Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10 Assunta Steccanella – 13.02.14 Lectio pastorale di Matteo 5,17-37 Abbiamo sottolineato più volte come cercare di spezzare insieme il pane della parola nel breve spazio di una lectio sia un po’ difficile, per la ricchezza di implicazioni e significati racchiusi nella Scrittura, che richiederebbero un ben più ampio spazio di confronto. Questo vale anche per la pericope che consideriamo qui: uno dei motivi principali di questa difficoltà è che il discorso della montagna è apparentemente così chiaro, e conosciuto, che rischia di sembrarci ormai quasi banale. Allora io vorrei stasera tentare di farci almeno intuire la potenza delle parole di Gesù. Vi propongo di fare una sorta di esercizio ignaziano: immaginate di essere sulle pendici di un colle, e di essere andati lì a piedi, facendo un lungo cammino, per ascoltare uno che dicono sia il Messia, il liberatore del popolo, inviato da Dio. Vi sedete, e vi concentrate per sentire ciò che dice, aspettandovi cosa? Una immersione nelle parole della Legge (la Torah), un richiamo alle parole dei profeti (come Isaia, o Geremia…), una potente invettiva contro i dominatori romani, l’affermazione della propria volontà di cambiare le cose…. Invece Lui, nel silenzio più assoluto, comincia così: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di domenica 2 febbraio – non letto per la coincidenza con la festa della Presentazione di Gesù al tempio). 1 Assunta Steccanella – 13.02.14 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Vangelo di domenica 9 febbraio) Non pensate che io sia venuto….. E qui inizia il brano di stasera. Potente introduzione, non vi pare? Almeno un pochino li avrà spiazzati, gli uomini e le donne che lo stavano ad ascoltare? Infatti il discorso si concluderà, due capitoli dopo, così: (7,28-29) Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi. Li ha spiazzati sì, anzi di più. La parola greca che troviamo e che è stata tradotta con “stupiti” è il perfetto del verbo ekplessomai: indica il fascino timoroso che si prova di fronte al mysterium tremendum. La meraviglia come segno di un incontro con il soprannaturale, che è estasi, sconvolgimento, stordimento; qui il verbo è al perfetto, indica cioè un’azione compiuta nel passato, il cui effetto permane nel tempo = exeplessonton. La gente si accorge che lì c’è qualcuno che rivendica per sé la stessa autorità di Dio stesso. Una vera rivoluzione, un nuovo ordine del reale. Noi, non trovandoci lì allora, ma qui oggi, con secoli di abitudine sulle spalle, invochiamo l’azione dello Spirito che provochi in noi lo stesso stupore di fronte alla novità di Cristo, e facciamo quello che possiamo, sforzandoci di capire. Per introdurci almeno un poco nella comprensione di questa pericope, è necessario che proviamo a contestualizzarla. Siamo in quella sezione del Vangelo di Matteo conosciuta come "il discorso della montagna", che è un tutt'uno che dovremmo aver iniziato a sentire il 2 febbraio e di cui sentiremo alcune parti fino al 2 marzo. Matteo ha iniziato il racconto del suo vangelo dalle origini, anzi, dalla Genesi: la traduzione corretta dell'apertura del libro è: libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (Testo CEI: Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo). 2 Assunta Steccanella – 13.02.14 E dopo questo incipit, l'evangelista ci ha condotto a cospetto dei racconti della nascita, della fuga in Egitto, con le citazioni di compimento, tese a mostrare come proprio in Cristo si compiano le promesse dell'AT. Poi troviamo un salto temporale, che ci conduce ad un altro inizio, l'inizio della vita pubblica, con il trittico costituito da 1. battesimo al Giordano, 2. le tentazioni (9 marzo prima di quaresima), 3. la chiamata dei primi discepoli. Questo per condurci al primo dei cinque grandi discorsi di Gesù che caratterizzano questo vangelo, il discorso in un certo senso programmatico, il momento in cui si delinea il tipo di messianismo che il Signore è venuto ad instaurare. Si tratta del discorso genetico, un inizio su cui poi si radicherà tutta la sua predicazione, un inizio non solo in senso temporale, ma un archè, un principio di base, una radice di tutto quanto viene dopo. Tra l’altro, i cinque discorsi sono strutturati per proporne l’analogia con i cinque libri della Torah, e questo è il primo, parallelo quindi al libro della Genesi. Il discorso occupa tre capitoli, 5-6-7, ed è strutturato a cerchi concentrici, struttura che conduce verso un centro da cui poi torna a dilatarsi. È il movimento del respiro, concentrazione ed espirazione. Il centro del discorso della montagna si trova al capitolo 6: il Padre Nostro. Ciò che conosciamo meglio di questo discorso, oltre a questa preghiera, ne è l'introduzione, ossia le Beatitudini. Ma le Beatitudini, così famose per la loro forma poetica oltre che per il contenuto, non ne costituiscono la parte principale ma un orizzonte, quasi una introduzione, un'apertura spiazzante, che ha anche lo scopo di attirare immediatamente l'attenzione degli ascoltatori per la forma e per il contenuto. Le Beatitudini, che vengono spesso definite la legge nuova del cristiano, hanno quindi lo scopo di accompagnarci dentro il pensiero di Gesù, per agevolarne il nostro coglierne il succo, la parte principale, che inizia proprio con la pericope di stasera. E’ necessario però, prima di addentrarci nel nostro brano, sottolineare un’altra cosa: Se consideriamo le beatitudini una nuova norma morale, non siamo usciti dal problema che S. Paolo vede nella legge: buona, ma inefficace, perché non ha sufficiente forza per farci superare la nostra debolezza nel metterla in pratica (Rm 8,3). Si tratta invece di una nuova legge se ricordiamo l’idea che la parola “Torah” conteneva: la freccia che va a segno. 3 Assunta Steccanella – 13.02.14 Torah: una parola dall’etimologia difficile. Si traduce "insegnamento, educazione, regola" ma ha in sé anche il verbo jahrù, gettare, lanciare, e può estendersi a "indicare" (indicare la via), lanciare al bersaglio, mandare a segno. Noi oggi traduciamo "Legge" e ogni volta che Gesù parla della legge dovremmo leggere Torah (diventa così un po’ più chiaro perchè il termine ‘peccato’ = amartia rimandi al ‘mancare il bersaglio’). Legge non intesa quindi come imposizione, ma come una necessità della verità della vita umana per andare “a segno” (legge per il sangue è nutrire il corpo). La beatitudine nell’AT è legata ad una sapienza di vita che la renda “bella”. Dunque: Fortunato! Felice!". Ed è spiazzante questa norma proprio perché non afferma che sono beati coloro che vanno oltre la “normalità” morale, con quelle che un tempo si chiamavano le opere supererogatorie (destinate solo a qualcuno di particolarmente fedele ma non per tutti): questa, apparentemente così dura, è la legge che rende ogni uomo felice! Gesù sottolinea così ciò che propone: [17] Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. La Torah, i Profeti, tutta la storia della salvezza fino a quel momento, non è abolita, ma trova il suo compimento in Gesù. Occorre cioè passare attraverso Gesù per entrare nel regno dei cieli, perché è in lui che ogni comandamento, anche minimo, trova senso. Questa è una sottolineatura importante, perché è necessario che comprendiamo che ciò che egli propone non è una sorta di aggiunta, aggravamento di quanto già era stabilito. Il dare compimento non significa quindi completare, aggiungere cose. Il fatto è che la legge, tutta la legge dell’antica e nuova alleanza di Dio con il suo popolo, trova senso se compresa alla luce di Cristo, della sua realtà di esistenza donata e quindi in questa logica. È tale logica che salva. Il cristiano trova qui un criterio importante: spesso ci interroghiamo sulle differenze tra AT e NT, su come comprendere certe pagine. Ebbene, la lente attraverso cui guardarle è Cristo1. 1 “…è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo … la Chiesa condanna con forza, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione” (NA 4-5). 4 Assunta Steccanella – 13.02.14 [18] In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Iota: una lettera dell'alfabeto ebraico, piccolissima, assomiglia ad un apostrofo. Ma anch'essa è importante per la lettura delle parole scritte. Gesù ci dice che ciò che è contemplato nell'antica torah ha un proprio senso, non è annullato. [19] Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Qui Matteo mette una sottolineatura che è pensata per la sua comunità. Sappiamo che egli scrive per una comunità di giudei convertiti al cristianesimo, ed è importante per loro comprendere che non si tratta di rinnegare ciò in cui sono stati cresciuti. Quindi l’antica legge non è tolta. Va però ricompreso ad un nuovo livello. [20] Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Qual è questo livello? Quello di una giustizia diversa. Si tratta di passare dalla giustizia come equivalenza alla giustizia come grazia, come dono sovrabbondante. Dalla giustizia che mette al centro me e quello che riesco a fare, con la connessa ricompensa, alla giustizia che mette al centro l'altro e il suo valore per me, la misura del mio amore per lui al di là anche di me stesso. La giustizia che non è coerenza con un comando ma coerenza ed unità interiore, legame con Dio sommamente giusto nella misericordia (cfr. Giuseppe giusto…). La migliore giustizia: le antitesi. Entriamo qui in una forma di insegnamento tipica della mentalità semitica. Comprenderlo ci aiuta a dipanare alcune grosse difficoltà che questo brano ci porrà davanti. Sappiamo che la mentalità semitica è semplice e lineare e procede spesso per paradossi, che hanno lo scopo di far rimanere bene impresso ciò che si vuol comunicare. L’antitesi pone direttamente in relazione il comando conosciuto con il suo senso più pieno, e quindi non è un contraddirlo, ma un consentire ci approfondirlo. Gesù ricolloca la legge nella sua posizione originaria, semplice e radicale allo stesso tempo. Un altro elemento importante: i maestri del tempo insegnavano la legge appoggiandosi sempre sulla parola diMosé, dei Profeti, o sullo ‘sta scritto’. Gesù con un comportamento del tutto originale, appoggia l’insegnamento sulla propria autorità: “Ma io vi dico”. 5 Assunta Steccanella – 13.02.14 La prima antitesi è composta di tre momenti ed è riservata alla relazione tra fratelli (qui non si riferisce solo alla fraternità carnale ma alla fraternità in quanto esseri umani figli dello stesso Dio). [21] Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. [22] Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna2. Primo momento: i rapporti tra fratelli. Il comando di rispettare la vita dell’altro non si riferisce solo alla sua vita fisica, ma al rispetto che gli devo in quanto essere umano, mio fratello nel Signore quindi figlio del mio stesso Padre Se la mia relazione con Dio fa dell’altro un mio fratello, come me in radice, come posso definirlo "raca", stupido? Stupido traduce ebraico "inerte", "vuoto", senza cervello. O “pazzo” che vuol dire rinnegato. Questa prima antitesi poi richiama la verità che Gesù dirà più avanti: non quello che entra nell'uomo contamina l'uomo, ma quello che esce dal cuore dell'uomo… (Mt 15,16-19) da dove viene l'uccisione del fratello se non dall'odio coltivato, dal disprezzo dell'altro, dal mio considerarmi in diritto di giudicare la sua vita? È il cuore a dover essere puro, innanzitutto, perché non sia insozzata la nostra vita… [23] Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, Non dice "se TU hai qualcosa contro tuo fratello: dice che è lui ad avercela con te. Descrive quindi una situazione ancora più difficile: riconciliarci con chi riteniamo abbia torto! Cosa afferma qui? Che è proprio nel momento della nostra relazione con Dio che ci rendiamo conto del nostro mancare verso i fratelli. Che è la frequentazione di Dio che apre gli occhi e il cuore e rende impossibile compiere atti di culto se il nostro cuore non è pacificato. Attenzione a noi stessi, quindi, quando ci avviciniamo alla mensa eucaristica: dobbiamo presentarci con il cuore indiviso! 2 Geenna: La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal fiume Hinnon sul lato sud del monte Sion. Il nome deriva dall'ebraico ghe-hinom che significa, appunto, valle dell'Hinnom. Sion è un rilievo montuoso sul quale è stata fondata la città di Gerusalemme. Nella valle dell'Hinnon i re di Giuda Acaz e Manasse avrebbero praticato un culto idolatrico, che includeva sacrifici umani (in particolare di bambini) a Baal, celebrati mediante il fuoco. (2Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31, 32; 32:35). Il re Giosia volle poi sopprimere sul suo territorio ogni tipo di devozione non diretta a JHWH. Per impedire che in futuro si continuassero pratiche simili, fece profanare il luogo in cui si praticava il culto idolatrico e ne fece più propriamente una discarica di immondizie e cadaveri a cui non veniva concessa la normale sepoltura, dove il tutto veniva bruciato da un fuoco continuo. 6 Assunta Steccanella – 13.02.14 [24] lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. In Cristo il perdono e la pace vengono prima di qualsiasi atto di culto! [25] Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. [26] In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! Questa seconda parte è esplicitazione della prima: quando ci troviamo a gestire le cose quotidiane ci facciamo guidare dal timore, ad esempio della giustizia, che diventa un deterrente a comportarci male. Quanto più il rapporto con Dio dovrebbe farci comprendere qual è il modo giusto di vivere le relazioni!! L’espressione mettiti d’accordo rende male il termine greco, che chiede di essere Eunoon, benevolo, disposto alla pace; noi leggiamo questa pagina dal punto di vista del comportamento, della nostra morale. San Girolamo fa invece un commento di carattere spirituale che è molto interessante: il nostro avversario è il diavolo. Noi facciamo un patto con lui al momento del battesimo, in cui affermiamo: rinuncio a te, o Satana, con tutte le tue seduzioni. Se manterremo questo patto allora rispetteremo l'accordo con il nostro avversario, ed egli non ci prenderà e non ci consegnerà al giudice che ci farà scontare i nostri peccati nella pena eterna3. La seconda antitesi riguarda la relazione tra l’uomo e la donna. Le scuole rabbiniche consentivano il divorzio in diversi casi, per motivi anche futili (Hillel) o solo per motivi gravi (Shammai). Qui Gesù radicalizza la legge affermando che non si deve compromettere il focolare del fratello non solo concretamente, ma non bisogna neppure permettere che nasca il desiderio di farlo. [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; [28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Che differenza c'è tra il peccato commesso e il pensiero peccaminoso? Certo non possiamo mettere la briglia ai nostri pensieri, ma quelli che costituiscono peccato sono i pensieri coltivati, quelli non realizzati solo perché non ne abbiamo avuto l'occasione. Guardare un altro-un'altra con concupiscenza, cioè proprio per 3 Cfr. S. Girolamo, Commentarium in Matthaeum. 7 Assunta Steccanella – 13.02.14 stimolare in noi stessi i pensieri egoistici, pronti a soddisfarli appena possibile, è commettere peccato. La radice profonda di tale peccato, va sottolineato, sta nel considerare l’altro come oggetto di possesso, da ‘prendere’ se possibile, e quindi nello svilirne la preziosità, la dignità di figlio di Dio e mio fratello, su cui io non ho alcun diritto né potere. Il peccato è la ferita di una relazione. [29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. Qui siamo nel tipico linguaggio semitico, linguaggio povero che usa i paradossi per essere più incisivo4. Cosa vuol comunicare Gesù, se non intende riferirsi ad un fatto fisico? In primo luogo ci richiama a riflettere sull'occhio: è il primo livello del nostro avvicinarci alle cose. Mi avvicino con occhi puri o accecati dalle passioni? Il mio sguardo è rapace o cerco di guardare il reale con sguardo amorevole e rispettoso? L'occhio indica il pensiero, il desiderio. [30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. La mano indica il prendere forza della volontà, il concretizzare ciò che prima si è solo vagheggiato. Questa iperbole quindi è approfondimento di quanto appena detto: guardare la persona per desiderarla, PER desiderarla, con l’intenzione di prenderla concretamente, con atteggiamento di dominio. [31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; [32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Qui la coppia mostra tutta la sua preziosità davanti a Dio. Non mi fermo sull’eccezione matteana, quella discussa frase “Eccetto il caso di concubinato” che non c’è negli scritti degli altri evangelisti e che viene di solito attribuita non a Gesù ma a Matteo, che ancora vuole andare incontro alle sensibilità del suo tempo. In questo passaggio, ancora una volta, Gesù sottolinea la pari dignità di uomo e donna. Non è possibile all’uomo allontanare la sposa esercitando su di lei un potere, dichiarandone il possesso. 4 Per capire come non vada inteso alla lettera, ricordiamo Origene, un padre della chiesa vissuto tra il 185 e il 254 dopo Cristo, esegeta e commentatore finissimo della scrittura: non divenne santo proprio perché in gioventù aveva preso in senso letterale questa pagina e si era mutilato per rimediare ad un presunto scandalo del suo corpo. Questa sua incomprensione ne ha reso impossibile il cammino di santificazione. 8 Assunta Steccanella – 13.02.14 Inoltre è fortissimo il richiamo a Genesi 2,24: l’uomo e la donna come una sola carne. Sappiamo che questo ha grande concretezza nella generazione di figli, in cui l’amore tra un uomo e una donna diventa vita nuova, indivisibile, espressione della nostra vocazione ad essere co-creatori, collaboratori di Dio perchè la vita continui ad animare la terra5. La terza antitesi riguarda la relazione con Dio. Gesù ancora una volta ci pone davanti a Dio e ci chiede di accoglierne la trascendenza, renderci conto della sua realtà, non facendone un uso magico. Non si tratta infatti semplicemente di mantenere gli impegni: nel momento in cui io giuro davanti a Dio è come se con la mia parola impegnassi ciò che appartiene a Dio solo. Come posso chiamarlo in causa e metterlo al mio servizio, garante dei miei impegni, quando non sono in grado neppure di modificare la mia stessa umanità (aumentarmi o diminuirmi l’età, per esempio)? La differenza tra magia e religione infatti riposa qui: la religione mi pone in atteggiamento di affidamento a Dio e alla sua provvidenza; la magia cerca dei modi per piegare Dio al mio volere. Spesso la nostra religione è piena di magia: se prego tanto, se accendo tante candele, se vado a tante messe, il Signore mi esaudirà… se giuro per il Signore egli mi garantirà…. Gesù ci riposiziona, e comprendiamo così come ci stia conducendo a pregare con ‘Sia fatta la Tua volontà’: [33] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34] ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35] né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36] Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Nel metterci al nostro posto davanti a Dio, Gesù non ci umilia né ci sminuisce, ma esalta la nostra piena umanità: siate in grado di essere pienamente uomini, esprimendo con semplicità e con verità i vostri impegni senza nascondervi dietro fiumi di parole che hanno spesso lo scopo di ingannare, e che proprio per questo vengono dal maligno. [37] Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 5 Tagore diceva che, finchè nascono bambini, significa che Dio non si è ancora stancato del mondo. 9 Assunta Steccanella – 13.02.14 Come possiamo intuire qui sotto c'è la spiritualità del Samaritano, che si china sulla debolezza dell'altro non per possederlo, per approfittare di lui, ma si china sulla debolezza dell'altro per farsi dono, capace di aiutare il debole a sollevarsi. È questa la nuova giustizia che ci viene chiesta, continuamente, da Gesù e che, e questa è la buona notizia, il Vangelo, da Gesù stesso ci viene donata attraverso il suo donarsi a noi. Con le nostre forze, infatti, facciamo poca strada su questa via. Tutt’al più riusciamo ad essere giusti in senso retributivo (dare e avere) ma questo dono radicale deve essere prima di tutto accolto da colui che si fa dono. Se ci lasceremo trasformare da questa nuova giustizia, davvero i poveri e i miti e i puri di cuore e i misericordiosi saranno beati, perché finalmente alla loro apertura e disponibilità non risponderemo più con il sopruso e la violenza, ma con il sostegno, il dialogo e la reciproca accoglienza. 10