Marcellio MALAGUTTI (cl. 4a C) DECLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI SULLE STRAGI: “DAVVERO UN PASSO IMPORTANTE?” Il 22 aprile 2014 il premier Matteo Renzi ha firmato la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ai fatti di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna e rapido 904. «Secondo quanto stabilito nel CISR dello scorso venerdì – riferisce Palazzo Chigi in una nota1 -, la direttiva consente il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato che rappresentano un importante contributo alla memoria storica del Paese. I documenti verranno versati secondo un criterio cronologico (dal più antico ai tempi più recenti), superando l’ostacolo posto dal limite minimo dei 40 anni previsti dalla legge (fatto che vale per tutte le Amministrazioni) prima di poter destinare una unità archivistica all’Archivio Centrale». «Uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo – sottolinea il Presidente del Consiglio – è proprio quello della trasparenza e della apertura. In questa direzione va la decisione di oggi che considero un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune». «Con questo atto trova concreta applicazione la legge 124/2007 2 in un aspetto rilevante come quello del riconoscimento degli archivi dell’intelligence come patrimonio a disposizione degli studiosi, del mondo dell’informazione e di tutti i cittadini», ha spiegato il Sottosegretario con delega alla sicurezza della Repubblica, Marco Minniti, presente alla firma del provvedimento insieme al direttore del DIS (Dipartimento Informazioni per la Sicurezza), Giampiero Massolo. «Non abbiamo intenzione di incidere sulla verità giudiziaria – ha aggiunto Minniti -, visto che i procedimenti sono tutti conclusi, ma su quella storico-politica. Il percorso incomincerà immediatamente, dalla pubblicazione della direttiva in Gazzetta Ufficiale, e richiederà dei mesi perché sia completato: la mole dei documenti è imponente e nella stragrande maggioranza si tratta di documenti classificati come riservati». «Non è stato tolto il segreto di Stato 3 – ha spiegato ancora il Sottosegretario - ma le classificazioni riservate. Il Governo ha tolto i 4 livelli di classificazione (riservato, riservatissimo, segreto e segretissimo, ndr) non il segreto di Stato che su queste vicende non c’era e non è stato apposto. Perciò il materiale secretato che verrà trasferito agli Archivi sta nell’ambito di questi 4 livelli di classificazione. La direttiva che verrà pubblicata in Gazzetta Ufficiale – ha sottolineato Minniti – riguarda tutto il materiale in possesso della Pubblica amministrazione, quindi non solo il Comparto Intelligence, ma il ministero dell’Interno, la Difesa e altre amministrazioni pubbliche. Il segreto di Stato viene apposto dal governo di fronte a questioni che, se rivelate, minaccerebbero la sicurezza nazionale. Ma per legge tutti i reati che fanno riferimento a stragi, mafia e terrorismo, non possono essere sottoposti a segreto di Stato». Reazioni all’iniziativa La decisione, annunciata dal Primo Ministro, ha suscitato reazioni di segno opposto. 1 Vedi “Appendice A” Vedi “Appendice B” 3 Vedi “Appendice C” 2 Vi è chi è fiducioso nella effettiva efficacia del provvedimento preso e la loro posizione può essere riassunta con quanto affermato dallo storico Guido Crainz su “Repubblica”: “La desecretazione potrebbe raccontare per la prima volta le coperture istituzionali, le regole d’ingaggio mai rivelate della nostra intelligence”, ha scritto Andrea Palladino sul Manifesto. “Il decreto che rende consultabili i documenti sulle stragi che hanno insanguinato il Paese ha valore di grande rilievo, concreto e simbolico. Attiene a un vulnus profondo della nostra democrazia, può contribuire a renderla più trasparente su un versante decisivo.” afferma lo storico Guido Crainz su “Repubblica”. Vi è però anche chi reputa che la decisione non porterà chiarezza sugli eventi storici più tragici e controversi della storia italiana, perché di fatto quei documenti erano già accessibili dalla magistratura e quindi già consultati in sede processuale. “Non c’è nessun segreto di stato sulle stragi. Ma ci sono ancora una serie di atti che possono riguardare polizia o carabinieri che, se pubblici, possono contribuire a fare luce su fatti del passato”, ha spiegato al “Corriere della Sera” Felice Casson, senatore ed ex magistrato. D’accordo con Casson anche Pierluigi Battista, che sempre sul Corriere ha scritto: “Naturalmente i documenti desecretati sono i benvenuti. Non c’è ricerca storica che non possa giovarsi di una massa di carte sinora avvolte nel segreto. E sarà certamente interessante ottenere maggiori dettagli sull’attività dei nostri organi di stato, tuttavia è sbagliato diffondere l’idea che in tempi brevissimi avremo a disposizione la chiave per sciogliere tutti gli enigmi che hanno segnato la tormentata storia italiana dell’ultimo cinquantennio. Che ci sia un intervento risolutivo della politica per mettersi al posto della storiografia e della magistratura”. Anche i familiari e le associazioni dei parenti delle vittime nutrono qualche perplessità sulla direttiva. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, ha dichiarato: “Per illuminare tutte le zone grigie non basta togliere il segreto di stato, ma bisogna aprire tutti gli archivi militari, dei Carabinieri e della Farnesina”. Sullo stesso tono il commento di Daria Bonfietti, presidente dell’associazione familiari delle vittime di Ustica: “Credo che sia solo uno slogan vecchio. Per la maggior parte delle stragi delle quali parliamo non sono mai stati apposti segreti di Stato”. Benedetta Tobagi su Repubblica [vedi 1 ►] ha ricostruito i passi che hanno portato il governo ad approvare questa direttiva, che in realtà recepisce una legge approvata nel 2007 che ha riformato i servizi segreti italiani. Nel suo pezzo Benedetta Tobagi afferma: “Il famigerato segreto di stato fu opposto alla magistratura in pochissimi casi, mentre sono molti i documenti ‘classificati’, cioè sottoposti a un vincolo di segretezza variabile entro la pittoresca (e ridondante) scala ‘riservato – riservatissimo – segreto – segretissimo’, accessibili in caso di inchieste giudiziarie, ma non ai ricercatori. Gli ostacoli alla consultazione sono polverizzati in un mare di documenti prodotti da soggetti diversi. Solo gli enti produttori sanno quali e quanti documenti riposano nei loro armadi, loro pongono il vincolo, a loro spetta, trascorsi i termini (in teoria non più di 10 anni, ma sono possibili deroghe a discrezione), dire se il segreto può essere tolto o chiedere una proroga”. Lo storico Aldo Giannuli su Micromega aggiunge: “Già da una ventina di anni, il segreto di stato non è opponibile alla magistratura che procede per reati di strage o eversione dell’ordine democratico; di conseguenza, la magistratura, sia direttamente che tramite agenti di pg e periti, ha abbondantemente esaminato gli archivi dei servizi e dei corpi di polizia, acquisendo valanghe di documenti che sono finiti nei fascicoli processuali”. “Nel 2007 venne inserito un complicato sistema che avrebbe dovuto assicurare la decadenza automatica della classifica di segretezza dopo un certo periodo; premessa necessaria per poter inviare i documenti agli archivi di stato (non solo quelli sulle stragi ma tutti). Però occorreva prima fare i regolamenti attuativi: stiamo ancora aspettando questi regolamenti dopo sette anni”, conclude Giannuli. Particolarmente equilibrata ed esplicativa pare la trattazione del provvedimento in oggetto fatta da BENEDETTA TOBAGI, figlia minore del giornalista Walter Tobagi, assassinato dalla "Brigata XXVIII marzo" il 28 maggio 1980. Riportiamo, pertanto, qui di seguito, un articolo da lei scritto il 22 aprile 2024 su “Repubblica” e un’intervista da lei rilasciata il 23 aprile 2024 intervenendo al programma radiofonico “24Mattino” su Radio24. 1► Repubblica, 22 aprile 2014, pp. 1, 9 Stragi, non basta togliere il segreto Documenti archivi e segreti di stato così potremo sapere la verità sulle stragi. Dopo l’annuncio di Renzi quello che serve è l’inventario di tutte le carte riservate. di Benedetta Tobagi RENZI ha preso un impegno per la total disclosure, cioè la “trasparenza totale”. «Abbiamo deciso di desecretare gli atti delle principali vicende che hanno colpito il Paese e trasferirli all’Archivio di Stato», ha detto, «per essere chiari: tutti i documenti delle stragi». QUELLE avvenute tra il 1969 e l’80, atti di terrorismo neofascista in larga parte impuniti (e speriamo che l’impegno sia presto esteso anche alle grandi stragi mafiose del 1992-’93). Parole importanti, ma devono essere precisate. Dopo tanti proclami disattesi nel corso degli anni, infatti, molti si sono chiesti: ma in concreto, cosa vuol dire? Gli “addetti ai lavori” aspettano da tempo la pubblicazione dell’inventario dei documenti ancora secretati presenti nei depositi di tutti i ministeri. Il governo Monti aveva promesso di completarlo già nel 2012, al fine di rendere pubblici e consultabili presso l’Archivio di Stato atti prima inaccessibili: un tesoro di carte necessarie per capire più a fondo le stragi di Bologna o del treno Italicus, le tecniche depistatorie dei servizi, i meccanismi del potere, il contesto delle attività illecite della loggia P2 e molto altro. L’immane inventario è finalmente pronto? A questo fa pensare l’accenno di Renzi a una riunione con l’organismo di coordinamento dei servizi segreti (il Dis), coinvolto nella mappatura. Per capire meglio di che si parla, e l’importanza di questo passaggio, serve un riassunto delle puntate precedenti del romanzo (delle carte) delle stragi. Nel 2007 fu varata, nel tripudio generale, la riforma dei servizi segreti con annessa normativa sul segreto di stato. La legge 124/2007 obbligava per la prima volta per i servizi a gestire i propri archivi secondo criteri di maggior trasparenza (innovazione dirompente nel Paese dei dossier illegali, dove nel ‘96 si ritrovò “per caso” un deposito fantasma di documenti dell’Ufficio Affari Riservati – l’intelligence dell’Interno – sulla circonvallazione Appia, a Roma) e soprattutto limitava la durata del segreto di Stato a un massimo di trent’anni. Finalmente la verità sui misteri d’Italia! pensarono in molti. Certo, come ben sanno i ricercatori, negli archivi non ci si aspetta di trovare l’equivalente della “pistola fumante”, carte che inchiodino esecutori e mandanti delle stragi impunite. I documenti richiedono un paziente lavoro di analisi, ricomposizione e tessitura che li faccia parlare, ma sono lo strumento indispensabile per approfondire le conoscenze sull’Italia delle stragi emerse dai numerosi processi celebrati dal ‘69 a oggi. La legge del 2007, però, per funzionare aveva bisogno di un regolamento che disciplinasse le materie più delicate, tra cui la gestione dei documenti storici. Il regolamento arriva solo nel 2011, col decreto di Monti “Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate”. Attenzione, sono queste ultime il vero problema, quando si parla di trasparenza. Il famigerato segreto di Stato fu opposto alla magistratura in pochissimi casi, mentre sono molti i documenti “classificati”, cioè sottoposti a un vincolo di segretezza variabile entro la pittoresca (e ridondante) scala “riservatoriservatissimo-segreto-segretissimo”, accessibili in caso di inchieste giudiziarie, ma non ai ricercatori. Gli ostacoli alla consultazione sono polverizzati in un mare di documenti prodotti da soggetti diversi (la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Interno, o della Difesa, da cui dipendeva il Sid). Solo gli enti produttori sanno quali e quanti documenti riposano nei loro armadi, loro pongono il vincolo, a loro spetta, trascorsi i termini (in teoria non più di 10 anni, ma sono possibili deroghe a discrezione), dire se il segreto può essere tolto o chiedere una proroga. Un mare di carte dai confini incerti, di cui Monti aveva promesso la mappa entro e non oltre il 29 febbraio 2012 per “disporre in un quadro organico e unitario di tutti gli elementi relativi ai segreti di Stato”. Si dovrebbe ripartire da lì. Il potere, in Italia, ha protetto se stesso attraverso l’informalità, il disordine e il silenzio. Nelle inchieste sulle stragi, il vero problema è sempre stato il segreto di stato “strisciante”: informazioni nascoste agli inquirenti in maniera informale, documenti nascosti, sottratti, distrutti. La prima urgenza è quindi far emergere e mettere in sicurezza tutto il possibile. In pratica: versamento regolare e completo dei documenti prodotti da ministeri e altri enti all’Archivio di Stato. Questo è il vero tasto dolente, in Italia. Ad oggi, gli eredi di quei servizi segreti così spesso responsabili dei depistaggi non hanno l’obbligo di versare le loro carte. Ironia, sottolinea l’archivista Giulia Barrera, persino il regolamento che disciplina l’invio discrezionale di documenti all’Archivio di Stato è secretato. È importante che il primo ministro abbia assunto un impegno per la trasparenza. Per questo, prendiamo spunto dalle sue parole per suggerirgli alcuni interventi concreti per dare maggior forza e credibilità alla sospirata total disclosure . Primo: rendere obbligatorio il versamento periodico dei documenti all’Archivio di Stato per tutti gli enti produttori statali, inclusi l’Arma dei Carabinieri (che tanta parte ebbe – nel bene e nel male – nelle indagini sulla “strategia della tensione”), gli archivi militari, la Guardia di Finanza. E magari in tempi più brevi (il termine oggi è ancora di 40 anni). Secondo: non affidare solo ai servizi segreti e a chi ha prodotto i documenti (soggetti che potrebbero avere interesse a perpetuare il segreto, o quantomeno mantenere l’opacità in cui risiede il vero potere dei burocrati) la mappatura, l’inventariazione e la selezione delle carte storiche, ma coinvolgere anche archivisti di Stato di comprovata esperienza, come garanti di “terzietà”. Tenendo a mente il monito di Giovanni Conso: mai distruggere documenti fino a che il segreto non sia stato tolto, dando la possibilità di indagarli. Terzo: risolvere contraddizioni e aporie segnalate dagli addetti ai lavori nella normativa del 2007, che ne indeboliscono l’efficacia. Last but not least, garantire agli archivi le risorse per assumere e formare personale ben preparato, e spazi adeguati per valorizzare le carte che già ci sono (ricordiamo al premier che sul tavolo del precedente governo erano arrivate varie proposte, a basso costo e di sicura efficacia, dalla digitalizzazione dei documenti già disponibili all’utilizzo di caserme dismesse come sedi per eliminare il costo degli affitti). La vera trasparenza comincia da lì. 2► A proposito della declassificazione dei documenti sui “misteri di Stato" Benedetta Tobagi è intervenuta durante la mattina del 23 aprile 2014, assieme al magistrato Imposimato, su Radio24 nella puntata del programma radiofonico “24Mattino”, a proposito della Declassificazione dei documenti sui “misteri di Stato”. Benedetta Tobagi ha parlato del portale della Rete degli archivi per non dimenticare, del ruolo degli archivi di Stato, dell’inutilità di declassificare carte che in qualche modo sono già consultabili (essendo state utilizzate in vicende processuali), se non si compiono delle operazioni di studio e di inventariazione che ne permettano la corretta esplorazione e contestualizzazione. Ha anche ipotizzato la necessità dell’avvio di cantieri archivistici per rendere davvero fruibili questi giacimenti documentari. Davvero importante, come sempre, il suo intervento e molto utile anche per fare capire quale sia il ruolo (e il lavoro) degli archivisti. VEDI file allegato: “ItervistaTobagi-Imposimato.wav” Appendice A “NOTA del 22 Aprile 2014 della Presidenza del Consiglio del Governo Italiano” 22 Aprile 2014 Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha firmato oggi a Palazzo Chigi, alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza della Repubblica Marco Minniti e del Direttore del Dis, amb. Giampiero Massolo, la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ai fatti di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna, rapido 904. Secondo quanto stabilito nel CISR dello scorso venerdì, la direttiva consente il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato che rappresentano un importante contributo alla memoria storica del Paese. I documenti verranno versati secondo un criterio cronologico (dal più antico ai tempi più recenti), superando l'ostacolo posto dal limite minimo dei 40 anni previsti dalla legge (fatto che vale per tutte le Amministrazioni) prima di poter destinare una unità archivistica all'Archivio Centrale. “Uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo è proprio quello della trasparenza e della apertura”, sottolinea il Presidente del Consiglio. “In questa direzione va la decisione di oggi che considero un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune”. “Con l’atto odierno trova concreta applicazione la legge 124/2007 in un aspetto rilevante come quello del riconoscimento degli archivi dell’intelligence come patrimonio a disposizione degli studiosi, del mondo dell'informazione e di tutti i cittadini”, osserva il Sottosegretario Minniti. Appendice B Legge 3 agosto 2007, n. 124 Il 3 agosto 2007 il Parlamento italiano ha approvato la Legge n.124 sul “Sistema di informazione per la Sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del Segreto” con la quale si è rinnovato il ‘comparto intelligence’ dello Stato italiano, rispetto alla legge istitutiva del 24 ottobre 1977 n. 801. Appendice C Il segreto di Stato Il segreto di Stato è un vincolo posto dal Presidente del Consiglio dei ministri – mediante apposizione, opposizione, o conferma dell’opposizione – su atti, documenti, notizie, attività, cose e luoghi la cui conoscenza non autorizzata può danneggiare gravemente gli interessi fondamentali dello Stato. Si tratta di un atto politico che può essere disposto esclusivamente dal Presidente del Consiglio dei ministri in quanto vertice del potere esecutivo. La costruzione dell’istituto – concepito quale elemento di tenuta dell’intero sistema democratico – è volta da un lato, attraverso la previsione di limiti e garanzie, a circoscrivere e regolare l’utilizzo del segreto di Stato, dall’altro ad assicurarne l’effettività, limitando l’accesso alle notizie tutelate da questo vincolo a un numero estremamente ristretto di soggetti. In tale quadro il legislatore ha disciplinato anche il rapporto tra segreto di Stato e processo penale, stabilendo che l’esistenza del segreto di Stato impedisce all’Autorità giudiziaria l’acquisizione e l’utilizzo, anche indiretto, delle notizie sottoposte al vincolo, fermo restando la possibilità per il giudice di ricorrere ad altri strumenti di prova, purché gli stessi non incidano sul medesimo oggetto. Pertanto, il segreto di Stato: impedisce all’Autorità giudiziaria l’acquisizione e l’utilizzazione delle notizie sulle quali è apposto si differenzia dalle classifiche di segretezza, la cui attribuzione ha natura di atto amministrativo, che non sono opponibili all’Autorità giudiziaria Quanto ai limiti e alle garanzie, la legge 124/2007: esclude tassativamente che il segreto di Stato possa riguardare informazioni relative a fatti eversivi dell’ordine costituzionale o concernenti terrorismo, delitti di strage, associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale di tipo politico-mafioso limita la durata del vincolo a 15 anni, ulteriormente prorogabili dal Presidente del Consiglio dei ministri per un periodo che non può complessivamente superare i 30 anni impone al Presidente del Consiglio dei ministri di comunicare i casi di conferma dell’opposizione del segreto di Stato al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, indicandone le ragioni essenziali. Su richiesta del Presidente del COPASIR, il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a esporre, in una seduta segreta, il quadro informativo idoneo a consentire l’esame nel merito della conferma dell’opposizione del segreto di Stato. Se ritiene infondata l’opposizione, il Comitato ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni fa obbligo al Presidente del Consiglio dei ministri di motivare l’opposizione e la conferma dell’opposizione del segreto di Stato. Avverso tali atti può essere sollevato un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, cui il segreto non può in alcun caso essere opposto Infine, la legge 124/2007 dispone che, nel caso in cui l’opposizione del segreto di Stato determini un contrasto con l’Autorità giudiziaria, a decidere debba essere la Corte Costituzionale, organo nei cui confronti il segreto di Stato non può essere mai opposto.