prezzi di mercato dei titoli internet siano altamente
sopravalutati e non derivino dai fondamenti delle società quotate bensì
dallo sbilanciamento esistente tra domanda e offerta di titoli 1. Le forti
1
Per approfondimenti vedi § 4.5.
96
oscillazioni dei titoli sono determinate dal ristretto numero di società
quotate e dal fatto che si tratta appunto di settori innovativi a grande
crescita, in fase di start-up.
Come si valutano queste società? Come vanno valutate quelle imprese
che hanno appena avviato la propria attività, che hanno un grande
potenziale di sviluppo, ma che non sono ancora in grado di produrre utili?
Risultano indispensabili nuovi metodi di valutazione che consentano di
dare valore alle strategie, pur in assenza di profitti, non perdano contatto
con la realtà economica, siano in grado di dare valore alla flessibilità e
siano utilizzabili in condizioni di incertezza. La Net Economy non ha
imposto un nuovo modo di creare valore, quest’ultimo è infatti rimasto
immutato. Non si è alla ricerca di nuovi principi e criteri di apprezzamento
del valore, quanto piuttosto al perfezionamento dell’esistente per
rispondere alle caratteristiche di volatilità e proiezione nel futuro dei
risultati tipiche delle imprese Internet-based. Di fronte a queste molteplici
problematiche legate alla valutazione delle Internet company è forte la
tentazione di assumere un atteggiamento rinunciatario nei confronti del
tema "valore" e di affidarsi incondizionatamente alla “mano invisibile del
mercato” che determina i prezzi. Ma è ben noto che il prezzo è cosa diversa
dal valore poiché esso è definito dall’incontro tra domanda e offerta. Tale
approccio risulta perciò insoddisfacente. Vediamo allora come reagiscono
gli operatori di fronte al tema valutazione delle società Internet.
Un primo gruppo di investitori assume un atteggiamento scettico sulla
possibilità di poter valutare in maniera razionale e quantitativa queste
aziende; si parla spesso di bolle speculative e di tecniche di valutazione
prevalentemente qualitative basate sul potenziale strategico del mercato e
del prodotto di riferimento, sul posizionamento della società nell'arena
competitiva e sulla capacità del management di operare con risposte idonee
97
e tempestive in un mercato in cui le opportunità e le minacce si misurano in
bit e secondi. La maggior parte degli analisti finanziari e banchieri d'affari
utilizzano, invece, il metodo empirico dei multipli di mercato: in
particolare è molto diffusa la valutazione attraverso i multipli del fatturato
(p/sales) e del numero di utenti (p/user) nelle loro diverse forme ed
applicazioni. Mentre per le imprese dell'economia tradizionale i multipli
più diffusi sono quelli del prezzo sugli utili per azione (Eps) o sul risultato
operativo al lordo degli ammortamenti e delle svalutazioni (Ebitda),
quando si esaminano le Internet company esse raramente vantano degli Eps
o Ebitda positivi e pertanto si osserva una propensione ad accontentarsi dei
multipli del fatturato. Un gruppo più ristretto di osservatori si avventura
nell'utilizzo di metodi più analitici come lo sconto dei flussi di cassa
(discounted cash flows o Dcf). Le proiezioni economico-finanziarie sulle
quali si basano questi metodi fanno ricorso a ipotesi spesso eroiche (tassi di
crescita del fatturato nell'ordine del 500% annuo) e, essendo assenti i flussi
di cassa nei primi periodi, spesso gran parte della valutazione viene
ricondotta ad un ambizioso ma molto incerto valore finale dell'azienda
(terminal value). Inoltre un'ulteriore complicazione nella valutazione è
rappresentata dalla determinazione del costo del capitale di queste imprese,
non esistendo serie storiche adeguate e società comparabili è piuttosto
complicato determinare in maniera attendibile il costo del capitale,
soprattutto quello di rischio. Altra metodologia, con una riconosciuta
dignità accademica e utilizzata operativamente da società di venture capital
e da alcune grandi imprese, particolarmente idonea per la valutazione di
queste società e che spiega molto di quello che sta succedendo sui mercati
azionari è quella delle opzioni reali (derivazione della teoria delle opzioni
finanziarie). Le opzioni reali sono uno strumento accreditato sia per la
98
valutazione degli intangibles che delle opportunità di crescita e degli startup.
Passiamo ora ad illustrare in dettaglio questi metodi di valutazione delle
Internet Company.
4.2 Il metodo dei multipli di mercato
Le metodologie tradizionali di valutazione delle imprese (basate sugli utili,
sul patrimonio netto e sui flussi di cassa) sono difficilmente applicabili alle
società Internet poichè finora molte di queste società non hanno conseguito
profitti. Gli operatori hanno dunque scelto di adottare le metodologie
dirette o empiriche nella valutazione delle aziende internet data l’evidente
difficoltà nell’utilizzo di quelle analitiche. Si tratta di metodologie molto
semplici e spesso inficiate da errori concettuali, ma in grado di fornire le
basi per la valutazione.
Nel mondo anglosassone il metodo dei multipli risulta essere il più
diffuso e quello che meglio rappresenta il valore intrinseco delle imprese. Il
metodo dei multipli si basa sull’assunto generale che i prezzi di mercato
rappresentano la migliore approssimazione del valore dell’impresa. In
generale l’approccio di mercato ai multipli può essere distinto tra metodi
che utilizzano i prezzi di quotazione nel mercato ufficiale regolamentato e
quelli che utilizzano i prezzi determinati sulla base dei valori delle recenti
transazioni di M&A. Nel primo caso si ricorre ad un dato pubblicamente
disponibile che indica direttamente il valore di una quota del capitale di
rischio investito nell’impresa, nel secondo casi si fa riferimento ai valori
stimati in occasione di operazioni diffusione ed acquisizione aventi per
99
oggetto imprese simili a quella da valutare. Esistono vari tipi di multipli di
mercato:
- multipli storici, ottenuti confrontando i prezzi correnti di borsa con i
risultati dell’ultimo bilancio disponibile;
- multipli trailing, ottenuti confrontando i prezzi correnti di borsa con i
risultati riferibili ai dodici mesi precedenti la data di riferimento della
stima;
- multipli leading, ottenuti confrontando i prezzi correnti di borsa con i
risultati attesi per il prossimo esercizio (o con una media dei risultati
attesi per i prossimi due/tre esercizi).
La prassi prevalente in Europa continentale è in genere orientata
all’impiego dei multipli storici o trailing per ragioni di obbiettività di stima.
Il richiamo del prezzo di borsa non è mai effettuato con riguardo al prezzo
tratto da una singola seduta di borsa, bensì dal calcolo di una media di
prezzi rilevati nel corso di un periodo giudicato significativo (tre mesi sei
mesi o un anno).
L’utilizzo dei multipli descritti nel § 2.7, risultano inapplicabili alle
Internet company per i motivi sopra esposti e quindi gli analisti si sono
orientati verso i multipli di fatturato. Il fatturato è il primo indicatore
economico dell’attività d’impresa.
Vediamo allora quali sono le principali fonti di guadagno per le imprese
internet 2:
- ricavi da fornitura di accessi, connettività, tipici degli ISP;
- proventi della pubblicità;
2
La classificazione trae spunto dal libro di Schlutz, J. Azioni Internet: guida agli investimenti nel mercato
del futuro, UTET, Torino, 2000, p. 130.
100
- ricavi dalle transazioni del commercio elettronico, derivanti da vendita di
prodotti e servizi online;
La prima fonte di guadagno va distinta a seconda si tratti di fornitura di
connettività consumer o business. Nella maggior parte dei casi i rapporti tra
le società internet e la clientela sono a titolo gratuito mentre i rapporti con
la clientela business sono generalmente a pagamento poichè mirati a
soddisfare esigenze differenti e ad offrire servizi di alta qualità.
La pubblicità è una voce di ricavo molto importante nei bilanci delle
imprese internet. Ci sono varie forme di pubblicità su internet: i buttons,
bottoni; i banners, striscioni pubblicitari; i pop-ups, apertura automatica di
finestre pubblicitarie.
I ricavi dalla vendita di beni e servizi online può essere distinta in
vendita diretta ed indiretta. Si parla di vendita diretta nel caso in cui la
società vende attraverso il proprio sito web e gestisce direttamente il
rapporto con il cliente. Nel caso di vendita indiretta invece il venditore
decide di raggiungere la clientela utilizzando altri siti. Si stipulano accordi
di ripartizione dei ricavi tra venditore e rivenditore. Queste due forme di
transazioni online non si escludono a vicenda, anzi spesso sono utilizzate
entrambe.
I multipli di mercato sono quelli più frequentemente applicati nelle
comunità finanziarie dato che sono semplici da calcolare e permettono
immediati confronti tra i titoli delle diverse imprese. Secondo Michael
Livian tali multipli avranno con il tempo una funzione sempre minore,
infatti quando le società Internet saranno in grado di generare utili tali
metodi verranno sostituiti con quelli analitici 3.
3
Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000,
p.135.
101
4.2.1 Rapporto Cap/Sales (C/S)
Il multiplo di mercato più utilizzato nella valutazione delle Internet
Company è sicuramente il rapporto tra la capitalizzazione di borsa della
società per il fatturato, (in inglese Capitalization/Sales) conosciuto anche
come rapporto prezzo/fatturato 4. Appare subito evidente la somiglianza
con un altro indice fondamentale, il rapporto prezzo/utile che non viene
utilizzato per la valutazione delle imprese internet in quanto spesso prive di
utili. Si utilizza allora quest’altro indice che indica quanti anni gli azionisti
devono attendere per recuperare il capitale iniziale, ipotizzando che il
fatturato sia costante nel tempo. In genere, un titolo è tanto più conveniente
quanto più basso è il rapporto C/S. Facciamo un esempio:
Cap / sales = (100.000 x 10.000£) / 200.000.000£ = 5
dove:
capitale sociale della società X = 100.000 azioni
prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£
fatturato della società X = 200.000.000£
La quotazione di Borsa vale cinque volte il fatturato. Ipotizzando un
fatturato costante ogni anno, gli azionisti devono attendere cinque anni per
recuperare il capitale investito.
Per le imprese Internet è più importante nella fase iniziale del proprio
sviluppo aumentare il fatturato più che i profitti, al fine di consolidare il
proprio marchio. Dunque il multiplo sulle vendite è il più utilizzato nella
Net Economy tra gli indicatori fondati su grandezze economiche.
4
Per approfondimenti vedi Damodaran A. Manuale di valutazione finanziaria, Mc Graw Hill , Milano,
1996, pp. 268-289.
102
Solitamente si costruiscono i multipli utilizzando i dati di mercato
rapportati al fatturato prospettico. Viene preso in considerazione un periodo
di tempo relativo a due esercizi successivi a quello attuale, anche se
sarebbe opportuno fare riferimento al fatturato del periodo in cui l’impresa
opererà in situazione di normalità. Il rapporto prezzo fatturato prospettico
viene utilizzato dagli analisti in due diversi modi:
- può essere confrontato con il multiplo medio del segmento di mercato,
per vedere se il titolo è sopra o sotto valutato. E’ un approccio che ha
alla base una forte limitazione cioè presuppone che i multipli convergano
verso la media del settore;
- si può applicare un multiplo prezzo/fatturato prospettico medio del
settore al fatturato atteso della società in esame. In tal modo si perviene
al valore della società in una data futura. Scontando a oggi tale valore si
ricava il valore attuale della società.
I multipli del fatturato prospettico sono gli indicatori più utilizzati nella
pratica per valutare le imprese internet. Molti autori sostengono che in
mercati in iper-crescita come quelli legati alla rete, il moltiplicatore C/S sia
migliore di altri multipli di borsa, dal momento che il successo dell’azienda
dipende in larga misura dalla quota di mercato che esse riescono a
guadagnare e dalla crescita dei loro fatturati.
4.2.2 Rapporto Cap /Customer
Internet può essere considerato anche come un nuovo “media” e proprio
per questo gli analisti utilizzano alcune tecniche di valutazione dei media
tradizionali per valutare le Internet Company. Il rapporto Cap/Customer è il
103
multiplo empirico più utilizzato per questo genere di valutazioni. Ma non
tutte le società hanno quale caratteristica fondamentale della loro attività
quella mediatica, così bisognerà per prima cosa delineare il tipo di attività
dell’impresa per poter utilizzare correttamente i multipli degli utenti. Tale
indice infatti viene solitamente utilizzato nella valutazione degli Internet
Service Provider e dei portali verticali e orizzontali, mentre sono meno
interessanti nel caso del B2B.
Il rapporto tra la capitalizzazione di borsa della società (Capitalization) e
il numero dei clienti (in inglese customer) rappresenta il valore che gli
operatori attribuiscono ad ogni singolo cliente della società. Facendo un
esempio:
Cap / customer = (100.000 x 10.000£) / 80.000 = 12.500£
dove:
capitale sociale della società X = 100.000 azioni
prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£
numero dei clienti della società X = 80.000
Per customer si intende qualsiasi utilizzatore del Web che è inscritto al
sito e che si suppone utilizzi abitualmente i servizi di accesso e di
contenuto dello stesso. Per calcolare questi multipli risulta indispensabile
stimare il numero degli utenti della società, ma altrettanto indispensabile è
la stima delle numero di utenti futuri e del loro tasso di crescita. Nella New
Economy infatti, per ovvie ragioni, gli analisti tendono a basarsi molto più
sui dati prospettici che su quelli attuali, scarsamente significativi. Il valore
che viene preso come base di riferimento non è un dato storico ma un
valore atteso costruito su previsioni elaborate dalle imprese stesse.
104
Una volta calcolato il valore per utente questo va confrontato con quello
medio di settore per verificare se l’impresa e sopra o sotto valutata rispetto
al mercato. Gli analisti finanziari sono i principali utilizzatori di questo
indicatore poichè attraverso questo multiplo possono implementare
strategie di buy, hold e sell informandone i propri clienti. Altra
applicazione di tale multiplo consiste nel calcolare il multiplo medio di
settore e moltiplicarlo per il numero di utenti che la società vanta di
stimare, per ottenere il valore teorico della società oggetto di valutazione.
Il numero di utenti è un fattore molto importante ma, se non è supportato
da un sano modello di business, non consentirà all’impresa di sopravvivere
a lungo.
Con l’avvento della Net Economy sta aumentando l’attenzione che le
imprese rivolgono al comportamento dei clienti. L’evoluzione delle forme
di concorrenza, la progressiva saturazione di molti mercati, e le strutturali
modificazioni dei processi di scambio stanno obbligando le imprese ad
adottare una prospettiva di prioritario orientamento allo sviluppo e al
consolidamento della relazione con i clienti. Le imprese che sono in grado
di sviluppare solide relazioni con i propri clienti producono un valore
potenziale molto elevato. Il valore di mercato di molte imprese è fondato
proprio sul numero di clienti in portafoglio, per ciascuno dei quali viene
riconosciuto all’impresa un valore.
La maggior parte delle imprese Internet-based e related oggi è giudicata
sulla base della “capacità di generare traffico”, considerata il driver del
valore fondamentale per la valutazione. Occorre però determinare la reale
capacità dell’impresa di trasformare i visitatori in ricavi, traducendo il
semplice contatto in fatturato derivante da pubblicità, offerta di servizi a
pagamento, connessione, e-commerce. La crescita del numero di visitatori
è rilevante anche perchè permette di innescare un circolo virtuoso: ad un
105
primo aumento dei contatti, se la navigazione è risultata positiva, seguirà
un successivo incremento del numero di soggetti che potenzialmente
possono acquistare prodotti e sevizi on-line. L’impresa diventerà così
sempre più nota sulla Rete.
Il numero dei clienti è un indicatore non troppo preciso dal momento che
ogni utilizzatore tende ad iscriversi a più siti contemporaneamente,
soprattutto da quando sono proliferati siti con registrazione gratuita. E’ un
indicatore che non è in grado di esprimere la loyalty del singolo abbonato
al servizio offerto. Per ovviare a questo inconveniente sono proliferati
nuovi indicatori in grado di esprimere il numero delle visite dell’utente, il
tempo di permanenza medio nei diversi siti visitati e altre informazioni.
4.2.3 Rapporto Cap/User e Cap/Stickiness
Un indice molto simile al precedente è il Cap/User che è dato dal rapporto
tra la capitalizzazione di borsa e il numero di utenti. Il numero di utenti
preso a riferimento è solitamente quello su base mensile. In questo caso si
prende in considerazione il numero di utenti o anche di contatti relativi ad
un sito Web, anziché il numero di clienti. Questo multiplo può essere
utilizzato per la valutazione di tutti i siti che sono esposti a contatti regolari
da parte dei clienti, specie per i motori di ricerca e le case d’asta. I contatti
infatti sono particolarmente importanti per certe società che ricavano le
loro entrate esclusivamente dalle pagine pubblicitarie, poichè più le pagine
sono frequentate, maggiori saranno i ricavi da entrate pubblicitarie. Il
rapporto Cap/User va interpretato in modo analogo a quello Cap/Customer,
ovvero quanto pagano gli azionisti per ogni utente? Più il numero è elevato,
106
più il prezzo del titolo è alto e quindi maggiori sono le aspettative di
ricavarne degli utili. Facendo un esempio:
Cap / user = (100.000 x 10.000£) / 20.000 = 50.000£ (al mese
per utente)
dove:
capitale sociale della società X = 100.000 azioni
prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£
numero di utenti che hanno visitato il sito della società X in un mese =
20.000.
Altro multiplo importante nella valutazione delle internet companies è il
rapporto Cap/Stickiness che si ottiene dal rapporto tra la capitalizzazione di
borsa e la “fedeltà” al sito, o meglio la durata media del contatto (in
inglese, stickiness). L’importanza di tale multiplo deriva dal fatto che i
proventi della pubblicità non sono determinati solo dalla frequenza dei
contatti ma anche dalla durata della connessione con un determinato sito
web. Maggiore è l’attaccamento di un cliente al sito e maggiore sarà il
potenziale fatturato che si potrà ricavare dalla pubblicità. Più il rapporto
Cap/Stickiness sale e più il prezzo del titolo risulterà alto in confronto a
quello degli altri siti web.
Cap / stickiness = (100.000x10.000£) / (20.000x35) = 1.428,57 (al
minuto)
dove:
capitale sociale della società X = 100.000 azioni
107
prezzo di borsa di 1 azione della società X = 10.000£
numero di utenti che hanno visitato il sito della società X in un mese =
20.000
durata media del contatto per ogni utente = 35 minuti
In linea di principio questo rapporto dovrebbe avere una efficacia
superiore a quella del Cap/User in quanto la durata media del contatto
fornisce dati sull’effettiva intensità della frequenza su un sito web. Eppure
in America questo multiplo non ha alcuna importanza poichè tenere aperta
una pagina un’ora o tutto il giorno ha sempre lo stesso costo, grazie alla
tariffa forfettaria vigente nel paese.
4.2.4 Rapporto Spese di marketing/Clienti
Un altro indice importante utilizzato nella valutazione delle internet
company, ma non finalizzato alla determinazione del valore aziendale, è il
valore delle spese di marketing per unità di cliente. Più una società spende
per farsi una clientela e tenerla legata a se, più viene giudicata
positivamente dagli analisti. Per esempio:
Spese di marketing / clienti = 500.000.000£ / 15.000 =
=33.333£
dove:
spese annue per pubblicizzare il sito della società X = 500.000.000£
numero di clienti della società X = 15.000
In un anno la società X ha speso per ogni cliente 33.333£ in pubblicità.
108
Nella valutazione delle società gli operatori spesso si chiedono quali
sforzi vengano intrapresi dalla società per aumentarne in futuro la notorietà.
Nei settori dei servizi internet e del commercio elettronico il brand o
meglio la notorietà del marchio aziendale è fondamentale. Le società che
operano su Internet devono adottare tutte le misure utili per aumentare la
notorietà di un sito e farne conoscere il dominio (indirizzo internet della
Home page), poichè il successo di un sito web dipende inevitabilmente dal
numero di contatti. Nel mondo di Internet regna una elevata concorrenza e
le aziende che hanno maggiori possibilità di sopravvivere sono quelle con
un notevole giro d’affari, vale a dire quelle che godono i una vasta
notorietà sul mercato. I siti web che si trovano nella fase iniziale di
affermazione avranno spese di marketing molto elevate rispetto ai siti già
affermati, ai cosiddetti first mover.
4.2.5 Multipli particolari per imprese che gestiscono pagine web
Andiamo ad analizzare alcuni multipli di mercato utilizzati esclusivamente
nella valutazione delle aziende web che hanno come asset principale la
gestione del sito web e delle relative pagine web. I metodi di valutazione
tradizionali incontrano dei limiti di applicabilità se utilizzati nella
determinazione del valore di questo genere di società. Se si utilizzano i
metodi reddituali risulterà particolarmente difficile la stima attendibile dei
redditi futuri della società e la scelta del tasso di attualizzazione, dovuta
alla particolare rischiosità d’impresa nel settore internet. I metodi
patrimoniali invece incontrano i limiti degli assets poichè il valore
economico di queste aziende è per la maggior parte costituito da elementi
109
immateriali non iscritti in bilancio. Proprio per questi motivi vengono
proposti questi tre metodi 5:
a) metodo semplificato delle page view;
b) metodo semplificato delle page view e degli utenti registrati;
c) metodo misto complesso (page view, utenti registrati , tempo di visita).
a) Con il termine page view si intende indicare la quantità di pagine
richieste dagli utenti. Si tratta di un buon indicatore della qualità del sito.
Un alto numero di pagine, infatti, indica completezza delle informazioni
fornite e una buona visibilità del sito. Considerando che ciascuna pagina
può essere completata da un banner, sponsorizzazioni e inserzioni
pubblicitarie, è facile dedurre che il gran numero di pagine consultate di un
sito costituisce un presupposto della sua redditività. Il modello per il
calcolo del valore economico dell’azienda applicando questo metodo è:
W = m * k * PV
[21]
dove:
W = capitale economico della società;
PV = numero di pagine viste annue del sito;
k = fattore costante di capitalizzazione delle pagine viste pari a 1.000;
m = fattore moltiplicativo delle page view. Dipende dalle caratteristiche del
sito web con particolare riferimento al target di utenza.
5
Dalla rivista Scienza & Business 2000, Il web site value, pg. 16-20 o sul sito
http://www.aldobattista.it/lavori/valutazione.htm.
110
Il rapporto tra il numero di page view e il numero di utenti del sito
esprime il numero medio di pagine consultate per ogni utente:
Pv = PV / US
[22]
dove:
Pv = pagine viste per utente;
PV = numero di page view annue del sito;
US = numero di utenti annuo del sito.
Considerando anche il numero di utenti, il modello delle page view
diventa:
W = M * k * PV
[23]
dove:
W = capitale economico della società;
M = fattore moltiplicativo delle page view che considera l’effetto delle
page view per utente;
PV = numero delle page view annue del sito;
k = fattore costante di capitalizzazione delle page view pari a 1.000.
Il valore del numero di pagine visitate medio per utente (Pv) influenza
positivamente il valore economico della società. Un valore elevato di Pv
esprime la capacità del sito di trattenere il visitatore nella navigazione al
suo interno e quindi esprime ricchezza e qualità di contenuti.
111
Si deve sottolineare che PV, Pv e US sono valori stimati e previsti
dall’azienda in relazione alla futura capacità di conseguire page view. Detti
valori possono essere determinati con metodi storici, frutto di analisi degli
andamenti passati, o su modelli prospettici basati su attendibili e
ragionevoli previsioni degli andamenti futuri. In entrambi i casi le
previsioni non possono superare l’arco temporale di due esercizi a causa
del forte decadimento della stima oltre tale limite di tempo.
b) Gli utenti registrati sono costituiti dai navigatori che hanno registrato i
propri dati presso il sito internet al fine di ottenere particolari sevizi
previsti. La funzione della registrazione è quella di conoscere il surfer, le
sue esigenze il suo profilo. In questa maniera l’azienda riesce a definire e
conoscere meglio il target al quale si rivolge e nello stesso tempo a
fidelizzare l’utente. Il modello delle page view e degli utenti registrati si
esprime così:
W = Mr * k * PV
[24]
dove:
PV = numero delle page view annue del sito;
k = fattore costante di capitalizzazione delle page view pari a 1.000;
Mr = fattore moltiplicativo delle page view che considera l’effetto degli
utenti registrati.
Il fattore Mr dipende dalle caratteristiche del sito web con particolare
riferimento al rapporto tra utenti registrati e visitatori. Questo rapporto
indica quanta parte degli utenti che accedono al sito sono rappresentati da
112
utenti registrati. Si ricorda che detto rapporto è frutto di stime e congetture
sulle capacità future dell’azienda e pertanto le stime non possono spingersi
oltre i due anni.
c) Il metodo misto complesso considera per la stima del valore economico
dell’azienda, il periodo di tempo medio in cui il visitatore ha navigato
all’interno del sito web. Un sito con una elevata durata di sessione per
utente manifesta l’elevata esistenza di qualità di contenuti del sito. Al
contrario la presenta di un elevato numero di pagine viste per utente e un
basso valore di tempo medio evidenzia l’esistenza di pagine non lette dal
navigatore. Possiamo tradurre il fattore tempo in page view, applicando
sistemi di reload delle pagine che ricaricano la pagina trascorso un
intervallo di timeout di visita. Se decidiamo di non applicare questo sistema
dovremmo correggere il valore PV rapportando il numero dei minuti di
visita delle pagine con tempo medio superiore al timeout rispetto ai minuti
del timeout di visita:
PV = pv + (M tot / T out)
[25]
dove:
PV = numero di pagine viste annue del sito;
pv = numero di page view annue con tempo di visita inferiore al timeout;
M tot = numero di minuti annui di visita delle pagine con tempo di visita
superiore al timeout;
Tout = numero di minuti del timeout (generalmente compreso tra 15 e 30
minuti).
113
Il valore così determinato deve essere applicato nel metodo delle page
view semplificato e nel metodo degli utenti registrati per il calcolo del
valore economico dell’azienda.
Tabella 4.1 Range di valutazione del fattore m
Range di
m
Profilo
Tipologia di
pagine
0,9 – 1,5
Low
Utenza generica
con bassa
identificazione
del target
1,6 – 2,4
Medium
Utenza generica
e targettizzata
2,5 – 4,2
High
Utenza specifica
114
Tabella 4.2 Range di variazione del fattore M
Rapporto Range di M
Pv
1 – 2,5
1,05m – 1,15m
2,6 - 6
1,15m – 1,25m
Oltre 6
1,25m – 1,5m
Profilo
Tipologia di
pagine
Ciascun utente
visita in media
fino 2,5
pagine
Ciascun utente
Medium visita in media
da 2,6 a 6
pagine
Ciascun utente
High
visita in media
oltre 6 pagine
Low
Tabella 4.3 Effetto moltiplicativo determinato dal
valore di Pv
Valore di Pv
Effetto moltiplicativo
Basso
5% - 15%
Medio
15% - 25%
Alto
25% - 50%
115
Tabella 4.4 Range di variazione del fattore Mr
Utenti
reg./
visit.
Range
di Mr
Profilo
0 – 5%
1,05m – 1,15m
Low
6% - 15%
1,15m – 1,25m
Medium
16% - 100% 1,25m – 1,5m
High
Tipologia di pagine
Gli utenti registrati
rappresentano fino al 5%
dei visitatori annui
Gli utenti registrati
rappresentano dal 6% al
15% dei visitatori annui
Gli utenti registrati
rappresentano dal 16%
alla totalità dei visitatori
annui
4.3 Metodi analitici: il Discounted Cash Flow
Il discounted cash flow è il metodo analitico formalmente più corretto per
la valutazione di qualsiasi impresa. Proviamo allora ad applicare questo
metodo anche nella valutazione delle società internet. Il metodo finanziario,
insieme ai multipli, è il metodo cui è dato maggiore credito anche nella Net
Economy. Attualmente però gli analisti preferiscono valutare le imprese
Internet tramite l’utilizzo dei moltiplicatori viste le numerose difficoltà che
s’incontrano nell’utilizzo degli altri metodi di valutazione, compresi quelli
finanziari. La situazione ideale per l’utilizzo del DCF è quella in cui i flussi
di cassa siano positivi e stimabili con attendibilità e con loro anche il costo
del capitale. Proprio la necessaria presenza di questi tre aspetti comporta
una serie di difficoltà nell’applicazione del metodo alla New Economy.
116
Iniziamo la nostra analisi descrivendo il tipo di società che può essere
valutato con questo metodo e perché 6. Il DCF risulta applicabile solo alle
imprese che hanno raggiunto un certo grado di maturità poichè sono quasi
sicuramente in grado di generare flussi di cassa. Nel caso di società neonate
l’applicazione di tale metodo risulta inutile poiché i flussi di cassa tendono
ad essere negativi e la loro stima inattendibile.
Il metodo del DCF risulta inoltre adeguato soprattutto per la stima delle
società che hanno una clientela di tipo business (B2B), poichè si tratta di un
tipo di clientela contraddistinta da un maggior livello di stabilità e fedeltà e
dotata di una maggiore propensione a stabilire rapporti economici duraturi.
Queste caratteristiche si traducono in una stima più attendibile dei flussi di
cassa della società, cosa non possibile per le società con clientela di tipo
consumer (B2C e C2C) caratterizzata da comportamenti instabili.
Altro fattore importante nella scelta del metodo di valutazione risulta la
componente contenutistica del servizio offerto dalla società. La stima dei
flussi di cassa risulta meno attendibile nel caso di società ad elevato
carattere contenutistico (portali, B2C) poichè tale tipo di servizio non
permette di raggiungere un legame economico stabile e duraturo in grado di
garantire delle stime economiche ragionevoli.
In sintesi, il metodo del discounted cash flow risulta particolarmente
idoneo per la valutazione di imprese mature, con una clientela di tipo
business e una componente contenutistica ridotta. Per le imprese neonate,
con clientela consumer e con una componete contenutistica elevata è
consigliabile l’uso del metodo delle opzioni reali che tratteremo
successivamente.
6
Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000,
p.153-157.
117
La formula dei flussi di cassa che viene utilizzata per valutare le Internet
Companies è uguale a quella che abbiamo illustrato nel § 2.4 per la
valutazione delle imprese di tipo “tradizionale”. Risultano però diversi il
metodo di stima dei flussi di cassa, la determinazione dell’orizzonte
temporale e la stima del costo del capitale.
Nei modelli finanziari la stima dei flussi di cassa si basa sulla domanda,
ovvero sui ricavi stimati per le imprese e sulla loro proiezione nel tempo.
Nelle imprese di tipo tradizionale la determinazione della domanda avviene
tramite l’analisi delle serie storiche, delle regressioni delle variabili
macroeconomiche e su considerazioni di tipo qualitativo. Nella New
Economy invece la stima risulta assai più complessa poichè la crescita della
domanda segue i modelli tipici delle innovazioni tecnologiche che sono di
difficile valutazione. Per una corretta determinazione dei flussi di cassa
sarà quindi opportuno fare un’attenta analisi della domanda e del mercato
potenziale in cui l’impresa Internet opera.
La stima dell’orizzonte temporale entro cui fare la valutazione dipende
in larga misura dalla capacità di stimare in modo attendibile i flussi di
cassa. Nell’economia tradizionale l’orizzonte temporale è in genere di 5-8
anni mentre nella nuova economia gli analisti nella prassi adottano due tipi
di scelte. Utilizzano orizzonti temporali di 3-5 anni quando ritengono
inattendibile la stima dei flussi di cassa per periodi superiori oppure
scelgono orizzonti temporali più lunghi di quelli tradizionali, 8-10 anni,
quando ritengono che i flussi dei primi anni siano talmente scarsi da
rendere insoddisfacente tale tipo di stima.
Per quanto riguarda la stima del costo del capitale dobbiamo affermare
che non è corretto ipotizzare un costo del capitale costante per tutto
l’orizzonte della valutazione dell’impresa Internet. L’ipotesi di costanza
nelle valutazioni tradizionali risulta sufficiente ma per le internet
118
companies bisogna tener presente che il rendimento richiesto dagli azionisti
di una start-up è notevolmente superiore a quello richiesto per il
finanziamento della stessa impresa quando ha raggiunto la maturità.
Bisognerà quindi ipotizzare costi del capitale differenti per ogni periodo
della valutazione e decrescenti in funzione della maturità dell’impresa. Una
volta raggiunta la maturità le imprese internet avranno costi del capitale
simili alle impresa dell’economia tradizionale.
Il processo di convergenza tra la New economy e l’economia
tradizionale renderà questo metodo sempre più adeguato alla valutazione
delle imprese internet.
4.3.1 Il processo di formazione dei flussi di cassa
Per comprendere al meglio come valutare le Internet Companies con il
Dcf occorre identificare il modo in cui esse producono i flussi di cassa e le
principali differenze con le imprese tradizionali. Partiamo dall’assunto che
il flusso totale dell’impresa è dato dalla somma algebrica del cash earning e
del cash investment. Il primo tipo di flusso è generato dall’impresa sotto
forma di reddito operativo al netto delle tasse mentre il secondo rappresenta
il flusso generato dall’impresa disinvestendo o investendo nei fixed asset,
dilatando o restringendo il capitale circolante netto oppure derivante da
fusioni e acquisizioni. Dallo studio dell’andamento del cash earning e cash
investment si può costruire una matrice che individua quattro diverse
modalità di generare cash flow in cui collocare le imprese 7:
7
Francesco Perrini, E-valuation: valutare le imprese internet, Mc Graw Hill, Milano 2000, pg. 197-205.
119
- I° Quadrante - Imprese a crescita tradizionale, che operano in business
remunerativi ma che necessitano di investimenti per rimanere
competitive ed espandersi;
- II° Quadrante - Start up e distruttori di valore, imprese caratterizzate da
flussi di cassa negativi che stanno distruggendo valore;
- III° Quadrante - Imprese in ristrutturazione o emergenti efficienti, che si
trovano in una situazione transitoria con cash flow positivi ma prodotti
non tramite il proprio core business;
- IV° Quadrante - Super cash flow, situazione in cui sono positivi sia i
flussi operativi che quelli da investimento.
Una volta riconosciuti i flussi di cassa totali si può individuare in che
quadrante l’impresa si trova. Le imprese internet si distinguono per
generare cash flow in maniera completamente nuova rispetto alle imprese
tradizionali. Per tale motivo è importante utilizzare modelli di valutazione
che tengano conto della struttura temporale dei costi e dei ricavi, come è
quello della Dcf.
Nella prima fase le imprese Internet effettuano investimenti in
immobilizzazioni materiali di piccola entità e da ingenti investimenti in
tecnologie. Ciò porta a perdite di cassa non controbilanciate dai ricavi. Solo
successivamente, le imprese riescono a controbilanciare le perdite di cassa,
grazie all’aumento in misura considerevole del numero di utenti e alla
struttura rigida dei costi. Nell’ultima fase evolutiva si registrano ampi flussi
di cassa positivi in relazione sia alla penetrazione del prodotto/servizio nel
mercato sia al pieno utilizzo delle potenzialità offerte dalla Net Economy.
Vediamo ora il percorso per le imprese operanti in settori tradizionali.
Nella fase di start up le imprese tradizionali producono flussi di cassa totali
negativi dovuti agli ingenti investimenti iniziai e alla scarsa redditività.
120
Successivamente la necessità di investimenti tende a diminuire e
l’affermarsi dell’impresa sul mercato fa crescere il reddito operativo fino a
che i cash earning superano i cash investment (Vedi Tabella 4.5).
Tabella 4.5 Produzione del cash flow per le imprese
tradizionali e le imprese Internet (Fonte: Francesco
Perrini, E-valuation: valutare le imprese internet, Mc
Graw Hill, Milano 2000, pg. 200).
IV° Super
Cash Flow
Imprese
Tradizionali
Cash Flow
Positivo
Flussi
in
entrata
Imprese
Internet
Cash
Earning
Flussi
in
uscita
Cash Flow
Negativo
I° START UP
Incrementi
investimenti
Cash investment
121
Decrementi
investimenti
4.4 Il metodo delle opzioni
La teoria delle opzioni reali nasce e si sviluppa nei primi anni Ottanta come
strumento di valutazione di progetti di investimento caratterizzati da
elevata complessità e incertezza, per i quali gli strumenti classici come il
DCF si dimostravano inadeguati.
Numerosi sono i motivi che inducono gli operatori a ritenere che la
valutazione delle azioni internet possa essere fatta attraverso il metodo di
valutazione delle opzioni. Chi in genere acquista un’azione Internet fa una
scommessa sul futuro successo della società che opera sulla Rete. Le azioni
Internet vengono acquistate a mani basse dagli investitori, convinti del fatto
che tra le nuove società che approdano ai listini ve ne saranno soltanto
alcune vincitrici sul mercato. Ecco dunque la necessità per gli investitori di
effettuare delle scommesse, il cui ritorno è dato da elevatissimi guadagni
per i pochi titoli vincenti e dalla perdita dell'intero investimento negli altri
casi. Si è dunque fatta strada, tra gli addetti ai lavori, una scuola di pensiero
che pone al centro della valutazione delle società tecnologiche la teoria
delle opzioni reali. La somiglianza tra opzioni e azioni internet è rafforzata
soprattutto dall’evidenza empirica. Esaminando la volatilità delle azioni
della New Economy possiamo, infatti, riscontrare una somiglianza con le
opzioni.
Un’altra evidenza empirica è rappresentata dal legame valore/rischio dei
titoli azionari e delle opzioni. Nella valutazione tradizionale dei titoli
azionari la relazione tra queste due grandezze è sempre inversa, ossia,
all’aumentare del rischio scende il valore dell’azione poichè aumenta il
costo del capitale che va a ridurre il valore attuale dei flussi di cassa
dell’impresa e quindi del valore dell’impresa stessa. Per quanto riguarda le
opzioni finanziarie invece il valore intrinseco di un’opzione è
122
positivamente correlato alla volatilità del titolo sottostante poichè la
maggiore incertezza sugli esiti futuri rende il diritto più appetibile in quanto
offre maggiori possibilità. Lo stesso vale per le aziende Internet che
all'incremento della volatilità fanno corrispondere generalmente un rialzo
del prezzo di Borsa.
Secondo Alberto Micalizzi, docente di finanza all'università Bocconi e
director del Real Options group, un gruppo di alto livello accademico che
su scala internazionale si occupa di valutazione delle aziende hi-tech “le
opzioni reali sono uno strumento utile sia per la valutazione degli asset
immateriali sia delle opportunità di crescita degli start-up” 8.
Quello che il mercato sta cercando di fare in questo momento è guardare
oltre i flussi di cassa, valutando un’azienda nella sua componente più
strategica vista la crescente tendenza del mercato finanziario a scontare nel
prezzo di titoli azionari il valore prospettico derivante soprattutto dagli
asset di natura intangibile (brevetti, know-how, ecc..) nella prospettiva di
flussi di cassa attesi. Il mercato vede le imprese Internet come un
portafoglio di opzioni che possono essere esercitate coerentemente con
l’evoluzione delle condizioni di scenario. Il mercato ha dimostrato di
premiare l’abilità del management di ricercare, creare ed esercitare queste
opzioni. L’attività di ricerca e creazione del valore si deve tradurre nella
ricerca e nella gestione da parte del management di un portafoglio di
attività strategiche che vengono esercitate sulla base dell’evoluzione degli
scenari competitivi. Queste opportunità vengono denominate opzioni di
sviluppo. Mediante la Real Option Valuation (ROV) il valore di un asset
può essere espresso dalla seguente formula:
8
Articolo di Francesca Douglas Flaminio, Le armi segrete degli analisti per orientarsi tra i titoli Internet,
Il Sole 24 Ore, 27 Marzo 2000.
123
W = Valore attuale asset in place + valore attuale opzioni di sviluppo
[26]
Nel caso delle imprese Internet il valore delle opzioni determina la
maggior parte del valore complessivo. Questa teoria si propone di valutare
un progetto di investimento alla luce delle opportunità di assumere
determinati comportamenti futuri che derivano all’impresa proprio per aver
intrapreso quel determinato progetto. All’atto della valutazione di imprese
Internet, caratterizzate dalla presenza in portafoglio di opportunità
strategiche, un criterio valido è quello che tiene in considerazione il valore
attuale delle attività in essere, ma che a esso aggiunge anche il valore delle
opzioni di sviluppo.
Ma cosa sono le opzioni reali? Le opzioni reali sono titoli derivati, che
derivano appunto il loro valore da un’attività sottostante. Un’opzione
fornisce al suo possessore il diritto di acquistare (opzione call) o di vendere
(opzione put) una determinata quantità di bene o di un titolo
ad un
determinato prezzo (prezzo d’esercizio) e ad una determinata data dietro il
pagamento di un prezzo (premio). Dal momento che si tratta di un diritto e
non di un obbligo, il possessore può scegliere di non esercitare il diritto e di
lasciarlo scadere. Si parlerà di opzione europea se la data in cui è possibile
esercitare il diritto è una sola, di opzione americana se il diritto può essere
esercitato in un arco temporale. Le opzioni reali sono una derivazione delle
opzioni finanziarie e si distinguono perché’ impiegate nella valutazione
degli assets reali delle imprese invece dei prodotti finanziari negoziati sui
mercati. Si tratta di una metodologia studiata a partire da metà degli anni
'80 in ambito accademico e utilizzata a partire da metà degli anni '90 dalle
società di consulenza, che solo quest'anno è stata sperimentata anche dalle
banche d'affari. Negli ultimi venticinque anni le tecniche di valutazione
delle opzioni si sono evolute enormemente, in modo particolare dopo lo
124
sviluppo del modello di Black e Scholes (1972). Questo modello,
matematicamente molto complesso, non è il solo valido per valutare
un’opzione, esiste, infatti, un modello alternativo basato sulla stessa logica
ma di più semplice applicazione chiamato binomiale 9. Entrambe i modelli
valutano le opzioni creando dei portafogli equivalenti composti dall’attività
sottostante e da operazioni di finanziamento o di prestito prive di rischio e
si prestano alla valutazione di tutte quelle attività che presentano
caratteristiche simili alle opzioni.
Per valutare un titolo gli analisti generalmente usano due diversi
approcci. Nell'approccio bottom-up si parte dal portafoglio di opzioni reali
di crescita, intese come opportunità di crescita in nuovi business, di
espansione e di alleanze sul mercato nazionale e su quelli esteri, si
analizzano le diverse aree di business, derivando il discounted cash flow.
C'è poi un approccio top-down, nel quale si parte invece dalla valutazione
delle dimensioni del mercato nel suo complesso, cioè dalle dimensioni
globali dell'industria. Stabilito, per ipotesi, qual è il valore dell'e-commerce
per il mercato italiano, valutiamo la posizione dell'azienda. Incrociando poi
i risultati ottenuti dai diversi scenari, si viene a determinare un valore del
titolo.
Non esiste un solo metodo delle opzioni reali in quanto ogni analista può
modellare le variabili come vuole per spiegare la formazione del valore
nella New Economy. Normalmente, alle opzioni di esercizio, tipiche dei
mercati finanziari si aggiungono altre opzioni reali:
- opzioni di crescita, connesse a scelte e decisioni strategiche che possono
dar luogo a un’espansione della società come l’acquisto di un’azienda
dello steso settore, il lancio di nuovi prodotti e servizi, l’acquisto di
9
Per approfondimenti vedi Damodaran A. Manuale di valutazione finanziaria, Mc Graw Hill , Milano,
1996, pp. 353-375
125
un’azienda di un altro segmento per espandere la capacità d creare
prodotti innovativi;
- opzioni di flessibilità, relative a decisioni che non possono influenzare il
risultato ma il modo e il tempo con il quale esso viene raggiunto;
- opzioni di abbandono. Il differire o abbandonare un progetto ha un
valore economico che deve essere riflesso nel valore aziendale.
Il metodo delle opzioni reali è un metodo analitico e non empirico
basato su valutazioni di tipo oggettivo, ricavate dai mercati finanziari, in
cui non compaiono ipotesi soggettive utilizzate invece negli altri metodi di
valutazione. E’ inoltre uno strumento di valutazione aziendale assai
indicato nelle situazioni di elevata incertezza, dovuta principalmente
all’ambiente in cui opera l’impresa. Si ricorda che tale metodo risulta
particolarmente indicato nella valutazione di imprese che sono in uno
stadio iniziale della loro vita e che sono fortemente orientate alla clientela
di tipo consumer e ai contenuti.
4.5 Le quotazioni “pazze” dei titoli internet
Le quotazioni dei titoli Internet hanno sempre destato curiosità e stupore. I
prezzi dei titoli Internet, infatti, hanno ribaltato qualunque parametro di
valutazione: aziende con poco fatturato e senza profitti valgono sul mercato
più di vecchie multinazionali. Non è più chiaro cosa occorre salvare dei
vecchi approcci tradizionali che si proponevano di dare trasparenza al
mercato, imponendo la pubblicazione di parametri di riferimento quali
profitti, vendite, rapporto prezzo/utili e tutti gli elementi fondamentali delle
teorie economiche classiche. Il valore di borsa non è rapportato all’utile di
126
esercizio delle società, ma al loro volume d’affari: nella maggior parte dei
casi, le suddette società non producono un utile bensì una perdita. Molti
analisti avvertivano di una possibile bolla speculativa sui titoli tecnologici
quotati nelle Borse di tutto il mondo e la domanda che circolava con
maggiore insistenza tra gli addetti ai lavori era: quando scoppierà la bolla?
Ma cosa si intende per bolla speculativa? Siamo in presenza di una bolla
speculativa in un mercato quando i prezzi di un certo bene salgono molto
più di quello che il suo valore intrinseco o le condizioni stesse del mercato
giustificherebbero. Per i titoli finanziari il verificarsi di bolle e successive
violente correzioni è un evento abbastanza frequente: gli investitori in
periodi di generalizzata euforia acquistano i titoli di una o più società spinti
soprattutto
dalla
convinzione
che
le
loro
quotazioni
saliranno
nell’immediato futuro. Ma se numerosi investitori sono convinti che il
titolo X salirà nel giro di pochi giorni, allora saranno disposti ad acquistarlo
anche a prezzi molto alti. Quando il prezzo del titolo, spinto da questa forte
domanda, crescerà, come ci si può facilmente attendere, gli investitori
penseranno di aver avuto ragione e magari lo consiglieranno ad amici e
conoscenti, oppure altri investitori si lasceranno convincere ad acquistarlo e
allora il prezzo del titolo salirà ancora di più. Come e perché i prezzi dei
titoli tecnologici e soprattutto di quelli Internet possono essere stati
coinvolti da un’euforia tanto generalizzata quanto irrazionale? E’ facile
lasciarsi prendere da un facile entusiasmo quando nessuno sa quanto vale
realmente un bene, come nel caso delle azioni Internet, o meglio quali frutti
porterà nel futuro, specie dopo aver visto una piccola società di
telecomunicazioni come Tiscali raggiungere nel primo giorno di
quotazione una capitalizzazione di Borsa di 2 mila miliardi di lire, a fronte
di un capitale sociale di 1,2 miliardi. Una curiosità: la prima bolla
speculativa della storia si è verificata in Olanda nel 1636 e ha riguardato
127
non beni finanziari o proprietà immobiliari bensì i tulipani, anzi, più
precisamente i bulbi di tale pianta, arrivati a valere al culmine di quella
fase, indicata come Tulipanomania, dai 25 mila ai 50 mila dollari attuali a
seconda del colore del fiore. Perché i tulipani furono al centro di tale febbre
speculativa? La risposta è semplice: importati in Europa solo alla fine del
1500, rappresentavano una novità assoluta per il Vecchio Continente
proprio come lo sono le Internet company oggi.
Nei mercati finanziari, ciò che conta e che realmente attrae è solo il futuro,
filtrato all’interno dei prezzi attraverso le aspettative degli investitori, e nel
nostro futuro Internet occuperà un posto sempre più importante. I mercati
finanziari sono attratti dai titoli delle società innovative per gli elevati
rendimenti attesi e creano appositi listini destinati ad accoglierle, indici
speciali per rappresentarne l’andamento e particolari facilitazioni
economiche per invogliare le società a quotarsi. Molte società di recente
cercano l’accesso ai mercati finanziari al fine di trovare i capitali necessari
per attuare le proprie strategie di sviluppo. E’ difficile, infatti, che società
giovani, senza un grosso patrimonio alle spalle, riescano ad accedere a
prestiti bancari. Così molte start-up si rivolgono in prima battuta a società
di venture capital che le finanziano in cambio di una percentuale di utili e
soprattutto di una partecipazione nella società da liquidarsi con la
successiva quotazione della stessa. Il venture capitalist investe, a suo
rischio nelle società di nuova costituzione che presentano alti margini di
crescita e parallelamente elevati rischi di fallimento. Nel passato era
impensabile che nuove società potessero accedere in tempi brevi al mercato
azionario, infatti, in media passavano 30 anni dalla creazione dell’azienda
alla sua quotazione. Le società dovevano presentare come minimo alcuni
bilanci con utili di esercizio prima di poter essere ammesse a quotazione.
La situazione è radicalmente mutata con l’introduzione sulle principali
128
piazze finanziarie di speciali listini che accolgono società innovative con
tassi di crescita superiori alla media senza il necessario requisito di aver già
raggiunto un profitto dalla propria attività. In questo modo è lasciato agli
investitori individuare le società con le basi più solide e destinate al
successo. Se, in generale, investire non è mai un compito banale, nel caso
specifico delle società tecnologiche richiede sforzi considerevoli,
soprattutto quando si considerano società che non presentano utili. Tuttavia
una regola dei mercati finanziari a cui nessun investitore può sottrarsi è che
a elevati rendimenti attesi sono sempre associati altrettanto elevati rischi. In
termini finanziari il rischio si misura spesso usando il concetto di volatilità.
Le azioni di imprese innovative, quali le società Internet, presentano spesso
variazioni di prezzo molto accentuate perché all’interno del loro valore
hanno un peso importante le attese degli investitori sul futuro della società:
date le elevate quotazioni raggiunte, bastano un giudizio negativo da parte
di un analista, una crescita meno veloce del previsto oppure un semplice
cambio di opinione da parte della maggioranza per determinare pesanti
ripercussioni sul prezzo del titolo.
Un ulteriore fattore che accentua la volatilità dei titoli tecnologici è
costituito dal loro scarso flottante, ossia il numero di azioni effettivamente
negoziabili sul mercato. Infine l’accentuata volatilità delle società Internet è
sintomatica anche del fatto che nessuno sa quanto valgano realmente le Net
stock e molti dei titoli high growth.
Ma da cosa derivano le quotazioni astronomiche dei titoli Internet? Gli
esperti calcolano che tra cinque anni le transazioni concluse su internet a
livello globale si aggireranno intorno ai 2.000 miliardi di dollari. Entro quel
termine, il numero degli utenti di Internet, potrebbe salire a parecchie
centinaia di milioni di persone, appartenenti a tutte le fasce di età. Di qui
gli analisti deducono giustamente un tasso di crescita superiore alla media
129
per giro d’affari e utili, fenomeno che dovrebbe interessare tutte le società
attive su Internet. La capitalizzazione elevata migliora inoltre la posizione
sul mercato delle Internet company. Le aziende Internet approfitteranno dei
loro straordinari valori di borsa per cominciare la fase di consolidamento,
infatti, la quotazione elevata le protegge dai tentativi di assorbimento da
parte di concorrenti e facilità il compito di dare scalata ad altre società.
Un’elevata valutazione conferisce, infatti, all’impresa maggiori risorse
finanziarie da investire a fronte di una contenuta cessione di quote
dell’azienda e un elevato potere di scambio che consente di effettuare
acquisizioni mediante concambio di azioni, in modo estremamente
efficace. Ed ogni acquisizione se giudicata positivamente dal mercato, può
generare nuovi rialzi e un nuovo potere di scambio, innescando così una
spirale evolutiva virtuosa. Alcune società hanno sfruttato appieno questo
meccanismo descritto per portare a compimento una serie di acquisizioni e
alleanze volte a rafforzarle geograficamente e nelle principali aree di
business in cui esse operano senza dover incorrere in enormi esborsi di
liquidità.
Possiamo individuare alcune fasi salienti del rapporto tra Borsa e
"Internet stocks". La vera rivoluzione di Internet sulle Borse americane
risale a circa cinque anni fa con il debutto di Netscape quando il primo
giorno di quotazione il titolo ha guadagnato in borsa il 108%. Questa fase
di euforia ha portato i titoli delle società.net a quotazioni astronomiche. Ed
ecco sorgere i cosiddetti fenomeni dot.com: giovani società start up
valorizzate dal mercato come solide e ben reputate imprese con anni di
successo alle spalle. Imprese con prospettive di mesi di ragguardevoli
perdite essere oggetto di vere e proprie dispute fra gli investitori, con
quotazioni imprevedibili e inspiegabili se riportate ai criteri tradizionali.
Solo successivamente, con il ridimensionarsi dei corsi azionari, l’attenzione
130
è andata spostandosi verso la valutazione del vero potenziale delle imprese
Internet-based. Al momento si sta cercando di selezionare, se non i singoli
titoli, perlomeno i settori all'interno della new economy, che costituiscono
le promesse per il futuro.
Il mercato europeo non è ancora entrato nel pieno della rivoluzione.
Secondo alcuni esperti, tra cui Warburg Dillon Read, sarebbe sbagliato
attendersi uno sviluppo della rete identico all'esperienza Usa, ciò per una
serie di motivi tra cui
10
: la disomogenea penetrazione del personal
computer nei diversi Paesi continentali; il differente utilizzo di Internet; le
diverse preferenze circa lo strumento con cui navigare (tv o pc,
connessione alla linea fissa o mobile); la lingua (per raggiungere il 70%
della popolazione del Vecchio continente occorrerebbe la traduzione in
almeno cinque lingue differenti); il quadro normativo e tariffario
frammentato (negli Usa le telefonate locali sono gratuite).
In Italia il boom in borsa dei titoli Internet coincide con il lancio del Web
iniziato nel marzo '99 con l'offerta dell'Internet service provider Tiscali
della connessione gratuita alla Rete. Quest’operazione, seguita poi da altri
operatori, ha creato un effetto volano sulle aspettative di Internet in Italia.
La scarsa offerta di titoli internet sul mercato ha così giustificato l'euforia e
i rialzi borsistici successivi che hanno portato i titoli internet a quotazioni
esasperate. In questa fase grave è stato l’errore di non utilizzare alcun
modello di valutazione che fosse legato alle componenti patrimoniali e
reddituali delle imprese.net. Ciò ha contribuito a creare un circolo vizioso
che nei momenti di euforia non aveva alcun limite al rialzo, mentre nei
momenti di panic selling negava qualsiasi valore economico alle singole
realtà industriali. Successivamente la New economy è stata caratterizzata
da una maggiore selettività di imprese e di iniziative, paragonata da molti
10
Articolo di Antonella Olivieri, Internet, scommessa aperta, Il Sole 24 Ore, 28 Gennaio 2000.
131
alla selezione naturale di Darwin. L’economia contemporanea mostra una
formidabile convergenza della old economy verso Internet e le società .com
cominciano a imparare alcune regole base del business che troppo
affrettatamente erano state liquidate. Tra qualche anno la distinzione tra old
e new economy sarà pronta per essere consegnata ai libri di storia.
E’ innegabile che l’atteggiamento attuale degli investitori nei confronti
delle azioni Internet sia diventato più diffidente e scettico, anche se
bisognerebbe fare delle distinzioni tra i vari settori connessi alla Rete. Per
esempio gli ISP sono maggiormente penalizzati dei produttori di software
e in generale delle società coinvolte nel B2B. Il ridimensionamento dei
prezzi dei titoli Internet è stato sicuramente salutare perché ha indotto i
mercati a una maggiore selettività e rigore nel valutare le singole società.
C’era, infatti sul mercato una forte componente speculativa che toglieva
razionalità alle analisi. Possiamo dire che si è sgonfiata la bolla ma non il
fenomeno Internet, destinato a crescere nei prossimi anni in quantità e
soprattutto valore, con un coinvolgimento sempre maggiore delle imprese e
in particolare dei grandi nomi della old economy.
132
Tabella 4.6 Quotazioni di alcune Internet Company quotate sul
Nuovo Mercato (Fonte dati: Teleborsa S.r.l.).
Tiscali
Txt-Solution
140
120
120
100
80
Prezzo
Prezzo
100
60
80
60
40
40
20
20
0
dic-00
mar-01
0
ott99
giu-01
gen00
apr00
lug00
gen01
apr01
Acotel
OnBanca
250
ott00
180
160
150
Prezzo
Prezzo
200
100
50
100
80
60
40
20
0
0
lug-00
140
120
ott-00
gen-01
ago-00
apr-01
nov-00
250
Prezzo
Prezzo
200
150
100
50
giu-00
set-00
dic-00
mag-01
I.Net
E.Biscom
300
0
mar-00
feb-01
mar-01
giu-01
133
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
apr-00
lug-00
ott-00
gen-01
apr-01
lug-01
Tabella 4.7 Andamento dell’indice Numtel e del Nasdaq100
(Fonte dati: Teleborsa S.r.l.).
NUMTEL
6000
5500
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
gen-01
feb-01
mar-01
apr-01
mag-01
giu-01
lug-01
NASDAQ100
5500
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
gen-99
lug-99
gen-00
134
lug-00
gen-01
lug-01
4.6 Conclusioni
Qualsiasi valutazione d’azienda richiede vari step logici. In primo luogo è
necessario effettuare un’analisi qualitativa del settore e dei punti di criticità
dell’azienda. Solo dopo questa prima fase è possibile passare alla
valutazione quantitativa utilizzando i metodi sopra citati. Non possono
dunque essere trascurati i seguenti aspetti qualitativi:
- Il profilo di business oggetto di valutazione dovrebbe essere analizzato
sulla base del mix di servizi offerti (fornitori di accesso, portali, ecommerce, tecnologie) e in funzione delle tipologie di clienti serviti
(B2B, B2C). A ciascuno dei profili aziendali corrispondono una diversa
natura dei ricavi e dei costi, differenti prospettive di crescita e scenari
competitivi con logiche, tempi e intensità differenti;
- Occorre valutare la pressione competitiva cui l'azienda è soggetta e
identificarne il ruolo (first mover, second best o follower). Il vantaggio
di essere un first mover assume un significato particolarmente rilevante
nella new economy, in cui il raggiungimento della notorietà e di una
massa critica di utenti/clienti prima dell'ingresso di nuovi concorrenti
consente di beneficiare di un circolo virtuoso alimentato da un "effetto
Rete" che tende ad aggregare nuovi clienti a velocità "esponenziale", da
una conseguente maggiore attrazione suscitata sugli acquirenti di spazi
pubblicitari sul Web e dalla creazione di un "brand-name" di riferimento
che rappresenta la più rilevante barriera all'entrata nel sistema
competitivo dell'economia online;
- É importante conferire centralità al fattore umano e adottarlo a base delle
considerazioni valutative. Nella new economy sono gli utenti i veri
artefici del successo di un'impresa, che deve avere grandi orecchie,
135
saperli ascoltare e costruire un brand legato alla soluzione completa di
specifiche esigenze. Il cliente è il possessore delle informazioni e decide
autonomamente influenzando le scelte del produttore;
- Il capitale umano. Mai come nel mondo della new economy gli aspetti
relativi alle qualità del management hanno ricoperto un'importanza così
significativa. Il mix di caratteristiche del management di una dot.com è
cruciale non solo a causa di un contesto nel quale creatività, tempestività
delle decisioni e flessibilità ai mutamenti ambientali e competitivi
costituisce il principale fattore critico per il successo di un’iniziativa
imprenditoriale, ma anche per il fatto che molte dot.com sono costituite
da business nella fase di start-up, in cui il perseguimento degli obiettivi è
strettamente legato alla visione strategica dei fondatori. Nell’era digitale
i veri punti di forza sono il management e le sue idee, gli uomini con la
loro creatività, la loro strategia, la loro conoscenza e caparbietà;
- É necessario effettuare un attento esame critico dei business plan
predisposti dal management. Le proiezioni economiche e finanziarie
delle dot.com sono spesso contraddistinte da tassi di crescita
estremamente elevati. Un corretto processo di valutazione comporta un
esame approfondito delle ipotesi sottostanti le performance attese, con
particolare attenzione alla presenza di una domanda potenziale che
giustifichi le proiezioni di vendita, all'effettiva capacità del business di
soddisfare in modo efficiente la porzione "incrementale" della domanda
e alla verifica della corretta determinazione della variabile finanziaria;
- Occorre perseguire un duplice approccio analitico ed empirico. Le
dot.com sono state oggetto di approcci valutativi essenzialmente basati
sui moltiplicatori di Borsa. Tuttavia l'utilizzo di metodologie analitiche
consente l'identificazione di valori di riferimento che aiutino a limitare
136
l'effetto dei fattori contingenti e riacquista un ruolo fondamentale per
evitare casi di "sopravvalutazione" delle aziende;
- Vanno effettuate scelte ragionate e diversificate nell'applicazione di
criteri valutativi di mercato. L'andamento dei prezzi di Borsa delle
dot.com e la corrispondente instabilità dei multipli di riferimento
obbligano a una valutazione basata sull'utilizzo di più moltiplicatori, a
una scelta accurata delle aziende comparabili, pur in un contesto di
modelli di business e di prospettive delle aziende molto differenziati;
Secondo Michael Livian
11
la Net Economy è in piena evoluzione e
proprio per questo la valutazione delle imprese internet è un tema ancora
per molti versi irrisolto. Il suo consiglio è di utilizzare diversi metodi di
valutazione, scegliendone uno come principale ed uno come verifica.
11
Michael Livian, Valutazioni.com: strategie e investimenti nella Net Economy, EGEA, Milano, 2000,
p.213- 214.
137
OPZIONI REALI
DISCOUNTED CASH FLOW
MULTIPLI DI FATTURATO
Page view
Cap / Stickiness
Cap / User
Cap / Customer
Cap / Sales
ISP
Portali
B2C
ISP consumer
B2C
Portali
Start-up
-
ISP business
B2B
Imprese mature
Tecnologie
-
Aziende con
asset principale
la gestione di
siti web
-
TAB. 4.8 PRINCIPALI METODI DI VALUTAZIONE DELLE INTERNET COMPANY
Conclusioni
Da qualche anno a questa parte gli studiosi e i professionisti in ambito
internazionale stavano convergendo quasi unicamente su un principio: il
valore di una società è funzione diretta dei flussi di cassa che l’impresa è in
grado di generare. Il metodo dei flussi di cassa veniva in tal modo
riconosciuto come il più appropriato per effettuare una corretta valutazione
aziendale. Gli altri metodi (diretti, reddituali, patrimoniali e misti)
permanevano in qualche contesto, ma sempre più frequentemente ad
integrazione del criterio portante. Accademici esperti su tale tema, come
Copeland, Guatri, Damodaran e Massari, si sono da qualche tempo
indirizzati verso un linguaggio comune, dopo un lungo periodo di natura
dialettica fra gli approcci europei e nord-americani. Questo equilibrio viene
spezzato con la nascita delle imprese internet: giovani società start-up
valorizzate dal mercato come solide imprese con anni di successo alle
spalle. Si tratta di imprese con prospettive di mesi ed addirittura anni di
ragguardevoli perdite con quotazioni imprevedibili ed inspiegabili se
riportate ai criteri tradizionali, alle metodologie fondate sui principi
finalmente condivisi da studiosi e professionisti del contesto internazionale.
La prima domanda alla quale si è cercato di dare una risposta in questa tesi
è se per la Net economy valgono gli stessi metodi valutativi utilizzati per le
imprese “tradizionali” o se si necessita di nuove regole. Da una prima
analisi si evidenzia una profonda diversità tra le imprese della Old e quelle
della New economy che non ci permette di utilizzare i metodi di
determinazione del capitale economico “tradizionali” per la valutazione
delle imprese Internet. Questi metodi risultano inapplicabili alle
139
aziende.com in quanto vengono a mancare i principali dati su cui si basano
tali stime di valore. Ci riferiamo principalmente agli utili ed ai flussi di
cassa che imprese in fase di sviluppo, come le Internet Company, non sono
ancora in grado di generare. Secondo alcuni esperti tra non molto si
potranno utilizzare i metodi tradizionali anche per valutare le aziende.com.
La New Economy, infatti, non ha imposto un nuovo modo di creare valore
perciò bisognerà solo attendere che le imprese.net inizino a generare flussi
di cassa positivi e a produrre utili. Quando la convergenza della New
Economy
verso
la
Old
Economy sarà
terminata
probabilmente
scompariranno i problemi legati alla valutazioni delle Internet Company.
Nel frattempo quali metodi utilizzare per la stima del capitale economico
delle aziende.com? In questo volume si è tentato di fornire una visione
generale su come affrontare il tema della valutazione nella Net Economy. Il
processo suggerito inizia con l’analizzare il segmento di mercato in cui
l’impresa si colloca, poichè l’analisi strutturale fornisce delle prime
indicazioni sul potenziale di crescita della società e sui suoi futuri margini.
L’analisi ambientale serve anche per giudicare se la società Internet entrerà
a far parte di quel gruppo eletto di aziende.com destinate a permanere nel
tempo e crescere di valore o se destinata a scomparire nel processo di
selezione naturale della Net Economy. Solo in un secondo tempo è
possibile tentare di attribuire un valore al capitale economico di queste
imprese utilizzando le diverse metodologie illustrate nel testo. Le tecniche
quantitative individuate sono: il metodo dei multipli, il Discounted Cash
Flow e il metodo delle opzioni reali. L’utilizzazione di tali metodi avviene
però in base ai settori in cui l’impresa oggetto di valutazione opera. Il
multipli di mercato sono i più frequentemente applicati nelle comunità
finanziarie dato che sono semplici da calcolare e permettono immediati
confronti tra i titoli delle diverse imprese. Oltre ai già conosciuti multipli di
140
fatturato si utilizzano indici speciali costruiti specificatamente per la
valutazione delle imprese Internet. I multipli vengono applicati in base al
segmento di mercato di appartenenza della società. Ad esempio il rapporto
tra capitalizzazione di borsa e vendite (Cap/Sales) è particolarmente
indicato per le società che operano nel segmento del B2C mentre il
rapporto tra la capitalizzazione di borsa e il numero di membri registrati al
sito (Cap/Member) è maggiormente indicato per i portali. Secondo Michael
Livian tali multipli avranno con il tempo una funzione sempre minore,
infatti quando le società saranno in grado di generare utili tali metodi
verranno sostituiti con quelli analitici. Il secondo metodo proposto è quello
del Discounted Cash Flow che risulta particolarmente idoneo per imprese
mature che hanno avviato l’attività già da tempo e che sono in grado di
generare flussi di cassa positivi. Tale metodo è indicato particolarmente
nella valutazione delle società che producono hardware, negli Isp business,
e per le imprese che si occupano di B2B. L’ultimo metodo illustrato, ossia
quello delle opzioni reali, è di recente utilizzo e viene applicato nella
determinazione del capitale di società in fase di start-up, con elevate
prospettive di crescita, in contesti di elevata incertezza e in tutte quelle
circostanze in cui la determinazione dei flussi di cassa sia poco
significativa. Questo metodo, inoltre, è particolarmente indicato per la
valutazione degli intangibles.
Il suggerimento proposto dalla maggior parte degli studiosi è di
utilizzare diversi metodi di valutazione, di sceglierne uno principale ed uno
di verifica, con la consapevolezza che nell’era digitale la valutazione
quantitativa lascia il tempo che trova.
141
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Indice delle Tabelle
2.1 Determinazione del flusso di cassa netto complessivo……………. 30
2.2 Determinazione del flusso di cassa al lordo di oneri finanziari……. 30
2.3 Determinazione del flusso di cassa annuo…………………………. 32
2.4 I principali metodi di valutazione del capitale economico delle imprese
“tradizionali”……………………………………………………………. 56
4.1Range di valutazione del fattore m……………………..…………... 114
4.2 Range di variazione del fattore M……………………………..…... 115
4.3 Effetto moltiplicativo determinato dal valore di Pv…………………115
4.4 Range di variazione del fattore Mr…………………………………. 116
4.5 Produzione del cash flow per le imprese tradizionali e le imprese
Internet…………………………………….……………………………. 121
4.6 Quotazioni di alcune Internet Company quotate sul Nuovo Mercato.133
4.7 Andamento dell’indice Numtel e del Nasdaq100……………………134
4.8 Principali metodi di valutazione delle Internet Company…………...138
153
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