01/12/15
Neuroscienze e diagnostica
Sta diventando sempre più evidente che il
concetto di plasticità cerebrale e sinaptica sia
alla base della possibilità dell’individuo di
cambiare e quindi di diventare non solo quello
per cui era geneticamente predisposto, ma se
possibile qualcosa di ancora più unico e
specifico, che deriva dalla complessa
interazione tra il suo patrimonio genetico e il
patrimonio di esperienze relazionali e di vita.
Neuroscienze
Ha come oggetto di studio la struttura e la
funzione del Sistema Nervoso Centrale e
Periferico, a partire dal suo sviluppo.
Il fine è quello di comprendere in che modo i
circuiti neuronali, il loro sviluppo e le loro
modificazioni nel corso della vita costituiscano
le basi biologiche della vita emotiva,
comportamentale e cognitiva dell’individuo.
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Neuroscienze
Esistono delle caratteristiche neurobiologiche che
predispongono a sviluppare diversi disturbi psichiatrici
e di personalità.
Nell’ottica neuroscientifica tutti i disturbi psichiatrici o
di personalità sono considerati disturbi “complessi”
nella cui patogenesi sono coinvolti diversi fattori,
genetici e ambientali.
Per far sì che il fenotipo patologico si esprima devono
essere presenti più geni che predispongono alla
malattia e più fattori ambientali, e deve verificarsi un
particolare modello di interazione gene-ambiente che
dia luogo a quella determinata condizione patologica.
Neuroscienze
Dai risultati di numerosi studi familiari e sui gemelli
è risultato che la schizofrenia ha una componente
eziopatogenica geneticamente determinata, tanto
che il rischio arriva ad essere quasi del 50% nei
gemelli monozigoti di pazienti schizofrenici
(Gottesman, 1991).
D’altro canto, il fatto che soggetti che condividono
il 100% del materiale genetico non abbiano un
rischio del 100% sembra dimostrare la necessità
dell’intervento di più fattori ambientali nel
determinare lo sviluppo della malattia.
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Neuroscienze
Riduzione della
densità della
sostanza grigia
nella Schizofrenia
Neuroscienze
Neural dysfunction and violence in schizophrenia:
An fMRI investigation. Kumari et al. (2006)
Schizofrenici violenti
mostrano:
Maggiori deficit di working
memory
Attivazioni bilaterali del lobo
frontale e del precuneo.
Conclusioni:
Una ridotta attivazione
funzionale nella corteccia
frontale e parietale inferiore
è relata a gravi violenze
negli schizofrenici forse a
causa di un deficit delle
funzioni esecutive
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Neuroscienze
Studi recenti (Caspi et al., 2003 e Lazary et al., 2008)
hanno rilevato che la presenza di una o due
copie della variante s del gene per il trasporto
della serotonina comporterebbe una maggiore
sensibilità dell’individuo a sviluppare episodi di
depressione maggiore in seguito ad eventi di
vita stressanti.
Ciò dimostra come il patrimonio genetico possa
influenzare la reazione a eventi ambientali e,
d’altra parte, come anche gli eventi ambientali
siano necessari, sebbene non sufficienti, a
promuovere lo sviluppo della patologia in
individui geneticamente predisposti.
Neuroscienze
Negli ultimi anni si è visto che per molte patologie
esistono geni di suscettibilità e geni protettivi.
Gli esempi più evidenti sono quelli che si riferiscono
alle basi genetiche delle psicosi maggiori (schizofrenia
e disturbo bipolare) e che coinvolgono varianti dei geni
del sistema delle monoamine (dopoamina, serotonina e
nordrenalina) e del sistema del glutammato.
Per i disturbi di personalità, invece, i dati più numerosi
e più consistenti si riferiscono alle diverse dimensioni
della personalità quale per es. l’evitamento del
danno, che sarebbe associato a particolari varianti dei
geni del trasportatore della serotonina.
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Neuroscienze
Alcuni studi con tecniche di neuroimaging
mostrano delle alterazioni strutturali e
funzionali a carico di specifiche aree del
cervello in soggetti affetti da disturbi di
personalità o psichiatrici.
Nel disturbo schizotipico di personalità sono state
riscontrate anomalie strutturali a livello dei nuclei
del talamo, del giro temporale superiore e dei
gangli della base, oltre ad anomalie funzionali a
livello dei lobi frontali e temporali.
Neuroscienze
Anche nei disturbi personalità è stata riscontrata la
riduzione del volume di alcune aree
Riduzione di
volume
dell’Amigdala nel
disturbo
Borderline di
Personalità
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Neuroscienze
I geni hanno una duplice funzione:
una funzione
MODELLO
di replicazione
affidabile e per la quale
il processo di
variazione non è
regolato
dall’esperienza ma
solo da rare mutazioni.
una funzione
TRASCRIZIONALE
di determinazione del
fenotipo attraverso la
produzione di proteine
specifiche che
determinano il carattere
di quella cellula.
Può essere regolata
dall’esperienze
Neuroscienze
I meccanismi neurobiologici alla base della plasticità
neurale sono strettamente connessi ai processi di
apprendimento e memoria che rappresentano
anche la base eziopatogenetica di molte condizioni
psicopatologiche.
La memoria ha come base una traccia sinaptica che
viene potenziata e permane nel tempo, mediante il
fenomeno del Long Term Potentiaton (LTP), grazie
ad un aumento della sensibilità della cellula
neuronale dovuto a sua volta ad un aumento
dell’attività dei recettori e/o ad un aumento del
numero di recettori presenti sulla sua superficie.
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PLT e recettori NMDA
• 
I recettori AMPA aprono un canale per il
sodio quando si legano al glutammato
• 
I recettori NMDA hanno uno ione
magnesio che impedisce l’apertura del
canale
• 
Il canale del recettore NMDA si apre solo
quando:
–  arriva il glutammato dalla cellula presinaptica…
–  …ed il magnesio è stato espulso
perché la cellula post-sinaptica è già
depolarizzata
Effetti a lungo termine del PLT
•  L’ingresso di ioni calcio
viene “interpretato” come
segnale di rinforzo della
sinapsi
•  Aumenta il numero e la
sensibilità dei recettori
AMPA
•  Aumenta la produzione di
glutammato nella cellula
pre-sinaptica
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Depressione a lungo
termine
•  Si verifica con stimolazioni a bassa frequenza
•  E’ legata ai recettori NMDA e AMPA
•  Si verifica un decremento nel numero di
recettori AMPA
•  Si riduce la sensibilità dei recettori AMPA
Ippocampo e memoria
Ippocampo?
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Neuroscienze e diagnosi
Nei disturbi dell’umore e della depressione maggiore il
fatto di conoscere la particolare forma del gene, per il
trasportatore della serotonina, ci permetterebbe di
valutare il “rischio” di sviluppare la patologia in presenza
di eventi stressanti e di effettuare un intervento per
prevenire la comparsa o la ricorrenza degli episodi di
depressione.
Nei casi di diagnosi clinicamente non chiara, una
valutazione della struttura e del funzionamento cerebrale
potrebbe consentire di dirimere il dubbio diagnostico e di
mettere in atto più adeguate strategie di intervento.
Per es. diagnosi differenziale tra schizofrenia e un disturbo bipolare.
Neuroscienze e diagnosi
È noto che nei soggetti traumatizzati esistono
alterazioni della struttura e della funzione di
diverse aree cerebrali, tra cui, un’alterazione
dell’ippocampo.
Il volume dell’ippocampo risulta ridotto in:
ü soggetti vittime di abusi in età infantile,
ü donne con storie di maltrattamento abuso
sessuale,
ü soggetti con disturbo bordeline di personalità.
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Neuroscienze e diagnosi
Il circuito dello stress è formato da: ippocampo,
corteccia prefrontale, amigdala e nuclei
paraventricolari dell’ippocampo.
Prima fase di risposta all’evento stressante si ha un’aumentata
liberazione del glutammato a livello della corteccia prefrontale che
determina un aumento di trasmettitori monoaminergici nello striato
ventrale e nell’amigdala.
Seconda fase l’ippocampo modula l’attivazione dell’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), che poi rilascia gli ormoni
correlati alle risposte allo stress nel circolo ipofisario.
L’elevata densità recettoriale che caratterizza l’ippocampo rende
conto della sua particolare vulnerabilità ad un’esotossicità
dipendente dal rilascio di glutammato e di altri agenti lesivi.
Neuroscienze e diagnosi
Un correlato specifico del disturbo post-traumatico da stress
sembra essere un pattern di iperattivazione nella regione
amigdaloidea, associato o meno a un aumento volumetrico.
Bremner e coll. (1999) hanno evidenziato che donne con
Post-Traumatic Stress Disorder (PTSD) hanno un ridotto
flusso ematico nella zona del cingolo anteriore quando
osservano immagini evocative o quando ricordano il momento
della violenza
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Neuroscienze e diagnosi
I soggetti traumatizzati presentano alterazioni a carico delle
memorie legate al trauma che a differenza delle memorie non
traumatiche risultano eccessivamente immaginifiche, spesso
non vengono riconosciute dai soggetti come memorie reali,
vengono rievocate senza il controllo volontario, evocano
risposte emotive esagerate di allarme e mancano del
sentimento di identità tipico delle memorie autobiografiche.
Neuroscienze e diagnosi
I soggetti traumatizzati sono particolarmente suscettibili allo
sviluppo del fenomeno del kindling che si verifica a livello
dell’area limbica.
È un fenomeno di sensibilizzazione per il quale i neuroni
rispondono ad uno stimolo “sottosoglia”.
La reazione a stimoli sottosoglia, o a stimoli interni piuttosto
che esterni, si manifesta di frequente in questi pazienti dando
luogo a flashback, incubi e reazioni emotive d’allarme.
È molto importante che si presti una particolare attenzione
alla possibilità che si verifichino queste reazioni di
sensibilizzazione modulando di conseguenza gli interventi e i
parametri del setting.
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Neuroscienze e diagnosi
Alcune patologie psichiatriche hanno un decorso
progressivo che induce cambiamenti strutturali e funzionali
a livelli delle diverse aree cerebrali, il che può limitare in
maniera significativa le potenzialità plastiche del SNC.
Nella schizofrenia quanto maggiore è la durata di malattia
tanto maggiore è la perdita di sostanza grigia cerebrale nei
soggetti schizofrenici, soprattutto a carico di alcune aree
della corteccia prefrontale dorso-laterale e del giro
temporale superiore.
Non è ancora chiaro quanto tali modificazioni strutturali
possano essere reversibili.
Come agisce il trattamento sul cervello?
Nel DOC la terapia cognitivo-comportamentale (CBT),
associata a trattamento farmacologico, produce una
regolazione dei circuiti cortico-striato-talamici (Baxter et al.,
1992;. Schwartz et al., 1996)
Nei pazienti fobici la CBT modula l'attivazione anomala delle
strutture limbiche e paralimbiche (memoria contestuale e nella
paura condizionata) (Roffman et al., 2005).
Infine, nella depressione maggiore la CBT regola le
attivazioni cerebrali a livello network frontale dorsale, della
corteccia prefrontale ventrale e del strutture limbiche
(Goldapple et al., 2004).
Questi risultati hanno portato i ricercatori a ipotizzare
che le terapie psicologiche e farmacologiche potrebbero
sottendere un meccanismo neurobiologico comune, la
cui regolazione sia alla base e favorisca il recupero
psicologico (Linden, 2006; Barsaglini et al., 2014)
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Neuroscienze e psicoterapia
Goldapple e collaboratori (2004) hanno dimostrato che la
psicoterapia cognitivo comportamentale e il farmaco
(paroxetina) agiscono sulla depressione producendo
cambiamenti neurofisiologici diversi.
Alla psicoterapia è associato un incremento dell’attività
metabolica nel cingolato anteriore e nell’ippocampo con
un decremento nella corteccia frontale
mentre
il farmaco agisce in modo opposto, ossia con una
diminuzione dell’attività del cingolo e del tronco encefalico ed
un aumento nella corteccia prefrontale.
Come agisce il trattamento sul cervello?
Due correnti interpretative di come agiscono
farmacoterapia e psicoterapia
Le terapie psicologiche e
farmacologiche
sottenderebbero un
meccanismo
neurobiologico comune
Sono stati osservati effetti
simili sulle attivazioni
cerebrali sia dopo la
somministrazione di
farmaci (SSRI) sia dopo la
psicoterapia in pazienti
DOC e con fobie specifiche
(Barsaglini et al., 2014)
Goldapple e colleghi (2004)
hanno ipotizzato che la
farmacoterapia agisca
esercitando un effetto
bottom-up, prima sulle
regioni limbiche e
sottocorticali, mentre la CBT
produce effetti top-down,
favorendo le regioni ventrali
e limbiche che mediano
l’orientamento
dell’attenzione ai segnali
ambientali emozionalmente
rilevanti
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RICERCA
(Furmark et al., 2002)
Le recenti analisi parlano di modificazioni cerebrali del
tutto simili a quelle ottenute con i farmaci
utilizzando, tuttavia, soltanto la psicoterapia.
Soggetti
Trattamento
(9 settimane)
Confronto
gruppo di 12 pz con fobia sociale
- Farmacologico (citalopram)
-Psicoterapia (CBT)
campione di 6 pz affetti dallo stesso
disturbo non sottoposti ad alcun
trattamento
RISULTATI
Gruppo trattato con farmaci
decremento dell’irrorazione del
talamo di sinistra e nella
corteccia frontale inferiore di Gruppo trattato con psicoterapia
sinistra
diminuzione del flusso
sanguigno nel grigio
periacqueduttale ed un
incremento nel cervelletto e nella
corteccia visiva di secondo
ordine di destra
I due gruppi sottoposti ai trattamenti mostrano un cospicuo
miglioramento di sintomi clinici, mentre il gruppo in attesa
non esibì alcuna variazione di rilievo.
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Conclusioni
Secondo gli Autori, la CBT potrebbe, attraverso
l’esposizione in vivo, indurre un effetto
d’abituazione che interessa proprio l’amigdala,
l’ippocampo ed altre aree.
Amigdala: essenziale nell’espressione delle
reazioni di paura ed ansia scatenate dagli stimoli
minacciosi.
Ippocampo: anch’esso coinvolto nel circuito
neurobiologico della paura tramite consolidamento
e recupero di memorie collegate alla fobia stessa.
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