Revista Jurídica LA PERSONALIZZAZIONE DEL POTERE NELLE FORME DI GOVERNO EUROPEE PERSONALIZATION POWER IN GOVERNMENT FORMS OF EUROPEAN A PERSONALIZAÇÃO DO PODER NAS FORMAS DE GOVERNO EUROPEIAS Michele Carducci * Abstract in italiano: L’articolo discute il tema della cosiddetta “personalizzazione del potere”, molto discusso in Europa come degenerazione della forma di governo parlamentare e del rapporto di fiducia tra parlamento e governo. Attraverso il richiamo ad alcune teorie costituzionali sulla razionalizzazione del potere e ad alcune prassi europee sviluppatesi in periodi di crisi, l’articolo osserva che la “personalizzazione” costituisce un elemento endogeno alla forma di governo, soprattutto in situazione di crisi politica o di ridimensionamento della forza democratica dei parlamenti. In tale prospettiva, si può leggere anche il “deficit” democratico dell’Unione europea. Parole Chiave: Forma di governo. Parlamentarismo. Personalizzazione del potere. Governo europeo. Abstract: The article discusses the call on "personalization of power", much discussed in Europe as degeneration of the parliamentary form of government and the relationship of trust between parliament and the government. Referring to some constitutional theories about the rationalization of power and some European practice developed in times of crises, the article notes that "personalization" is an endogenous element in the form of government, especially in a situation of political crisis or resizing democratic force parliaments. In this perspective, one can also make reading the "deficit" democratic EU. Keywords: Government form. Parliamentarism. Personalization of power. European government. Resumo: O artigo discute o tema da chamada “personalização do poder”, muito discutido na Europa como degeneração da forma de governo parlamentar e da relação de confiança entre o parlamento e o governo. Doutor em Direito constitucional. Professor Titular de Direito Constitucional Comparado, Universidade do Salento – UNISALENTO, Itália. Presidente do Centro Didático Euro-Americano sobre Políticas Constitucionais – CEDEUAM, UNISALENTO, Itália. E-mail: [email protected] * Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 7 Remetendo a algumas teorias constitucionais sobre a racionalização do poder e a algumas práxis europeias desenvolvidas em períodos de crises, o artigo observa que a “personalização” constitui um elemento endógeno à forma de governo, sobretudo em situação de crise política ou de redimensionamento da força democrática dos parlamentos. Em tal perspectiva, pode-se também fazer a leitura do “déficit” democrático da União Europeia. Palavras-chave: Forma de governo. Parlamentarismo. Personalização do poder. Governo europeu. 1 CONCETTI 1.1 DOPPIA FUMOSITÀ DEL PROBLEMA Il concetto di “personalizzazione del potere” è tanto diffuso quanto difficile da inquadrare nei suoi contenuti descrittivi. Esso, infatti, presenta una doppia fumosità. Da un lato, si tratta di comprendere che cosa significa “potere”1. Scrive in proposito Niklas Luhmann: “il potere del potere sembra principalmente fondarsi sul fatto che nessuno sa dire esattamente di che cosa si tratti in realtà. L’evidenza del fenomeno e l’oscurità del concetto facilitano di molto l’argomentazione sia in campo scientifico che altrove”2. In effetti, il termine è ormai abusato al punto da riassorbirne altri, a partire dal concetto di Stato, sostituito dai processi psicologici di influenza, in parallelo con l’espandersi di altre formule ambigue, come quella di processo politico, con cui si perde di vista la centralità delle istituzioni nella costruzione delle decisioni come norme generali di tutti, o quella di sistema politico, con cui si tende a racchiudere la politica nel circuito del breve periodo. In tutti e tre i casi, l’artificio lessicale blocca quei processi di generalizzazione definitoria e concettuale, che storicamente hanno consentito di condurre dalla politica al diritto e dall’azione alla norma giuridica. Da questo punto di vista, il ricorso al concetto di potere determina un impoverimento delle categorie giuridiche di comprensione dei fenomeni politico-istituzionali. Lo stesso destino coinvolge il concetto di “personalizzazione”. È stato Maurice Duverger a distinguere tra “pouvoir personalisé”, in cui l’autorità del capo non deriva solamente dal ruolo che ricopre, ma anche dalla sua popolarità individuale conquistata attraverso la competizione elettorale, e “pouvoir personnel”, in cui è esclusivamente la personalità del capo a conferire legittimità e fondamento al ruolo istituzionale ricoperto3. Entrambe le definizioni pongono in contrapposizione la forma delle istituzioni e delle procedure giuridiche con la informalità del tratto (psicologico, caratteriale ecc….) dell’individuo che utilizza quelle forme. Quindi anche il concetto di personalizzazione destruttura la centralità dei dati giuridico-normativi. Se colleghiamo questa constatazione al tema della forma di governo e dei sistemi elettorali, nell’alternativa tormentosa che attraversa l’Europa di Otto e Novecento, tra investitura di capacità e selezione di programmi, ci rendiamo conto delle opzioni implicite nell’uso della formula “personalizzazione del potere”. Le forme di governo si riflettono nell’acquisizione storica del diritto politico di voto4, che nasce con lo Stato e in relazione ad esso. La parlamentarizzazione ha storicamente segnato il progressivo affermarsi, e non la semplice “pre-esistenza”, di questo diritto politico dentro il Parlamento. La forma di governo parlamentare è “figlia” del diritto politico dei deputati di interpellare i ministri appunto in nome del diritto di voto che li ha suffragati5. Quindi la declinazione dei temi della “personalizzazione del potere” transita sulla questione dei contenuti del diritto politico di voto, come designazione elettiva e come fiducia politica: si collega inevitabilmente alla forma di governo parlamentare. La conferma è offerta da J.A. Schumpeter, considerato il padre della deformalizzazione della democrazia e del diritto politico di voto. Il suo attacco alle dottrine classiche del costituzionalismo e della democrazia ruota intorno a tre argomenti: inesistenza di un bene comune; impossibilità di identificarlo da parte di tutti; conseguente impossibilità di formalizzare la volontà generale del popolo. Da tali argomenti, Schumpeter deduceva che la democrazia fosse soltanto uno strumento istituzionale per promuovere competizioni tra individui, finalizzate al potere di decidere su investitura del voto popolare. Nella sua teoria politica, questa conclusione segnava il crollo definitivo della cultura della “vecchia Europa”, già preconizzato da Schmitt nella “ambigua” Repubblica di Weimar6. Con Schumpeter, diventa dunque secondaria la decisione ad opera dell’elettorato, “rispetto alla elezione degli uomini che dovranno decidere”7. In questo modo, la linea teorica che collegava il diritto di voto alla centralità del Parlamento e alla fiducia parlamentare, tipica delle forme di governo europee, cede il passo all’apparente centralità della elezione, tradotta in realtà in nomina, e non più in delega, in La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 9 designazione-investitura, anziché in mandato a governare. Si trattava di un percorso in qualche modo già perseguito, su fronti apparentemente opposti, dal tecnicismo normativistico di Hans Kelsen e dal decisionismo soggettivistico di Carl Schmitt. Ma si trattava anche della estrema conseguenza della distinzione weberiana tra Wertrationalität e Zweckrationalität, che ha abilitato, al pari del concetto kelseniano di Zurechnung, l’inversione del rapporto tra mezzi e fini nelle regole e nelle istituzioni8. Del resto, l’autonomizzarsi delle procedure è stata una delle cause profonde di questa fungibilità di mezzi e fini. Esso ha stimolato l’autonomizzazione dei linguaggi e quindi il corrispondente sganciamento dei segni dai significati, con le note ricadute sulla cultura come immagine e sulla comunicazione di massa9. Ecco allora che l’assunto schumpeteriano della competizione politica transita nella mera concorrenza per il potere. In verità, la scuola elitista italiana dei primi anni del Novecento (Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Roberto Michels), apprezzata tardivamente in Italia e in Europa solo dopo la “scoperta” da parte della scienza politica statunitense, aveva già evidenziato questa “autonomia” della competizione politica, che in quegli stessi anni stava traducendosi in Germana nella proclamazione schmittiana della “autonomia del politico” e delle sue categorie10. Tuttavia, è dalla seconda metà del Novecento, appunto con la teoria della “nuova democrazia” di Schumpeter e il contestuale affermarsi della concezione dell’autoreferenzialità della politica e del diritto, ad opera soprattutto di Niklas Luhmann, che il tema del potere e della sua “personalizzazione” entra nel vocabolario degli scienziati sociali e del diritto costituzionale. 1.2 MICROFISICA DEL POUVOIR PERSONNEL Ma il XX secolo europeo conosce anche la forte crescita dei tentativi di formalizzazione politica della vita associata. Le Costituzioni “lunghe” degli anni Venti e Trenta ce lo ricordano. L’effetto formalizzante del moltiplicarsi della regolazione della politica e del diritto gioca a favore dell’affermarsi progressivo e interdisciplinare delle idee sui giochi strategici, ossia sulla considerazione dei rapporti sempre più sofisticata al punto di operare una equazione fra mezzi e fini e quindi al punto di avallare la loro stessa inversione: il mezzo può essere assunto come fine per altri scopi e il fine può essere ridotto a mezzo per altre strategie; intreccio paradossale di Wertrationalität e Zweckrationalität. Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 10 A questa ascesa della “autonomia” si è unita la svalutazione generale del consenso che nella politica costituiva e costituisce il nocciolo razionale della forma11. Di fatto, il trionfo della politica destruttura principalmente la centralità del consenso razionale e ricostruisce un sistema di forme non regolabili in procedure: appunto, l’ “autonomia del politico”. Questo percorso ha facilitato la tendenza a far coincidere il potere con i soggetti-individui che lo esercitano: autonomia, infatti, è sinonimo non di discrezionalità dell’organo o dell’ufficio, bensì di libertà – come spirito e intelletto – del suo titolare12. Michel Foucault, ricalcando le indicazioni di Schmitt contro la nozione di sovranità, ne offre la sintesi epistemologica più efficace . “Ciò di cui abbiamo bisogno è una filosofia politica che non sia costruita intorno al problema della sovranità, dunque della legge…Bisogna tagliare la testa al re (e qui il re è il popolo sovrano)”. Ecco allora che va abbandonata la nozione di Stato, “per la ricerca di un metapotere”. Ma medesima sorte è assegnata anche la scienza, perché “il sapere non è fatto per comprendere, è fatto per prendere posizione”. Alla fine è la stessa forma-soggetto a diventare superflua: “bisogna sbarazzarsi del soggetto costituente, sbarazzarsi del soggetto stesso”, contro ogni istituzione formale, affinché si possa “studiare il potere al di fuori del modello del Leviatano, al di fuori del campo delimitato dalla sovranità giuridica e dalla istituzione statale. Si tratta di studiarlo a partire dalle tecniche e dalle tattiche della dominazione”13. Il pouvoir personnel non è altro che “tecnica” e “tattica” di dominio. Invero, questa idea non è nuova alla cultura europea. Non c’è da pensare solo alla legittimazione carismatica di cui parlava Max Weber, ma anche al revisionismo liberale italiano di Benedetto Croce, e con lui di Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Giovanni Gentile, per i quali lo Stato non è tanto “autorevole” per le sue norme, quanto “forte” per i suoi protagonisti, nel fisiologico “aristocratico disprezzo” verso la democrazia, a favore del mito dell’ordine, della visione della storia come scontro di forze irrazionali, della considerazione della politica come attività inferiore a quella intellettuale, immeritevole quindi di regolamentazione14. Il concetto di pouvoir personnel si coniuga quindi con il rifiuto della razionalizzazione dei rapporti politici, lasciati alla loro soggettiva contingenza, nel dominio di individui su individui. Carl Schmitt parlerà di “sconcio” degli atti apocrifi di sovranità, per descrivere i tentativi, a suo avviso fallimentari, di pianificazione razionale e normativa dell’azione15. La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 11 1.3 «PERSONALIZZAZIONE» DEL POTERE E «FIDUCIA» DEL PARLAMENTO Tuttavia, la storia del Novecento europeo è anche quella della forma di governo parlamentare, evolutasi proprio come progressiva razionalizzazione di rapporti politici16. Il fulcro di questa evoluzione è stato segnato dalla figura della fiducia parlamentare. Infatti, in fin dei conti, il rapporto fiduciario altro non è stato che la formalizzazione del nesso mezzi (fiducia) – fini (programmi politici) delle prassi del consenso elettorale e parlamentare del Novecento. La “fiducia”, nella sua contingente manifestazione della dinamica tra rappresentanza parlamentare e potere esecutivo, ha potuto storicamente saldare i rapporti politici al doppio binario della “positivizzazione costituzionale” testuale, come insieme di regole formali, e della “costituzionalizzazione” fattuale, come prassi informali dei soggetti titolati di funzioni. Sembra confermarlo ancora oggi la circostanza che la comparazione richiami questa acquisizione evolutiva del pensiero costituzionale classico, per confrontare contesti con contingenze diverse da quelle delle parlamentarizzazioni europee novecentesche, verificando la presenza di fenomeni di vera e propria “costituzionalizzazione simbolica” per assenza di concretizzazione concorrente e reciproca tra interpreti e attori costituzionali17. Il regime parlamentare ha avuto questa specificità e questo merito storico in tutta Europa18. Chi l’ha contestato, ha seguito orditi analoghi a quelli che la fenomenologia tedesca criticamente mosse al positivismo19, sostenendo che la soggettività costituzionale coincidesse con una capacità di volere (Macht des subjektiven Willens), indifferente alla posizione giuridica formale (Rechtstellung), sicché i “doveri costituzionali” della politica non erano da identificarsi eteronomicamente, ma da scoprire in un’appartenenza presupposta e verificata (Glied-Sein). E questa appartenenza doveva sostiture il rapporto fiduciario fra organi, a favore della immedesimazione personale. In un quadro del genere, non ci sarebbe stato (più) spazio per dinamiche fiduciarie “tra” membri del Glied-Sein, neppure ove si fosse trattato di organi distinti ma collegati come Parlamento e Governo, soprattutto allorquando il Glied-Sein fosse stato consacrato dal consenso elettorale sul Leader20. Ecco dunque che la “personalizzazione” porta con sé il rifiuto o comunque l’annichilimento della centralità del rapporto fiduciario21: alla “condizione” della fiducia parlamentare Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 12 può ben subentrare un rapporto di “seguito” (Gefolgschaft) nell’appartenenza al Glied-Sein, come elezione identitaria22. 1.4 LE LINEE ATTUALI DEL DIBATTITO EUROPEO Oggi, in Europa, si preferisce parlare di “presidenzializzazione degli esecutivi”, ma il quadro di riferimento non cambia, in quanto si descrive comunque la circostanza che nei regimi parlamentari, storicamente evolutisi nella collegialità del Governo, si stia sviluppando un progressivo spostamento del concreto funzionamento dell’organo a favore del Leader della forza politica elettoralmente dominante, con conseguente crescita del ruolo monocratico rispetto a quello collegiale e di coalizione23. A questo campo di osservazione si accompagna la considerazione sempre più diffusa non dell’ “antiparlamentarismo” come critica politica, quando della “crisi” del parlamentarismo come “precomprensione” della complessità europea contemporanea; crisi alimentata anche dai processi di integrazione sovranazionale24. L’intero fenomeno, nei suoi presupposti e nei suoi esiti, è interpretato in due modi. Da una parte, lo si accoglie con favore, sulla base della constatazione che la frammentazione sociale e la crisi dei partiti politici tradizionali di massa richiede forme semplificate di sintesi e di inclusione. In tale ambito, per esempio, si colloca la cosiddetta “seconda legge di Vedel”25, secondo la quale la responsabilità politica del Governo non sarebbe più meramente “istituzionale”, ossia scandita e definita dai rapporti con il Parlamento, bensì “diffusa”, ossia determinata non dal mero disaccordo di gruppi o coalizione, bensì dalla “sintonia” elettorale manifestata dal voto26. Tale approccio, tuttavia, finisce con l’avallare una visione meramente “delegativa” della democrazia. Infatti, la condizione in cui la istituzionalizzazione dei discorsi sui ruoli di potere è alimentata semplicemente dal consenso, scadendo in un percorso di affidamento dismissivo delle autorappresentazioni di libertà attraverso il diritto politico di voto, favorisce ciò che è stato definito democrazia “delegativa”. Al contrario, la situazione nella quale le preferenze dei partecipanti non sono già prestabilite e il processo deliberativo non si riduce ad una aritmetica conta dei voti, bensì risieda in una procedura che tende a costruire le preferenze attraverso dibattiti informati e ragionati su argomenti, principi, e quindi anche su negoziazioni, descrive una democrazia a vocazione “deliberativa”27. Prescindere da questa La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 13 demarcazione può comportare la sottovalutazione di quella che è stata definita la congenita “ambiguità democratica” del nesso tra costituzionalismo e populismo28. Proprio per tale ragione, sull’altro fronte, si critica la deriva “bonapartista” del fenomeno, che riduce la proceduralità democratica ad una semplice competizione, al cui interno è l’immagine del Leader, prima ancora che il contenuto dei programmi, a prevalere nelle scelte elettorali. Del resto, l’elemento plebiscitario si presenta come un paradosso: da un lato, la forza personale è esaltata dalla debolezza dei partiti e delle regole istituzionali formali; dall’altro, proprio tale debolezza costringe all’isolamento la personalità del capo, assumendola come peculiarità non istituzionalizzabile, quindi alla fine anch’essa debole29. La formula “apparentemente nuova” della “presidenzializzazione degli esecutivi” sembra destinata a confondere i due scenari, a discapito, ancora una volta, della comprensione del rapporto mezzi-fini. 2 LE FORME 2.1 IL “PILSUDSKISMO” Il primo studio europeo sul tema della “personalizzazione del potere” è il libro di Boris Mirkine-Guetzévitch Le nouvelles tendances du Droit constitutionnel, tradotto anche in portoghese e in castigliano30. In questo testo, il costituzionalista russo-francese qualifica la “personalizzazione” come “trasfigurazione del regime parlamentare”. Il regime parlamentare si è fondato sulla conquista, storica, del primato giuridico-costituzionale del Parlamento. Questo primato, a sua volta, si è trasformato, in ragione della prevalenza ideologica dei partiti di massa, in un inedito circuito di organizzazione del consenso, che ha fatto dell’arte del governare una “tecnica della proposizione legislativa”, con il conseguente protagonismo del Governo come soggetto di iniziativa parlamentare. Tuttavia, questa tendenza di un potere esecutivo che si manifesta primario rispetto al legislativo, in tutti i paesi europei compresi quelli centrali e orientali, si è andata scontrando con una costituzionalizzazione formale che, invece, andava affermando appunto il primato giuridico del Parlamento. Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 14 Ecco allora che la reazione a questa contraddittorietà tra “necessario” primato “politico” del Governo e primato “giuridico-costituzionale” del Parlamento, emersa la fine degli anni Venti del XX secolo, si traduce nella diffusa esigenza di revisione costituzionale finalizzata a far diventare “giuridico” il primato “politico” del Governo. L’esempio paradigmatico di tale nuova tendenza è offerto dal progetto di revisione costituzionale del «bloc gouvernemental» polacco, depositato il 9 febbraio 1929. La Costituzione polacca del 1921 aveva stabilito, come altre Costituzioni europee del periodo, il primato del Parlamento. Ma già la legge del 2 agosto del 1926, aveva rafforzato i poteri del Presidente della Repubblica e condizionato le funzioni parlamentari, con l’attribuzione del diritto di scioglimento della Dieta, invertendo, così, il rapporto mezzo-fine tra primato “giuridico” parlamentare (il mezzo) e primato “politico” governativo (il fine). Secondo Mirkine-Guetzévitch, questa inversione rappresenta una “rottura”31, in quanto viene ad essere giuridicizzata l “invenzione” di un nuovo potere assunto come attributo specifico di una competenza già fissata, attivando così un antagonismo fra organi inevitabilmente precario, tanto da comportare esso stesso una consequenziale “estensione della discrezionalità politica nella gestione dei procedimenti interorganici...”32. E tale discrezionalità è definita dall’Autore “Pilsudskismo”33, in quanto coincidente con un progetto del rafforzamento giuridico del Governo rispetto al Parlamento, funzionale al “pouvoir personnel du president”34. È interessante notare che Mirkine-Guetzévitch distingue tra Pilsudskismo e Fascismo, così come distingue tra “Governo personale” e “Governo fascista”. Una simile differenziazione presenta interessanti spunti di attualità sul tema della “personalizzazione” del potere. La differenza era così descritta dall’Autore. Il progetto polacco instaurava un potere personale, al cui interno il suffragio universale del popolo finiva con assumere un ruolo del tutto passivo, incapace di giudicare ex post le scelte del Presidente o di investire il Parlamento, e la sua maggioranza, di funzioni autonome rispetto al Governo. Il fascismo, al contrario, si contraddistingueva come regime dittatoriale autoritario di esplicita negazione di qualsiasi principio elettivo35. Ecco il punto di attualità: la “personalizzazione” del potere esautora il Parlamento ma non nega il principio procedurale delle elezioni parlamentari e del diritto politico di voto, relegandolo La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 15 però a un semplice “caractére instrumental”, quale mezzo doppiamente legittimo: perché “votato” dal popolo; perché “previsto” in Costituzione. Mirkine-Guetzévitch considerava inevitabile e fisiologica l’esigenza di un primato “politico” del Governo, in quanto prodotto dello sviluppo della tecnica legislativa e dalla complessità sociale. Ma, contrariamente alle teorie di oggi, questo primato, a suo avviso, non doveva mai diventare “giuridico”. In altri termini, la complessità sociale non avrebbe mai dovuto semplificare o, peggio, annichilire la dialettica istituzionale del rapporto di fiducia tipico dei regimi parlamentari. Primato “politico” del Governo significava “funzionalizzazione” del rapporto tra Parlamento e Governo rispetto alla realizzazione del programma elettorale, non certo depauperamento di funzioni. Di conseguenza, compito delle Costituzioni doveva essere quello di disciplinare i procedimenti di direzione politica non come poteri di persone, bensì come attuazioni programmatiche nell’investitura elettorale del Parlamento. Un Governo, che dispone di strumenti di attuazione del programma votato con le elezioni parlamentari, non ha bisogno di vincoli normativi sulle sue persone, in quanto vive della propria capacità “politica” di disporre degli strumenti parlamentari utilizzati dalla sua maggioranza. Al contrario, l’idea del primato “giuridico” del Governo, pretendendo di trasformare la preminenza propositiva conquistata nella società attraverso il consenso elettorale in un protagonismo costituzionale definitivo e irreversibile, avrebbe finito col congelare la vittoria elettorale per consegnarla alla forza personale del suo Leader36. L’equilibrio tra primato “politico” del Governo e quello “giuridico” del Parlamento si rivela dunque una chiave di lettura importante per il problema della “personalizzazione” del potere. Ed è anche un fatto di comprensione delle dinamiche pseudo-parlamentari di altri contesti extraeuropei, come il Sud America37. Non a caso, quando questo equilibrio viene infranto, si tende a parlare di “sudamericanizzazione” parlamentare. 2.2 IL RISCHIO DELLA «SUDAMERICANIZZAZIONE» PARLAMENTARE È quanto si è verificato in Italia, con la riforma costituzionale proposta e votata nel 2005 dal Governo Berlusconi, e bocciata dal referendum costituzionale del 25-26 giugno 2006. Al di là dei Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 16 “rischi di frode” presenti in tale riforma38, essa si caratterizzava proprio per la marcata giuridicizzazione del primato “politico” del Governo e del suo capo. Infatti, una delle critiche più severe rivolte a questo progetto, è stata quella dell’eccessivo rafforzamento del potere esecutivo e della sua trasformazione monocratica nella figura del Premier. Tuttavia, la polemica non ha investito tanto la questione in sé del ruolo monocratico, quanto la circostanza che il rafforzamento venisse fatto passare non attraverso la istituzionalizzazione del potere monocratico, bensì attraverso una sua vera e propria “personalizzazione legalizzata”; ossia attraverso la imputazione alla persona in sé, più che alla funzione monocratica ricoperta dalla persona, di tutti i meccanismi della forma di governo. Da questo punto di vista, il modello, più che contiguo ai tipi di premierato europeo (Gran Bretagna, Germania, Svezia, Francia)39 appariva paragonabile ai sistemi a preponderanza presidenziale personalista latino – americani (come quelli del Perù o dell’Argentina)40. La discontinuità, rispetto al passato, di questo progetto costituzionale, risiedeva nei seguenti profili: elezione del Primo Ministro mediante collegamento a singoli candidati o con una o più liste elettorali (art. 92.2 del Progetto); scomparsa della fiducia iniziale e abilitazione della sola Camera dei deputati, con esclusione quindi del Senato, all’espressione di voto sul programma, ma non sul Governo (art. 94.1 del Progetto); riconoscimento della facoltà del Primo Ministro di porre da solo la questione di fiducia, con la sola esclusione per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale (art. 94.2 del Progetto) e contestuale scomparsa dell’attuale previsione, secondo la quale il voto contrario di una o entrambe le Camere su una proposta del Governo non comporta obbligo di dimissioni. Questi elementi andavano poi coniugati con la nuova articolazione del sistema della mozione di sfiducia, fondato sul quorum della necessaria maggioranza assoluta ad appello nominale speculare alla lista o alle liste votate in collegamento con il Premier, in quanto “maggioranza espressa dalle elezioni”. Di conseguenza, il Primo Ministro si sarebbe potuto dimettere, solo ed esclusivamente allorquando la sfiducia fosse stata comunque approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati (non del Senato) o respinta con il voto determinante dei deputati “non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni”. In questo modo, la situazione parlamentare della fiducia si posizionava su inediti binari, al cui interno agivano due poteri personali del Primo Ministro: quello di nominare e revocare direttamente i Ministri, senza obbligo di passaggio parlamentare (art. 95.1 del Progetto); quello di La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 17 determinare la politica generale del Governo senza fiducia parlamentare iniziale (art. 95.2 del Progetto). Appare evidente che, così impostata, la riforma costituzionale italiana contrapponeva una assoluta disponibilità monocratica del Primo Ministro ad una altrettanto assoluta indisponibilità parlamentare delle maggioranze di fiducia e di sfiducia, rompendo definitivamente con la continuità di prassi del parlamentarismo italiano. Inoltre, la mozione di sfiducia, nei nuovi commi dell’art. 94 del Progetto, assumeva una triplice identità: come sfiducia sanzione (producendo lo scioglimento della Camera); come sfiducia “ricostruttiva” della coalizione, votata nelle elezioni, intorno a un nuovo Premier; come sfiducia senza “presunzione di fiducia”, se “respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni”.La costituzionalizzazione piena e totale, per la prima volta nella storia italiana, della relazione fiduciaria, senza più riserve di regolamento parlamentare (come era sempre stato storicamente a partire dal 1887), invece di tradursi in una rafforzata legittimità del Parlamento, si traduceva nella configurazione di un Premier solo contro tutti, forte del suo “contratto fiduciario” con gli elettori: una forza quasi disperata, ben diversa dal c.d. “parlamentarismo dittatoriale” inglese o dal “monarca elettivo” di Maurice Duverger; piuttosto un capo con in mano strumenti costituzionali per potersi dire da solo di avere “sempre e comunque ragione”. Del resto: il Premier avrebbe sempre gestito le elezioni in caso di sfiducia parlamentare (art. 94 del Progetto); il Premier avrebbe sempre gestito il cambio di Governo nel passaggio alla nuova legislatura; il Premier sarebbe stato rimovibile solo all’interno della stessa coalizione votata dagli elettori (art. 88 ultimo comma del Progetto); l’unica tipologia di crisi di governo “legale” (cioè proprio nel senso di crisi secundum Constitutionis) sarebbe stata quella “personale” della sconfitta elettorale del Premier. Tra l’altro, a riprova del discorso che si è fatto sulla inversione del rapporto mezzi-fini, c’è da aggiungere che un simile meccanismo costituzionale avrebbe poi avuto riflessi pesantissimi sulla comunicazione politica: da un lato, le “volontà” del Premier avrebbero finito con il coincidere con Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 18 quelle della coalizione e di tutti gli elettori votanti; dall’altro, il Parlamento si sarebbe trasformato in una sorta di organo esecutivo-interpretativo del Premier (art. 70 del Progetto). Le ricadute sarebbero state duplici. Sul piano assiologico, si veniva a consumare un impoverimento dell’agire comunicativo costituzionale, a favore del “canale diretto” – costituzionalizzato – tra elettori e figura personale del Premier. Sul piano procedurale, si sarebbe dissolto il principium cooperationis di leale “fiducia” tra Parlamento e Governo, con un paradossale “ritorno” alla predominanza del potere personale forte, a danno della complessità delle relazioni istituzionali. 2.3 LA COOPERAZIONE PARLAMENTARE “Io non sono per nulla partigiano del governo assoluto, e considero una cooperazione parlamentare, ben praticata, tanto necessaria ed utile, quanto è a mio giudizio pericolosa e impossibile una sovranità parlamentare”. Così si esprimeva Ottone di Bismarck, nei suoi Discorsi politici del 1898. Non si tratta del manifesto del parlamentarismo europeo. Ma non è neppure una dichiarazione di esplicito di antiparlamentarismo. Al contrario, questa idea ottocentesca di “cooperazione parlamentare ben praticata” identifica un modo particolare, presente in Europa, di inquadrare i rapporti tra Parlamento e Governo41. Si tratta di un’idea specifica della storia tedesca, che ha segnato la demarcazione tra una fase di parlamentarizzazione “negativa” ed una, successiva, definibile come “positiva”. Tracciata da Max Weber42, il concetto tedesco non ha costituito un ricalco della rapporto dualismo/monismo parlamentare, diffuso in Francia e in Italia43. Mentre la prima fase viene individuata nella estraneità del Governo, per la sua formazione, al Parlamento e, quindi, nella possibilità di realizzare il controllo politico per mezzo di semplici “informazioni”, e non del “giudizio” verso soggetti non compartecipi della legittimazione parlamentare, la seconda è considerata imperniata sull’attività di condizionamento del Governo attraverso direttive parlamentari di legittimazione delle scelte governative. Weber non ritiene queste due fasi discontinue e fratturate fra loro. Né le inquadra dentro la lente, pur diffusa al suo tempo, delle degenerazioni del parlamentarismo44. “Parlamentarizzare” è pur sempre sinonimo di “cooperazione parlamentare ben praticata” verso una Führung comunque da “rispettare” come estranea a qualsiasi posizione di dipendenza verso il Parlamento45. La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 19 Il percorso tedesco di parlamentarizzazione, quindi, si mostra non immediatamente connesso ai temi della “fiducia”, dell’ “accordo”, della “responsabilità” come ragioni del rapporto tra Governo e Parlamento46. La neutralizzazione politica della rappresentanza sopravvive sempre a vantaggio di quel potere organizzato (la Staatsgewalt di cui parlava Paul Laband), di per sé refrattario a riconoscersi in una rete istituzionalizzata tra organi. Il cosiddetto “realismo costituzionale” della Herrschertheorie, elaborato da Max von Seydel, aveva già postulato esplicitamente tutto questo, sostenendo che la sovranità spettasse sempre e comunque al principe, unico detentore della indivisibile volontà dello Stato, la cui adesione al voto del Parlamento, anche se produttiva di conseguenze politiche, non poteva che riflettere un semplice “personale convincimento”, dettato da motivi e valutazioni di opportunità o necessità e giammai da obblighi direttamente o indirettamente qualificabili come giuridici47. Da questo punto di vista, l’evoluzione tedesca della “personalizzazione” del potere è stata ben lontana dall’individualismo richiamato da Mirkine-Guetzévitch. In Germania nascerà un monolitico modello teorico dell’autorità unitaria (Einheit), personificata comunque da un potere “concreto”, sia esso il monarca, il garante della Costituzione o persino il Führer. All’istanza di garanzia perseguita con l’equilibrio e il reciproco controllo degli organi costituzionali48, si opporrà l’idea della volontà di un’autorità riconosciuta come diritto (Recht e non solo Gewalt). I brevissimi cenni alla vicenda tedesca consentono di scandire un altro nesso concettuale storicamente intrecciato al tema della forma di governo: quello tra parlamentarizzazione e costituzionalizzazione. Per Laband, i poteri parlamentari non potevano ascriversi al Verfassungsrecht, ma al massimo sopravvivere come Pseudo-rechte, in quanto privi di copertura costituzionale di conformazione obbligatoria. Tuttavia, la mancata previsione formale di “obblighi” di conformazione non ha identificato un problema comune alle altre esperienze europee. Il parlamentarismo europeo, infatti, si impone innanzitutto come prassi e come formalizzazione interna all’organo rappresentativo49, e rintraccia proprio nelle “lacune” la linfa del suo sviluppo. Da quest’angolo di visuale, il tema italiano delle “zone grigie” del diritto costituzionale50 appare comparabile all’apprendimento britannico costante delle condoned obscurities51 o ai “silenzi” costituzionali francesi52, mentre la dottrina tedesca, tra Otto e Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 20 Novecento, continua ad attardarsi nella ricerca di vincoli in grado di giustificare giuridicamente la responsabilità del Governo verso il Parlamento53. Sarà Georg Jellinek, nel 1906, a prendere atto che la costituzionalizzazione della parlamentarizzazione transita su binari diversi da quelli stigmatizzati dall’idea degli Pseudo-rechte: essa è Verfassungswandlung (trasformazione costituzionale), frutto di un vero e proprio “diritto dispositivo” (Dispositives Recht) tra soggetti e attività parlamentari, comunque abilitato dal testo costituzionale54. La Verfassungswandlung sembra consentire agli organi di apprendere, di fatto, le ragioni di “fiducia” reciproca tra organi, nella comune (ma non esclusiva) disponibilità del diritto costituzionale. Con queste premesse, il metodo giuridico scoprirà, anche per la Germania, la soggettività del testo costituzionale come condizione di effettività della parlamentarizzazione. Lo stesso tema della fiducia parlamentare si emanciperà dalla evocazione mistificante della “cooperazione parlamentare ben praticata”, per riconoscere dignità costituzionale ai fini politici di attuazione costituzionale, appunto come politische Leitung, direzione politica. In quest’ottica, le “zone grigie” della forma di governo, non più recluse negli Pseudo-rechte, assurgono a “situazioni” di concreta e reciproca definizione delle dinamiche fra gli organi in funzione della Costituzione. Divengono esse stesse elementi di costituzionalizzazione, ma non necessariamente nel senso di positivizzazione testuale. Esse, cioè, consentono di comprendere che il percorso di parlamentarizzazione europeo, anche finalmente in Germania, si identifica nella concretizzazione di prassi, generalizzata e diffusa fra tutti i soggetti politici e quindi fra tutte le volontà che “dispongono” del testo. La constatazione si ricongiunge agli esiti di Mirkine-Guetzévitch. Il primato “politico” del Governo è un processo istituzionale evolutivo. Pietrificarlo in norme giuridiche significa bloccarlo a favore dell’abuso personale di singoli individui. 3 SGUARDO CRITICO SULL’UNIONE EUROPEA Una simile consapevolezza, allo stato attuale, non sembra contraddistinguere il percorso europeo di forma di governo “parlamentarizzata”. Non sembra, cioè, che il tema della “forma di governo” della Unione Europea sia discusso con riguardo al fenomeno della “personalizzazione” del potere, nei termini che sono stati descritti55. La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 21 La circostanza che non esista ancora un effettivo “diritto dispositivo” tra soggetti e attività parlamentari intorno alla designazione e alla “fiducia” del Presidente della Commissione e dei suoi membri, sintomo di una sorta di Staatsgewalt ancora riposta nei Capi di Stato e di governo, impermeabile a qualsiasi “zona grigia” dei testi formali europei, rende l’odierna osservazione della forma di governo europea, al di là e nonostante la “costituzionalizzazione formale” dei Trattati – compreso il recente Trattato di Lisbona –, più vicina all’apprendimento tedesco pre-weimariano della cooperazione “ben praticata”, ma non “fiduciosa” nel Parlamento (se non nella mistificazione degli Pseudo-rechte). Non a caso, una simile suggestione è stata evocata per definire il modello parlamentare europeo come espressione di un’Auditive Democracy, incerta, se non confusa, nella scansione tra “Power binding” e “Power establishing”, funzionale a logiche di short chain of legitimacy56. Le “zone d’ombra” europee persistono nel circondare i poteri dell’ “esecutivo” e non vengono significativamente evocate per delineare le potenzialità dinamiche interorganiche delle istituzioni di parlamentarizzazione57. L’Auditive Democracy, piuttosto che democratizzare la parlamentarizzazione, segna un contributo solo alla migliore good governance58 nella persistente asimmetria tra regole e regolarità interne alla dinamica delle forme di governo dei singoli Stati59, già fortemente condizionate dai processi di integrazione sopranazionale60, e “indisponibilità” interna della dinamica parlamentare della forma di governo europea, dipendente invece dalla Selbstbestimmung di Capi di Stato e di governo61. Il problema non è la scissione tra Deliberation e Decision politiche62, appresa e sperimentata dai sistemi parlamentari degli Stati in ragione delle diverse “situazioni” di potere politico storicamente succedutesi: la questione è l’assenza di una loro reciproca materiale inclusione, tra ciò che si “decide” su contenuto e composizione del Governo (Commissione) e ciò che il Parlamento europeo delibera (“fiducia”) 63. L’ asimmetria interna a questa “zona grigia” ostacola infine il maturare della consuetudine come patrimonio europeo di apprendimento istituzionale64 del rapporto fiduciario verso il Parlamento, nei raccordi tra le diverse “situazioni” interne alla dinamica parlamentare: preludio invece necessario, come si è accennato, per la effettiva costituzionalizzazione della parlamentarizzazione, al di là dei testi positivi. Non a caso, sempre Jellinek, al fine di spiegare il cambio di paradigmi di comprensione dei fenomeni di parlamentarizzazione, aveva affiancato al concetto di Dispositives Recht quello di Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 22 Nichtausübung65, offrendo alla forza normativa del fatto sia la volontà di disporre delle “zone grigie” del testo sia la rinuncia (volontaria) a funzioni formalmente attribuite, nel ruolo elastico di reciproca “fiducia” tra Parlamento e Governo. 4 CENNI CONCLUSIVI Il regime parlamentare, da solo, non dà democrazia. A maggior ragione la giuridicizzazione anti-parlamentare a favore del primato personale di un capo. Nelle esperienze costituzionali europee fra Otto e Novecento, l’apprendimento di valori democratici è stato perseguito non solo attraverso la forma (in primis la legge), ma anche, ancora una volta, attraverso la prassi (in primis la consuetudine). Per questo, è stato acutamente osservato che lo Stato costituzionale parlamentare si è presentato ed evoluto come inesorabilmente “informale”, in quanto contraddistinto dalla inadeguatezza delle forme procedimentali impresse nel testo costituzionale e per ciò stesso proteso ad alimentare integrazioni sovrastrutturali, rispetto alle previsioni di Costituzione66 e di legislazione formale ordinaria attuativa67. Gli snodi concettuali della razionalizzazione parlamentare tra le due Guerre68 e del cosiddetto “dirigismo costituzionale” sulla legislazione parlamentare del secondo Novecento69, segnano tracce indelebili dei tratti europei di evoluzione democratica del parlamentarismo. Mirkine-Guetzevitch aveva visto lontano. Si potrebbe concludere dicendo che la democraticità della parlamentarizzazione degli Stati europei è emersa non tanto dalla misurazione giuridica dei rapporti interorganici, bensì, e soprattutto, dall’intreccio di produzioni normative, formali o fattuali, supportate da quei rapporti70. Nel 1906, Georg Jellinek rassicurava che “una progressiva svalutazione politica dei Parlamenti non riporterebbe mai in vita gli antichi poteri assoluti del passato”71. Oggi possiamo dire, richiamando l’idea foucaultiana della “nuova economia” del potere, che è proprio questa l’insidia “mite” della “personalizzazione”: svalutare senza assolutizzare. NOTE La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 23 1 B. de Jouvenel, Del potere, tr. it., Milano, SugarCo, 1991. 2 N. Luhmann, Potere e codice politico, tr. it., Milano, Feltrinelli, 1982, 21. 3 M. Duverger, Institutions politiques et personalisation du pouvoir, in L. Hamon, A. Mabilau (cur.), La personalisation du pouvoir, Paris, Puf, 1964, 430 ss. 4 Specificità della identità europea del “costituzionalismo parlamentare”: così G. Ferrara, La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica, Milano, Feltrinelli, 2006, 170. 5 M. Carducci, Controllo parlamentare e teorie costituzionali, Padova, Cedam, 1996, passim. 6 Un classico di riferimento è E. Fraenkel, La componente rappresentativa e plebiscitaria nello Stato costituzionale democratico, Torino, Giappichelli, 1994. 7 J.A. Schumpeter, Capitalismo, Socialismo, Democrazia (1942), tr.it., Milano, Comunità, 1964, 10 ss. 8 Cfr. U. Cerroni, Regole e valori nella democrazia, Roma, Editori Riuniti, 1989, 144. 9 Si vedano: L. Pellicani, Mercato politico e leadership democratica, in AA.VV., Leadership e democrazia, Padova, Cedam, 1987, 43 ss., e L. Cavalli, Governo del leader e regime dei partiti, Bologna, il Mulino, 1992. 10 Per il concesto italiano, mi permetto di rinviare al mio studio La persistenza del consenso. Le coalizioni politiche nel pensiero di Costantino Mortati, Padova, Cedam, 1996 (estr. da Studi Parmensi, vol. XLII). 11 Mi permetto di richiamare, per le implicazioni di approfondimento, il mio L’ «accordo di coalizione», Padova, Cedam, 1989. 12 Ne sono testimonianza, in Italia, i dibattiti sulla soggettività dell’organo, ben diversi non solo da quelli tedeschi sulla Organshaft, ma anche da quelli sulla discrezionalità costituzionale: si veda C. Esposito, Organo, ufficio, soggettività dell’ufficio, Padova, Cedam, 1932, cap. I. 13 Le citazioni sono tratte dalla traduzione italiana di M. Foucault, Microficisa del potere, Torino, Einaudi, 1977. 14 N. Bobbio, Profilo ideologico del Novecento, in Storia della letteratura italiana, vol. IX, Milano, Garzanti, 1919, 161. 15 Si veda C. Schmitt, Il custode della Costituzione (1931), tr. it., Milano, Giuffrè, 1981, 161 ss. 16 Un “classico” italiano sul tema è Temistocle Martines, Governo parlamentare e ordinamento democratico, Milano, Giuffrè, 1967, ora in Opere, Tomo I, Milano, Giuffrè, 2000, 256 ss. 17 In particolare si ricorda il pensiero di Marcelo Neves, di cui è in traduzione italiana Costituzionalizzazione simbolica e decostituzionalizzazione di fatto, tr.it., Lecce, 2004 18 M. Galizia, Studi sui rapporti fra parlamento e governo, I, Milano, 1972. 19 Cfr. G. Leibholz, La formazione dei concetti nel diritto pubblico, tr.it., e R. Treves, Il metodo teleologico nella filosofia e nella scienza del diritto, entrambi in Riv. Int. Fil. Dir., rispettivamente anni XI e XIII. Ma di Leibholz si veda La dissoluzione della democrazia liberale in Germania e la forma di Stato autoritaria (1933), tr. it., Milano, Giuffrè, 1996 Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 24 20 Su queste declinazioni, si veda il lavoro di W. Leisner, Der Führer, Berlin Duncker & Humblot, 1983. 21 La cultura europea dell’ “antiparlamentarismo” ruota intorno a questa considerazione: M. Carducci, Parlamentarismo e libertà, Urbino, QuattroVenti, 1995. 22 Sulle matrici di simili esiti, si veda G. Azzariti, Critica della democrazia identitaria, Roma-Bari, Laterza, 2005. 23 Per i riferimenti più generali al tema, si vedano: T. Poguntke, P. Webb (Eds.), The Presidentialization of Politics, Oxford Univ. Press, Oxford, 2005; A. Di Giovine, A. Mastromarino (cur.), La presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie contemporanee, Torino, Giappichelli, 2007. 24 A. Deffenu, Forme di governo e crisi del parlamentarismo, Torino, Giappichelli, 2006. 25 Cfr. G. Vedel, La Révision de la Constitution, in Les Séminaires de la Fondation J. Jaurès, 1, 1994, 99 ss. 26 Sulla evoluzione storica europea della distinzione tra responsabilità politica “istituzionale” e “diffusa”, si veda G.U. Rescigno, La responsabilità politica, Milano, Giuffrè, 1967. 27 Sul concetto di democrazia “deliberativa”, C. Nino, The Constitution of Deliberative Democracy, New Haven Conn., Yale University Press, 1996, e J. Cohen, Deliberation and Democratic Legitimacy, in A. Hamlin, Ph. Pettit (eds.), The Good Policy. Normative Analysis of the State, Oxford, Basil Blakwell, 1989. Sul concetto di democrazia “delegativa”, il riferimento classico è a G. O’ Donnel, Democracia delegativa?, in Novos Estudos Cebrap n. 31, São Paulo, Ed. Brasileira de Ciencias Ltda., 1991, 25 ss. Ma, proprio nella letteratura brasiliana, si veda la Parte Temática : Democracia Deliberativa, in Rev. Brasileira de Estudos Constitucionais, 1, 2007, 17- 184. 28 Y. Meny, Y. Surel, Par le peuple, pour le peuple, Paris, Librairie Arthème Fayard, 2000. 29 In merito, L. Elia, La presidenzializzazione della politica, in Teoria politica, 1, 2006, 8 ss. 30 L’edizione francese è Paris, Marcel Girard, 1931. 31 Les nouvelles tendences, cit, 180. 32 Ibidem, 93. 33 Il termine deriva dal generale e politico Jozef Pilsudski (Zulowo, Lituania 1867 – Varsavia 1937). 34 Ibidem, 181. Infatti, Pilsudski emana la legge del 2 agosto 1926 dopo il colpo di Stato del 12 maggio 1926. La revisione costituzionale, auspicata dalla “Commission de la Constitution de la Diéte” il 6 dicembre 1928, si concretizzerà nel testo costituzionale del 1935, anno della morte di Pilsudski. Il centro focale di tale testo sarà l’art. 2, in cui si proclama che il Presidente della Repubblica “risponde dinanzi a Dio e dinanzi alla storia dei destini dello Stato” e che “l’autorità unica e indivisibile dello Stato si concentra nella sua persona”. Inoltre, il medesimo testo formalizzerà il diritto del Presidente della Repubblica di proporre candidati alla propria successione. 35 Sulle matrici teorico-costituzionali del concetto di “regime fascista” nella dottrina italiana, si veda lo studio di S. Bonfiglio, Forme di governo e partiti politici, Milano, Giuffrè, 1993, 49-89. 36 In Italia, la medesima consapevolezza fu espressa da Giuseppe Capograssi in La nuova democrazia diretta (1922), ora in Opere, I, Milano, Giuffrè, 1959, 539 ss. La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 25 37 In particolare, sono da ricordare i contributi in AA.VV., Populismo, Caudillaje y Discurso demagogico, Madrid, Civitas, 1987. Si veda anche, con riguardo alle esperienze di “personalizzazione” in Sud America, M. Alcántara, ¿Instituciones o máquinas ideolόgicas? Origen, programa y organizaciόn de los partidos latinoamericanos, Barcelona, ICPS, 2004. 38 Rinvio a M. Carducci, Revisioni costituzionali e “rischi” di frode, in A. Pichierri (cur.), Quale revisione costituzionale dopo il referendum del 25-26 giugno 2006, Taranto, Mandese, 2007, 73-116. 39 Cfr. L. Primicerio, La forma di governo semiparlamentare. Aspetti teorici e realizzazioni pratiche, Torino, Giappichelli, 2007. 40 Con l’ulteriore rischio di confondere l’idea di premiership europea con quella di caudillaje latinoamericana… 41 Tra l’altro, nel contesto tedesco si sviluppa il tema del “cesarismo” come metodo “personalizzato” di governo: cfr. A. Momigliano, Per un riesame della storia della idea di cesarismo, in Riv. Storica Italiana, 68. 1956, 220 ss. 42 M. Weber, Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania (1918), tr. it., Bari, Laterza, 1919, 48 ss. 43 Cfr. C. Tommasi, Parlamentarismo e Governo di Gabinetto, in Società e storia, 1990, 636. 44 Cfr. W. J. Mommsen, Max Weber e la politica tedesca (1959), tr.it., Bologna, il Mulino, 1993, 583 ss. 45 Per R. Redslob, Le régime parlementaire (1918), Paris, Sueil, 1924, 3 ss., le cui tesi “esercitarono notevole influenza sugli artefici della costituzione di Weimar” (W. J. Mommsen, Max Weber, cit., 519), l’equilibrio fra Parlamento e Governo non poteva fondare la sua garanzia nella trama di controlli e interferenze reciproche, bensì nella opposta esigenza di liberare ciascun organo da qualsiasi posizione di condizionamento nei confronti dell’altro. 46 Rinvio agli studi classici sull’argomento, per ripercorrere le coordinate necessarie di inquadramento: M. Rauh, Die Parlamentarisierung des Deutschen Reiches, Düsseldorf, Droste Verlag, 1977, 14 ss., e D. Grosser, Vom monarchischen Konstitutionalismus zur parlamentarischen Demokratien, Den Haag, D. Verlag, 1970. 47 M. von Seydel, Über konstitutionelle und parlamentarische Regierung (1887), ora in Staatsrechtliche und politische Abhandlungen, Freiburg i.B. u. Leipzig, Mohr, 1893, 140, e Principii di una dottrina generale dello Stato (1897), tr. it. in Biblioteca di Scienze Politiche e Amministrative, diretta da A. Brunialti, 2^ Serie, Torino, UTET, 1902, 1153 ss. 48 Sulle diverse declinazioni del concetto di garanzia in Europa, cfr. S. Galeotti, La garanzia costituzionale (presupposti e concetto), Milano, Giuffrè, 1950, 14 ss. 49 Basti pensare al ruolo giocato dalle norme interne alle camere: G. Floridia, Il regolamento parlamentare nel sistema delle fonti, Milano, Giuffrè, 1985, 186 ss. 50 Riconducibile alla efficace espressione di A. Ferracciu, Il diritto costituzionale e le sue zone grigie, in Annali Fac. Giur. Univ. Perugia. Vol. III, 1905, 218 ss., per arrivare alla definizione di Leopoldo Elia sulla forma di governo come insieme di “norme a fattispecie aperta”: Governo (forme di), in Enc. Dir., XIX, Milano, Giuffrè, 1970, 640. 51 M. Foley, The Silence of Constitution, London, Routledge, 1990. 52 P. Avril, Les conventions de la Constitution. Normes non écrites du droit politique, Paris, Puf, 1997. Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 26 53 Su convergenze e divergenze odierne, nelle forme di governo parlamentare dei principali Paesi europei, si v. S. Mangiameli, La forma di governo parlamentare (evoluzione e razionalizzazione): una comparazione tra Regno Unito, Germania e Italia, in R. Di Leo, G. Pitruzzella (cur.), Modelli istituzionali e riforma della Costituzione, il Mulino, Bologna, 1999, 127 ss. 54 G. Jellinek, Mutamento e riforma costituzionale (1906), tr.it., Lecce, Pensa, 2004, 17 ss. 55 Nel panorama italiano, si possono ricordare C. Amirante, Dalla forma Stato alla forma mercato, Torino, Giappichelli, 2008, in particolare 86 ss. sul tema della “governance without government” e L. Patruno, Il modello istituzionale europeo e l’idea di Costituzione, Torino, Giappichelli, 2006. Nella letteratura brasiliana e in prospettiva comparativa, c’è da ricordare B. Galindo, Teoria intercultural da Constituição, Porto Alegre, Livraria do Advogado, 2006. 56 H. Brunkhorst, A Polity without a State? European Constitutionalism between Evolution and Revolution, in E.O. Eriksen, J.E. Fossum, A.J. Menéndez (eds.), Developing a Constitution for Europe, London, Routledge, 2003. 57 A. Mattera, Les zones d’ombre du projet de Constitution dans l’architecture institutionnelle de l’Union: la Composition de la Commission touché au coeur du “projet européen”, in Rev. droit Union eur., 2003, 5. 58 E.O. Eriksen, J.E. Fossum, Democracy through strong publics in the European Union, in Journal of Common Market Studies, Vol. 40, 2, 2002, 420, e Europe at a Crossroads. Government or Transnational Governance?, in C. Joerges (ed.), Constitutionalism and Transnational Governance, Oxford, Hart, 2003. 59 La cui centralità, nella evoluzione e comprensione dello stesso diritto costituzionale, è stata analiticamente colta e studiata da M. Dogliani, Indirizzo politico. Riflessioni su regole e regolarità nel diritto costituzionale, Napoli, Jovene, 1985. 60 C.D. Classen, Europäische Integration und demokratische Legitimation, in Archiv des öff. Rechts, 119, 1994, 239 ss. 61 C. Möllers, Globalisierte Jurisprudenz: Einflüsse relativierter Nationalstaatlichkeit auf das Konzept des Rechts und die Funktion seiner Theorie, in Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie, Beiheft 79, 2001, 41-59. 62 Su cui, tuttavia, è bene non dimenticare la critica di J.H.H. Weiler, Epilogue: “Commitology” as Revolution. Infranationalism, Constitutionalism and Democracy, in C. Joerges, E. Vos (eds.), EU Committees: Social Regulation, Law and Politics, Oxford, Hart, 1999, 348. 63 K.D. Wolf, Die neue Staatsräson. Zwischenstaatliche Kooperation als Demokratieproblem der Weltgesellschaft, Baden Baden, Nomos Verlag, 2000, 38 ss. 64 Sulla marginalità della consuetudine nell’apprendimento costituzionale europeo, cfr. H. Brunkhorst, op. cit. 65 G. Jellinek, Mutamento, cit., 43 ss. 66 È il concetto di Ungeschriebenes Verfassungsrecht di Rudolf Smend. Sulle sue differenze rispetto a quello di Jellinek di Verfassungswandlung, si rinvia a H.A. Wolff, Ungeschriebenes Verfassungsrecht unter dem Grundgesetz, Tübingen, Mohr Siebeck, 2000, 7 ss. 67 Su tale prospettiva, esistono tre importanti contributi dovuti all’Autore tedesco Helmuth Schulze-Fielitz, in cui si elaborano e sviluppano queste teorie: Der informale Verfassungsstaat (Berlin, Buncker & Humblot, 1984); Theorie und Praxis der parlamentarischer Gesetzgebung (Berlin, Duncker & Humblot, 1988); La personalizzazione del potere nelle forme di governo europee Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 27 Parlamentsbrauch, Gewonheitsrecht, Observanz, in H.P. Schneider, W. Zeh (Hrsg.), Parlamentsrecht und Parlamentspraxis, Berlin-New York, De Gruyter, 1988, 392 ss. 68 Cfr. S. Ceccanti, La forma di governo parlamentare in trasformazione, Bologna, il Mulino, 1997, 19-61. 69 Sull’impatto dell’integrazione europea rispetto a tale approccio costituzionale (espresso da V. Crisafulli in Italia, J.J. Gomes Canotilho in Portogallo, P. Lerche in Germania), si v. lo stesso Canotilho, Dalla Costituzione dirigente al diritto comunitario dirigente (2000), tr.it., Lecce, Pensa, 2004, le cui tesi sono state poi riprese dallo stesso A., con riguardo alla “Costituzione europea”, in A Constituição Européia entre o Pragrama e a Norma, in AA.VV., Derecho Constitucional para el Siglo XXI, Navarra, Aranzadi, 2006, Vol. I, 2121-2126. 70 Così H. Schulze-Fielitz, Der informale Verfassungsstaat, cit., 104 ss. 71 G. Jellinek, Mutamento, cit., 67:. Recebido: 3/4/2015 Aprovado:11/7/2015 Michele Carducci Revista Jurídica – CCJ ISSN 1982-4858 v. 19, nº. 39, p. 7 - 28, maio/ago. 2015 28