Il fenomeno della fulminazione atmosferica Capitolo 1 Il fenomeno della fulminazione atmosferica 1.1 Introduzione I fulmini costituiscono un tema che da sempre affascina gli uomini. Le prime tracce di questo fenomeno risalgono a 4500 anni fa con un’immagine della Dea del fulmine Zarpenit, ma è soltanto intorno agli anni 1650-1750 che iniziano a fiorire i primi esperimenti atti a dimostrare la natura elettrica del fulmine. E’ infatti di tale epoca il padre putativo di tutti gli addetti ai lavori di questo affascinante mondo: Benjamin Franklin (1706-1790). Da allora l’attività di ricerca ha subito un’accelerazione incredibile, sono infatti innumerevoli i ricercatori ed i fisici che hanno dato un contributo determinante all’approfondimento delle conoscenze di questo fenomeno, di cui è d’obbligo citare il Prof. K. Bergher (1898-1993). E’ lui infatti che grazie ai suoi studi e ai numerosi trattati condotti nel laboratorio di Monte San Salvatore vicino a Lugano (Svizzera), ha fornito un indirizzo importante verso quello che può essere considerato l’approccio moderno a questo fenomeno. Naturalmente lo sviluppo dell’elettrificazione prima e dell’elettronica poi ha introdotto una serie di componentistica molto sensibile agli effetti del 2 Il fenomeno della fulminazione atmosferica fulmine. Se per la maggior parte delle apparecchiature elettriche come trasformatori, capacità di rifasamento, linee elettriche d’energia etc, esistono tecniche che permettono di proteggere tali apparati in modo abbastanza sicuro, per gli apparati elettronici in genere il problema non è di facile soluzione. Non dimentichiamoci che nell’era moderna ampie aree dell’industria e dell’economia dipendono dalla tecnica di elaborazione dati. Impianti di elaborazione dati, controllo-misura-regolazione (CMR), come anche diversi sistemi BUS, si sviluppano sull’intera area degli stabilimenti moderni. Questo mondo “pieno di reti” con il suo flusso di informazioni sempre più grande, rimane così sempre più influenzato dalle influenze elettromagnetiche, il che ha spinto gli esperti ha riconsiderare l’approfondimento di tutte le metodologie di protezione dalle scariche atmosferiche (LEMP). Basti pensare che da uno studio del 1987 risulta che banche e casse di risparmio posso sopravvivere per circa 2 giorni in caso di guasto alle unità di elaborazione dati; aziende orientate alla vendita per circa 3,3 giorni; ditte di produzione per circa 4,9 giorni e compagnie assicuratrici per circa 5,6 giorni.. Le stesse statistiche effettuate dalle compagnie assicuratrici dimostrano che è in atto una preoccupante crescita dei danni sui sistemi elettronici causati da sovratensioni. In particolare negli ultimi anni, i danni di sovratensioni causate da scariche atmosferiche dimostrano che gli impianti elettronici situati a distanze fino a 1,5 Km dal punto di scarica del fulmine sono in pericolo a causa delle sovratensioni 3 Il fenomeno della fulminazione atmosferica indotte o condotte e per le conseguenti sovracorrenti che si propagano lungo i conduttori. Un altro importante aspetto da sottolineare riguarda la normativa che in questi ultimi anni ha considerato attentamente i problemi relativi alla protezione dalle scariche di origine atmosferica delle strutture e degli impianti. In Italia la normativa di riferimento è la CEI 81-1 che descrive e regolamenta il dimensionamento sia dell’impianto parafulmine esterno che delle protezioni antifulmine interne. Al momento è anche disponibile una normativa internazionale, elaborata dal Comitato Tecnico 81 dell’ IEC, che fissa alcuni principi generali al fine di rendere uniformi e validi, da un punto di vista internazionale, criteri e dispositivi di protezione che ancora oggi differiscono alquanto da Paese a Paese. 4 Il fenomeno della fulminazione atmosferica 1.2 La fisica del temporale Un temporale si forma quando una massa d’aria molto umida presenta una stratificazione verticale instabile, con starti d’aria più caldi in basso e più freddi in alto. In tali condizioni si mette in movimento una colonna d’aria calda ascendente; l’afflusso di vento può accelerare il fenomeno e renderlo tumultuoso. Affinché dunque si verifichi un temporale occorrono due condizioni: - presenza di aria molto umida; - formazione di una corrente d’aria calda ascendente. A seconda del modo con cui si forma la corrente d’aria calda ascendente, si individuano tre tipi di temporale, fig.1.1: aria calda e umida aria calda e umida vento vento freddo Aria calda e umida a) TEMPORALE DI CALORE b) TEMPORALE OROGRAFICO fig. 1.1 tipi di temporali - temporale di calore; - temporale orografico; 5 c) TEMPORALE FRONTALE Il fenomeno della fulminazione atmosferica - temporale frontale. temporale di calore Gli strati di aria calda più vicini al terreno sono riscaldati dal calore solare irradiato dal suolo. Dal punto di vista termico, infatti, l’aria è trasparente alla radiazione solare diretta ( spettro del visibile), ma non lo è per quella riflessa dal suolo ( spettro dell’ infrarosso). A seguito del riscaldamento gli strati d’ aria inferiori si dilatano, assumono un peso specifico minore di quello degli strati sovrastanti e si innalzano. Si forma così un canale d’aria calda ascendente. Temporale orografico In questo caso la corrente ascendente si forma perché l’aria calda vicina al suolo è spinta dal vento contro terreni in salita, ad esempio i fianchi di una montagna, ed è costretta ad innalzarsi. Temporale frontale Il temporale frontale si verifica quando, a causa di una perturbazione, un fronte di aria fredda arriva in una zona dove staziona aria calda. L’aria fredda della perturbazione, più densa e quindi più pesante, si insinua sotto quella locale più calda costringendola ad innalzarsi. 6 Il fenomeno della fulminazione atmosferica I temporali di calore, frequenti nelle zone tropicali, in Italia sono molto rari, perché necessitano di un forte riscaldamento del suolo e della contemporanea presenza di aria molto umida. La maggior parte dei temporali in Italia inizia con l’arrivo di un fronte d’aria fredda ( temporale frontale). Quando l’aria calda, che si trova vicina al suolo, è costretta a sollevarsi si raffredda. Ad una determinata altezza, l’aria raggiunge una temperatura alla quale diventa satura di vapore acqueo; dopodiché il vapore si condensa e forma la nuvola. Il calore che si libera dalla condensazione del vapore riscalda ulteriormente l’aria ascendente, imprimendole così una nuova spinta verso l’alto. Se l’aria contiene poco vapore acqueo, il fenomeno si esaurisce rapidamente con l’aumentare dell’altezza, Se invece l’aria è molto umida si ha la formazione di cumuli stratificati, che possono raggiungere uno spessore anche di 10 ÷12 km, un diametro dell’ordine della decina di chilometri ed un’altezza sul suolo di 2÷3 km, fig 1.2. Se nell’ascesa la temperatura dell’aria scende al di sotto di 0° C, le goccioline d’acqua gelano. E’ questo un punto critico dell’evoluzione temporalesca: dalla formazione del ghiaccio nelle nuvole dipende lo sviluppo di grandi quantità di elettricità 7 Il fenomeno della fulminazione atmosferica fig. 1.2 evoluzione di una nuvola temporalesca Il meccanismo di formazione delle cariche elettriche all’interno di una nuvola non è ancora ben noto, tuttavia gode credito l’ipotesi di elettrizzazione per “strofinio” tra le minuscole particelle d’acqua e di ghiaccio provocato dalle correnti d’aria ascendenti. 8 Il fenomeno della fulminazione atmosferica In ogni caso in una nuvola temporalesca esistono cariche di entrambe le polarità. Le due cariche sono dell’ordine di grandezza di 100÷1000 C. La tipica distribuzione spaziale delle cariche elettriche è riportata in fig.1.3, di regola, la parte superiore della nuvola è carica positivamente, mentre quella inferiore negativamente. Tuttavia, a volte nella zona di carica negativa si può formare una piccola carica positiva. -10°C E= 0.1 kv/cm 0°C aria ascendente E= 0.3 kv/cm fig. 1.3 tipica distribuzione spaziale della carica elettrica all’interno di una nube temporalesca. 9 Il fenomeno della fulminazione atmosferica In condizioni ordinarie, cioè di tempo bello, il valore del campo elettrico E al suolo è praticamente nullo, ma in presenza di una nuvola temporalesca il valore di E sale a 0,3÷0,4 kV/cm, quando all’interno della nube risulta dell’ordine di 0,1 kV/cm . Nelle immediate vicinanze del punto di caduta del fulmine il valore del campo E può arrivare, per la durata del fulmine, fino a 4 kV/cm. E’ interessante inoltre osservare l’evoluzione di una nuvola temporalesca. A questo proposito si possono distinguere tre stadi della nube temporalesca: giovinezza, maturità e vecchiaia. Lo stadio giovanile è caratterizzato dalla presenza di una forte corrente di aria calda ascendente in tutta la zona. L’aria calda non è distribuita in modo uniforme nella nuvola, ma aumenta dal basso verso l’alto e dall’esterno verso il centro della nuvola, secondo la distribuzione segnata con frecce nella fig. 12 a). La durata di questo stadio è di circa 10÷15 min. Lo stadio di maturità dura circa 20÷30 min. In questa fase la nuvola cresce ulteriormente: la condensazione di vapore acqueo alimenta la formazione di precipitazioni. Le particelle (pioggia, neve, grandine) vengono dapprima trasportate verso l’alto dall’aria calda ascendente, poi con l’aumentare della loro quantità e grossezza, frenano l’aria calda ascendente e la trasformano infine in corrente d’aria discendente. Questa inversione ha inizio nella zona dello zero termico e da qui si propaga in senso verticale ed orizzontale, fig. 1.2 b). 10 Il fenomeno della fulminazione atmosferica Nella vecchiaia, l’aria calda ascendente è completamente esaurita fig. 1.2 c). La precipitazione di pioggia e grandine, ancora presenti nella nuvola, diminuisce progressivamente. La durata media di questo stadio è di circa trenta minuti. Nell’ Italia settentrionale i temporali avvengono soprattutto in estate, nell’Italia meridionale in inverno, mentre nell’Italia centrale esiste una modesta attività temporalesca praticamente per tutto l’anno, fig. 1.4. fig. 1.4 distribuzione di frequenza dei temporali in Italia, in relazione al mese 11 Il fenomeno della fulminazione atmosferica Questa distribuzione di frequenza dei temporali è facilmente spiegabile, ove si pensi che per la formazione di un temporale è necessaria la presenza di masse d’aria calda e umida. Per quanto riguarda invece la distribuzione di frequenza in relazione alle diverse ore del giorno, la fig. 1.5, mostra che la probabilità che si formi un temporale è più elevata nel pomeriggio, quando gli strati d’aria vicini al suolo raggiungono il massimo riscaldamento. fig. 1.5 distribuzione di frequenza dei temporali in Italia, in relazione all’ora 12 Il fenomeno della fulminazione atmosferica La “giornata temporalesca” definita come il giorno in cui si sia udito almeno un tuono, è stata per molto tempo ( fino agli inizi degli anni ’60) l’unica unità di misura internazionale accettata per l’attività ceraunica e con questo dato sono state costruite le mappe dell’attività temporalesca nel mondo, cioè del livello ceraunico Td. La fig. 1.6 a) è il risultato della prima ricerca completa sull’attività temporalesca in Italia, basata sul numero di giornate temporalesche, mentre la fig. 1.6 b) mostra le curve isocerauniche mondiali. fig. 1.6 a) curve isocerauniche in Italia 13 Il fenomeno della fulminazione atmosferica Attualmente queste curve sono ancora ampliamente utilizzate nei campi d’applicazione, ad esempio nel settore delle telecomunicazioni, in cui è necessario prendere in considerazione la problematica della protezione contro i fulmini. Tuttavia la soggettività delle osservazioni sulle giornate temporalesche da un lato ed alcune difficoltà di correlazione tra tale unità di misura e gli eventi connessi all’attività ceraunica dell’altro, hanno evidenziato la necessità di descrivere l’attività temporalesca anche mediante un altro parametro quale la “ densità di fulmini a terra” Nt, definita come il numero di scariche a terra per unità di superficie e per unità di tempo ( una conveniente unità di misura è Km-2 anno –1). La fig. 1.7 indica i valori medi della densità di fulmini a terra Nt 1,5 fulmini / anno Km2 2,5 fulmini / anno Km2 4 fulmini / anno Km2 Fig.1.7 valori medi del numero Nt di fulmini a terra all’anno e al Km2, in Italia 15 Il fenomeno della fulminazione atmosferica Tra livello ceraunico Td e densità di fulmini a terra Nt esiste una correlazione, fig. 1.8, che consente di utilizzare il livello ceraunico come base per il calcolo approssimato della probabilità di fulminazione di una struttura quando non sono disponibili i valori di Nt misurati direttamente. fig. 1.8 correlazione tra il livello ceraunico Td e il numero Nt di fulmini a terra all’anno e al Km2 Il rilievo dei fulmini a terra viene affrontato con strumenti sensibili al campo (disturbo) elettromagnetico prodotto dalla corrente di fulmine. 16 Il fenomeno della fulminazione atmosferica Fino a pochi anni fa tali strumenti erano costituiti essenzialmente da un misuratore di campo elettromagnetico associato ad un’antenna a filo orizzontale tarato nella gamma di frequenze che si riteneva tipica del fulmine a terra; tale strumento è conosciuto sotto il nome di “ contatore di fulmini”. Lo strumento, il cui raggio d’azione poteva variare da qualche chilometro a qualche decina di chilometri, non consentiva di individuare il punto di caduta né di conoscere il valore della corrente di fulmine ed era affetto da notevole imprecisione, sia per l’effettivo raggio d’azione sia per la discriminazione fra fulmini a terra e fulmini tra nubi. Da analoga imprecisione risultava affetta la densità di fulmini a terra Nt, calcolata come rapporto fra il conteggio effettuato dallo strumento e l’area d’azione della stessa. I valori di Nt riportati in fig. 1.7 sono stati ottenuti dai risultati di una campagna pluriennale di misura condotta dall’ENEL con un centinaio di contatori di fulmine, confrontati e corretti con le rivelazioni di esercizio di un migliaio di ripetitori RAI e con le curve di livello ceraunico di fig. 1.6. recentemente è stato messo a punto un nuovo sistema di rilevamento basato sull’elaborazione con calcolatore dei segnali inviati contemporaneamente da tre sensori dislocati in punti diversi (metodo della triangolazione); ciò consente di individuare con precisione il punto di impatto del fulmine, il valore della corrente associata e la sua polarità. Una rete di rilevamento di questo tipo, con una decina di sensori, è stata installata dal CESI e permette di monitorare in tempo reale i fulmini a terra sull’intero territorio 17