Le teorie della devianza e della criminalità

LIBERA UNIVERSITA’ MARIA SS. ASSUNTA
Dipartimento di Giurisprudenza
Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi
sociali
ANALISI DEI FENOMENI DEVIANTI
Devianza.
Teorie della devianza e della
criminalità
docente Maurizio BORTOLETTI a.a. 2012 -­‐ 2013
Le teorie della devianza
Nove teorie e due correnti di pensiero
1.  per una domanda: Perché alcune persone commettono reati ?
2.  Non si occupano delle stesse forme di devianza
3.  Si pongono interrogativi diversi
4.  Seguono strade diverse e giungono a risposte diverse
SCUOLA CLASSICA
1.  Uomini e donne dotati di libero arbitrio : costi / benefici
2.  Violare le norme è un fatto naturale
3.  Chi delinque è uguale agli altri
SCUOLA POSITIVA
1.  Concezione deterministica del comportamento umano
2.  Si delinque non per scelta, ma perché si è spinti a farlo sotto la
spinta di fattori biologici, psicologici e sociali
Le teorie della devianza e della criminalità
LE SPIEGAZIONI BIOLOGICHE
I comportamenti devianti dipendono dalle caratteristiche fisiche
biologiche degli individui
e
Cesare Lombroso: il delinquente nato presenta delle caratteristiche
ataviche simili a quelle degli animali inferiori e dell’uomo primitivo,
che rendono impossibile il suo adattamento alla società civile ePiccolo,
lo
tondeggiante,
spingono a commettere reati
pelle morbida
William Sheldon:
esistono tre tipi di costituzione fisica a cui
corrispondono tre tipologie differenti di personalità:
- tipo endomorfo, carattere socievole, accomodante e indulgente
Imponente, robusto,
- tipo mesomorfo, attivo dinamico, irrequieto, instabile
con molti muscoli
- tipo ectomorfo, introverso, nervoso, insonne
Magro, fragile, delicato
Gli individui mesomorfi sono quelli che, rispetto agli altri, hanno
maggiori possibilità di diventare criminali
Le teorie della devianza e della criminalità
Le spiegazioni biologiche
Sindrome XYY: Nei decenni passati ebbe un certo credito la teoria del
cromosoma Y soprannumerario. Nel patrimonio genetico umano
normale sono presente due cromosomi sessuali: XX nel caso delle
femmine e XY nel caso dei maschi. Il cromosoma Y è quindi quello che
determina l'acquisizione del sesso maschile. In un certo numero di casi
di soggetti ricoverati in manicomi criminali, o incarcerati per gravi reati,
si è osservata la presenza della trisomia XYY, cioè la presenza di un
cromosoma Y aggiuntivo. Poiché la frequenza statistica dell'anomalia
XYY appariva piuttosto elevata tra i soggetti internati e caratterizzati da
comportamenti violenti, si è pensato che questa anomalia potesse
essere una delle basi della condotta criminale.
In realtà, dal punto di vista metodologico, c'era un grosso problema in
questi studi: mancava il confronto con un gruppo di controllo di non
internati. Può darsi infatti che la frequenza statistica della sindrome XYY
sia la stessa nella popolazione generale, in cui non è stata misurata. In
assenza del confronto con il gruppo di controllo, non è possibile trarre
alcuna conclusione attendibile.
Le teorie della devianza e della criminalità
SPIEGAZIONI BIOLOGICHE
1.  Criminali considerati individui profondamente diversi dagli altri:
anormali o inferiori.
2.  Cesare LOMBROSO (1835 – 1909), medico e psichiatra:
–  Brigante Villella: il cd. delinquente nato, con caratteristiche
ataviche simili a quelle degli animali e dell’uomo primitivo.
–  con testa piccola, fronte sfuggente, zigomi pronunciati, occhi
mobilissimi ed errabondi, sopracciglia folte e ravvicinate, naso
torto.
–  il cranio, con una fossa “occipitale mediana“.
–  rivista dopo le critiche: valida solo per 1/3 dei criminali.
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SPIEGAZIONI BIOLOGICHE
Cesare Lombroso: L’uomo delinquente → 1876
↓
1.  delinquente antropologico (o nato)
2.  delinquente occasionale
3.  delinquente pazzo
Delinquenti si nasce e non si
diventa tanto che i delinquenti
4.  delinquente per passione
appaiono diversi e facilmente
5.  delinquente d’abitudine
distinguibili dagli esseri umani
ordinari
↓
§ Atavismo
§ Inferiorità
§ Primitivismo
Le teorie della devianza e della criminalità
SPIEGAZIONI BIOLOGICHE
1.  William SHELDON ( 1940 ) : tre tipi di costituzione fisica :
–  Endomorfo: grasso, soffice, tondeggiante, arti corti,
temperamento viscerotomico (socievole, accomodante, indulgente
con se stesso)
–  Mesomorfo : tronco imponente, torace robusto e muscoloso, con
temperamento somotomico (attivo , dinamico, irrequieto, instabile,
aggressivo)
–  Ectomorfo: magro, fragile, delicato, con temperamento
cerebrotonico (introverso, ipersensibile, nervoso, sofferente di
insonnia)
2.  Anormalità genetica o sindrome XYY : alcuni individui ne hanno 47
invece dei 46. Se quello in più è un Y – ereditato dal padre – vi è
un’altissima probabilità di comportamenti criminali
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LA TEORIA DELLA DISORGANIZZAZIONE SOCIALE
Scuola di Chicago: la divisione della città in cinque cerchi concentrici per
studiare le conseguenze sociali di tre grandi processi: industrializzazione,
urbanizzazione, immigrazione.
Zona dei pendolari
Quartieri dei ceti medi
Quartieri degli operai
specializzati
Zona residenziale
Zona di case per operai
Zona di transizione
Centro
Presenza di case povere e immigrati
di vari gruppi etnici
Attività commerciali e
industriali
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LA TEORIA DELLA DISORGANIZZAZIONE SOCIALE
Tasso di delinquenza:
numero degli autori di reato residenti in un’area
totale della popolazione dell’area
Applicando questo rapporto alla città di Chicago, gli studiosi videro che il tasso
raggiungeva il punto più alto nella zona di transizione e diminuiva man mano che
ci si allontanava dal centro. Inoltre il valore assunto dal tasso, nelle varie zone, non
dipendeva tanto dalla caratteristiche fisiche individuali di chi le abitava quanto alla
struttura e al grado di integrazione e organizzazione sociale.
L’assenza di forti legami formali ed informali, l’incapacità ad associarsi, a
cooperare e a convivere (disorganizzazione sociale), rendeva più difficile il
controllo sociale informale, favorendo la criminalità.
Teoria della subcultura: una persona
commette un reato perché si è formata in
una subcultura criminale. Chi commette
un reato lo fa perché si conforma alle
aspettative del suo ambiente
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELLA DISORGANIZZAZIONE SOCIALE
1.  Criminalità come caratteristica NON delle persone, MA dei gruppi cui
queste appartengono e alla struttura sociale delle aree su cui
risiedevano ( grado di integrazione e organizzazione sociale )
2.  Adolphe QUETELET ( 1827 ), esaminando la distribuzione
geografica dei reati in Francia : differenze stabili nel tempo;
3.  Scuola di Chicago :
–  Robert PARK e Ernest BURGESS con la suddivisione della città in
5 zone concentriche sulla base dei processi di
industrializzazione, urbanizzazione ( dai 4 mila abitanti del 1833
ai 2 milioni del 1910 ), immigrazione
•  dal centro ( con le attività industriali e commerciali ) per la zona
di transizione fino a operaia, residenziale, pendolare
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELLA DISORGANIZZAZIONE SOCIALE
4.  Clifford SHAW e Henry McKAY : tasso di delinquenza calcolato
zona per zona ( decrescente verso l’esterno ), immutato negli ultimi
40 anni, nonostante il ricambio abitativo vissuto dalla città
‒  analogo andamento di altri mali sociali ( povertà, alcolismo,
tubercolosi, salute mentale, abitazioni inadeguate )
‒  la criminalità era maggiore – SENZA nessuna relazione diretta
tra queste variabili - nelle aree più povere, più eterogenee
etnicamente e con una popolazione più instabile e mobile
‒  il nesso diretto era la disorganizzazione sociale
•  incapacità dei residenti di convivere, di associarsi, di
cooperare, l’assenza di forti legami formali ed informali,
•  ostacolo al formarsi di un sistema di valori comuni
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TEORIA DELLA TENSIONE
L’individuo è un animale morale, che fa proprie le norme della società in cui
vive e che è naturalmente portato a seguire .
Rispetta la legge non perché ritenga non gli convenga trasgredire, ma
perché si ritiene moralmente obbligato a farlo.
Una violazione può, quindi, derivare esclusivamente da una fortissima
pressione che viene dalla tensione tra struttura culturale e sociale.
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLA TENSIONE
Durkheim: l’assenza di norme, e di norme forti (anomia), favorisce
fenomeni di devianza
Merton: la devianza è generata dall’anomia, che a loro volta nasce da
un contrasto tra struttura sociale e struttura culturale
1.  Struttura culturale:
definisce le mete verso cui tendere e i mezzi con cui raggiungerle
2.  Struttura sociale:
rappresenta le effettive opportunità che si hanno nel raggiungimento
delle mete prefissate, con i mezzi scelti
Errore di prospettiva, se esportata: nella società americana si dà molta
più importanza ai fini rispetto ai mezzi
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLA TENSIONE
In caso di tensione tra struttura sociale e struttura culturale nascono
forme di comportamento adattivo:
1.  conformità: si accettano sia le mete che i mezzi per raggiungerle;
tutti gli altri comportamenti saranno devianti
2.  innovazione: si aderisce alle mete ma non si accettano i mezzi
–
imbroglioni, ladri
3.  ritualismo: si abbandonano le mete e si rimane fedeli solo alle norme
sui mezzi - tipico di chi si accontenta di quello che
4.  rinuncia: sia ai fini (le mete culturali) che ai mezzi – i mendicanti
5.  ribellione: rifiuto di mete e mezzi con la loro relativa sostituzione
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLA TENSIONE
Cohen: la devianza è strutturale. I giovani delle classi più disagiate sono
sottoposti a tensioni più degli altri e la fonte principale di questa tensione
è la difficoltà che gli stessi incontrano nel raggiungere la stima e la
considerazione sociale e non il successo finanziario, con problemi che
iniziano, quindi, quando iniziano ad andare a scuola.
Nascono spesso le bande criminali.
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLA TENSIONE
Cloward e Ohlin: la principale fonte di frustrazione per i giovani di classi
più basse è la difficoltà nel raggiungere il successo finanziario, ma non
tutti quelli che vogliono dedicarsi alle attività criminali vi si possono
dedicare con successo. Anche le opportunità criminali sono distribuite
in modo diseguale.
Tre sono le possibili opportunità illecite
1.  quella in cui vi è una subcultura criminale: i giovani entrano a far parte di gang e
imparare a commettere furti e rapine
2.  quella in cui vi è una subcultura del conflitto:i giovani entrano a far parte di gang che
praticano violenza, ma non vengono addestrati
3.  quella in cui vi è una subcultura della rinuncia: i giovani tendono a rinchiudersi in
gruppi che rinunciano a ogni ambizione di successo economico o di prestigio sociale
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DEL CONFLITTO DI CULTURE
1.  Thorsten Sellin: alcuni reati vengono commessi quando c’è un
conflitto tra norme sociali (conflitti tipici delle moderne società
complesse):
Conflitti primari: quelli che avvengono tra culture diverse
Conflitti secondari: quelli che avvengono nell’ambito della stessa
cultura
1. Quando codici diversi entrano
in divergenza alla frontiera di
zone di culture contigue
2. Quando un gruppo ne
conquista un altro e gli
impone le proprie regole
3. Quando i componenti di
un gruppo emigrano in un
altro che abbia norme di
condotta diverse
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DEL CONFLITTO DI CULTURE
Sono situazioni tipiche di zone di confine, di zone conquistate (ex.
colonialismo ), di zone caratterizzate da una fortissima emigrazione (per
questo è utile per spiegare alcune forme di criminalità degli immigrati):
1.  Detroit, 1930, E. D. BEYNON: sulla comunità ungherese che
condannava fermamente la criminalità giovanile dedita ai furti, ma li
approvava se rubavano il carbone dalla ferrovia per uso domestico
(vecchia regola risalente alla terra d’origine)
2.  I reati degli immigrati italiani in Europa settentrionale: ratto di
minore per la cd. fuitina
3.  I reati degli zingari verso i Gage (i non zingari)
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DEL CONTROLLO SOCIALE
•  Una concezione pessimistica della natura umana.
•  Uomo moralmente debole : ciò che va spiegato è la conformità, e non
la devianza. Chi non viola la legge, non lo fa perché è frenato da
controlli :
–  sociali esterni : dagli altri per scoraggiare,
–  interni diretti : colpa e vergogna;
–  interni indiretti : attaccamento verso gli altri e desiderio di non
perdere la loro stima ed il loro affetto.
•  Alla base delle diverse teorie l’assunto di Durkheim : i bisogni ed i
desideri degli esseri umani sono illimitati e se non vengono controllati
e regolati dalla società possono produrre varie forme di devianza;
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DEL CONTROLLO SOCIALE
Perché la maggior parte delle persone non commette reati?
L’essere umano è moralmente debole e non commette reati solo se
c’è un forte vincolo che lo obbliga a non farlo
Controlli esterni: varie
forme di sorveglianza
istituzionale
Controlli interni diretti:
sentimenti di colpa,
vergogna e imbarazzo
Controlli interni indiretti:
l’attaccamento emotivo agli
altri e il desiderio di non
perdere la loro stima
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DEL CONTROLLO SOCIALE
Travis HIRSCHI ( 1969 ), la “ bonding theory “: solo i legami sociali
riescono a bloccare e a contenere l’inclinazione naturale degli
individua a violare le norme.
Una persona commetterà un reato quanto più debole è il vincolo che
lo lega alla società.
I legami sociali si possono fotografare attraverso 4 elementi, e
basta che anche solo uno di questi si indebolisca perché tutti
progressivamente ne abbiano ad indebolirsi.
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DEL CONTROLLO SOCIALE
1.  Attaccamento : dimensione affettiva del legame;
2.  Impegno : l’elemento materiale dell’attaccamento, il
perseguimento degli obiettivi convenzionali e il successo
raggiunto;
3.  Coinvolgimento nelle attività convenzionali : l’elemento
temporale del legame sociale;
4.  Credenze : l’elemento morale del legame sociali.
La
“bonding theory“ è utile soprattutto a spiegare il
comportamento degli adolescenti
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DEL CONTROLLO SOCIALE
Robert SAMPSON e John LAUB ( 1993 ) : per spiegare anche altre
fasi della vita tra le quali vi è :
1.  continuità : chi viola le norme da giovane è molto probabile continui
a violarle in età adulta;
2.  Discontinuità : per mutamenti nelle relazioni fra individuo e società,
formarsi di nuovi legami sociali e rottura dei precedenti
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELL’AUTOCONTROLLO
Tendenza ad evitare atti i cui costi a lungo termine sono superiori ai
benefici immediati o a breve
1.  Caratteristica individuale che non viene ereditata biologicamente,
ma che è appresa nei primi 10 anni di vita ( attraverso il sistema
delle sanzioni naturali, i cd. controlli interni )
2.  Si apprende se :
–  I genitori sono presenti,
–  Se esercitano un controllo effettivo sul comportamento dei figli
–  Rilevino tempestivamente le violazioni dei figli,
–  Li puniscano
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELL’AUTOCONTROLLO
L’autocontrollo è una caratteristica individuale che non si eredita
biologicamente ma che si apprende nei primi dieci anni di vita
Le quattro condizioni affinché si acquisisca l’autocontrollo:
I genitori devono investire
tempo ed energie per vigilare
su cosa fanno i figli
I genitori devono esercitare un
controllo effettivo sui
comportamento dei figli
Essi devono accorgersi
subito dei figli
Essi devono immediatamente
punire i figli
Basta che una di queste condizioni non si verifichi perché il processo di
acquisizione dell’autocontrollo non si compia o avvenga in modo
imperfetto.
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELL’AUTOCONTROLLO
Ha sei dimensioni :
1.  Orientamento temporale verso il presente o verso il futuro
2.  Costanza nelle azioni
3.  Importanza assunta dall’attività intellettuale e da quella fisica
4.  Sensibilità ai bisogni degli altri capacità di tollerare le
frustrazioni
5.  Capacità di tollerare le frustrazioni
6.  Atteggiamento nei confronti dei rischi
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TEORIA DELL’AUTOCONTROLLO
Michael GOTTFREDSON e Travis HIRSCHI (1990) : figlia di quella del
controllo sociale (e qualcuno ne ha tentato una integrazione), mira a
fornire una spiegazione generale per tutti i delitti e si presenta come
una teoria generale sulla devianza.
Crime o reato (il singolo reato isolato, l’evento) e criminality o
delinquenza o propensione a violare la legge (la caratteristica delle
persone a commettere reati).
•  non basta la delinquenza perché venga commesso un delitto
(QUETELET: non basta l’intenzione, occorrono i mezzi e
l’occasione);
•  anche chi ha saldi principi può violare la legge se ne ha l’occasione e
non corre rischi.
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELL’AUTOCONTROLLO
Gottfredson e Hirschi:
Perché anche una persona con saldi principi morali può
commettere un reato?
Tutto dipende dalle
opportunità e dalle
occasioni: l’occasione
fa l’uomo ladro!
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELL’ETICHETTAMENTO
Non si deve guardare solo alla violazione e al comportamento criminale,
ma anche del come le norme vengono create ed applicate, cioè del
sistema penale.
1.  Frank TANNENBAUM (1938): processo di drammatizzazione del male
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELL’ETICHETTAMENTO
2.  Edwin LEMERT (1951) : il controllo sociale porta alla devianza. Una
cosa è commettere un atto deviante, comportamento che quasi tutti
prima o poi nella vita compiamo, un’altra cosa è suscitare per questo
una reazione sociale, venire accusato di essere un deviante, iniziare a
far pensare di aver sempre commesso atti devianti, essere etichettato
‒  Devianza primaria: si violano norme che hanno un rilievo
marginale, la violazione viene presto dimenticata, non suscita la
reazione degli altri, non viene considerato un deviante.
‒  Devianza secondaria:
quando l’atto suscita una reazione di
condanna , che lo considerano un deviante e lo obbligano a
riorganizzare identità e comportamenti. La stigmatizzazione lo
spingerà ai margini della società e sarà spinto ad entrare in contatto
con il mondo deviante
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELL’ETICHETTAMENTO.
Lemert: una cosa è commettere un reato, un’altra è suscitare per questo
una reazione sociale. In questo secondo caso l’individuo viene bollato
con un’etichetta e si comincerà a pensare che egli si sia sempre
comportato così. In questa prospettiva, esistono due tipi di devianza:
Primaria
i reati che si compiono
hanno rilievo marginale e
presto verranno
dimenticati
Secondaria
l’atto compiuto suscita una reazione di
condanna da parte degli altri, che lo
considerano un deviante; da qui, la persona
stigmatizzata riorganizzerà i suoi
comportamenti sulla base delle conseguenze
prodotte dal suo atto
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELL’ETICHETTAMENTO
3.  Howard BECKER, John KITZUSE, Kai ERICKSON (1962 – 1966). Il
processo di creazione della devianza inizia quando le norme
vengono prodotte e non quando vengono violate
–  La devianza non è una qualità dell’azione commessa, ma
piuttosto la conseguenza dell’applicazione di regole e sanzioni
–  Processo di etichettamento prodotto dal PUBBLICO :
•  società nel suo complesso,
•  gli altri significativi, le persone con le quali si interagisce più
frequentemente,
•  gli agenti del controllo sociale
I gruppi sociali creano la devianza stabilendo le regole la cui infrazione
costituisce la devianza e applicando queste regole a persone
particolari, definite outsider
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE.
I reati sono il risultato non di influenze esterne, ma di un’azione
intenzionale adottata attivamente dagli individui, alla ricerca di un
vantaggio che può essere economico, di piacere, di divertimento, di
potere.
La messa in atto di un atto deviante è il risultato di un ragionamento
razionale rispetto allo scopo (dinamica mezzi-fini).
Razionalità limitata
Hiroshi Tsutomi è così giunto ad affermare che “ … le persone
commettono reati perché sono normali e razionali (capacità di analisi
dei costi della devianza), non per cause patologiche o perché sono
malvagie”
Le teorie della devianza
LA TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE
1.  i motivi della scelta illecita sono identici a quelli che sono alla base
di una scelta lecita.
2.  Sono idee già sostenute da Cesare Beccaria e Jeremy Bentham
alla fine del 700’ e riprese nell’ultimo ventennio del secolo : chi
trasgredisce la legge va incontro a vari tipi di costo :
–  esterni
pubblici : sanzioni legali inflitte e conseguenze sulla
reputazione sociale ;
–  esterni privati : i cd . “ costi di attaccamento “ ( le sanzioni informali
degli “ altri significativi “ );
–  interni : coscienza e norme interiorizzate.
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE
Derek CORNISH e Ronald CLARKE ( 1986 ) : i reati sono atti intenzionali e
deliberati che le persone compiono per ricavarne dei vantaggi non solo
economici.
1.  Non esistono atti criminali gratuiti ed insensati
2.  Quella umana è però una razionalità limitata
‒  Criminality : la disponibilità a compiere una carriera delinquenziale,
una decisione di fondo, quindi, con tre scelte :
•  Se iniziare
•  Se continuare
•  Se abbandonare
‒  Crimes : la perpetrazione dei singoli reati. Qui le scelte dipendono dal
tipo di reato
Le teorie della devianza e della criminalità
TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE
Il processo per fasi :
1.  Fattori di fondo ( psicologici – di formazione – sociali ) alla luce
dei bisogni generalizzati e delle precedenti esperienze
2.  Una valutazione circa le soluzioni considerati e la soluzione
percepita ( legittima – illegittima ), con eventualmente la
reazione ad eventi fortuiti favorevoli
3.  Disponibilità e decisione
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLE ATTIVITÀ ABITUALI
(ROUTINE ACTIVITY APPROACH)
Data l’assenza di una qualsivoglia persona che con la propria
presenza impedisce l’esecuzione del reato, per il potenziale autore
l’interesse di un bersaglio dipende da quattro elementi (VIVA) :
1.  visibilità, tutto ciò che facilita l’individuazione dell’oggetto da
parte di chi se ne vuole impossessare
2.  inerzia, è la resistenza che il soggetto oppone ad essere colpito e
tutte le caratteristiche di ciò che serve a proteggere un oggetto
3.  valore, la capacità di un oggetto di soddisfare i desideri/bisogni
del potenziale autore
4.  accessibilità, la facilità con cui l’oggetto/soggetto può essere
raggiunto
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLE ATTIVITÀ ABITUALI
(ROUTINE ACTIVITY APPROACH)
Lawrence COHEN e Marcus FEDSON ( 1979 – 2002 ) :
1.  i reati si verificano quando vi è la convergenza in un dato
momento ed in un dato luogo di
•  Un potenziale autore del reato
•  Un obiettivo
•  Un bersaglio interessante ( visibilità, inerzia, valore, accessibilità )
•  La mancanza di un guardiano
2.  Non si occupa delle motivazioni di chi delinque, ma :
•  concorda che la scelta di delinquere nasce in una prospettiva costi
– benefici
•  Tutti possono commettere un reato se …. Le tentazioni sono molto
forti se ….
Le teorie della devianza e della criminalità
LA TEORIA DELLE ATTIVITÀ ABITUALI
(ROUTINE ACTIVITY APPROACH)
Cohen L. e Felson: un reato si verifica quando in un dato luogo e in
una dato momento si ha la convergenza di tre elementi:
Potenziale
autore del reato
Mancanza di
un guardiano
Obiettivo
Critica alla pestilence fallacy, per la quale all’origine di un male ( la
devianza e la criminalità ) non vi possono che essere altri mali
Fine della seconda parte
Grazie