.TIPOLOGIA B - REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE” (puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti) CONSEGNE Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti. Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi. Se scegli la forma dell'«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato. Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo. AMBITO ARTISTICO - LETTERARIO ARGOMENTO: “FEMMINICIDIO” Doc. 1.: A. Sofri, Femminicidio, Italia 2012. La Spoon River delle donne, in La Repubblica, 3 maggio 2012 Femminicidio (o, peggio, “femmicidio”) non è una bella parola: ma il fatto è infame, e del suo orrore fa parte la rinuncia antica a dargli un nome proprio. Le donne ammazzate perché sono donne, e gli uomini che ammazzano donne, sono altra cosa dal nome generico, e che vuole apparire neutro, di omicidio. E l´altra cosa non è un´attenuante, ma un'aggravante: non un incidente dell'amore, ma il suo rovescio e la sua profanazione. E anche il suo svelamento, quando amore sia il possesso e la rapina dell'altra persona. Le cifre opposte sono così irrisorie da rendere superfluo il nuovo conio di maschicidio. Uccidere donne – o la “propria” donna – non è un´attenuante, come nel codice fino a ieri, ma un´aggravante. Si può obiettare che il “femminicidio” destini all'astrazione o all'ideologia le tragedie singolari in cui uomini forzano e uccidono donne (84 casi nel 2005, 101 nel 2006, 107 nel 2007, 113 nel 2008, 119 nel 2009, 127 nel 2010 e 120 anche nel 2011. Dati ancora piu' preoccupanti parlano di un aumento consistente di violenze contro le donne proprio all'interno di rapporti sentimentali che rappresentano l'85% di tutte le violenze, il 3% in piu' rispetto al 2011, ndr). Ma a guardarle bene, a riconoscere ogni singola storia, si scopre chi fossero le donne che ne sono state vittime, e ci si accorge che gli autori uomini, i più diversi per età, condizione sociale, provenienza di luogo, in quel punto finiscono per assomigliarsi in un modo umiliante. Doc. 2. G. Klimt, Il bacio, 1907 – 1908 Doc. 3, Dante Alighieri, Commedia,, Inferno, c. V, vv 88 – 107): le parole di Francesca da Rimini: “O anim al grazi oso e beni gno che visita ndo vai per l’aer perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno: se fosse amico il Re dell’universo noi pregheremmo Lui della tua pace, poi c’hai pietà del nostro amor perverso. Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a vui, mentre che ‘l vento come fa si tace. Siede la terra dove nata fui, su la marina dove il Po discende per aver pace co’ seguaci sui. Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, prese costui della bella persona che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. Amor, c’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte, Caina attende chi a vita ci spense.” Doc. 3. Dante Gabriele Rossetti, Pia dei Tolomei, 1868 Doc. 4, Dante, Commedia, Purgatorio, canto V, vv. 130 - 136 « "Deh, quando tu sarai tornato al mondo, e riposato de la lunga via", seguitò 'l terzo spirito al secondo, "Ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che 'nnanellata pria disposando m'avea con la sua gemma". » Doc. 5. Giovanni VERGA, La Lupa, in Vita dei campi, 1880 «Ed avrebbe voluto strapparsi gli occhi per non vedere quelli della Lupa, che quando gli si ficcavano ne’ suoi gli facevano perdere l’anima ed il corpo. Non sapeva più che fare per svincolarsi dall’incantesimo. Pagò delle messe alle anime del Purgatorio e andò a chiedere aiuto al parroco e al brigadiere. A Pasqua andò a confessarsi, e fece pubblicamente sei palmi di lingua a strasciconi sui ciottoli del sacrato innanzi alla chiesa, in penitenza, e poi, come la Lupa tornava a tentarlo: - Sentite! le disse, non ci venite più nell’aia, perché se tornate a cercarmi, com’è vero Iddio, vi ammazzo! - Ammazzami, rispose la Lupa, ché non me ne importa; ma senza di te non voglio starci. Ei come la scorse da lontano, in mezzo a’ seminati verdi, lasciò di zappare la vigna, e andò a staccare la scure dall’olmo. La Lupa lo vide venire, pallido e stralunato, colla scure che luccicava al sole, e non si arretrò di un sol passo, non chinò gli occhi, seguitò ad andargli incontro, con le mani piene di manipoli di papaveri rossi, e mangiandoselo con gli occhi neri. - Ah! malanno all’anima vostra! balbettò Nanni.» Doc. 6. Gabriele D’ANNUNZIO, Il trionfo della morte, 1894 «Ella pareva colpita dal suono insolito della voce di Giorgio; e un vago sbigottimento cominciava a invaderla. – Ma vieni! Ed egli le si appressò con le mani tese. Rapidamente l’afferrò per i polsi, la trascinò per un piccolo tratto; poi la strinse tra le braccia, con un balzo, tentando di piegarla verso l’abisso. – No, no, no... Con uno sforzo rabbioso ella resistette, si divincolò, riuscì a liberarsi, saltò indietro anelando e tremando. – Sei pazzo? – gridò con l’ira nella gola. – Sei pazzo? Ma, come se lo vide venire di nuovo addosso senza parlare, come si sentì afferrata con una violenza più acre e trascinata ancora verso il pericolo, ella comprese tutto in un gran lampo sinistro che le folgorò l’anima di terrore. – No, no, Giorgio! Lasciami! Lasciami! Ancora un minuto! Ascolta! Ascolta! Un minuto! Voglio dirti... Ella supplicava, folle di terrore, divincolandosi. Sperava di trattenerlo, d’impietosirlo. – Un minuto! Ascolta! Ti amo! Perdonami! Perdonami! Ella balbettava parole incoerenti, disperata, sentendosi vincere, perdendo terreno, vedendo la morte. – Assassino! – urlò allora furibonda. E si difese con le unghie, con i morsi, come una fiera. – Assassino! – urlò sentendosi afferrare per i capelli, stramazzando al suolo su l’orlo dell’abisso, perduta. Il cane latrava contro il viluppo. Fu una lotta breve e feroce come tra nemici implacabili che avessero covato fino a quell’ora nel profondo dell’anima un odio supremo. E precipitarono nella morte avvinti.» AMBITO SOCIO ECONOMICO ARGOMENTO: – Anoressia e bulimia: preoccupanti fenomeni su cui riflettere. Dati e documenti Doc. 1. Anoressia e obesità. I disturbi alimentari sono in rete.www. Consorzioparsifal.it In Italia sono quasi tre milioni le persone che soffrono di disturbi alimentari e i dati del Ministero della Salute ci dicono che ogni anno oltre 9000 persone, in particolare nella fascia di età dai 12 ai 25 anni, si ammalano di anoressia (3.500) e bulimia (6000). E’ quanto emerge dall’analisi effettuata da Eurispes che, monitorando la rete, ha scovato 260 blog italiani dedicati ad anoressia bulimia o più in generale ai disturbi dell′alimentazione. Nel mondo sono 300.000 i siti dedicati all’anoressia. L’Osservatorio avviato da Eurispes continuerà il proprio lavoro fino alla fine di settembre, l’obiettivo è offrire un quadro completo della realtà italiana. Dai blog emerge il profilo delle persone soggette a disturbi alimentari. Si tratta di ragazze, in genere di 17 anni, ma ce ne sono anche di giovanissime (12 – 13 anni), ognuna ha come obiettivo il raggiungimento del peso ideale di 40 chili, (con percorsi che a volte arrivano ai 30 chili). Tutti i siti hanno un tratto in comune: un diario alimentare che riporta tutto quello che le autrici hanno ingerito nell′arco della giornata, col conteggio delle calorie e la somma finale quotidiana. L’emersione del fenomeno sul web è un elemento interessante e di novità. Come sottolinea Eurispes “le persone anoressiche o bulimiche tendono infatti ad isolarsi, a nascondersi, a rinunciare ai rapporti sociali. Il senso di inadeguatezza, la paura di farsi vedere "grasse", il nervosismo che deriva dalla deprivazione da cibo conducono ad una vita di solitudine. Il Web ha interrotto questo isolamento. Oggi i giovani, in particolar modo le ragazze, hanno trovato un mezzo per socializzare pur rimanendo isolati”.I curatori della ricerca spiegano che i blog "sono coloratissimi e non mancano foto delle thinispiration, modelle o attrici magrissime che diventano icone ed esempi da seguire". Tuttavia, non è soltanto l’emulazione di modelli anoressici la causa dei mali. Nei blog spesso si legge la sofferenza dovuta a eventi traumatici, violenze fisiche o psicologiche subite, cattivo rapporto con i genitori e storie d’amore finite.Quando si fa riferimento ai disturbi alimentari occorre considerare anche l’obesità. Il numero di persone che soffrono di obesità nel nostro Paese è crescita. Nel 2005, gli adulti colpiti da questa patologia sono 4.700.000, con un incremento di circa il 9% rispetto al 2000. Sempre in Italia si contano un 4% di bambini e di adolescenti obesi, circa il 24% in sovrappeso. Eurispes definisce "globesity" il fenomeno che si sta diffondendo come un′epidemia: dai paesi del Nord Europa a quelli dell′area del Mediterraneo. Doc. 2, Fabiola De Clercq, Anoressia/Bulimia, RAI Educational, 28.05.2001 L'anoressia è quello che noi chiamiamo il disagio, è l'effetto collaterale di qualcos'altro. Come la febbre. La febbre è una spia intelligente che il corpo manda, per dirci che da qualche parte c'è qualcosa che non va. Quindi è intelligente questo sintomo. L'anoressia è un mezzo che noi abbiamo e che dobbiamo raccogliere per capire che il soggetto sta male. Ma non ci dice moltissimo. Va colto questo segnale che il soggetto manda. La famiglia di solito non coglie la sofferenza interiore. Coglie la magrezza, coglie il pericolo di vita che corre questo soggetto. E infatti il soggetto si arrabbia moltissimo. Dice: "Come mai io mi sto riducendo così, perché capisco come sto dentro, e lo sguardo dell'altro finisce per fermarsi sulle mie ossa?". Doc. 3 Simona Ferraro, Anoressia, un male diffuso, www.europeanconsumers.it/ Uno dei vissuti più angoscianti delle ragazze anoressiche è legato ad un’errata percezione del proprio corpo, che viene vissuto come sgradevole e perennemente inadeguato; l’immagine che si vede riflessa nello specchio è profondamente diversa da quella mentale. Questo è vero per gli adulti ma accade particolarmente nell’adolescente che non ha ancora trovato un’immagine di sé definita. L’adolescenza, sul piano psicologico, è definita come un’epoca di lutto, in quanto rappresenta un periodo di grandi trasformazioni sia dal punto di vista psicologico che da quello fisico; è un periodo di continuo destrutturarsi e nuovo strutturarsi dell’identità, con il problema del lutto per il corpo infantilmente vissuto. Un corpo odiato, vissuto come deforme, un corpo da distruggere, annullare, un corpo erroneamente percepito, che diviene il bersaglio di ogni insoddisfazione e senso di colpa, un corpo che diviene lo strumento di comunicazione di ogni sofferto disagio e di ogni paralizzante bisogno di attenzione, mai dichiarato, mai chiesto, ma sempre agognato nel silenzio. Il corpo viene spesso esperito come separato dal Sé, come se appartenesse ai genitori. Queste pazienti mancano di qualunque senso di autonomia, al punto da non sentirsi nemmeno capaci di tenere sotto controllo le loro funzioni corporee. Ed è proprio il controllo ad essere come una sorta di “minimo comune denominatore” tra i disturbi alimentari, un controllo esercitato in modo totalizzante ed incessante. Essere anoressica significa essenzialmente stare sotto controllo, mortificare ogni diritto vitale, punirsi senza sosta, privarsi di ogni più piccola gratificazione e mantenere il controllo di questa perenne privazione. La decisione di ridurre al minimo la propria alimentazione, per impedire al corpo di aumentare, potrebbe essere quindi vista non come un modo di combattere contro il proprio corpo, ma un modo di lottare tramite il corpo e sul corpo per realizzare, attraverso di esso, un’autonomia personale e sperimentare un senso di efficacia e onnipotenza. Hilde Bruch ha indicato le origini evolutive dell’anoressia nervosa in una relazione disturbata tra l’infante e la madre. L’anoressica sente che il mondo, i genitori, gli amici, le chiedono di non essere se stessa, ma di essere come loro la vogliono, cioè brava, intelligente, allegra. Si tratta di brave bambine compiacenti verso i genitori, ma che in fondo nascondono un senso di incapacità, una mancanza di autostima, una profonda solitudine, solitudine dovuta anche al fatto che è senza il proprio corpo, in quanto non riconosce le proprie sensazioni e le proprie emozioni. L’anoressia è allora un tentativo, mal congegnato, ma estremo, “di cura di sé, per sviluppare attraverso la disciplina del corpo un senso di individualità e di efficacia interpersonale” (Hilde Bruch, 1987), un modo di affermare il suo vero Sé che per lungo tempo è giaciuto sopito. […] Se si vuole comprendere l’anoressia, si deve intendere la sua manifestazione esteriore come una risposta a un profondo disagio interno, che si estinguerà solo con la graduale modificazione dei meccanismi psicologici che lo causano. Non è facile entrare in questo mondo chiuso e ostinato, ed è vano ogni tentativo di portare alla ragione la giovane, di farle notare che ha un aspetto sofferente, scheletrico, che sta rischiando la vita. Ne sanno qualcosa i familiari coinvolti in questa malattia, che si vedono impotenti a modificare pur di pochissimo l’atteggiamento della figlia. Per questo anche i genitori, i fratelli e tutti quelli che vivono da vicino la malattia subiscono spesso contraccolpi psicologici tali da arrivare alla disperazione e ammalarsi loro stessi, rendendo necessario talora un intervento psicologico parallelo alla famiglia. La bigoressia o dismorfofobia muscolare (conosciuta anche come vigoressia o complesso di Adone) è un disturbo di recente osservazione, presente in prevalenza nella popolazione maschile e in particolare tra i frequentatori di palestre e appassionati di body building. Il termine viene dall’inglese Big, ovvero “grande, grosso”, e indica la preoccupazione d’avere un fisico poco prestante o troppo magro in persone visibilmente muscolose. Inizialmente fu definita “anoressia inversa” proprio per la sua specularità rispetto alla condizione anoressica: il soggetto anoressico si vede grasso pur essendo magrissimo, il bigoressico percepisce il proprio corpo come magro e non muscoloso pur avendo un fisico atletico. La preoccupazione eccessiva per il proprio aspetto riguarda tutto il corpo e non una sua parte specifica. Per questo il disturbo è anche noto come “dismorfofobia muscolare”. Similmente ai disturbi alimentari “classici” si assiste a un’alterazione della percezione di sé accompagnata da un pensiero continuo sulle forme corporee. Doc. 4. www. Fidadisturbialimentari.com TIPOLOGIA D - TEMA STORICO, vedi allegato TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALE «Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti». Il candidato, prendendo spunto da questa “previsione” di Andy Warhol, analizzi il valore assegnato alla “fama” (effimera o meno) nella società odierna e rifletta sul concetto di “fama” proposto dall’industria televisiva (Reality e Talent show) o diffuso dai social media (Twitter, Facebook, YouTube, Weblog, ecc.). ___________________________ Durata massima della prova: 6 ore. È consentito soltanto l’uso del dizionario italiano. Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema.