Il “non ancora”: nella liturgia viene anticipato il nostro futuro La vita del Regno dei cieli è già presente nel tempo della Chiesa, ma il Regno non è ancora pienamente realizzato. Lo sarà alla fine dei tempi, quando il Signore ritornerà una seconda volta, nella gloria, per porre fine alla storia e radunare tutti i giusti nel suo Regno. Noi siamo ancora in attesa di questo compimento e lo attendiamo non solo per noi, ma anche per tutti i nostri defunti, che stanno aspettando che esso si compia per risorgere anche nei loro corpi mortali, nello stesso modo in cui è risorto Cristo. Quando celebriamo la Messa, poiché si tratta di una liturgia, noi gustiamo già in una certa forma la bellezza del Regno. Durante la Messa possiamo già pregustare le gioie del Paradiso, viviamo cioè un’esperienza che ci deve aiutare a sperimentare quello che faremo per tutta l’eternità, cioè contemplare il volto di Dio dritto negli occhi. In Paradiso la liturgia viene celebrata senza bisogno di segni: i santi adorano Cristo guardandolo dritto negli occhi, in uno stato contemplativo continuo. Noi invece non vediamo Cristo dritto negli occhi e per adorarlo abbiamo bisogno di alcuni strumenti. Noi abbiamo ancora bisogno della mediazione che ci viene data dai sacramenti (come per es. l’eucaristia) e non vediamo ancora il Signore così come egli è. Per questo motivo diciamo che pre-gustiamo le gioie del Paradiso, perché la nostra comunione con Cristo non è ancora perfetta come invece sarà alla fine dei tempi, ma intanto già assapora cosa vorrà dire adorare Cristo e glorificarlo con la nostra lode. Questo significa che la liturgia cristiana permette al cielo di aprirsi e a noi di entrarci dentro, in punta di piedi, come per dare una “sbirciatina” a quel che c’è dentro, rimanerne estasiati e così farci venire la voglia di vivere la nostra vita in vera comunione con Cristo e con la Chiesa. In questo modo intravvediamo la vita del Regno che non è ancora compiuta ma che è già in qualche modo presente nella nostra vita. Parrocchia Gesù Crocifisso e Madonna delle Lacrime La divina liturgia Dalla fede creduta alla fede celebrata 1. 4. La Divina Rivelazione La liturgia: tempo del già e del non ancora QUARTO INCONTRO LA LITURGIA COME LUOGO DEL “GIÀ” E DEL “NON ANCORA” IL TEMPO DELLA CHIESA: “GIÀ” E “NON ANCORA” Noi siamo il nuovo Israele di Dio, il popolo formato da coloro che credono nel suo Figlio fatto uomo, morto in croce e risorto per la salvezza di tutti gli uomini. Siamo battezzati in Cristo e ci riconosciamo in questa identità come membri della Chiesa che Lui stesso ha fondato sugli Apostoli, affidandola alle mani di Pietro. Gesù, con la sua venuta, ha chiuso il tempo della Rivelazione di Ido al popolo di Israele e ha iniziato il tempo della vita della Chiesa. È finito il tempo del culto del tempio ed è iniziato il tempo dell’adorazione in Spirito e verità, con il quale hanno cominciato a compiersi le promesse dell’Antico Testamento. Con Cristo e con la Chiesa queste antiche promesse hanno cominciato a realizzarsi: Gesù ha rivelato la vita del Regno e con la Chiesa ha permesso che questa vita cominciasse a realizzarsi già qui su questa terra. Tuttavia la vita del Regno non è ancora completa: è solo iniziata e prosegue il suo cammino di piena realizzazione, la quale avverrà quando Cristo ritornerà alla fine dei tempi, per porre fine alla storia e dare pieno compimento alla vita del Regno dei cieli. I padri della Chiesa hanno descritto questo tempo della Chiesa come il tempo intermedio, è “il tempo dell’aurora, in cui luce e tenebre si mescolano, in cui il sole comincia a sorgere ma non è ancora spuntato del tutto”, (S. Gregorio Magno), perché esso: è già un primo compimento delle antiche promesse fatte da Dio nell’Antico Testamento; ma non è ancora il pieno compimento di esse. Il tempo del Nuovo Testamento rappresenta un particolare momento intermedio, una mescolanza di “già” e “non ancora”, nel quale il Regno dei cieli irrompe sempre di più fino alla sua completa realizzazione. Il “già”: nella liturgia confluisce il passato Tutte le promesse che Dio ha fatto al popolo di Israele, dall’esodo dall’Egitto e nei secoli successivi, si sono avverate in Cristo. Dio ha mandato il Messia tanto atteso, non un profeta tra i tanti, ma il suo stesso Figlio, fattosi uomo per la nostra salvezza. L’amore inaudito del Padre ha fatto si che, perché noi fossimo salvi, il suo stesso Figlio si offrisse sulla croce. Quando noi celebriamo una Messa, ricordiamo questo evento straordinario, nel quale sono presenti tutte le promesse antiche e dal quale ha inizio il cammino di salvezza. La liturgia che celebriamo con l’Eucaristia è un fare memoria di questo evento. Fare memoria però non significa semplicemente ricordare un evento del passato che ora non c’è più. Non si tratta di una veglia funebre, né di una semplice commemorazione, ma di un memoriale, cioè del riproporsi del sacrificio di Cristo sulla croce con tutti i suoi frutti di santificazione e salvezza. Non si tratta di una rap-presentazione, ma di una ri-presentazione. RAPPRESENTAZIONE Per es. quando si celebra il 25 aprile, giorno in cui si commemora la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, si celebra solo un semplice ricordo di un evento del passato, che è accaduto una volta e poi basta. Questa è una rappresentazione, fatta attraverso un cerimoniale (il Presidente della Repubblica dona una corona all’altare della patria, per es.). RIPRESENTAZIONE Quando celebriamo l’Eucaristia non ci limitiamo a ricordare quello che Gesù ha fatto (l’ultima Cena, la sua morte in croce, la sua risurrezione), ma facciamo in modo che quello stesso sacrificio, fatto una volta per tutte, si ri-presenti nel nostro tempo. Non significa che Gesù muore per l’ennesima volta sulla croce (lo ha fatto una sola volta, ed è bastato per sempre!), ma significa che i frutti di grazia e di salvezza che sono scaturiti da quel dono che Gesù ha fatto di sé si ripresentano per ciascuno di noi con tutta la loro efficacia. Celebrando la Messa per noi non è “come se fossimo sotto la croce”, ma è “siamo veramente sotto la croce”. La liturgia ha questo primo grande effetto: il sacrificio di Gesù, che si è compiuto una volta sola nel passato, diviene perpetuo, abbraccia il nostro tempo presente. La liturgia non solo partecipa di quell’evento passato, ma lo rende contemporaneo. In altre parole: la Messa non è una semplice cena, ma è un inserirci con il nostro tempo presente nel mistero pasquale di Cristo. In questo modo la promessa della salvezza già si compie nella nostra vita presente: partecipando all’Eucaristia noi ci nutriamo di Cristo, riceviamo la grazia santificante che è frutto della sua morte sulla croce. Con questa grazia alimentiamo la nostra fede, cresciamo nella speranza di risorgere un giorno anche noi come è risorto Cristo, aumentiamo la carità verso i fratelli.