Farmaco @ vigilanza Notiziario a cura della SOC Ass. Farmaceutica Territoriale AVVIATA LA RIVALUTAZIONE DEGLI INIBITORI DEL SGLT2, FARMACI UTILIZZATI NEL DIABETE TIPO II, PER IL RISCHIO DI CHETOACIDOSI DIABETICA Medicinali correlati a Canagliflozin (non distribuito sul territorio italiano), Dapagliflozin ed Empagliflozin. L'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha avviato una revisione1 di canagliflozin, dapagliflozin e empagliflozin, medicinali noti come inibitori del SGLT2, usati nel trattamento del diabete di tipo 2. Lo scopo della revisione è di valutare il rischio di chetoacidosi diabetica, una condizione grave che solitamente si sviluppa in pazienti con diabete di tipo 1 quando i livelli di insulina sono troppo bassi. La revisione degli inibitori del SGLT2 è stata richiesta dalla Commissione Europea in seguito a casi di chetoacidosi diabetica in pazienti in trattamento con inibitori del SGLT2 per diabete di tipo 2. Tutti i casi erano gravi, ed alcuni hanno comportato ospedalizzazione. Sebbene la chetoacidosi diabetica sia solitamente accompagnata da alti livelli di zucchero nel sangue, in un certo numero di questi casi i livelli di glucosio nel sangue erano solo moderatamente aumentati. Tali insoliti livelli ematici possono ritardare la diagnosi e il trattamento. E’ importante che i pazienti con diabete continuino il trattamento prescritto e non lo interrompano senza averne prima parlato con un operatore sanitario. Gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 sono farmaci usati per il trattamento del diabete di tipo 2. Bloccano una proteina nei reni chiamata SGLT2, che riassorbe glucosio dalle urine nel sangue quando il sangue viene filtrato nei reni. Bloccando l'azione del SGLT2, questi farmaci determinano una maggiore escrezione di glucosio attraverso l'urina, riducendo così i livelli di glucosio nel sangue. 1. EMA, Avviata la rivalutazione dei medicinali per il diabete denominati inibitori del SGLT2. http://www.ema.europa.eu Responsabile ASL CN2 Farmacovigilanza: Dr.ssa Maria M. Avataneo Progetto FARMATER: Dr. Stefano D’Anna Giugno 2015 – n.7 INIBITORI DI POMPA PROTONICA E RISCHIO DI INFARTO MIOCARDICO Alcuni ricercatori statunitensi dell’Università di Stanford e dello Houston Methodist Research Institute hanno indagato la possibile associazione tra eventi cardiaci acuti, tra cui l’infarto del miocardio (anche in soggetti che non presentavano precedente storia di eventi cardiovascolari gravi) e l’assunzione di inibitori di pompa protonica (PPI), largamente impiegati per il trattamento a lungo termine della malattia da reflusso gastroesofageo. Gli autori dello studio pubblicato lo scorso 10 giugno su Plos One1, hanno analizzato 16 milioni di informazioni cliniche (relative a 2,9 milioni di pazienti) estratte da diversi database, coprendo un arco temporale complessivo di quasi 20 anni (dal 1994 al 2012). I risultati della ricerca hanno evidenziato un aumento del 16% di eventi cardiaci avversi collegati all’impiego degli inibitori di pompa protonica, associazione che non si evidenzia invece con l’utilizzo degli anti-H2. “Coerentemente con i risultati pre-clinici in nostro possesso – commentano i ricercatori – che evidenziavano come i PPI influenzino negativamente la funzione vascolare, il nostro studio ribadisce l'associazione tra l’esposizione ai PPI e il rischio di infarto miocardico nella popolazione generale. Questi dati forniscono un esempio di come una combinazione di studi sperimentali e approcci di data-mining possono essere applicati per sfruttare i segnali di sicurezza dei farmaci per ulteriori indagini.” Tuttavia, la ricerca evidenzia dei rischi per la salute associati all’uso prolungato di tali medicinali, benché sia ancora prematuro, data la necessità di ulteriori studi, ricorrere alla modifica dell’attuale pratica clinica. Da interrogazione della Rete Nazionale di Farmacovigilanza, nel periodo dal 2012 ad oggi, per i farmaci inibitori di pompa protonica, è possibile osservare come siano state inserite 11 segnalazioni di sospetta reazione avversa riguardanti patologie cardiache. Analoga ricerca per i farmaci anti-H2 evidenzia 3 sospette reazioni avverse. 1. N.H. Shah, P. LePendeu, et al. Proton Pump Inhibitor Usage and the Risk of Myocardial Infarction in the General Population. Plos One, June 10, 2015. Farmaco @ vigilanza Notiziario a cura della SOC Ass. Farmaceutica Territoriale Responsabile ASL CN2 Farmacovigilanza: Dr.ssa Maria M. Avataneo Progetto FARMATER: Dr. Stefano D’Anna Giugno 2015 – n.7 RISCHIO DI INFEZIONE GRAVE NEL TRATTAMENTO DI PAZIENTI CON ARTRITE REUMATOIDE LA FARMACOVIGILANZA DELL’EFEDRA Dosi standard o elevate di farmaci biologici per il trattamento dell’artrite reumatoide sono associate a un aumento di infezioni gravi rispetto ai tradizionali farmaci antireumatici DMARD, secondo un studio americano pubblicato su The Lancet1. Gli Autori dello studio suggeriscono che i medici discutano con il singolo paziente il corretto bilanciamento tra benefici e rischi prima di iniziare il trattamento biologico per l'artrite reumatoide. Le infezioni gravi sono una delle principali preoccupazioni per i pazienti che prendono in considerazione trattamenti per l'artrite reumatoide. Le evidenze sono contrastanti sul fatto che i farmaci biologici siano associati a un aumentato rischio di infezioni gravi rispetto ai tradizionali farmaci antireumatici che modificano l’andamento della malattia (DMARD). Gli Autori dello studio, finanziato dalla Divisione di Reumatologia dell’Università dell’Alabama di Birmingham e pubblicato su The Lancet, hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi sulle infezioni gravi nei pazienti trattati con farmaci biologici rispetto a quelli trattati con DMARD tradizionali. Gli Autori hanno valutato il rischio di bias con il Cochrane Risk Bias Tool. Hanno realizzato una metaanalisi di rete bayesiana degli studi pubblicati attraverso un modello binomiale di probabilità per valutare il rischio di infezioni gravi in pazienti con artrite reumatoide trattati con farmaci biologici, rispetto a quelli trattati con DMARD tradizionali. La revisione sistematica ha individuato 106 studi che riportavano infezioni gravi e includevano pazienti con artrite reumatoide che avevano ricevuto farmaci biologici. Rispetto ai tradizionali DMARD, i farmaci biologici a dosi standard e i farmaci biologici ad alte dosi sono stati associati ad un aumentato rischio di infezioni gravi, a differenza dei farmaci biologici a basso dosaggio. Il rischio era più basso nei pazienti che erano naïve per il metotrexato rispetto ai pazienti che avevano esperienza di tradizionali DMARD o di farmaci biologici anti-TNF. L'incremento assoluto del numero di infezioni gravi per 1000 pazienti trattati ogni anno variava da sei per la dose standard di farmaci biologici a 55 per la terapia biologica di combinazione, rispetto ai DMARD tradizionali. Nell’aprile 2004, la FDA ha messo al bando i supplementi e i composti di erboristeria contenenti efedra, una pianta ricca degli alcaloidi efedrina e pseudoefedrina, proposta come prodotto dimagrante e accelerante il metabolismo ma soggetta a disciplina di commercializzazione e produzione minima se non nulla. Mentre gli effetti sul metabolismo non si sono concretizzati in una efficacia consistente e duratura sul calo ponderale, l’attività simpaticomimetica dei suoi principi attivi ha determinato numerosi eventi avversi a carico del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso centrale (ipertensione arteriosa, disturbi del ritmo, ischemia del miocardio, ictus, convulsioni e morte improvvisa). Riportato su www.farmacovigilanza.eu a Giugno 2015, il lavoro pubblicato su The New England Journal of Medicine1 mostra come l’incidenza delle segnalazioni di tali eventi avversi registrati nel National Poison Data System (NPDS) dal 2001 al 2013, dopo un picco nel 2002 (con 10.326 segnalazioni di avvelenamento o sovradosaggio, di cui 108 gravi) abbia registrato un progressivo drastico declino successivamente. A partire dal 2008 le segnalazioni di eventi avversi gravi sono stati meno di 3 all’anno e non si sono più verificati decessi. Attualmente, anche grazie a una sentenza del 2006 di conferma del bando della Corte di Appello degli Stati Uniti, i preparati e i medicinali derivati dall’efedra restano fuori legge. Data la chiarissima relazione temporale tra i provvedimenti degli enti regolatori e legislativi e il contenimento degli eventi avversi, il caso dell’efedra va considerato esemplare. 1. Prof J.A. Singh et al., Risk of serious infection in biological treatment of patients with rheumatoid arthritis: a systematic review and meta-analysis. The Lancet, 11 May 2015. SERVE: L’ESEMPIO 1. Zell-Kanter M, Quigley MA, Leikin JB. Reduction in Ephedra poisonings after FDA ban. N Engl J Med 2015;372:2172-4.