il duecento e la lotta tra papato e impero prof . marcello pacifico

“IL DUECENTO E LA LOTTA TRA PAPATO
E IMPERO”
PROF. MARCELLO PACIFICO
Università Telematica Pegaso
Il Duecento e la lotta tra papato e impero
Indice
1
L’APOGEO DEL PAPATO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
IL POTERE DEL RE IN FRANCIA E INGHILTERRA -------------------------------------------------------------- 6
3
FEDERICO II E LA LOTTA CON LA CHIESA E I COMUNI ---------------------------------------------------- 12
4
LA RECONQUISTA NELLA PENISOLA IBERICA ----------------------------------------------------------------- 14
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 L’apogeo del Papato
Nel XII secolo il papato attraversò una svolta in senso monarchico iniziata durante il
pontificato di Alessandro III il quale aveva assunto il ruolo di mediatore tra Comuni e impero e di
garante della giustizia e della pace.
Il caso volle che la morte di Enrico VI (1197) coincidesse con la salita al soglio pontificio di
Innocenzo III (1198-1216), un papa che voleva ripristinare la piena dignità papale. Egli si dichiarò ,
in ottica teocratica, non vicario di san Pietro ma dello stesso Gesù Cristo (in ottica teocratica) e
fece ricorso all’immagine del sole e della luna per spiegare i rapporti tra il papato e l’impero.
Innocenzo III ebbe la caparbietà di rendere concrete le sue idee e ciò fu possibile visto che sia
l’impero che gli altri regni stavano attraversando un momento di crisi e di debolezza.
Il primo intervento del papa fu diretto al Regno di Sicilia che il papato considerava un suo
feudo; nel 1198 infatti morì anche Costanza d’Altavilla, la vedova di Enrico VI, la quale aveva
posto sotto la tutela del papa suo figlio Federico, che all’epoca aveva solo quattro anni, per tutelarne
i diritti.
Questa per il papa fu la possibilità per tradurre una sovranità teorica in un governo reale.
Federico fu cresciuto alla corte papale e quando nel 1208 compì 14 anni, uscendo così dalla
minorità, gli fu conferita la corona regia; nel frattempo Innocenzo III estendeva il suo potere in
Umbria, nelle Marche e in Romagna e si nominò arbitro fra i pretendenti alla corona imperiale.
I pretendenti erano Ottone di Brunswick (figlio di Enrico il Leone e capo del partito guelfo)
e Filippo di Svevia (fratello di Enrico VI). Innocenzo III per difendere sia i diritti di Federico sia gli
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interessi del papato (che non si voleva trovare stretto tra i territori imperiali) scelse il primo al quale
consegnò la corona imperiale nel 1209.
Ottone però non si dimostrò disposto a seguire le direttive papali, come aveva fatto intendere
prima dell’incoronazione, e puntò alla conquista del Regno di Sicilia provocando l’ira del papa che
lo scomunicò e assegnò la corona imperiale al giovane Federico.
Innocenzo III oltre che alla costituzione di una forte monarchia papale e alla guerra crociata
contro i musulmani si interessarono anche del problema delle comunità eretiche che minacciavano
l’intera comunità cristiana.
Una comunità di eretici che destava molta preoccupazione era quella dei catari, numerosi in
Provenza e in Linguadoca e in particolare nella città di Albi (nella contea di Tolosa): di qui il nome
di albigesi col quale furono indicati.
La contea di Tolosa era una delle più autonome di Francia, lì la sovranità del re era solo
nominale e i conti oscillavano tra la dipendenza feudale dal re di Francia e quella dal re
d’Inghilterra.
In questa contea fiorì la cultura provenzale e i catari erano protetti da tutti gli strati sociali;
l’intento di Innocenzo III di mettere fine a questa situazione trovò favorevole anche il sovrano
francese che aveva così l’occasione per ristabilire la sua piena autorità sulla Francia meridionale.
Il Papa prese l ‘iniziativa nel 1208 quando i catari uccisero un legato papale; questo permise
al papa di bandire contro Raimondo di Tolosa e tutti gli abitanti della contea una crociata alla quale
parteciparono molti cavalieri del Nord della Francia.
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I successi non tardarono ad arrivare visto che i cavalieri erano spinti dal desiderio di fare
bottino in una regione molto ricca e dinamica sia economicamente che culturalmente. Degli orrendi
saccheggi, in quel clima di esasperato fanatismo religioso, furono vittime anche i cristiani
nonostante il papato avesse invitato tutti alla moderazione.
L’intervento contro i catari della Francia fu inquietante anche perché da questo momento il
papato rivendicò il diritto di indicare volta per volta i nemici della Chiesa e della fede promuovendo
crociate non più solo contro i musulmani e gli eretici ma anche contro i suoi nemici politici (sovrani
e principi ghibellini).
La parabola ideale della crociate giungeva così al termine poiché da fenomeno religioso
divennero uno strumento politico nelle mani del papa.
Nel 1215 Innocenzo III riunì il IV Concilio lateranense al quale partecipò un’immensa folle
di prelati, vescovi e abati ma anche rappresentanti di sovrani e principi. Durante questo concilio si
tracciarono le strategia per la lotta agli eretici e si presero importanti decisioni sull’organizzazione
complessiva della vita religiosa dei cristiani. Nel 1216 Innocenzo III morì lasciando la Chiesa al
culmine del suo prestigio.
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2 Il potere del re in Francia e Inghilterra
Il re di Francia Filippo Augusto (1180-1223) ebbe il merito di rilanciare l’immagine della
monarchia dopo che durante il lungo regno del padre Luigi VII (1137-1180) aveva attraversato un
periodo di crisi.
Filippo Augusto aveva grande energia e molta abilità politica e operò sia sul fronte interno
che su quello esterno; per quanto riguarda la politica interna appena salito al trono impose ai
feudatari di adempiere ai loro obblighi e organizzò una capillare difesa delle città.
Sul fronte della politica estera cercò, riuscendoci, di creare dei contrasti tra il re inglese
Enrico II e il figlio Riccardo, attirandolo dalla sua parte; i due avevano partecipato insieme alla
terza crociata e i loro rapporti erano buoni. Durante il viaggio in Terrasanta Riccardo si era alleato
con Tancredi di Lecce, in lotta con l’imperatore Enrico VI per la successione al trono di Sicilia e
Filippo non tenendo conto della sua amicizia con Riccardo si alleò con l’imperatore.
La scelta si rivelò esatta visto che Riccardo fu fatto prigioniero e fu costretto a giurare
fedeltà e diventare un vassallo di Enrico VI; dopo la morte di Enrico VI (1197) e di Riccardo (1199)
in Europa si creò un nuovo scenario politico:
•
l’impero entrò in crisi;
•
il trono inglese fu occupato dal debole Giovanni Senzaterra;
•
il potere del papato si rafforzava con Innocenzo III;
•
il sovrano francese restò l’unico re a contrastare l’avanzata del papato.
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Il sovrano francese nel 1202 citò in giudizio a Parigi Giovanni Senzaterra poiché un vassallo
del re inglese si era rivolto alla giustizia regia francese; Giovanni non si presentò e fu condannato in
contumacia per fellonia, con la conseguente confisca dei suoi beni. Ne derivò un conflitto (12021207) che si concluse a favore della Francia che riuscì a recuperare la Normandia, il Maine,
l’Angiò, la Turenna, l’Alvernia e la Bretagna. Nel 1213 Giovanni per scongiurare l’arrivo in
Inghilterra dei francesi si dichiarò vassallo del papa mettendosi così sotto la protezione della
Chiesa.
Lo scontro frontale tra le due potenze si ebbe comunque ben presto.
L’occasione fu data dalla coalizione che Innocenzo III mise insieme contro l’imperatore
Ottone di Bruswick; Filippo vi aderì subito diventandone il perno perché tra gli alleati di Ottone
c’era Giovanni Senzaterra e alcuni grandi feudatari del Nord della Francia. Lo scontro avvenne a
Bouvines il 27 luglio 1214; la battaglia, considerata uno degli eventi storici più importanti della
Francia, si svolse come una tipica battaglia di tipo feudale e cioè come un torneo che aveva il fine
non di uccidere ma di fare prigionieri.
L’esercito anglo-germanico fu sconfitto e Filippo Augusto poté incamerare moltissimi
territori nel suo Regno; alla sua morte, nel 1223, il territorio della Francia si era triplicato rispetto a
quello trasmessogli dal padre.
La sua opera fu continuata al figlio, Luigi VIII (1223- 1226) il quale annesse la Linguadoca
e territori della Francia meridionale; un altro membro della dinastia dei Capetingi fu Luigi IX
(1226-1270), questo re fu santificato per la sua pietà religiosa ma si ricorda anche per le ottime
capacità di governo che gli permisero sia di consolidare il controllo regio sull’aristocrazia sia di
rafforzare il consenso del popolo alla dinastia reale.
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In Inghilterra Giovanni Senzaterra dovette fronteggiare il forte malcontento della
popolazione e dei nobili; la sconfitta di Bouvines e la decisione di dichiarare il regno inglese feudo
della chiesa aveva fatto crescere il malcontento tanto che nel 1215 Londra fu investita da una
grande rivolta promossa da baroni e grandi ecclesiastici che imposero al re la concessione della
Magna charta libertatum ecclesiae et regni Angliae (meglio nota come Magna charta), redatta
definitivamente e confermata nel 1217 da Enrico III.
Con essa il sovrano si impegnava a rispettare i diritti dei nobili, degli ecclesiastici e di tutti
gli uomini liberi: concessioni alle città, possibilità ai cittadini di essere giudicati da un tribunale di
loro pari, libera circolazione dei mercanti; al re era inoltre proibito imporre nuove tasse senza
l’approvazione del «Consiglio comune del regno» (formato da nobili ed ecclesiastici).
Con la Magna charta in Inghilterra si gettarono le basi per le future istituzioni parlamentari
visto che vennero introdotti meccanismi di controllo sull’operato del sovrano; i rivoltosi non
volevano soppiantare la monarchia ma volevano un maggiore rispetto della tradizione e
l’ampliamento degli spazi di partecipazione politica dei cittadini.
In questo clima Giovanni Senzaterra assistette alla propria disfatta , infatti il papa lo
sconfessò e annullò le concessioni da lui operate, il popolo lo dichiarò decaduto e offrì la corona al
figlio di Filippo Augusto, Luigi. Nel 1216 Giovanni morì in virtù del nascente spirito nazionale si
preferì dare la corona al figlio Enrico III (di nove anni) ; così Luigi tornò in Francia dove poi
raccolse l’eredità del padre.
La sconfitta di Ottone a Bouvines oltre a segnare il trionfo di Filippo e la sconfitta di
Giovanni segnò anche la vita di Federico II che quel 27 luglio 1214 si trovava in Germania dopo un
avventuroso viaggio attraverso l’Italia e la Germania.
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Vescovi e principi ecclesiastici lo aiutarono molto , visto che oltre a fornirgli aiuti militari
orientarono verso di lui l’animo dei Tedeschi che accolsero favorevolmente la sua incoronazione a
re di Germania il 9 dicembre 1212.
L’aiuto degli ecclesiastici non fu però disinteressato, in cambio nel 1213 Federico dovette
emanare la Bolla d’oro con la quale rinunciò al diritto di eleggere vescovi e abati che l’impero
aveva acquisito con il Concordato di Worms nel 1122.
Innocenzo III aveva riposto molte speranze in Federico, il papa voleva evitare che i territori
imperiali e quelli del regno di Sicilia fossero sotto la guida di un unico sovrano perché questo
avrebbe costituito un pericolo per i territori della Chiesa. Innocenzo III nel 1216 si fece promette
dal suo pupillo che avrebbe ceduto la corona del Regno di Sicilia al figlio Enrico; la morte del Papa
,dopo due settimane dalla promessa , indusse Federico a ritenersi sciolto da quella promessa ; così
fece tornare il piccolo figlio Enrico in Germania dove fu nominato re dei Romani, anticamera del
titolo imperiale. Così facendo Federico designò già il suo successore senza essere ancora lui stesso
imperatore e mostrando l’intento di introdurre l’ereditarietà della successione imperiale.
Federico comunque non si interessò molto di rafforzare il potere regio in Germania da cui si
allontanò nel 1220 per farvi ritorno solo nel 1235 dopo aver nominato reggente l’arcivescovo di
Colonia Engelberto.
Il dinamismo politico di Federico fu possibile anche perché il successore di Innocenzo III,
Onorio III (1216-1227) era un papa bonario e con il solo intento di liberare Gerusalemme; Onorio
concesse il permesso a Federico II di mantenere le due corone , in cambio della promessa di partire
verso la Terrasanta e di combattere gli eretici: il 22 novembre 1220 Federico fu incoronato
imperatore a San Pietro e subito dopo si recò nel Mezzogiorno.
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L’assenza di otto anni della figura imperiale aveva creato una situazione di confusione e
disordini; il regno era in mano ai feudatari e alle autonomie cittadine. Federico rivendicò subito i
diritti regi, convocò una dieta a Capua dove si ordinò di abbattere tutti i castelli abusivi e di
combattere le autonomie cittadine.
Intraprese, così, il consolidamento dell’apparato burocratico-amministrativo dello Stato, già
nella dieta di Capua del 1220, ordinando di consegnare le fortificazioni costruite abusivamente dopo
la morte di Guglielmo II (1189): quelle costruite su terre feudali dovevano essere abbattute, mentre
per quelle sorte su terre demaniali il sovrano si riservava di acquisirle al patrimonio pubblico o
abbatterle.
I baroni cercarono di organizzare una resistenza ma dopo due anni di lotte Federico riuscì a
vincerli giocando d’astuzia e mettendoli gli uni contro gli altri. Risolto il problema dei feudatari
Federico affrontò quello dei Saraceni che in Sicilia possedevano molti territori; le spedizioni
militari si attuarono tra il 1222 e il 1224 e si conclusero con la sconfitta dei Saraceni che vennero
deportati a Lucera (in Puglia) dove comunque poterono continuare a professare la loro religione.
Questo gesto di tolleranza di Federico fu premiato con la completa dedizione degli abitanti
di Lucera che gli fornirono le guardie del corpo e molti contingenti militari.
Federico si preoccupò anche di risollevare le condizioni economiche del regno facilitando
gli scambi, costruendo porti e garantendo la sicurezza; egli volle dare vita ad un efficiente apparato
burocratico amministrativo statale e avendo bisogno per questo di giuristi e funzionari specializzati
istituì a Napoli la prima università statale.
Dal 1224 Federico cominciò a guardare anche alla situazione dell’Italia settentrionale dove i
Comuni avevano ormai piena autonomia; nel 1226 indisse una dieta a Cremona in cui si sarebbe
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dovuto discutere dei diritti imperiali, della lotta all’eresia e della preparazione di una crociata in
Terrasanta. Alla dieta fu invitato anche il figlio Enrico che sarebbe dovuto giungere dalla Germania
con il suo esercito, i Comuni lombardi, preoccupati per gli intenti dell’imperatore, ricostituirono la
Lega lombarda e si appellarono al pontefice che, da parte sua, era irritato per i continui rinvii della
partenza di Federico per la crociata.
L’imperatore in quel momento non si sentiva militarmente pronto per affrontare una
battaglia così annullò la dieta e fece ritorno al Sud.
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3 Federico II e la lotta con la Chiesa e i Comuni
Il 18 marzo 1227 Onorio III morì lasciando il trono all’intransigente Gregorio IX (12271241) che cominciò subito a pressare Federico ricordandogli la promessa di fare la crociata.
Federico capì che non poteva più rinviare , così radunò crociati e pellegrini a Brindisi ma il caldo
cocente di agosto fece scoppiare un’epidemia che fece molte vittime. L’imperatore partì comunque
ma anche lui fu colpito e fu costretto a tornare indietro per curarsi.
Gregorio IX non credette alla sua malattia e nel novembre 1227 lo scomunicò; Federico
nonostante la scomunica appena guarito partì nel giugno 1228 sbarcando ad Acri il 7 settembre;
poiché conosceva bene la cultura, la filosofia e la poesia araba trovò subito un’intesa con il sultano
del Cairo con il quale , nel febbraio 1229 , stipulò un trattato che prevedeva il libero accesso dei
cristiani a Gerusalemme.
Il pontefice trovò scandaloso che Federico avesse stabilito dei rapporti con gli infedeli e al
suo ritorno in Italia, L’imperatore dovette fronteggiare una crociata che Gregorio aveva bandito
contro di lui.
Nel 1237 Federico ritenne di poter affrontare la Lega lombarda , forte del suo esercito
tedesco e dell’appoggio dei Saraceni di Lucera, dei Comuni a lui fedeli e di alcuni grandi signori.
Nel 1238 sconfisse la Lega a Cortenuova ma impose delle condizioni di pace troppo dure
che spinsero i Comuni a resistere fiduciosi dell’intervento del papa Gregorio IX che aveva contrasti
con Federico dovuti al fatto che egli interferiva sempre nell’elezione dei vescovi meridionali.
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Gregorio infatti si interessò di fare da mediatore tra tutti i nemici di Federico così, dopo
un’intensa attività diplomatica, riuscì a conciliare anche gli interessi di due città da sempre
nemiche: Genova e Venezia.
Nel 1239 Gregorio scomunicò l’imperatore per la seconda volta sciogliendo i suoi sudditi
dal giuramento di fedeltà; gli ultimi anni di Federico furono davvero molto difficili: ricevette
un’altra scomunica, fu sfiduciato dal Concilio di Lione nel 1245, fu vittima della campagna
diffamatoria papale che lo additò come l’Anticristo.
Rivolte e congiure divennero frequenti in Germania e Regno di Sicilia, molti Comuni
abbandonarono il partito filo ghibellino per passare a quello guelfo.
Il 13 dicembre 1250 Federico II morì presso Lucera dopo numerose battaglie e ingenti
perdite; ha rappresentato una delle figure più dinamiche e forti del Medioevo con la sua cultura, i
vari interessi, la sua apertura al dialogo; non per niente i suoi contemporanei lo definirono stupor
mundi.
Nel 1254 morì anche il figlio Corrado IV e il trono rimase vacante fino al 1253 quando a
prendere il potere fu il debole Rodolfo d’Asburgo che però si interessò solo dei suoi domini privati.
Nel Regno di Sicilia invece il figlio naturale di Federico, Manfredi, l’11 agosto 1258
assunse il potere del regno ma il papa voleva eliminare definitivamente gli Svevi dal contesto
politico italiano e perciò chiamò in aiuto Luigi IX di Francia che nel 1266 uccise a Benevento
Manfredi, in battaglia.
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4 La Reconquista nella penisola iberica
La storia della Spagna è stata attraversata dal forte sentimento religioso della reconquista
caratterizzato anche dallo spirito di indipendenza dai musulmani.
Il concetto di reconquista implica due (o meglio tre) fasi distinte nella storia iberica. Il
disegno di riprendere ai musulmani i territori perduti fu concepito subito dopo la sconfitta cristiana
e l’instaurazione dell’emirato omayyade. Gli staterelli del nord-ovest – dal regno delle Asturie (che
a partire dal 924 assunse il nome della sua capitale, León) alla Navarra e, più tardi, alle
originariamente franche Aragona e Barcellona – talora separatamente, talvolta unendo gli sforzi,
condussero una lotta incessante ma non coordinata né unitaria, contro i dominatori arabi fino
all’anno Mille. Tuttavia, il periodo in cui storicamente si situò l’avvio effettivo della reconquista
coincise da una parte con la decadenza e la disgregazione interna del califfato, dall’altra con la
crescita , nel mondo medievale cattolico , di una coscienza identitaria più forte, a sua volta
espressione dell’opera di rinascita condotta dagli ordini monastici, e con l’ascesa e il
riconoscimento del potere supremo della chiesa e del papato nella sfera spirituale e in quella
temporale. Questi sviluppi – emblematizzati nell’elevazione della penisola iberica a terra di crociata
, da parte della chiesa , e nell’introduzione degli ordini cavallereschi che combatterono a fianco
degli ispanici contro i mori – diedero alla reconquista la spinta decisiva, dai primi decenni dell’XI
secolo fino alla battaglia di Las Navas de Tolosa (1212) contro il regno berbero della dinastia degli
Almohadi (subentrata con la forza agli Almoravidi , alla metà del XII secolo). Pochi anni dopo
questa data la reconquista poté considerarsi sostanzialmente conclusa e ai musulmani non restò che
arroccarsi nel minuscolo emirato di Granada, che resistette fino al 1492, dando vita a una rinnovata
fioritura di civiltà artistica rispecchiata nell’Alhambra. Il processo di riconquista si giovò anche del
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rafforzamento interno – sociale e politico – dei principali regni cristiani della penisola. Nella
seconda metà dell’XI secolo andò gradatamente affermandosi la tendenza all’unificazione dinastica
intorno ai due maggiori poli cristiani: a occidente il regno di León si fuse con la Castiglia già sotto
Alfonso VI il Valoroso (1042 circa – 1109), mentre a oriente Navarra, Aragona e Catalogna
oscillarono più volte tra unità e divisione, riuscendo però nel complesso a mantenere un fronte unito
contro il nemico musulmano. Il simbolo della lotta di reconquista fu nella seconda metà dell’XI
secolo il Cid Campeador, soprannome onorifico (“il signore guerriero”) dato dagli arabi a Rodrigo
Díaz de Bivar (1043-1099), capitano ed eroe castigliano le cui gesta furono cantate nei primi
documenti della lingua romanza castigliana come il Cantare del Cid (1140 circa). Attraverso un
intricato viluppo di alleanze e tradimenti coi vari principi cristiani e con alcuni degli stessi
signorotti musulmani, il Cid giocò un ruolo centrale nella caduta di Toledo (1085) e nella presa di
Valencia, della quale divenne il signore (1094). Alla tendenziale alleanza politico-militare in
funzione antislamica dei re cristiani si sommò una rinascita della vita economica e civile dei loro
regni. Le tradizionali e antiquate attività agricolo-pastorizie dei montanari del León, della Castiglia
o della Navarra furono rivivificate per mezzo del ripopolamento delle campagne e della ripresa dei
mestieri artigiani e commerciali urbani, particolarmente visibile quest’ultima in Aragona e nella
marinara Catalogna. L’occupazione delle fertili e produttive terre arabe, presto trasformate in
immensi latifondi a favore delle poche centinaia di grandi famiglie aristocratiche o della piccola e
media nobiltà degli hidalgos, rappresentò sul momento una nuova fonte di ricchezza. Sul piano
dell’organizzazione civile e politica, nell’XI secolo fecero la loro comparsa i primi statuti
municipali (fueros), che concedevano particolari autonomie alle città, specie a quelle di frontiera.
Tra il XII e il XIII secolo si costituirono le prime Cortes (nel 1188 in Castiglia), ossia assemblee dei
ceti sociali (nobiltà, clero, rappresentanti delle città), che fecero ben presto sentire il loro peso in
materia di finanze e sulla politica dei sovrani.
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Il primo focolaio di resistenza ai musulmani nacque nelle Asturie, agli inizi dell’VIII secolo
e subito dopo nelle zone montagnose della Navarra e dell’Aragona; i musulmani non avevano lì un
dominio diretto ma avevano reso vassalli i governanti del luogo.
Tra il IX e il X secolo in questi Stati cristiani si manifestò un maggiore attivismo: furono
costruiti molti castelli (da qui prende il nome di Castiglia) dove i populares (soldati e colonizzatori)
erano sempre pronti a difendere il territorio.
La crisi del califfato di Cordova (scomparso nel 1031) aveva favorito, tra il X e l’XI secolo,
un maggiore movimento espansivo della missione militare e colonizzazione; questa aveva anche un
carattere religioso che la fecero somigliare a una vera e propria crociata che non voleva cacciare i
musulmani o sterminarli ma solo sottometterli e imporre loro un tributo annuo.
Agli inizi dell’XI secolo la geografia politica spagnola comprendeva: a nord-ovest il regno
di Leòn, a nord-est il regno di Navarra, al centro il regno di Castiglia e nella zone dei Pirenei il
regno di Aragona.
Il movimento di espansione riprese vigorosamente nel corso del XII secolo, l’avanzata
cristiana era ormai inarrestabile; ritornarono agli spagnoli Tolosa, Cordova, Siviglia, Valenza, le
isole Baleari mentre ai musulmani rimase solo un piccolo territorio al sud del Paese dove rimasero
fino al 1492 come tributari dei re di Castiglia.
Alla metà del Duecento la Spagna appariva come un Paese dai confini ben definiti e radicato
fortemente nella fede cristiana; in Spagna c’erano tre grandi regni: la Castiglia e l’Aragona
(economia agricola e pastorale) e la Catalogna ((economia commerciale e di scambio).
Nei territori riconquistati tutti contribuirono alla costruzione di nuovi villaggi e città, tutta la
popolazione era fedele al re e nobili, cavalieri ed ecclesiastici si arricchirono con l’assegnazione
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delle terre confiscate ai musulmani. La grande nobiltà promosse la colonizzazione dei grandi
domini e piano piano quello spagnolo divenne uno Stato con uno stabile assetto istituzionale.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Università Telematica Pegaso
Il Duecento e la lotta tra papato e impero
Bibliografia
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G. Vitolo, L’età Sveva Angioina, in Storia e civiltà nella Campagna , Vol. II, Napoli, Electa
Napoli, 1982
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G: M. Trevelyan, Storia d ’Inghilterrra, Milano, Garzanti, 1979
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J. Vicens Vives, Profilo della storia di Spagna, Torino, Einaudi 1966
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S. Tramontana, La Monarchia Normanna e Sveva, Torino, Utet, 1986
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