IL METODO DI RICERCA REALISTICO-DINAMICO IN TOMMASO DEMARIA PREMESSA Il supremo contenuto metafisico della realtà storica, a partire dalla sua essenza, è religioso: cristiano o anticristiano, senza la possibilità di una terza scelta. Saranno appunto, rispettivamente, la scelta che salva, o che perde. È questa la grande responsabilità del cristiano come costruttore di una realtà storica che salvi. L’impegnarsi pertanto nella metafisica della realtà storica come tale non significa solo affrontare un problema filosofico di un particolarissimo interesse speculativo, ma significa anche affrontare un problema pratico d’importanza decisiva. Il criterio della sua validità è duplice: quello dottrinale, sulla base della tomistica adaequatio intellectus et rei, che rimane sempre l’unico criterio realistico della validità di una dottrina filosofica; e quello della sua funzionalità pratica. Se serve: alla verità vera e completa, alla causa del Bene, al primato del soprannaturale, poiché la realtà storica che salva in definitiva è Cristo stesso, sì che la più valida interpretazione metafisica della realtà storica debba essere quella che serve a Cristo Salvatore. Un impegno di vita e di azione dell’uomo a livello metafisico supremo, non può essere che un impegno positivamente di indole religiosa, e negativamente di indole antireligiosa. La realtà religiosa, o antireligiosa, infatti, è inscindibilmente parte della realtà storica. E ne è parte addirittura come anima, come forma, e dunque come l’elemento determinante di essa. Ed è anch’essa una realtà ontica, analogamente a qualsiasi altra e, come tale, è parte di quella realtà ontica che è precisamente la realtà storica. Il filosofo realista pertanto, deve tener conto della religione cristiana nell’indagine metafisica della realtà storica e tenerne conto in armonia con le legittime esigenze della propria disciplina e del proprio metodo, come parte inalienabile dell’oggetto della metafisica della realtà storica stessa. 1 METODO TEOLOGICO - METODO REALISTICO Il tener conto, da parte nostra, della realtà storica anche come cristiana può indurre a pensare che si incorra in una confusione di metodo o addirittura di discipline. Ma tale confusione nel nostro caso specifico non esiste. Perché ? Perché il metodo teologico consiste nello studiare la realtà soprannaturale arguendo ex auctoritate Dei revelantis per quanto riguarda il metodo; nel considerarla formalmente come soprannaturale e rivelata, per quanto riguarda l’oggetto della scienza teologica; infine nello studiarla come realtà “salvifica” anziché come realtà ontologica. Nella metafisica della realtà storica invece, la realtà storica cristiana viene assunta come realtà storica e nient’altro, e viene accettata come fatto, imposto dallo stesso dato positivo, e come verità convalidata da un giudizio apologetico, pronunciato sopra la stessa realtà storica cristiana in base ad un metodo puramente storico e filosofico. La realtà storica cristiana così assunta nell’oggetto della nostra metafisica, viene poi formalmente considerata non in quanto soprannaturale e rivelata, ma in quanto fa parte della realtà storica; viene considerata cioè come realtà storica, e dunque come ente: come quel particolare ente, che è la realtà storica. Non si tratta pertanto né di confusione di metodi, né di discipline. Si tratta invece di obbedire ad un impegno realistico totale, che rappresenta la suprema esigenza di una filosofia che sia davvero realistica e del suo metodo. Con ciò e per ciò stesso la nostra metafisica intende allinearsi con tale filosofia realista, che unica porta con sé il privilegio di risultare una filosofia perenne, la cui espressione migliore, per quanto riguarda la tradizione, rimane senza confronti quella del tomismo, sia pure nell’ambito delle sue limitazioni storiche, che noi dobbiamo necessariamente superare. Si apre così la possibilità di un progresso nella linea di detta tradizione. E la filosofia perenne troverà una sua ulteriore espressione nella soluzione realistica dei nuovi problemi suscitati dagli sviluppi della cultura, e più ancora dal porsi di realtà nuove, qual è la nuova realtà storica che si è venuta affermando con la rivoluzione industriale. Metafisica realistica della realtà storica, quindi, condotta con metodo realistico. Ne segue un impegno molteplice, pienamente consono al realismo metafisico di ispirazione tomista, che può esprimersi in questi termini: impegno col dato di esperienza; impegno nell’interpretazione ontica della rispettiva realtà; impegno nell’introspezione essenziale della realtà in questione, intesa come ente. E tutto ciò con un costante impegno metodologico realistico. Su tale base, è evidente che la realtà storica dovrà essere sempre presente alla nostra metafisica, anche nel suo significato di inesauribile dato di esperienza. Ma sarà presente come realtà, e dunque come ente. Come ente reale. E venire interpretata come tale. Solo a questa condizione si penetra il suo problema metafisico, che è appunto quello della sua essenza reale. Ed infatti, dove c’è ente, c’è essenza. Ma l’essenza rimane inafferrabile, se prima non si afferra il rispettivo ente. Risulta così evidente la necessità e inviolabilità del metodo realistico, senza il quale la metafisica della realtà storica cessa automaticamente di essere “metafisica della realtà storica”, per diventare una filosofia o teologia della storia. STATICITÀ E DINAMICITÀ - METODOLOGIA CONOSCITIVA L’appellativo di dinamico va inteso in rapporto all’essere, perché anch’esso qualifica l’essere come tale. E significa precisamente l’essere che non si pone all’esistenza già bell’e fatto, ma che si pone nell’esistenza costruendosi nello spazio e nel tempo mediante l’attività dell’uomo. In altre parole la qualifica di dinamico risulta una qualifica ontologica ben precisa, che viene specificata da 2 questi tre fattori concorrenti: il divenire come farsi; il farsi nello spazio e nel tempo; e l’attivismo che fa divenire, che costruisce. Appunto perché rappresenta una qualifica ontologica dell’essere, il dinamico opera la sintesi di divenienza ed attivismo in un unico e identico essere che è precisamente l’ente dinamico. Dinamico dunque sarà ciò che è ontologicamente ed attivisticamente diveniente nello spazio e nel tempo per opera dell’uomo. Il dinamico così inteso qualifica la realtà storica e con essa l’ente storico che ancora non è ma si fa attivisticamente nello spazio e nel tempo, traducendo l’una e l’altro rispettivamente in realtà dinamica e in ente dinamico. Nella sintesi delle suddette tre componenti viene a porsi la dinamicità essenziale dell’ente dinamico, che pertanto va concepita così come veramente è: sintesi di divenienza ed attivismo spazio-temporali. Solo a questa condizione l’essenza reale dinamica dell’ente dinamico sarà veramente tale, dando significato e valore alla categoria ontologica dell’ente dinamico stesso, ed aprendola alla sua funzione. Ma per concepire in tal modo la dinamicità dell’essenza dinamica, e con essa l’essenza dinamica stessa, diventa necessario un mutamento nel proprio modo abituale di pensare: bisognerà pensare, non più analiticamente ed astrattamente, ma sinteticamente e concretamente. Anche se il nostro meccanismo intellettuale conoscitivo è funzionalmente un meccanismo astrattivo, è necessario impegnarsi a pensare il sintetico e il concreto. È necessario impegnarsi in una autentica adaequatio intellectus et rei; vale a dire che la nostra conoscenza deve adeguarsi alla natura e dunque all’essenza della realtà da conoscersi. Ma la realtà dinamica è realtà sintetica e concreta per essenza. Bisognerà dunque pensarla sinteticamente e concretamente. È dunque possibile, metodologicamente, un pensare sintetico e concreto, in riferimento alla realtà essenzialmente sintetica e concreta: basta pensarla in funzione della categoria ontologica essenzialmente sintetica e concreta che l’interpreta. Basta pensarla cioè, in funzione dell’ente dinamico. Lo strumento conoscitivo infatti, anche se soggettivamente è a funzione analitica ed astrattiva, oggettivamente realizzerà il tipo di conoscenza che risponde alla categoria ontologica che gli viene imposta. Se questa è analitica ed astrattiva per essenza, la conoscenza realizzata sarà anch’essa di indole analitica ed astrattiva. Se invece la categoria ontologica sarà essenzialmente sintetica e concreta, anche la conoscenza che ne segue sarà di indole sintetica e concreta, perché di fatto si avrà pensato sinteticamente e concretamente. La categoria ontologica essenzialmente analitica ed astrattiva è quella dell’ente statico. È appunto qui, forse, dove è necessario ricercare la ragione ultima del fatto che sul piano culturale non possediamo una sintesi e non siamo in grado di costruirla. Una cultura metafisicamente in funzione dell’ente statico non potrà mai essere una cultura unitaria e sintetica, per la semplice ragione che in definitiva è in funzione di una categoria ontologica analitica ed astrattiva. Ma esiste anche la categoria ontologica dell’ente dinamico. E nulla vieta di pensare, non soltanto in funzione della categoria ontologica dell’ente statico, ma anche in funzione della categoria ontologica dell’ente dinamico, arrivando così a pensare sinteticamente e concretamente. Questo anzi, per la realtà storica che è dinamica, si rende necessario. La realtà dinamica infatti, è una realtà per sua natura sintetica e concreta, come appare dalla stessa essenza reale dell’ente dinamico che ne è la chiave interpretativa. Dimodoché o si pensa sinteticamente e concretamente sì da afferrare questa chiave afferrando l’essenza dinamica dell’ente dinamico così come veramente è, o si tronca in radice la stessa validità ed esistenza della categoria ontologica dell’ente dinamico e con essa la possibilità di una autentica metafisica realistica della realtà storica. Pensare sinteticamente e concretamente, in quanto è un conformarsi alle esigenze di una realtà da conoscersi, essenzialmente sintetica e concreta, altro non è che adottare l’unico metodo confaciente allo studio metafisico di essa. Ne segue che non è possibile cogliere l’ente dinamico e la realtà storica nella sua natura profonda di realtà dinamica, se l’uno e l’altra non si colgono sinteticamente e concretamente, a cominciare dalla stessa essenza dell’ente dinamico come categoria ontologica. Per l’essenza dell’ente dinamico e l’ente dinamico stesso, che come categoria ontologica è l’unica chiave metafisica della realtà storica perché è l’unica categoria interpretativa di essa, l’analisi e l’astrazione significano la demolizione e la morte. Se un autentico realismo oggettivo e integrale è 3 garanzia di verità, sia in sede di ricerca di metafisica “statica” che in sede di ricerca di metafisica “dinamica”, tale garanzia deve anche giocare a favore di una realistica e oggettiva metafisica della realtà storica. Ciò, proprio in ordine a quel criterio ontologico-dinamico di giudizio e di sano impegno operativo, che presiede non solo alla scelta dell’ideologia come anima della prassi, ma a qualsiasi scelta teorico-pratica in campo dinamico. L’importante è garantire l’acquisizione e la disponibilità di tale criterio ontologico-dinamico, tanto per la teoria che per la prassi. E l’unico modo di garantire detto criterio, è sviluppare la metafisica della realtà storica quale autentica metafisica dinamica della realtà storica come essere, e precisamente come essere dinamico, “ente dinamico” a valore ontologico realistico-oggettivo. METODO E IDEOLOGIA O IDEOPRASSI DINONTORGANICA (dinamica ontologica organica) La questione del metodo diventa fondamentale nell’affrontare il problema dell’ideoprassi dinontorganica. “Ideologia come anima della prassi, e prassi animata dall’ideologia”. Questa espressione è come un semaforo sulla strada del metodo. È come un segnale d’allarme. Esso ci ammonisce che l’ideologia in senso pieno, dinamico, operativo, e cioè l’ideologia come realtà viva e operante oggi nel mondo, non è comprensibile se non in funzione della prassi, se non la si vede in sintesi con la prassi. Non è comprensibile che come “anima della prassi” e come “prassi animata dall’ideologia”. Una prima conseguenza di questa presa di contatto con la realtà è che, a proposito dell’ideologia, il mondo delle astrazioni e delle teorie sganciate dal reale, il “mondo delle chiacchiere”, viene superato di colpo. L’ideologia si pone sul terreno concretissimo, vitalissimo ed estremamente dinamico, della prassi. Ma di una prassi, appunto, animata dall’ideologia; di una prassi che è ideologia in azione. L’ideologia come scavalca il mondo delle chiacchiere, così sorvola il bassofondo dell’azione bruta, del positivismo pragmatistico, di una empirica “politica delle cose” (che non sfugge l’insidia del più infido condizionamento ideologico), e della prassi mistica o carismatica. Marx, ai due estremi rappresentati dal socialismo utopistico e romantico e dalla mistica rivoluzionaria, ha contrapposto il “socialismo scientifico” che è rimasto storicamente valido (proprio a prescindere dal suo valore scientifico) appunto come ideologia. Marx al socialismo utopistico credette di contrapporre la scienza: in realtà vi contrappose l’ideologia nel senso più impegnativo della parola, che è appunto quello di ideologia come anima della prassi, la quale ha generato la prassi a più forte animazione ideologica che sia mai esistita. Rinnegandone il nome, Marx aveva inventato la realtà dell’ideologia, ciò che era assai più, e nel caso specifico, assai peggio. L’ideologia come anima della prassi porta con sé un timbro di universalità e assolutezza, perché per sua natura è totalizzante: tutto il sapere fuso in una sintesi vitale, e sintesi vitale animatrice del tutto e di tutto. L’anima dottrinale della prassi ideologica opera per sintesi vitale e vitalmente applicata di tutto il sapere, vale a dire che il modo di operare dell’ideologia come anima dottrinale della prassi è e rimane il meccanismo della sintesi vitale e vitalmente applicata di tutto il sapere, la risultante, se vogliamo, d’una intera cultura, che così diventa ad un tempo causa ed effetto della prassi ideologica. Questo è il modo di operare dell’ideologia come anima dottrinale, ciò che la differenzia dalla filosofia e dottrina sociale che, oltre ad essere un sapere limitato, operano per sillogismi applicativi. La fallacia della metodologia del sillogismo applicativo resta legata allo schema operativo personalista (io e il mio agire, da decidersi attraverso il mio giudizio pratico, in base ad una mia analisi della situazione, confrontandone il dato con la dottrina o il principio mistico che mi fa da norma….. discorso che può farsi anche al plurale senza uscire affatto dallo schema personalista: il 4 plurale di gruppo, o di “comunione”, o del “collettivo”), diventato inadeguato di fronte alla prassi ideologica, il cui schema operativo non esclude quello personalista, ma lo trascende e lo condiziona profondamente. Viene a questo punto da chiedersi il perché dell’assenza di una ideologia cristiana, assenza che per i cristiani dell’attuale secolo è assolutamente imperdonabile. Possiamo ridurre a tre le cause storico-culturali che spiegano l’assenza dell’ideologia cristiana. La prima è di origine empirica, e consiste nel fatto che i cattolici non hanno colto l’esperienza storica del passaggio dallo statico al dinamico. La seconda è di natura filosofica, e consistette nella mancanza da parte cattolica, di una metafisica realistico-dinamica della realtà storica. La terza è di indole teologica, ed è tipica dell’attuale momento storico. Essa consiste nella secolarizzazione, come causa inibente l’ideologia cristiana, nel senso che essa porta con sé non soltanto un’incidenza religiosa, ma anche un risvolto ideologico. Le cause spiegano, ma ovviamente non sempre giustificano. E l’assenza dell’ideologia cristiana si spiega, ma non si giustifica: tale assenza appare davvero una imperdonabile lacuna. Potrebbe forse essere perdonabile nei confronti del passato, ma non certo in rapporto al presente. Dobbiamo necessariamente affrontare questo problema con un certo metodo. Possiamo formularlo nei tre punti seguenti: richiamarci e tener presente il senso di “statico” e “dinamico”; guardare alle cose come realtà oggettiva. E per il nostro problema, le cose sono la storia, gli avvenimenti, l’agire umano, la stessa società, tenendo presente che la loro realtà non sempre e non tutta è risolvibile nel soggetto agente e pensante o a lui riducibile. Terzo, infine: guardare alle cause oggettive, alle forze endogene della realtà storica più che non agli effetti e alla sua fenomenologia esteriore. Che se poi tutto ciò non bastasse, cercare di aggiungervi un po’ di quella luce interiore che si chiama intuizione, sempre indispensabile di fronte al nuovo, ma ancor più quando si tratti di un qualcosa di spirituale, di metempirico, di metafisico. Di fatto l’esperienza storica del passaggio dallo statico al dinamico, per quanto di origine e di ordine empirico, è un’esperienza a valore metafisico, la quale importa un giudizio metafisico. È un passaggio storico che si conclude in un passaggio ontologico da una realtà statica a una realtà dinamica. Per una esigenza di metodo, richiamiamo il significato ontologico di “statico” e “dinamico”. Metafisicamente, lo “statico” non è ciò che non agisce o non cambia,, ma ciò che, a livello di essere, è già bell’e fatto, e dunque possiede una sua realtà profonda,una sua “essenza reale”, già compiuta. Ens, cuius essentia est: l’essere, la cui essenza reale già è. “Dinamico” invece, sempre in senso metafisico, di per sé non è ciò che cambia, o è attivo, ma ciò che si costruisce attivisticamente nello spazio e nel tempo, nella concretezza spazio-temporale del suo essere profondo, che comprende anche la sua essenza o natura. In altre parole, il “dinamico” in senso metafisico è l’ens, cuius essentia fit: l’essere, la cui realtà profonda, la cui essenza reale, viene costruita attivisticamente nello spazio e nel tempo. L’assenza dell’ideologia cristiana è imputabile anche ad una mancata metafisica realisticodinamica della realtà storica. La indisponibilità di questa rende impossibile la trattazione teoretica dell’ideologia cristiana e l’impegno pratico ideologico cristiano. Ma se ci compromettiamo con l’una e l’altra cosa, segno è che possiamo disporre della suddetta metafisica. I QUATTRO PIANI DELL’ESSERE Riprendiamo il discorso del metodo, partendo dai quattro piani dell’essere: piano essenziale, esistenziale, fenomenico, operativo. Un loro valore metodologico è fuori dubbio. O poco o tanto ai piani dell’essere bisogna sempre ricorrere. Si evita il vago nella misura che si approfondisce una data realtà. Approfondirla è scavarne il vero essere, identificarla sempre maggiormente. Scavare le profondità dell’essere, metafisicamente significa coglierne quella realtà profonda che si chiama essenza. La quale essenza suona astrazione per antonomasia: quasi un porsi fuori del reale, del 5 concreto, perdendo i contatti con la vita e l’azione, col realismo delle battaglie quotidiane. Il problema dell’essenza può diventare così una necessità e un pericolo. Una necessità, perché l’approfondimento di una data realtà - per esempio l’ideologia - può imporsi come indispensabile. Un pericolo, perché l’essenza può diventare una fuga nell’astratto. Ma è qui appunto che intervengono i quattro piani dell’essere, dando la possibilità di superare l’antinomia tra approfondimento ed astrazione, tra essenza ed esistenza concreta, per la ragione che essi impongono costantemente e inscindibilmente la considerazione del rispettivo essere come sinolo, cioè come un inscindibile “tutt’uno”. Un essere reale e concreto, considerato nella sua totalità, ossia come un tutt’uno nella sua concretissima interezza e dunque come sinolo, appare come la risultante, come la sintesi ontologica dei quattro piani dell’essere. Rompere la loro sintesi è frantumare l’unità dell’essere, è renderlo per molti aspetti inintelligibile, cadendo nell’analisi e nell’astrazione, magari illudendosi di essere più concreti perché ci si immerge e ci si esaurisce nella sua fenomenologia. Questo tipo di analisi ed astrazione fenomenologica può essere legittimo e fecondo per le scienze della natura, ma lo studio della realtà storica, a cominciare da quella realtà storica che si chiama ideologia, obbedisce ad una legge diversa: o essa si studia come sinolo, e cioè nella totalità concreta del suo essere, o sfugge come realtà storica e la sua stessa fenomenologia rimane ignorata o equivocata. METAFISICA DINAMICA E ASSOLUTO La metafisica dinamica è come una nuova rivelazione che offre all’ideologia e alla prassi il rispettivo Assoluto ideologico. Il problema della metafisica dinamica diventa, quindi, davvero fondamentale. Quale sarà detta metafisica, tale sarà tutta la catena ideologica che ne segue. Pur tenendo conto della sua incidenza religiosa, come del resto è impossibile non tener conto dell’incidenza antireligiosa dell’Assoluto ideologico marxista e laicista, ci occuperemo dell’Assoluto ideologico cristiano solo dal punto di vista ideologico. Metodologicamente esso viene suggerito ed imposto da una metafisica dinamica; deve esprimersi concretamente attraverso la specificazione di un suo preciso essere storico; deve condensarsi dottrinalmente in una formula-chiave e in una chiave fondamentale che, trascendendo il loro significato metafisico, richiamino dogmaticamente l’Assoluto ideologico cristiano e lo rendano effettivamente operante. Per quanto riguarda la sua funzione, sarà anima dell’ideologia che è, a sua volta, anima della prassi ideologica cristiana. Sarà appunto questa sua funzione di anima a conferirgli quel primato che nell’intero meccanismo dell’ideologia e della prassi compete all’Assoluto ideologico, anche se talora resta inavvertito o nascosto. Infine sarà autonomo e laico nei confronti della religione cristiana come tale, appunto perché Assoluto “ideologico” e cioè non più Assoluto religioso e sacrale. Dal punto di vista del metodo, l’autonomia e la laicità dell’Assoluto ideologico cristiano suggerisce immediatamente un criterio decisivo per la sua ricerca, imponendo una precisa linea d’indagine. Il criterio di ricerca che ne viene suggerito è il seguente: se l’Assoluto ideologico cristiano è autonomo e laico, sarà inutile ricercarlo nel contesto della Rivelazione, perché, per definizione, rimane fuori dell’oggetto di essa. Come essere, prima ancora che come formulazione, l’Assoluto ideologico cristiano farà parte della realtà storica profana diventata dinamica. E la sua identificazione scientifico-dottrinale sarà opera della ragione e più esattamente della ragione metafisica, attraverso quella particolare metafisica che è la metafisica realistico-dinamica della realtà storica. Come abbiamo detto, la metafisica dinamica pone la possibilità stessa dell’ideologia come anima della prassi, offrendo all’ideologia, prima di ogni altra cosa, il suo rispettivo Assoluto ideologico: tanto da poter dire che la metafisica dinamica assume il ruolo di una specie di rivelazione verso di 6 essa. Come la Rivelazione religiosa offre alla religione cristiana il suo Assoluto religioso, in modo analogo la metafisica dinamica offre all’ideologia il suo Assoluto ideologico. È così anche per l’ideologia cristiana. Dobbiamo chiedere il suo Assoluto ideologico non alla Sacra Scrittura, e tanto meno alla teologia, ma alla metafisica realistico-dinamica della realtà storica. È necessario, a questo punto, richiamare la nostra attenzione sulle differenze tra l’ideologia cristiana e le altre ideologie. Da una parte si pongono somiglianze di metodo e di contenuto, ma dall’altra si pongono pure differenze profonde. Tali somiglianze e differenze, assumendo come termine di paragone il processo fotografico, potrebbero riassumersi in questo modo: l’ideologia cristiana è come il “ positivo” dell’ideologia, mentre le altre ideologie ne sono come il “negativo”. Fermarsi al “negativo” è trovarsi non tanto di fronte all’immagine vera della realtà, ma al suo rovescio. Così è anche per l’ideologia. Per quanto l’ideologia cristiana possa somigliare alle altre ideologie, bisogna tenere conto anche e soprattutto delle differenze. Bisogna passare dal negativo al positivo. È un criterio fondamentale per intenderla e per giudicarla, senza volerla condannare a priori come irrimediabilmente negativa. Il criterio del “positivo” fotografico, anche se si esprime metaforicamente, ha per noi un valore determinante. In virtù di esso l’ideologia cristiana non sarà una “copia” delle altre ideologie diversamente colorata, come purtroppo può capitare per le attuali “pseudoideologie” o “utopie” cristiane; ma si porrà con la propria originalità e in una direzione del tutto diversa da quella delle altre ideologie. Il criterio metodologico in questione, come rovesciamento positivo del negativo, si applica a cominciare dalla metafisica realistico-dinamica. Sarà tale metafisica a condurci verso l’Assoluto ideologico cristiano. 7