De secreto conflictu curarum mearum liber

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De secreto conflictu curarum mearum liber - Prefazione I
Ogni lettura presuppone un accostamento particolare.
Nel caso di un testo presentato come diario segreto, l'aspettativa di un lettore ingenuo è quella di entrare nell'intimo più
profondo dell'autore, cosa che comporta circospezione, qualche imbarazzo e la certezza di trovare qualcosa di
veramente autentico ed essenziale per comprendere l'animo di chi scrive, specialmente se si tratta di un personaggio
conosciuto attraverso gli studi canonici, quindi quasi ignoto come uomo.
E' così in questo caso?
Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: ci renderemo conto che questo "diario intimo" è scritto per la lettura sia pure da parte di un pubblico circoscritto - anche se per varie ragioni non fu mai pubblicato dall'autore, ed è anche
sapientemente costruito per soddisfare scopi ben precisi.
La prima finzione letteraria riguarda la data di stesura del testo. L'autore la colloca tra il 1342 e il 1343 in sextum
decimum annum dall'incontro con Laura, avvenuto nel 1327:
Mille trecento ventisette, a punto
su l'ora prima il dì sesto d'aprile,
nel labirinto entrai, né veggio ond'esca. [1]
La stesura sarebbe avvenuta immediatamente dopo l'azione immaginata, il colloquio con Sant'Agostino.
Sant'Agostino nel suo studio, Vittore Carpaccio, 1502
In realtà molti indizi del testo, evidenziati da autorevoli critici [2], riportano al periodo successivo al 1348 (anno della
morte dell'amata Laura), ma non oltre la primavera del 1353, quando il poeta lasciò la Provenza per recarsi in Italia e
stabilirsi a Milano.
Qual è il motivo di questa trasposizione temporale?
Per ragioni che illustreremo, Petrarca vuole dare di sé l'immagine di un uomo che ha compiuto una vitae mutatio,
processo che sarebbe iniziato verso i quarant'anni (il poeta li compì il 20 luglio 1343), età considerata all'epoca quando le aspettative di vita erano molto più limitate di quelle attuali - come uno spartiacque tra la giovinezza e la
vecchiaia. Un senex decoroso e degno di stima deve essersi liberato dei comportamenti e delle propensioni propri del
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giovane, deve dominare le passioni, dedicarsi alla riflessione ed agli studi filosofici, sottraendosi alla seduzione della
fantasia e della poesia. Deve essere padrone di se stesso e quindi volere la virtù.
La lettera all'amico Dionigi [3] in cui narra l'ascesa al Monte Ventoso in compagnia del fratello Gherardo, metafora del
conflitto interiore del poeta che lotta per raggiungere le altezze dello spirito, probabilmente composta nello stesso lasso
di tempo del Secretum (anche in questo caso la data del 26 aprile 1336 sarebbe fittizia), è il resoconto del proposito di
una improrogabile svolta interiore.
Mentre la fatica fisica dell'ascesa lo tratteneva in basso, impedendogli di trovare la forza di proseguire, mortificato si
sedette
(…) e lì, passando con l'agile pensiero dalle cose materiali alle incorporee, mi rivolgevo a me stesso con queste o
simili parole: "Quello che tante volte hai provato nel salire questo monte, sappi che accade a te e a molti quando si
accostano alla vita beata; e se di ciò gli uomini non così facilmente si accorgono, gli è che i moti del corpo sono a tutti
visibili, quelli invece dell'animo invisibili ed occulti. (…)
La vita che noi chiamiamo beata è in alto; e stretto, come dicono, è il sentiero che vi conduce. In mezzo sorgono molti
colli, e noi dobbiamo procedere con nobile incesso di virtù in virtù; sulla cima è il fine estremo e il termine della via, meta
del nostro viaggio. Lassù tutti vogliono arrivare, ma, come dice Ovidio: «volere è poco; bisogna desiderare
ardentemente per raggiungere lo scopo". Tu senza dubbio - se in questo come in tante altre cose non ti inganni - non
solo vuoi, ma anche fortemente desideri. Che cosa dunque ti trattiene? Evidentemente, null'altro se non quella via
attraverso i piaceri bassi e terreni; che è più facile e, come pare, più breve; ma, quando avrai molto errato, o sotto il
peso di una fatica scioccamente differita dovrai salire verso la cima della vita beata, oppure sarai costretto a cadere
spossato nelle valli dei tuoi peccati; e se - Dio allontani l'evento - là ti coglieranno le tenebre e l'ombra della morte,
dovrai vivere una notte eterna fra perpetui tormenti». Questo pensiero non è a dire quanto mi rinfrancava il corpo e
l'animo a compiere il resto del cammino. (…)"
Lo sguardo scorreva dai monti da Lione al Rodano, fino al mare di Marsiglia
"E mentre questa cose a una a una ammiravo, e ora m'intrattenevo in pensieri terreni, ora sollevavo l'anima,
sull'esempio del corpo, a meditazioni più alte, mi venne in mente di consultare le Confessioni di Agostino (…) le prime
parole che vidi furono:« E gli uomini se ne vanno ad ammirare gli alti monti e i grandi flutti del mare e i larghi letti dei
fiumi e l'immensità dell'oceano e il corso delle stelle; e trascurano se stessi». Stupii, lo confesso; e detto a mio fratello,
il quale desiderava ascoltare ancora, che non mi disturbasse, chiusi il libro, adirato contro me stesso per quella mia
ammirazione delle cose terrene, quando da un pezzo avrei dovuto imparare anche dai filosofi pagani che niente è
degno di ammirazione fuorché l'anima, per la quale nulla è troppo grande.
La seconda finzione riguarda il genere letterario.
Lungi dall'essere immediata espressione di stati d'animo e conflittualità interiori, il Secretum riporta al modello della
consolatio e del dibattito allegorico del quale adotta una delle due forme del dialogo antico, quella drammatica,
escludendo quella narrativa.
Nel nostro caso le posizioni a confronto sono l'etica stoica, rappresentata da Agostino, e quella peripatetica di cui
Petrarca si fa portavoce. La terza figura che, senza intervenire, garantisce l'integrità morale degli interlocutori, è la
Verità.
La scelta del modello, nonché le frequenti e dotte citazioni che percorrono tutta l'opera, evidenziano il rapporto di
Petrarca con gli autori classici ai quali inviava lettere, "dialogando" con familiarità, con l'intenzione di dimostrarsene
degno erede.
La visione ed il dialogo con Sant'Agostino sono collocati ad Avignone che tuttavia non è citata, ma indicata come hec
ipsa civitas, anche questo indizio di artificio letterario - insieme ad altri particolari anagrafici volutamente non specificati -
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per realizzare il progetto di servirsi della propria esperienza personale come pretesto per teorizzare esperienze generali
e farne quindi materia di insegnamento. Anche l'accostamento di piani reali ed immaginari, di situazioni vissute ed
inventate, sapientemente calibrato, rivela tale finalità. Un uso dimostrativo e non una confessione intima.
Finzioni. Archiviata l'illusione di cogliere "il segreto", prendiamo atto dell'esistenza di filtri, di un tessuto di codici che
inevitabilmente ogni scrittura letteraria contiene, lasciando in ombra l'interiorità a vantaggio delle intenzioni dell'autore,
legate alle vicende biografiche ed al contesto in cui è vissuto.
Dunque il Secretum non ci svela nulla di Petrarca? Naturalmente sì ( "Senza dubbio sotto le finzioni poetiche c'è un
vero il quale deve spiarsi per sottilissimi spiragli" dice Agostino nel Libro secondo). Come dietro ogni fantasia e sogno si
cela una realtà, così l'immaginazione del poeta rivela più di quanto sia nella sua volontà. L'immaginazione è parte
integrante della persona, quindi molto più significativa dell'oggettività dei freddi dati anagrafici e perciò spia della
complessità dell'animo dell'autore.
Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, CCXI
Francisco Rico in
Letteratura italiana, Opere,vol.I, Einaudi, pp. 351-7
Petrarca,
Familiares, IV, I, Ad Dyonisium de Burgo Sancti Sepulcri ordinis sancti Augustini et sacre pagine
professorem, de curis propiis,66-117
La sollecitazione a tornare a se stessi ed a conoscere la propria anima, quindi a mettere al centro dell'interesse l'uomo
, è uno degli aspetti per cui Petrarca è considerato un precursore dell'Umanesimo, se non il primo degli umanisti. Più
avanti ne metteremo in evidenza altri.
Consolatio: scritto consolatorio. Genere filosofico presente nella letteratura latina (v. De consolatione di Cicerone,
trattato in memoria della figlia Tullia, morta precocemente), ripreso nel Medioevo da Severino Boezio nel De
consolatione philosophiae, scritto in carcere all'inizio del sec. VI, in cui si affronta il problema del Bene. Si tratta di un
dialogo tra Boezio ed una donna che rappresenta allegoricamente la Filosofia, la quale esorta il suo discepolo ad
accettare gli eventi della fortuna e a cercare la felicità in Dio, il Sommo Bene.
Più di un secolo e mezzo prima anche Agostino aveva scritto i Soliloquia, in cui l'autore discute con la Ragione sul
tema del bene e del male.
Etica stoica / peripatetica ( da Peritato o Liceo, la scuola fondata da Aristotele).
Secondo la morale stoica la ricerca del vero bene per raggiungere la felicità consiste nel vivere secondo natura, cioè
secondo il logos divino - la ragione divina che è presente in tutte le cose. La virtù dell'uomo consiste nell'agire secondo
onestà e sapienza, evitando le passioni che sono considerate malattie dell'anima e dalle quali bisogna liberarsi per
raggiungere l'apatia, la serenità necessaria per il pieno svolgimento dell'attività razionale.
L' etica peripatetica parte dallo stesso presupposto: il fine dell'uomo è la ricerca della felicità che si ottiene attraverso
l'attività intellettiva. Tuttavia vivere secondo la legge di natura non significa escludere le esigenze del corpo: la virtù
consiste nel trovare un giusto mezzo tra gli opposti.
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In questa unità
Testo: Il secretum (Petrarca)
autore: Lilia Greco
curatore della collana: Maurizio Châtel
metaredazione: Donatella Piacentino
editore: BBN
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