Gli incontri culturali di
Naturium
Filosofia, Antroposofia e Musica
Dispensa n°2
INTRODUZIONE
Con il progetto “Naturium” sta sicuramente nascendo qualcosa di nuovo, in Calabria. Una nuovo filosofia, forse, che però non si fonda su
dogmi, organizzazioni e verità assolute. Non è neanche una semplice
teoria. Per ora possiamo dire che “Naturium” è, prima di tutto, l'esercizio libero e creativo del pensiero e della comprensione della realtà.
Una visione che:
guarda al mondo con gli occhi del cuore;
accetta e accoglie la diversità come espressione della ricchezza multiforme del mistero dell'esistenza;
rispetta la vita, tutta la vita, nel suo crescere e manifestarsi.
Gli incontri di “Naturium”, in effetti, sono proprio questo: una grande
celebrazione della vita, un costante invito ad una positiva evoluzione,
individuale e sociale. Magari anche auspicando la costruzione di comunità e persone sane, sia a livello locale che globale. Del resto, perché
non correre il “rischio” di immaginare un nuovo mondo capace di vivere in piena armonia ecologica, un mondo più equo e più solidale, in
grado di far emergere sempre la creatività e la freschezza del libero
pensiero, un mondo aperto al cambiamento, all'accoglienza, connesso
con tutte la bellezza e le meraviglie della creazione? Ebbene, cari amici,
tutto questo è “Naturium”! In questa seconda dispensa troverete la sintesi di uno straordinario incontro che si è svolto a Soverato il 15 giugno
2014. Un affascinante intreccio di musica, filosofia e antroposofia che
ha coinvolto centinaia di partecipanti in una magica serata sul mare limpido e cristallino della costa jonica.
NATURIUM, SINTESI DEL QUARTO INCONTRO
L’interpretazione sensibile e raffinata del flauto solista Roberta Zirilli, i
delicati fraseggi di Giorgio Michele De Giorgio al violoncello, le armonie estasianti e, a tratti, commoventi di Annalisa Critelli al piano, i ritmi
coinvolgenti di Marco Cantafio alle percussioni. Puntuale, brillante, il
quarto aperitivo culturale di “Naturium”, a Soverato, ha colpito le corde del cuore, esibendo un emozionante intreccio di pensiero: musica,
filosofia, antroposofia. A fare da sfondo all'iniziativa promossa da Giovanni Sgrò, il magico spettacolo del mare, del cielo, della natura. In tanti hanno risposto al richiamo della serata, affollando un'area turistica
tradizionalmente nota per la bellezza e il fascino della caratteristica insenatura che si spinge oltre i confini a nord della città “Perla dello Jonio”, lungo la foce del Beltrame e, più in là, verso la vicina Montepaone. Tra gli ospiti in platea: il sindaco di Soverato, Ernesto Alecci; l'assessore comunale alla Cultura, Vittorio Sica; il presidente della Fondazione Gutenberg, Dino Vitale; il direttore artistico di Armonie d'Arte
Festival, Chiara Giordano.
Ha introdotto i lavori il giornalista e dottore in Filosofia Francesco
Pungitore, relazionando sul tema: “Anima, musica e filosofia”. Pungitore ha parlato del progetto “Naturium” come di un tentativo tanto coraggioso, quanto concreto, di riportare la filosofia tra le gente, proponendo “una filosofia comprensibile, una filosofia che vivifica il pensiero rimettendolo in movimento, una filosofia che guarda alla vita e all'esperienza quotidiana degli uomini”. Francesco Pungitore si è poi riallacciato alle dottrine di Platone e soprattutto di Pitagora, “il filosofo
nativo di Samo che raggiunse l'apogeo della sua vita intorno al 531 a. C.
proprio di fronte a questo mare, tra Crotone, Locri, Taranto e Metaponto”, spiegando il continuo tentativo dei Pitagorici di connettere
scienza musicale e matematica, il loro insistere su determinate combinazioni di suoni, tanto da ipotizzare che esistesse, per loro, una stretta
coincidenza tra realtà, numero e musica. “La matematicità del reale è
anche la musicalità del reale?” si è chiesto Pungitore prima di cedere il
microfono all'antroposofo e musicista Fabio Antonio Apicella. Quest'ultimo ha aperto il suo intervento ricordando, per brevi accenni, la
figura di Rudolf Steiner, fondatore dell'Antroposofia, per poi tuffarsi
nell'approfondito racconto della musica in senso antroposofico: “La
sostanza madre del Paradiso, che, pur non essendo caduta nella materia, è stata comunque lasciata alla portata dei nostri sensi affinché possa
redimerli, possa essere loro da Strumento di trasporto fin là, dove è
iniziata: il Principio”. “Ecco perché - ha spiegato Apicella - nella musica l'uomo realizza naturalmente ciò che invece deve compiere con sforzo innaturale nel pensare: cogliere la luce dell'entità pensiero prima che
il proprio cervello la afferri e la svuoti di luce!”.
“Il musicista in tal senso – ha continuato - deve imparare ad ascoltarsi
dall'esterno e sentirsi cantato come se fosse un altro a cantarlo: come se
il proprio organismo fosse solo lo strumento del suono originario, vivente e risonante in ogni nota del proprio corpo eterico”. “Dobbiamo guardare negli occhi il suono – ha concluso l'antroposofo Fabio Apicella sentirne la forma e vedere la via da cui proviene e nella quale vuole ricondurci. Il suono è l’anima dell’idea e l’archetipo della parola. Lo spirito
del suono dal passato soffia sull’uomo risvegliato, lo accarezza con la sua
rapida ala per dileguarsi nel futuro. Sepolta nella tomba ella materia, l’energia spirituale dell’uomo oggi si agita, si risveglia e cerca la sua strada
dentro l’uomo stesso”. La conferenza ha, così, raggiunto il proprio apice
nel commento musicale di Roberta Zirilli (flauto), Giorgio Michele De
Giorgio (violoncello), Marco Cantafio (percussioni) e
Annalisa Critelli (pianista e cantante), meravigliosi interpreti di un evento culturale che ha lasciato un segno profondo nell'interiorità conoscitiva più spirituale e sottile degli ascoltatori. La bella serata si è conclusa
con una squisita degustazione vegana e un concerto jazz del trio Sergio
Sinopoli, Giulio Oliverio, Maurizio Mirabelli, che hanno reso ancora
più piacevoli i successivi momenti di dialogo e commento da parte dei
presenti.
Grande successo per l’evento “La Musica”, gli spettatori con ammirazione e
molta attenzione seguivano le parole del giornalista F. Pungitore e del
Antroposofo F.Apicella.
MUSICA E FILOSOFIA
la relazione di Francesco Pungitore
Innanzitutto desidero esporre brevemente i contenuti delle mie attività.
Ho una laurea in Filosofia, un perfezionamento post laurea in Tecnologie per l'insegnamento e di mestiere faccio il giornalista professionista.
Dunque, quasi in maniera consequenziale, ho raccordato queste mie passioni, avviando, già da diversi anni, un progetto di divulgazione del pensiero filosofico, al fine di renderlo accessibile ai più senza, però, banalizzarne i concetti chiave. In questo alveo di interessi, ho anche elaborato
dei prodotti multimediali destinati alla didattica per Licei: in particolare,
ho prodotto una breve storia della Filosofia in 25 puntate, in formato
audiovisivo, che, devo dire anche con una certa soddisfazione, ha conquistato migliaia di fruitori sul web. Ho scritto anche dei saggi, sempre a
carattere divulgativo, su argomenti di storia e di filosofia, avviando delle
ricerche specifiche, viaggiando in Italia e in Europa, nel campo dell'analisi esistenziale, della filosofia delle religioni e dei nuovi movimenti spirituali. E' così che sono entrato in contatto, in Germania, con la cosiddetta
consulenza filosofica di Gerd Achenbach, alla quale mi rifaccio in quanto
tentativo concreto di riportare la filosofia tra la gente, verso pensieri
“altri” che non siano i problemi astratti, puramente speculativi, di cui i
filosofi di oggi si occupano nella loro veste accademica. La condizione in
cui la filosofia si trova attualmente è ben nota: una sorta di autoghettizzazione, che le ha fatto perdere il contatto vitale con la realtà. Il pregiudizio che la soffoca è sempre quello: che la filosofia sia una cosa superflua,
comunque riservata a pochi e non per tutti.
Evidentemente non è così. Non lo era già per la filosofia delle origini,
quella di Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito, Pitagora, Parmenide, Empedocle, Platone. Ebbene, a quella filosofia, a mio avviso, bisogna ritornare. Alla filosofia “scienza prima” delle sue origini greche.
Una filosofia comprensibile
Una filosofia che vivifica il pensiero, rimettendolo in movimento
Una filosofia che guarda alla vita e all'esperienza quotidiana degli uomini, abbandonando l'aria sterilizzata dei laboratori universitari
Ed è proprio quello che stiamo cercando di fare qui a Soverato, grazie
all'impegno organizzativo dell'amico Giovanni Sgrò, con il progetto
“Naturium”, giunto al quarto appuntamento culturale dell'anno. Parliamo di filosofia antica, dunque. Di quella conoscenza nata come arte
della vita indissociabile dall'esperienza. Di quell'impegno quotidiano, di
quel cammino interiore ed esteriore, illuminato da un sapere che era
anche e soprattutto terapeutico, dotato di una funzione liberatrice e
risanatrice. Quindi parliamo di una filosofia capace di ispirare piuttosto
che di spiegare, che eleva lo spirito umano in ambiti e sfere di superiori
visioni senza mai perdere il suo radicamento conoscitivo. Una filosofia
sapienziale, pertanto, che non è erudizione superficiale ma esperienza e
pratica: della verità, della bellezza, del bene. Perseguiamo il nostro scopo, oggi, in un luogo che, già per se stesso, ci aiuta molto nel nostro
compito.
Questo luogo evoca ricordi di storia antica: a pochi metri da noi c'è un
sepolcreto rupestre riconducibile ai Siculi, popolazione pre ellenica; qui
di fronte, a pelo d'acqua, affiorano i reperti di età romana dell'antica
Poliporto. Storia, dunque. Ma anche filosofia. Siamo ospiti del
“Glauco” e, guarda caso, questa figura compare nientemeno che nella
Repubblica di Platone, Libro X, come metafora dell'anima immortale.
Il dio Glauco marino non è più visibile nelle sue forme originarie, sommerso dall'acqua, da pietre, conchiglie, alghe. E' come l'anima nelle forme che poi assume nel corpo. Platone, come sapete, nei suoi scritti presenta l'anima secondo immagini e metafore allusive. Celebre è la metafora del carro alato, che compare nel Fedro. L'immagine qui proposta è
quella del carro guidato da un auriga e tirato da due cavalli, uno bianco e
uno nero. Leggiamo direttamente il passo del Fedro (Giovanni Reale III
volume, pag. 194): “Si pensi, dunque, l'anima come simile a una forza
composta di un carro a due cavalli e di un auriga. I cavalli e gli aurighi
degli dei sono tutti buoni e derivati da buoni, invece quelli degli altri sono misti...” . Attraverso l'immagine del Fedro, dunque, cominciamo ad
avere un'idea più precisa dell'anima secondo Platone. Più che di anima,
dovremmo parlare, come abbiamo visto, di complesso animico. C'è una
funzione superiore, l'auriga, che potremmo definire l'Io-spirito destinato
a diventare il nostro sovrano interiore. E' ciò che gli Orfici simboleggiavano attraverso il mito di Dioniso, la scintilla divina destinata a riemergere dalla materia. “Da uomo diventerai dio perché dal divino derivi” recitano le laminette orfiche di Turi. Ci sono i due cavalli, uno docile e l'altro
bizzoso. Definiamoli, per velocità di esposizione, come le due facce della
stessa medaglia, ovvero: l'insieme psichico dell'uomo. Le sue funzioni
razionali, da una parte, ed emotive, dall'altra. E poi c'è il corpo fisico, il
carro. Per inciso, Steiner utilizza una simbologia molto simile nella descrizione delle parti fisiche e sovrafisiche dell'essere umano, sia pure con
obiettivi meditativi diversi: l'Io, il corpo astrale, il corpo eterico, il corpo
fisico sono le quattro parti costitutive dell'essere umano che, secondo
l'antroposofia, si compenetrano formando l'entità umana complessiva.
Ma torniamo all'anima secondo Platone.
Un celebre passo del Menone ci spiega che “essa è immortale ed è più volte
rinata”. “E poiché ha veduto tutte le cose – scrive Platone – non vi è nulla che
non abbia imparato”. Dunque, Platone ci racconta che:
l'uomo è tripartito: è spirito, anima e corpo
l'uomo custodisce in sé una dimensione di immortalità
questo suo nucleo immortale cade e ricade più volte nei cicli della vita
infine, il suo conoscere, l'apprendere, è un ricordare, è reminiscenza
Perché è reminiscenza? Perché nell'uomo è attiva una capacità di visione che va
solo ridestata. Nel suo volare e ricadere tra le dimensioni della materia e del
sovrasensibile, egli vede quelle verità, quelle forme-idee, che danno l'impronta
al mondo manifesto. Tutto ciò che esiste è copia di quel sovramondo che noi
vediamo quando il nostro Io superiore ha la forza di raggiungere quelle alte
vette spirituali. E ce ne vuole di forza per elevarsi. Perché, come Platone spiega
quando il nostro Io superiore ha la forza di raggiungere quelle alte vette
spirituali. E ce ne vuole di forza per elevarsi. Perché, come Platone
spiega nel Fedone, l'uomo si appesantisce nella sua intima unione con il
corpo. Si appesantisce ancora di più se si incarna in un individuo che
preferisce un basso tenore morale alla via del sapere e della conoscenza
filosofica. Quindi, per usare una terminologia orientale, c'è evidentemente un karma che ci lega al mondo della materia, un rapporto di causa-effetto tra le nostre azioni e la nostra capacità di “visione” dei mondi
superiori. Karma che va sciolto scegliendo di orientare la propria vita in
senso superiore piuttosto che no. Nel celebre mito di Er, con cui si
chiude la Repubblica, Platone narra il ritorno delle anime su questa terra. I paradigmi delle vite stanno in grembo alle Moire. Ma essi non sono imposti, bensì solo proposti alle anime. La scelta è interamente consegnata alla libertà delle anime stesse. (Reale, Libro III, pagina 230).
Dunque, riassumendo: l'uomo, come sappiamo dal Fedro, è come un
carro alato tirato da due cavalli con l'auriga. Procedendo nel mondo
sovrasensibile, riesce a vedere l'Essere o, almeno, una parte di esso. Se
l'attrazione per la materia si fa più forte dell'aspirazione spirituale al divino, le ali si spezzano e precipita sulla terra. La vita terrena alla quale si
dà origine sarà più perfetta in base a quanto si è visto di quell'Essere, di
quella “pianura della Verità” di cui ci è concesso, comunque, partecipare. Ma quella visione, può essere recuperata anche qui, su questa terra?
La risposta è sì, la si può recuperare attraverso ciò che Platone chiama
nel Fedone la “seconda navigazione”. Una visione che oltrepassa i sensi
e le sensazioni e ci consente di vedere le realtà puramente intelligibili
dell'Essere. Abbiamo a che fare, qui, con le Idee, forme e oggetti reali,
non semplici rappresentazioni mentali. L'uomo può attivare una capacità di visione più sottile di quella normale, per vedere le forme immutabili dell'Essere. Queste sono le Idee che, peraltro, Platone connette
strettamente ai numeri, attraverso una gerarchia di rapporti che colloca
ciascuna Idea in una precisa posizione-spazio nel mondo intelligibile.
Questa dottrina di rapporti, proporzioni matematiche, numeri, è desunta
da Platone direttamente dai pitagorici. Sappiamo che Platone nacque ad
Atene nel 427 a. C. Diogene Laerzio ci informa che viaggiò molto e andò
in Italia dai pitagorici. Per motivi anagrafici, ovviamente, non incontrò
Pitagora, ma attinse dagli epigoni della sua scuola alcuni punti focali di
quella dottrina. Pitagora, nativo di Samo, raggiunse l'apogeo della sua
vita intorno al 531 a. C. proprio di fronte a questo mare, tra Crotone,
Locri, Taranto e Metaponto. A Crotone fondò la sua scuola di cui resta
un ricordo quasi leggendario. Già Aristotele non sa nulla di Pitagora e
tratta globalmente la sua scuola con la formula che usa nella Metafisica:
“I cosiddetti pitagorici”. Nel Diels-Kranz, in alcuni frammenti riconducibili a Isocrate, si ricorda “Pitagora di Samo, andato in Egitto e fattosi
discepolo degli Egizi, che superò tanto gli altri per fama che tutti i giovani aspiravano a essere suoi scolari”. E cosa sappiamo dei pitagorici? Veneravano Apollo, credevano della metempsicosi, la loro scuola era organizzata come una sorta di confraternita con precise regole di convivenza
e tutti gli adepti partecipavano alla ricerca scientifica e filosofica come
“bene comune”.
Si applicavano alle matematiche, traducendo tutta la realtà in rapporti
numerici, come cosmos, armonia. Ma, soprattutto, coltivavano la musica sopra ogni cosa, sia quale mezzo di purificazione dell'anima umana
che studiandola nelle sue determinazioni numeriche. Dunque, nell'ambito della filosofia pitagorica, alla musica veniva riservato un ruolo speciale. Una attenzione che, come vedremo, Platone riprese ed ereditò.
Musica, ovvero “mousiké”: per i Greci tutte le attività soggette alla protezione delle Muse. Ma per i pitagorici, prima, e per Platone, poi, la musica era essenzialmente la scienza della combinazione dei suoni. Quindi,
non era tekne, ma episteme. Una vera scienza che li condusse a scoprire, ad esempio, gli intervalli musicali fondamentali di quarta, di quinta e
di ottava. Giamblico ce ne parla nella “Vita Pitagorica” e ci sono tante
testimonianza in base alle quali i pitagorici avevano allestito dei veri e
propri laboratori in cui conducevano le loro ricerche acustiche, servendosi degli strumenti più vari. Ma perché tanto interesse per la musica?
Le ricerche musicali dei pitagorici erano indissolubilmente connesse
agli interessi matematici della scuola. L'indagine tesa a scoprire la realtà
nella sua sostanzialità, il continuo tentativo di connessione tra scienza
musicale e matematica, l'insistere su determinate combinazioni di suoni,
ci può fare ipotizzare che esistesse, per loro, una stretta coincidenza tra
realtà, numero e musica. La matematicità del reale è anche la musicalità
del reale? Proviamo a seguire questa ipotesi. Ebbene, sappiamo che
l'espressione geometrica fondamentale dei pitagorici era la tetractys.
Cos'è questa figura a piramide? L'espressione numerica degli intervalli
consonanti fondamentali: ottava, quinta, quarta e doppia ottava. Per
questo essa era chiamata “armonia”. Armonia come il cosmo intero,
dunque. Porfirio ci dice che Pitagora udiva l'armonia dell'universo, cioè
percepiva l'universale armonia delle sfere e degli astri. Cosmo e armonia vengono a coincidere nel pitagorismo, quell'armonia celeste che si
trova nella Repubblica di Platone e, soprattutto, nel Timeo. Parlando
della costituzione del cosmo, Platone introduce nel Timeo un discorso
musicale di notevole importanza. Quando passa a esporre il processo
costitutivo dell'anima del mondo ad opera del Demiurgo, si serve di
uno schema numerico ben preciso: 1, 2, 4, 8 – 1, 3, 9 27.
La figura in questione, sostituendo punti e numeri, non è altro che la tetractys. L'atto della creazione cosmologica divina, anche per Platone, è
musicale! Ed eccoci, dunque, al punto. La legge della creazione è armonia ed essa vale sia a livello macrocosmico che microcosmico. Giamblico
ci ricorda che Pitagora collocò al primo posto l'educazione basata sulla
musica. Platone riconosceva alla musica il posto principale nell'educazione dei giovani. Perché? Perché evidentemente si cercava una via per dirigere l'anima dell'uomo verso un percorso di elevazione spirituale e di
comunicazione col divino, verso la fonte della creazione. La catarsi, l'autodivinizzazione, le purificazioni, lo sforzo di elevarsi dalla terra e farsi il
più possibile prossimi ai Celesti passava e passa, inequivocabilmente, mediante lo strumento unico, originario, liberatorio della musica.
MUSICA E ANTROPOSOFIA
la relazione di Fabio Antonio Apicella
Se l'uomo è costituito da corpo, anima e spirito, possiamo dire che la
scultura è l’arte del corpo, la pittura l’arte dell’anima, la Musica è l’arte
dello spirito, dell’Io, al di là di spazio e tempo. L’intera Creazione risuona in un unico Suono infinito: il suono del Verbo. Se nel mondo fisico
l’uomo ha una particolare forma e nel mondo astrale ha un determinato
colore, nel mondo dello spirito egli ha un suono, una frequenza fondamentale. Per comprendere cosa davvero sia la musica dobbiamo procedere indietro nel tempo con l'indagine spirituale, quando lo sviluppo
dell'intelletto nell'uomo provocò essenzialmente la perdita della memoria cosmica e della visione spirituale. Quando l'uomo perse la capacità
di guardare nel mondo spirituale, sentì la necessità di eseguire e ascoltare musica per colmare quel vuoto interiore, per continuare a percepire
l'azione in sé di quelle forze spirituali divine che non riusciva più a vedere: il bisogno di far musica nasce quindi dal bisogno di conoscere.
Com-prendere la Musica significa accogliere in sé l'universo, conoscerlo senza il bisogno di capirlo. Se oggi il potere della musica è sostanzialmente sconosciuto ai più, non lo era in antichità, quando appunto la
conoscenza esoterica era definita "conoscenza musicale". Nelle scritture di ogni religione, la Musica ha un ruolo essenziale. Nell'Albero sefirotico, la Musica appartiene alla sefirah Hohmah (che in ebraico significa "saggezza"), oltre il sistema solare dove regnano i Cherubini. I Cherubini sono pura musica e vivono e cantano insieme in perfetta armonia. Quando si canta insieme, inconsapevolmente ci si lega alla gerarchia dei Cherubini, l'ordine della musica e dell'armonia celeste: allora
l'armonia dell'universo opera su di noi, facendoci vibrare interiormente
l'anima e il corpo, trasportandoci nell'immensità del cosmo. Hohmah è
la regione del Verbo che ha creato il cosmo.
Nella Bibbia, Gerico viene conquistata abbattendo le sue mura al suono
delle trombe, Orfeo con la sua lira incanta gli uomini, gli animali, le piante e le rocce. E, nella Genesi, il Verbo è descritto col termine “Logos”.
La Parola cosmica fu l'agente tramite il quale gli Dei crearono il mondo:
"E il Dio degli Dei disse: sia la Luce!". Il Verbo creò il Suono e il Suono
creò la Luce, nel tohu va-bohu, il calore fluttuante e oscuro. La Luce,
manifestata dal Suono della Parola Cosmica, fluiva nella tenebra e riorganizzava la materia informe, il disordine degli elementi a compenetrarsi
secondo leggi armoniche. Ancora oggi questo si verifica facilmente attraverso l'archetto che eccita la piastra di legno e organizza la polvere sottile
nelle cosiddette figure del fisico Chladni: le onde vibratorie creano linee
di forza (punti vivi) che respingono le particelle vibranti verso i punti che
non vibrano (i cosiddetti "nodi" o punti morti), i quali determinano il
tracciato delle figure geometriche: ciò che la vibrazione sensibile compie
con la polvere è quanto avvenne nell'universo al Principio. Ebbene il
suono produce anche in noi delle figure geometriche: anche se non le
vediamo, molte particelle in noi si riorganizzano formando figure (vedi
gli esperimenti di Masaru Emoto con i cristalli dell'acqua). Il risuonare
della Parola divina, tramite la Volontà primigenia, attuò le vibrazioni che,
condensandosi, plasmarono le forme e la vita: dunque la materia è Suono
condensato. Le emanazioni del Verbo-Suono-Luce furono Sette Arcangeli, sette Note-Colori. Come si legge ancora nella Genesi, “gli deielohim aleggiavano sulle Acque”: fu nell'Acqua che si propagò il Fiat
Lux, l'armonia delle sfere. L'Acqua fu in Principio lo strumento musicale
di Dio e contiene ancora oggi il messaggio della Vita, l'intenzione originaria di Dio. A quel tempo l'uomo non aveva anima né corpo fisico ma
solo acqua, cioè un corpo eterico, formato dal suono, che creava linee di
forza che pian piano attirarono la materia. L’Acqua dunque non è stata
creata bensì pre-esiste alla Creazione ed è lo "strumento-veicolo" in grado di registrare e trasmettere un’informazione, una vibrazione, un’energia: un Suono. Nell’acqua, infatti, il suono viaggia più velocemente e gli
strumenti musicali di legno sono costituiti dall'acqua tanto quanto il corpo umano. Il corpo, proprio in quanto ricco d’acqua, è costituito da una
parte Creata e una Non Creata. Ecco perché, per tornare al Principio
dobbiamo ricominciare dall’Acqua: dalla nostra parte pre-creata che risuona nell’universo.
Perché è nella nostra acqua che il Cristo ha immesso il Suo Sangue: la
nuova “informazione”, la Scintilla Generata, il nuovo Suono Generato.
Il Suono è quindi la Parola primordiale di Dio, l’artefice del Creato.
L'Acqua è Maria, l'odierna anima-Eva che ritorna al principio, quando
non si riproducevano ancora gli uomini per bramosia e gli animali per
istinto, bensì, come le piante, in etere. Ancora oggi, quando un uomo e
una donna si amano, dalla loro unione si forma il loro figlio eterico, che
pone le basi vitali per l'eventuale incarnazione in sé di un'anima. Il nascituro è inizialmente costituito di sola Acqua eterica ed è il figlio
dell'Amore tra le due entità prima che la brama o l'istinto lo corrompa:
la percezione di quell'Amore puro è Gioia. Gio-ia è l'unione cristica, il
nuovo Matrimonio tra Gio-vanni e Mar-ia indicato da Gesù sulla croce:
l'uomo veda ogni donna come madre e la donna veda ogni uomo come
figlio. Così come la luce dell'idea vive nell'intuizione finché la logica
non la afferra, la Gioia non sopravvive alla brama che s'impossessa del
figlio eterico. Nei sensi e negli ormoni, la Gioia diviene mera eccitazione della carne; la Sua luce bianca diviene ombra nell'anima.
La musica risveglia nell'anima il ricordo del Principio: tutto un tratto sentiamo di provenire dal Cielo e che al Cielo dovremo tornare. La musica,
spirito materializzato nel piano fisico, è solo un'ombra della musica vera.
La materia fisica, quella che i sensi forniscono, è solo una copia, la buccia
della realtà: quando un uomo è illuminato dalla luce, subito si forma sul
muro la sua ombra, che però non è l'uomo reale. La materia percepita è
solo quella minima parte (4-5%) di frequenze che i nostri sensi riescono
a captare della realtà, che invece vibra a frequenze ben più vaste. Il subsensibile e il sovrasensibile vibrano ben oltre la gamma sensoriale: l’universo ruota costantemente in vortici, a frequenze così alte che il nostro
orecchio non può sentirle, proprio come il nostro occhio non ha l’energia sufficiente per guardare fisso il sole. L’uomo comune non riesce a
sentire il suono di un essere vivente ma può comunque percepirne inconsciamente la vibrazione, l’energia. La Musica è la parte di Amore
Creato del Principio che non è caduto nella materia. E' la Sostanza Madre del Paradiso, che, pur non essendo caduta nella materia, è stata comunque lasciata alla portata dei nostri sensi affinché possa redimerli,
possa essere loro da Strumento di trasporto fin là, dove è iniziata: il Principio. Ecco perché nella Musica l'uomo realizza naturalmente ciò che
invece deve compiere con sforzo "innaturale" nel Pensare: cogliere la
Luce dell'entità pensiero prima che il proprio cervello la afferri e la svuoti di Luce! La Musica ha il potere ineguagliabile di evocare forze sovrannaturali. Pertanto dovrebbe essere sentita come preghiera, mediante cui
ricevere vibrazioni divine e restituirle al Cielo arricchite d'amore e gratitudine. Oppure si può far musica per suscitare l'emozione dei sensi, gratificare il proprio ego, stimolare forze oscure: è una scelta cosciente, che
va operata attivamente ogni volta si suoni o si canti e vigilando sul suo
esito nella propria anima. Se la eseguiamo o l'ascoltiamo attivando il cuore, la Musica ha la forza per riportarci in spirito nel luogo e nel tempo da
cui proviene: il Principio della Creazione. L'uomo moderno, più sprofonda nella materia, più necessita cibo spirituale. Ma di che tipo? Fino al
secolo scorso, attraverso le vie "della testa" l'uomo poteva com-prendere
la Vita e assolvere al suo compito cosmico facendo leva sulle sue forze
intellettuali che sublimava in spirituali.
Allora le vie "del cuore" erano pericolose poiché illudevano l'iniziato di
progredire iniettandolo e beatificandolo di forze luminose che tuttavia
non trasformavano attivamente quelle oscure, che invece restavano
intonse dentro di lui fino a risvegliarsi improvvisamente al momento
propizio. Ma oggi, per l'umanità sprofondata nell'abisso cercare di
"com-prendere" i mondi spirituali è sempre più difficile e si trasforma
quasi sempre in un accumulare nozioni che accrescono l'ego anziché
Operare la Vera Trasformazione.. Perciò la Musica diviene oggi il più
potente mezzo d'iniziazione ai misteri del cosmo: è la Forza spirituale
che da fuori entra in noi accordando potenziando l'anima, trasformando i sensi e formando occhi spirituali. Ma è anche il Verbo-Logos, la
lingua in cui da dentro ci parla il Cristo interiore. L'iniziazione dei nostri tempi consiste essenzialmente nel creare il Silenzio nell'anima. Non
serve altro. Non serve conoscere ma solo essere: essere in Silenzio. Il
Cristo non va capito, conosciuto, scoperto, compreso, attivato, perché
è già attivo dentro di noi e ci parla costantemente, inchiodato nella materia e nei sensi: ma noi non lo sentiamo, costantemente storditi dal
rumore assordante che il Male ci crea nell'anima. La Musica può darci
la Guarigione poiché costituita da Puro Amore Creato! Guarisce perché restituisce alla creatura l'Amore perduto, riportandola sulla smarrita
Via di Casa. Quando cantiamo o suoniamo, il Messaggio Celeste dello
Spirito del Suono si manifesta in noi. Sebbene si presentino degli ostacoli, alcune forze "ordinarie" come invidie e gelosie, non si turbi il nostro cuore poiché "Laddove vi è più Luce, le ombre sono più scure".
Dobbiamo invece nutrire forze straordinarie quali Fede, Speranza e
soprattutto Carità, quell'amore incondizionato che suona il cuore, per
comprendere a fondo cosa davvero la musica sia e cosa sia il Canto
Preghiera. Allora tale consapevolezza porrà il nostro Io al di sopra di
quegli ostacoli, schiacciandoli come Maria fa col serpente. Con la Luce
invincibile dell'Amore, risuoneranno in noi Umiltà e Gratitudine e canteremo, respireremo, vivremo ad Unisono. Beethoven diceva: "La Musica è una rivelazione superiore a qualsiasi saggezza, che oltrepassa tutto ciò che può essere espresso con le parole.
Milioni di persone si sposano credendo di amare eppure l'Amore mai si
rivelerà a loro una sola volta. Allo stesso modo, milioni di persone coltivano una stretta relazione con la musica eppure mai ne avranno la rivelazione". Oggi l'uomo non vive più "nella" musica, bensì soltanto
"accanto" ad essa. Ma in realtà, anche il linguaggio parlato è un'espressione musicale, parlare è un po' come suonare. Infatti il linguaggio umano
primordiale era essenzialmente un canto. Ancora oggi parlare e suonare
hanno molto in comune, entrambi fondati sull'ascolto, che è invero sempre un doppio ascolto dell'entità vivente che si coglie, pensiero o suono
che sia. Quando parla o suona-canta, l'uomo innanzitutto ascolta una
prima volta nella fase creativa: "ascolta" l'entità Pensiero o l'entità Suono,
che gli si manifesta discesa dal cosmo e che egli capta attraverso la sua
antenna, il suo "decoder" cerebrale. Poi ascolta una seconda volta nella
fase esecutiva, per verificare continuamente che ciò che egli emette coincida con l'entità rivelantesi dall'alto. Tutto ciò avviene in maniera extracosciente. Quando ascoltiamo un brano dobbiamo farlo in maniera cosciente, cioè chiedendoci cosa quel brano intenda rappresentare e dunque suscitare in noi: qualunque siano le forze emesse dobbiamo saperle
utilizzare oppure saranno loro ad utilizzare noi. L’artista trasporta inconsapevolmente informazioni dai mondi superiori, conoscenze criptate in
forma di suoni. L’arte non contiene solo la bellezza dell'immagine, ma
anche la forza dell’ispirazione e soprattutto la Luce dell’intuizione che
l’artista ha colto dentro l’idea. I pensieri, come le melodie, non sono
quindi creati dall’uomo ma soltanto captati dal Cielo. Pensare significa
elaborare da dentro di sé l’Idea relativa all’oggetto che è l’oggetto stesso
a fornirci: come la pianta ci dona i suoi frutti che percepiamo fuori da
noi, ci fornisce anche il concetto di pianta, però da dentro di noi. Per
questo nascere interiore siamo ingannati dalla mente a credere di "creare
i pensieri", così che essi ci appartengano. Nell'ignoranza ci contrapponiamo e facciamo guerre tra di noi, ognuno ancorato ai "suoi" pensieri: ci
“scordiamo” anziché accordarci.
Ciò accade perché, nel pensare razionale, l’uomo deve svuotare l’Idea
della sua Luce per poterla materializzare ed elaborare nella materia cerebrale: questo è il suo modo “naturale-inferiore” di pensare. Ma vi è
un altro modo di pensare che l'uomo può conquistare. I pensieri, quanto i suoni, sono entità viventi e colorate, che il nostro spirito coglie dal
Cielo come il musicista fa nelle sue composizioni o il pittore con le sue
tele. Quando l'Io coglie un pensiero, l'anima s'infonde dei suoni e dei
colori di quell'entità pensiero. Le sue vibrazioni, armoniose o dissonanti, risuonano nell'anima o, per meglio dire, suonano l'anima stessa, imprimendo modifiche sul corpo eterico fino ad incidere sul fisico. L'uomo non è che il suo modo di pensare, cioè il suo modo di suonare i
pensieri viventi che capta: la sua salute fisica, la sua intelligenza, la sua
sensibilità, il suo livello evolutivo ne sono il risultato. In base alla forza
del suo Io, egli è strumento di Cristo oppure degli Ostacolatori: se in
lui prevalgono gli ultimi, le vibrazioni dissonanti di una forza-pensiero
ricevuta amplificheranno la Loro attività oscura, dentro come anche
fuori da lui.
Se invece l'Io dell'uomo domina la sua anima lasciando che il Cristo la
suoni, quelle vibrazioni sapranno vincere quella forza-pensiero oscura e
addirittura arricchirsene una volta redenta. Finché riesce a mantenere
inattivi i suoi processi logico-razionali su un pensiero appena colto, l'uomo sente la Luce, il Suono dell'Idea risplendere in lui: è in grado di intuire ogni segreto dell'universo, sentendolo DENTRO di sé anziché al di
fuori. Nel suo intuire egli crea Suono anche FUORI da sé: egli suona e
modifica la realtà che lo circonda, che a sua volta crea trasmettendone
l'eco. L'attività creativa è sempre attività separativa: ogni entità ha vita e
arbitrio propri, avendo in sé lo stesso impulso creativo e separativo divini. Tuttavia, quando viene captato, un suono non attiva naturalmente
l'attività logico-razionale del cervello come col pensiero, bensì quella intuitiva. Pertanto, se il pensare logico-razionale svuota il pensiero per elaborarlo, un suono contiene sempre tutta la Luce iniziale dell’Idea. Ecco
perché nel comunicare si percepiscono molto di più le vibrazioni dell'interlocutore piuttosto che i contenuti delle sue parole: quando ascolta
qualcuno parlare, l'ascoltatore comprende i contenuti del solo 7% delle
parole pronunciate. Il 38% è percezione di volume, tono, ritmo, cioè del
suono della voce di chi parla. Il restante 55% è invece attenzione al ritmo
del corpo, agli atteggiamenti, alle espressioni facciali e ai movimenti più o
meno armonici di chi parla: suono e ritmo sono il vero, occulto contenuto del linguaggio. Questo vale nel parlare quanto nel cantare. Per detti
motivi, il cantante deve porre attenzione alla dinamica, al timbro, alle
qualità, al suono delle parole molto più che alla loro pronuncia e comprensibilità. Altrettanto deve badare al ritmo del corpo: alle sue movenze, che siano sempre fluenti e controllate, rilassate e armoniose. E' importante comprendere che raggiungono l'ascoltatore tutte le impurità
astrali che il musicista non può non immettere inconsciamente nella sua
esecuzione - è la sua essenza naturale che lo costringe - ma che corrompe e altera il Messaggio spirituale. Mentre quando pensa, l'uomo svuota
l'essenza del concetto, la Luce dell'Idea, quando ascolta la musica, l'uomo
intuisce, coglie inconsciamente l'essenza del Suono. Tutti i suoi filtri cerebrali sono inermi: ciò è bene da un lato e male da un altro, poiché è
esposto alle impurità astrali dei musicisti.
Ecco perché il musicista deve sviluppare la forza dell'Io, il direttore interiore, che salga sul piedistallo solare e silenzi il suo strumento-anima,
l'orchestra dei suoi nervi: deve imparare l'ascolto attivo! L'ascolto della
Musica - e ancor più la sua esecuzione, che è sempre doppio ascolto risveglia il suo pensare intuitivo, la sua Vera Fede, risuonante in lui come la Nota in ogni nota. Ogni uomo ha in sé la possibilità di ascoltare il
Suono divino della Verità nel cuore: il contenuto spirituale del Suono
Originario, che è Amore Puro. La ricerca della Verità è la ricerca dell’Amore Puro, che inizia con la ricerca del Suono Originario. Solo nel pensare intuitivo, che precede di un solo istante quello logico-razionale,
l’uomo coglie l’essenza delle cose. Egli deve acquisire la capacità di
pensare come se suonasse. Deve imparare l'ascolto attivo quanto il
pensiero passivo: deve "lasciarsi pensare" dalla Luce dell'Idea, impedendo alla sua logica di attivarsi al coglierla ma lasciando che risuoni
nell'anima e accenda lo spirito, attivandone l'intuito anziché la logica. Il
pensare intuitivo, che precede di un istante l'attività logico-razionale,
avviene anche nell'uomo comune al suo risveglio, quando ancora i pensieri sono confusi e indefiniti: ebbene quello è il momento in cui si
compone la musica, in cui ogni grande autore porta a coscienza ciò che
ha trasportato dal cosmo nella sua permanenza notturna. E' l'unico momento in cui l'uomo capta OGGETTIVAMENTE l'entità Idea, sentendone il suono agire in sé, SENZA il bisogno di silenziare l'anima.
Nel "creare" quella melodia al risveglio, il compositore pensa passivamente: ma è ciò che deve imparare a fare anche nel completo stato di
veglia, perché il pensare intuitivo-passivo e l'ascoltare attivo sono in
realtà la stessa cosa: la musica è il suono dell'Idea, l'intuizione è il pensiero oggettivo scaturito dalla stessa Idea. L'ascolto e il pensiero diventano oggettivi quando l'uomo diviene strumento musicale del Cristo.
Per conoscere il mondo fuori e dentro di noi, dobbiamo imparare ad
"ascoltare con gli occhi e vedere con gli orecchi": dobbiamo guardare
negli occhi il Suono, sentirne la forma e vedere la Via da cui proviene e
nella quale vuole ricondurci. Il Suono è l’anima dell’idea e l’archetipo
della parola.
Lo Spirito del Suono dal passato soffia sull’uomo risvegliato, lo accarezza con la sua rapida ala per dileguarsi nel futuro. Sepolta nella tomba della materia, l’energia spirituale dell’uomo oggi si agita, si risveglia e cerca
la sua strada dentro l’uomo stesso: è il Cristo che vuole rinascere dentro
l’uomo! Se riconosciuto e amato per volontà umana, lo Spirito del Suono
diviene Spirito Santo, la nuova Madre cosmica, Maria-Sophia che celebra
nell’homo il matrimonio tra Adamo ed Eva. Il Suono porta l’Io Sono
nella stalla dell’Anima: è compito sacro dell’uomo incontrare il Gesù
Bambino nato dal ricongiungimento di Adamo ed Eva nella culla del
Suono Originario. Quando suona o canta, il musicista deve imparare ad
ascoltarsi dall'esterno e sentirsi "cantato" come se fosse un altro a
"cantarlo": come se il proprio organismo fosse solo lo "strumento" del
Suono Originario, "vivente" e risonante in ogni nota del proprio corpo
eterico. Suonare o cantare significa quindi "farsi da parte", smaterializzarsi, sublimare la propria materia fisica, che è solo un ostacolo alla manifestazione del Suono originario di cui invece essere umili servitori. Liszt
diceva: "Il compito del direttore d'orchestra (l'Io) è di rendersi superfluo
durante l'esecuzione del musicista (Cristo)". Ecco ciò che dobbiamo fare
durante il pensare, renderci superflui e lasciare che l'idea fluttui libera in
noi, mentre stiamo attivando l'Io perché disattivi le forze soggettive
dell'ego.
Musicisti
Basso Sergio Sinopoli
Pianoforte Giulio Olivero
Batteria Maurizio Mirabelli