Challenging
the dose-response dogma
La sintesi degli interventi che Edward Calabrese e Andrea Dei hanno
tenuto sabato 8 aprile presso l’Università di Firenze in un seminario interdisciplinare organizzato dalla SIOMI.
La domanda che la SIOMI si pone è sapere se esiste un legame, e se esiste quale può essere, che lega elementi apparentemente diversi tra loro. Le
più antiche osservazioni della medicina ayurvedica: “si dice che il veleno
uccida il veleno con la sua stessa potenza”; il cosiddetto fenomeno dell’elleborismo osservato dalla scuola ippocratica (il Veratrum album che produce
a forti dosi una diarrea coleriforme a piccole dosi cura diarree simili al colera); il principio del simile di Hahnemann: “similia similibus curentur” o “lets
like cure likes”, che attribuisce potere terapeutico a basse dosi di sostanze
che ad alte dosi producono sintomi di malattia; l’enunciazione della legge di
Arndt-Shultz della fine dell’800 ribattezzata come “ormesi” nei primi decenni del secolo scorso e riportata prepotentemente all’attenzione della
Farmacologia convenzionale dal lavoro appassionato del Prof. Calabrese.
Il Prof. Dei ha illustrato come il paradigma portante della farmacologia
convenzionale si basi sul principio dell’occupazione recettoriale conseguente
alla concentrazione tessutale del farmaco. Poiché l’efficacia di un farmaco
dipende dal numero di recettori cellulari occupati, la dose terapeutica,
seguendo questo principio, è sempre calcolata come la dose più alta non
tossica. Il teorema portante di questo modello terapeutico prevede che tutti
gli individui siano sensibili al farmaco anche se la soglia di sensibilità è
diversa ed essa determina il range terapeutico calcolato. La farmacologia
convenzionale non considera individui non sensibili al farmaco (i cosiddetti
“non responder”) e non prevede che, oltre a questi, esistano individui che
dal farmaco possano avere solo effetti indesiderati. Tuttavia il modello
lineare farmaco-recettore ha più volte mostrato il suo limite.
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Infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, l’interazione farmacorecettore induce una serie di meccanismi a cascata nei quali le proprietà
genetiche dei singoli individui esercitano un effetto dominante. Pertanto,
come dimostrano gli studi condotti da IBM e riguardanti i cento farmaci più
comunemente usati, essi determinano una reazione efficace in non più del
40% dei pazienti, mentre in un 20% l’efficacia si accompagna a effetti collaterali. Non solo, nel 30% dei casi il farmaco non ha alcuna efficacia terapeutica ma solo effetti collaterali, mentre il 10% dei trattati è “non responder”.
Se il paradigma della farmacologia si basa sulla inibizione, il farmaco
dovrebbe essere sempre più efficace all’aumentare della sua concentrazione, mentre scendendo al di sotto della concentrazione minima efficace il
farmaco non dovrebbe avere alcuna azione terapeutica. Ma, seguendo questo paradigma, rimane una zona d’ombra, ben conosciuta dalla farmacologia convenzionale ma volutamente trascurata, che riguarda la possibilità di
effetti terapeutici di farmaci somministrati a dosi molto al di sotto della
soglia terapeutica stabilita come efficace: si tratta della già nota legge di
Arndt-Shultz, che riguarda il fenomeno dell’inversione dell’effetto (effetto
paradosso della farmacologia tradizionale). A livello tossicologico questo
fenomeno è attualmente definito “ormesi”, ovvero stimolazione.
Il Prof. Calabrese, che si occupa del fenomeno dell’ormesi da più di tredici
anni, ha presentato al Seminario di Firenze numerosi esempi di sostanze
che a piccole concentrazioni hanno un effetto farmacologico di tipo opposto,
ovvero stimolatorio, anziché inibitorio sulle reazioni cellulari dell’organismo.
Qualche esempio: piccole dosi di radiazioni ionizzanti proteggono dai danni
di raggi X, piccole dosi di diossina stimolano la crescita dei prati laddove alti
dosi hanno azione distruttiva. Più in generale, egli ha evidenziato come a
partire dal 1960 sono stati raccolti dati che dimostrano come più di 4500
sostanze hanno due effetti sugli organismi viventi: ad alte dosi inibiscono il
metabolismo fino a provocare la morte, ma a basse dosi essi esercitano un
effetto stimolante. Una risposta totalmente inaspettata e non spiegabile
con la scienza medica corrente. La legge di Arndt-Shultz, del 1907, è stata
prepotentemente riportata alla ribalta.
La battaglia condotta dal Prof. Calabrese, tesa al recupero delle conoscenze sul fenomeno dell’ormesi, ha suscitato l’interesse specifico della
SIOMI.
In una recente lettera pubblicata su Journal of Toxicology and Applied
Pharmacology (211: 2006, 24-25), Simonetta Bernardini e Andrea Dei avevano avanzato l’ipotesi che il modello ormetico potrebbe suggerire una
chiave di lettura dell’azione terapeutica dei medicinali omeopatici a concenSede legale: Via E. Cornalia, 7 - 20144 Milano - E-mail: [email protected] - Sito Internet: www.siomi.it
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trazioni molecolari. Gli Autori infatti sottolineano le evidenti affinità: a) il
range di concentrazione del medicinale omeopatico e il range di concentrazione di molte sostanze per le quali l’ormesi è dimostrata è dello stesso
ordine di grandezza: tra 10-5 molare (corrispondente nella scala delle diluizioni del medicinale omeopatico alla 2-3 CH), fino, in alcuni esperimenti a
10-18 molare (9 CH); b) in entrambi i casi il meccanismo d’azione si configura come stimolante le reazioni dell’organismo con il quale la sostanza interagisce.
E per quanto riguarda i medicinali omeopatici a dosi ultra low, ovvero
superiori a 10-23 molare, ovvero diluizioni per le quali il numero di Avogadro
ha sancito come altamente improbabile il reperimento di molecole? Anche
per questa domanda a Firenze è stata ipotizzata una risposta. Il Prof. Dei,
che già nel 2004 al Terzo Convegno Nazionale della SIOMI “La Complessità
in Medicina” aveva sottolineato con la sua relazione, “Il senso dei fenomeni
e il limite della scienza normale”, l’insufficienza dell’approccio riduzionistico
della medicina convenzionale, ha evidenziato la correlazione esistente tra i
diversi modelli terapeutici appartenenti alle diverse medicine (occidentale,
orientali, omeopatica) e il ruolo esercitato dal sistema immunitario, indicando che il fenomeno dell’ormesi non può che rappresentare il comportamento adattativo del sistema immunitario di fronte alla interazione tra xenobiotico e organismo. L’aspetto più importante quindi del fenomeno dell’ormesi
è quello di sottolineare l’insufficienza del modello farmacologico fino ad
oggi adottato che è basato sulla linearità dose-risposta. Sebbene la mappatura genetica e la migliore conoscenza dei dettagli dei meccanismi biologici
della interazione tra farmaco e organismo, potranno portare ad un miglioramento del paradigma generale, la farmacologia non potrà comunque prescindere dalla considerazione degli aspetti dinamici non lineari che caratterizzano l’interazione tra farmaco e organismo. Egli ha quindi sottolineato la
necessità di orientare la ricerca non solo sul modello della interazione
recettoriale convenzionalmente inteso, ma anche sul ruolo primario esercitato dal sistema immunitario nella risposta dell’organismo ad ogni xenobiotico.
Riguardo al possibile meccanismo di azione delle ultra low doses, (o diluizioni extramolecolari), Andrea Dei ha ribadito la sua convinzione che la
cosiddetta “memoria dell’acqua” sia una possibilità altamente improbabile,
evidenziando, tra l’altro, come la struttura dell’acqua si modifichi almeno
dieci miliardi di volte al secondo. Tuttavia, tenuto conto come molti studi
recenti abbiano mostrato che l’abbondanza delle singole proteine all’interno
di una cellula varia imprevedibilmente per effetto dell’interazione con concentrazioni diverse di un farmaco e che questo andamento non segue nesSede legale: Via E. Cornalia, 7 - 20144 Milano - E-mail: [email protected] - Sito Internet: www.siomi.it
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suna legge lineare, è possibile attribuire alle diverse concentrazioni proteiche una caratteristica di configurazione stabilita dalle cellule stesse nel loro
insieme e quindi una sorta di “memoria biologica”. A tale proposito il professor Dei ha presentato, in assoluta anteprima per la Conferenza organizzata dalla SIOMI, i risultati parziali di alcuni esperimenti preliminari realizzati in più laboratori di biologia dell’Università di Firenze. L’insieme di tali
risultati non sono al momento divulgabili perché in attesa di pubblicazione.
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